Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: dirkfelpy89    09/10/2021    1 recensioni
Mark Shafiq è un giovane ragazzo, erede di una delle famiglie delle Sacre 28. Il suo obiettivo? Riportare in alto il nome della sua famiglia, caduta da diversi anni in disgrazia. Forse Voldemort e i suoi Mangiamorte potrebbero essere utili alleati...
Helen Blomming è una giovane ragazza appena diplomata Auror. Il suo obiettivo? Cercare di sopravvivere in un Ministero sempre più corrotto. Forse quel Moody è un tipo strano ma sicuramente sperto...
Tra riunioni segrete, indagini, manifestazioni e l'ombra della guerra sempre più vicina, le strade di Mark ed Helen, all'apparenza così distanti, finiranno per unirsi, ancora una volta.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Albus Silente, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8, Riunione a Villa Lestrange

 



"Forse non dovrei neanche andare, ma purtroppo non posso rimandare questo impegno," mormorò Mark, sconsolato, seduto vicino al letto di sua madre, "non con tutta la fatica che ho fatto in queste settimane."
Osservò brevemente la donna che però non contraccambiò lo sguardo del figlio: dormiva, non faceva altro da giorni.
Le condizioni di salute della donna, dopo un breve miglioramento dovuto al ritorno del figlio maggiore, erano tornate ben presto precarie e negli ultimi giorni Lilibeth andava via via peggiorando.

Da qualche settimana non usciva da camera sua, non parlava nemmeno più; trascorreva le sue vuote giornate a dormire e nei sempre meno minuti di veglia non sembrava che fosse in possesso delle sue facoltà psicofisiche.
Non riconosceva nemmeno più i suoi figli e si limitava a vaneggiare in una lingua sconosciuta.
Il Guaritore, che ogni tre giorni veniva direttamente dal San Mungo a occuparsi della donna, appariva sempre più scoraggiato. Quella mattina, dopo la solita visita, aveva messo da parte Mary e Mark e aveva informato loro della triste realtà: alla donna rimaneva molto poco da vivere.

"Non posso dire quanto, potrebbe volerci ore o giorni, ma oramai non c'è più niente da fare," ammise, scuotendo la testa. "Vostra madre non risponde più agli stimoli, è praticamente in coma."
"Non c'è proprio nulla che possiamo fare?" Chiese Mark, sbigottito. Sapeva che le condizioni della madre erano gravi, ma non credeva fino a quel punto.
"No, alla fine la sua malattia, il morbo di Berk-Marmen ha avuto la meglio," il Guaritore scosse la testa. Sembrava davvero dispiaciuto, aveva un’evidente difficoltà a trovare le parole giuste da dire. La verità è che non esistano.
"Il suo caso è molto grave e in tutta sincerità mi sorprende che sia rimasta in vita così a lungo. Cercate di starle vicini e di trascorrere con lei quanto più tempo possibile," disse infine, prima di lasciare Shafiq Manor

E adesso Mark sedeva al capezzale della madre, conscio del fatto che dal suo ritorno l'aveva data per scontata e, preso com'era dalla sua missione, non le aveva dato le giuste attenzioni. Aveva sognato a lungo il momento nel quale sarebbe tornato a casa e avrebbe potuto passare quanto più tempo possibile con sua madre, ma alla fine le esigenze politiche ed economiche della famiglia avevano avuto la meglio sul suo poco tempo libero. Non poteva tornare indietro, sua madre stava andando in un luogo dove lui non poteva seguirla e Mark si struggeva per le sue manchevolezze come figlio.
Mary, in piedi accanto al fratello, alzò le spalle, sconsolata.
“É una sera importante, non ti preoccupare,” disse, mettendo una mano sulla spalla di Mark.
“Non mi ero reso conto di quanto…” il ragazzo asciugò rabbioso alcune lacrime. “Non mi ero reso conto di quanto stesse male.”
Mary scosse la testa. “Non devi colpevolizzarti. Sapevo che la sua malattia alla fine sarebbe peggiorata e anche preoccupandoti non avresti cambiato nulla.”
“Sì, ma avrei dovuto…”
“Nostra madre ti ama e, credimi, la tua presenza le ha donato qualche mese di vita in più. Mesi felici dopo anni orribili!” sorrise Mary.
La porta della camera si aprì e una piccola Elfa entrò, silenziosamente, interrompendo quel momento.
“Padroni, è arrivato il signorino Billy. Vi aspetta giù…”
“Digli che tra cinque minuti arrivo,” rispose Mark, alzandosi penosamente in piedi.
Mary si piazzò in piedi davanti al fratello e sistemò la bella veste nera del ragazzo.
“Stasera, se tutto andrà bene, entrerò a tutti gli effetti nel gruppo dei Purosangue che contano. Incontrerò chi ci potrà portare alla gloria,” sussurrò Mark. “Ma, davvero, oggi vorrei rimanere qui con te, non c’è altro posto dove vorrei e dovrei stare”
“No, invece. Se vuoi fare bella figura devi concentrarti completamente sul tuo compito. Altrimenti tutti i tuoi sforzi, le tribolazioni che hai subito in queste settimane, non saranno valse a niente,” replicò Mary, decisa.
“Senti… a proposito di quel che ti dissi qualche giorno fa, io…” borbottò Mark, impacciato. La sorella scosse al testa.
“Avevi ragione, dopotutto. Lo hai detto nel modo sbagliato, ma ti perdono,” rispose, abbracciando il fratello. I due rimasero così uniti per qualche secondo di silenzio.
“É una ragazza forte,” si ritrovò a pensare Mark, “molto più forte di me”. Alla fine i due si staccarono e Mary, asciugandosi una fugace lacrima disse: “Vai adesso, e torna vincitore!”

Billy, che per quella serata indossava un antica veste verde scuro, era in piedi, un po’ impacciato, vicino alle scale. Quando Mark scese, l’amico l'osservò con una piccola nota di delusione.
“Sì, Mary è rimasta su con mia madre,” disse Mark, interpretando lo sguardo di Billy.
“Come sta?”
“Non bene, amico. Non bene,” ammise Mark, aprendo la porta d’ingresso e uscendo all’aria frizzantina di Novembre.
“Se vuoi posso dire a Rosier che non ci sei, possiamo fare un’altra sera…” rispose Billy, chiudendosi la porta alle spalle. Mark scosse la testa.
“Non credo proprio che serate come queste possano essere rimandate. Ma non parliamone più, vuoi?” chiese, a disagio. “Non mi fermerò davanti a niente. Mia madre è in buone mani, andiamo.”
L’amico annuì e si avvicinò porgendo il braccio a Mark il quale lo accettò e subito dopo si smaterializzarono.

/ / / / / / /

Ricomparvero appena fuori la cancellata dei Rosier. Billy estrasse la bacchetta e l’appoggiò sulla serratura che immediatamente si aprì.
Attraversarono in fretta i prati ben curati, salutarono la piccola Elfa che attendeva paziente sulla soglia della dimora e poi i due entrarono nel solito salottino privato, sede delle loro riunioni.
Graham, un ragazzone ben piantato, era già seduto su uno dei divanetti in compagnia di Marcus mentre Rosier, che sorrise all’ingresso di Mark e Billy, aveva preso posto sulla sua poltrona.

“Bene, ci siete tutti.” osservò brevemente l’orologio. Mark notò la mancanza di un paio di loro compagni; Marcus incrociò il suo sguardo e sorrise.
“Berny e Louis non ci sono. Non sono ancora pronti per fare questo passo,” disse, ridacchiando malefico. Rosier distolse gli occhi dall’orologio e poi lo puntò sui tre giovani accorsi quella sera.

“Stasera le cose si faranno serie, perciò mi aspetto molto da voi. Non avrete a che fare con degli zoticoni ma con signore e signori d'alta classe e lignaggio," disse infine.
"Mark, tu sei un membro delle Sacre 28, sai come muoverti in società. Per quanto riguarda voi due,” disse, rivolgendosi a Billy e Gregory, “non parlate se non siete interpellati. Non fate domande, mostrate rispetto ma non debolezza e tutto andrà bene. Se l’Oscuro Signore sarà soddisfatto, sarete a tutti gli effetti dei nostri, stasera, e le vostre patetiche vite cambieranno per sempre,” concluse.
“Ovviamente in meglio,” ghignò Marcus.
“Bene, non vedo l’ora!" esclamò Graham, sicuro e deciso. Mark sorrise nervoso, non sapeva proprio come sarebbe andata quella serata. In società non aveva problemi, i suoi genitori lo avevano educato sin da bambino a come comportarsi in occasione di feste o incontri formali… ma non conosceva minimamente il background di quello che Rosier chiamava “l’Oscuro Signore”. Sicuramente era un Purosangue potente ma non avere punti di riferimento rendeva il giovane Shafiq più ansioso del solito.

“Ho messo io una buona parola su di voi, quindi non fatemi fare brutte figure,” ribattè Rosier, fulminando Graham.
In quel preciso momento una teiera, presente su un tavolinetto, iniziò a vibrare.

“La nostra Passaporta,” esclamò Marcus, alzandosi in piedi, imitato da Rosier e dagli altri tre.
Tutti presero posto intorno al tavolino e afferrarono la teiera.
“Tre… due...uno!”

/ / / / / / /

Riapparvero improvvisamente in un vasto prato immerso nell’oscurità. Marcus e Rosier atterrarono con facilità, Mark e Billy incespicarono leggermente mentre invece Graham finì a quattro gambe per terra.
“Scu… scusate, non sono abituato a usare Passaporte,” borbottò a mò di scusa, ripulendosi alla bell'e meglio di fronte allo sguardo glaciale di Rosier.

Si trovavano di fronte a una villa che Mark non conosceva: era fastosa, sicuramente doveva appartenere a qualche famiglia importante, ma per certi versi diversa dalla classica magione Purosangue.
Era… particolare. Il prato che circondava l’edificio non era curato maniacalmente come quello dei Rosier, per esempio. La foresta intorno era selvaggia, la presenza della natura, una natura rigogliosa, più forte e genuina rispetto alle altre ville che aveva avuto modo di visitare.

Rosier e Marcus avanzarono, seguiti dai tre giovani. Camminando, Mark potè notare anche la presenza di un lago piuttosto grande sullo sfondo, vicino a una grande serra, e concentrandosi captò anche il rumore di onde che si infrangevano su rocce: dovevano trovarsi poco lontano dal mare.

Arrivati davanti all’ingresso trovarono ad aspettarli un uomo magro e dai corti capelli neri.
Costui salutò Rosier e Marcus, stringendo loro le mani, e rivolse un sorriso obliquo ai nuovi arrivati.
“Oh, ecco i novellini. Eccitati per stasera? Cercate di non farvela sotto…” ridacchiò, maligno.
“Ehi, come si permette…” borbottò Graham, indignato.
“Oh, non prendertela, ciccio!” sghignazzò l’altro con una vocetta untuosa. "È un momento importante, per voi. Chissà se sarete all'altezza…"
“Rabastan, vuoi farci entrare, per favore?” Rosier lo interruppe, glaciale. “Fa un po’ freddo qua fuori, sai.”
“Oh, certo, certo. Prego, entrate pure!” Rabastan si fece da parte, in modo da lasciar entrare i cinque nuovi arrivati.

La situazione all’interno della villa era decisamente migliore: numerose torce rischiaravano un grande salone d’ingresso, riscaldato da un paio di grossi camini. Rabastan chiuse la porta, lasciando fuori il freddo pungente.
“Da questa parte,” disse, indicando un lungo corridoio.
“Dimmi un po’, Rabastan,” esclamò Marcus, avviandosi. “É questo l’importante ruolo che il Padrone ti ha affidato? Dare il benvenuto agli ospiti?”

Mark vide chiaramente Rabastan impallidire dalla rabbia.
“E il tuo qual'è?” chiese, cercando di mantenere il tono della voce basso, “balia di questi pivelli?”
La risposta, certamente piccata, di Marcus venne però interrotta da un gesto di Rosier: erano arrivati di fronte a un'imponente porta di quercia antica.

"Ora, il nostro Signore si trova al di là di questa porta. State in silenzio e fate quello che lui vi dirà," disse Rosier, sussurrando.
"Cercate di tenere la vostra mente chiusa," aggiunse Marcus, cripticamente.
"E, possibilmente, non fatevela addosso e vedrete che forse, e dico forse, arriverete vivi a fine serata, " ghignò Rabastan, prima di aprire il portone.

Erano entrati in una vasta sala fredda, illuminata solamente da alcune candele che levitavano in aria e da un piccolo camino a un'estremità. Nel centro esatto della stanza c'era un lungo tavolo con circa una ventina di persone già sedute, evidentemente in loro attesa.
Non appena i cinque nuovi arrivati entrarono tutti i presenti si volsero a guardare Rosier; tutti tranne uno: la persona seduta a capotavola e immersa nell’oscurità rimase perfettamente immobile.
Rabastan e Marcus presero posto al tavolo, il primo accanto a una strana giovane donna dai capelli neri e dalle palpebre pesanti, il secondo accanto a un ragazzo dai lunghi, setosi, capelli biondi.
Rosier e i suoi tre allievi rimasero in piedi e l'uomo si rivolse direttamente alla figura nell'oscurità.

"Padrone, sono lieto di tornare qui nel suo quartier generale, con tre nuovi allievi desiderosi di entrare a far parte delle sue forze," disse e Mark rimase sorpreso dal mutamento del tono dell'uomo: normalmente si rivolgeva agli altri con sufficienza, superiorità, ma adesso il suo tono era quasi deferente.
"È stato un processo piuttosto lungo, molti non hanno dimostrato la giusta caratura morale. Però questi tre lo hanno fatto, hanno dimostrato di... " Rosier si interruppe, l'uomo nell'oscurità aveva alzato la mano.
"Basta, Henry. Hai reso piuttosto bene il concetto," sibilò la figura. "Rodolphus, è libera la piccola stanza qui accanto?"
L'uomo seduto accanto a Rabastan annuì e disse, la voce roca :"Sì, signore."

L'uomo a capotavola si alzò e finalmente Mark poté vederlo meglio: era una persona magra, dalla figura quasi serpentina, i capelli neri cortissimi e gli occhi, iniettati di sangue, magnetici.
Rosier andò a sedersi e nel frattempo fece un cenno con il capo agli allievi, indicando una piccola porta alla sinistra del tavolo. I tre ragazzi si avviarono, nervosi. Che cosa sarebbe successo?
La piccola stanza era praticamente spoglia: sembrava quasi un piccolo ripostiglio, dato che metà della superficie era occupata da oggetti inutilizzati o rotti.
Mark e Billy si guardarono negli occhi, incerti: nessuno aveva parlato di un colloquio faccia a faccia con quello che Rosier definiva "L'oscuro Signore".

Costui entrò dopo qualche minuto, con un gesto della bacchetta fece evanescere quel piccolo cumulo di oggetti rotti e poi porse i suoi occhi profondi su di loro tre.
Improvvisamente Mark si sentì strano, provò una sensazione mai sperimentata prima: era come se quegli occhi riuscissero a scrutare dentro di lui, addirittura vedessero l'essenza stessa della sua anima e della sua vita. Gli parve addirittura di rivedere, nella sua testa, alcuni dei terribili eventi del suo passato. Durò poco, ma improvvisamente si ricordò dell'avvertimento di Marcus, di tenere la mente chiusa, e si chiese che cosa stesse succedendo.

Evidentemente soddisfatto, l'Oscuro Signore sorrise, e poi si rivolse ai tre giovani.
"Non è da tutti entrare in questa villa e parlare direttamente con me, spero vi rendiate conto di quale privilegio vi è stato donato," disse, in tono mellifluo.
"Lo siamo, signore, e la ringraziamo ancora una volta per la sua immensa gratitudine," rispose Mark. Era più avvezzo dei tre a fare conversazione ad alto livello e quindi avevano deciso che sarebbe stato lui il portavoce di quel gruppetto.
Ma l'Oscuro Signore non sembrò particolarmente colpito.
"Lord Voldemort si domanda perché solo uno di voi parli. Chiedo, voi altri due non siete dotati per caso di una voce?" chiese, beffardo agli altri due.
"Si, io…" Graham balbettò. Voldemort pose i suoi occhi su di lui.

"Graham Johnson, sei sempre stato la pecora nera della famiglia perché, mentre i tuoi parenti sembrano essersi dimenticati delle loro origini Purosangue, tu sei l'unico che cerca di ricordarglielo. Ti vuoi unire a me per vendetta nei confronti dei tuoi familiari, non è così, per caso? Vuoi mostrare loro quanto siano sciocchi?" chiese Voldemort.
Graham sobbalzò e poi rispose, sorpreso; "Si, si è così signore."
L'Oscuro Signore sorrise, e pose il suo sguardo su Billy.
"Billy Morgain, un tempo la tua famiglia era una delle più ricche e forti nella zona. Poi tuo nonno scialacquò tutti gli averi e adesso lotti nel fango. Vuoi unirti a me per ripulirti dalla melma, non è così?"
Billy si inchinò leggermente. "Ha perfettamente ragione, signore," rispose.

Infine Voldemort si rivolse al Mark, il sorriso obliquo dell'uomo un po' più accennato.
"Mark Shafiq, Rosier mi ha parlato molto di te. Tuo zio ha ucciso suo fratello, abusato di tua madre e per poco non riusciva a fare lo stesso con la nipote. Hai studiato per sette anni in Svezia e nel resto dell'est Europa, poi sei tornato e una delle prime cose che hai fatto è stato uccidere il tuo indegno zio," Voldemort fece un cenno del capo a Mark. "Mi inchino davanti alla tua opera. Hai avuto il piacere di eliminare un membro dannoso, impuro, della famiglia, un piacere che posso comprendere molto bene,”ammise mellifluo.
"Ti vuoi unire a me perché sei convinto che così potrai risollevare il nome degli Shafiq e io ti prometto che sarà così."
"Grazie, grazie infinite," sussurrò Mark.

Voldemort annui e poi tornò a rivolgersi a tutti e tre: "La mia opera è chiara e precisa: far tornare i Purosangue al loro ruolo naturale, schiacciando i Babbani, i Sanguemarcio e fecce simili nel frattempo. Se vi unirete a me, lo farete te fino alla vostra morte," sorrise amaramente. "Non ammetto traditori tra le mie fila."
"Siamo pronti a servirla fino alla nostra morte, signore," rispose Mark e Billy e Graham annuirono, convinti.
Voldemort estrasse ancora una volta la sua bacchetta magica. Si avvicinò deciso verso Mark, appoggiò la bacchetta sul polso del ragazzo e sussurrò: "Morsmordre".

Il dolore fu lancinante. Mark cercò di non urlare, ma non poté non accasciarsi per terra, stringendosi il polso con una mano: sembrava quasi che stesse per staccarsi. Sentì anche Billy e Graham cadere a terra e lamentarsi, poco lontano da lui.
Perché faceva così dannatamente male?”

Passato qualche secondo, lentamente, il dolore sembrò diminuire e finalmente poté tornare a respirare. Mark osservò l'interno del suo polso e vide una specie di tatuaggio a forma di serpente, il tanto temuto e desiderato Marchio Nero.
"Quando sentirete il marchio bruciare vuol dire che vi sto chiamando, perciò mollate tutto quello che state facendo e materializzatevi qui," istruì loro Voldemort. "Se volete, potete nascondere il marchio con un utile Incantesimo. Sono sicuro che Rosier ve lo insegnerà, lui lavora al Ministero, è un esperto in questo campo.”

Non appena i tre si furono ripresi e si alzarono da terra, Voldemort ripose la sua bacchetta magica e si rivolse loro: "Adesso siete Mangiamorte a tutti gli effetti. Venite con me, prendete posto al tavolo e incontrate i vostri nuovi fratelli."

Quando i tre nuovi Mangiamorte ritornarono nella grande stanza del focolare, vennero subito accolti da un breve applauso e alcuni dei loro nuovi compagni si alzarono in piedi e strinsero loro le mani. L'uomo chiamato Rodolphus con un colpo di bacchetta allungò leggermente il tavolo e con un altro fece comparire dal nulla tre sedie.

Voldemort prese posto a capotavola e indicò, con un breve cenno del capo, le sedie libere.
"Vi siete meritati il vostro posto a questo tavolo. Solo i più meritevoli possono rimanere a sedere, vedete di continuare a meritarvi questo onore," disse, mentre Mark, Billy e Graham prendevano posto al lungo tavolo.
Il resto della riunione passò piuttosto tranquillamente. La strana donna, che ben presto Mark capì si chiamasse Bellatrix, raccontò di una caccia al Babbano particolarmente proficua mentre Rosier e un altro Mangiamorte di nome Rockwood esposero a Voldemort la situazione all'interno del Ministero.

"La Jenkins è da meno di un anno al potere è già la situazione si sta facendo piuttosto dura per lei," ammise Rosier. "L'incompetenza di Bellings, la corruzione e i nostri attacchi ai Magonò hanno contribuito a far sì che intorno al Ministero aleggi una brutta aria." "Bene, la cosa mi compiace ma non possiamo permettere che il governo della Jenkins cada," rispose Voldemort, glaciale. "Per il momento lei ci serve e per questo motivo gli attacchi ai cortei dei Magonò dovranno diminuire, se non cessare!"
"Ma, signore, non capisco…" si intromise Bellatrix, piuttosto sorpresa e delusa da quelle parole.

"Dobbiamo cercare di mantenere un precario equilibrio," spiegò l'Oscuro Signore. "Mostrare che il Ministero è debole, inetto, ma allo stesso tempo evitare che qualcuno di più forte, di più deciso a metterci i bastoni tra le ruote, prenda il posto della Jenkins."
"Per questo daremo l'impressione che il ministero stia effettivamente avendo dei risultati," si intromise l'uomo dai lunghi capelli biondi. "Così che l'opinione pubblica, e gli altri capoufficio, smetteranno di assillare la Jenkins per un po' di tempo, permettendo di mantenere questo status quo che ci fortifica."

Voldemort annuì.
"Il nostro amico Lucius ha ben inquadrato la situazione," ammise." Ormai abbiamo raggiunto l’obiettivo, le marce dei Magonò sono quasi terminate. Terminando i nostri attacchi faremo in modo che la gente pensi che Ministero sia forte, che la Jenkins sia riuscita a riprendere il controllo, quando in realtà è totalmente imbelle."
Sorrise, bevendo qualche sorso d'acqua, poi riprese.
"Questo giocherà a nostro favore perché sicuramente numerosi maghi e streghe cadranno nel tranello e si sentiranno tronfi e sicuri, ma altri no e continueranno a chiedersi perché il Ministero stia cadendo sempre più in basso. Noi offriremo a queste persone un'alternativa, un diverso modo di intendere la politica."
"E di fronte alla scelta se servire un Ministero sempre più in crisi oppure se seguire un'alternativa forte e in totale contrasto… sicuramente sceglieranno la seconda, " concluse Rookwood. "Io almeno ho fatto così."

“Non preoccuparti, Bella,” disse Voldemort, osservando la donna alla sua destra. “Gli attacchi ai Babbani e alla feccia continueranno, ovviamente. Solo dovremo cercare di essere più… discreti.”
Bellatrix, evidentemente sollevata dalla notizia, sorrise e si sporse sul tavolo, rivolgendo al suo padrone uno sguardo carico di feroce passione.

A mezzanotte in punto, dopo circa due ore, la riunione terminò. Marcus, Rosier e gli altri si trattennero per un drink serale ma Mark era stanco e voleva solamente tornare a casa, da sua madre.
Non pensava di fare così tardi e non poteva celare la sua preoccupazione, voleva passare più ore possibile insieme alla madre, ora che la fine era vicina.
Salutò i compagni e poi si smaterializzò.

/ / / / / / /

Dopo una breve pausa intermedia a Villa Rosier, finalmente Mark poté materializzarsi di fronte Villa Shafiq. Quella serata era stata così ricca di emozioni, così piena di informazioni che si sentiva stranissimo.
Tutti quei discorsi sulla politica, sui giochi di potere, su come lentamente il suo padrone si stesse infiltrando in ogni ambito del mondo magico avevano donato a Mark una voglia incredibile di darsi da fare e cambiare la situazione. In una sola serata i suoi orizzonti si erano incredibilmente allargati: c'era altro oltre quella amena vallata e Mark voleva farne parte.
Voleva che gli Shafiq sedessero al tavolo dei vincitori e ottenessero il rispetto che avevano perso nel corso degli anni.

I suoi pensieri però vennero improvvisamente deviati, il fuoco che ardeva dentro di lui si spense. Villa Shafiq era illuminata e sua sorella era in piedi di fronte all'ingresso, Chiaramente in lacrime. Il mondo di Mark crollò come un castello di carte.
Non voleva, non poteva. Ma avanzò lentamente come inebetito, attratto come una falena da quella porta aperta e dalla luce che filtrava sul vialetto. Raggiunse sua sorella che subito si gettò al suo collo, abbracciandolo forte e piangendo. Non c'era bisogno di parlare, Mark aveva già capito tutto.

Lilibeth, sua madre, se n'era andata. La sua vita era terminata proprio mentre quella nuova di Mark vedeva la luce.

/ / / / / / /

Ammetto che, quando ho pensato a questa storia, questo è stato uno dei primi capitoli che mi sono immaginato.
Non sappiamo come funzioni la cerimonia per creare un nuovo Mangiamorte, ma me la sono sempre immaginata così e spero che vi sia piaciuta.
Il prossimo capitolo sarà molto importante perché vedremo il funerale della povera Lilibeth e un incontro molto inatteso.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: dirkfelpy89