ALLORA ALLORA,
nessun disegno bello questa volta (sto decidendo se farvi Madina o
Jarnsaxa).
Cosa posso dire di questo capitolo?
CHIACCHIERE, ma si entra nel vivo, circa. La verità
è che questo capitolo
doveva essere spaccato a metà ed accorpato una parte allo
scorso ed una parte
al prossimo.
MA SONO PROLISSA.
Comunque, se vi chiedete il perché, di una scena, la
risposta è contenuta nel
primo romanzo della casa di Magnus Chase:
“Hearthstone passes out even more than Jason Grace
(tough i have no idea who
that is)”, che è anche il momento per
cui ho pensato a questa ff.
Sarò onesta, fino a prima dell’ultima di TOA ero
davvero convinta che Jason
sarebbe finito al Valhalla.
MA ECCO a che servono le ff, no?
Vorrei ringraziare chi legge, chi segue/preferisce/ricorda ed
ovviamente chi
legge.
Grazie Farkas; grazie Edoardo811.
Spero possiate apprezzare questo capitolo,
un bacio
RLandH
Il Barbaro
Astrid aveva
fatto la sua comparsa mentre scendeva da una vertiginosa scala a
chioccia, in pantaloni
morbidi e maglietta dell’hotel, sprovvista della sua
pelliccia, appariva
incredibilmente attuale. Con le trecce sottili, i
pantaloni morbidi e la
t-shirt, Astrid sembrava una ordinaria ragazza degli anni duemila, di
origini miste,
con una chiara discendenza nativa. Qualcosa di assolutamente ordinario,
nel
senso positivo del termine.
I capelli erano un po’ arruffati, ma mentre portava
giù grossi scatoloni non
sembrava particolarmente provata dalla fatica, doveva essere
un’altra gentile
conseguenza della non-morte.
“Oh! Ciao Jason!” aveva dichiarato lei, notandolo
sul fondo della scala, “Hai
già finito con i piani malefici con zia Trudy?”
aveva chiesto poi.
“Così pare. Per oggi” aveva risposto
lui, allungando le braccia per raccogliere
lo scatolone, ma Astrid l’aveva ignorato a pie pari,
percorrendo gli ultimi gradini
e superandolo, per dirigersi verso il soggiorno, “Spero non
stia combinando
niente di troppo pericoloso” aveva valutato la giovane
guerriera.
Jason si era aggiustato gli occhiali, tremolante, “Non ti
preoccupare” le aveva
detto, cercando di rassicurarla.
“Menti proprio male, sai?” aveva risposto Astrid,
posando lo scatolone al
centro della stanza.
C’erano una serie di diviani, sistemati in due L affrontate,
che creavano un
rettangolo nella stanza, intorno erano pieni di scaffali, con tazze,
posate e
quant’altro, c’era anche un sacco di poster che
andavano da nomi di bad,
incontri a messaggi propositivi.
“Carico di libri!” aveva dichiarato Astrid,
attirando l’attenzione di tutti.
Dei ragazzini sui dodici e tredici anni si erano subito fiondati, non
aspettando che la guerriera aprisse la scatola.
“Come piccoli piranha” aveva dichiarato Jason,
osservando i ragazzini. Giovani
come i bambini che venivano riconosciuti al campo e come quelli
costretti al
primo anno di prova a Roma, più magri e grigi, con occhi
grandi e spaventati.
“Cos’è questo? Una specie di campo per
semidei norreni?” aveva chiesto subito
Jason. Astrid lo aveva guardato parecchio stupida, “No? Che
idea bislacca!”
aveva dichiarato, “No, questo è un rifugio per
ragazzi senza tetto” aveva
dichiarato Astrid, come se fosse stata la cosa più ovvia del
mondo.
Jason aveva annuito, anche se animato da una certa
perplessità.
“È stata un’idea di Magnus e Alex,
quando erano ancora in vita, vivevano come barboni,
il che è parecchio strano considerando che questa magione
era di Magnus” aveva
spiegato poi Astrid, “Onestamente il loro pensiero
è stato comunque molto carino,
se ci rifletto. Avevo un amico che ne avrebbe giovato parecchio da
vivo, di un posto
del genere, ma ai miei tempi dormire sotto il cielo con un occhio
aperto,
sperando non ti uccidessero nel sogno era abbastanza comune”
aveva aggiunto la
guerriera.
Jason l’aveva guardata, “So, cosa si
prova” aveva dichiarato alla fine.
Non era mai stato senza un tetto, per quanto non avesse mai trovato un
luogo da
chiamare casa, ma era stato un semidio, dove anche a Nuova Roma non
aveva mai
trovato pace.
Non esisteva tranquillità per loro, neanche da morti.
“Ti prego ricordati che sei un ragazzo ordinario”
aveva sottolineato Astrid.
Magnus si era affacciato verso di loro, aveva un espressione cotta,
mentre
stava distribuendo da una cesta delle sciarpe.
Aveva salutato Jason facendo oscillare i capelli biondi, “Ehi
là! Sei venuto a
dare una mano ad Astrid?” aveva inquisito proprio il padrone
di casa.
“No, è venuto a prendermi. Il piano venti senza di
me è perduto” lo aveva
anticipato la guerriera, con espressione inflessibile.
Un ragazzino di dodici anni si era avvicinato furtivo ed aveva rubato
un paio
di sciarpe dalla cesta di Magnus, che non ci aveva dato troppo peso.
Erano fatte a maglia, di quella lana grezza tremendamente urticante,
anche solo
per guardarla, di colori sgargianti. “Non sono opera di
Blitz, vero?” aveva
chiesto con un tenue paura Astrid, ammiccando proprio agli indumenti.
“Oh, no, le ha spedite qui mio zio, sua moglie le ha fatte
lei. Ha imparato a
fare la maglia, così mi ha detto mia cugina” aveva
spiegato Magnus.
“Direi che ‘imparato a fare’
sia molto generosa come definizione” aveva
dichiarato Astrid, mordace. Jason invece aveva battuto le ciglia,
realizzando
quell’informazione, “Sei … sei ancora in
contatto con la tua famiglia?” aveva
chiesto, stupito.
Magnus aveva scosso il capo, “Complicato. La zia che ha fatto
questo non la ho
mai vista, per lei e per mio zio, il fratello di mia madre, pensa che
io sia
morto … cioè sono morto, ma pensa che sia
morto-morto. Ho contatti solo con mia
cugina, ma perché il tragico giorno del mio funerale la ho
incontrata, quindi
era un po’ difficile, ecco, inventare una scusa
plausibile” aveva raccontato Magnus.
“Lei tiene il segreto?” aveva chiesto Jason.
“Ne ha anche lei. Abbiamo trovato un terreno comune ed
un’ottima amicizia”
aveva dichiarato Magnus, il suo tono era pieno d’amore, ma
anche tristezza e
nostalgia, un tono che Jason conosceva bene, perché lo usava
anche lui, quando
parlava o pensava a Thalia.
Dedizione ed amore, ma anche rimpianto per il tempo perso.
“Legalmente questo posto è suo, sia la casa, sia
il centro, i suoi genitori
pensano che qui ci siano dei collaboratori. Parlano con Alex per lo
più” aveva
spiegato Magnus.
Jason aveva annuito.
Aveva una sola domanda da fargli. Sembrava anche un’ottima
domanda,
ricollegando le informazioni che aveva raccolto nella sua vita.
Chase.
Magnus aveva una cugina con dei segreti. Annabeth aveva sviluppato un
interesse
per la mitologia norrena negli ultimi tempi.
Prima che potesse porre la domanda, però il giovane
guerriero del Valhalla lo
aveva invitato a fare un giro.
Jason si era lasciato trascinare.
Lo Spazio
Chase era grande.
La sua grandezza gli permetteva di ospitare un numero di persone
abbastanza
numeroso, cosa che non avrebbe dovuto essere poi granché
positiva – faceva quasi
impressione quanti ragazzi vivessero per strada.
“Non riusciamo a convincere tutti a venire, o oppure tornare
a scuola o … non
so è complicato. Almeno qui hanno un pasto ed un letto,
l’inverno dormire fuori
è letale. Se non fossi morto come sono morto probabilmente
sarei morto
assiderato” aveva raccontato Magnus, lo aveva fatto con la
stessa tranquillità
di come avrebbe commentato il sole.
Jason era rimasto interdetto: Magnus era il proprietario di una villa,
ma
viveva per strada …
“Come sei morto? Se posso chiederlo. Non so come funziona
l’etichetta?” aveva
valutato Jason.
“Oh, be, tre quarti degli abitanti del Valhalla sono
felicissimi di raccontare
della loro gloriosa morte, gli altri sono persone normali. La mia morte
ha
fatto parecchio schifo: era coinvolta una palla di fuoco, un arco da
cupido giocatolo
e Jack” aveva raccontato Magnus, cercando di forzare un
sorriso che non era
arrivato agli occhi grigi.
“Oh” aveva dichiarato Jason, “E
già. Pensa che avevano mano messo la telecamera
di Sam, quindi si è vista una versione anche più
imbarazzante. Grazie, Jason,
mi hai salvato dalla Presentazione Più Pittoresca di questo
secolo” aveva
aggiunto Magnus, sorridendo in maniera più sincera.
“Merito di Thrud” aveva provato Jason, incerto.
“A proposito della tua
valchiria, Halfborn mi ha detto che non si palesava con un anima da
secoli e
perfino Sam, che è una sua compagna, si è
dichiarata parecchio stupita, Thrud sta
spesso da sola” aveva raccontato Magnus.
Si era fermato davanti ad una porta.
All’interno della stanza dove si erano fermati, Alex regnava
come una maestà.
Indossava una gonna rosa, con del pizzo sull’orlo verde
pistacchio, in tinta
con un maglioncino[1];
stava lavorando con un tornio a pedale, mentre modellava a mani nude
dell’argilla
ancora morbida.
Davanti ad Alex, c’era un gruppo di giovani ragazzini, che
andavano dai dieci a
diciassette anni, esigui, che tentavo la stessa impresa, con molta meno
convinzione e maestria.
“Alex adora … modellare” aveva
dichiarato Magnus pieno d’orgoglio.
“Posso fare una domanda … indelicata?”
aveva chiesto Jason.
Magnus si era voltato verso di lui, perdendo di vista il suo amore, per
sorridere sornione, “Al momento è una ragazza,
dopo potrebbe non esserlo.
Chiedile sempre come vuole essere chiamarla e rispetta quello che ti
dice,
consiglio spassionato, se non vuoi che ti decapiti” aveva
risposto Magnus,
anticipando la domanda di Jason.
Sì, avrebbe voluto chiederli del genere della sua compagna,
lo confondeva
infinitamente e non voleva … sbagliare.
Era comunque arrossito per la sua ingenuità, “Io
… va bene” aveva dichiarato
alla fine Jason.
Alex cambiava fisicamente? Cambiava animo? Era importante in fin dei
conti?
“Non essere imbarazzato, lei non ama parlarne
particolarmente, non per
vergogna, ma perché si è stufata parecchio;
però … ecco, non ha problemi a spiegare
a chi vuole imparare” aveva sottolineato Magnus, studiandolo,
con gli occhi
grigi, attento.
In quel momento Jason era stato certo, che dovesse avere qualcosa a che
fare
con Annabeth.
“Se stai pensando che potrei avere pregiudizi? Non
è il caso, con la mia
famiglia non è il caso” aveva dichiarato alla fine
Jason, con tranquillità.
Pensando a suo padre e le sue infinite stranezze.
Magnus aveva sorriso compiaciuto e poi era tornato a guardare la sua
ragazza.
Alex stava spiegando come mettere le mani ad un ragazzo, con una certa
irruenza,
di chi non era molto pratico con la calma, però muoveva le
dita precise ed
attenta, sotto le sue mani, l’argilla si modellava come
… be, argilla.
Era brava Alex, contava solo quello, stava creando un alabastron[2]
dal corpo allungato, con una terra di un rosso aranciato.
Brava, brava davvero. A Nuova Roma esistevano dei vasai, fuori dal
Campo di
Giove, uno dei mezzi di sostentamento – e pochi contatti con
l’esterno – era
direzionato proprio nella vendita di vasellame. Sia nuovo sia antico,
esistevano figli di Trivia capaci di incantare gli oggetti con
così tanta
maestria da farli apparire come vasi di epoca romana; erano gli incubo
di tutti
gli autenticatori del mondo.
Alex avrebbe superato anche i migliori, realizzava …
Ebbe un’idea. Stupida, ma un’idea.
“Fa … ehm … solo vasi?” aveva
chiesto Jason a Magnus. “No, i vasi sono la cosa
che le piace di più, ma non fa solo vasi” aveva
risposto, “Però, ecco, si puoi
chiederlo a lei, no. Alex è capacissima di
rispondere” aveva cinguettato
Magnus.
Jason aveva annuito.
Nonostante la promessa che aveva fatto a Kymopoleia, Jason non sapeva
come si
realizzasse un action figure, però
sapeva come si faceva un votivo –
sperava che alla dea delle tempeste andasse bene, ugualmente.
“Andiamo
a
mangiare dei falafel” quella di Magnus Chase non era stata
una domanda, quando
un’affermazione, “Il mio amico Amir fa i migliori
della città” aveva aggiunto
propositivo.
Jason era seduto su un divano che stava spiegando ad Alex Fierro
– quello era
il suo cognome – la sua proposta; la ragazza sembrava
intrigata, “Aspetta, Mango:
gli adulti stanno discutendo” aveva dichiarato lei.
“Senti, amico, perché non
mi fai un disegno di come vuoi questa statuina? Così non
sbaglio. Cioè non
fraintendere, verrebbe probabilmente più bella, ma sembri
tenerci proprio ai
dettagli” aveva dichiarato con tranquillità Alex,
infilando una ciocca di capelli
verdi dietro l’orecchio.
“Falafel?” aveva proposto Magnus, questa volta,
ammiccando ad Astrid che
sosteneva una cesta piena di prodotti per la pulizia. “Uhm
… verdura contro stufato
di maiale, sono già morta Magnus Chase, non infierire su di
me. Poi devo andare
a ritirare la mia pelliccia da Blitz; come se avessi
accettato” aveva dichiarato
Astrid, volgendo gli occhi chiari verso Jason.
“Sì, certo, ti farò un disegno. Faccio
schifo con le figure umane e so fare
solo disegno tecnico ma posso provarci” aveva detto Jason,
prima di notare lo
sguardo affilato di Astrid su di lui.
Jason lo riconosceva.
“Io … ehm … la mia fidanzata era
vegetariana, quindi, ecco, sì per un po’ sto
riscoprendo la natura cacciatrice in me” aveva dichiarato
Jason, osservando l’espressione
delusa formarsi sul viso di Magnus. “Tranquillo, Mango, ti
accompagno io” aveva
cinguettato Alex.
Il sorriso era tornato a splendere sul viso dell’altro
ragazzo, se fosse stato
un mezzosangue della sua ‘parte di mondo’,
Jason avrebbe immaginato
fosse un figlio di Apollo.
“Bene, io ho pulito tutti i bagni di questa magione. Sette, a
chi servono,
sette bagni?” aveva chiesto retorica Astrid, posando il
secchio per terra.
“La famiglia Chase era molto numerosa un tempo”
aveva dichiarato Magnus, il suo
tono di voce era allegro, ma la felicità non aveva raggiunto
gli occhi. Astrid doveva
averlo capito perché non aveva fatto altre battutte,
“Ci vediamo domani” aveva
dichiarato la guerriera, “Tornate?” aveva chiesto
Magnus guardando sia Astrid sia
Jason.
“Uhm … sì?” aveva provato
Jason, confuso; “Lo ho promesso a Blitz, quindi
sì,
per una settimana ci sono” aveva dichiarato Astrid con
fermezza.
Magnus aveva annuito, “Allora ci mettiamo d’accordo
per farti fare un turno di
notte. Di solito viene un adulto dai servizi sociali oppure Blitz o
Heartstone,
ma ogni tanto sta uno di noi” aveva dichiarato
l’einherjar. “Non vedo l’ora”
aveva dichiarato Astrid, poco convinta.
“La
tua
pelliccia?” aveva dichiarato Jason, mentre osservava la
giovane abbandonare il
manor, con le trecce al vento lungo la schiena, senza la casula di
pelliccia. Indossava
una sacca di pezza legata di traverso sul busto. “Uhm
… lo ho data ad un
ragazzo, che probabilmente cercherà di venderla per
comprarsi della droga – si usa
ancora in questi tempi, come negli anni ottanta?” aveva
risposto Astrid.
“Credo di sì, non so, non frequentavo molto
… la vita mondana?” aveva risposto
incerto Jason.
Astrid non aveva fatto una piega, “Comunque non vale niente,
la pelliccia è
rovinata ed acconciata male, per questo preferisco l’altra.
Non ha neanche
valore nell’essere vecchia di mille anni – nel
Valhalla si conserva tutto come
nuovo” aveva dichiarato lei, mentre scendeva gli ultimi
gradini del patio di
ingresso dello Spazio Chase.
Qualche ragazzo che si attardava fuori, ancora, al calar del tramonto
li aveva
guardati ancora.
“Perché non volevi che restassi con
Magnus?” aveva chiesto Jason,
raggiungendola.
“Perché tu sei tremendamente ovvio
e lui è un ragazzo … be, lui è
sensibile ed Alex è sveglia” aveva dichiarato
Astrid con assoluta calma.
Lui aveva sentito la vergogna attraversarlo.
“Giusto, ho preso queste cose per te dalla biblioteca della
casa” aveva
dichiarato Astrid poi, mettendo una mano dentro la sacca di pezza,
tirando
fuori dei libri.
Li aveva porti verso Jason; e lui aveva sorriso al gesto.
“Grazie” aveva detto prendendo i libri, con
gentilezza. Erano due, uno era di
una dimensione notevole, l’altro era un po’
più affrontabile. “Edda Poetica
e Edda In Prosa” aveva letto.
“Tutto quello che hai bisogno di sapere sul mondo e la
poetica norrena” aveva dichiarato
Astrid, mentre imboccava la strada, Jason l’aveva affiancata.
“Oh! Questo mi ricorda che ho conosciuto Bragi”
aveva dichiarato Jason.
“Mi è molto simpatico, a volte è un
po’ pedante, però riesce a rendere
interessante la poesia. Ha scritto lui l’Edda Poetica anche
se i mortali non ne
hanno idea. Pensano siano una semplice raccolta di miti”
aveva raccontato Astrid.
Jason aveva annuito ed aveva osservato i libri, erano belli,
appartenevano alla
stessa collezione, uno era rilegato in una copertina rigida rossa e
l’altro in
una verde, sulle due copertine in tintura d’oro era scritto
il nome dell’opera
ed era raffigurato un albero, inscritto in un cerchio, su cui erano
intessuti
una fantasia di trecci viminei. Jason immaginava fosse una
rappresentazione stereotipata
dell’Yggdrasil.
Aveva osservato le edizioni, erano pregiate, curate, però
anche di una certa
età. Non così tanto antiche, ma abbastanza da
essere più vecchie di Jason – più
vecchie di quanto Jason sarebbe mai stato.
Aveva aggrottato le sopracciglia quando aveva letto il nome del
curatore di quella
edizione: M. Chase. Aveva aperto la prima pagina di
uno dei due libri
per cercare il nome completo e lo aveva trovato: Magni Robert
Chase.
“Pensi che fosse il nonno di Magnus?” aveva chiesto
Jason ad Astrid.
“Può darsi. Quella era casa sua prima”
aveva replicato quell’altra, “Caso mai
ti fossi dimenticata, oggi, lui non sapeva neanche il mio nome. Non
siamo
esattamente amici per la pelle” aveva aggiunto Astrid.
“Comunque grazie per i due libri. Ci metterò un
po’ a mettermi in pari, sono
dislessico, ma grazie” aveva dichiarato alla fine Jason,
grato.
“Be, hai l’eternità. Non aspettarti che
legga per te, però. Chiedi a Madina,
lei adora fare queste cose” aveva dichiarato Astrid, nel
farlo si era lasciata
sfuggire un sorriso.
Jason l’aveva guardata.
“Sono un figlio di Giove” le aveva detto.
“Pensa, io credevo Raijin[3]”
aveva replicato Astrid per nulla stupita, con un sorriso sornione
stavolta ben
visibile sulle labbra, “Potevo anche essere un figlio di
Perun, a quanto pare”
aveva dichiarato Jason, non era sicuro che il dio in questione fosse un
signore
dei fulmini, ma in base a come la stessa Astrid aveva cercato di
scaricare la
colpa sul figlio di quell’ultimo dio, per il maltempo
provocato da Zeus. “Troppo
appariscente, fidati. Anche se ammetto che quando hai usato il vento ho
pensato
tu potessi essere un Uccello del Tuono[4]”
aveva dichiarato Astrid, “Sono enormi uccelli con ali
colorate che spostano il
vento con le ali ed emettono saette dagli occhi. Mia madre spergiurava
di
averne visto qualcuno quando era giovane.” aveva aggiunto
lei, con espressione pensosa,
aveva rilassato la postura solo dopo ed aveva aggiunto: “Poi
ho visto il
tatuaggio” aveva stabilito, indicando l’avambraccio
di Jason. Doveva trovare un
modo per coprirlo, per evitare di scatenare su sé stessa
l’ira funesta di un
gladiatore cheruscio e perché il suo segreto doveva restare
tale … o si sarebbe
scatenata una guerra tra pantheon.
“Immagino
anche l’assenza di ali multicolore”
aveva provato Jason. Astrid aveva ridacchiato, “Saprai
abbastanza che gli dèi
sono in grado di ottime messe in scena” aveva detto lei.
Jason l’aveva guardata, “Te lo ho detto
perché non lo potrò più dire, per
tanto
tempo, forse per l’eternità. Ed insieme alla
cicatrice che non ho più, essere
figlio di Giove era una delle poche cose che … mi rendeva
me. Ora sono un
einherjar – e non sono neanche sicuro di poterlo pronunciare
bene – in un mondo
che non conosco” aveva buttato fuori.
Astrid lo aveva guardato, aveva allungato una mano e gli aveva
accarezzato il
viso, gentile, poi gli aveva anche pizzicato una guancia.
“Non piangerti
addosso, non sta bene ad un guerriero. Sei una skraeling come me. Ti
abituerai”
aveva detto lei, il suo tono era stato calmo, ma nel fondo Jason aveva
percepito
dolcezza.
“Vuol dire estraneo, vero?” aveva chiesto Jason.
“Oh, be, vuol dire: barbaro, in islandese[5].
I norvegesi
di Groenlandia e Islanda[6]
chiamavano così la gente di mia madre, i thule[7]
–
nessuna relazione con i nazisti misterici. Di rimando loro chiamavano
la gente di
mio padre kadvkunait, che era pressoché
la stessa cosa, anche se alla
fine è finito per diventare il termine
‘danesi’ per i groenlandesi il che è
assurdo, perché non erano danesi”
aveva raccontato lei con una punta di
divertimento.
Astrid era una creatura a metà; un po’ come Piper.
Solo nata, probabilmente, quando i due popoli erano in guerra
… la
rappresentazione vivente di una convivenza che poteva esistere e che
mai era
avvenuta.
“Ieri mi hai chiamando così” aveva
ricordato Jason. “Certo! Sei uno straniero bianco
e biondo” lo aveva imbeccato lei.
Jason aveva riso.
Lo era.
Era uno straniero, più di quanto fosse mai stato.
“Senti, come dicono i Sioux: Non è come
nasci, ma come muori, che rivela
a quale popolo appartieni” aveva esclamato
Astrid.
Jason aveva sorriso, “E che si dica quel che si vuole, il
Valhalla accettata tutti
gli uomini coraggiosi[8]”
aveva terminato lei.
Jason l’aveva guardata per un secondo, poi si era sporto per
abbracciarla,
aveva usato un braccio solo ed i due libri erano finiti per fare da
scudo tra
di loro.
Astrid era rimasta rigida, però aveva ricambiato poi.
Si erano staccati l’uno dall’altro abbastanza in
fretta.
Lei era arrossita sulle guance e non riusciva a guardarlo negli occhi e
Jason
si sentiva a disagio.
“Per il resto non posso dirti altro, intendo su mio padre e
la mia condizione,
ma solo perché la situazione sarebbe così
delirante da essere quasi imbarazzante”
aveva ammesso Jason, grattandosi dietro la nuca, cercando di non far
cadere le
due Edda e tentando di eliminare l’atmosfera che era nata tra
lui ed Astrid. Faceva
ridere se ci pensava, ridere per isteria, era stato portato in una
condizione
di non morte, rischiando di scatenare una guerra tra pantheon,
perché sua
cugina voleva una action figure ed il diritto di
ucciderlo alle sue
condizioni.
“Immagino riguardi il votivo che vuoi far fare ad
Alex” aveva considerato
Astrid.
“Sì. Questo è un altro problema, nel
senso, finché si tratta di progettare sono
bravo, ma poi disegnare a mano, probabilmente farò un
piccolo obbrobrio
…” aveva aggiunto colmo di disagio.
Fortunatamente, Kym, lo avrebbe ucciso presto.
Astrid aveva chiuso gli occhi, quasi in contemplazione,
“Sai … sai …
potremmo … unire l’utile al dilettevole”
aveva considerato lei, “Ma prima devo
recuperare la mia pelliccia di Wapiti e progettare l’omicidio
di Mel per vendetta”
aveva aggiunto lei.
Astrid lo
aveva condotto ad un bel negozio di abbigliamento, o così
pareva dai vestiti
dietro la vetrina, per quanto le luci fossero spente e la saracinesca
d’ingresso
abbassata.
Jason aveva indentificato delle sagome al suo interno.
La sua compagna si era messa a battere contro il vetro di una vetrina.
La porta si era aperta giusto un secondo dopo, rivelando un elfo,
doveva
esserlo, dall’incarnato chiaro come la carta lucida, gli
occhi grigi, stanchi,
e capelli chiarissimi. Rispetto l’elfo che lavorava al bar,
quello che aveva
davanti, aveva un aspetto più spento e terribilmente umano.
Era vestito anche in colori scuri, tranne che per una accesa sciarpa a
doppio
colore. “Oh! Tu non sei Blitz, sei Hearthstone, giusto?
L’elfo stregone?” aveva
domandato subito Astrid.
Quello li aveva guardato, aveva annuito poi. “Sono venuta a
riprendere la mia
pelliccia, da Blitz” aveva specificato Astrid,
l’altro aveva annuito, aveva
guardato Astrid ed aveva fatto una smorfia, frustrato, aveva anche
sollevato
gli occhi al cielo.
“Posso aspettare qui, se vuoi, mentre lo ehm … vai
a chiamare” aveva detto la
ragazza, ma Hearthstone si era fatto da parte e gli aveva lasciati
entrare.
Il negozio non era molto grande, ma era interessante, da un lato
c’erano
vestiti casual, affrontato a quello, una parete di abiti lunghi da
cerimonia,
per uomini e donne.
La terza parete, quella
che si vedeva
entrando dalla porta, esibiva un bancone, dietro al quale erano esposte
cotte
di maglia. Considerando che il resto dell’abbigliamento
pareva molto mortale,
era certo che quei particolari capi fossero occultati dalla foschia.
Sul bancone c’erano delle scatole di cibo cinese, non ancora
aperto.
Hearthstone aveva chiuso la porta, a chiave, e si era congedato con un
gesto
della testa, aveva guardato con gentilezza ambedue, sebbene avesse
trattenuto
lo sguardo su Jason più del necessario.
Astrid lo aveva chiamato Elfo Stregone.
“Non parla?” aveva chiesto Jason.
Astrid aveva sollevato le spalle, “Può darsi,
probabilmente … Mi pare di aver
capito che non possa sentire, forse non può neanche
parlare” aveva proposto
lei.
Hearthstone era apparso di nuovo, da dietro una porta laterale, che
Jason non
aveva notato, ma era tornato tranquillo, seguito da un nano
dall’incarnato
scuro, con i capelli stretti in una serie di rasta a loro volta,
costretti in
una coda alta. Sfoggiava un completo gessato porpora molto evidente, ma
sicuramente pregiato, mentre teneva tra le braccia la pelliccia di
wapiti di
Astrid.
Per essere un nano, non che Jason ne conosceva molti, poteva valutare
che lo
sconosciuto fosse incredibilmente proporzionato ed armonico.
“Oh! Giovane Astrid Figlia di Panikpak!”
l’aveva salutata quello.
“Oh, rispettabile Blitz figlio di Freya” aveva
ripiegato Astrid, prima di
voltarsi verso Jason, “Lui è un nuovo acquisto,
Jason figlio di …” aveva fatto
una pausa la ragazza, guardandolo.
“Beryl” aveva dichiarato lui, seguendo il
ragionamento.
“Nuovo amico del Valhalla?” aveva domandato Blitz,
osservandolo. “Sì, piano
venti, arrivato ieri” aveva spiegato Jason.
“Blitz invece è uno svartalfar,
un elfo oscuro. Troverai tutto nell’Edda”
aveva dichiarato Astrid, riferendosi a Jason.
Blitz aveva annuito, prima di chiamare Astrid con lui, per discutere di
qualcosa relativa alla pelliccia ‘troppo preziosa per essere
trattata così’.
Lasciando Jason un po’ in disparte, con l’elfo
Hearthstone che aveva preso una
delle scatoline di cibo cinese, aveva allungato verso Jason, mostrando
dei
ravioli al vapore. Un’offerta.
“No, ma grazie mille” aveva detto Jason in
imbarazzo.
L’altro aveva annuito, tornando a guardarlo, come se lo
stesso valutando. Forse
lo stava facendo.
Jason sapeva di fare una bella impressione, almeno era così
quando era in vita.
“Ho qualcosa in faccia?” aveva chiesto alla fine
Jason. L’elfo aveva scosso il
capo in senso di diniego.
Astrid era tornata subito, rilassata ed allegra, mentre sfoggiava la
sua
pelliccia castano-dorata di Wapiti – sembrava molto
più lucida e brillante di
quanto avesse fatto il giorno passato, prima del suicidio di Mel con la
forchetta; “Bene, ora che sono di nuovo completa, Jason
Grace, ci aspetta del
cinghiale e sidro!” aveva esclamato lei.
“Quindi
quei
due erano?” aveva chiesto curioso Jason, mentre si lasciavano
il negozio alle
spalle, “Non li troverai nelle Edda, ma sono due eroi. Hanno
salvato il mondo.
Blitz è il miglior stilista dei nove mondi e
l’altro è un elfo stregone. Sono
ammessi al Valhalla. Veramente a pochi vivi, fuori le valchirie,
è concesso tale
onore” aveva spiegato subito Astrid, mentre continuava a
passare le mani sulla
sua pelliccia. “Blitz ha detto che il modo di trattare la
pelle e come ho fatto
le cuciture è stato sublime” aveva aggiunto piena
di soddisfazione la
guerriera. “Questo è stato il primo lavoro che ho
fatto completamente da sola, caccia
all’animale incluso – mio padre forgiava il ferro,
non aveva idea di come si
tenesse un ago in mano” aveva raccontato.
Jason le aveva sorriso.
“Non ti ci vedo impiegata nelle opre femminili”
aveva ammesso Jason.
“Certo; la gente quando pensa alle guerriere vichinghe pensa
a tutte queste
potenti virago. Non è sbagliato, esistevano valchirie e le
mogli di lancia”
aveva raccontato Astrid, “Ma io non ero ne l’una
nell’altra, cioè sapevo
cacciare e menare di spada, ma più per difesa che per vera
passione” aveva
dichiarato quella.
Jason aveva fatto schioccare le labbra, “Avrei giurato fossi
autentico
materiale da valchiria” aveva aggiunto. “Oh, be,
nel corso dell’ultimo millennio,
lo sono diventata, zia Thrud, Aslaug ed anche Guinilla mi avevano
chiesto di
unirmi, ma non fa per me. Non ho la pazienza di stare a raccogliere
anime o a
servire da bere” aveva raccontato Astrid.
“Nel nostro … il mio … nel pantheon
greco romano abbiamo … le cacciatrici, sono
un gruppo di guerriere immortali che accompagnano Artemide nella caccia
e nelle
battaglie” aveva raccontato Jason, non era sicuro di sapere
perché.
“Lo so!” le aveva risposto Astrid, stupendolo,
“Giro il mondo da un millennio e
non lo ho passato confinato nella mia cameretta. Ho conosciuto una
cacciatrice,
fammi pensare, si chiamava Zoe Nighshade … credo, qualcosa
come trecento o
quattrocento anni fa, chi li conta più i secoli”
aveva detto quella.
“Una cacciatrice, quello mi sarebbe piaciuto, ma ero
decisamente inadatta”
aveva aggiunto Astrid. “Giusto già
morta” aveva commentato Jason. “Tra le altre
cose” aveva risposto serafica Astrid.
Dopo il silenzio, non troppo lungo, prolungato e pesante, Jason aveva
chiesto
come sarebbero rientrati all’Hotel.
“Dall’Ingresso. Non possiamo usarlo per
uscire – senza previa autorizzazione di Odino, su richiesta
delle Norne o affari
del genere – ma possiamo rientrare senza problemi. Immaginalo
come una
prigione, a nessuno importa come entri ma solo come tenti di
uscire” aveva raccontato
Astrid, con divertimento.
Jason aveva sospirato, “Spero di abituarmi da qui a mille
anni” aveva
esclamato.
Jason aveva
sentito che qualcosa sarebbe andato storto prima ancora che andasse.
Non sapeva
come classificare la sensazione, ma era stato certo che anche Astrid
l’avesse
sentita nel momento stesso in cui l’aveva percepita lui. Si
era fermato d’improvviso
attirato da qualcosa, un rumore, un’energia … era
difficile da spiegare. “Possiamo
far finta di niente” aveva suggerito Astrid.
Un uggiolato spaventato aveva attirato la loro attenzione, accompagnata
da un
urlo roborante: “Ti ho trovato”
Jason si era voltato verso la ragazza, “Non fa per me.
Intendo, far finta di
niente” aveva dichiarato Jason.
“Tutti gli uomini coraggiosi”
aveva borbottato Astrid. “Jason … se ti
lanci in questa cosa e muori … sei morto” aveva
specificato lei.
Jason le aveva sorriso, “Ho vissuto per quasi diciassette
anni della mia vita così;
mi è andata male una sola volta, in fondo” le
aveva detto.
Astrid aveva sbuffato, “Solo oggi sei morto di
stenti” aveva ricordato lei.
Jason aveva seguito l’inquietante fonte di potere ed il
vociare.
“Oh te immonda bestia!” aveva
esclamato ancora la voce.
Jason aveva riconosciuto chi era il proprietario. Era un uomo, anzi un
ragazzo,
non più vecchio di Jason, nonostante la sua voce imperiosa.
Il viso pallido,
gli occhi furbi, aveva capelli biondo cenere, fluenti. Indossava una
camicia di
jeans, in coordinato con i pantaloni chiari, oltre una camicia rosa
pastello. A
guardarlo sembra un giovane idolo degli anni Ottanta. Se si ignorava
l’arco,
con la freccia incoccata, puntato perentoriamente contro un lupo
uggiolante,
che tentava senza successo di scomparire, appallottolandosi su
sé stesso, ma la
sua massa lo rendeva praticamente impossibile.
Astrid aveva sbuffato, “Ti prego, quello è un
lupo. Fidati non è una buona idea”
aveva dichiarato la ragazza.
Ma Jason a guardare la bestia, che forse sarebbe apparsa minacciosa e
pericolosa in altre circostanze, in quel momento sembrava un
cuccioletto,
latrante, con un una ferita rosso vermiglia sulle zampe ed il manto
grigio
cenere.
Aveva pensato a Lupa.
Lupa potente e guerriera, che si era presa cura di lui.
“Che succede?” aveva strillato Zeus. Lo sconosciuto
si era voltato
immediatamente verso di loro, “Vi pregherei di non
interrompermi. Io
sono Váli l’Ardito e devo
uccidere
questa bestia” si era dichiarato immediatamente quello.
Lo aveva detto con un tono chiaro, ma tracotante di superbia, a Jason
aveva ringorgato
la spocchia e la boria di Caligola, il suo assassino.
E sapeva come comportarsi – circa.
“Scusa non credo di conoscerti” aveva dichiarato
Jason.
[1]
Quando
Magnus descrive l’armadio di vestiti di Alex, tra questi
spiccano anche delle
gonne. Ebbene sì, Alex indossa anche delle gonne, credo la
faccia a prescindere
dal suo genere.
[2]
Nonostante il nome, non è fatto di Alabastro (i primi
modelli egizi sì) quello
che sta facendo Alex è un alabastron corinzio. Allora:
Perché Jason sa il nome
delle tipologie dei vasi? Non so, ho idea che a Nuova Roma siano molto
più ‘Old
Fashion’ de il Campo Mezzosangue. However, i vasi greci sono
belli, peccato io
ne conosca tre in croce.
[3]
Dio dei
fulmini giapponese
[4]
Avete visto
animali fantastici? Sì, quello è il Thunderbird,
però … mancano le corna, in
quella versione e le ali arcobaleno.
[5]
Il
termine Skraeling è molto dibattuto, in islandese MODERNO
(la più pura delle
lingue scandinave) vuol dire: Barbaro (aka: lo straniero), in danese
invece era
“Persona gracile” ed il termine trova la sua
origine dal verbo skraekja, ovvero
urlare. Quindi potrebbero essere urlatori.
[6]
Nota
inutile: i tempi in cui Astrid è vissuta, corrispondono al
tentativo di
colonizzazione vichinga dell’America del nord, quando
l’Islanda e la Groenlandia
erano state colonizzate per lo più da norvegesi (anche la
conquista americana è
stata guidata dai norvegesi, forse per questo è
fallita. Lol. I Vichinghi
come li immaginiamo e ricordiamo noi, ovvero il terrore
d’Europa erano per lo
più i Danesi, meanwhile gli svedesi, per la maggiore,
facevano bordelli ad
Oriente. EVVIVA LA GUARDIA VARIAGAAAA).
[7]
Popolazione antenata degli attuali Inuit. Nessuna relazione con la
“Thula”.
[8]
La
citazione è un rifacimento a quella di C. R. Kiernam, da La
Leggenda di
Beowulf, che riportava “Hanno trovato la morte che cercano
tutti gli uomini
coraggiosi, e ora sono einheriar […] E questa notte
[…] loro banchetteranno
alla tavola di Odino nel Vlahalla e al mattino si sveglieranno con
gioia al
canto del gallo Gullinkambi per galoppare di nuovo nei campi di
Idavoll. Non
moriranno vecchi e malati e costretti a letto”.