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Autore: robyzn7d    26/10/2021    4 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIX
Perseveranza 
 

 
 
 
 
Si erano proprio trovati, Nami e Zoro, e avevano visto l’una nell’altro un solido appiglio, anche se ancora erano restii a comprenderne il potenziale. Capitati in una situazione in cui si erano prima persi e poi ritrovati, e poi persi di nuovo, la comparsa di Rin aveva cambiato tutto il loro mondo fino ad allora conosciuto, facendolo girare troppo in fretta. Il suo arrivo aveva fatto crollare un castello di carte che fino a quel momento era riuscito a reggersi su una gamba sola. 
 
Forse, se tutto fosse andato diversamente quella sera, il distacco sarebbe stato più facile. 
 
 
Nami non era riuscita un granché bene a riposarsi, oscillando tra rivelazioni del futuro, ricordi del passato, e decisioni del presente. Così, era stata la prima a sbarcare sull’isola, dopo aver ormeggiato alle prime luci dell’alba. E senza alcuna paura, dal momento che si vedeva bene essere un luogo abitato con un centro luminoso e appariscente che si poteva scorgere già dalla costa. 
Con lei, il capitano e Chopper, che avevano anticipato il cuoco impedendogli di seguirla; non essendo il solo, comunque, ad essere lasciato sulla nave, ricevendo il compito di aspettare il risveglio di tutti per poi organizzarsi a modo loro - “fate come vi pare” aveva detto la navigatrice, desiderosa di scendere al più presto, pensando solo a questo suo bisogno. Per la fretta era stata anche piuttosto generosa, lasciando un gruzzolo a Sanji per la spesa, e uno agli altri da dividersi per qualunque altra necessità. 
Prima di sbarcare aveva notato la presenza di Zoro che sonnecchiava, ancora seduto sul ponte nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato la sera prima, due bottiglie in vetro accanto a lui e i vestiti fradici per l’umidità caduta nella notte - non si era svegliato nemmeno quando avevano attraccato. 
Nami, mentre passava proprio accanto a lui, era convinta che, dal momento che dormiva con estrema tranquillità, Zoro non avesse i suoi stessi grattacapi per la testa o difficoltà nell’affrontarli. 
 
La cena della sera prima era stata allegra come sempre, ma nonostante entrambi si fossero comportati come al solito, quel briciolo di freddezza persistente non era certamente passato inosservato ai compagni di viaggio. Loro tutt’al più si erano ignorati, e lei era stata sicuramente più brava nel farlo, eternamente esperta in quel ruolo da donna superficiale e indifferente, mentre lui ogni tanto era caduto nella trappola di cedere e dedicarle un paio di sguardi. Non era chiaro il motivo, se per preoccupazione o senso di colpa, o, forse, per nessuno dei due. 
 
Zoro é quella persona che si teme d’incontrare. 
 
Arrivati al centro della città, naturalmente dopo aver nascosto per bene la Sunny, i tre avevano scoperto il pianeta delle meraviglie, una strada infinita di bancarelle, locali, taverne a non finire, negozi di ogni genere e, per la gioia di Nami, un centro di bellezza dove poter fare dei lunghi bagni ristoratori. Dando un’occhiata svelta a qualche negozio, aveva comprato del vestiario nuovo per poi correre immediata al suo relax meritato, approfittando dell’orario mattiniero, che prevedeva il disperdersi di meno persone per le strade. 
Quello era il suo modo per sciogliere la tensione accumulata e per togliersi di dosso, oltre tutti i germi che sentiva proliferare sulla sua pelle, anche quella sensazione di abbandono che ad un certo punto le opprimeva lo stomaco. 
Così, immersa in una vasca d’acqua bollente e avvolta in tanta schiuma, iniziò a sentirsi meglio. Nell’assoluto piacere, tra il calore e i vapori dei sali che si scioglievano, si soffermò a pensare a quei confronti, ai ricordi ed alle emozioni. 
D’improvviso, senza che potesse evitarlo, le tornò alla mente il fine serata. 
 
 
 
Durante tutta la cena, e nonostante fosse riuscita ad essere lontana dagli eventi appena precedenti, si era ritrovata a scoprire quanto fosse stato difficile scemare le sue emozioni, era tempo che ormai non seguiva quella strada, ed era stato duro fingere di non stare male, reprimere quel forte desiderio che aveva di amarlo, e farsi amare da lui. Forse il fatto che Zoro era il più improbabile degli amanti era una sfida che l’accendeva. Nonostante ultimamente fosse una che amava ricevere complimenti, aveva sempre evitato i depravati, o le ossessioni degli uomini che nemmeno riusciva a capire, e invece si era sempre sentita al sicuro con lui. 
 
Aveva riesaminato quello scambio di battute, e soprattutto quel contatto fisico che c’era stato tra loro ancora prima, scoprendo di quanto era stata impulsiva, quanto spaventata e, a suo modo, scoperta. 
Nami si chiedeva se Zoro fosse mai riuscito a sorreggerla anche in altro modo che non pretendesse l’uso delle mani. Senza trovarci risposta. 
Non la lasciava entrare davvero in lui. Di questo era certa. Ma perché era fatto così, non era capace a dimostrare in altro modo il suo affetto e il suo esserle vicino. 

Aveva preso così una decisione importante a cena, matura e razionale, proprio mentre consumava quelle deliziose prelibatezze di Sanji, in cui per la prima volta aveva sentito un sapore amaro accompagnarle. 
Sapeva che l’orgoglio di Zoro quella volta non gli avrebbe mai permesso di parlarle di nuovo, di avvicinarla, di cambiare opinione. Così, aveva deciso di farlo lei, di cadere, di mettere il suo orgoglio da parte, sacrificarlo per lui. Era qualcosa che non faceva sicuramente parte di lei, e questo l’aveva anche sconvolta. Ma l’idea di sentirlo ferito nel cuore non la faceva sentire tranquilla, nonostante fino a pochi minuti prima ricordava che non le interessavano affatto quelle frustrazioni da superuomo.

Ma quella conversazione tra Rufy e Rin, che aveva origliato come una ladra che ruba anche i momenti intimi altrui, era stata propizia per farla scendere di qualche gradino dalla sua altezza fatta di orgoglio e ragione. Era stata come un’immersione in qualcosa di così puro e profondo che le aveva sciolto quel cuore difficile, grande quanto una casa, e allo stesso tempo chiuso come uno scrigno nei suoi momenti più superficiali. 
 
Approfittando della sua conoscenza della combinazione del frigo, aveva sgraffignato due bottiglie di rum fresco e di ottima qualità - comprato da Sanji qualche isola indietro e tenuto ben custodito in attesa di essere rivelato nelle occasioni speciali. La rossa sapeva che il cuoco non le avrebbe mai fatto una scenata, soprattutto se avesse saputo cosa avrebbe dovuto affrontare con una certa persona. 
Si era diretta sul ponte, sapendo di trovarlo lì, solo, in silenzio, a bearsi dell’atmosfera notturna fatta di suggestioni meravigliose, con danze al chiarore di luna, poiché quelle piccole onde avrebbero cullato la Sunny per ore. 

Lo adocchiò subito, seduto a terra con le braccia incrociate, imbronciato, e, probabilmente, pensieroso, dal momento che no, non stava sicuramente dormendo. 
Lo vide aprire l’occhio solo quando le si era parata davanti. Anche se l’aveva sentita camminare verso lui fin da subito. 
Non disse niente.

E Nami lo sapeva benissimo che non avrebbe ceduto nemmeno di una parola o gesto gentile nei suoi confronti. Avrebbe dovuto fare tutto lei quella sera, né era consapevole fin da quando aveva deciso di affrontarlo. 
Lui aveva faticato così tanto, in diverse occasioni, per proteggerla, che poteva scendere ancora di altri due gradini e aiutarlo, andargli incontro. E quella sarebbe stata la prima e ultima volta per lei. 
Almeno così le piaceva pensare. 

 
Allungò il braccio porgendogli la bottiglia di liquore. 
Lo vide titubante, ma come c’era da aspettarselo, non avrebbe mai rinunciato a farsi una bevuta. 
Ma continuò a non dire niente, rimanendo imbronciato. 

 
Nami aveva preso posto accanto a lui, mantenendo quella distanza necessaria, tanto da evitare quel calore che avrebbe potuto impossessarsi facilmente di lei. 
Quando stappò la sua bottiglia di rum, lui aveva già iniziato a bere la sua. Probabilmente quella bottiglia lo aveva davvero tirato un po’ su, ma per la prima volta non sembrava fare miracoli. 
Nami buttò in gola il primo sorso, lasciandosi cullare dal mare, diventando appena più rilassata mentre si appoggiava al cornicione liberando un sospiro alquanto udibile. Lui non aveva smesso di avere quello sguardo strano, probabilmente confuso, perché non aspettava sicuramente che sarebbe stata Nami a cedere per prima, o a cedere e basta. Era stranito, mentre muoveva l’occhio per scrutarla appena, senza però muovere il viso di un millimetro. 

Lei, nell’avvicinarsi a lui, aveva urtato le spade che Zoro teneva al fianco, come a ricordarle di quel limite invisibile e invalicabile che c’era e ci sarebbe sempre stato tra loro. Quel rumore sembrò distrarre anche lui, che improvvisamente parve essere presente. 
Poi calò il silenzio. 
Solo il mite mormorio delle onde che accarezzavano lo scafo, e nient'altro. 

 

“Mostrare emozioni è normale, Zoro.” 
 
Aveva sbottato così, dritta al punto, continuando a bruciarsi la gola con quella meravigliosa sostanza che aveva tra le mani. Era serissima mentre gli parlava. Ma, quando non lo sentì rispondere, seppe di dover proseguire con coraggio. “Tu vuoi evitare di mostrarti” 
Mentre lei parlava lui aveva come alzato maggiormente le orecchie, curioso di sentire qualsivoglia parola, in quello stato quasi arrendevole, privo dei soliti impeti di rabbia. 
“Perciò io penso che nemmeno tu sei pronto per andare avanti in questa storia. Perciò..ho deciso, che voglio toglierti il peso.” 

 Ovviamente non era affatto d’accordo, Zoro, ma il suo orgoglio era talmente radicato in lui, che nemmeno a quelle parole era capace di rispondere per evitare di mettersi in gioco.  
 
“Il tuo cuore è grande, ed è caldo, io l’ho sentito dal primo giorno che ti ho conosciuto, ma tu…, tu sei anche un tipo freddo. Ogni muscolo del tuo corpo me l’ha detto. Ogni tuo sguardo lo dice ancora adesso.” Aveva bisogno di fare dei piccoli step, respirare, frenarsi, ricominciare da capo. “Sei un guerriero, giusto? E per questo hai addosso un’armatura. E a causa di quella che non mi fai entrare lì dentro…almeno, non come dovresti.” 
 
Era riuscita a dirgli qualcosa che inizialmente sembrava impossibile anche solo da pensare. Ma, soprattutto, era riuscita a non arrabbiarsi mentre la diceva. Aveva mantenuto un tono pacato evitando così di provocarlo, senza finire per distrarli entrambi dall’affrontare quelle verità. 
Ma lui, prima di parlare era rimasto in silenzio per un tempo molto lungo, almeno, così sembrava alla cognizione di Nami, presa dall’agitazione che stava tenendo a bada con ogni fibra del suo corpo. 

 
“Non mi stupisco, come al solito stai scappando…”. 
Aveva parlato, arrivato in fretta a metà bottiglia, usando il suo solito tono saccente. 
Nami aveva poggiato la bottiglia nello spazio che faceva da distanza tra loro, guardandolo insistente su quel profilo che era lì davanti a lei, mentre lui invece continuava a non distogliere lo sguardo dal cielo. “É per te! Lo sto dicendo solo per te!” E continuò, ormai convinta di voler andare fino in fondo alla sua decisione.”Non sarò più egoista verso di te, non andrò contro le tue regole.” Prese un bel respiro permettendo all’aria fresca di invaderle i bronchi. “Dobbiamo alleggerire la tensione accantonando il futuro. Lasciamo andare tutto e vediamo come va senza la pressione addosso.” 

Era riuscita ad essere leggera nel tono di voce, nonostante tutta l’angoscia che stava provando in quel momento in modo inaspettato, sentendosi quasi morire poiché sembrava lo stesse davvero lasciando andare per sempre. “Ci stai?” 
 
Poggiò anche lui la bottiglia accanto alla sua, facendo scivolare il braccio al suo fianco, ma al contrario, senza smettere di tenerla stretta nella mano. 
“Ormai hai deciso di testa tua. Da quando ti serve la mia approvazione.” 
Lo vide cambiare espressione per la prima volta da quando era seduta lì, stava sogghignando, ma in modo molto diverso dal solito, quasi stancamente, controvoglia. 

“Stavolta è diverso! Non ti costringerò a fare quello che non vuoi.”
Perché era diventato tutto così lontano da quel momento in cui le aveva regalato un bacio? 
“E lo dici solo adesso? Non hai fatto altro che costringermi a farmi fare quello che vuoi tu.” 
“E ora non lo farò più. Hai la mia parola.” 
“che vale quanto…?”
“Sono seria!” 
“…” 
Lo guardò, seppur consapevole che quella sera non le avrebbe dato possibilità di incrociare il suo sguardo. 

 
Riprese in mano la bottiglia. 
 
“Sai…è stata bella per un attimo…l’idea...Ma così non funziona. Dobbiamo smetterla di controllare le cose… lasciamo che gli eventi capitino da soli.” 

“…”
“segui la tua strada, Zoro. Va bene.” 
“…” 
“Non dici niente? Perché fai quella faccia? Perché non sei sollevato?” 

 Aveva quasi finito la sua bottiglia lui, da cui dovette staccarsi solo per rispondere a quell’insistenza invasiva che lo costringeva a diventare complice di quella decisione. 
“stai decidendo per me, non mi dai opzione di scelta. Questo non mi fa sentire libero.” 
“cos’altro vuoi che faccia? Che opzioni vuoi? “ 
“so solo che questa è un’idea da codarda.” 
“Ma insomma! Sei un idiota! Ma come fai a non capire nemmeno questo? Lo faccio per te! Non capisci quanto è stata dura per me decidere di non obbligarti?
Sei libero! Sei libero da ogni peso! Sei libero da me!” 
“…”

“Dovresti essere al settimo cielo. Non era certo questa la reazione che mi aspettavo.”
La rossa, alzata in piedi d’improvviso, si sentiva come affranta, era certa di poter perdere il controllo, lo stesso che stava riuscendo a mantenere con tanto sacrificio. 

“Vuoi vedermi festeggiare? Sto brindando, non vedi?” 
Alzò la bottiglia al cielo, Zoro, di cui era rimasto solo il fondo, ancora sogghignando in quel modo fastidioso, così finto. 
Non la guardava. Non girava la testa. Non sembrava felice. Non era al settimo cielo. Fu però per merito di quella sua vaga risposta, che di colpo si rese conto di sentirsi quasi spiazzato. 
La vedeva lui, chiara come il sole, e la sentiva, anche, prepotente, la tempesta che Nami stava spudoratamente evitando. Si stava mettendo al riparo da essa, e voleva mettere al sicuro anche lui, in un certo senso contorto. 

Non riusciva proprio a capire perché ne stava uscendo così devastato da quella ‘conversazione’. 
Eppure, avrebbe dovuto rimproverarsi per quella mancanza di sensibilità, perché non aveva preso in considerazione l’ipotesi di fare qualcosa per fermarla, nonostante non si trovasse d’accordo con lei. Ma trattare con Nami significava partecipare ad una maratona infinita senza aver ossigeno a disposizione. 
La rossa, allo stesso tempo, che era convinta di fare qualcosa di buono per lui, le sbagliava tutte. Che altro doveva fare? 
La sua era sembrata un ordine anziché una proposta? 
Ma lo stava facendo per lui, per non impedirgli di realizzare quella promessa che solo la morte gli avrebbe impedito di mantenere. E non lei. 
Aspettava ancora al suo fianco. Non sapeva il motivo di tale convinzione, ma sapeva che Zoro ci sarebbe stato per lei. Anche nonostante quella decisione, presa su due piedi, ma pur sempre con determinazione. Lui, che con i suoi modi da superuomo lo rendevano serio nelle situazioni importanti, ma sorprendentemente anche di facile imbarazzo, particolare che lo faceva essere involontariamente comico. 
Non avrebbe interferito in alcun modo con i suoi obiettivi.

“Quindi, ci stai?” 
 “…” 
“Zoro!”
“Fai come vuoi.” 

 
  
 
 
 
Maledizione a lui!
Nami aveva appena sbattuto un pugno nei concentrati di schiuma che le arrivavano al petto, disintegrandoli e disperdendoli nell’acqua. 
Era possibile che lui le fosse sembrato quasi dispiaciuto di quella sua scelta? 
Ma allora perché non parlava chiaro? Perché non giocava sul tavolo a carte scoperte? Non era da lui, in fin dei conti, voler nascondere le intenzioni. Eppure, aveva solo giocato seguendo le regole di lei, senza obbiettare eccessivamente, senza fare una controproposta. 
 Ritornò nuovamente indietro con la mente, ripensando a quei minuti successivi quando aveva lasciato il ponte con una stretta al cuore. 
 
Per lei non furono facili quelle parole e quella scelta. E chissà se lui l’avrebbe capito o l’avrebbe sempre e solo vista come una fifona che scappava da ogni cosa mirasse alla sua incolumità. Lui compreso. 
Ma quella stessa sera aveva superato anche quella struggente sensazione di abbandono che le era entrata fin nella profondità delle sue ossa, la stessa che aveva preso ad attanagliarle la bocca dello stomaco ogni volta che pensava di essere riuscita, dopo tutte quelle emozioni e prese di coscienza che aveva avuto sui suoi sentimenti, a lasciarlo libero, a lasciarlo andare. 
Almeno - si era detta quella sera, guardando la bambina che stava prendendo posto nel suo letto accanto a lei - non sarebbe stata sola ad affrontare la notte. 
 
Mentre era rimasta fuori con Zoro, sia Robin che Rin avevano pensato a riordinare la stanza, affrettandosi anche a sistemare i letti con lenzuola pulite, poiché l’archeologa aveva notato quelle sporche sul pavimento con l’intenzione di portarle via prima dell’arrivo di Nami. 
Non aveva fatto domande, avendo già capito a cena che qualcosa era successa tra quei due, prendendole lei stessa e portandole via dalla camera nel momento stesso in cui con un libro tra le mani stava dirigendosi nella stanza con l’acquario, a leggere in un posto suggestivo. 

La navigatrice, che stava rientrando proprio in quel momento, l’aveva ringraziata mentalmente, salutandola con un cenno del viso. 
Una volta in stanza, aveva messo a letto la bambina, spegnendo le luci, con il solo intento di rilassarsi e riposare veramente. 

 
“…Usop, Chopper e Brook stanno giocando a carte”, disse la piccola testa rossa, mentre sbadigliava sonoramente e allungava la coperta a mezzo busto. 
“Scordatelo” le disse Nami mentre le si sdraiava accanto, capendo perfettamente l’allusione della bimba di volerli raggiungere. “Ma poi non vedi che hai sonno?” 
“Uffa…” sbadigliò ancora quello scricciolo. “Ma poi…è normale che abbia già così sonno?!”
“Si! Perché sei figlia di tuo padre.” 

Aveva messo su un’espressione imbronciata quando Nami la trascinò più vicina a sé, intrappolandola tra le sue braccia, adagiando la sua piccola schiena sul suo petto, e poggiandole la testa sopra la sua. “Ti sei allenata tanto oggi, è normale sentire il bisogno di ricaricarsi quando si perdono così tante energie.” 
Rin aveva ancora il musone “hei…così mi strozzi.”

“Shh” le disse la rossa, ignorando le sue proteste. “Non aver paura di un abbraccio, Rin.” 
“Non ho paura di un abbraccio io!” 
Nami sorrise, sapendo bene che la verità era un’altra, sentendola brontolare tra sé mentre gonfiava le guanciotte. 
Era la prima volta che Nami prendeva una simile iniziativa nei confronti della bambina, era la prima volta che le teneva così stretta tra le braccia, lasciandosi cullare dal suo profumo così familiare e da quella strana sensazione di affetto e protezione che provava nei suoi confronti. Era così delicata, così importante, così fragile, che quel contatto riusciva a creare tra loro una sorta di magia, qualcosa di così surreale. Come se potessero sentire, nonostante la distanza di un’epoca, quella connessione che c’era tra loro. 

Nami continuava a stringerla, inspiegabilmente vogliosa di sapere cosa si provasse ad essere la madre di quella creatura così unica. E in quel momento più che in altri, iniziava a capire, a vederla, a sentirla, a credere ancora, con maggiore conferma, che quella piccola era il frutto di un'unione tanto importante quanto d’affetto. C’era tanto di Zoro in lei, lo sentiva anche adesso, ma iniziava a vederci finalmente anche sé stessa. Quei suoi capelli identici, quegli occhi, quel profumo. 
Pian piano la sentì cedere tra le sue braccia, mentre si lasciava cullare da quel tocco gentile. Rin ora non aveva più uno sguardo imbronciato ma rilassato, sentendosi al sicuro. La piccola era però ignara del sorriso che invece era apparso sul viso di Nami, contenta del fatto che non era tardi, la sua bambina poteva ancora sentirsi libera di provare e accogliere i sentimenti. 
 
“È successo qualcosa con papà oggi?” 
Le chiese, intuendo il bisogno di conforto della rossa, senza uscire da quell’abbraccio. 
“Tu non devi preoccuparti di questo.” 
 
La bambina teneva lo sguardo in avanti, fisso verso un futuro che poteva vedere solo lei. 
“Sai, una volta mi hai detto che i tipi come lui vanno incastrati appena ne si ha l’occasione.” 
Nami rise. “e perché ti avrei detto questo?” 
“Volevi farlo arrabbiare.” 

Si accoccolò di più sul suo petto, ricordandosi di quel calore irrinunciabile, e ritrovando in lei il profumo della madre che la quietava da quando ne aveva memoria. 
“Hai detto: quando vuoi un uomo non aspettare che sia lui a decidere, ma incastralo per bene! Mentre dorme, mentre è distratto…lo devi mettere nel sacco in qualche modo!”  ricordò quelle parole con un sorriso divertito mentre si mise a giocare con una ciocca di capelli di Nami scivolatale addosso. “Sapevi che papà era in ascolto…non sai quanto si è infuriato…” 
“Oh, lo posso immaginare!” 

Nami sghignazzava più serena, mentre la bambina se la rideva in balia dei suoi ricordi più preziosi.
“Mi ha preso per allontanarmi da te mentre inveiva contro la tua pessima educazione.” 
“E che é successo dopo?” 
Rin si voltò a guardarla con gli occhi felici. “Tu gli hai giocato proprio un brutto tiro.”
“Ma davvero?” 

“Hai detto: ‘Rin, pensi che tuo padre abbia preso una qualche decisione? Ho fatto tutto io. Lui è qui con te adesso perché è semplicemente caduto nella mia trappola come un babbeo. Ho giostrato io i fili fin dall’inizio.’ 
Ricordo che lui non ci ha visto più così è tornato indietro da te e dalla rabbia ha detto qualcosa come ‘scema! Non puoi dare a tua figlia questi insegnamenti basati su delle bugie ‘ e bla bla bla “lo schernì, gesticolando con la mano del braccio ingessato, “se io ti amo non l’hai deciso certo tu!’ 
In quel momento hai sorriso e lui si è accorto di essere finito davvero nella tua trappola. Così, rosso in viso e imbronciato è andato via lagnandosi tutto il tempo e incolpandoti di essere una despota senza ritegno. 
In realtà io lo sapevo che era agitato per aver usato involontariamente quella parola davanti a me, e davanti a zio Rufy e Zio Usop…” 

Si stava reggendo la pancia dalle risate con quella stessa mano, sotto lo sguardo sorridente di Nami che non riusciva proprio a trattenersi. 
“Ma io quella volta sono stata così felice…perché l’avevo capito, avevo capito tutto, mamma.” 
Nami la strinse forte a sé. 
“È proprio un brontolone scemo.” 
Sentì una lacrima scivolarle lungo la guancia ad accompagnare quelle risate, con la voce tremante per quei ricordi che ancora non aveva vissuto, per quegli sprazzi d’amore che avrebbero fatto parte della sua vita. 
Se io ti amo. Se io ti amo. Se io ti amo.

Quelle parole le stavano già crescendo dentro come una radice che non poteva essere più sradicata. 
 

“Sai Rin, in realtà penso di aver fatto uno sbaglio…l’ho lasciato libero. Ho fatto il contrario di quello che ti ho insegnato! Che stupida sono! Non si deve mai aspettare un uomo!“ lo diceva, mentre le tremava la voce. 
Sentì la bambina ricambiare il suo affetto, stringerla lungo le braccia che già l’avvolgevano e nascondere la testa sulla sua pelle. 
“Mamma…”, dalla voce flebile e le gote un po’ accaldate, decise di darle una garanzia. “Ti assicuro che quando lui tornerà da te, non andrà mai più via…” 

  
Quella fu la sera in cui capì, seppure con sofferenza, che lasciare andare qualcuno non voleva significare essere insensibili. E che quella persona non era stata abbandonata né messa da parte. 
Così come non voleva dire che il freddo di Zoro significasse indifferenza nei suoi confronti. 
Quella fu la sera in cui capì di averlo sempre amato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Andrò a fare un giro” avvertì, oramai stufo di aspettare che gli altri si organizzassero, “Voi fate quello che dovete.” 
Zoro, risvegliatosi dopo un tempo lunghissimo in cui non solo non aveva sentito la Sunny venire ormeggiata, ma nemmeno il caos arrivare dal porto della città o i compagni di viaggio creare scompiglio sul ponte. 
“Proprio tu non dovresti andare solo!” 
Lo riprese Usop. 
“E poi stai andando via senza tua figlia! Proprio come ha fatto Nami!” Lo rimproverò il cecchino mentre lo guardava con le mani sui fianchi nel suo modo giudizioso. “Siete due irresponsabili!” 
Zoro però, quella mattina, non aveva intenzione di sorbirsi nessuna predica, alzando la mano in segno di saluto e scendendo dalla nave con un salto, ignorando ogni protesta. 
“Penso io a lei.” 
La voce di Robin lo aveva raggiunto fino alle orecchie. “Sono state le indicazioni che Nami ha lasciato scritte, dopotutto!” 
Una sua mano comparve sulla guancia di Zoro, attaccandogli un post it. Lo spadaccino si fermò un attimo per staccarselo di dosso, e lo guardò confuso, non capendo il senso di quell’azione fin quando non vi lesse il testo riportato sopra…
 
“Sono sull’isola. Zoro si occuperà di Rin, ma se non dovesse farlo, ti prego pensaci tu per me.
Con voi starà più al sicuro.
Nami”
 
 
Stropicciò la carta in un pugno, gettandola nella tasca dei pantaloni. 
“Quella stupida pensa di non riuscire a proteggerla.” 
Si voltò verso la nave, scontrandosi con i due occhi profondi di Robin che lo guardava dall’alto, mentre accennava un sorriso.
La ringraziò con il capo, scomparendo per le vie che conducevano al paese. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice___________________________________
Lo so, ultimamente vi faccio leggere capitoli che sono testamenti biblici. Stavolta è più corto perché non volevo rovinarne la struttura. 
Spero che sia stato comunque apprezzato. 
Robi 
 
 
 
 
   
 
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