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Autore: Kimando714    20/10/2021    2 recensioni
La vita da ventenni è tutt’altro che semplice, parola di sei amici che nei venti ormai ci sguazzano da un po’.
Giulia, che ha fin troppi sogni nel cassetto ma che se vuole realizzarli deve fare un passo alla volta (per prima cosa laurearsi)
Filippo, che deve tenere a freno Giulia, ma è una complicazione che è più che disposto a sopportare
Caterina, e gli inghippi che la vita ti mette davanti quando meno te lo aspetti
Nicola, che deve imparare a non ripetere gli stessi errori del passato
Alessio, e la scelta tra una grande carriera e le persone che gli stanno accanto
Pietro, che ormai ha imparato a nascondere i suoi tormenti sotto una corazza di ironia
Tra qualche imprevisto di troppo e molte emozioni diverse, a volte però si può anche imparare qualcosa. D’altro canto, è questo che vuol dire crescere, no?
“È molto meglio sentirsi un uccello libero di volare, di raggiungere i propri sogni con le proprie forze, piuttosto che rinchiudersi in una gabbia che, per quanto sicura, sarà sempre troppo stretta.
Ricordati che ne sarà sempre valsa la pena.”
[Sequel di "Walk of Life - Youth"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 4 - LIFE GOES ON


 

L’aria fredda e pesante che alleggiava nella stanza non turbò Pietro più di tanto. Era già sveglio da parecchio tempo: aveva passato le ultime ore a rigirarsi in continuazione tra le lenzuola del letto, rinunciando infine a cercare di riprendere sonno. Sapeva che non sarebbe riuscito ad addormentarsi di nuovo, non quel giorno.
Alzò svogliatamente la testa dal cuscino, stropicciandosi gli occhi assonnati, e togliendosi di dosso le coperte calde. Appoggiò i piedi nudi a terra, dando un’occhiata alla sveglia sul comodino alla destra del letto: erano quasi le nove, un’ora decisamente decente per alzarsi e smettere di poltrire nel letto.
Si alzò stancamente dal materasso, passandosi una mano tra i capelli lisci e scuri e, cercando di non andare addosso alla scrivania o ai vari mobili pur spostandosi alla cieca, arrivò dall’altra parte della stanza buia, raggiungendo la finestra. Tirò su la persiana lentamente, per non rischiare di rimanere accecato dalla luce. A poco a poco la stanza s’illuminò della luce del sole mattutino. Era solamente gennaio, eppure negli ultimi giorni un sole pieno e freddo aveva fatto capolino dalle nubi che da troppo tempo ricoprivano il cielo di Venezia.
Pietro appoggiò le mani sul balcone della finestra, la pelle d’oca sulle braccia per la brezza fredda invernale, osservando il paesaggio che si stagliava davanti a lui: in lontananza la cupola di San Marco scintillava sotto i raggi solari, così come le acque della laguna e dei canaletti, trafficati dalle gondole e dai vaporetti.
Venezia aveva già preso vita quel giorno, e Pietro se ne stava ancora a casa sua, appena alzatosi dal letto, e con la testa ancora annebbiata per il sonno.
Quella sarebbe stata la giornata ideale per farsi lunghe camminate lungo le calli veneziane: era sabato, non c’erano i corsi all’università, e c’era un sole stupendo. Nulla di più perfetto.
Ma quello era anche l’ultimo giorno in cui Alessio sarebbe rimasto a vivere nel loro appartamento.
“L’ultimo giorno”.
Pietro abbassò il capo, chiudendo gli occhi e respirando a fondo.
Era difficile credere che fosse davvero arrivato il giorno in cui, in un qualche modo, la sua strada percorsa con Alessio avrebbe preso una direzione diversa.
Sbuffò piano, tornando a puntare gli occhi fuori dalla finestra, ma non osservando nulla in particolare. Si sentì perso, perso in un mare così profondo e scuro da non rendere nemmeno l’idea.
Si allontanò dalla finestra, rabbrividendo appena, e dirigendosi verso la porta chiusa della stanza. La aprì, uscendo nel piccolo corridoio su cui dava la camera, proprio di fronte a quella di Alessio.
La porta era già aperta, e dalla stanza proveniva la luce del sole che filtrava dalla finestra, gli scatoloni pieni delle sue cose posati sul pavimento che si intravedevano all’interno della camera. A quanto pareva Alessio era stato più mattiniero di lui, almeno per quella mattina.
Forse avrebbe preferito saperlo ancora dormiente. Forse non se la sentiva nemmeno di vederlo in faccia, non ancora, perlomeno. Forse non sarebbe mai stato pronto ad affrontarlo e affrontare quella giornata venuta troppo in fretta.
Si morse le labbra, cercando di scacciare quei pensieri e proseguendo a fatica verso un destino che già conosceva. Percorse in pochi passi il corridoio, arrivando sull’uscio del salotto dell’appartamento, bloccandosi sulla soglia della stanza.
Alessio era davanti alla finestra del salotto, le spalle rivolte a Pietro, il viso nascosto e dall’espressione ancora ignota. Teneva le mani nelle tasche dei pantaloni, immobile come una statua, e non sembrava essersi minimamente accorto della sua presenza a qualche metro dietro di lui.
Pietro si appoggiò al muro, restando in silenzio a osservare la figura con i capelli scompigliati e biondi di Alessio. Quasi non si accorse del sorriso appena accennato che gli si era dipinto in volto, un gesto automatico che ormai aveva rinunciato a nascondere.
Sotto i riflessi del sole i capelli di Alessio erano molto più illuminati e resi più chiari, fili dorati che a Pietro ricordavano il colore della sabbia calda, quella con cui si era scottato i piedi più volte nei pomeriggi d’estate. Avrebbe voluto fotografarlo mentre se ne stava lì, immobile come se per lui il mondo si fosse fermato. Avrebbe voluto fotografare quel momento, far allungare i secondi per non farlo finire mai. Sarebbe potuto durare per sempre, semplicemente così.
 
I tried to paint you a picture, the colors were all wrong
Black and white didn't fit you and all along
You were shaded with patience, your strokes of everything
That I need just to make it, but I can see that

Si avvicinò piano alle spalle di Alessio, spinto dall’istinto e da un’ingenuità che aveva lasciato fuoriuscire poche volte negli ultimi due anni. Camminò a passi felpati, cercando di fare meno rumore possibile; solo quando gli fu vicino si accorse che Alessio stava tenendo gli occhi chiusi, come se stesse dormendo, con la testa inclinata sulla spalla destra.
Pietro si fermò poco dietro di lui, mordendosi il labbro inferiore: avrebbe solamente voluto abbracciarlo, farlo girare verso di sé ed appoggiare la propria fronte alla sua. Gli sarebbe bastato sentire il suo respiro finirgli addosso, le narici piene del suo profumo, il calore della sua pelle a contatto con la sua.
Si morse il labbro inferiore, la tentazione mista al dolore della separazione che a malapena riusciva a tenere sotto controllo. Nulla gli impedì, però, di passargli un braccio attorno alle spalle, in quell’abbraccio a tratti impacciato e intimidito che aveva agognato fino a quel momento.
 
Lord knows I failed you time and again
But you and me are all right
 
-Cosa fai, dormi in piedi come i cavalli?-[1] sussurrò Pietro con voce bassa, con l’imbarazzo che stava scemando. Non c’era nulla di forzato, in quell’abbraccio: teneva Alessio in una presa leggera, giusto per fargli sentire la sua presenza, con il capo poggiato appena a quello dell’altro.
Alessio non disse nulla. Si limitò a sorridere lievemente in silenzio, un sorriso che a stento Pietro riuscì a cogliere. Si lasciò cullare lentamente da lui, senza divincolarsi.
E anche quel momento Pietro avrebbe voluto non finisse mai: forse per la prima volta dopo anni riusciva a sentire Alessio davvero accanto a sé, senza stupidi litigi o parole non dette di mezzo. Riusciva a trasmettere di più quell’unico abbraccio silenzioso, che non tutto ciò che si erano detti in quei due anni appena passati.
Era probabilmente l’ultimo abbraccio vero che quelle pareti avrebbero visto. Ancora poche ore, e Alessio se ne sarebbe andato.
Pietro si ritrovò a sospirare pesantemente, stringendo impercettibilmente Alessio più stretto a sé.
Aveva paura di quel cambiamento.
Si sarebbe mai abituato alla sua assenza, dopo aver conosciuto la sensazione di vivere con lui accanto? Avrebbe imparato a sopportare quella solitudine, che non avrebbe fatto altro che ricordargli tutti i rimpianti che avrebbe avuto?
Quella casa sarebbe stata sempre troppo vuota, troppo silenziosa e troppo grigia, senza di lui. E non avrebbe potuto fare altro che cercare di farci l’abitudine, andare avanti come aveva fatto fino a quel momento.
L’amicizia tra loro sarebbe rimasta, certo, ma quante altre cose sarebbero cambiate e quante altre ancora sarebbero venute a mancare?
Pietro si lasciò sfuggire un sospiro, la malinconia che gli stringeva la gola e lo faceva sentire più vulnerabile.
Alessio continuò a non dire nulla. Pietro riusciva a distinguere alla luce del sole del mattino le ciglia lunghe, abbassate sulle guance per gli occhi tenuti ancora chiusi. Per un attimo temette che il suo silenzio fosse equivalente ad un rifiuto di quell’abbraccio, ma subito dopo lo avvertì accoccolarsi meglio contro di lui, avvolto dalle sue braccia in quell’abbraccio strano e nostalgico. Sentiva anche Alessio la stessa insicurezza, mischiata all’euforia per il nuovo inizio che l’aspettava, e a quella dolce malinconia per tutto ciò che stava lasciando?
Pietro avrebbe voluto che si girasse verso di lui in quello stesso istante, sentirlo dire che tra di loro non sarebbe cambiato niente – non sarebbe cambiato nulla, quando invece tutto era già cambiato.
Non successe nulla di tutto ciò. Alessio rimase ancora una volta in silenzio e nemmeno Pietro provò a domandarglielo, forse troppo codardo o forse semplicemente troppo insicuro per dire a voce ciò che premeva per uscire dalla sua bocca.
Non era così facile, lasciarsi andare tutto alle spalle e iniziare di nuovo. L’aveva già vissuta, quella sensazione, ma era sempre come la prima volta: un balzo nell’oscurità, dove sarebbe potuto cadere in piedi senza nemmeno un graffio, o farsi talmente male da non riuscire nemmeno più a rialzarsi.
Alessio si divincolò appena dalle braccia di Pietro, come se d’un tratto fosse deciso a sciogliere quel contatto: forse la vicinanza rendeva tutto più difficile.
Pietro strinse appena di più la stoffa della sua maglietta, come a richiamarlo a sé, e sussurrò di nuovo, allarmato:
-Va tutto bene?-.
Alessio tenne ancora gli occhi chiusi, abbassando di poco il capo,
-Solo mi chiedevo … -.
“Sarà disposto a confidarsi?”.
Era evidente che fosse agitato, ed era anche evidente che avesse bisogno di dirgli qualcosa. Ma gli ci volle tempo, prima di lasciarsi andare alla domanda che evidentemente non riusciva più a trattenere:
-Mi chiedevo se è giusto- borbottò alla fine, buttando parole vaghe.
-Se è quello che vuoi, allora è giusto-.
Pietro disse quelle parole ancor prima di pensarle.
Non era stato difficile dirlo, non quanto rendersi conto di aver pronunciato quelle parole per davvero. Di nuovo la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco lo avvolse, un groppo in gola che gli impediva di aggiungere qualsiasi altra cosa.
Gli stava costando fin troppo incoraggiare Alessio, spingerlo volontariamente sempre più distante da sé. Ma a che gli sarebbe servito cercare di farlo desistere o mostrargli solamente tutto ciò che sarebbe potuto andare storto? Aveva ancora tutta l’intenzione di mantenere la promessa di mettere la felicità di Alessio davanti alla sua.
Bastava quell’ultimo sforzo, quell’ultima volta nel mantenere fede ai suoi propositi.

 
Every single day that I can breathe
You changed my philosophy
I'm never gonna let you pass me by
 
Alessio finalmente riaprì gli occhi, girandosi appena verso di lui. Si ritrovò con il viso fin troppo vicino al suo, ma cercò di non farci caso: non arretrò, l’imbarazzo, con Alessio che cercare i suoi occhi, che riusciva a malapena ad ignorare.
-Lo voglio. Sto bene con Alice, voglio vivere con lei- la voce di Alessio fu poco più di un sussurro – Ma allo stesso tempo non voglio nemmeno andarmene da qui-.
Pietro si morse le labbra, la voglia di urlargli di rimanere che si faceva sempre più forte, ma no, non doveva cedere giunti a quel punto.
Non poteva permetterselo, e non poteva permetterglielo.
-Ascoltami- Pietro prese un respiro profondo, lo sguardo di Alessio ancora su di lui, e le sue braccia a cingergli ancora le spalle – È normale sentirsi confusi, credere di avere dei ripensamenti all’ultimo minuto. Ma è solo suggestione, è solo ... Paura di cominciare tutto di nuovo-.
Vide Alessio abbassare lo sguardo, rimanendosene in silenzio. Gli passò velocemente una mano tra i capelli biondi, in un gesto d’affetto con cui voleva attirare nuovamente la sua attenzione:
-Diversi anni fa qualcuno mi disse che, ogni volta che si arriva ad un traguardo, non si può fare a meno di guardarsi indietro ed osservare un’ultima volta ciò che si è passato per giungere fino a quel punto. Ma questo non ci deve fermare dall’andare avanti e proseguire-.
Vide Alessio finalmente sorridere divertito, un vero e proprio sorriso che non compariva sul suo volto da giorni – da settimane.
-Non ti fermare proprio ora che sei ad un passo dall’arrivo, Alessio -.
 
All we are, all we are
Is everything that's right
All we need, all we need
A lover's alibi
 
Anche Pietro non poté fare a meno di sorridere, una certa serenità, strana ed inaspettata, che stava pian piano sostituendo il dolore che lo aveva attanagliato fino a pochi attimi prima.
-E non fare quella faccia triste, che mi sembri uno zombie. E uno zombie con una giornata così bella stona, Lentiggini- esclamò Pietro, allargando maggiormente il sorriso.
Anche il sorriso si Alessio si allargò, gli occhi azzurri che si erano fatti più luminosi e limpidi.
Non fece nulla per evitare il contatto con quelle iridi, Pietro: non abbassò il viso, nonostante l’imbarazzo che si faceva più vivo e visibile con il rossore delle sue gote. Rimase ad osservare l’azzurro terso e chiaro di quegli occhi, le screziature grigie e verdi più visibili alla luce chiara del mattino.
Sembravano le acque dell’oceano, quelle iridi, le acque di un oceano infinito e calmo nel quale Pietro si sarebbe volentieri perso.
Avrebbe voluto essere l’isola bagnata ed attorniata da quell’oceano, persa in mezzo a quella distesa d’acqua blu, da quell’oceano che aveva imparato a conoscere, rispettare, amare.
Un oceano che si stava facendo sempre più lontano e sempre più vicino allo stesso tempo, come il lento cadenzare ed oscillare delle sue onde.
 
“È solo che ogni volta che arrivi ad un traguardo, uno qualsiasi, non puoi fare a meno di guardarti indietro per guardare un’ultima volta tutto quello che hai dovuto passare per arrivare fino a lì … Ma questo non vuol dire che non voglia più andare avanti”
 
So don't say our goodbyes
You know it's better
We won't break, we won't die*
 
*
 
Quando si sedette sul divano gli sembrò quasi si essere fuori posto. Come se non fosse quello il luogo in cui si doveva trovare.
Alessio si passò una mano sul viso, stanco.
Quella casa era tutt’altro che sconosciuta per lui: Alice aveva sempre cercato di invitarlo lì il più possibile nell’ultimo anno, da quando era finalmente riuscita a mettere sufficienti soldi da parte per affittare quell’appartamento tutto per sé – che ora sarebbe diventato tutto per loro.
Ma quella sensazione non se ne stava andando, e forse non se ne sarebbe andata ancora per un po’ di giorni.
Aveva passato gran parte del pomeriggio a sistemare le sue cose in giro per la casa – negli armadi, nei cassetti dei mobili, in bagno, ovunque-, svuotando pian piano valigie e scatoloni che gli erano serviti per trasferirle da un appartamento all’altro.
Dare un’ultima occhiata a quella che era stata la sua stanza per più di due anni, ormai spoglia, era stato molto più doloroso di quel che si era sempre immaginato.
“Chissà che ne farà Pietro, ora che è sua anche quella”.
Il pensiero di Pietro gli fece partire una fitta all’altezza del petto. Aveva cercato di pensare il meno possibile a lui per tutto il giorno, ma adesso era stato inevitabile.
Cercò di non immaginarselo da solo, nel loro vecchio appartamento condiviso, e cercò ancora meno di ripensare all’abbraccio di quella mattina. Non era il caso di scoppiare a piangere nel salotto della sua nuova casa.
“Forse non è così che mi dovrei sentire dopo essere appena andato a vivere con la mia ragazza”.
Era forse l’ennesima incrinatura nella sicura certezza di cui aveva cercato di convincersi da mesi. Vedeva la felicità di Giulia e Filippo che finalmente stavano costruendo giorno dopo giorno la loro casa, e anche l’entusiasmo che stava investendo Caterina e Nicola nel progettare pian piano la loro convivenza che a breve sarebbe iniziata ufficialmente.
Quando si guardava allo specchio non vedeva le stesse espressioni, e quando ragionava su quella stessa giornata l’unica cosa a cui riusciva a pensare – se solo se lo fosse permesso- era Pietro, e quell’abbraccio, e il continuo domandarsi se stesse facendo la cosa giusta, se quello era il momento giusto per separarsi – e arrivare finalmente a prendere casa sotto lo stesso tetto di Alice.
L’abbraccio di Pietro era stato rassicurante e terrorizzante allo stesso tempo, perché averlo lì vicino lo portava sempre, inevitabilmente, a chiedersi se quel che aveva appena fatto non fosse una totale pazzia.
Alessio si riscosse dalla sua bolla di silenzio dal lento vibrare del suo cellulare, abbandonato accanto a lui sul divano. Allungò timoroso una mano, con la sensazione che potesse essere proprio Pietro ad avergli scritto.
Quando sbloccò il display, però, era il nome di Caterina che campeggiava come mittente.
«Arrivato nella tua nuova casa?».
Le intenzioni di Caterina erano sicuramente buone, ma leggere quelle parole gli fecero solo venire la nausea. Si costrinse comunque a rispondere, digitando quelle lettere senza alcuna convinzione:
«Sì, poco prima dell’ora di pranzo».
Caterina non si fece attendere per più di un minuto:
«E Pietro, invece? Tutto bene con lui?». 
Alessio si morse il labbro inferiore, in difficoltà.
Sarebbe stato piuttosto semplice liquidare la questione dicendo che sì, era andato tutto bene. Non sarebbe nemmeno stata una bugia, perché la realtà era effettivamente quella: con Pietro era andato tutto bene, alla fine. Era stato lui a dirgli che la vita sarebbe proseguita, che sarebbe andato tutto bene e che era stata la scelta giusta.
Il nero delle iridi di Pietro, in quei momenti di vicinanza, gli era sembrato così famigliare, intenso e infinito. Un porto sicuro, nonostante tutto. Era stata la stessa sensazione che aveva vissuto l’ultima sera al Babylon, prima di spiccare il volo e andare a Venezia. Era ironico pensare che, inevitabilmente, era stato con Pietro anche quella volta. Forse era un segno del fato, o di qualunque cosa fosse, il fatto che l’avesse vissuta poco prima di trasferirsi in quella stessa casa che avevano condiviso per anni, e nuovamente quando stava per andarsene. Forse era solamente il segno che Pietro poteva avere ragione, che tutto sarebbe andato bene anche stavolta.
Ma gli occhi di Pietro erano stampati nella sua mente, tra i ricordi di quella giornata e di quelle delle ultime settimane, e continuava a ricordarli famigliari ma vuoti, privi di reale convinzione almeno per se stesso.
Aveva cercato di incoraggiare lui, ma così facendo sembrava quasi si fosse dimenticato di provarci anche per sé.
Ma non c’era bisogno che Caterina sapesse tutto ciò.
«Tutto ok, nessun problema».
Ciò che ricevette in risposta dall’altra parte non lo sorprese più di tanto, non davvero:
«Se lo dici tu».
 
*
 
Non sapeva quale esattamente era stato il momento in cui tutto nella sua vita aveva cominciato ad andare storto. O forse lo sapeva benissimo, ma era più facile e più comodo fare finta di nulla, pensare che fosse riconducibile a scelte altrui piuttosto che alle sue.
Pietro sospirò a lungo, con gli occhi chiusi, steso sul letto della sua stanza attorniato solo dalle tenebre della sera che calava, la luce spenta perché così gli dava la sensazione di essere invisibile persino a se stesso.
“Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro”.[2]
Poteva non aver scelto l’eroina come aveva fatto Renton, ma aveva comunque scelto di non scegliere la vita. Non poteva definire vita un’esistenza fatta solo di tante bugie che si succedevano l’un l’altra.
Non era vivere. Era solo nascondersi.
Stava nascondendo anche il suo dolore, in quel momento, come se non pensare ad Alessio e a tutte le occasioni perse potesse facilitare in un qualche modo quella sua esistenza senza senso.
E si sentiva vuoto, un po’ come lo era l’appartamento in quel momento, come lo era la stanza di fronte alla sua. Abitata alla mattina, e abbandonata e spoglia la sera stessa.
Era un silenzio che lo stava ingolfando, un silenzio che in realtà gli stava urlando addosso che, anni fa, era arrivato ad un punto della sua vita in cui si era ritrovato a dover compiere una scelta, e che per codardia e per odio – verso di sé, non verso qualcun altro- ora si ritrovava ad aver percorso la strada sbagliata.
“Ma non posso più tornare indietro”.
Non c’era via d’uscita, o almeno lui non riusciva a vederne una.
Pietro rimase ancora immobile, così come lo era stato nelle ultime ore. Poteva anche cercare di fare finta di nulla, ma non poteva negare a se stesso di non essere riuscito nemmeno a mettere piede fuori dal letto per gran parte di quella giornata. Aveva ignorato persino il telefono, conscio di essersi probabilmente perso anche i messaggi che Giada poteva avergli scritto. Ma non era a Giada a cui stava cercando di non pensare – almeno non stavolta.
Sarebbe servito anche a lui qualcuno che lo abbracciasse in quel momento, un po’ come aveva fatto lui con Alessio quella mattina. Aveva cercato di infondergli la fiducia che a lui per primo mancava. Gli aveva detto di andare avanti con la sua vita, quando la sua gli sembrava ferma ai giorni d’estate di quasi tre anni prima, quando aveva iniziato a conoscere una parte di sé rimasta seppellita per vent’anni, e che ora invece pur latente era sempre lì. Poteva nasconderla sotto una montagna di bugie, ma era sempre lì. E probabilmente ci sarebbe sempre stata.
Forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno che sapeva avrebbe, se non potuto condividere i suoi dolori, almeno potuto comprenderli.
Ma non l’avrebbe fatto quella sera.
Per quella sera la vita sarebbe andata avanti nel silenzio sconfortante dell’appartamento – non più loro, solo suo-, la sua unica presenza come compagnia, e niente a tenerlo a galla.
 





[1] questa scena è ovviamente ispirata, come intuibile dalla domanda e dall'abbraccio, a quella parallela tra Ennis e Jack in Brokeback Mountain.
[2] altra citazione cinematografica, stavolta da Trainpotting.
*il copyright della canzone (One Republic - "All we are") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Immaginiamo si sia capito, ormai, che questo inizio di seconda parte avrà ben poco di allegro 😅 In questo capitolo sembra proprio che il giorno in cui le strade di Alessio e Pietro in veste di coinquilini si divideranno sia infine arrivato.
Nel "post separazione" di Pietro e Alessio analizziamo poi le reazioni su entrambi i fronti. Ci viene quindi spontaneo sottolineare il fatto che Pietro potrebbe essere portato a parlare di questa situazione con qualcuno, proprio come si evince dal finale dell'aggiornamento. Lo farà davvero, oppure è un pensiero dato dall'emotività e dalla disperazione del momento? Alessio invece sempre, ancora una volta, indirizzato verso una chiusura, dato che preferisce tenere per sé le proprie riflessioni nascondendo così parte di ciò che prova.
E concludiamo con una buona notizia: visto che il capitolo di stasera era breve, e visto che il successivo si collega a doppio filo con questo finale, ci rivedremo in questi lidi già mercoledì prossimo con un aggiornamento molto consistente! 😊
Kiara & Greyjoy

 
   
 
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