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Autore: RLandH    17/10/2021    2 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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ECCOMI.
Avevo detto 3 o 4 capitoli massimo?
Mentivo, come Loki, più a me stessa che a voi.
Questi ultimi trenta giorni per me sono stati mortali, ma ne sono uscita viva, sfortunatamente mi aspettano brutte monete pompeiane da classificare (ed un sacco di Giano, Giano come il prezzemolo, aspettatevelo pure qua, perché ne ho fin sopra i capelli). Però eccoci.
Come avevo detto a qualcuno: capitolo di sole chiacchiere.
Quindi si, chiacchiere.
Oltre a Kymopoleia (che forse non fa una figura esattamente brillante, in un momento, ma aveva le sue attenuanti. Quando mai i figli di Poseidone hanno mai brillato per furbizia?), Jason fa conoscenza ambigue, alcune, credeteci, fondamentali.
Spero possiate apprezzare, vorrei ringraziare chi legge/segue/ricorda e preferisce e chi ha recensito (grazie Farkas, grazie Edoardo811).
Inoltre, comunico che da questo capitolo comincio a introdurre informazioni, probabilmente assodate per chi ha letto la saga di Magnus Chase, ma ignote a chi non la ha ancora fatto (principalmente perché siamo nella sezione “Percy Jackson”, vi prego possiamo avere il Riordan-verse come abbiamo il Grisha-verse?) sfruttando la famosa presentazione di Odino del capitolo due.
Qui abbiamo una piccola Freydis selvatica:
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Freydis-Eirikdottir-894948333
A proposito di tale personaggio, come ho detto in una nota in precedenza, Freydis è elencata tra i guerrieri immortali ed effettivamente ho scoperto che la donna appare nella raccolta “9 From the Nine Worlds” a questo punto non se … ehm … fingere che non sia successo e continuare come un treno con la mia Freydis o dover aggiustare con una piccola operazione (nel senso, fare un evento che colleghi meglio il canone alla mia storia, che può essere fatto molto velocemente *coffcoff*mele-di-Idunn*coffcoff*.
Comunque, nel frattempo:
Buona Lettura.

baci
RLandH

P.S. - Probabilmente nei prossimi giorni sistemerò i capitoli (azione molto più fattibile qui che in altre mie storie).

 

Jason Grace in Edizione Limitata

 

Thrud era scomparsa nella maniera in cui sapevano fare così bene gli dèi.
Così Jason era rimasto con le ginocchia nel fango dell’ansa del fiume Charles. “Sei stato fortunato sai, una decina di anni fa … probabilmente saresti uscito da quel fiume con più braccia del mio sgradevole marito” aveva dichiarato con immenso divertimento la divina.
“Poi lo spirito del fiume è andato a lamentarsi con mio padre e quel vegliardo ha tirato su il suo culo dal suo bel trono ed è venuto a mettere a posto le cose … circa” aveva raccontato Kymopoleia, allungando una mano verso Jason, per aiutarlo ad alzarsi, lui l’aveva seguita.
In piedi, era alto tanto quanto lei.
Kymopoleia era diversa da come l’aveva vista l’altro anno – era l’altro anno? O era morto da più tempo – era, come poteva dirsi, molto meno divina. Quando l’aveva veduta, era una gigantessa dalla pelle di madreperla e capelli di alghe fluttuosi, in quel momento era molto più umana, con una pelle pallida, ma pur sempre rosa carne, capelli scuri con riflessi verdi, gli occhi meno grandi, ma sempre dalla forma a nespola, ma terribilmente umani. Di un bel verde acquamarina.
Somigliava a Percy, in qualche maniera.
Aveva ancora la sua espressione austera, che era decisamente smorzata dalla camicia leggera blu mare decorata con stelle marine e pesci stilizzati colorati.
Kymopoleia lo aveva colpito, con gentilezza, con ambedue i palmi sulle spalle e Jason era stato immediatamente asciugato. “Uhm …” aveva commentato solamente il ragazzo, colpito da quell’azione.
“Lo so, la camicia è orribile” aveva valutato la dea poi, rude, notando come l’occhio di Jason doveva essere rimasto troppo sulla stoffa.
“Ma è un gesto di pace da parte di mio padre … e non so … lui non fa mai nei gesti di pace, quindi …” aveva cominciato a farneticare la dea.
Jason non era sicuro di doverla interrompere, così l’aveva lasciata lamentarsi della sua famiglia con calma, inclusi padre, fratelli, marito ed una certa anche di Percy, che era il diretto responsabile del famoso gesto di pace di Poseidone.
Perché, a detta di Kymopoleia, Poseidone non si sarebbe mai mosso in una carineria se non fosse stato imbeccato dal suo figlio prediletto.
“In realtà era per l’aspetto in generale. Anche per la situazione. Probabilmente più per la situazione” aveva provato Jason, poi, quando la terribile dea delle tempeste aveva dato lui il tempo di parlare.
“Per gli abissi, Jason Grace, la nebbia fa miracoli ma i mortali non sono completamente ciechi, se fossi apparsa enorme sulla riva del Charles avrebbero pensato di trovarsi in un racconto di J. G. Ballard” aveva dichiarato la dea, stizzita.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Non hai letto The Terminal Beach[1], immagino” aveva considerato Kymopoleia.
“Riguarda le divinità norrene?” aveva chiesto Jason, genuinamente.
La dea aveva stretto le labbra in una linea dritta, “No. Ma immagino non mi stupisca che tu voglia parlare di questo” aveva considerato, “Accompagnami. Abbiamo bisogno di qualcosa di forte” aveva dichiarato quella.
Il ragazzo aveva aggrottato le sopracciglia, “Le divinità bevono?” aveva chiesto poi.
“Che romano imbarazzante che sei …” aveva dichiarato la dea acre, mentre gli dava le spalle.
Jason aveva ricordato il viso divertito di Bacco che osservava lui e Percy combattere contro i gemelli.

 

Jason aveva seguito Kymopoleia lontano dall’ansa, verso l’Aubudun Square, nella direzione di un plesso di edifici, su cui capeggiava l’insegna: Università di Boston.
“Questo è il regno di Atena – non ho idea del perché di tutti i luoghi del mondo, trovi così interessante questo, considerando che dall’altro lato della riva c’è il M.I.T.” aveva dichiarato la dea, mentre tagliava la piazza del campus in obliquo.
Kym spiccava tra la gente solo per il colore vivace della sua camicetta e dal fatto che fosse vestita come in una giornata primaverile, circondata da gente in cappotto. Anche Jason non sentiva il freddo. Probabilmente doveva essere un effetto collaterale della sua condizione di non-così-morto.
“Quindi è l’unica caffetteria in tutta Boston dove puoi trovare qualcosa adatto al palato divino; credo sia opera di un accordo tra quella vecchia ciabatta e Kiv…Kva…Il tipo norreno dell’Idromele” aveva dichiarato Kymopoleia, indicando a Jason, un chioschetto carino, nel centro della piazza.
Nessuno degli indaffarati studenti dell’università di Boston sembrava notarlo.
I pochi avventori del bar, erano come Kymopoleia belli vistosi.
C’era un uomo con una lunga barba, troppo lunga per essere mortale, visto che scendeva fino ai suoi pedi, raccolta in una treccia austera, il viso però era tranquillo, rilassato, mentre agitava le mani raccontando qualcosa di divertente ad una giovane donna, con orecchie lunghe da mucca e coda abbinata.
“Oh, non si vedono greci così a nord di solito” aveva dichiarato l’uomo dalla lunga barba.
Kymopoleia si era sistemata su una sedia con mera tranquillità, inclinando il capo con un sorriso freddo e circostanziale, “Sono figlia del mare, seguo la corrente” aveva risposto.
Jason l’aveva imitata.
“Chi è?” aveva chiesto Jason, spiando l’uomo, che era tornato a godersi la sua cheescake in compagnia della ragazza dai dettagli bovini.
Kymopoleia aveva fatto un cenno di diniego, “La sua accompagnatrice è un huldra, credo, lui non so … non conosco tutti gli dèi del nord. Sono stata a cena a casa di Aegir, sarebbe la versione nordica di mio padre, circa, è un gigante ed ama tutte le sue figlie, le sue onde. E lui adora avermi a cena! Differentemente da quel simpaticone del mio vecchio” aveva risposto con acredine la dea.
Jason aveva cercato di fare mente locale, sulle divinità, cercando l’informazione nel lungo power point che Odino aveva presentato durante la sua prima cena al Valhalla.
Aegir era il signore dei mari, sposato con la dea Ran, anche lei divinità marina ed avevano avuto nove figlie. Ran raccoglieva tutto ciò che finiva nelle acque e Aegir dava delle feste epiche.
Ecco le sue informazioni.


Un cameriere era venuto a prendere la loro ordinazione.
Jason a primo acchito avrebbe pensato ad una ninfa, maschio, se fossero esistiti, ma non lo era, nonostante il forte odore di pino silvestre bacche, era alto, chiaro e luminoso – quasi un raggio di sole – con orecchie appuntite e occhi splendenti.
“Cosa posso portarvi?” aveva indagato subito quello; nonostante il tono gentile, gli occhi chiari avevano lanciato a Kymopoleia uno sguardo di terrore e a Jason uno di stizza.
 “Quella Gotlandsdricka così buona che fate qui” aveva dichiarato Kymopoleia. L’Elfo – Jason supponeva fosse quello – aveva chinato il capo verso di lui, con un sorriso annoiato, di chi doveva essere abbastanza seccato, con le palpebre calate, appena assonnate, “Una Doctor Pepper alla ciliegia?” aveva provato Jason, incerto.
L’uomo aveva segnato ambedue le ordinazioni e si era allontanata, aveva una camminata leggera e priva di rumori.
Lui aveva guardato la dea, che se ne stava a braccia conserte, con il viso granitico.
Jason era seduto ad una caffetteria carina, di fronte un’università, a prendere una bevanda con una terribile dea – che qualche tempo prima aveva cercato di ucciderlo. La sua vita aveva preso una piega decisamente surreale.
In quel momento non poteva che evocare nella sua mente, quel momento, inesistente, sfiorato appena, in cui aveva condiviso da bere con Apollo, lì, dove si riposava. Lì nella pace.
“Allora?” aveva rotto il silenzio la dea delle tempeste.
Allora?” aveva risposto Jason.
“Non hai niente da chiedermi?” aveva chiesto Kymopoleia, come se fosse ovvio, come se non avesse fatto tutto lei e lasciato Jason in mezzo alla marea – letteralmente, era arrivato lì da una lavatrice magica con annesso fiume mitologico.
Hai fatto tutto tu!” aveva risposto, di rigetto, “Mia signora” aveva aggiunto, cercando di ricomporsi, di essere cortese, ricordando che stava ancora parlando con una dea.
Kymopoleia lo aveva guardato con espressione contrista, prima di tranquillizzarsi, con la successiva aggiunta di Jason.
“Oh, sì, lo so che ho fatto tutto io. Ho partecipato, d’altronde. Tu non hai domande? Pensavo ne avessi. Di solito voi semidei ne avete sempre un sacco” aveva valutato Kymopoleia.

Lui aveva cercato di trattenere il sospiro, che sarebbe probabilmente risultato sfrontato alla dea, “Oh sì, ne ho molte. Come? Perché? In che maniera? Che sta succedendo? Perché?” aveva ammesso Jason.
Kymopoleia aveva sorriso, mentre la cameriera tornava verso di loro, per portare loro le ordinazioni che avevano chieste.
“Il come è stata la parte più semplice: Le Valchirie sono le uniche creature a poter andare avanti e indietro dai regni dei morti senza problemi, tranne le divinità inerenti a quel capo, tipo zio Ade, e i loro figli. Sì, parlo anche del ragazzino emo che passa il tempo a cacciare lucertole” aveva cominciato Kym.
“Chi?” aveva domandato Jason, genuinamente confuso.
“Nico. Nostro cugino, non so perché, ultimamente Leto e Stige mi hanno detto che si è dato alla caccia di rettili; probabilmente è una forma per combattere il lutto” aveva dichiarato Kymopoleia. “Strano” aveva valutato Jason, non riuscendo ad immaginare Nico, darsi ad un tale hobby, ma d’altronde, quanto lo conosceva nel profondo?
Lutto?
“I miei amici … qualcun altro?” aveva chiesto Jason alla fine. Kymopoleia aveva sbuffato, “Sono sopravvissuti tutti, fortunatamente per loro. Il tuo amico Frank Zhang ti ha reso onore, uccidendo Caligola. Io ho aiutato, ho divorato quasi tutte le sue navi” aveva dichiarato lei alla fine, soddisfatta.
Jason aveva sentito il suo cuore scaldarsi a quelle parole.
Era rimasto in silenzio per un po’, mentre portava una mano sul petto, rincuorato. “Oh, che dolcezza” lo aveva preso in giro Kymopoleia, “Stavo dicendo: oltre le divinità ctonie e i loro figli, sono poche le altre creature a cui è concesso andare e tornare dal regno dei morti intonsi. Perfino Hermes ha zone specifiche dove può arrivare, come il palazzo di Ade. Tra le poche, esistono le valchirie” aveva spiegato la dea delle tempeste.
Lui aveva bevuto un po’ della sua bevanda, era dolciastra e chimica, credeva di preferire di gran lunga il sidro che aveva consumato nel valhalla, era dolce, ma molto meno stucchevole. “Sì, ma perché una valchiria?” aveva chiesto Jason.
“Non mi sembravi stupido Jason Grace, te lo ho spiegato: loro possono andare e venire da questo mondo all’aldilà senza ripercussioni e portare fuori le anime, da qualche tempo abbiamo scoperto che non si limita solo alla loro sfera” aveva dichiarato Kymopoleia con ovvietà. “Sì, ho capito … ma perché una creatura di un altro pantheon? Non c’era nessun altro?” aveva chiesto Jason.
“Evidentemente lo sei, allora” aveva dichiarato Kymopoleia, “Immagini la figlia di Poseidone che chiede a Zio Ade di liberare il figlio prediletto di zio Zeus dalla morte? O pensi che qualcuno avrebbe tentato l’impresa, nel nostro pantheon?” aveva domandato lei.
“Nessuno ne avrebbe avuto il coraggio, sì” aveva risposto Jason, considerando quanto più ipotesi, prima di proseguire: “E se fossi andata tu, Plutone ti avrebbe detto di no, mentre mio padre avrebbe potuto averla presa sul personale, perché tende a prendere le cose sul personale. Probabilmente anche Giunone avrebbe detto la sua” aveva valutato Jason, davanti quella confessione.
Kymopoleia avrebbe annuito, “Zio Ade avrebbe anche potuto cedere, sei una persona importante per il piccolo rettilofono-in-erba ma è una persona terribilmente rigorosa. Uno strappo qui per te e poi chi sa che sarebbe successo” aveva raccontato lei. “Quindi da un lato: un domino divino che avrebbe portato presso al collasso del confine tra vita-e-morte; e dall’altro: un possibile scontro tra i tre pezzi grossi, di nuovo” l’aveva anticipata Jason. “Ecco sì, intelligente, dicevo, non solo bello” aveva stabilito Kym, mentre ingurgitava un po’ della sua gotlandsdricka, che sembrava una birra ma dalla consistenza più densa.
Jason aveva fatto saltare la sua linguetta dalla sua lattina di Dr. Pepper, per nervosismo, “Così hai seguito il buon esempio di Trivia ed hai scelto una terza via” aveva dichiarato lui, riconquistando lucidità.
Kym aveva posato il boccale, dopo averne svuotato mezzo, “Sì, be, ho conosciuto Thrud qualche secolo fa, sa cosa si prova ad essere la figlia di troppo. Suo padre venera quei due … Modi e Magni, e uno dei due non è ancora nato[2], credo, sua madre adora quell’altro figlio Ullr” aveva cominciato a spiegare Kymopoleia.
Ullr? Il padre di Medina! Aveva considerato Jason.
Questo … questo voleva dire che Medina e Astrid, giacché sua nonna era Sif, erano cugine?
Ambedue nipoti di Thrud?
 Il pensiero lo frastornò per un secondo, prima di ricordare che la cosa probabilmente doveva essere decisamente normale anche da quelle parti, i legami di parentela erano sempre strani e diversi quando riguardavano gli dei.
Se ci pensava bene, Percy, Hazel e Nico erano suoi cugini ed Annabeth e Frank suoi nipoti e … Leo suo nipote acquisito.
E Chirone era suo zio!
Ringraziava gli dèi a non avere avuto parentele con Piper.
Sarebbe stato strano, ripensandoci.
“Così io ho mamma che adora Tritone e quelle due svenevoli delle mie sorelle Roda e Bentesicima; mio padre ha Percy, Tyson e Polifemo, dei, Polifemo sul palmo della mano. Ripeto Polifemo, quello pensa che mangiare le persone con il formaggio sia accettabile” aveva dichiarato Kymopoleia.
“Senza formaggio, lo sarebbe?” aveva chiesto Jason.
Sua cugina lo aveva guardato con un’espressione confusa, poi aveva ridacchiato, “Oh, sei anche divertente” aveva considerato, “Strano. Ti ho sempre visto come un ragazzo piuttosto noioso” aveva valutato la dea.
Jason aveva sospirato, incassando l’offesa con tranquillità, era una dea infondo, meglio non turbarla.
“Sì, oltre questo, Thrud sa che vuol dire avere spasimanti non richiesti. Certo suo padre non la ha ceduta come premio ad un gigante con cento braccia e una spiccata allergia alle faccende domestiche” aveva considerato Kym, “Però in compenso ha un nano malvagio che cerca di insidiarla da millenni. Ci siamo conosciuti secoli fa, quando una volta hanno sconfinato nelle mie zone e io la ho aiutata, da lì è stato tutto in discesa. Una volta lei ha decapitato Briareo” aveva dichiarato Kymopoleia, divertita.
“Rispetto quanto si possa pensare, i pantheon si scontrano spesso. Puoi chiedere a tuo fratello, adora raccontare quella volta che stava cercando di trombarsi un dio nordico ma è stato ghiacciato da una spada parlante” aveva dichiarato Kym.
Immaginava fosse Apollo, doveva essere Apollo.
E le spade parlanti dovevano essere qualcosa di molto comune tra i norreni, evidentemente.
 “O gli incontri clandestini tra Chirone, Mimir e Bastet” aveva aggiunto Kymopoleia.
Quanto segreti potevano essere se lei li sapeva?


“Sì, Astrid mi ha detto che può capitare; nel Valhalla c’è un figlio di Perun, che a quanto pare è una divinità di un altro pantheon” aveva considerato Jason, non sapeva quale.
“Un villano! Non mi sorprende che abbiano deciso di affogarlo e bastonarlo” aveva concesso Kym, prima di mandare giù un altro po’ della sua bevanda, “Giusto; questo mi ricorda che devo spiegarti perché la tua situazioni è particolare” aveva considerato Kym.
“Immagino riguardi il fatto che nonostante le contaminazioni siano normali, Thrud mi abbia minacciato di non dire niente a nessuno” aveva considerato Jason.
Togliendo che Astrid lo aveva già scoperto e che a detta stessa della valchiria anche Odino lo sapeva.
Kymopoleia aveva ridacchiato, “Certo sì; tecnicamente se tu fossi morto, su quella spiaggia, contro Caligola – come è successo – e una valchiria, tipo Thrud, avesse raccolto la tua anima per caso. Non sarebbe successo niente. Okay, zio Zeus starebbe ancora brontolando, ma zio Ade avrebbe fatto, cito, ‘spallucce’” aveva raccontato immediatamente lei.
“Ma io sono finito nei Campi Elisi” aveva ricordato Jason.
“Sì, Thrud ha derubato la tua anima dai Campi Elisi e le ha portata dal Valhalla, da dove idealmente non puoi andare via” – Kym aveva finito la sua bibita – “Ora, zio Ade non fa il censimento delle anime nei Campi Elisi, ma si occupa solo di chi è condannato agli eterni supplizi, Tantalo, Sisifo se capisci il genere. Quelli che tentano le fughe, di solito. Quindi non dovrebbe succedere nulla” aveva valutato subito Kym, “Ma adesso immaginati se per caso: Zio Ade, personcina sempre a modo e per nulla rancorosa, scoprisse che la figlia di uno dei suoi amati fratelli li ha rubato un’anima e la ha data a Wotan. Aggiungici che è l’anima del figlioccio preferito di Era, che non brilla in simpatia, sposata con quel carattere di miele di tuo padre.
E onestamente non conosco bene Wotan, è uno abbastanza strano, ma non ti darà mai indietro. È un vichingo, gli unici che concordano al cento per cento con i romani sul ‘se vis pacem para bellum’, e poi c’è Thor – che è un signor guerriero e padre di Thrud” aveva raccontato Kymopoleia.

Jason era rimasto in silenzio, “Sono … posso essere la causa di una guerra tra … Pantheon?” aveva proposto lui. “Oh, sì, Lyanna Stark, quindi devi stare in silenzio” lo aveva ammonito Kymopoleia, come se non fosse stata lei ad aver organizzato tutto. Jason trovò auspicabile, per se stesso, non chiedere chi fosse Lyanna Stark, specie per non confondersi ulteriormente; il giovane semidio preferì chiedere:“Okay; ma perché?” alla fine.
Kym aveva sorriso, soddisfatta e compiaciuta, come una gatta sorniona, “Oh, ovviamente perché voglio la mia dannata Action Figure” aveva replicato l’altra.

 

Jason era rimasto in silenzio. In un lungo silenzio.
“Cosa?” aveva esclamato alla fine. “Per i ricci di mari, Jason Grace. Tu mi hai promesso una action figure, un tempio ed anche uno stendardo, a me ed ogni dio minore mai considerato fino ad oggi” aveva dichiarato lei, battendo l’indice sulla superficie del tavolo, “Inoltre, mi avevi detto che se non fossi stata soddisfatta … avrei potuto ucciderti … ma come posso farlo se sei già morto?” aveva dichiarato Kymopoleia.
Logica ineccepibile – aveva pensato.
“Quindi hai chiesto a Thrud di portarmi in questo stato sospeso tra la vita e la morte per farti un action figure?” aveva chiesto Jason, perplesso.
Prima che Kymopoleia potesse rispondere, qualcuno si era seduto al tavolo con loro. Era una donna, dal viso acuminato e severo, con occhi e capelli nerissimi, come piume di corvo. “Scusate non ho potuto non sentire: parlavate di Thrud? Come sta la fanciulla?” aveva chiesto quella.
Aveva un sorriso zigrinato ed un’espressione piuttosto folle.
Era una conversazione privata” le aveva risposto di rimando Kymopoloia, con la sua espressione letale, quella che Jason aveva ricevuto su di sé, quando si erano incontrati nell’egeo.
La sconosciuta aveva ridacchiato, “Ma io e Thrud siamo praticamente una famiglia. A breve le darò un bel fratellino, per ora io e la sua simpatica madre ci dividiamo l’affidamento del mio cavallo, Gulfax splendida bestia” aveva dichiarato la donna.
Jason era sconcertato.
“Quale parte di conversazione privata ai perso?” aveva chiesto retorica Kymopoleia, con una voce algida, di chi pareva pronta a rovesciare uno tsunami sulla sconosciuta.
La sconosciuta aveva riso con amarezza, “Io non sono sicura che una bella deuccia greca che si fa chiacchierine con un einherjar mentre discutono di far portare ad una valchiria qualcuno in uno stato così … peculiare” aveva dichiarato quella, “In questo posto vige la regola della Non Chiedere Non Dire” aveva dichiarato Kymopoleia, senza battere un ciglio.
JARNSAXA!” un’altra voce si era aggiunta alla mischia, un’altra bella donna era giunta. Per Jason fu stupido, ma il primo pensiero che ebbe fu quella che la sconosciuta dovesse essere Proserpina. Una bella ragazza, vestita con un abito floreale, il viso a cuore e ondulati capelli rossi spartan; meno aggrovigliati di quelli di Thrud o di Rachel Dare.
“O sei arrivata Gerd!” aveva tubato subito la sconosciuta – il cui nome doveva essere dunque Jarnasaxa – con espressione civettuola.
L’altra l’aveva guardata con una punta di amarezza, “Ti prego non tormentarli; ho lasciato il cinghiale al giardiniere ed ho solo mezza-giornata, prima che … non so … Alfheimer vada in fiamme. Ho bisogno di caffè e di lamentarmi del mio matrimonio, per favore” aveva dichiarato Gerd.
Jarnsaxa aveva inclinato il capo, “Almeno tu hai un marito e non fai l’amante del giovedì sera” si era lamentata quell’altra, alzandosi, non senza aver lanciato uno sguardo di sfida a Kymopoleia.
“Dannate Jotunn” si era lamentata la dea della tempesta marina. Jason aveva sbattuto le palpebre, “Quelle erano due gigantesse?” aveva chiesta.
Decisamente diverse da come le aveva figurate, faceva davvero fatica ad associarle ai figli di Gea, del calibro di Polibote e Porfirione con i loro aspetti grotteschi e le fattezze animali.
Kym aveva ridacchiato, “Uhm … diciamo che giganti è un po’ una traduzione fallace. Alcuni di loro sono giganti e altri assolutamente raccapriccianti, del genere che Polybote potrebbe apparire quasi attraente, ma … non affiancarli ai nostri giganti. Sono Jotun” aveva spiegato lei.
“Credo che nonostante l’eccessiva lunghezza della presentazione fatta da Odino, io abbia ancora un certo numero di mancanze” aveva stabilito Jason.
Kym aveva riso, “Quel simpatico monocolo ti dirà che tutti i giganti sono malvagi, nonostante ne abbia una per madre e diverse amanti di quella stirpe. Non che ricordo molto, faccio fatica a stare dietro agli intrecci amorosi di zio Zeus e papà, figurati di … altri pantheon” aveva spiegato la dea.
Jason aveva osservato le due gigantesse, avevano occupato il tavolo che era stato lasciato libero dall’uomo barbuto e dalla huldra, che avevano preso a conversare in una maniera fitta.
“Passeggiamo – dopo averti lasciato vorrei partecipare ad un convegno che si tiene qui e mi piacerebbe che Atena non ti vedesse, è una vecchia ciabatta ma non a caso ha uno sguardo da rapace” aveva scherzato Kymopoleia lasciando sul bancone un paio di dracme.

 

“Non capisco, comunque” aveva dichiarato Jason, mentre ballonzolavano per i corridoi interni dell’edificio, sarebbero potuti apparire come due studenti universitari, probabilmente. Lui una matricola del primo anno e lei probabilmente una studentessa dell’ultimo anno, se si escludeva la camicia variopinta della ragazza e la maglietta verde bottiglia con scritto Hotel Valhalla che sfoggiava Jason.
“La storia dell’Action Figure. Cioè in realtà, ho lasciato tutto nella mia camera al collegio. Melinoe[3] mi aveva detto che Apollo e Meg avevano raccolto e portato tutto a Nuova Roma e ne ho parlato molto con Annabeth, sono sicura che stia lavorando anche lei” aveva valutato Jason.
“La mia futura cara sorella, ha cominciato l’università, adesso pensa solo a come progettare edifici che sembrano fatti di plastica; i romani d’altronde stanno facendo il loro lavoro, molto lentamente e non hanno cominciato mica da me, ma da divinità più note. Poi, sai c’è stata una nuova gestione e guarda un po’ siamo tornati sotto Marte Ultore … i greci invece non stanno facendo niente” aveva replicato Kymopoleia, dando uno sguardo piuttosto infervorato ad un povero studente che aveva osato avvicinarsi troppo.
“Solo che non capisco … rischiare di scatenare una guerra tra pantheon per … un action figure” aveva dichiarato Jason.
Per me, voleva dire.

Kym aveva fermato bruscamente la sua avanzata, “Jason Grace” lo aveva chiamato con lo stesso tono accondiscendente che usavano di solito le madri – nel caso di Jason, era lo stesso di Lupa, quando lo richiamava da bambino perché aveva mangiato qualcosa che non doveva mangiare.
“Apollo mi ha detto della promessa che gli hai fatto stringere ed è stata onorevole da parte tue, chiedere tutta quella considerazione per i tuoi simili … però anche tu hai fatto una promessa a me” aveva dichiarato lei.
“Ho bisogno di quei templi, abbiamo bisogno di quei templi … Sai, no, esistiamo in funzione di quanto i mortali credono in noi” aveva dichiarato Kymopoleia; eppure Jason trovava qualcosa di sbagliato, incerto. “La mia pagina di Wikipedia è più breve di quella Otone. Tu sai chi è Otone?” aveva chiesto retorica.
“Sì, è stato un imperatore romano, si certo è stato in carica solo tre mesi” aveva provato Jason, prima di fermarsi, osservando l’espressione indignata della dea.
Non è questo il punto” aveva rettificato lei, “Tu mi hai fatto una promessa; come hai costretto Apollo a farne una. Non puoi dimenticare” aveva replicato Kymopoleia.
“E come dovrei fare?” aveva chiesto Jason, confuso, mentre le porte delle aule, si aprivano facendo fluire un mucchio di studenti su di loro; “Nel senso mi sembra ovvio che non posso contattare nessuno dei miei vecchi amici” aveva ripreso a parlare, “Ne essere, be, me stesso” aveva aggiunto.
Astrid lo aveva capito, ma se lo avesse detto ad alta-voce rischiava di farsi uccidere da Mel.
Kym aveva sorriso serafica, “Questo è un problema tuo, ma adesso posso di nuovo ucciderti e non è detto che questa volta tu finisca nelle isole beate, è ancora molto dubbio dove finiscano gli einherjar” aveva rimarcato lei.
Jason aveva avuto una brutta sensazione, pensando al regno di Hel o il Nulla Cosmico.

Poi Kymopoleia aveva fatto l’ennesima cosa che Jason non si era aspettata ed aveva accarezzato gentilmente la guancia di Jason, “Sii speranzoso, hai l’eternità” aveva dichiarato lei.
“Sempre se non mi uccidi brutalmente prima” aveva dichiarato Jason con un certo divertimento, lei aveva annuito.
Phaínetaí moi kènos ísos theoisin[4]” aveva sussurrato Kymopoleia, poi, come un congedo.
“Non so il greco” aveva provato Jason – aveva provato ad impararlo, alla scuola militare, ma non era mai riuscito – il suo cervello era settato sul latino ed il greco … era difficile.
Kymopoleia aveva sorriso, poi aveva allungato verso di lui un foglietto riccamente ripiegato, “Vai al punto rosso, da lì troverai un modo per tornare al Valhalla. Nel resto della mappa ci sono alcune zone interessanti di Boston, le ha segnate Thrud quindi non so cosa siano” aveva dichiarato lei.
“Siete molto amiche” aveva valutato Jason.
“Sì, è una persona fantastica da avere a fianco, non andarci a bere, però, la chiamano Thrud la Potente per una ragione” aveva scherzato, “Ora devo andare, Thoth farà un intervento sull’Importanza delle Vie Fluviali durante la guerra di Secessione” si era congedata lei. “Thoth? Intendevi Thor?” aveva chiesto Jason, confuso. Kymopoleia aveva riso, di lui, con un certo divertimento.
“Intendevo quello che intendevo, fidati. Ricorda, comunque: tieni nascosta la tua storia e se per caso non sarò soddisfatta ti ucciderò” aveva aggiunto lei, sparendo tra la moltitudine di studenti.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, confuso da quello scambio.

Poi era rimasto lì, imbambolato, mentre il corridoio si svuotava di quel cambio dell’ora. A risvegliarlo era stata la presenza dell’uomo con la barba, intrecciata elegantemente, che svettava in maniera piuttosto netta sul completo composto da maglioncino senza maniche, camicia a maniche lunghe e pantaloni cachi, che lo aveva chiamato: “Giovane Einherjar”. Creando così l’ambigua immagine a metà tra lo stereotipo di un professore di filosofia ed uno stregone delle leggende. “Scusa non volevo avvicinarmi troppo furtivamente, i giovani guerrieri hanno un atteggiamento ruspante ed anche se è difficile uccidermi una spada nel ventre fa ancora male” aveva dichiarato quello.
“Certo?” aveva provato titubante Jason.
“Io sono Bragi dalla Lunga Barba, signore della poesia” aveva dichiarato quello, “E professore di Esegesi della Poesia Germanica” aveva aggiunto il dio, “Tengo dei corsi anche ad Asgard; se lo chiederai a mio padre, egli permetterà anche a te giovane abitante del Valhalla di partecipare” aveva proposto quello, allungando verso di lui un bigliettino.
“Uhm … grazie” aveva provato il giovane einherjar, raccogliendo il biglietto, “Io sono Jason Grace” aveva ammesso solamente lui, osservando poi il biglietto, c’era scritto qualcosa in caratteri runici, che lui non comprendeva.
Bragi si era  accarezzato la lunga barba, “Hai compagnie pittoresche Jason Grace, una terribile signora delle tempeste. Appartenente alla stirpe dei Romei per lo più” aveva dichiarato quello.
Jason sapeva che quel termine era il modo in cui ci si riferiva ai greci durante l’impero bizantino, quando non c’era distinzioni tra elleni e romani.
“Le relazioni tra diversi pantheon non finisco mai molto bene” aveva dichiarato Bragi il dio della poesia, con un sorriso lesto.
Jason era arrossito, “No! Lei è … una dea che ha deciso di … tormentarmi” aveva dichiarato Jason con disagio; non potendolo spiegare in altra maniera.
“Spero che Idunn non mi senta, ma di sicuro sarai ben invidiato per i tuoi tormenti” lo aveva preso in giro il dio della poesia.
Era stato certo di esser diventato di fuoco, “Devo andare” aveva dichiarato alla fine, “Con permesso, divino Bragi” aveva aggiunto. L’altro aveva annuito, “Torna a casa giovane einherjar, sei fuori dal tuo mondo, ma torna presto a trovarmi, qui o di là; sto pensando di istituire un corso di scrittura creativa. Pensi che ai tuoi compagni piacerebbe?” aveva chiesto, “Magari puoi sottoporre un questionario?” aveva chiesto allora Bragi.
Jason aveva avuto un’immagine di Mel e Madina che passavano le loro giornate a giocare a Tennis-Mortale in un corso di scrittura creativa.
O anche Jason – non era mai stato un uomo particolarmente dedito alla poesia o la creatività; forse avrebbe dovuto iscriversi lui al corso di scrittura creativa.
Bragi era sul punto di allontanarsi, quando Jason lo aveva richiamato. “Mio signore Bragi” aveva esordito, “Oh certo, dimmi giovane guerriero Jason” aveva risposto quello, “Esattamente … chi è Jarnsaxa?” aveva chiesto; ricordando la jotunn che aveva interrotto in precedenza il suo discorso con Kymopoleia e che aveva ascoltato parte della loro conversazione.
Con quel sorriso quasi seghettato.
“Oh la terribile Jarnsaxa! La personale spina nel fianco di mio padre, l’incubo che ha ogni volta che si corica a letto” aveva raccontato con estremo divertimento Bragi.
Jason aveva deglutito, immaginando Odino, vestito da ginnastica e l’espressione rilassata, mentre era torturato dagli incubi di una Jotunn spettrale. “Il mio caro fratellino, Thor, nonostante sia sposato con una donna bellissima, ha sempre avuto un certo gusto per le signore. Di norma predilige giovani damigelle dai costumi delicati, ma stranamenti egli ha un cuore palpitante per Jarnsaxa, brutale guerriera e moglie di lancia” aveva spiegato.
“Pericolosa?” aveva domandato Jason.
Bragi si era accarezzato la barba, con calma, “Con la lama e lancia può essere mortale; una jotunn che non conosce paura e raramente chi non conosce terrore è nemico affrontabile … ma ciò che teme mio padre di più è il suo ventre” aveva aggiunto il dio, “Il figlio di Thor e Jarnsaxa avrà tre anni, quando avverrà il Ragnarok, così mio padre Odino guarda al ventre della jotunn con lo stesso spavento con cui aspetta la liberazione del lupo” aveva raccontato.
Fenris! La sua liberazione era uno dei passaggi chiavi per l’inizio della fine, lo ricordava dalla presentazione.
Jason aveva stretto le labbra, questo non aiutava i suoi propositi. “Quindi, ovviamente, mio padre, uomo saggio, fa tutto ciò che è in suo potere per tenere mio fratello e la donna jotunn lontano l’uno dall’altra, cosa che, ammetto non vada a genio a nessuno delle due parti” aveva soppesato Bragi.
Jason sia era morso un labbro, “Probabilmente non è niente” aveva stabilito, non credendoci anche lui. Se Jarnsaxa era l’amante di Thor … non doveva avere molta simpatia per Sif la moglie, madre di Thrud.
Thrud che aveva azzardato qualcosa di pericoloso e molto stupido per aiutare un’amica ...
Sicuramente” aveva concordato Bragi, serafico, “Ma se Jarnsaxa ti ha preso in antipatia, comunque, io comincerei a guardarmi le spalle. Il suo nome vuol dire, letteralmente, armata con spada di ferro” lo aveva avvertito.
Jason si era sentito mortificato, “Comunque, ecco, tieni il programma delle lezioni di quest’anno sull’Esegesi” aveva detto il dio, tirando fuori dalla tasca un foglio ripiegato, “Ci sono anche segnate delle ottime monografie” lo aveva avvertito Bragi, strizzandoli un occhio.
Aveva iridi dello stesso colore del miele denso.

 

La mappa di Kymopoleia lo aveva guidato verso, il quartiere di St. Elizabeth, lungo la strada nota come Commonwealth Avenue. Ci aveva impiegato quasi un’ora nonostante la sua prestanza fisica, per attraversare quanto richiesto; almeno aveva potuto godere di un giro panoramico della città, non era mai stato a Boston prima di quel momento. Lupa aveva fatto tante raccomandazioni a Jason, che erano andate ad accrescersi a Nuova Roma: evita New York, evita Boston, evita Memphis.
Immaginava che fosse per non turbare le sedi principali degli altri pantheon.

 Jason seppe doveva dovesse andare, ancora prima ancora di raggiungere il corrispettivo del cerchio rosso sulla mappa.
Era una maggiore di dimensioni notevoli, in mattoncini scuri, evidenziate anche dalla presenza di gargoyles sui doccioni agli angoli del tetto. Con finestre a vasistas colorate, con rifiniture in legno.
L’ingresso era composto da una larga scalinata in marmo, composta di pochi gradini.
Ma ciò che la rendeva più che riconoscibile, prima ancora della sua imponenza, era la moltitudine di giovani ragazzi che affollavano l’ingresso.
E dal cartello lì, sul ciglio della strada, che a caratteri cubitali recitava: Spazio Chase.
Nel momento in cui aveva letto quelle parole, aveva ricordato le lamentele a denti stretti, della mattina stessa, che Astrid aveva fatto in ascensore: Casa-Chase.
Chase.
Poteva essere una coincidenza?

 



[1] The Terminal Beach è una raccolta di racconti di Ballard, Kymopoleia fa riferimento in particolare alla novella The Drowen Giant.

[2] In Magnus Chase, Thor ha tatuato sulle nocche i nomi di Modi e Magni (che avrà tre anni quando avverrà il Ragnarok, perciò al momento non è ancora nato).

[3] È una dea ctonia/ninfa figlia di Persefone con Ade e Zeus. Sì non O Ade O Zeus ma entrambi (NON VOGLIO SAPERE LALALA).

[4] EHEHEH; non ho intenzione di riportare la traduzione, o la corretta scrittura se aveste voglia di impegnarvi a tradurla (così c’è anche il livello di trascrivere la grafia giusta in base alla fonetica). Se conoscete il greco e/o il passo, sapete cosa dice. E vai di teorie!
Ringraziamo Saeko_san per la trascrizione fonetica. Che ormai non fa neanche più domande quando arrivano le mie strane richieste.

   
 
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