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Autore: LordLunaPuff    08/11/2021    0 recensioni
Balthamos e Baruch forse non sono così differenti, anche se uno è un angelo candido e gelido e l'altro è un uomo dai capelli neri con la pelle infuocata da Rah. Una piccola pedina in una guerra cosmica e il figlio reietto di uno dei primi sovrani del mondo umano, sono entrambi sulle sponde del Nilo una notte: alle spalle una fuga, negli occhi la curiosità e nel cuore il coraggio che cambierà per sempre l'esistenza di entrambi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Balthamos, Baruch, Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Con il passare delle ore la tenda era finita sotto i raggi della grossa stella gialla e l'aria si era fatta più calda, la luce trapelava tra una piccola canna e l'altra della stuoia che faceva da riparo e tutto sembrava avvolto da un pulviscolo dorato. Balthamos non si muoveva ma respirava piano e guardava quella cascata di luce danzante. Sentiva il corpo ancora dolorante e rimase lì, disteso. C'era una corda che univa due canne più grosse e un'altra tra due più in là, bloccandole a reggere il tutto. Era ingegnoso!
Un telo si spostò e la luce del giorno entrò molto più copiosamente, inondando la stanza.
Una figura si stagliò nell'arco di luce, distinguibile appena come una sagoma nera, ma poi Balthamos riconobbe la voce di chi gli aveva salvato la vita.
-Ehi!- aveva detto l'essere entrando e poi: -Ma cosa?!- Aggiunse po' perplesso, sospirò e continuò in tono più sommesso, come a sé stesso: -Se ne è andato.
-Ma no! Sono qui!- Esclamò Balthamos.
Baruch fece un sobbalzo: -Dove?- Chiese poi, guardandosi intorno.
-Proprio qui, davanti a te!
-Ma dove?- L'essere fece un passo nella capanna e la tenda ricadde alle sue spalle oscurando la porta. Tornò la penombra, con solo qualche raggio che entrava dalla stuoia, e a Baruch sembrò di scorgere qualcosa sul letto.
-Qui! Non mi vedi?
-Ah... forse ora sì. Appena- Disse l'umano strizzando gli occhi.
-Credo che la troppa luce ti accechi. Anche io non riuscivo a scorgerti bene un attimo fa- Commentò l'entità spirituale. Ora invece lo vedeva dettagliatamente, aveva un'espressione ancora un po' perplessa ma gentile e portava in mano un altro di quegli strani oggetti morbidi piatti e sottili, come quello che aveva disposto avvolto intorno alle sue gambe.
-Ti ho portato qualcosa da metterti- Disse.
-Da mettere dove?
-Addosso!- L'umano sembrò imbarazzarsi un attimo -visto che quando ti ho trovato nel fiume eri nudo...
Balthamos non capì: -Che significa nudo?
Quello rimase un attimo stupito dalla sua perplessità, poi provò a spiegare: -Cioè, tutto di te era scoperto.
Balthamos a propria volta non era meno stupito: -Perché dovrei coprire qualcosa di me? Non mi vergogno di me stesso.
-Non intendevo che tu debba vergognarti di te!- Ribatté l'umano -Anzi, mi pare che non hai proprio niente di cui vergognarti- aggiunse con un piccolo sorriso -però ecco, noi di solito copriamo alcune parti del corpo in pubblico, sai quelle che... non si usano in pubblico.
Balthamos annuì, anche se ancora non era certo di aver colto il punto, ad ogni modo aveva visto come quell'essere si era disposto il telo e immaginava di poter fare lo stesso se serviva a fargli piacere, dopotutto gli doveva la vita, e che cosa sarebbe stato mai un...
-Oh accidenti!- Esclamò: si era sporto in avanti per prendere il telo che gli veniva porto ma appena l'umano aveva mollato la presa si era sentito schiacciare.
-Ma quanto pesa!?
-E' solo una veste!- Ribatté l'altro.
Balthamos provò a sollevarla e riuscì a tenerla in mano ma a fatica, e l'idea di essere limitato in ogni movimento da quel macigno gli sembrò improvvisamente molto più onerosa di un semplice grazie.
-Cioè, ha dei ricami di filo d'oro... E' la migliore che abbiamo, pensavo di venderla a un buon prezzo ma donarla a te è senz'altro una destinazione di maggior onore, divino ospite. I miei soci sono stati subito d'accordo.
-Ti ringrazio, umano, e non voglio offenderti, ma tieni pure la tua veste, a me non serve e non voglio sottrarti della preziosa mercanzia. Mi hai già salvato e mi stai tenendo al sicuro, non devi farmi altri doni.
-Oh- Quello afferrò di nuovo la stoffa dalle braccia di Balthamos che stavano iniziando a dolere e, come se fosse leggerissima, se la lanciò sulla spalla -d'accordo allora. Posso almeno offrirti da mangiare?
-Grazie mille, te ne sarei riconoscente.
Balthamos lo guardò uscire con quella stoffa sulla spalla e l'altra legata in vita e si chiese come facesse a sopportare tutto quel peso per tutto il giorno, costantemente, come se nulla fosse. Certo, aveva già potuto assaggiare quanto quegli esseri fossero forti fisicamente, ma... possibile che davvero non gli pesasse neanche un po'? Perché dover sopportare quell'ingombro solo per coprire... Che cosa?
-Ecco qui!- Esclamò l'umano, rientrando -Della frutta, prendi pure quello che vuoi!- Disse, porgendogli un grande cesto pieno di ogni genere di cibo crescesse dagli alberi di quel mondo.
Balthamos spalancò gli occhi, frastornato da tutta quell'abbondanza. E la maggioranza di quei frutti erano enormi! Ne vide però alcuni più piccoli, attaccati insieme ad un ramoscello. Tirò per staccarne uno.
-Come la chiamate questa?
-Uva.
-Prendo un'uva allora, grazie mille!
Sentì il sapore di quella stella gialla sprigionarsi in bocca quando la morse. Un succo umido e dolce gli accarezzò la gola.
-Buonissima! Ti ringrazio ancora!
L'umano lo stava fissando un po' perplesso: -Non vuoi altro?
-Ma no! Era molto ricca di zuccheri così da darmi energia, davvero ottima! Mi sento già rinvigorito- Sorrise all'umano -Sei davvero gentilissimo.
-In che senso era ricca di zuccheri? Non ci ho messo dello zucchero- replicò l'umano.
-No, certo, ha già i suoi.
-Lo zucchero si estrae dalle canne, non dall'uva- Ribatté quello.
-Be' magari voi non sapete estrarre lo zucchero dalla frutta- provò a spiegare Balthamos -ma il tuo intestino sa farlo, e durante la digestione le molecole di zucchero vengono...
-Molecole? Che significa?

Balthamos aveva pensato che gli umani non si curassero di capire le cose, ma almeno per quell'umano doveva ricredersi. Lo aveva ricoperto di domande. Balthamos al sole risultava del tutto invisibile, ma riusciva comunque a farsi sentire e lui e Baruch avevano camminato e conversato per ore. Non era stato facile trovare le parole per fargli capire tutto, ma cercarle era sembrato un passatempo più piacevole che ripensare alla guerra che intanto stava imperversando, da qualche altra parte. Una guerra che improvvisamente gli sembrò distante, lontana da quella luce dorata, dal fruscio delle canne, dalla voce curiosa di Baruch, dai riflessi d'oro sulla sua pelle brunita.
La Terra su cui erano stava ruotando e ben presto la stella che l'illuminava iniziò a sparire oltre l'orizzonte, le cose si fecero arancioni, le ombre viola, l'aria si muoveva sospinta da un vento lieve, che soffiava via il caldo del giorno e portava nuovi odori.
Balthamos non si accorse che l'altro fosse rimasto in silenzio, finché dopo alcuni minuti non si era voltato a guardarlo. Baruch lo stava fissando con un'espressione assorta, ma poi si era imbarazzato quando aveva incrociato gli occhi dell'altro.
-Ti vedo adesso- aveva mormorato con un filo di voce. Quasi era parso commosso.
L'entità celeste aveva sorriso: -E cosa vedi?
Baruch parve per un attimo stupito da quella domanda, ma poi rispose: -Sembri quasi un uomo, ma sei color della luna e hai delle grandi ali.
-E basta?- Provò ad insistere Balthamos, vagamente deluso. Non seppe neanche lui perché: dopotutto stava parlando con una creatura così piccola e giovane, come poteva pretendere altro? Eppure in quelle ore gli era quasi sembrato che...
Una mano di Baruch si allungò verso di lui. Gli accarezzò il volto. Era calda proprio come la sera prima, quasi come delle fiamme, eppure non lo scottava. Gli premette il mento appuntito e Balthamos sentì distintamente la forza di quelle dita, anche se ora era dosata in una gentile delicatezza. Lo seguì, voltandosi per essere dritto davanti a lui, occhi negli occhi.
-Hai un animo gentile e curioso- disse Baruch -sai tante cose, hai visto tante cose, ma ti incanti ancora davanti ad un tramonto. Sei triste- aggiunse -Non ti fa solo male l'ala, c'è qualcosa di rotto dentro di te... Hai perso qualcuno che amavi?
Balthamos fece un'espressione strana, come se non sapesse se sorridere o rattristarsi. -Allora non sei del tutto cieco- commentò dopo un momento.
-E' solo che anche io ho perso qualcuno. E' stato tempo fa, ma riconosco la tristezza che resta nel fondo degli occhi.
-Quindi è così che mi vedi? Triste?
Baruch piegò il capo di lato, continuando a guardarlo: -Non lo sei?
-Non lo so ancora- aveva replicato Balthamos, pensoso, e poi basta. Silenzio.
Baruch si chiese se lo avesse offeso... il suo amico Baniti lo aveva messo in guardia sul fatto che le divinità potevano essere molto suscettibili. Ma dopotutto era Balthamos ad avere chiesto, si disse, non poteva infastidirsi solo perché aveva risposto ciò che pensava! E se invece si era offeso davvero? Ebbene, se si era aspettato forse qualche discorso pieno di complimenti sulla sua grandiosità e venerabilità... Be' peggio per lui! Se davvero fosse stato in cerca di quel tipo di venerazione, di certo Baruch sarebbe stato fiero anche di venire fulminato piuttosto. Un conto era essere gentile e ospitale, altro comportarsi da ipocriti e viscidi servi!
Eppure quando il silenzio si protrasse si scoprì sempre più preoccupato di averlo urtato, e non era affatto collegato al suo essere una divinità, o quello che era.
-Ti ho riportato brutti ricordi? Scusami.
-Cosa? No, non fa niente.
Baruch preferì non insistere: -Forse dovremmo rientrare all'accampamento, prima che faccia buio.
L'altro annuì e si lasciò condurre di nuovo verso le capanne. I cammelli erano legati e ruminavano paciosamente mentre un odore forte e fragrante si levava da qualche parte più in là.

-Vieni, ti presento gli altri- aveva detto l'essere e sembrò entusiasta.
C'erano altre creature di due materie, che si interruppero dalle loro faccende quando i due si avvicinarono. Fissarono Balthamos ad occhi spalancati. Lui lasciò scorrere il proprio sguardo dall'uno all'altro e li vide chinare il capo.
Erano in parte simili a Baruch, con qualche differenza non sostanziale nella foggia del volto e del corpo, con qualche piccola meschinità in più nel cuore, ma non sembravano malevoli o di animo crudele, per quel che vedeva, e di certo sapeva vederli più in profondità di quanto loro stessi sapessero vedersi...
Baruch parlò: -Pal, Mbizi, e Baniti- Aveva detto indicandoli uno ad uno.
-Allora esisti davvero- quello chiamato Mbizi, aveva parlato d'istinto, l'espressione attonita. Baniti, al suo fianco, aveva riso ma con moderazione.
-Non essere scortese!- Pal, dall'altro lato, gli aveva tirato una botta sul gomito, quasi lo volesse rimproverare, anche se sembravano avere quasi la stessa età e Pal.
-Non era mia intenzione- Aveva replicato Mbizi, continuando a guardare Balthamos -ti prego di crederlo, mio Dio... Ma abbiamo tutti pensato che il faraone qui avesse bevuto troppa birra ieri sera e volesse prendersi un giorno di pausa.
L'entità celeste non fece domande, ma vide benissimo come quelle parole scherzose in realtà pesavano a Baruch, anche se sorrise. Si chiese se Mbizi se ne fosse accorto... Era per la sfiducia da parte dell'amico? Per l'accenno ai vizi? Per quel soprannome di faraone?
-Non credo Baruch mentirebbe- prese le sue parti istintivamente -io esisto. E sono davvero felice di conoscervi. Baruch mi ha salvato la vita e voi tutti siete stati davvero ospitali ad avermi accolto la scorsa notte.
-Puoi rimanere quanto vuoi- Aveva detto Baruch, e gli altri annuirono tutti.
-Certo, o Dio benevolo, possiamo fare qualcosa?
-Potete chiamarmi Balthamos.
Il terzo uomo, quello chiamato Baniti, che era rimasto a guardarlo in silenzio, fece un passo avanti:
-E la vuoi un po' di birra Balthamos?

 

 

  
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