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Autore: JaneBee95    19/10/2021    2 recensioni
Gli amori che si vivono al liceo non finiscono mai veramente, rimane sempre qualcosa in sospeso.
Ma quando la tua vita va avanti e ti imbatti di nuovo in quelle persone che hanno scatenato quelle prime sensazioni, metti tutto in dubbio.
Si tratta di qualcosa di concreto o è solo una fantasia da ragazzini?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Estate 2015
“Sai che soffro il solletico, basta!” gridai ridendo mentre mi divincolavo dalla sua presa. Sapeva che era il mio punto debole e se ne approfittò appena riuscì ad essere abbastanza vicino a me per potermi torturare.
“Preferisci questo o gli horror?” mi chiese deridendomi.
“Sono quasi tentata di risponderti gli horror” risposi cercando di darmi una sistemata ai capelli e alla canottiera.
“Allora non ci sono problemi se ne mettiamo un altro, che dici? Ma questa volta non ti devi coprire gli occhi, altrimenti non vale.” Come potevo dirgli di no? Ero pronta ad assecondare qualsiasi cosa mi chiedesse di fare.
Era passato appena un anno dalla fine delle superiori, ero andata avanti, avevo conosciuto altri ragazzi, ma, nonostante ciò, rimanevo ancora vittima del suo fascino come il primo giorno. Ma non dovevo farglielo notare, non potevo rischiare di rovinare quella serata che avevo desiderato da quando avevo iniziato a provare qualcosa per lui.
“D’accordo, come vuoi. Però sceglilo tu, io non ci capisco molto.” Gli lasciai il telecomando e andai in cucina portando con me le marmitte da riempire con altre patatine e snack vari. Feci altre scorte di bibite, acqua e alcol, tra cui quella pessima vodka alla frutta, con cui si era ubriacato durante la gita del terzo anno e a quel pensiero sorrisi.
“Scelto?” chiesi mentre mi sistemai sul divano poco distante da lui.
Yes! Spengo la luce, però, così merita di più.” Si alzò, premette l’interruttore e la sala rimase al buio, illuminata sporadicamente dai lampi che provenivano da un minaccioso temporale estivo e dallo schermo della televisione.
Riuscivo già a sentire il cuore in gola dalla paura, e il film non era ancora iniziato, ma la sola idea di fantasmi e presenze soprannaturali mi suggestionava.
 
I primi venti minuti filarono tutto sommato lisci, ma poco dopo iniziarono le prime scene inquietanti e non potei far altro che raggomitolarmi su me stessa contro le proteste di lui mentre cercava di tenermi ferma; non era abbastanza forte, così riuscii a dare le spalle alla televisione sedendomi sulle sue gambe abbracciandolo forte.
“Dimmi quando posso girarmi” gli chiesi con una vocina appena udibile.
Capendo la mia agitazione mi strinse accarezzandomi la schiena per rassicurarmi mentre mi descriveva le varie scene. Era dolce, molto, e mi intenerii a vedere come si stava preoccupando per me.
Non smise di coccolarmi, anzi, di tanto in tanto mi chiedeva se stessi bene e se me la sentissi di guardare il film. Accettai con riluttanza ma si assicurò di circondarmi le spalle con il suo braccio per stringermi a lui qualora ci fossero state delle scene troppo spaventose per i miei gusti (ovvero quasi tutte!).
 
Alla fine del film si scostò un po’ da me, mi guardò e mi propose un gioco per alleviare la tensione del film.
“Che gioco?” gli chiesi fingendo curiosità.
In realtà sapevo benissimo a cosa si riferisse perché ero stata proprio io a proporglielo nei giorni precedenti durante l’organizzazione della serata.
Era una cosa molto stupida, ma era l’unico modo che mi era venuto in mente per movimentare un po’ l’atmosfera. Un gioco alcolico. Per un fan di questo genere di pacchianate sarebbe stato perfetto e mi disse di sì appena glielo proposi.
Lo scopo del gioco era, ovviamente, cercare di far bere l’altro il più possibile; quindi, optammo per una sorta di ping-pong alcolico.
“Quello che mi avevi proposto l’altro giorno, ricordi?” Certo, come potrei scordarmi?
“Ah, sì! Ho capito a cosa ti riferisci” finsi.
Nel giro di pochi minuti preparammo il tavolo sistemando vari bicchieri di plastica pieni di birra, liquori vari e vodka. Recuperai la pallina di plastica che ero riuscita a trovare tra i vari giochi stipati – e dimenticati – in garage e iniziammo a giocare.
Nessuno dei due aveva un’ottima mira, quindi erano più le volte in cui dovevamo correre per la casa a recuperare i lanci persi o mancati che quelle in cui facevamo effettivamente centro, perciò questo ping-pong alcolico durò più del previsto.
 
L’alcol iniziò a farsi sentire dopo tre o quattro tiri giusti e, per mia sfortuna, non si trattò di birra. Cominciai a ridere senza motivo per ogni sciocchezza, cosa che rese impossibile poter continuare a giocare.
“Stai bene?” mi chiese trascinando le parole. Ero riuscita a centrare molti più bicchieri rispetto a lui e gli effetti si sentivano appena iniziò a parlare.
“Cerrrrto!” squittii per poi scoppiare a ridere subito dopo. Probabilmente erano le numerose r a sembrare così divertenti.
 
Ci trascinammo entrambi verso il divano.
“Ho bisogno di una pausa…” ammisi lasciandomi andare.
“Oooh, dai, che mezza calzetta che sei!” gli piaceva stuzzicarmi e darmi fastidio solo per vedere come reagivo.
Mi girai verso di lui e lo fissai per un attimo prima di dirgli: “Accidenti, mi fai impazzire, lo hai sempre fatto”. Sorrisi, era l’alcol a parlare e speravo che non avesse rovinato l’atmosfera.
“Io? Vogliamo parlare di te? L’ultimo anno ho maledetto il fatto che tu avessi una relazione.” Come? Allora me lo aveva già detto, ma a causa dell’alcol non mi ricordavo tutti i dettagli della serata.
Proseguì: “Ero cotto di te, ma era troppo tardi e non volevo rovinare le cose tra te e il tuo ragazzo.” Ritornai di colpo lucida, ma non mi mossi, mi limitai a guardarlo aspettando che aggiungesse altro. “Poi iniziammo l’università e ci perdemmo di vista, così non ho più avuto modo di dirtelo.”
Non dissi niente per un po’, ero rimasta sconcertata dalla sua confessione.
“Mannaggia a te…” Sussurrai distogliendo lo sguardo. “Ma adesso non sono impegnata…” Lui sì, però, mi ricordai.
Sentii la sua mano prendermi dolcemente il mento. Era a pochi centimetri dal mio viso. Restammo in silenzio. Sapevo che non avrebbe mai fatto il primo passo, così mi buttai io. Lo baciai.
Brava, ottimo, hai mandato tutto a quel paese, pensai.
Ci staccammo. Ero terrorizzata, avevo paura di aver rovinato tutto. Al contrario, si avvicinò a me e ricambiò il mio bacio. Fu passionale, pieno di desiderio. L’alcol ci aiutò semplicemente a sbloccare quel qualcosa che non sarebbe nato senza di esso.
Coraggio liquido, è proprio vero.
 
Mi fece sedere sulle sue gambe, continuando a baciarci.
Le mie mani gli tenevano ora il viso ora i suoi ricci castani, mentre sentivo la sua presa sui miei fianchi.
Dopo qualche istante ci allontanammo. Lo guardai e riuscivo a leggergli negli occhi la stessa voglia che avevo io di lui.
“Vieni con me” dissi a bassa voce. Mi misi in piedi e gli presi la mano.
Senza aggiungere nulla me la strinse e si alzò lasciandosi guidare fino alla mia camera.
 
Riprendemmo esattamente dove avevamo interrotto pochi attimi prima.
I baci si fecero via via più passionali. Le nostre mani a tratti si intrecciavano per poi andare a scoprire e studiare i nostri corpi a vicenda.
D’un tratto mi trovai sdraiata, lui sopra di me.
“Vuoi scoprire come sarebbe stato tra di noi?” mi chiese. Ormai l’alcol non c’era più, ero rimasta solo io a parlare.
“Sì, voglio”, sussurrai per poi baciarlo di nuovo.
   
 
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