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Autore: kisspiece99    25/10/2021    6 recensioni
|| STORIA AD OC|| (Iscrizioni chiuse)
Di recente le scorte di agalmatolite di cui si serve la Marina sono diventate i bersagli dei furti di una banda di pirati. Il Governo, messo alle strette, è giunto ad un'unica soluzione: formare una squadra di cacciatori di taglie che catturi i colpevoli.
Dal Prologo:
"Quando Ryoko mise piede all’interno del Quartier Generale della Marina non potè negare di essere incuriosita dal motivo per il quale si trovasse lì. Ad essere del tutto sinceri, aveva cominciato ad essere curiosa una settimana addietro quando nella copia del giornale, che solitamente le veniva recapitata via gabbiano, aveva trovato una busta contrassegnata dallo stemma della Marina. Quando ne aveva letto il contenuto per poco non le era andato di traverso il caffè nel leggere che il grand’ammiraglio Sengoku richiedeva la sua presenza al Quartier Generale.,,
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Marine, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bounty Hunter Squad
Capitolo 1


Shinichi, a braccia conserte, osservò il gruppo di uomini e donne che, dall’altra parte del ponte, stava festeggiando per aver portato a compimento la missione che gli era stata affidata. Lo sguardo color onice vagò sui quei volti allegri e vittoriosi. Ascoltava a spizzichi e bocconi le conversazioni delle altre persone e smetteva non appena si rendeva conto che erano tutte uguali: una distorsione della verità. Trovava ironico come nonostante avessero vissuto tutti la stessa esperienza avessero la necessità di raccontarla, esaltando a dismisura le proprie gesta, arrivando in alcuni casi ad inventarle. Ed era così che una semplice cattura di tre pirati evasi, una cosa ordinaria ma che il corvino credeva avrebbe potuto rilevarsi più interessante, era diventata una lotta estrema tra il bene e il male.
Seccato bevve un sorso della birra che gli avevano ficcato tra le mani all’inizio dei festeggiamenti e fece una smorfia per il retrogusto amaro. Non aveva idea del perché non l’avesse già buttata in mare, odiava gli alcolici. Ma forse rigirarsi quella bottiglia tra le mani era l’unico modo per non cedere alla noia che aveva caratterizzato quell’incarico dall’inizio alla fine. Forse era per quello che i suoi compagni di avventura temporanei stavano ingigantendo le cose: per scappare dalla noia. Se ci credeva abbastanza le storie che prendevano forma dalle loro parole non erano nemmeno tanto male.

“Hai intenzione di restartene qui con il muso lungo tutta la sera?”

Shinichi spostò lo sguardo dai chiassosi quattro cacciatori di taglie per posarlo sull’uomo che gli si stava avvicinando. L’andatura barcollante gli fece intuire che per quella sera Dango Fujitora, meglio conosciuto con il nome di Zoppo, di alcool ne aveva avuto a sufficienza. Tra tutti i cacciatori di taglie che la Marina aveva chiamato per porre rimedio ad un suo errore, lo Zoppo era l’unico che Shinichi poteva tollerare. Se proprio doveva essere sincero anche l’uomo aveva la sua parte di difetti che il corvino a malapena tollerava, prima tra tutte la sua arroganza, ma lo rispettava per la sua decisione.

“Non è un muso lungo questo, solo un’espressione annoiata.”

Dango si appoggiò al parapetto come Shinichi e  attaccò le labbra al collo della bottiglia di sake.
“Non è andata come sua signoria aveva previsto?”

“Neanche lontanamente. Sto pensando di smettere di andare da una parte all’altra della Grand Line a mettere una pezza agli errori della Marina, dovrebbe cominciare a pensarci due volte prima di fare qualche cazzata e poi scaricare il peso ad altri solo perché non vuole perderci la faccia.”

“Oh no, non sono ancora abbastanza ubriaco per stare ad ascoltare le tue lamentele sul sistema. Mi sono già dovuto subire le teorie complottiste di Jenda, per una notte ne ho avute abbastanza.”

Il giovane uomo ridacchiò per il tono esasperato usato da Dango. Riconosceva che anche solo stare ad ascoltare la voce troppo alta di Jenda era una tortura, se si aggiungevano poi le sue teorie forse l’alcool poteva sembrare l’unico modo per sopravvivere ad una conversazione con la donna.

“Allora prendi pure questa perché potrebbe servirti.”

Il Cacciatore Schizzinoso allungò al più anziano la sua birra. Lui non se lo fece ripetere due volte e trangugiò il liquido ambrato in poche sorsate.

“Amico, era intonsa! Non che mi lamenti, ma non è una festa se c’è qualcuno sobrio.”

Shinichi scrollò le spalle assolutamente indifferente. Molto presto si sarebbero separati andando ognuno per la sua strada, quella festa era solo una formalità e Shinichi non ne vedeva l’utilità.
Stava per annunciare che se ne sarebbe andato a letto quando il garrito di un gabbiano lo distrasse. L’uccello, con le zampe palmate ben piantate sulla balaustra di legno, fissava con i suoi occhi gialli il cacciatore di taglie in attesa che prendesse la lettera indirizzata a lui che gli pendeva al collo. Shinichi con delicatezza slegò il nodo del cordino e, quando ebbe la lettera tra le mani, ne studiò l’involucro. I kanji che componevano il suo nome, in inchiostro nero, risaltavano sulla carta bianca ma quello che più aveva attirato la sua attenzione era il timbro che era stato usato per sigillare la lettera. Il simbolo della Marina. Dango allungò il busto per vedere meglio di cosa si trattava e scoppiò a ridere.

“Oh beh, bella questa. Sua signoria voleva andare in pensione? Ci pensa la Marina, nuovo problema, nuova richiesta di aiuto.”

Il corvino storse il naso per l’appellativo usato dal più anziano, ma non protestò poiché l’altro non gli diede il tempo necessario per farlo.

“Accetterai ancora una volta di fare l’eroe travestito da lupo cattivo?”

Shinichi rise fragorosamente alle parole dello Zoppo.

“Credo che tu abbia bevuto troppo, non hai la più pallida idea delle cazzate che dici. Ma per rispondere alla tua domanda preferisco prima leggere che cosa ha combinato questa volta il lupo cattivo vestito da cacciatore.”

E dicendo queste ultime parole si diresse verso la sua cabina per avere più privacy e per allontanarsi dal vociare troppo alto degli altri cacciatori di taglie inebriati dall’alcool.

 
§

Ryoko girò la testa nella direzione dell’unica porta dello studio. Come nel suo caso, dopo l’ordine di Sengoku, la porta si aprì. Sulla soglia era presente un uomo alto all’incirca un metro e novanta dai capelli rosso fuoco parzialmente coperti da un copricapo piumato che gli arrivava poco sotto le spalle. Il particolare che più attirò l’attenzione della donna, oltre ai canini leggermente sporgenti, fu il paio d’ali che spuntava dalla schiena dell’uomo. Quando varcò la soglia, ignorando i due Marines che lo avevano accompagnato fino all’ufficio, il tintinnio delle boccette di vetro, che teneva legate a delle cinture assicurate al petto sotto al poncho, riempì la stanza. Lo sguardo celeste dell’uomo studiò l’ambiente e la sua espressione seria e scettica non cambiò di una virgola. Ryoko nascose un sorrisetto dietro il palmo della mano al pensiero che il rosso, come tutti i cacciatori di taglie che si fossero ritrovati nella loro situazione, diffidava dai cappelli di gabbiano. Lui lanciò un’occhiata al grand’ammiraglio, che impassibile, con le mani intrecciate davanti al volto, stava osservando a sua volta l’uomo. Ryoko intercettò lo sguardo azzurro del nuovo arrivato ma fu un solo attimo prima che lui tornasse a concentrarsi su Sengoku.

“È uno scherzo questo?”

“Se lo fosse starei ridendo da tantissimo tempo e non avrei in programma di smettere.”

Il commento sarcastico di Ryoko fece scoccare al rosso un occhiata per niente divertita verso l’albina la quale, recependo il messaggio, alzò le mani colpevole. Il grand’ammiraglio si schiarì la voce e fece segno al nuovo arrivato di prendere posto su una delle poltroncine di velluto rosso che erano state disposte nel suo ufficio. Quasi come a fargli un dispetto l’uomo si sedette per terra a gambe incrociate  al centro del semi cerchio composto da otto sedie, di cui una al momento era occupata da Ryoko. Sengoku sospirò e prese parola.

“Ogni cosa ha il suo tempo, Horus. Al momento tu e Byakko siete gli unici presenti quindi dovrò rimandare le spiegazioni a quando tutte le otto le sedie saranno occupate.”

L’uomo si guardò intorno come se avesse notato solo in quel momento le altre sette sedie vuote e sbuffò. Ad averlo saputo sarebbe potuto arrivare più tardi e prendersi due minuti di tempo in più e ripensare a quanto tutta quella faccenda odorava di bruciato. L’uomo dalla capigliatura afro tornò a concentrarsi su alcuni documenti come se i due cacciatori di taglie non fossero nella stanza. Ash non ci diede molto peso mentre Ryoko, per l’ennesima volta nell’arco di nemmeno un’ora, si ritrovò a sbuffare infastidita per la maleducazione e l’arroganza. Il rosso, notando l’irritazione della ragazza, alzò un sopracciglio perplesso non capendone il motivo ma decise di ignorare la cosa. In quel momento aveva altri problemi da risolvere, tipo come passare il tempo in attesa delle altre sei persone. Non ebbe però tempo per rimuginarci più di tanto perché fu distratto da un tonfo. Riaprì gli occhi e notò che l’albina gli si era seduta accanto, lo sguardo plumbeo ancora fisso su Sengoku e che non prometteva nulla di buono. Ash in quel momento stava desiderando con tutte le sue forze che la cacciatrice di taglie non avesse nessuna idea strana da mettere in atto.

“Horus, giusto?”

Il rosso diffidente corresse l’albina.

“Ash Skylar, Horus è più un soprannome.”

Ryoko squadrò l’uomo cercando di capire per quale motivo gli fosse stato affibbiato un nome del genere ma fu solo per un istante prima di riprendere il discorso.

“Ok, Ash. Tu mi hai dato un’idea fantastica e quindi è più che giusto condividerla con te.”

La donna gli si avvicinò nascose la bocca dietro la mano, piegata a conca, così che l’uomo seduto dietro la scrivania non potesse leggerle le labbra e abbassò il tono così che solo lui potesse sentirla.

“Dal momento che la sua idea è quella di spiegare tutto quando le sedie saranno tutte occupate propongo di far sparire sei sedie e scoprire perché siamo qui.”

Ash strabuzzò gli occhi e studiò il volto dai tratti infantili della ragazza alla ricerca di qualche segnale che gli permettesse di capire se era seria o stesse scherzando. Incontrando il suo sguardo deciso il rosso, sfortunatamente, raggiunse la conclusione che Byakko era più che convinta delle parole appena dette. Certo, l’idea di togliersi un sassolino dalla scarpa e scoprire la verità lo allettava ma inimicarsi il grand’ammiraglio dopo nemmeno dieci minuti dal suo arrivo non gli sembrava la cosa più saggia da fare.

“Ho un idea migliore.”

Disse lui guardando una delle poltroncine che, ora che le osservava meglio, sembravano essere troppo grandi per una singola persona.

“Perché non aspettiamo che sia riempiano e ascoltiamo quello che ha da dire ?”

Ryoko ritrasse il busto e un’espressione neutra le ritornò in volto.

“Beh, Horus, sembra una bella idea. Mi auguro che tu abbia qualcosa da fare perché ho il presentimento che quelle sedie rimarranno vuote per parecchio tempo.”

Ash osservò la donna ritornare a prendere posto sulla poltrona che aveva precedentemente lasciato e accennò un sorriso comprensivo quando vide che giocherellare con un filo troppo lungo della tappezzeria sarebbe stato il suo passatempo. Gettò un ultimo sguardo alle poltroncine e sperò che le altre sei persone non avessero preso una decisione più prudente della sua: non presentarsi.

 
§
 
Yuri con un balzo scese dall’imbarcazione, che per anni l’aveva trasportata di isola in isola, per atterrare sul pontile di legno. I tacchi alti produssero un suono secco a contatto con la superficie e attirò l’attenzione di diversi Marines affaccendati al molo. Sorrise compiaciuta nel vedere gli sguardi di alcuni di loro indugiare più a lungo sulle sue forme e indirizzò un occhiolino verso il gruppo più numeroso, facendo arrossire i più timorosi e guadagnandosi qualche fischio di apprezzamento dai più coraggiosi.

"Assolutamente prevedibile."

Pensò la donna tra sé e sé con disgusto. Estrasse un foglio dalla scollatura dell’abito azzurro che indossava e alzando una mano guantata attirò l’attenzione di un Marine

“Sono desolata per doverla disturbare. Sa per caso dirmi come arrivare dal grande ammiraglio Sengoku?”

Mentre poneva la domanda sbattè le lunghe ciglia che contornavano il suo sguardo cristallino e indossò un’espressione corrucciata. L’uomo deglutì rumorosamente e Yuri dovette trattenersi dall’esibire un sorriso soddisfatto. Lui si sistemò meglio la divisa e le indicò la porta dell’imponente edificio di cui era impossibile ignorare il grande simbolo blu del Governo Mondiale.

“S-se si rivolge ai miei colleghi responsabili dell’accoglienza otterrà informazioni più precise.”

La bionda sorrise melliflua e, senza degnare di uno sguardo tutti gli uomini che incuriositi si giravano ad ammirare la sua bellezza, proseguì per la sua strada. Lo strascico del vestito generava un leggero fruscio coperto dal rumore delle onde ma la donna riusciva a distinguere i suoni perfettamente. In quel momento era in un covo di serpi e abbassare la guardia era assolutamente fuori discussione così, mentre avanzava lungo il pontile, rimaneva in ascolto per captare un qualsiasi rumore sospetto: il cigolio di un asse, il clangore delle spade o passi concitati di un plotone. Poteva anche aver conquistato quegli uomini con il suo fascino ma era ben consapevole che in fondo essi rimanevano Marines, uomini ciechi e convinti che la verità fosse una e una sola.

Una volta dentro l’edificio schioccò la lingua infastidita leggendo i kanji che decoravano una delle pareti d’ingresso: giustizia. Una parola troppo grande per un posto così piccolo.
Yuri si avvicinò a quello che sembrava essere il banco per l’accoglienza degli esterni. Sfoderò il suo sorriso migliore, appoggiò i gomiti sul tavolo laccato di bianco e si rivolse ad uno dei due uomini che si trovavano dietro al bancone. Gli allungò il foglio per far sì che comprendesse il motivo della sua visita.

“Potrebbe cortesemente indicarmi dove posso trovare l’ufficio?”

Il Marine, per niente colpito dall’atteggiamento della donna, la squadrò da capo a piedi e la cacciatrice di taglie esibì una smorfia vedendo l’espressione infastidita sul volto del Marine. Sembrava la stesse rimproverando per il solo fatto di essere lì e la donna lo trovava estremamente irritante. In quel momento avrebbe potuto, e voluto, essere da tutt’altra parte quindi se proprio qualcuno doveva essere infastidito quella era lei. Si appuntò mentalmente di chiedere un lauto ricompenso solo per essersi presentata. La muta lotta di sguardi tra lei e il Cappello di Gabbiano fu interrotta dall’arrivo di un’altra persona, più precisamente un uomo. Yuri lo studiò rapidamente prima di ritornare a concentrarsi sul Marine di fronte a lei ma lui ora sembrava più interessato al nuovo arrivato. O terrorizzato a giudicare dagli occhi sbarrati e il colorito pallido del soldato. Lei e il nuovo arrivato dovevano avere all’incirca la sessa età e, a giudicare dalla katana che gli pendeva al fianco e dall’assenza di una divisa, doveva essere anche lui un esterno. La lettera identica a quella di Yuri che il violetto estrasse da una delle tasche della giacca di pelle nera fu la prova che i due si trovavano lì per lo stesso motivo.

“Mi scusi, dovrebbe ancora fare il suo lavoro, se non è chiedere troppo.”

La bionda sventolò una mano guantata davanti alla faccia del Marine per riavere la sua attenzione e a quel punto il lampo di fastidio che gli attraversò lo sguardo non fece nè caldo né freddo alla donna, voleva solo porre fine a quella visita.

L’uomo che si stava occupando di revisionare la lettera del ragazzo dai capelli viola si sporse verso il collega per esaminare la lettera della Rosa Nera, per accertarsi che fossero uguali, e con un gesto fece segno ad altri due Marines di avvicinarsi.
Il maleducato restituì la lettera, che Yuri quasi gli strappò di mano, e aggiunse

“Vi scorteranno loro. Non fate scherzi, il minimo gesto inopportuno e potete dire addio al vostro lavoro.”

“Grazie per l’avvertimento.”

Il sorriso strafottente che increspò le labbra del ragazzo e lo sguardo irritato contraddissero le parole di cortesia che aveva appena pronunciato, ma non appena si fu girato espressione e parole combaciarono perfettamente.

“Provate voi a fare scherzi e oltre al lavoro potete dire addio ad un sacco di altre cose.”

Yuri sentì una certa soddisfazione nel vedere l’espressione severa dei Marines vacillare e lasciar posto ad una più preoccupata.
La cacciatrice di taglie affrettò il passo per raggiungere l’altro, avvolse le mani intorno al suo braccio, attirando la sua attenzione.

“Le dispiace dirmi il suo nome, a quanto pare dovremmo passare un po’ di tempo insieme nell’immediato futuro.”

Lo sguardo color nocciola del giovane uomo scrutarono scettici i lineamenti della donna, cercando di ricordare se si fossero mai incrociati. Constatando che effettivamente non aveva mai visto la donna in vita sua scrollò le spalle e rispose.

“Léandre Legrand. Ho il piacere di parlare con…?”

“Yuri Umi. Ho come il presentimento che le prossime ore potrebbero essere più divertenti del previsto.”

 
§
 
Se gli avessero raccontato che un giorno avrebbe varcato la soglia del Quartier Generale della Marina invece di sparire subito dopo aver consegnato la sua ennesima cattura Kei si sarebbe messo a ridere. Invece, contro ogni sua aspettativa, eccolo lì davanti all’ingresso, mani nascoste nelle tasche della felpa celeste e il volto corrucciato. Era sicuro che il portone fosse quello, aveva visto fin troppe fotografie nei giornali per sapere che si trovava nel posto giusto ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che stesse facendo la cosa sbagliata.

“Le porte sono fatte per essere aperte, non per essere fissate.”

Kei sobbalzò e si girò di scatto incrociando lo sguardo smeraldino di un ragazzo, all’incirca della sua età, biondo e dal fisico slanciato. Il moro rimase per qualche secondo in silenzio a studiare l’altro prima di riuscire ad associare un nome al volto: Nòel, lo squalo bianco. Aveva letto alcuni articoli sul famigerato tritone cacciatore di taglie, tutti accompagnati da foto che lo ritraevano mentre trascinava i corpi dei pirati privi di sensi verso la base della marina più vicina. Lo sguardo nocciola del ragazzo scivolò lungo il collo del biondo finchè non intravide quel particolare che in ogni foto catturava l’attenzione di tutti: le branchie. Nòel se ne accorse e storse il naso infastidito. Qualcuno potrebbe pensare che dopo tutti quegli anni ci dovesse essere abituato agli sguardi curiosi, e in alcuni casi disgustati o spaventati, ma lui ne aveva fatto una questione di onore, non ci si sarebbe abituato. Per lui abituarsi sarebbe significato accettare che la gente avrebbe continuato a guardare, a giudicare.

Nòel superò il corvino urtandolo apposta. Kei barcollò appena ma fu rapido nel recuperare l’equilibrio e arrossì leggermente rendendosi conto che forse lo aveva fissato troppo a lungo mettendolo a disagio, ma questo non gli impedì di pensare che forse la spallata poteva anche evitarsela.

Con poche falcate Kei riuscì a raggiungere il biondo e, nel tentativo di rimediare alla prima brutta impressione che aveva fatto, iniziò a parlare.

“È venuto qui per la ricompensa di che pirata?”

Nòel alzò un sopracciglio scettico non riuscendo ad interpretare le azioni del moro. Prima quel dannato sguardo e, nemmeno due minuti dopo, eccolo lì pronto ad intavolare una conversazione. L’obiettivo era però ignoto al tritone. Decise comunque di rispondere sperando di riuscire a scoprire le vere intenzioni dello sconosciuto.

“Nessun pirata. Sono qui per un altro motivo.”

Kei annuì in segno di comprensione e si trattenne dal esultare vittorioso per non aver ricevuto una risposta sgarbata. Notò però che la perplessità e la diffidenza non accennavano a sparire dal volto del ragazzo e solo allora un pensiero lo colpì: Nòel non aveva la più pallida idea di chi lui fosse. Tirò fuori dalla tasca della felpa una mano e la porse verso il ragazzo biondo.

“Kei Osamu Nakajima, Kei va più che bene.”

Lo sguardo smeraldino del tritone si alternò tra la mano e lo sguardo del corvino per una manciata di secondi prima di ricambiare la stretta con un sorriso appena accennato.

“Nòel.”

Tra i due calò il silenzio interrotto soltanto dai passi pesanti dei Marines che di tanto in tanto passavano nei corridoi. I due arrivarono al banco accoglienza e quando entrambi esibirono la lettera d’invito Kei si diede mentalmente dell’idiota per non aver collegato prima i puntini: quale cacciatore di taglie veniva al Quartier Generale della Marina per motivi diversi dalla riscossione della taglia? Dal canto suo Nòel guardò stupito il corvino. Se anche lui aveva ricevuto la medesima lettera quello sconosciuto doveva sapere il fatto suo. Il problema era che lui era sicuro di non averlo mai incrociato ed il suo nome non gli ricordava niente. Quel ragazzo sembrava essere una grande incognita.

Due Marines si avvicinarono e indicando un corridoio, uno dei due fece segno di seguirli. Dopo nemmeno una decina di metri però Kei si fermò in mezzo al corridoio, senza che i due soldati se ne accorgessero. Nòel invece, che stava camminando al suo fianco, si voltò senza smettere di camminare e vide che il ragazzo stava osservando un quadro appeso alla parete. Rallentò il passo fino a fermarsi. Scosse il capo quando i due Marines svoltarono senza rendersi conto che dietro di loro non c’erano i due cacciatori. Il biondo affiancò l’altro per avere una migliore visione di cosa avesse catturato la sua attenzione. Fu allora che vide una fotografia che ritraeva Sengoku in piedi, impettito nella sua divisa, dietro alla scrivania di quello che doveva essere il suo ufficio. La grande vetrata che si intravedeva alle sue spalle permetteva di avere una visuale sul piazzale davanti all’ingresso dove poco prima Kei e Nòel si erano incontrati.

“Ehi, andiamo dal Grande Ammiraglio?”

Nòel guardò perplesso il ragazzo che aveva appena parlato come se gli avesse fatto la domanda più insolita che si potesse fare. Kei gli stava rivolgendo un ghigno divertito in attesa di una risposta. Per la seconda volta nell’arco della giornata il biondo non riuscì ad interpretare il corvino. Una grande incognita. Dubbioso annuì e quello che accadde dopo lo lasciò a bocca aperta. Un attimo prima stava osservando la fotografia incorniciata e l’attimo dopo ci era dentro. Ad essere più precisi ora il biondo e il corvino si trovavano nell’ufficio di Sengoku.

Kei abbassò la mano che poco prima era sulla spalla di Nòel, il quale non si era nemmeno reso conto fosse lì, e con un mezzo ghigno agitò la mano in segno di saluto per poi prendere posto su una delle poltroncine disposte a semicerchi nell’ufficio. Nòel dal canto suo rimase fermo dov’era, guardando sconcertato prima la porta e poi il ragazzo il quale era terribilmente divertito dalla sua espressione stupita e sorpresa. Nòel, prima di prendere posto accanto ad un uomo dai lunghi capelli viola, si fece un appunto mentale: Kei Nakajima era un’enorme incognita.

 
§

Yara si scompigliò i corti capelli rossi corallo prima di indossare nuovamente la fascia rossa che usava per tenere ferme le ciocche ribelli. Erano di quella lunghezza  per cui non erano abbastanza lunghi per poterli legare in una coda ma lo erano abbastanza per intralciarle la vista ogni qual volta che si alzava un soffio di vento, in poche parole erano una seccatura. La sirena, aggiustando il ciuffo che le copriva l’occhio destro, sbuffò e alzò lo sguardo per rivolgerlo verso i due Marines che la stavano scortando chissà dove ma si arrestò di botto notando che c’era un particolare fuori posto: i due Marines erano scomparsi. Si guardò intorno per vedere se le casacche bianche e azzurre erano ancora visibili ma constatando che era l’unica persona presente nell’area si permise di lanciare qualche imprecazione rivolta ai Cappelli di gabbiano e la loro inefficienza. Se avesse saputo a priori che quella si sarebbe rivelata essere una giornata no, o come preferiva definirla meno finemente “una giornata di merda”, Yara se ne sarebbe rimasta molto volentieri sotto le coperte. Ma ora era lì e l’unica opzione che aveva era quella di arrangiarsi e trovare la strada per l’ufficio di Sengoku da sola. Schioccò la lingua infastidita dall’assenza di cartelli segnaletici che indicassero quale stanza era adibita ad un determinato compito. Anche una piantina dell’edificio le sarebbe andata bene. Qualsiasi cosa le sarebbe andata bene piuttosto che girovagare per l’intricato labirinto composto dai corridoi del Quartier Generale della Marina. Sicuramente non si sarebbe messa alla ricerca di Marines a cui chiedere informazioni, anche se il pensiero di vedere l’espressione di un soldato alla vista di una cacciatrice di taglie vagare a piede libero per il Quartier Generale la allettava.

"Se mai incontrassi l’architetto di sto posto di sicuro non uscirà dalla stanza tutto intero. Ma che poi, che utilità ha? Scoraggiare possibili infiltrati? Beh notizia flash Marina dei miei stivali: non c’è nulla di interessante per cui valga la pena mettere piede qui dentro!"

Yara svoltò a destra ed emise un grido soffocato per la disperazione, era convinta di essere già passata davanti a quel mezzobusto di marmo di chissà quale Marine morto con onore per mano di chissà quale pirata. Prima di riprendere a camminare la donna decise di elaborare un piano d’attacco: un uomo importante si trovava in una stanza grande. Una stanza grande doveva avere una porta altrettanto grande. Giunse quindi alla conclusione che avrebbe aperto tutte le porte abbastanza grandi finchè non si sarebbe trovata davanti il muso del grand’ammiraglio in persona. Dopo aver spalancato alcune porte a caso seguendo il suo studiato e pianificato criterio Yara si ritrovò davanti ad una porta in legno di quercia più imponente delle altre.

Senza prendersi il disturbo di bussare Yara entrò attirando su di sé tutti gli sguardi dei presenti. Non ci prestò molta attenzione. Quelle otto paia di occhi, che la squadravano chi con curiosità e chi con fastidio per il suo ritardo,  le scivolavano addosso come goccioline di pioggia contro il vetro. Quando prese posto sull’ultima poltroncina di velluto rimasta vuota si sedette scompostamente, gettò le gambe al di là di uno dei braccioli imbottiti, scalciando leggermente e urtando inavvertitamente il braccio di Nòel, e mantenne l’equilibrio poggiando i gomiti contro l’altro bracciolo. Gli stanchi occhi neri della donna si fissarono sul grande ammiraglio e, sopprimendo uno sbadiglio chiese

“Quindi. Hai intenzione di fare il misterioso ancora per molto o svuoti il sacco prima che quello ti punti la spada alla gola?”

Mentre parlava indicò con il pollice la spada dalla lama rosata che pendeva sulla schiena di Ash, il quale, sentendosi chiamato in causa aggrottò la fronte, anche se in fondo doveva ammettere che il pensiero di ottenere le informazioni che voleva con la forza gli aveva più volte attraversato l’anticamera del cervello. Sengoku chiuse gli occhi irritato e raccolse la poca pazienza che gli era rimasta. I cacciatori di taglie si erano presentati nel suo ufficio alla spicciolata e avevano impiagato quattro ore ad arrivare tutti. Quattro ore che aveva dovuto passare chiuso nel suo studio a tenere d’occhio quelli che già erano arrivati. Quattro ore che aveva passato a sopportare i cacciatori di taglie. Di sicuro non avrebbe aspettato un secondo di più ora che aveva una chance per liberarsi di loro e ritornare al suo lavoro e soprattutto al suo quieto vivere.
“Non sarà necessario. Vi spiegherò subito il motivo per cui voi otto siete stati convocati.”

 
§
 
Minuscolo spazio vitale di Kisspiece99:
Ed eccomi qui con il primo capitolo!
Per ora abbiamo una panoramica dei personaggi, quei poveri sventurati che non hanno la più pallida idea in che guaio si stanno per cacciare. Vediamo già prime amicizie e una grande insofferenza per la Marina, insomma roba da tutti i giorni.
So che è solo il primo capitolo ma ho già una domanda per voi, per rispondere mandatemi un MP (se scrivete come oggetto “Risposta Capitolo 1 The Bounty Hunter Squad” mi fate un immenso favore ma non è un problema se mi scrivete anche altro):
Come reagirà il vostro OC all’idea di dover collaborare con altre persone, su esplicito ordine della Marina? (ovviamente non accetto una risposta del tipo “rifiuta perché è un ribelle” per l’ovvio motivo che se avete scelto di partecipare l’OC alla fine farà parte del progetto.)
Per questo capitolo è tutto, ci vediamo nel prossimo!
A presto
By
Kiss

 
   
 
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