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Autore: EleAB98    18/10/2021    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo XIV – (Io) Non so se questo è amore, forse è solo confusione – (Quinta Parte)

Martedì


(Musica del capitolo: City Of Angels (Durata 7'08) - dal Soundtrack City Of Angels

Dentro quel taxi si respirava un'atmosfera intrisa di un qualcosa a cui, forse, non avrei saputo dare un nome neanche tra cent'anni. Megan, che teneva lo sguardo fisso verso il finestrino, non aveva più detto una sola parola. Dal momento in cui l'autista ci aveva accolto nella sua macchina, un silenzio assordante aveva continuato a ronzare nelle mie orecchie. Mi ritrovai a pensare alle favolose sensazioni che, poco prima, ci avevano investiti. Ero sicuro che Megan mi avesse baciato con un trasporto pregno di sicurezza e altrettanto desiderio. Io non l'avevo costretta ad assecondarla, avrebbe anche potuto rifilarmi un sonoro schiaffo in faccia e allora, e solo allora, mi sarei comportato come un collega di tutto rispetto. Eppure, avevo fatto una promessa. E puntualmente, l'avevo infranta. Ma d'altronde, Megan Rossi mi affascinava. Possedeva una sensualità innata. Mi aveva sedotto, quasi senza accorgersene. No, temevo proprio che non si trattasse solamente di...

Strinsi il pacchetto di sigarette tra le mani. Avrei sbattuto volentieri la mia testa contro un muro, se soltanto fosse servito a dimenticare. Quando l'autista ci fece cenno di scendere, mi affrettai a chiedere il conto e uscii dalla vettura. Di corsa, raggiunsi l'entrata dell'hotel, con Megan al seguito. Estrassi la tessera della stanza dalla tasca della mia giacca. «Tieni, comincia pure a salire. Ti raggiungo tra una mezz'oretta, d'accordo? Così... hai tutto il tempo per cambiarti», le dissi. A stento, la guardai negli occhi. Sembrava mortificata, ma forse era soltanto una mia impressione. Senza dire una parola, annuì con il capo e prese la card. Ci sfiorammo le mani, impercettibilmente. Ma le ritirammo subito, come scottati. Estrassi una sigaretta e, con rinomata disinvoltura, me la portai alla bocca. Dopo averla accesa, ne aspirai il fumo con tutta la rabbia che avevo in corpo. Sì, ce l'avevo con me stesso. Avevo ceduto all'impulso di baciarla, avevo lasciato che i miei stupidi ormoni si attivassero, come al solito, contro la mia ferrea volontà di non cascarci con tutte le scarpe. 

Ma c'ero dentro. C'ero dentro fino al collo. 

Quell'assurda consapevolezza mi fece venire un improvviso batticuore. Provavo qualcosa per quella donna? No, doveva essere uno scherzo. Io non provavo niente, per lei.  Al di fuori di una semplice stima, di una mera attrazione fisica che si manifestava ogni singola volta che la sfioravo. Di un'ammirazione talmente cieca da sconvolgermi tutti i sensi. Ma non era certo questo, l'amore. E io lo sapevo molto bene. Eppure... non capivo per quale motivo rimuginassi così a lungo sulla reazione di Megan. Mi dispiaceva così tanto il suo rifiuto? Era davvero il mio ego a soffrirne? Oppure... oppure si trattava del mio cuore? Scossi la testa, quindi gettai la sigaretta verso la strada, con un gesto sprezzante. A passo cadenzato, rientrai in albergo. Il mio cuore aveva smesso di battere molto tempo fa. Io non ero altro che un corpo vivo, ma, al tempo stesso, morto e sepolto. In stato puramente vegetativo. No, io non credevo alla quiescenza. Non provavo emozioni, al di fuori di quelle corporee che, invece, si manifestavano ben volentieri. Recuperata la giusta convinzione, salii le scale e mi avviai in camera. Bussai alla porta un paio di volte. La stessa si aprì quasi all'istante, o meglio: la scoprii socchiusa. Megan l'aveva schiusa quel tanto che bastava a farmi entrare. Quando lo feci, mi paralizzai all'istante. La fioca luce dell'abat-jour illuminava la sua figura quel tanto che bastava a farla sembrare un angelo. Era girata di spalle, una lunga vestaglia di seta bianca le ricopriva il sinuoso corpo che, tutt'a un tratto, mi pareva scosso da qualche leggero tremore. Non comprendevo perché si trovasse proprio lì, immobile, al centro della stanza, che... che sembrava non avesse più pareti, come affermava la celebre canzone di Gino Paoli. Lei occultava tutto il resto; c'era solo e soltanto lei. Lei e quella flebile luce che rendeva l'atmosfera così intima, così familiare... tremendamente particolare.

«Megan?»

Non si voltò al mio debole richiamo. «Megan, ascolta...» Sospirai pesantemente. «Non sono affatto bravo a intavolare discorsi seri, però... volevo soltanto chiederti scusa. Scusami tanto se ti ho baciata, scusami tanto se ti ho fatto sentire a disagio, e... e scusami tanto se non sono riuscito a resisterti. La verità è che... Dio, so che ti sembrerà orribile quello che sto per dire, ma... non faccio sesso da una settimana e mezzo – sì, lo so che non è molto, ma purtroppo sono abituato a ritmi ben più serrati – e averti accanto... sì, insomma, non è affatto facile per me. Okay? Non è stato per niente facile averti avuta sempre attorno senza nemmeno poterti sfiorare. O, se vogliamo, senza poter sperimentare quell'egoistica passione di cui mi sono sempre nutrito, per tutti questi anni. E sai che ti dico? Sono felice che tu non mi abbia permesso di fare una cosa del genere. E vuoi sapere perché? Perché io sono...» Deglutii. «Io sono un egoista del cazzo. E ho quasi sempre avuto il vizio tremendo di fare sesso con le donne soltanto per appagare il mio ego smisurato. Ma questa volta... sento che con te potrebbe essere diverso. Sento che con te potrei fare... potrei fare la scemenza più grossa della mia vita, o forse, la cosa più giusta dopo quasi sei anni di pura e zozza promiscuità. Sento che con te non sarebbe solo sesso... Sento che con te potrei fare veramente l'amore.»

Megan si voltò finalmente verso di me. Il suo viso non lasciava trapelare nessuna emozione. Le sue labbra serrate, i suoi occhi fissi sui miei, come volesse cercare, in questi, l'assoluta verità. Quando si privò della vestaglietta, rimasi senza fiato. Megan indossava solamente un paio di mutandine e, abbinate a queste, il consueto reggiseno. Sbiancai come un lenzuolo a quella visione. Cosa diamine aveva in mente?

«Megan, copriti o ti prenderai un bel malanno!» D'impulso, raccattai la vestaglia da terra e gliela misi sulle spalle. «Non badare a quello che ti ho detto prima, d'accordo?» Mi guardai un attimo intorno, imbarazzato e confuso. «Non che non ti abbia detto la verità, però...»

Non feci neanche in tempo a terminare quella frase, che le labbra di Megan si posarono con veemenza sulle mie. Prese a mordicchiarle, come se non ci fosse un domani. Sulla prima, non risposi affatto al bacio, anzi. Mi scostai da lei, seduta stante. Mi toccai le labbra, quasi incredulo del fatto che mi avesse appena dato un bacio. Un gran bel bacio. «Megan, che ne diresti di farci una bella dormita? Credo sia meglio per tutti e due, non trovi?»

«Fammi tua», sibilò lei, senza mezzi termini.

Strabuzzai gli occhi più volte. Dovevo essere diventato sordo, oppure impazzito. «Che cos'hai detto?» domandai scettico, indietreggiando appena.

Lei tornò verso di me. Io, per tutta risposta, urtai contro il comodino adiacente al letto. «Voglio stare con te, Malcom. Almeno per questa notte.» La sua mano destra indugiò sulla mia guancia, carezzandomi il leggero strato di barba che la ricopriva. «Tu non lo vorresti?» 

Strinsi quella piccola mano nella mia, senza indugio. «Megan... hai forse bevuto?» le sussurrai, rispondendole con un'altra domanda.

Lei mi sorrise. Fu un sorriso che non seppi proprio decifrare, però. Perché mi sembrava un sorriso talmente enigmatico che la Gioconda del vecchio Da Vinci, al suo confronto, le avrebbe fatto un baffo. E bello grosso. «Non mi sembra che le tue pupille siano così dilatate, però», le dissi, cercando di sviare quel folle desiderio alla Megan.

«Deduco che tu non mi voglia poi così tanto, allora», osservò Megan, rifilandomi un'occhiata provocatoria.

Fui preso in contropiede, ancora una volta. Di solito ero sempre io quello pronto, l'amante indefesso, lo sfacciato della situazione. Adesso... si erano forse ribaltati i ruoli? «Megan, ti ho appena detto di essere irrimediabilmente attratto da te. Sei un vero schianto. Però c'è un ma... ci tengo a precisare di non essere innamorato. Okay? Io non credo nell'amore, o almeno non più. Ed è giusto che tu lo sappia», le ribadii, con estrema serietà.

Lei mi strinse la mano ancora più forte. «Non ci credo nemmeno io, se è per questo.»

Ridacchiai, sempre più scettico. «Sai, la cosa che non riesco proprio a spiegarmi è come io possa pensare di fare l'amore con te senza nemmeno credere in questo sentimento. Eppure... come ti ho detto prima, sono piuttosto sicuro che non si tratterebbe di mero sesso. Credo ci sia una differenza tra sesso e amore, no? Anche se tu e io non ci crediamo... dovrebbe esistere, giusto?»

Megan alzò le spalle. «Così dicono.»

«Tu cosa vorresti? Il sesso o l'amore? Cosa vorresti da me?» le chiesi, senza mezzi termini.

Megan si avvicinò al mio orecchio. «Questo non lo so. Ma so che voglio te. E so che anche per te è lo stesso.»

Un brivido mi percorse la schiena. Quelle parole mi avevano annientato. Non sapevo proprio cosa dire. «Tu vuoi davvero che io...»

Megan tornò a deliziarmi con un bacio così rovente, che non ebbi più l'ardire di ribattere. Mi aveva zittito ancora una volta. Senza troppe cerimonie, ci lasciammo cadere su quel letto che, di lì a poco, sarebbe diventato un vero e proprio campo di battaglia. Il suo corpo catalizzò completamente la mia attenzione. Era davvero stupenda. Con un gesto rapido, mi liberai della giaccia elegante. Baciai Megan ancora e ancora, stringendola a me. Quando cercò di liberarmi della camicia, però, la fermai. «Aspetta», le dissi, cercando di riprendere fiato. «Se posso averti solo per questa notte... vorrei che questa fosse indimenticabile. Che duri il più a lungo possibile. Lascia fare a me», le dissi, mordicchiandole il lobo dell'orecchio. Megan sospirò profondamente, beandosi delle mie dolci carezze. Non la spogliai nell'immediato dei suoi indumenti. Mi limitai ad accarezzarle, per infiniti minuti, la schiena seminuda, le spalle, le braccia, i fianchi e le gambe. Mi beai dei suoi dolci sospiri, del suo sguardo implorante. Dei suoi occhi così luminosi. Così vivi. E un forte brivido di eccitazione mi pervase il corpo. Rimasi senza fiato. Solitamente, non riuscivo mai a provare un vero e proprio piacere se non quando la donna di turno si trovava completamente nuda, e alla mia mercé. Con Megan, invece, era il contesto in sé, a essere afrodisiaco e spettacolare. Tracciai una leggera scia di baci che, dal decollété, si spostò sull'addome, per poi avventurarmi su quei fianchi così sensuali, che un orgasmo mentale mi colse del tutto impreparato. Mi sfuggì un sonoro lamento. L'improvviso contatto tra i nostri corpi mi aveva fatto fremere come un adolescente alla sua prima esperienza sessuale. Megan approfittò della mia vulnerabilità per strapparmi quella maledetta camicia di dosso. Quando saggiò i miei pettorali non troppo scolpiti, la guardai intensamente negli occhi. «Sei ancora in tempo per dirmi basta, Megan», le dissi, cercando di riprendere il controllo.

«Il tuo corpo dice l'esatto contrario», mi rispose lei, dando una significativa occhiata alla patta dei miei pantaloni. Mi stavano tirando da morire, in effetti. E se non me ne fossi liberato nell'immediato, sarei scoppiato da un momento all'altro.

«Lo sai benissimo che corpo e mente non sono collegati, in questi casi specifici», rimarcai, con un sorrisetto a metà tra l'imbarazzato e il malizioso.

«Invece sì», ribatté lei. «Tutto parte dalla testa... ricordatelo.»

Con uno scatto deciso, mi gettò sull'altro lato del letto, quindi mi saltò letteralmente addosso. «Ha forse delle prove a sostegno di questa teoria, professoressa Rossi?»

Lei si morse le labbra, divertita. E poi lo feci anch'io. Morsi le sue con estrema voracità, desideroso di stringere a me quel corpo seminudo. Quando la privai finalmente del reggiseno, mi soffermai su quelle aggraziate e veneree rotondità, che finirono tra le mie labbra in meno di un secondo. I gemiti di Megan si mescolarono ai miei non appena mi espropriò dei pantaloni. Continuai a mordicchiarle i capezzoli senza alcuna pietà, ma allo stesso tempo le accarezzavo i fianchi e la guardavo dritto negli occhi. Era completamente andata, ma d'altronde lo ero anche io. Stuzzicai con gentilezza le pieghe della sua intimità. Mi premurai di rispettare i suoi tempi. Era il suo stesso corpo a dettarmeli, e io provai un senso di appagamento davvero profondo. Le stavo regalando un immenso piacere che, d'altro canto, accresceva sempre di più il mio. E più gliene regalavo, più percepivo quella sensazione di appartenenza che, solitamente, non premurava di manifestarsi in quei precisi istanti.

Tornai a baciarla sulle labbra. Non mi bastava che il suo corpo reagisse ai miei stimoli, trovavo semplicemente essenziale baciarla intimamente. Non sapevo spiegarmelo, ma di lei mi attraeva proprio tutto. Il suo carattere forte e deciso mi aveva colpito sin dall'inizio, proprio come il suo aspetto. Quando mi privò dei boxer neri, una scarica di pura adrenalina si trasferì in ogni angolo del mio corpo. Ci unimmo quasi immediatamente, assai smaniosi di completarci a vicenda. Non riuscii proprio a trattenermi e i nostri bacini presero a muoversi simultaneamente, creando una spasmodica danza accompagnata da gemiti sempre più forti, da baci sempre più incontrollati. Da un abbraccio che, più di qualsiasi altra cosa, mi regalò una stupenda sensazione di benessere. Tra le braccia di Megan, mi sentii rinascere. Chiusi gli occhi, sin troppo coinvolto dal piacere crescente che stava dilagandosi dentro di me. Avrei potuto morire in quel preciso istante, e sarei stato l'uomo più felice della Terra. Stavo provando un senso di completezza davvero inconsueto. Per la prima volta dopo tanto tempo non mi sentii né indegno, né tantomeno sporco. Mi sentii in paradiso. Soltanto in paradiso.

Quando Megan pronunciò – o meglio urlò – il mio nome in preda a un'orgasmo travolgente, la mia bocca proruppe in un gemito strozzato, seguito da un grido che frantumò tutte le mie certezze. «Melissa!»

Non appena pronunciai quel nome, Megan si scostò immediatamente da me. Io sgranai gli occhi, scosso quanto lei. Non potevo crederci. Non poteva essere successo a me. Non con lei. Non in quel momento. Presi a balbettare come un ragazzino. «Dio... Megan, senti... io... ascolta...»

«Non voglio saperne più niente, okay?»

Provai a giustificare quell'uscita infelice. «Non l'ho fatto apposta, te lo giuro! Non so come sia potuto succedere, io...»

Megan scosse la testa, delusa e amareggiata. Mi sembrava persino sul punto di piangere. «Tu pensavi a un'altra donna mentre eri con me, non c'è altro da capire!» scattò lei, tornando a vestirsi in tutta fretta.

Mi alzai dal letto, senza premurarmi di ricoprirmi. Ero nudo come un verme, ma non mi importava un fico secco di sembrare un idiota. Sapevo di esserlo da sempre. «Ti giuro che non volevo! Io... la mia è stata un'uscita inconsapevole, io non sapevo che...»

«Non c'è altro da aggiungere, Malcom.» Pronunciò il mio nome con un disprezzo lacerante. «Io me ne vado. Credevo di essere qualcosa di più che una delle tue puttane... ma a quanto pare, non era affatto così.»

In quel momento, sentii il mio cuore rompersi in mille pezzi. Ma non per Megan, bensì per... «Non ti permetto di parlare così! Tu non sai un accidente di me!»

«Nemmeno tu, se è per questo!» Megan sistemò alla bell'e meglio la spallina del suo vestito rosso, quindi raccolse la sua borsetta e raggiunse l'armadio. Con mia somma sorpresa, mi accorsi che aveva già preparato la sua valigia. Allora voleva proprio andarsene, pensai, incredulo. Voleva togliersi lo sfizio e farsi una scopata con me, per poi... per poi scomparire per sempre.

«Sai che ti dico, allora? Sparisci dalla mia vita!» scattai, in preda a una rabbia furiosa. Rifilandole un ultimo, perfido sguardo, mi avviai verso il bagno, chiudendomi la porta alle spalle. I suoi occhi la dicevano lunga. Dalla delusione più cocente, era passata all'odio. All'odio puro. Quando sentii sbattere con violenza la porta, sospirai di sollievo, ma poco dopo... fui colto da una terribile disperazione. Mi accasciai, di peso, su quella porta sgangherata, quindi mi coprii gli occhi. Non mi accorsi nell'immediato che stavo piangendo.
 

*L'Odore Del Sesso: brano del cantautore Luciano Ligabue (1999)

 

N.d.A: Lo so, questo finale non ve l'aspettavate... ma d'altronde, la vita è veramente imprevedibile. Cosa accadrà ora? Spero che, malgrado tutto, il capitolo vi abbia strappato una qualche emozione! Come sempre, vi ringrazio di cuore per il supporto! 

   
 
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