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Autore: RLandH    03/11/2021    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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EHILA’!
Indovinate chi ha finito di catalogare le monete? Sì, io.
ALLORA, parliamo un po’ di questo capitolo: mi sono accorta di averlo scritto “troppo presto” ma avevo già cominciato, così sono andata avanti. Ho finito per accorpare a questo capitolo il prossimo, in un pessimo Frankestain. Vi prego, comprendetemi, con questo capitolo siamo, circa al “capitolo 2” che avevo originariamente pensato quando avevo ipotizzato di stare sui 4/5 ahaha.
Un paio di note, fuori dal testo, gli dèi norreni non hanno sempre un ruolo preciso (es: Thor è il signore dei tuoni e quindi viene considerato il responsabile del mal tempo etc … però Frey è il dio della pioggia, ad esempio) perciò ho dato io a Vali il suo “ruolo” visto che nell’Edda non è specificato.
Secondo punto, non sapevo se mettere o meno tutte le note per ogni dio, nel senso, Jason non conosce tutto, quindi mi sembrava corretto non-inserirlo. Comunque, tre su quattro, dei “servi” sono mitologici, uno è mio. Non dico altro.
Anche oggi non ho un disegno, cioè si lo ho, ma non mi piace … quindi non so se postarlo.
Detto questo: vorrei ringraziare chi legge, preferisce, ricorda e segue, ma soprattutto chi recensisce. Grazie Farkas! (E grazie ad Edoardo811 per la lettura, ps - Astrid se ne è pentita 2 minuti dopo.)

Baci,
RLandH

 

 

 

Quando distribuivano “Buon senso” e “Profilo Basso”, Jason Grace doveva essere svenuto da qualche parte 

 

Váli l’Ardito aveva occhi oro come lo champagne, molto belli, anche se sgranati in un’espressione di puro stupore.
“Come?” aveva domandato cupo lo sconosciuto.
“Sì, ecco, io non credo di conoscerti” aveva risposto Jason con tranquillità, chiedendosi se il suo piano avrebbe avuto o no, qualche vago affetto. Astrid al suo fianco aveva trattenuto il respiro.
“Ah” si era lasciato sfuggire Váli, “Questo è molto imbarazzante” aveva dichiarato l’altro, l’espressione di pura boria che aveva animato il suo viso fino a quel momento era venuto a sopprimersi, “Davvero? Neanche una menzioncina piccola-piccola?” aveva chiesto Váli, speranzoso.
 “Tabula rasa” aveva risposto Jason, mentre inclinava il capo, nel tentativo di spiare oltre le spalle di tale Vali, per osservare il lupo.
Quello ferito, se possibile, si era ancora più arricciato su se stesso, assumendo l’aspetto di una macchia di pelo ispido ed arruffato.
Vali sembrava leggermente abbattuto, “Io … è così ingiusta la vita di noi Dei, un tempo i mortali tremavano alla sola menzione del nostro nome ed ora eccomi qui, che vedo due liceali … aspetta! Quella è l’Edda” aveva dichiarato Váli, recuperando barlume di gioia.
Jason aveva abbassato lo sguardo sui due tomi, “Così pare” aveva dichiarato strozzato Jason.
Váli aveva sorriso soddisfatto, come un gatto pasciuto, “Io ci sono! Appaio proprio ne La Voluspa! Il primo canto dell’Edda Poetica” aveva spiegato subito, con contentezza.
“Oh buono. Lo ho appena preso, qualche spoiler?” aveva recuperato compostezza Jason. Vali aveva sorriso soddisfatto, al giovane einherjar aveva ricordato un po’ suo fratello Apollo, prima della fase lesteriana. “Ovviamente” aveva risposto subito Váli con molta soddisfazione, “Ne la Voluspa sono anche descritto quasi al meglio di me: letale e veloce” aveva gongolato il dio.
Il lupo ferito, non si era ancora spostato, “Ovviamente, posso raccontarvi tutto io. Non ho la lingua sciolta di Bragi, ma quando sei l’ardito cosa serve?” aveva dichiarato Váli con soddisfazione. Aveva abbassato l’arco e la freccia, non sembrava più intenzionato a terminare l’immonda bestia. “Vi racconterò tutto su di me, così poi potrete adorarmi” aveva stabilito il dio.
“Non vedo l’ora” si era lasciata sfuggire Astrid, carica di sarcasmo, ma la cui affermazione non aveva sfiorato minimamente il dio, ancora appagato all’idea di soddisfare il suo ego.
“Possiamo anche adesso, davanti un bel boccale di idromele e cinghiale arrosto” aveva proposto Jason con scioltezza.
Váli aveva annuito, facendo muovere i capelli biondi sbarazzini, Jason aveva sorriso, poi il dio aveva parlato di nuovo: “Prima però devo uccidere questa immonda bestia” aveva dichiarato.

Ovviamente.

Vali aveva dato loro le spalle ed il lupo che fino a quel momento si era calmato, aveva ripreso una posa più spaventata possibile, presto si sarebbe ridotto ai minimi termini, nascondendo anche la testa sotto le zampe.
Jason aveva voltato lo sguardo verso Astrid.
Lei aveva scosso il capo.
Lui aveva infilato una mano in tasca per prendere la sua moneta.
Astrid aveva sospirato stanca, “Ehm … Ora che ci penso, tu non sarai mica quel Váli?” aveva chiesto lei, con tono alto.
Il dio non aveva potuto resistere.
“Ti sono tornato in mente?” aveva chiesto pieno di speranza Vali, voltandosi nuovamente verso di loro, dimenticandosi completamente del lupo.
Jason aveva chinato lo sguardo verso Astrid, la ragazza sembrava aver palesato sul viso la consapevolezza di aver appena commesso un’imprudenza. “Io …” aveva provato Astrid schiudendo le labbra, “Certo che ci è tornato in mente” aveva dichiarato Jason, “Infondo lo hai detto tu stesso, no, sei Váli L’Ardito … il Dio più glorioso … ehm … di Asgard?” aveva aggiunto, pieno di insicurezza, Jason.
Vali aveva aggrottato gli occhi, “Ovviamente!” aveva ammesso quello, pieno di orgoglio, “Tyr sarà terribilmente geloso che due giovanotti come voi mi abbiano chiamato il più glorioso” aveva stabilito. Vali con allegrezza.
“Sono stato definito il Vendicatore, lo Spettinato … Freya mi ha chiamato anche il puzzolente, una volta, ma è una vecchia baldracca; quindi, non conta” Aveva ripreso a parlare Váli con un tono rilassato.
A parere di Jason, Vali aveva un ottimo odore, una di quelle acque di colonie che ispiravano, con l’olfatto, la sensazioni di posti freschi – come l’alito dome una gomma da masticare – ed aveva capelli biondo cenere lucenti e puliti di fresco. Quindi sì, nessuno dei soprannomi sembrava adattarsi a Váli.
Eccetto, il vendicatore, ad occhio, Jason immaginava che arco e frecce non fossero per sola gloria. “Ma ovviamente Glorioso mi si addice, anche più di Ardito. Sì, da ora, mi presenterò così: Váli il Glorioso” aveva stabilito quello.
Il lupo aveva smesso di cercare di ridurre la materia di cui era composto, preferendo di finalmente cominciare con il darsi alla fuga. Era più grosso di un lupo normale, anche più di lupa. Aveva un manto grigio platino, che sarebbe sicuramente apparso maestoso e bellissimo, se non fosse stata la pelliccia chiara coperta di sangue – Jason non poteva esserne sicuro perché il colore era più luminoso e vibrante del rosso naturale – così come la peluria era un groviglio di nodi e sporcizia, di chi non doveva aver passato momenti felici.
Nonostante la bestia fosse, appunto, più grande di un semplice lupo grigio, aveva un ventre scarno e zampe sottili, legate ad un evidente inedia. L’arto anteriore destro era sollevato, putrida carne macellata, attraversata da due frecce scrosciante di rosso vivido.
Le tre zampe sane, secche come fuscelli, non avrebbero mai potuto sopperire alla mancanza della loro sorella e per il lupo una fuga non era possibile.
Jason lo aveva osservato con attenzione, si era accorto anche di Astrid che aveva emesso un singulto strozzato alla vista del lupo.
Con il suo gesto aveva attirato l’attenzione di Váli, “Certo, Glorioso ha decisamente un tono più epico di Spettinato” aveva ammesso Jason attirando nuovamente l’attenzione su di lui. Il dio si era spostato un ciuffo di capelli da davanti al viso in un gesto perfettamente calcolato come naturale, ma che grondava di bisogno d’attenzione.
Sì, aveva pensato Jason ingenuamente, avrebbe dovuto presentarlo a suo fratello Apollo.
“Ovviamente, anche perché ora non lo sono mica più, una volta adempiuto il mio proposito. Ci tengo tantissimo ai miei capelli, sono sempre lisci, perfetti e senza nodi. Uso solo balsami di qualità” aveva precisato il dio.
“Oh, come ci piacerebbe conoscerli” aveva bisbigliato Astrid.
Il lupo nel frattempo, titubante, aveva cominciato a fare qualche passo, tenue ed incerto, con lo stesso andamento di un camaleonte, cercando di non fare rumore.
“Questo che sto usando ora è balsamo al bianco spino, lo ha prodotto Lady Sif, riesce a malleare anche i suoi capelli e sono d’oro … oh quanto mi piacerebbero” aveva spiegato subito Váli, prima di svestire i panni del terribile dio Ardito e Vendicatore per indossare quelli di un aitante idolo anni ottanta che presentava con allegrezza una pubblicità di prodotti da bagno.
Jason si stava sforzando di guardare Váli e non deviare lo sguardo verso il lupo, che ancora arrancante come un camaleonte aveva fatto che pochi metri.
Aveva occhi gialli come miele denso che di tanto in tanto voltava verso di loro.
Erano occhi stranamente umani. Colmi di riconoscenza e terrore.
“Quindi al bianco spino e agrifoglio … niente vischio, immagino” aveva commentato Astrid, in una maniera incredibilmente naturale.
“Ovviamente” aveva risposto stizzito Váli, “In onore del più meritevole dei miei fratelli … Il vischio è bandito dalla mia dimora” aveva stabilito quest’ultimo.
“Oh, non vi era alcun dubbio che tale pensiero vi avesse attraversato” aveva cinguettato Astrid, la sua espressione sempre ieratica, si era modificata in una versione più stucchevole e dolce. Non fosse stata per la pesante pelliccia di wapiti che aveva indosso, in quel momento, Astrid Einardottir sarebbe potuta passare per una adolescente bostoniana in piena regola, che faceva sorrisi languidi al dio super strano davanti a loro.
Tutto regolare.
Il lupo aveva approfittato di quell’ulteriore distrazione di Váli, per proseguire, era quasi arrivato al fondo dell’isolato, ad un passo dallo sparire tra le ombre di una città che andava ad imbrunirsi.
Sarebbe stata notte presto.
Presto sarebbero state ventiquattro dalla sua presentazione alla Sala dei Caduti.
Sembrava che quella giornata fosse stata infinita … era perfino morto due volte.
Váli aveva perso quella sua espressione bonaria e piena di gioia per riprendere un tono più grave, “Questo mi ricorda che ho da consumare un’altra vendetta” aveva stabilito il dio, voltandosi di scatto verso la bestia.
Il lupo però aveva approfittato delle ultime parole di miele di Astrid per scomparire in un vicolo buio. “Dove è andato?” aveva strepitato Váli.
Jason ed Astrid si erano voltati l’uno verso l’altra, di scatto. Inventa qualcosa, aveva usato il labiale la guerriera, senza un fiato di voce.
“Il lupo, mio signore?” aveva provato Jason.
“Sì, il lupo mezzo jotun che era qui, che cacciavo da eoni. Difficile non vederlo: grosso e grigio” aveva risposto Váli, leggermente spazientito.
Astrid aveva sbuffato ed aveva tirato un buffetto a Jason, se voleva essere affettuoso, non lo era sembrato per niente.
Oh Jotun.
Come Jarnasaxa.
E quelli cattivi.
“Credo sia andato a … sinistra” aveva provato Jason, il lupo era andato a destra, forse era uno Jotun, ma era ferito … e come aveva detto Kymopoleia non tutti erano cattivi, o meglio … aveva riportato che Odino avrebbe dipinto i jotun come tutti cattivi, ma egli aveva delle amanti di quella stirpe, così come Kym era andata a cena da Aegir che organizzava feste favolose. Quindi non potevano essere tutti cattivi, no?
Jason aveva bisogno di crederci se aveva appena permesso ad un mostro crudele di fuggire da un dio vendicatore.
Vali li stava guardando, i suoi occhi chiari avevano perso la dolcezza ed erano freddi come due lamine di ghiaccio – nonostante il colore così caldo. “Lo avete fatto a posta, vero? Voi vili adulatori!” aveva sentenziato.
“Servi degli ingannatori! Voi adulate Loki e la sua schiatta! Non osate mentirmi oltre” gli aveva aggrediti senza remore il dio.
Astrid aveva parlato per prima, senza grazia, “Nobile Váli! Noi siamo Einjhair, i caduti, coloro che servono Odino, tuo padre!” aveva risposto con schietta onesta.
“Come se fosse la prima volta che nelle Sala si insidiasse qualche infame[1]” aveva replicato sagace il dio.
Jason aveva potuto vedere l’espressione sul viso di Astrid colorarsi di rabbia, piena di indignazione, “Io sono Astrid figlia di Einar, nipote di Sif La Bella, da più di mille anni combatto ad Idavoll, per seguire Odino fino alla fine; vi sono fedele da quando ancora gli uomini vi veneravano sotto lo sguardo di Sol e lui è Jason Grace morto con orgoglio per salvare i suoi cari e protetto di Lady Thrud, tua nipote” aveva stabilito Astrid fiera. Gli occhi verdi erano rifulgiti come gemme.
Vali aveva assottigliato lo sguardo, infastidito, probabilmente da non poter accusare i due di molto, “Nipotastra[2]” aveva bofonchiato solamente.
“Bene, divino Váli, noi ora ci congediamo, ci aspetta il banchetto alla sala e combattere, domani, come nel prossimo avvenire” aveva commentato Jason, avvolgendo le mani attorno alle spalle di Astrid.
Váli li aveva studiato, “Ma voi lo avete fatto … vero? Distrarmi per permettere alla bestia di scappare” aveva considerato il dio.
Astrid aveva ancora l’espressione crucciata e labbra strette.
Jason aveva sospirato profondamente.
Basso profilo, giusto?
Così si erano raccomandate Thrud e Kymopoleia, giusto?
“Sì” aveva ammesso, “Astrid non c’entra niente, il suo è stato cameratismo” aveva dichiarato Jason.
Vali si era fatto vicino, pericolosamente vicino, con un’espressione poco felice sul viso – per usare un eufemismo.
“Perché?” aveva chiesto con voce sottile ed acuta, letale come la stilettata di un coltello.
“Perché era ferito” aveva ammesso Jason, “E spaventato … e non c’è onore nel braccare una preda ferita” aveva risposto onesto Jason, “O lo sarebbe stato, forse … se la tua non fosse stata un’esecuzione” aveva dichiarato.
Astrid aveva trattenuto il respiro, Jason non aveva bisogno di guardarla per sapere che la sua espressione dovesse essere dipinta di orrore.
Jason era stato tante cose: strategico, intelligente, di tanto in tanto, buono forse, ma su tutti era sempre stato … leale.
Ai suoi amici.
Al suo credo.
E a se stesso.
Vili aveva fatto un azione, uno scatto netto ed aveva afferrato il colletto di pelliccia di Astrid. “Ragazza” l’aveva avvertita con solamente quella parola.
“No” aveva risposto Astrid, aveva riacquisito la sua espressione calma, scostandosi, “Non avrai la mia pelliccia ne romperò bastoni per te. Siamo einherjar non puoi ucciderci” aveva dichiarato lei.
“Fuori dal Valhalla potrei … e lo farò, legittimamente” aveva stabilito Váli.
“Non puoi perché siamo gli uomini di Odino, Padre-Tutto, signore della Guerra e della Morte” aveva stabilito lei con certezza.
“Tu parli con parole furbe. Sei certa di non essere figlia di Loki” le aveva detto Váli fredda, “Mia madre era solo una donna e mio padre era un mezzo-dio, figlio della rigogliosa Sif dai capelli d’oro” aveva stabilito Astrid senza perdere un battito.
Váli aveva sorriso freddo, “Solo un mezzo-dio, dici?” l’aveva stuzzicata.
La guerriera aveva aggrottato le sue sopracciglia a quella constatazione, “Comunque lingua argentina, hai ragione” aveva stabilito Váli, “Avrei tutto il diritto di uccidervi per aver aiutato lo jotun mio nemico, ma potrei avrei problemi con papà. Quando si arrabbia con te sa essere tremendamente creativo, non auguro a nessuno un padre esperto di trasformismo con un carattere facile al rancore” aveva dichiarato il dio.
Sicuramente quello Jason poteva capirlo bene.
“Ma se tutti i conflitti si fossero risolti con la morte … allora saremo molto meno” aveva aggiunto, aveva perso l’occhio freddo, per un’espressione più amichevole.
Jason, doveva essere onesto, non era sicuro alla precisione dove stesse andando a parare, ma poteva immaginarlo. “Voglio proporre un Holmagag” aveva dichiarato Vali.
“Un dio, contro due mortali” aveva aggiunto Astrid.
“Un dio, contro due einherjar di stirpe divina. Non mentitevi li riconosco i miei simili” aveva soffiato Váli con calma.
“Non hai appena detto di non volerci uccidere?” aveva domandato Jason.
Ovviamente. Vi sfido ad un Holmagang; ovviamente a primo sangue. Non avrebbe senso comunque. Vincerei io!” aveva stabilito il dio con un sorriso calmo.
Astrid aveva voltato lo sguardo verso Jason, aveva sillabato qualcosa con le labbra, somigliava moltissimo ad un ‘Io ti odio’; poi aveva aggiunto: “La sua non è spocchia, il glorioso Váli sopravviverà al Ragnarok” aveva spiegato Astrid, con un tono didascalico, ma colmo di rabbia – indirizzata tutta a lui.
“Se non la nostra morta cosa vuoi?” aveva chiesto allora Jason, guardandolo. Non sapeva esattamente cosa fosse un holmagang, ma immaginava dovesse somigliare ad un duello – almeno. “Be, dovreste ripagare il guidrigildo qualcosa dello stesso valore della vita di quel mezzo-jothun … direi quindi la vostra esistenza. Se dovessi vincere io, sareste miei schiavi fino al Ragnarok; poi potremmo ridiscuterne. Se quella testa vuota di Thor può avere servitori me li merito anche io” aveva decretato Vali.
Jason si era voltato verso Astrid, “Siete dunque due nithigir” aveva dichiarato il dio, “Non osare chiamarci in quella maniera. Siamo onorevoli Caduti, morti con una spada alla mano e degni del Valhalla” aveva replicato Astrid.
“Quindi accettate?” aveva chiesto Vali, “Un secondo” aveva stabilito Astrid, prendendo Jason per mano e portandolo da parte, ma sempre sotto l’occhio vigile del dio.

 

“Ho fatto un macello, vero?” aveva chiesto Jason.
“Oh, be, vediamo un po’: hai salvato un lupo Jothun, che tra tutte le dannate creature a questo mondo sono quelle che mi piacciono di meno. Ringrazia che non fosse Managarm o ti avrei fatto ingoiare il mio corno. Ah, giusto … hai fatto incazzare il dio della vendetta, non il dio dei fiori di campo e delle buone intenzioni, ma il dio della vendetta. Lui è letteralmente nato con l’unico scopo di Vendicare. Che ci ha sfidato a risolverla alla vecchia maniera e se perdiamo saremo suoi schiavi. Io, Jason Grace, sono una donna libera! E se per caso dovessimo vincere e non succederà, avremmo il dio più rancoroso dell’eternità addosso fino alla fine dei tempi – Váli sopravviverà al Ragnarok” aveva ringhiato Astrid.
Jason le aveva messo le mani sulle spalle, “Mi dispiace di averti messo in questo macello. Se ne dovessimo uscire vivi … circa vivi, troverò il modo di sdebitarmi, ma ora devi spiegarmi cosa è esattamente un Holmagang e come funziona” aveva chiesto chiaro, soffocando tutte le preoccupazioni che gli stavano salendo.
Non aveva mentito, prima, ad Astrid, gli era andata male solo una volta.
Aveva affrontato giganti, mostri … e dei.
Ad ucciderlo era stato un uomo, indipendentemente da come Caligola volesse considerarsi, solo un uomo.
Non aveva paura di un dio, neanche del dio della vendetta.
“Perché sei così tranquillo?” aveva chiesto Astrid.
“Perché come ti ho detto: le volte che mi è andata bene sono maggiori di quelle dove è andato” aveva dichiarato Jason.
“Ma basta una” aveva risposto Astrid rigida.
“Ma siamo ancora qui” aveva replicato lui.
La guerriera si era morsa le labbra, timorosa, spaventata, poi aveva annuito: “Tralasciando tutta la storia. È un modo di risolvere un conflitto, ci si sfida in un quadrato delimato da quattro legni e su una pelle, di solito, ma insomma … credo che anche la mia pelliccia andasse bene” aveva cominciato a spiegare lei, facendo scivolare la mano sulla pelliccia che indossava, per spiegare perché Vali l’avesse afferrata.
“Si piò sfidare chiunque, indipendentemente dallo status, sai per onore, debiti, disaccordi … una volta nel Valhalla due persone si sono sfidate per stabilire chi avesse trovato la mela più rossa. Chi non accetta la sfida o la disattende diventa un nithingr, uno svergognato, nomea che può portare alla sanzione di fuori legge” Astrid aveva chiuso le labbra, trattenendo il fiato, ricordando probabilmente qualcosa di lontano. “Per i norreni la condanna di fuori legge è … difficile, vuol dire esilio e nessuna considerazione. Morte, per lo più. Fame, stenti, mostri” aveva sussurrato lei.
Jason aveva ricordato quello che Astrid aveva detto a lui, quando erano all’interno dello Spazio Chase, aveva un amico che avrebbe giovato di avere un tetto sotto la testa … forse?
“Comunque” aveva recuperato lucidità Astrid, “Gli Holmagang andrebbero, per tradizione, combattuti su isola, all’incrocio di tre vie … ehm … ma sono elastici. In realtà si può trovare un campione, tipo a noi per battere Váli servirebbe non so … Thor? Di solito la sfida avviene dai tre ai sette giorni dopo che è stata lanciata. Tecnicamente ci si accorderebbe sulle regole adesso, sai, numero e tipologia di armi, o se andare senza.  Ma non tutti gli Holmagang si risolvono in combattimenti, una volta … ehm … lo hanno fatto anche a scacchi, non molto vichingo, ma possibile” aveva aggiunto lei.
“Be, io sono un bravissimo spadaccino ed un ottimo giavellottista” aveva provato Jason, Astrid lo aveva guardato, “Sei bravo pure a progettare cose, no?” aveva provato Astrid, “Cioè non so quanto Váli sia bravo con la matita. Sicuramente è uno spadaccino ottimo, un arciere fenomenale e brutale guerriero a pugni crudi” aveva aggiunto la guerriera.
“Possiamo accettare la sfida ora per sette giorni da ora ma tipo prendere tempo alla sfida?” aveva proposto Jason, “No. Ora o niente” aveva stabilito Astrid.
“Prima di tutto se lui è un Dio della Vendetta, chiediamo come pagamento del guidrigildo di non portare rancore” le aveva suggerito Jason.
Lei aveva annuito, “Sono concessi di norma tre scudi e si deve decidere chi avrà il primo colpo” aveva aggiunto Astrid.
“Lasciamo a lui il primo colpo e scegliamo noi il luogo?” aveva chiesto Jason. “E chi di noi due combatterà o se fare un due contro uno” aveva sottolineato Astrid.
Jason aveva sorriso: “Conosco il luogo giusto” aveva dichiarato Jason, lei non sembrava ricambiare la sicurezza che lui stava ostentando.

 

“Se dovessimo vincere noi, non ci porterebbe rancore divino o valente Váli” aveva esordito Astrid quando aveva raggiunto il dio, quello aveva sorriso, “Improbabile, ma va bene” aveva stabilito quest’ultimo, “Hai una mente veloce” aveva considerato. Astrid era arrossita, guardando di sfuggita Jason.
“Prima dello scontro tutti quanti giureremo sul nostro impegno” aveva sottolineato la guerriera, approvato dal dio.
“Combatteremo entrambi” aveva provato Jason, “In cambio di questo ti daremo il primo colpo, visto che sei lo sfidante” aveva dichiarato lui.
Vali aveva sollevato le spalle con disinteresse, “Che mi importa. Armi?” aveva provato.
“Lancia e Ascia” aveva risposto Astrid. “Accetto … e propongo anche la spada, niente fa sanguinare meglio di una bella spada” aveva aggiunto Váli compiaciuto.
Avevano accettato entrambi.
“Voglio che la pelle sia di lupo, uno bello che avrò sacrificato per l’occasione” aveva gongolato Váli.
Jason aveva sentito di odiarlo con ardimento, così aveva preso la parola: “Sette giorni?”
Il dio aveva annuito, “Sì, purché sia sette giorni precisi, all’imbrunire. I legni dovranno essere di quercia, sacra benedetta, insomma dei pezzi dell’Yggdrasil e toccherà a voi prenderli. Dal tronco … speriamo non scivoliate accidentalmente nel vuoto” aveva aggiunto Vali soddisfatto.

Astrid aveva annuito, rigida; Jason aveva parlato di nuovo: “Allora sceglierò io il campo. Deve essere un’isola? Che sia Manhattan” aveva dichiarato.
Váli lo aveva fulminato con lo sguardo, anche Astrid lo aveva guardato, con confusione, “Non possiamo combattere a Manhattan” aveva risposto il dio.
“Perché? È un’isola e al suo interno c’è un parco molto grande dove è possibile combattere e dove certamente è possibile trovare tre vie che si incontrano” aveva replicato Jason facendo il finto tonto.
“Scegli un altro luogo” aveva ringhiato il dio, Astrid aveva schioccato le labbra, “Forse …abbiamo trovato noi un nithingr” aveva ammesso lei, dando man forte a Jason. “Lo so che stai cercando di manipolarmi lingua argentina” aveva ringhiato Váli, lei era rimasta ieratica nella sua espressione: “Non sono io che mi sto comportando come un … pollo. Mio Signore Vali L’Ardito” aveva aggiunto lei.
Váli aveva sorriso, forzatamente, “O come godrò della vostra compagnia quando mi apparterrete. Ho infinti calzini da farti rammendare” aveva asserito.
“Sette giorni da ora, all’imbrunire a Central Park, dove si incontrano tre vie” aveva ricordato il dio, allungando ambedue le mani verso di loro, “Giuratelo sul vostro onore” aveva stabilito Váli.
Jason stava per allungare una mano, “Uhm … se disattendi il giuramento finisci ad Heleheim … se sei un Einherjar è proprio in direttissima” lo aveva avvertito.
Jason aveva preso la mano destra del dio, con la sua, “Lo giuro sull’onore” aveva sancito.
Chiedendosi se funzionasse per lui … come per gli altri.
Thrud lo aveva fatto giurare sullo Stige, forse … era stato per renderlo famigliare.
Astrid lo aveva imitato con la mano sinistra.
Váli se n’era andato in un abbaglio d’oro, pieno di sadico divertimento.
“Mi dispiace per tutto questo” aveva dichiarato Jason, “Se ti dispiace ora … pensa dopo” aveva risposto sterile lei.
Non avevano più parlato, per tutto il resto del tragitto fino all’Hotel. E dopo.

 

Astrid aveva parlato di nuovo solo a cena, quando lo aveva raccontato a Madina e Mel. “Come vi è venuto in mente? Siete completamente pazzi?” aveva esclamato sconvolto Mel. Jason doveva dichiarare che quella non era la reazione che si sarebbe aspetta dal suo compagno di piano.
Di rimando Madina sembrava quasi su di giri, “Oh, perché a me queste cose non capitano mai?” aveva chiesto.
“Di essere sfidata per aver salvato uno jotun?” aveva chiesto retorica Astrid, mentre inforcava con una certa rabbia una patata, quasi fosse la faccia di Jason.
“A proposito, quale era l’Utile e Dilettevole con la storia del votivo?” aveva domandato Jason, “Tu scherzi?” aveva replicato lei, con rabbia.
“Ragazzi … no, adesso parliamo con Odino, troverà una scappatoia” aveva stabilito Mel, invece; nel loro breve scambio Mel aveva tirato un pizzicotto alla sua fidanzata. “Se volete posso fare da campione” aveva dichiarato Madina, sotto lo sguardo contrariato del suo fidanzato. “Compagni; io adoro combattere e guardare scontri eclatanti, come deve essere voi due contro Váli Odinsson in un terzetto” aveva ricominciato a parlare Mel, serio, “Ma voi non potete diventare schiavi” aveva stabilito.
Jason aveva conosciuto Mel da pochissimo tempo, pochissimo, poco più di ventisei ora, però gli era sembrato un ragazzo sempre sul … pezzo, un po’ come Leo, con la battuta pronta a fiorire sulle labbra, nonostante la situazione orribile in cui fossero finiti.
Mel si era letteralmente tirato una forchetta in gola per evitare una presentazione Power Point, il Re del Melodramma, eppure in quel momento, sul suo viso, c’era solo serietà.
Madina aveva allungato una mano per prendere quella del suo fidanzato in una maniera amorevole e confortante, si era avvicinato a lui ed aveva sussurrato qualcosa al suo orecchio, dolcemente.
Mel era uno schiavo, aveva ricordato Jason, spostando il braccio con il tatuaggio per poterlo nascondere sotto il tavolo, con un certo disagio.
Erano stati interrotti dall’arrivo di Thrud, che aveva versato loro del vino, “Oh, questo è nuovo” aveva scherzato Mel, riacquisendo il suo buon umore, almeno fittizio, dopo una bella sorsata, soddisfatto.
Jason non si era potuto assaporare, visto che la sua valchiria non aveva avuto la creanza di servire a lui.
Forse era ancora troppo giovane, per i loro canoni. “Oh, è un rosso greco, Nostos Bled da Creta, invecchiato un paio d’anni nel fondo marino[3], me lo ho portato un’amica” aveva risposto Thrud con allegrezza.
Poi aveva guardato meglio gli altri, “Cosa sono queste facce lunghe? Siete più tristi di mio padre quella volta che ha perso il finale di stagione di Battle Star Galattica” aveva dichiarato lei.
“Oh, niente, durante il Tennis-mortale, sono morto. E sono morto anche durante la battaglia ad Idavoll, ci hanno messo quasi cinque colpi a decapitarmi” aveva ribadito subito Mel.
“Io sono arrabbiata con Jason” aveva risposto Astrid, prima di ingurgitare una patata. “Ma come, con quel faccino da bravo ragazzo?” aveva indagato Thrud, strizzando una guancia di Jason.
Quando nessuno era rimasto al suo scherzo la valchiria aveva continuato il suo giro da cameriera divina, non senza lanciare uno sguardo preoccupato a Jason, forse in relazione a quanto detto da Astrid o al pensiero di come fosse finita tra lui e Kym.
Oh cielo, Giove Divino, come si sarebbero infuriate sia lei sia Thrud.
“Comunque sei stato fortunato Jason, se avessi trascinato Madina in uno scherzo del genere ti avrebbe già ucciso un paio di volte” aveva considerato Mel.
“Non stuzzicarmi” aveva scherzato rudemente Astrid, “Oh, sì, ti avrei ucciso fuori dal Valhalla” aveva stabilito Madina, era sorta, leggera, e rassicurante una risata.
Per un secondo la situazione si era allentata.
“Stavo pensando una cosa sai … Vali ha detto … uhm … mezzo-jotun?” aveva considerato Jason. “Molto comune in realtà. Tecnicamente Thrud è jotun per tre quarti, Fred tecnicamente lo è.  Wotan è mezzo-jotun” aveva dichiarato Mel.
“Sì, però ha ragione il nostro nuovo amico, non ho mai sentito la denominazione per un lupo quale mezzo-jotun. O sono Jotun o sono ecco … grossi lupi normali, no?” aveva valutato Madina.
“Non aveva il pelo di Skoll e Hati, i lupi che inseguono Sol e Mani; così come non aveva il pelo irsuto di Managarm … o gli occhi blu della stirpe di Frenrir” aveva considerato Astrid, doveva essere la lista di tutti i cattivi lupi Jotun che aveva incontrato o conosceva.
Poi era sceso il silenzio,
“Be, comunque è stata una cosa stupida e comunque vada a finire, non è valsa la pena” aveva stabilito Astrid, “Da domani dimenticati Idavoll e le scorribande, da domani io te ci alleneremo nella stanza dei duelli mortali, fino all’Holmagang” aveva stabilito Astrid, poi aveva pugnalato con molta decisione la sua bistecca al sangue, Jason era stato certo fosse la sua faccia la prossima cosa che sarebbe stata a contatto con quel coltello.

 

Quando era rientrato nella sua stanza, aveva trovato ancora i disegni che aveva lasciato dalla mattina sul pavimento, gli aveva raccolti e messi nella panca, aveva sistemato i libri sopra di esso, intenzionato a leggere qualcosa, Vali stesso aveva detto di essere presente in una delle due Edda.
Prima si era fatto la doccia.
Kymopoleia aveva dichiarato la sua intenzione di ucciderlo se avesse fallito.
Jarnasaxa incubo di Thor … sì, Jason non credeva che la scortesia della figlia di Poseidone ed il coinvolgimento i quella di Thrud sarebbero passate inosservate alla Jotun.
Avrebbe dovuto affrontare un dio per evitare di essere schiavo.
E Astrid avrebbe dovuto pagare con lui, per via della sua sconsideratezza.
Aveva tirato una testata contro le mattonelle del bagno, con un solo, stupido pensiero, perché non era potuto rimanere nel Campi Elisi?
Lui si trovava bene … si trovava in pace.

 

Con ancora i capelli bagnati, si era infilato nel pigiama e poi sotto le coperte, con la fantasia dei lupi, con l’Edda poetica sotto l’ascella.
Aveva inforcato gli occhiali – che strano, no? Ogni ferita, ogni difetto aggiustato, tranne che quella piccola imperfezione che era la sua vista.
Aveva aperto le prime pagine ed aveva cominciato a leggere, con gli occhi: La Voluspa, la profezia della veggente.

Ascolto io chiedo a tutte
le sacre stirpi, maggiori e minori, figli di Heimdallr!
Tu vuoi che io, o Valföthr,
come si deve racconti
 l’antica storia delle creature
 quelle che io remota ricordo[4].



Jason si era addormentato, esausto con in mente l’immagine dei figli di Bor – uno Jotun, per l’appunto – che creavano Midgard.
Secondo le note, uno di questi era Odino, che era anche il soggetto a cui si appellava la veggente, mentre Midgard era la terra, il mondo in mezzo, come aveva ascoltato nel power point della cena prima. Aveva immaginato Odino giovane e possente, senza la tuta e quel sorriso storto un po’ ambiguo, ma valente e potente, con gli stessi capelli biondi di Vali.
Erano stati sogni agitati, animati di corpi, sangue ed un albero immenso che dalla terra si stagliava verso il cielo, così in alto da non potersi vedere. E le radici che si allungavano in ogni dove, come una rete, una trappola.
Era stato su quei rami per un secondo … e poi aveva aperto di nuovo gli occhi.
… Ma non si era svegliato.

Jason si era abituato, dopo tutto quel tempo, a capire quando ciò che viveva era un sogno, o un ricordo, o  la vita di qualcun altro o qualche momento che gli dei, per qualche ragione, gli suggerivano di conoscere. Dopo anni, ci si faceva l’abitudine.
Istintivamente, la prima cosa che aveva fatto, era stata cercare Nico, negli ultimi tempi era stato il protagonista di quasi tutti i suoi viaggi onirici, ma era stato deluso.
Era in un luogo che non conosceva, una ampia stanza si apriva davanti a lui, lunga, spaziosa, con finestre colorate ed una luce forte, sebbene diversa, troppo luminosa per essere naturale.
Al suo fianco piante di ogni tipo decoravano l’ambiente. La stanza era affiancata, ai lati, da due soppalchi che seguivano la lunga stanza. Con un tetto a capanna.
Era una casa lunga[5]!
Jason aveva riconosciuto le fattezze di una casa a modo suo, con un tavolo in legno, un divanetto, c’era perfino una televisione ma ciò che aveva attirato la sua attenzione era stato il trono. Davanti ad un muro, sollevato su un palchetto c’era un trono, il più bello e degno che Jason avesse visto, anche quello di suo padre o di Odino, composto tra corni di cervo intrecciati.
Magnifico e selvaggio, si era avvicinato, attirato.
L’aveva quasi toccato, quando una voce lo aveva ridestato da quell’incanto.
“O divini dei, che dramma, mia signora, che dramma” aveva sentito qualcuno languire, si era voltato di scatto Jason.
A piangere era un elfo, con i capelli biondi come la birra chiara. Indossava una salopette verde sozza di sangue e guanti bianchi e rossi sbucciati.
“Stellan!” lo aveva rimproverato una foce femminile, ma anche quella era colma di terrore, “Non possiamo andare nel panico entrambi” aveva guaito la donna.
Jason l’aveva riconosciuta, era la Jotun Gerd. Indossava ancora il vestitino a fiori, solo che gli occhi erano lucidi ed i capelli invece che riccioli perfetti erano un nido di rondine. “Va tutto bene” aveva cercato di rincuorarlo lei, materna, prendendo le guance dell’elfo.
“Oh, ma non capisce mia signora, sono sempre stato quello strano, un poco di buono, ma poi ho cominciato a lavorare per lei signora, un lavoro umile ma che incarico … e invece” aveva pianto l’elfo.
Gerd lo aveva abbracciato.
“Stellan, non puoi piangere così, o lo farò anche io” aveva dichiarato quella, poi allontanandosi. “Non facciamoci prendere dal panico, mio marito non tornerà dalla caccia tra più di una settimana, con Thor lì presente il ritardo è assicurato” aveva stabilito lei, cercando di recuperare lucidità.
“Quel fastidioso di Skírnir sarà con lui, tutto il tempo, gli altri due possiamo gestirli no” aveva proposto lei. “Mia signora … si accorgeranno dell’assenza, lui … lui si sente” aveva dichiarato Stellan.
“Stellan! Cosa ho detto? Non possiamo essere nel panico entrambi” aveva stabilito lei, con il labbro tremolante e gli occhi lucidi di chi era pronta ad una crisi di nervi.
Gerd aveva cominciato a fare respiri brevi, come una donna partoriente, “Adesso, potrei autoinvitarmi a colazione da Frigga per parlare un po’ e potrei provare  a sedermi sul trono di Odino, magari …” aveva provato lei, incerta.
“Mia signora se è stato usato il Seidr” aveva proposto Stellan, il giardiniere.
Gerd era caduta sulla pedana, portandosi le ginocchia al petto, “Devo-pensare-devo-pensare” aveva singhiozzato.
Stellan era rimasto impalato come uno stoccafisso.
Jason era semplicemente confuso da quello che stava vedendo.
Lei aveva steso le gambe e si era tirata su, “Okay” aveva sentenziato, incerta, “Ho un piano o una cosa che ci somiglia” aveva camminato spedita verso un alberello piccolo, che occupava la porzione di un angolo. Aveva foglie verdi ed allungate, aveva afferrato con forza un rametto e l’aveva staccato.
“No, signora, no, ci metto tanto amore a crescere Aidan!” aveva languito Stellan.
“Gli hai dato un nome?” aveva chiesto Gerd sconvolta, “Ad ogni pianta e giardino della dimora” aveva detto con orgoglio Stellan.
La jotun aveva scosso il capo, “Lascia perdere, allora, ascoltami attentamente, stiamo per fare qualcos-” ma il discorso della donna era stato interrotto.
Il cigolio di una porta, gli aveva distratti, una giovane era apparsa, “Mia signora, sono tornata!” aveva dichiarato con allegrezza, “Oh, Beyla, sei qui! Ora! Proprio ora! Pensavo che tu … be, sì, non serve che riprendi il servizio proprio ora, puoi prenderti anche la serata. Byggiy non è ancora tornato dalla sua giornata alla SPA e Skínir sarà fuori con mio marito per almeno una settimana” aveva dichiarato Gerd, nervosa.
“Come sempre, la signora è sempre piena di grazia e gentilezza” aveva dichiarato Beyla sospirante, “Ma sarei una serva sciatta se vi lasciassi da sola senza tutte le dovute riverenze, specie quando Lady Sif è qui” aveva dichiarato subito quella.
“Sif è qui?” aveva chiesto Gerd confusa, poi dopo un respiro profondo, aveva chiuso gli occhi sconsolata, e sconsolata aveva detto: “Ovviamente. Ho incontrato Jarnsaxa e ora Sif è qui.”
Stellan era dritto come una pala, ma tremolante come un aspic.
Beyla aveva guardato la sua signora con aspettativa. Jason non riusciva a capire di che stirpe fosse, aveva orecchie tonde come quelle degli uomini, mancava della radiosità degli dèi, ma aveva una bellezza a modo suo luminosa, come quella degli elfi – in rapporto ai pochi elfi che Jason aveva visto.
Se la sua pelle fosse stata verde, avrebbe pensato fosse una ninfa.
 “Allora … sì … uhm … Magari potresti sistemare il gazebo, fuori, farla accomodare lì, io arrivo subito!” aveva cominciato incerta Gerd, Byla aveva annuito pacata ed aveva annuito rispettosa, prima di potersi però congedare, la sua signora aveva parlato di nuovo: “Mi raccomando, Beyla, lontano dal recinto!” la voce di Gerda era stata pregna di isteria.
“Oh, signora, o signora” aveva dichiarato Stellan disperato, appena Beyla era scomparsa dietro la porta.
“Ora che ci penso, l’invito di quella serpe di Jarnsaxa mi sembra troppo coincidenziale, visto quanto successo” aveva valutato la gigantessa, poi si era voltata verso Stellan.
“Mio buon servitore, ascoltami, con Sif qui, non posso allontanarmi, Beyla e Byggivi saranno costretti a servirci e riverirci, quindi non avranno tempo per pensare a lui, ma questo ci da un’unica soluzione: dovrai andare tu” aveva stabilito Gerd, prendo una mano di Stellan.
L’attimo dopo, l’elfo aveva tra le sue mani il ramo di sorbo, “Dove, mia signora?” aveva chiesto titubante.
Probabilmente terrorizzato di doversi sedere sul torno di Odino – se il signore degli Asi ne era geloso come Giove, Jason poteva provare empatia.
“Nel Valhalla” aveva dichiarato Gerd. Stellan aveva cominciato a piangere, “No, no, non piangere. Non ti preoccupare, starai lontano dalla Sala dei Caduti e quel trono maledetto[6], devi dare negli alloggi, al piano venti, risiede uno skraeling, il sorbo lo riconoscerà” aveva dichiarato con gentilezza lei.
Stellan aveva annuito, ancora con le lacrime sulle guance.
Jason aveva sentito il fiato spezzarsi in gola.
Gerd la jotun lo sapeva?
Era stata Jarnsaxa?
“Ma come mia signora?” aveva chiesto l’elfo, “Nello stanzino c’è il kit da arrampicata di mio marito, e delle cuffie per evitare lo scoiattolo e sei … un servo di Frey, l’albero non ti sarà ostile” aveva cercato di rassicurarlo, ma non lo sembrava neanche lei.
“Per lei mia signora questo ed altro” aveva ammesso Stellan, pieno di tremori.
La jotun aveva messo le mani sulle sue spalle, e con sicurezza, per quanto potesse smembrarla una ragazzina, tremolante con gli occhi lucidi di pianto e la nevrosi ad un passo; Gerd aveva detto, allora, solenne: “Per tutte le alleanze politiche e perché i sacrifici fatti non diventino vani, Stellan, dobbiamo ritrovare quel cinghiale!”



[1] Questa affermazione è un diretto riferimento ad un’affermazione fatta da Guinilla (<3) in primo di Magnus Chase – che non era stata molto “esplicita” sulla questione, ma sappiamo coinvolgesse un figlio di Loki, in combutta con il padre.

[2] Vali e Thor (che è il padre di Thrud) sono mezzi-fratelli, essendo ambedue figli di Odino ma di due madri diverse (Momento Shock: Nessuna delle due è Frigga. Ebbene sì, la Marvel ha mentito).

[3] HO SCOPERTO QUESTA PRATICA DI RECENTE, dovevo infilarla da qualche parte. Ovviamente è Kym l’amica.

[4] Per la traduzione de “La profezia della Veggente” ho fatto un po’ una crasi tra tutte le traduzioni che sono riuscita a trovare in giro. Comunque ringraziamo gli autori di Bifrost per aver fornito tutti gli incipit.

[5] Una Longhouse, una tipologia abitativa medievale, e se qualcuno mi sentisse descriverla così … uhm … cioè non solo come la chiama Jason ma proprio per la descrizione misera ... mi ritirerebbero il titolo.

[6] Il trono di Odino, non è maledetto, ovviamente, ma Gerd ha le sue ragioni per considerarlo tale (AKA: Freyr la ha vista la prima volta mentre sedeva su quel trono – ah, sì, giusto, dal Trono di Odino si vedono tutti e nove i regni).

   
 
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