EHILA’!
Indovinate chi ha finito di catalogare le monete? Sì, io.
ALLORA, parliamo un po’ di questo capitolo: mi sono accorta
di averlo scritto “troppo
presto” ma avevo già cominciato, così
sono andata avanti. Ho finito per
accorpare a questo capitolo il prossimo, in un pessimo Frankestain. Vi
prego,
comprendetemi, con questo capitolo siamo, circa al “capitolo
2” che avevo
originariamente pensato quando avevo ipotizzato di stare sui 4/5 ahaha.
Un paio di note, fuori dal testo, gli dèi norreni non hanno
sempre un ruolo
preciso (es: Thor è il signore dei tuoni e quindi viene
considerato il
responsabile del mal tempo etc … però Frey
è il dio della pioggia, ad esempio)
perciò ho dato io a Vali il suo “ruolo”
visto che nell’Edda non è specificato.
Secondo punto, non sapevo se mettere o meno tutte le note per ogni dio,
nel
senso, Jason non conosce tutto, quindi mi sembrava corretto
non-inserirlo.
Comunque, tre su quattro, dei “servi” sono
mitologici, uno è mio. Non dico
altro.
Anche oggi non ho un disegno, cioè si lo ho, ma non mi piace
… quindi non so se
postarlo.
Detto questo: vorrei ringraziare chi legge, preferisce, ricorda e
segue, ma
soprattutto chi recensisce. Grazie Farkas! (E grazie ad Edoardo811 per
la lettura, ps - Astrid se ne è pentita 2 minuti dopo.)
Baci,
RLandH
Quando
distribuivano “Buon senso” e “Profilo
Basso”, Jason Grace doveva essere svenuto da qualche
parte
Váli
l’Ardito aveva occhi oro come lo champagne, molto belli,
anche se sgranati in
un’espressione di puro stupore.
“Come?” aveva domandato cupo lo sconosciuto.
“Sì, ecco, io non credo di conoscerti”
aveva risposto Jason con tranquillità,
chiedendosi se il suo piano avrebbe avuto o no, qualche vago affetto.
Astrid al
suo fianco aveva trattenuto il respiro.
“Ah” si era lasciato sfuggire Váli,
“Questo è molto imbarazzante” aveva
dichiarato l’altro, l’espressione di pura boria che
aveva animato il suo viso
fino a quel momento era venuto a sopprimersi, “Davvero?
Neanche una menzioncina
piccola-piccola?” aveva chiesto Váli, speranzoso.
“Tabula
rasa” aveva risposto Jason,
mentre inclinava il capo, nel tentativo di spiare oltre le spalle di
tale Vali,
per osservare il lupo.
Quello ferito, se possibile, si era ancora più arricciato su
se stesso,
assumendo l’aspetto di una macchia di pelo ispido ed
arruffato.
Vali sembrava leggermente abbattuto, “Io …
è così ingiusta la vita di noi Dei,
un tempo i mortali tremavano alla sola menzione del nostro nome ed ora
eccomi
qui, che vedo due liceali … aspetta! Quella è
l’Edda” aveva dichiarato Váli,
recuperando barlume di gioia.
Jason aveva abbassato lo sguardo sui due tomi,
“Così pare” aveva dichiarato
strozzato Jason.
Váli aveva sorriso soddisfatto, come un gatto pasciuto,
“Io ci sono! Appaio
proprio ne La Voluspa! Il primo canto dell’Edda
Poetica” aveva spiegato subito,
con contentezza.
“Oh buono. Lo ho appena preso, qualche spoiler?”
aveva recuperato compostezza
Jason. Vali aveva sorriso soddisfatto, al giovane einherjar aveva
ricordato un
po’ suo fratello Apollo, prima della fase lesteriana.
“Ovviamente” aveva
risposto subito Váli con molta soddisfazione, “Ne
la Voluspa sono anche
descritto quasi al meglio di me: letale e veloce” aveva
gongolato il dio.
Il lupo ferito, non si era ancora spostato, “Ovviamente,
posso raccontarvi
tutto io. Non ho la lingua sciolta di Bragi, ma quando sei
l’ardito cosa
serve?” aveva dichiarato Váli con soddisfazione.
Aveva abbassato l’arco e la
freccia, non sembrava più intenzionato a terminare
l’immonda bestia. “Vi
racconterò tutto su di me, così poi potrete
adorarmi” aveva stabilito il dio.
“Non vedo l’ora” si era lasciata sfuggire
Astrid, carica di sarcasmo, ma la cui
affermazione non aveva sfiorato minimamente il dio, ancora appagato
all’idea di
soddisfare il suo ego.
“Possiamo anche adesso, davanti un bel boccale di idromele e
cinghiale arrosto”
aveva proposto Jason con scioltezza.
Váli aveva annuito, facendo muovere i capelli biondi
sbarazzini, Jason aveva
sorriso, poi il dio aveva parlato di nuovo: “Prima
però devo uccidere questa
immonda bestia” aveva dichiarato.
Ovviamente.
Vali aveva
dato loro le spalle ed il lupo che fino a quel momento si era calmato,
aveva
ripreso una posa più spaventata possibile, presto si sarebbe
ridotto ai minimi
termini, nascondendo anche la testa sotto le zampe.
Jason aveva voltato lo sguardo verso Astrid.
Lei aveva scosso il capo.
Lui aveva infilato una mano in tasca per prendere la sua moneta.
Astrid aveva sospirato stanca, “Ehm … Ora che ci
penso, tu non sarai mica quel
Váli?” aveva chiesto lei, con tono alto.
Il dio non aveva potuto resistere.
“Ti sono tornato in mente?” aveva chiesto pieno di
speranza Vali, voltandosi
nuovamente verso di loro, dimenticandosi completamente del lupo.
Jason aveva chinato lo sguardo verso Astrid, la ragazza sembrava aver
palesato
sul viso la consapevolezza di aver appena commesso
un’imprudenza. “Io …” aveva
provato Astrid schiudendo le labbra, “Certo che ci
è tornato in mente” aveva
dichiarato Jason, “Infondo lo hai detto tu stesso, no, sei
Váli L’Ardito … il
Dio più glorioso … ehm … di
Asgard?” aveva aggiunto, pieno di insicurezza,
Jason.
Vali aveva aggrottato gli occhi, “Ovviamente!”
aveva ammesso quello, pieno di
orgoglio, “Tyr sarà terribilmente geloso che due
giovanotti come voi mi abbiano
chiamato il più glorioso” aveva stabilito. Vali
con allegrezza.
“Sono stato definito il Vendicatore, lo Spettinato
… Freya mi ha chiamato anche
il puzzolente, una volta, ma è una
vecchia baldracca; quindi, non conta”
Aveva ripreso a parlare Váli con un tono rilassato.
A parere di Jason, Vali aveva un ottimo odore, una di quelle acque di
colonie
che ispiravano, con l’olfatto, la sensazioni di posti freschi
– come l’alito
dome una gomma da masticare – ed aveva capelli biondo cenere
lucenti e puliti
di fresco. Quindi sì, nessuno dei soprannomi sembrava
adattarsi a Váli.
Eccetto, il vendicatore, ad occhio, Jason immaginava che arco e frecce
non
fossero per sola gloria. “Ma ovviamente Glorioso mi si
addice, anche più di Ardito.
Sì, da ora, mi presenterò così: Váli
il Glorioso” aveva stabilito
quello.
Il lupo aveva smesso di cercare di ridurre la materia di cui era
composto,
preferendo di finalmente cominciare con il darsi alla fuga. Era
più grosso di
un lupo normale, anche più di lupa. Aveva un manto grigio
platino, che sarebbe
sicuramente apparso maestoso e bellissimo, se non fosse stata la
pelliccia
chiara coperta di sangue – Jason non poteva esserne sicuro
perché il colore era
più luminoso e vibrante del rosso naturale –
così come la peluria era un
groviglio di nodi e sporcizia, di chi non doveva aver passato momenti
felici.
Nonostante la bestia fosse, appunto, più grande di un
semplice lupo grigio,
aveva un ventre scarno e zampe sottili, legate ad un evidente inedia.
L’arto
anteriore destro era sollevato, putrida carne macellata, attraversata
da due
frecce scrosciante di rosso vivido.
Le tre zampe sane, secche come fuscelli, non avrebbero mai potuto
sopperire
alla mancanza della loro sorella e per il lupo una fuga non era
possibile.
Jason lo aveva osservato con attenzione, si era accorto anche di Astrid
che
aveva emesso un singulto strozzato alla vista del lupo.
Con il suo gesto aveva attirato l’attenzione di
Váli, “Certo, Glorioso ha
decisamente un tono più epico di Spettinato” aveva
ammesso Jason attirando
nuovamente l’attenzione su di lui. Il dio si era spostato un
ciuffo di capelli
da davanti al viso in un gesto perfettamente calcolato come naturale,
ma che
grondava di bisogno d’attenzione.
Sì, aveva pensato Jason ingenuamente, avrebbe dovuto
presentarlo a suo fratello
Apollo.
“Ovviamente, anche perché ora non lo sono mica
più, una volta adempiuto il mio
proposito. Ci tengo tantissimo ai miei capelli, sono sempre lisci,
perfetti e
senza nodi. Uso solo balsami di qualità” aveva
precisato il dio.
“Oh, come ci piacerebbe conoscerli” aveva
bisbigliato Astrid.
Il lupo nel frattempo, titubante, aveva cominciato a fare qualche
passo, tenue
ed incerto, con lo stesso andamento di un camaleonte, cercando di non
fare
rumore.
“Questo che sto usando ora è balsamo al bianco
spino, lo ha prodotto Lady Sif,
riesce a malleare anche i suoi capelli e sono d’oro
… oh quanto mi
piacerebbero” aveva spiegato subito Váli, prima di
svestire i panni del
terribile dio Ardito e Vendicatore per indossare quelli di un aitante
idolo
anni ottanta che presentava con allegrezza una pubblicità di
prodotti da bagno.
Jason si stava sforzando di guardare Váli e non deviare lo
sguardo verso il
lupo, che ancora arrancante come un camaleonte aveva fatto che pochi
metri.
Aveva occhi gialli come miele denso che di tanto in tanto voltava verso
di
loro.
Erano occhi stranamente umani. Colmi di riconoscenza e
terrore.
“Quindi al bianco spino e agrifoglio …
niente vischio, immagino”
aveva commentato Astrid, in una maniera incredibilmente naturale.
“Ovviamente” aveva risposto stizzito
Váli, “In onore del più meritevole dei
miei fratelli … Il vischio è bandito dalla mia
dimora” aveva stabilito
quest’ultimo.
“Oh, non vi era alcun dubbio che tale pensiero vi avesse
attraversato” aveva
cinguettato Astrid, la sua espressione sempre ieratica, si era
modificata in
una versione più stucchevole e dolce. Non fosse stata per la
pesante pelliccia
di wapiti che aveva indosso, in quel momento, Astrid Einardottir
sarebbe potuta
passare per una adolescente bostoniana in piena regola, che faceva
sorrisi
languidi al dio super strano davanti a loro.
Tutto regolare.
Il lupo aveva approfittato di quell’ulteriore distrazione di
Váli, per
proseguire, era quasi arrivato al fondo dell’isolato, ad un
passo dallo sparire
tra le ombre di una città che andava ad imbrunirsi.
Sarebbe stata notte presto.
Presto sarebbero state ventiquattro dalla sua presentazione alla Sala
dei
Caduti.
Sembrava che quella giornata fosse stata infinita … era
perfino morto due
volte.
Váli aveva perso quella sua espressione bonaria e piena di
gioia per riprendere
un tono più grave, “Questo mi ricorda che ho da
consumare un’altra vendetta”
aveva stabilito il dio, voltandosi di scatto verso la bestia.
Il lupo però aveva approfittato delle ultime parole di miele
di Astrid per
scomparire in un vicolo buio. “Dove è
andato?” aveva strepitato Váli.
Jason ed Astrid si erano voltati l’uno verso
l’altra, di scatto. Inventa
qualcosa, aveva usato il labiale la guerriera, senza un fiato
di voce.
“Il lupo, mio signore?” aveva provato Jason.
“Sì, il lupo mezzo jotun che
era qui, che cacciavo da eoni. Difficile
non vederlo: grosso e grigio” aveva risposto Váli,
leggermente spazientito.
Astrid aveva sbuffato ed aveva tirato un buffetto a Jason, se voleva
essere affettuoso,
non lo era sembrato per niente.
Oh Jotun.
Come Jarnasaxa.
E quelli cattivi.
“Credo sia andato a … sinistra” aveva
provato Jason, il lupo era andato a
destra, forse era uno Jotun, ma era ferito … e come aveva
detto Kymopoleia non
tutti erano cattivi, o meglio … aveva riportato che Odino
avrebbe dipinto i
jotun come tutti cattivi, ma egli aveva delle amanti di quella stirpe,
così
come Kym era andata a cena da Aegir che organizzava feste favolose.
Quindi non
potevano essere tutti cattivi, no?
Jason aveva bisogno di crederci se aveva appena permesso ad un mostro
crudele
di fuggire da un dio vendicatore.
Vali li stava guardando, i suoi occhi chiari avevano perso la dolcezza
ed erano
freddi come due lamine di ghiaccio – nonostante il colore
così caldo. “Lo avete
fatto a posta, vero? Voi vili adulatori!” aveva sentenziato.
“Servi degli ingannatori! Voi adulate Loki e la sua schiatta!
Non osate
mentirmi oltre” gli aveva aggrediti senza remore il dio.
Astrid aveva parlato per prima, senza grazia, “Nobile
Váli! Noi siamo Einjhair,
i caduti, coloro che servono Odino, tuo padre!” aveva
risposto con schietta
onesta.
“Come se fosse la prima volta che nelle Sala si insidiasse
qualche infame[1]”
aveva
replicato sagace il dio.
Jason aveva potuto vedere l’espressione sul viso di Astrid
colorarsi di rabbia,
piena di indignazione, “Io sono Astrid figlia di Einar,
nipote di Sif La Bella,
da più di mille anni combatto ad Idavoll, per seguire Odino
fino alla fine; vi
sono fedele da quando ancora gli uomini vi veneravano sotto lo sguardo
di Sol e
lui è Jason Grace morto con orgoglio per salvare i suoi cari
e protetto di Lady
Thrud, tua nipote” aveva stabilito Astrid fiera. Gli occhi
verdi erano
rifulgiti come gemme.
Vali aveva assottigliato lo sguardo, infastidito, probabilmente da non
poter
accusare i due di molto, “Nipotastra[2]”
aveva bofonchiato solamente.
“Bene, divino Váli, noi ora ci congediamo, ci
aspetta il banchetto alla sala e
combattere, domani, come nel prossimo avvenire” aveva
commentato Jason,
avvolgendo le mani attorno alle spalle di Astrid.
Váli li aveva studiato, “Ma voi lo avete fatto
… vero? Distrarmi per permettere
alla bestia di scappare” aveva considerato il dio.
Astrid aveva ancora l’espressione crucciata e labbra strette.
Jason aveva sospirato profondamente.
Basso profilo, giusto?
Così si erano raccomandate Thrud e Kymopoleia, giusto?
“Sì” aveva ammesso, “Astrid
non c’entra niente, il suo è stato
cameratismo”
aveva dichiarato Jason.
Vali si era fatto vicino, pericolosamente vicino, con
un’espressione poco felice
sul viso – per usare un eufemismo.
“Perché?” aveva chiesto con voce sottile
ed acuta, letale come la stilettata di
un coltello.
“Perché era ferito” aveva ammesso Jason,
“E spaventato … e non c’è
onore nel
braccare una preda ferita” aveva risposto onesto Jason,
“O lo sarebbe stato,
forse … se la tua non fosse stata
un’esecuzione” aveva dichiarato.
Astrid aveva trattenuto il respiro, Jason non aveva bisogno di
guardarla per
sapere che la sua espressione dovesse essere dipinta di orrore.
Jason era stato tante cose: strategico, intelligente, di tanto in
tanto, buono
forse, ma su tutti era sempre stato … leale.
Ai suoi amici.
Al suo credo.
E a se stesso.
Vili aveva fatto un azione, uno scatto netto ed aveva afferrato il
colletto di
pelliccia di Astrid. “Ragazza” l’aveva
avvertita con solamente quella parola.
“No” aveva risposto Astrid, aveva riacquisito la
sua espressione calma,
scostandosi, “Non avrai la mia pelliccia ne
romperò bastoni per te. Siamo
einherjar non puoi ucciderci” aveva dichiarato lei.
“Fuori dal Valhalla potrei … e lo farò,
legittimamente” aveva stabilito Váli.
“Non puoi perché siamo gli uomini di Odino,
Padre-Tutto, signore della Guerra e
della Morte” aveva stabilito lei con certezza.
“Tu parli con parole furbe. Sei certa di non essere figlia di
Loki” le aveva
detto Váli fredda, “Mia madre era solo una donna e
mio padre era un mezzo-dio,
figlio della rigogliosa Sif dai capelli d’oro”
aveva stabilito Astrid senza
perdere un battito.
Váli aveva sorriso freddo, “Solo un mezzo-dio,
dici?” l’aveva stuzzicata.
La guerriera aveva aggrottato le sue sopracciglia a quella
constatazione,
“Comunque lingua argentina, hai ragione” aveva
stabilito Váli, “Avrei tutto il
diritto di uccidervi per aver aiutato lo jotun mio nemico, ma potrei
avrei problemi
con papà. Quando si arrabbia con te sa essere tremendamente
creativo, non
auguro a nessuno un padre esperto di trasformismo con un carattere
facile al
rancore” aveva dichiarato il dio.
Sicuramente quello Jason poteva capirlo bene.
“Ma se tutti i conflitti si fossero risolti con la morte
… allora saremo molto
meno” aveva aggiunto, aveva perso l’occhio freddo,
per un’espressione più
amichevole.
Jason, doveva essere onesto, non era sicuro alla precisione dove stesse
andando
a parare, ma poteva immaginarlo. “Voglio proporre un
Holmagag” aveva dichiarato
Vali.
“Un dio, contro due mortali” aveva aggiunto Astrid.
“Un dio, contro due einherjar di stirpe divina. Non mentitevi
li riconosco i
miei simili” aveva soffiato Váli con calma.
“Non hai appena detto di non volerci uccidere?”
aveva domandato Jason.
“Ovviamente. Vi sfido ad un Holmagang;
ovviamente a primo sangue. Non
avrebbe senso comunque. Vincerei io!” aveva stabilito il dio
con un sorriso
calmo.
Astrid aveva voltato lo sguardo verso Jason, aveva sillabato qualcosa
con le
labbra, somigliava moltissimo ad un ‘Io ti
odio’; poi aveva aggiunto:
“La sua non è spocchia, il glorioso
Váli sopravviverà al Ragnarok” aveva
spiegato Astrid, con un tono didascalico, ma colmo di rabbia
– indirizzata
tutta a lui.
“Se non la nostra morta cosa vuoi?” aveva chiesto
allora Jason, guardandolo.
Non sapeva esattamente cosa fosse un holmagang, ma immaginava dovesse
somigliare ad un duello – almeno. “Be, dovreste
ripagare il guidrigildo
qualcosa dello stesso valore della vita di quel mezzo-jothun
… direi quindi la
vostra esistenza. Se dovessi vincere io, sareste miei schiavi fino al
Ragnarok;
poi potremmo ridiscuterne. Se quella testa vuota di Thor può
avere servitori me
li merito anche io” aveva decretato Vali.
Jason si era voltato verso Astrid, “Siete dunque due nithigir”
aveva
dichiarato il dio, “Non osare chiamarci in quella maniera.
Siamo onorevoli
Caduti, morti con una spada alla mano e degni del Valhalla”
aveva replicato
Astrid.
“Quindi accettate?” aveva chiesto Vali,
“Un secondo” aveva stabilito Astrid,
prendendo Jason per mano e portandolo da parte, ma sempre sotto
l’occhio vigile
del dio.
“Ho
fatto un
macello, vero?” aveva chiesto Jason.
“Oh, be, vediamo un po’: hai salvato un lupo
Jothun, che tra tutte le dannate
creature a questo mondo sono quelle che mi piacciono di meno. Ringrazia
che non
fosse Managarm o ti avrei fatto ingoiare il mio corno. Ah, giusto
… hai fatto
incazzare il dio della vendetta, non il dio dei fiori di campo e delle
buone
intenzioni, ma il dio della vendetta. Lui è letteralmente
nato con l’unico
scopo di Vendicare. Che ci ha sfidato a risolverla alla vecchia maniera
e se
perdiamo saremo suoi schiavi. Io, Jason Grace, sono una donna libera! E
se per
caso dovessimo vincere e non succederà, avremmo il dio
più rancoroso
dell’eternità addosso fino alla fine dei tempi
– Váli sopravviverà al
Ragnarok”
aveva ringhiato Astrid.
Jason le aveva messo le mani sulle spalle, “Mi dispiace di
averti messo in
questo macello. Se ne dovessimo uscire vivi … circa vivi,
troverò il modo di
sdebitarmi, ma ora devi spiegarmi cosa è esattamente un
Holmagang e come
funziona” aveva chiesto chiaro, soffocando tutte le
preoccupazioni che gli
stavano salendo.
Non aveva mentito, prima, ad Astrid, gli era andata male solo una volta.
Aveva affrontato giganti, mostri … e dei.
Ad ucciderlo era stato un uomo, indipendentemente da come Caligola
volesse
considerarsi, solo un uomo.
Non aveva paura di un dio, neanche del dio della vendetta.
“Perché sei così tranquillo?”
aveva chiesto Astrid.
“Perché come ti ho detto: le volte che mi
è andata bene sono maggiori di quelle
dove è andato” aveva dichiarato Jason.
“Ma basta una” aveva risposto Astrid rigida.
“Ma siamo ancora qui” aveva replicato lui.
La guerriera si era morsa le labbra, timorosa, spaventata, poi aveva
annuito:
“Tralasciando tutta la storia. È un modo di
risolvere un conflitto, ci si sfida
in un quadrato delimato da quattro legni e su una pelle, di solito, ma
insomma
… credo che anche la mia pelliccia andasse bene”
aveva cominciato a spiegare
lei, facendo scivolare la mano sulla pelliccia che indossava, per
spiegare
perché Vali l’avesse afferrata.
“Si piò sfidare chiunque, indipendentemente dallo
status, sai per onore,
debiti, disaccordi … una volta nel Valhalla due persone si
sono sfidate per
stabilire chi avesse trovato la mela più rossa. Chi non
accetta la sfida o la
disattende diventa un nithingr, uno svergognato,
nomea che può portare
alla sanzione di fuori legge” Astrid aveva chiuso le labbra,
trattenendo il
fiato, ricordando probabilmente qualcosa di lontano. “Per i
norreni la condanna
di fuori legge è … difficile, vuol dire esilio e
nessuna considerazione. Morte,
per lo più. Fame, stenti, mostri” aveva sussurrato
lei.
Jason aveva ricordato quello che Astrid aveva detto a lui, quando erano
all’interno dello Spazio Chase, aveva un amico che avrebbe
giovato di avere un
tetto sotto la testa … forse?
“Comunque” aveva recuperato lucidità
Astrid, “Gli Holmagang andrebbero, per
tradizione, combattuti su isola, all’incrocio di tre vie
… ehm … ma sono
elastici. In realtà si può trovare un campione,
tipo a noi per battere Váli
servirebbe non so … Thor? Di solito la sfida avviene dai tre
ai sette giorni
dopo che è stata lanciata. Tecnicamente ci si accorderebbe
sulle regole adesso,
sai, numero e tipologia di armi, o se andare senza.
Ma non tutti gli Holmagang si risolvono in
combattimenti, una volta … ehm … lo hanno fatto
anche a scacchi, non molto
vichingo, ma possibile” aveva aggiunto lei.
“Be, io sono un bravissimo spadaccino ed un ottimo
giavellottista” aveva
provato Jason, Astrid lo aveva guardato, “Sei bravo pure a
progettare cose, no?”
aveva provato Astrid, “Cioè non so quanto
Váli sia bravo con la matita.
Sicuramente è uno spadaccino ottimo, un arciere fenomenale e
brutale guerriero
a pugni crudi” aveva aggiunto la guerriera.
“Possiamo accettare la sfida ora per sette giorni da ora ma
tipo prendere tempo
alla sfida?” aveva proposto Jason, “No. Ora o
niente” aveva stabilito Astrid.
“Prima di tutto se lui è un Dio della Vendetta,
chiediamo come pagamento del guidrigildo
di non portare rancore” le aveva suggerito Jason.
Lei aveva annuito, “Sono concessi di norma tre scudi e si
deve decidere chi
avrà il primo colpo” aveva aggiunto Astrid.
“Lasciamo a lui il primo colpo e scegliamo noi il
luogo?” aveva chiesto Jason.
“E chi di noi due combatterà o se fare un due
contro uno” aveva sottolineato
Astrid.
Jason aveva sorriso: “Conosco il luogo giusto”
aveva dichiarato Jason, lei non
sembrava ricambiare la sicurezza che lui stava ostentando.
“Se
dovessimo vincere noi, non ci porterebbe rancore divino o valente
Váli” aveva esordito
Astrid quando aveva raggiunto il dio, quello aveva sorriso,
“Improbabile, ma va
bene” aveva stabilito quest’ultimo, “Hai
una mente veloce” aveva considerato.
Astrid era arrossita, guardando di sfuggita Jason.
“Prima dello scontro tutti quanti giureremo sul nostro
impegno” aveva
sottolineato la guerriera, approvato dal dio.
“Combatteremo entrambi” aveva provato Jason,
“In cambio di questo ti daremo il
primo colpo, visto che sei lo sfidante” aveva dichiarato lui.
Vali aveva sollevato le spalle con disinteresse, “Che mi
importa. Armi?” aveva
provato.
“Lancia e Ascia” aveva risposto Astrid.
“Accetto … e propongo anche la spada,
niente fa sanguinare meglio di una bella spada” aveva
aggiunto Váli
compiaciuto.
Avevano accettato entrambi.
“Voglio che la pelle sia di lupo, uno bello che
avrò sacrificato per
l’occasione” aveva gongolato Váli.
Jason aveva sentito di odiarlo con ardimento, così aveva
preso la parola: “Sette
giorni?”
Il dio aveva annuito, “Sì, purché sia
sette giorni precisi, all’imbrunire. I
legni dovranno essere di quercia, sacra benedetta, insomma dei pezzi
dell’Yggdrasil
e toccherà a voi prenderli. Dal tronco … speriamo
non scivoliate
accidentalmente nel vuoto” aveva aggiunto Vali soddisfatto.
Astrid aveva
annuito, rigida; Jason aveva parlato di nuovo: “Allora
sceglierò io il campo.
Deve essere un’isola? Che sia Manhattan” aveva
dichiarato.
Váli lo aveva fulminato con lo sguardo, anche Astrid lo
aveva guardato, con
confusione, “Non possiamo combattere a Manhattan”
aveva risposto il dio.
“Perché? È un’isola e al suo
interno c’è un parco molto grande dove
è possibile
combattere e dove certamente è possibile trovare tre vie che
si incontrano”
aveva replicato Jason facendo il finto tonto.
“Scegli un altro luogo” aveva ringhiato il dio,
Astrid aveva schioccato le
labbra, “Forse …abbiamo trovato noi un
nithingr” aveva ammesso lei, dando man
forte a Jason. “Lo so che stai cercando di manipolarmi lingua
argentina” aveva
ringhiato Váli, lei era rimasta ieratica nella sua
espressione: “Non sono io
che mi sto comportando come un … pollo. Mio Signore Vali
L’Ardito” aveva
aggiunto lei.
Váli aveva sorriso, forzatamente, “O come
godrò della vostra compagnia quando
mi apparterrete. Ho infinti calzini da farti rammendare”
aveva asserito.
“Sette giorni da ora, all’imbrunire a Central Park,
dove si incontrano tre vie”
aveva ricordato il dio, allungando ambedue le mani verso di loro,
“Giuratelo
sul vostro onore” aveva stabilito Váli.
Jason stava per allungare una mano, “Uhm … se
disattendi il giuramento finisci
ad Heleheim … se sei un Einherjar è proprio in
direttissima” lo aveva
avvertito.
Jason aveva preso la mano destra del dio, con la sua, “Lo
giuro sull’onore”
aveva sancito.
Chiedendosi se funzionasse per lui … come per gli altri.
Thrud lo aveva fatto giurare sullo Stige, forse … era stato
per renderlo
famigliare.
Astrid lo aveva imitato con la mano sinistra.
Váli se n’era andato in un abbaglio
d’oro, pieno di sadico divertimento.
“Mi dispiace per tutto questo” aveva dichiarato
Jason, “Se ti dispiace ora …
pensa dopo” aveva risposto sterile lei.
Non avevano più parlato, per tutto il resto del tragitto
fino all’Hotel. E dopo.
Astrid aveva
parlato di nuovo solo a cena, quando lo aveva raccontato a Madina e
Mel. “Come
vi è venuto in mente? Siete completamente pazzi?”
aveva esclamato sconvolto
Mel. Jason doveva dichiarare che quella non era la reazione che si
sarebbe
aspetta dal suo compagno di piano.
Di rimando Madina sembrava quasi su di giri, “Oh,
perché a me queste cose non
capitano mai?” aveva chiesto.
“Di essere sfidata per aver salvato uno jotun?”
aveva chiesto retorica Astrid,
mentre inforcava con una certa rabbia una patata, quasi fosse la faccia
di
Jason.
“A proposito, quale era l’Utile e Dilettevole con
la storia del votivo?” aveva
domandato Jason, “Tu scherzi?” aveva replicato lei,
con rabbia.
“Ragazzi … no, adesso parliamo con Odino,
troverà una scappatoia” aveva
stabilito Mel, invece; nel loro breve scambio Mel aveva tirato un
pizzicotto
alla sua fidanzata. “Se volete posso fare da
campione” aveva dichiarato Madina,
sotto lo sguardo contrariato del suo fidanzato. “Compagni; io
adoro combattere
e guardare scontri eclatanti, come deve essere voi due contro
Váli Odinsson in
un terzetto” aveva ricominciato a parlare Mel, serio,
“Ma voi non potete diventare
schiavi” aveva stabilito.
Jason aveva conosciuto Mel da pochissimo tempo, pochissimo, poco
più di
ventisei ora, però gli era sembrato un ragazzo sempre sul
… pezzo, un po’ come
Leo, con la battuta pronta a fiorire sulle labbra, nonostante la
situazione
orribile in cui fossero finiti.
Mel si era letteralmente tirato una forchetta in gola per evitare una
presentazione Power Point, il Re del Melodramma, eppure in quel
momento, sul
suo viso, c’era solo serietà.
Madina aveva allungato una mano per prendere quella del suo fidanzato
in una
maniera amorevole e confortante, si era avvicinato a lui ed aveva
sussurrato
qualcosa al suo orecchio, dolcemente.
Mel era uno schiavo, aveva ricordato Jason, spostando il braccio con il
tatuaggio per poterlo nascondere sotto il tavolo, con un certo disagio.
Erano stati interrotti dall’arrivo di Thrud, che aveva
versato loro del vino,
“Oh, questo è nuovo” aveva scherzato
Mel, riacquisendo il suo buon umore,
almeno fittizio, dopo una bella sorsata, soddisfatto.
Jason non si era potuto assaporare, visto che la sua valchiria non
aveva avuto
la creanza di servire a lui.
Forse era ancora troppo giovane, per i loro canoni. “Oh,
è un rosso greco, Nostos
Bled da Creta, invecchiato un paio d’anni nel fondo
marino[3],
me lo
ho portato un’amica” aveva risposto Thrud con
allegrezza.
Poi aveva guardato meglio gli altri, “Cosa sono queste facce
lunghe? Siete più
tristi di mio padre quella volta che ha perso il finale di stagione di
Battle
Star Galattica” aveva dichiarato lei.
“Oh, niente, durante il Tennis-mortale, sono morto. E sono
morto anche durante
la battaglia ad Idavoll, ci hanno messo quasi cinque colpi a
decapitarmi” aveva
ribadito subito Mel.
“Io sono arrabbiata con Jason” aveva risposto
Astrid, prima di ingurgitare una
patata. “Ma come, con quel faccino da bravo
ragazzo?” aveva indagato Thrud,
strizzando una guancia di Jason.
Quando nessuno era rimasto al suo scherzo la valchiria aveva continuato
il suo
giro da cameriera divina, non senza lanciare uno sguardo preoccupato a
Jason,
forse in relazione a quanto detto da Astrid o al pensiero di come fosse
finita
tra lui e Kym.
Oh cielo, Giove Divino, come si sarebbero infuriate
sia lei sia Thrud.
“Comunque sei stato fortunato Jason, se avessi trascinato
Madina in uno scherzo
del genere ti avrebbe già ucciso un paio di volte”
aveva considerato Mel.
“Non stuzzicarmi” aveva scherzato rudemente Astrid,
“Oh, sì, ti avrei ucciso
fuori dal Valhalla” aveva stabilito Madina, era sorta,
leggera, e rassicurante
una risata.
Per un secondo la situazione si era allentata.
“Stavo pensando una cosa sai … Vali ha detto
… uhm … mezzo-jotun?” aveva
considerato Jason. “Molto comune in realtà.
Tecnicamente Thrud è jotun per tre
quarti, Fred tecnicamente lo è.
Wotan è
mezzo-jotun” aveva dichiarato Mel.
“Sì, però ha ragione il nostro nuovo
amico, non ho mai sentito la denominazione
per un lupo quale mezzo-jotun. O sono Jotun o sono ecco …
grossi lupi normali,
no?” aveva valutato Madina.
“Non aveva il pelo di Skoll e Hati,
i lupi che inseguono Sol e
Mani; così come non aveva il pelo irsuto di Managarm
… o gli occhi blu
della stirpe di Frenrir” aveva considerato Astrid, doveva
essere la lista di
tutti i cattivi lupi Jotun che aveva incontrato o conosceva.
Poi era sceso il silenzio,
“Be, comunque è stata una cosa stupida e comunque
vada a finire, non è valsa la
pena” aveva stabilito Astrid, “Da domani
dimenticati Idavoll e le scorribande,
da domani io te ci alleneremo nella stanza dei duelli mortali, fino
all’Holmagang” aveva stabilito Astrid, poi aveva
pugnalato con molta decisione
la sua bistecca al sangue, Jason era stato certo fosse la sua faccia la
prossima cosa che sarebbe stata a contatto con quel coltello.
Quando era
rientrato
nella sua stanza, aveva trovato ancora i disegni che aveva lasciato
dalla
mattina sul pavimento, gli aveva raccolti e messi nella panca, aveva
sistemato
i libri sopra di esso, intenzionato a leggere qualcosa, Vali stesso
aveva detto
di essere presente in una delle due Edda.
Prima si era fatto la doccia.
Kymopoleia aveva dichiarato la sua intenzione di ucciderlo se avesse
fallito.
Jarnasaxa incubo di Thor … sì, Jason non credeva
che la scortesia della figlia
di Poseidone ed il coinvolgimento i quella di Thrud sarebbero passate
inosservate alla Jotun.
Avrebbe dovuto affrontare un dio per evitare di essere schiavo.
E Astrid avrebbe dovuto pagare con lui, per via della sua
sconsideratezza.
Aveva tirato una testata contro le mattonelle del bagno, con un solo,
stupido
pensiero, perché non era potuto rimanere nel Campi Elisi?
Lui si trovava bene … si trovava in pace.
Con ancora i
capelli bagnati, si era infilato nel pigiama e poi sotto le coperte,
con la
fantasia dei lupi, con l’Edda poetica sotto
l’ascella.
Aveva inforcato gli occhiali – che strano, no? Ogni ferita,
ogni difetto
aggiustato, tranne che quella piccola imperfezione che era la sua vista.
Aveva aperto le prime pagine ed aveva cominciato a leggere, con gli
occhi: La
Voluspa, la profezia della veggente.
Ascolto io
chiedo a tutte
le sacre stirpi, maggiori e minori, figli di Heimdallr!
Tu vuoi che io, o Valföthr,
come si deve racconti
l’antica
storia delle creature
quelle che io remota
ricordo[4].
Jason si era addormentato, esausto con in mente l’immagine
dei figli di Bor –
uno Jotun, per l’appunto – che creavano Midgard.
Secondo le note, uno di questi era Odino, che era anche il soggetto a
cui si
appellava la veggente, mentre Midgard era la terra, il mondo in mezzo,
come
aveva ascoltato nel power point della cena prima. Aveva immaginato
Odino
giovane e possente, senza la tuta e quel sorriso storto un
po’ ambiguo, ma
valente e potente, con gli stessi capelli biondi di Vali.
Erano stati sogni agitati, animati di corpi, sangue ed un albero
immenso che
dalla terra si stagliava verso il cielo, così in alto da non
potersi vedere. E
le radici che si allungavano in ogni dove, come una rete, una trappola.
Era stato su quei rami per un secondo … e poi aveva aperto
di nuovo gli occhi.
… Ma non si era svegliato.
Jason si era
abituato, dopo tutto quel tempo, a capire quando ciò che
viveva era un sogno, o
un ricordo, o la
vita di qualcun altro o
qualche momento che gli dei, per qualche ragione, gli suggerivano di
conoscere.
Dopo anni, ci si faceva l’abitudine.
Istintivamente, la prima cosa che aveva fatto, era stata cercare Nico,
negli
ultimi tempi era stato il protagonista di quasi tutti i suoi viaggi
onirici, ma
era stato deluso.
Era in un luogo che non conosceva, una ampia stanza si apriva davanti a
lui,
lunga, spaziosa, con finestre colorate ed una luce forte, sebbene
diversa,
troppo luminosa per essere naturale.
Al suo fianco piante di ogni tipo decoravano l’ambiente. La
stanza era
affiancata, ai lati, da due soppalchi che seguivano la lunga stanza.
Con un
tetto a capanna.
Era una casa lunga[5]!
Jason aveva riconosciuto le fattezze di una casa a modo suo, con un
tavolo in
legno, un divanetto, c’era perfino una televisione ma
ciò che aveva attirato la
sua attenzione era stato il trono. Davanti ad un muro, sollevato su un
palchetto c’era un trono, il più bello e degno che
Jason avesse visto, anche quello
di suo padre o di Odino, composto tra corni di cervo intrecciati.
Magnifico e selvaggio, si era avvicinato, attirato.
L’aveva quasi toccato, quando una voce lo aveva ridestato da
quell’incanto.
“O divini dei, che dramma, mia signora, che dramma”
aveva sentito qualcuno
languire, si era voltato di scatto Jason.
A piangere era un elfo, con i capelli biondi come la birra chiara.
Indossava
una salopette verde sozza di sangue e guanti bianchi e rossi sbucciati.
“Stellan!” lo aveva rimproverato una foce
femminile, ma anche quella era colma
di terrore, “Non possiamo andare nel panico
entrambi” aveva guaito la donna.
Jason l’aveva riconosciuta, era la Jotun Gerd. Indossava
ancora il vestitino a
fiori, solo che gli occhi erano lucidi ed i capelli invece che riccioli
perfetti erano un nido di rondine. “Va tutto bene”
aveva cercato di rincuorarlo
lei, materna, prendendo le guance dell’elfo.
“Oh, ma non capisce mia signora, sono sempre stato quello
strano, un poco di
buono, ma poi ho cominciato a lavorare per lei signora, un lavoro umile
ma che
incarico … e invece” aveva pianto l’elfo.
Gerd lo aveva abbracciato.
“Stellan, non puoi piangere così, o lo
farò anche io” aveva dichiarato quella,
poi allontanandosi. “Non facciamoci prendere dal panico, mio
marito non tornerà
dalla caccia tra più di una settimana, con Thor
lì presente il ritardo è
assicurato” aveva stabilito lei, cercando di recuperare
lucidità.
“Quel fastidioso di Skírnir sarà con
lui, tutto il tempo, gli altri due
possiamo gestirli no” aveva proposto lei. “Mia
signora … si accorgeranno
dell’assenza, lui … lui si sente” aveva
dichiarato Stellan.
“Stellan! Cosa ho detto? Non possiamo essere nel panico
entrambi” aveva
stabilito lei, con il labbro tremolante e gli occhi lucidi di chi era
pronta ad
una crisi di nervi.
Gerd aveva cominciato a fare respiri brevi, come una donna partoriente,
“Adesso,
potrei autoinvitarmi a colazione da Frigga per parlare un po’
e potrei
provare a sedermi
sul trono di Odino,
magari …” aveva provato lei, incerta.
“Mia signora se è stato usato il Seidr”
aveva proposto Stellan, il
giardiniere.
Gerd era caduta sulla pedana, portandosi le ginocchia al petto,
“Devo-pensare-devo-pensare” aveva singhiozzato.
Stellan era rimasto impalato come uno stoccafisso.
Jason era semplicemente confuso da quello che stava vedendo.
Lei aveva steso le gambe e si era tirata su, “Okay”
aveva sentenziato, incerta,
“Ho un piano o una cosa che ci somiglia” aveva
camminato spedita verso un
alberello piccolo, che occupava la porzione di un angolo. Aveva foglie
verdi ed
allungate, aveva afferrato con forza un rametto e l’aveva
staccato.
“No, signora, no, ci metto tanto amore a crescere
Aidan!” aveva languito
Stellan.
“Gli hai dato un nome?” aveva chiesto Gerd
sconvolta, “Ad ogni pianta e
giardino della dimora” aveva detto con orgoglio Stellan.
La jotun aveva scosso il capo, “Lascia perdere, allora,
ascoltami attentamente,
stiamo per fare qualcos-” ma il discorso della donna era
stato interrotto.
Il cigolio di una porta, gli aveva distratti, una giovane era apparsa,
“Mia
signora, sono tornata!” aveva dichiarato con allegrezza,
“Oh, Beyla, sei qui!
Ora! Proprio ora! Pensavo che tu … be, sì, non
serve che riprendi il servizio
proprio ora, puoi prenderti anche la serata. Byggiy non è
ancora tornato dalla
sua giornata alla SPA e Skínir sarà fuori con mio
marito per almeno una
settimana” aveva dichiarato Gerd, nervosa.
“Come sempre, la signora è sempre piena di grazia
e gentilezza” aveva
dichiarato Beyla sospirante, “Ma sarei una serva sciatta se
vi lasciassi da
sola senza tutte le dovute riverenze, specie quando Lady Sif
è qui” aveva
dichiarato subito quella.
“Sif è qui?” aveva chiesto Gerd confusa,
poi dopo un respiro profondo, aveva
chiuso gli occhi sconsolata, e sconsolata aveva detto:
“Ovviamente. Ho incontrato
Jarnsaxa e ora Sif è qui.”
Stellan era dritto come una pala, ma tremolante come un aspic.
Beyla aveva guardato la sua signora con aspettativa. Jason non riusciva
a
capire di che stirpe fosse, aveva orecchie tonde come quelle degli
uomini, mancava
della radiosità degli dèi, ma aveva una bellezza
a modo suo luminosa, come
quella degli elfi – in rapporto ai pochi elfi che Jason aveva
visto.
Se la sua pelle fosse stata verde, avrebbe pensato fosse una ninfa.
“Allora
… sì … uhm … Magari
potresti
sistemare il gazebo, fuori, farla accomodare lì, io arrivo
subito!” aveva
cominciato incerta Gerd, Byla aveva annuito pacata ed aveva annuito
rispettosa,
prima di potersi però congedare, la sua signora aveva
parlato di nuovo: “Mi raccomando,
Beyla, lontano dal recinto!” la voce di
Gerda era stata pregna di
isteria.
“Oh, signora, o signora” aveva dichiarato Stellan
disperato, appena Beyla era
scomparsa dietro la porta.
“Ora che ci penso, l’invito di quella serpe di
Jarnsaxa mi sembra troppo coincidenziale,
visto quanto successo” aveva valutato la gigantessa, poi si
era voltata verso
Stellan.
“Mio buon servitore, ascoltami, con Sif qui, non posso
allontanarmi, Beyla e Byggivi
saranno costretti a servirci e riverirci, quindi non avranno tempo per
pensare
a lui, ma questo ci da un’unica
soluzione: dovrai andare tu”
aveva stabilito Gerd, prendo una mano di Stellan.
L’attimo dopo, l’elfo aveva tra le sue mani il ramo
di sorbo, “Dove, mia
signora?” aveva chiesto titubante.
Probabilmente terrorizzato di doversi sedere sul torno di Odino
– se il signore
degli Asi ne era geloso come Giove, Jason poteva provare empatia.
“Nel Valhalla” aveva dichiarato Gerd. Stellan aveva
cominciato a piangere, “No,
no, non piangere. Non ti preoccupare, starai lontano dalla Sala dei
Caduti e
quel trono maledetto[6],
devi dare negli alloggi, al piano venti, risiede uno skraeling,
il sorbo
lo riconoscerà” aveva dichiarato con gentilezza
lei.
Stellan aveva annuito, ancora con le lacrime sulle guance.
Jason aveva sentito il fiato spezzarsi in gola.
Gerd la jotun lo sapeva?
Era stata Jarnsaxa?
“Ma come mia signora?” aveva chiesto
l’elfo, “Nello stanzino c’è il
kit da
arrampicata di mio marito, e delle cuffie per evitare lo scoiattolo e
sei … un
servo di Frey, l’albero non ti sarà
ostile” aveva cercato di rassicurarlo, ma
non lo sembrava neanche lei.
“Per lei mia signora questo ed altro” aveva ammesso
Stellan, pieno di tremori.
La jotun aveva messo le mani sulle sue spalle, e con sicurezza, per
quanto
potesse smembrarla una ragazzina, tremolante con gli occhi lucidi di
pianto e
la nevrosi ad un passo; Gerd aveva detto, allora, solenne:
“Per tutte le
alleanze politiche e perché i sacrifici fatti non diventino
vani, Stellan, dobbiamo
ritrovare quel cinghiale!”
[1]
Questa
affermazione è un diretto riferimento ad
un’affermazione fatta da Guinilla
(<3) in primo di Magnus Chase – che non era stata
molto “esplicita” sulla
questione, ma sappiamo coinvolgesse un figlio di Loki, in combutta con
il
padre.
[2]
Vali e
Thor (che è il padre di Thrud) sono mezzi-fratelli, essendo
ambedue figli di
Odino ma di due madri diverse (Momento Shock: Nessuna delle due
è Frigga. Ebbene
sì, la Marvel ha mentito).
[3]
HO
SCOPERTO QUESTA PRATICA DI RECENTE, dovevo infilarla da qualche parte.
Ovviamente è Kym l’amica.
[4]
Per la
traduzione de “La profezia della Veggente” ho fatto
un po’ una crasi tra tutte
le traduzioni che sono riuscita a trovare in giro. Comunque ringraziamo
gli
autori di Bifrost per aver fornito tutti gli incipit.
[5]
Una
Longhouse, una tipologia abitativa medievale, e se qualcuno mi sentisse
descriverla così … uhm …
cioè non solo come la chiama Jason ma proprio per la
descrizione misera ... mi ritirerebbero il titolo.
[6]
Il trono
di Odino, non è maledetto, ovviamente, ma Gerd ha le sue
ragioni per
considerarlo tale (AKA: Freyr la ha vista la prima volta mentre sedeva
su quel
trono – ah, sì, giusto, dal Trono di Odino si
vedono tutti e nove i regni).