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Autore: Mercurionos    08/11/2021    0 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 24 – Il Super Torneo della Leggenda, Parte 5 – Anno 2, 13/18 Termidoro
 
Geir rispose educatamente alla domanda, indicando il compagno: “Sarà Gipeto, signore. È più vecchio di me, ed è sempre stato più bravo negli allenamenti.”
“Bene, bene, siamo d’accordo. Vorrà dire che dovrò presentarlo a…”
Un rombo scosse l’aria. Un sordo, quasi inudibile tremolio attraversò l’atmosfera. Un terremoto del cielo. Poi cominciò a rabbrividire anche la terra. CRAC! Un pesante costone di pietra si staccò dalla montagna. Piovve verso valle, perché più nulla lo sorreggeva.
 
“Geir!” Gipeto urlò il nome del compagno, ma stavano già guardando tutti e due nella stessa direzione: il palazzo, il tempio in cima al monte loro casa, era sparito. E con esso anche un buon centinaio di metri dalla vetta del massiccio di pietra, ora ridotto a poco più di una collina appiattita. Una fine sabbiolina riempì l’aria e si fece trascinare in fretta e furia dal vento, come se volesse fuggire da quel luogo.
 
“Che… cos’è successo?” Geir e Gipeto alzarono le mani piumate, cercando di afferrare l’evanescente immagine del santuario sulla rupe ora che tutto era svanito. L’uomo slanciato non si scompose, né si voltò per vedere cosa avesse tanto turbato i ragazzi. “Dove…?” Gipeto fece qualche passo all’indietro, ma qualcuno atterrò alle sue spalle. Un tremito di paura lo fece sussultare. Si voltò: era l’altro visitatore, quello che era andato a discorrere nel tempio con il loro maestro poche ore prima.
 
“Oh, finalmente! Sa quanto ci ha messo, questa volta?” Gli disse l’uomo alto.
“E piantala! Qui abbiamo finito, prendi il pranzo per il viaggio e torniamo a casa, che rischiamo di perdere la puntata di questa settimana!” L’altro, più basso nonostante le lunghe orecchie, che era diverso dal primo quanto più potesse essere possibile, gridava infastidito da chissà cosa e si grattava nervosamente il capo.
 
“Ma signore, non vuole conoscere il successore di Isaia?” Lo incalzò l’alto.
“Ah già, stavo pure per dimenticarmelo! Quale dei due ti sembra più promettente?”
L’uomo alto indicò Gipeto: “È questo qui, si chiama Gipeto. Mi è sembrato molto più giudizioso del suo maestro.”
“Perfetto, siamo della stessa opinione. – sembrava che il basso volesse sbraitare, ma in realtà mostrava semplicemente il suo umore usuale – Beh, congratulazioni, Gipeto. Vedi di procurarti dei divani più comodi, la prossima volta. E stai un po’ più attento a questo pianeta morente, o non ci sarà nemmeno bisogno del mio intervento.”
 
Non ricevendo alcun tipo di risposta, l’uomo si voltò di scatto e gridò: “Whis, qui abbiamo finito! Andiamocene, presto!”
L’uomo alto gli andò dietro portando con sé un sacchetto di salatini e altre leccornie. Gipeto sentì il terreno cedergli sotto le zampe, tentò di dire qualcosa, di gridare, ma i due esseri svanirono in un lampo di luce, e non si fecero mai più vedere.
 
Una sirena gracchiò sopra le sue spalle. Alzò lo sguardo, verso la lucida cupola dell’arena. Il pubblicò cominciò ad esultare e si sentì la voce del presentatore: “Cado vince l’incontro! Restano soltanto i cadetti della 2.A.0, signore e signori! Che spettacolo!”
Gipeto recuperò il controllo di sé e d’istinto cominciò ad applaudire e annuire al nulla. Nel centro del quadrilatero Cado smise di salutare i docenti e il pubblico, poi saltellò giù dalla pedana per lasciare spazio al fratello, che avrebbe dovuto misurarsi con Mirk nell’ultimo scontro della giornata. Gipeto si guardò intorno finché non trovò il tabellone: il volto di Vegeta brillava accanto a quello di Kiwi e di Cado, gli altri vincitori degli ottavi.
Diamine. – Pensò il vecchio istruttore – Mi sono perso il finale.
 
Il sole sorse bollente anche di venerdì, il giorno delle semifinali. Mirk si era sbarazzata con facilità di Abo e delle sue tecniche stravaganti, perciò avrebbe dovuto misurarsi con Kiwi. Il loro incontro durò la bellezza di venti minuti e né Mirk né il suo avversario si lasciarono rallentare dalla stanchezza o dal dolore. Nessuno dei due, fino alla fine, aveva rinunciato alla vittoria.
 
I colpi scambiati si fecero di minuto in minuto più pesanti, violenti e talvolta scorretti; le loro grida divennero man mano più acute e stridule, sofferenti, solo rauchi colpi di tosse e qualche occasionale sputo interrompevano i loro strepiti dolenti; poi, non si accorsero del come, i pannelli bianchi della pedana si macchiarono di rosso. Stanchi e confusi, i due combattenti si passarono ciascuno una mano sulle labbra, tanto esausti che non persero tempo a scoprire di chi fosse il sangue. Negli ultimi minuti dell’incontro le reazioni del pubblico mutarono: quelli che prima esultavano e incitavano i combattenti ad esporsi di più, ora si limitavano a reagire con gemiti e lamenti non molto diversi da quelli prodotti dai due cadetti.
 
Poi Kiwi inciampò. Che fosse scivolato sul proprio sangue o sudore, o che avesse poggiato malamente il piede per terra, ciò non ebbe importanza: richiamando tutte le proprie forze, Mirk strinse un saldo pugno e lo proiettò sull’avversario. Le nocche indolenzite premettero sulla guancia di Kiwi, il suo collo cedette, girò e tutto il corpo seguì il movimento. Con una capriola all’indietro, Kiwi finì disteso per terra privo di sensi, giù dalla pedana. Mirk si lasciò cadere sul ring ormai completamente svuotata da ogni energia. Un disperato ma rincuorato grido sfuggì dalla sua bocca sotto alla cupola infuocata dal sole. Gli spettatori attesero un secondo o due, incerti sul da farsi, poi suonò la sirena e tutti cominciarono ad applaudire e complimentarsi con i combattenti, che in quel momento stavano venendo prelevati da due coppie di barellieri. Accasciata sulla portantina e mezza addormentata, Mirk alzò un braccio: la vittoria era sua.
 
Dopodiché Cado dovette affrontare Vegeta. Gli spettatori furono più che contenti, c’era chi fischiava, chi pure si era messo a ridacchiare alla vista del poveretto che avrebbe dovuto battersi con il principe dei saiyan. Cado cominciò a sudare profusamente. A uno a uno apparvero nella sua mente i volti dei familiari, magari anche di quelli che non aveva incontrato per anni, come lo zio Ceraula, che chissà come stava. Poi rivide il sanguinolento duello tra Kiwi e Mirk. Chissà se anche lo zio Ceraula piangerà al mio funerale. Il sudore aumentò considerevolmente. Tremori. Pallore. E doveva assolutamente andare in bagno. Ma suonò una sirena.
 
Cado riportò l’attenzione al presente. Vegeta era dinanzi a lui, in una posa elegante e asimmetrica, con una mano sopra la testa e l’altra lontana, sopra la gamba piegata. Maledetto sborone con quella posa perfetta. Il ragazzo dal colorito sempre meno rossastro tentò di alzare le braccia per simulare prontezza, ma si paralizzò una volta intravisto lo sguardo truce di Vegeta: il saiyan sorrideva, sadico e bieco, con gli occhi neri affilati e puntati sul suo naso, ingarbugliato in quella posizione statuaria, con una forma fisica perfetta e le natiche tanto sode da sembrare due ruote di formaggio (come aveva fatto a vederle Cado, dall’altro lato del ring?). Nei mesi che seguirono, Cado avrebbe raccontato come Vegeta si stesse leccando le labbra, pronto a farmi a fettine, frullarmi con della buona ricotta di muccapra e spicchi di tomatillo per poi spalmarmi su del pane tostato e poi mangiarmi in un boccone e poi si è lanciato su di me con gli occhi pieni di fiamme come un dannatissimo cannibale e poi… e poi…
 
“Mi ritiro!” Tutti ammutolirono. Il confuso Vegeta si fermò a ventisette millimetri dal naso del poveretto. Ci fu solo caldo e silenzio per qualche altro istante, quindi Cado ripeté: “Ho detto che mi ritiro! Mi ritiro, avete capito? Ci tengo alla vita!” La sirena decretò la fine dell’incontro appena iniziato e gli spettatori, dapprima perplessi, scoppiarono in un caos di risate. Freezer cadde dalla poltrona, ma nessuno lo notò, e nessuno venne giustiziato. L’imperatore si limitò semplicemente a sommare i propri sogghigni a quelli del pubblico. Cado si allontanò con passi brevi e rapidi, tutto imbronciato, mentre tentava di nascondere l’enorme testa rossa tra le spalle inesistenti, piegato dalle grida che risuonavano nell’arena.
 
Quando Vegeta poggiò il piede sul terreno attorno al ring, pronto ad abbandonare l’arena, tutto si fece silenzioso. Il saiyan alzò lo sguardo: gli arbitri, gli spettatori e pure coloro che sedevano nella tribuna imperiale, tutti stavano guardando verso l’alto. Quattro enormi schermi, su lati opposti dell’arena, s’illuminarono all’improvviso. Apparve il tabellone del torneo: di centoventotto volti splendenti alcuni cominciarono a spegnersi pian piano finché, uno sulla sinistra, uno sulla destra, ne rimasero solo due che si incontrarono nel centro. Dagli spalti salì un grido, poi un altro; si animò un vivace chiacchiericcio che presto divenne un energetico fragore, e sulle labbra di tutti i presenti danzavano due nomi: quello di una brench albina, guerriera instancabile e dalla titanica forza, e quello dell’austero, spietato e possente principe dei saiyan.
 
La finale del torneo si avvicina! Chi avrà l’onore di sedere sul trono? Grazie per aver letto fin qui, e non perdetevi assolutamente il prossimo capitolo!
   
 
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