Pignolo
Estate, 1995
In un angolo della cucina di Grimmauld Place, Remus scopre di amare l'estate.
Proprio lui che si è sempre sentito palesemente inverno in ogni sua
caratteristica, nel colorito pallido, gli abiti scoloriti, la malinconia.
C'è un angolo di estate su un divanetto in fondo a quella stanza, dove Tonks va a sedersi ogni volta che passa a trovare lui e Sirius e, dopo i primi convenevoli, lui scompare da Fierobecco a esorcizzare fantasmi e inquietudini che fra
quelle mura non riesce a lasciarsi alle spalle. In quelle occasioni, Remus la raggiunge per fare quattro chiacchiere e sviare, seppur
con un po’ di disagio, l’attenzione dai malumori di Sirius,
offrirle qualcosa.
Resta a fare gli onori di una casa non sua ma che da un po' lo accoglie, a
bere succo di zucca con quella ragazza che conosce da poche settimane e che gli
è letteralmente caduta addosso la prima volta che si sono incontrati,
inciampando nei suoi stessi piedi. Ridono sempre entrambi quando ripensano a
Malocchio che la scarica sulla soglia di Grimmauld
Place senza nessuna grazia e si smaterializza all'istante perché non può
occuparsi lui delle presentazioni, ché non è una bambinaia.
Remus scopre, piano, che l'estate non gli dispiace per niente
mentre parla con lei e si lascia strappare sorrisi. Sembra quasi che quel tetto
che ha sopra la testa da mesi non abbia pareti scure, quadri che urlano
ingiurie e abitanti schiacciati da responsabilità e preoccupazioni.
Pensa che quel nome che lei rifiuta di usare, in realtà, rispecchi molto di
tutte le sensazioni che prova chiacchierando su quel divano, in quei momenti
che per qualche motivo sembrano essere scollegati da tutto il resto e che li
vedono parlare di Hogwarts, dei professori, di quanto
lei sia stata felice di conoscere Harry e gli altri ragazzi, di quella casa
stessa, che per qualche motivo su di lei non ha l'effetto che ha sugli altri. È
solo una casa. Remus si fa contagiare da quei
modi di fare distesi, teme addirittura di usare quella nuova amicizia al solo
scopo di sentirsi meglio lui stesso, almeno per un po’.
«Dovresti usare il tuo nome quando ti presenti a qualcuno» gli sfugge, dopo
un pranzo affollato al quale si sono casualmente ritrovati anche loro. E pensa
che non dovrebbe sfuggirgli nulla perché dopotutto con Ninfadora,
su quel divano, sta bevendo anche quel giorno succo di zucca e non whisky
incendiario. Però è qualcosa a cui pensa ogni volta che parla con lei, anche se
non glielo ha mai detto apertamente.
Quando Tonks si volta a guardarlo ha
l'espressione infastidita per quelle parole, tanto da strappargli l'ennesima
risata.
«E tu dovresti smetterla con queste frecciatine. Se ti chiamassi Ninfadora, non lo diresti!»
«Non credo, trovo che sia un bel nome. È antico, ma a me piace. Greco?»
«Vuoi chiamarti Ninfadora, professore?»
«Non sarebbe male, solo… sconveniente.» osserva «Mi conoscono tutti come Remus, ormai.»
«Sei pignolo, Remus!» sentenzia, lasciandosi
andare sullo schienale del divano e continuando a guardarlo.
Remus alza le spalle.
Vorrebbe dirle che rifiutare il suo nome non cambierà niente della persona
che è, sarà in ogni caso sempre la stessa ragazza con la quale tutti hanno
piacere di stare e di parlare. Ma ha paura di non conoscerla ancora abbastanza per
fare un'osservazione del genere.
«Puoi chiamarmi Dora. Ma solo qualche volta.» dice, dopo qualche secondo di
silenzio.
Remus si chiede spesso a che velocità corrano i suoi pensieri. Se in quella
nuova amicizia, in quella bolla d'estate, lei sta viaggiando sulle sue stesse
frequenze o se gli abbia fatto quella concessione per semplice gentilezza.
«Dora. Solo qualche volta.» accetta, appena in tempo, prima di soffermarsi
troppo sul significato di quel permesso da parte di una ragazza che rifiuta
qualunque nome che non sia Tonks.
È una Molly indaffarata che quel giorno arriva in cucina e li reclama
entrambi per continuare la pulizia di quella casa, mettendo fine alle loro
chiacchiere.
Si dà dello stupido mentre, alzandosi per primo da quel divanetto e
tendendole poi una mano, non riesce a fare a meno di pensare che Dora è
proprio un dono in quel periodo buio e soffocante, in mezzo a tutti loro
che una guerra l’hanno già vissuta e hanno perso troppo. È una parentesi
d'estate che si apre e si chiude su quelle sedute, che con tutti quei colori
riesce a fargli dimenticare solo per un po', il tempo di scambiare poche
parole, il buio di Grimmauld Place, le inquietudini
attaccate alle pareti di quella casa e di sé stesso.
***
Eccomi!
Questo
momento doveva arrivare ed è arrivato!
È
da un po' che Remus e Tonks
mi ronzano nella testa, è da un po' che vorrei sbirciare alcuni momenti della
loro storia ma da insicura cronica quale sono spesso mi tiro indietro. Perché
sono due personaggi enormi e ho paura di non saperli rendere nel modo
giusto.
Comunque!
Qualcosa nella testa c'è e quando è così mi dispiace anche mettere i sigilli
quindi vorrei farla uscire.
Questo
momento non ha pretese, è una parentesi. Rileggendo l'Ordine della Fenice Remus e Tonks danno l'impressione
di avere un feeling molto naturale, quindi non immagino subito
resistenze/insistenze fra loro due, credo che il loro rapporto sia nato
spontaneamente quando l'Ordine si è ricomposto e si sono conosciuti.
Non
seguirò un ordine cronologico. Il proposito è solo quello di scriverci, sarà
una raccolta di momenti disordinati che proverò a collocare comunque nel tempo
con una data.
Ninfadora, dice il buon vecchio Google, è un nome che
deriva da due parole di origine greca, "ninfa" (o “sposa”) e "dono".
Grazie
se siete arrivati fin qui, spero che questa piccola parentesi sia stata
piacevole.
Mano
sul cuore,
gabry