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Autore: Rinalamisteriosa    18/11/2021    0 recensioni
Dedicata a Rota ^__^
Questa avventura iniziò il giorno in cui un giovane ragazzo dai capelli castani e dagli occhi accesi di vitalità, la cui fama era ben nota in tutto il Regno per la sua tenacia inarrestabile e il suo eroismo disinteressato, venne convocato al palazzo reale.
Non si trattava di uno di quei cavalieri legati al proprio sovrano da un giuramento inscindibile: era più un cavaliere giramondo e libero che offriva gratuitamente i propri servigi a chiunque avesse bisogno di qualunque tipo di aiuto o di protezione.

[Coppia principale: ChiaKana | Coppie secondarie: Jun/Fem!Hiyori e altre da stabilire]
{Primo capitolo partecipante al Writober2021, pumpblanck list, indetto da fanwriter.it | Prompt: Fantasy!AU}
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Chiaki Morisawa, Kanata Shinkai, Midori Takamine, Nagumo Tetora, Shinobu Sengoku
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Capitolo 2

 

 

 

Qualche ora prima, alla locanda Eden, qualcuno aveva preparato un infuso alle erbe dopo aver atteso che l’acqua andasse in ebollizione. Egli si chiamava Jun: era un giovane dai capelli blu molto scuro al momenti sciatti, poiché si era svegliato da poco, e gli occhi dorati.

Tempo cinque minuti e il comproprietario della locanda era salito al piano di sopra recando un vassoio con sopra il profumato infuso dentro una tazza bianca in ceramica.

Scostando leggermente la porta di legno di frassino era entrato nella camera dove, accanto alla finestra con delle tendine color verde oliva, vi era un semplice letto matrimoniale con una giovane dai voluminosi capelli biondi e con ancora indosso la vestaglia da notte, mentre tra le sue braccia dormiva beata una piccola bimba con in testa un ciuffetto di capelli scuri.

Era passato circa un annetto dalla sua nascita che aveva allietato la loro vita coniugale, anche se non mancavano certo i momenti in cui le stavano dietro un po’ di più senza mai riposare, come quando aveva contratto una febbre alta che li aveva tenuti in allerta per cinque giorni, ma fortunatamente era guarita grazie alle cure di un bravissimo cerusico.

«Hiyori, io devo aprire la locanda: prenditi il tuo tempo per bere e per sistemarti: vi aspetto sotto», sussurrò per non disturbare.

«Jun, aspetta! Stai dimenticando una cosa importantissima!» esclamò, dopo averlo visto deporre il vassoio nel comodino vuoto accanto a lei.

La donna aveva chiuso le palpebre e stretto le labbra, sporgendole in avanti e in attesa. Jun decise all’istante di accontentare la sua graziosa principessa soltanto perché sapeva per esperienza che altrimenti gli avrebbe tenuto il broncio per tutto il giorno, il loro bacio fu veloce ma passionale abbastanza per farla felice.

«Mary, adesso noi due ci facciamo belle, ok?» Hiyori si rivolse alla loro bimba sollevandola delicatamente e sfregando con dolcezza il naso contro il suo, piccolissimo.

 

 

 

Midori scelse senza alcun indugio di occupare il posto più appartato della locanda, senza incrociare lo sguardo di nessuno, con l’intento di rimanere inizialmente per i fatti propri. Sperò di non essere sembrato troppo rigido mentre raggiungeva quella sedia dietro una pianta in vaso dall’aspetto ben curato. Quasi saltò quando comparve il locandiere per porgergli una pergamena con il menù trascritto sopra con l’inchiostro.

«Grazie m-mille!» esclamò per cortesia.

«Va tutto bene?» domandò Jun, vedendolo così intimidito. «È bello vedere volti nuovi ogni tanto. Da dove provieni?» continuò per rompere il ghiaccio ed essere accogliente come richiedeva il suo ruolo.

Forse incoraggiato dal suo sorriso, Midori replicò con più serenità: «Dai Monti Shiranui. Sono in viaggio su richiesta del mio maestro, per questo sono giunto fin qui, ma si tratta di una missione segreta quindi… non ne parlerò», si limitò a replicare, grattandosi la nuca.

«Va bene, non insisto. Aspetti qualcuno, per caso? Molti scelgono la nostra locanda per darsi appuntamento».

«No. A-avete altri avventori, pare», riferì cambiando discorso, poiché aveva appena visto la porta principale aprirsi con lo scampanellio della campanella posta sopra, come si era mossa anche con lui.

Dall’ingresso della locanda entrarono due persone, precisamente due giovani, e la prima cosa che attirò lo sguardo di Midori fu lo spadone che uno di loro portava al fianco. Non credeva che avrebbe avuto la possibilità di vedere già un cavaliere importante, pensando che avrebbe dovuto viaggiare ancora prima che succedesse. Lo sfiorò la possibilità di chiedergli se per caso potesse accompagnarlo nel luogo in cui era diretto, tipo fargli da scorta, ma magari era già impegnato e questo lo frenò subito dall’alzarsi in piedi e andare a domandarglielo. Chi era lui per avere pretese del genere? Solo un maghetto principiante da quattro soldi, e poi quelli erano pure muscolosi in confronto a lui, gracilino.

 

 

 

Chiaki era andato dritto e sicuro verso il tavolo centrale, con quattro posti, di cui due erano già occupati, perciò chiese se per caso gli dispiaceva se si univano a loro a bere in allegria.

Si trattava di un tizio biondo con una benda nell’occhio sinistro e l’altro occhio con l’iride azzurrissima, mentre il suo vicino era un ragazzino dai capelli rosa e un’acconciatura circolare ai lati delle orecchie. Corrispondeva esattamente alla descrizione che avevano riguardo agli informatori.

Fu quello più grande a rispondere seraficamente: «D’accordo. Accomodatevi pure».

 

 

 

«Mio caro Shinobu, ti dispiace andarci da solo? Non sono il benvenuto in luoghi del genere», disse Kanata, accucciandosi dietro una cassa di legno nel retro della locanda Eden. Da qualche metro avevano visto Chiaki e il suo assistente nel momento esatto in cui vi si erano introdotti, per poi sgattaiolare furtivamente dove si trovava un’uscita secondaria della struttura.

«Solo perché la gente non capisce! Per fortuna non hanno tutti dei pregiudizi contro le sirene, ma sarebbe bello se le cose cambiassero», si dispiacque il ragazzo ranocchio, calando contrito il capo.

«Già. Non immagini quanto ti sia grato per essere dalla mia parte, Shinobu: sei sempre un alleato così prezioso», gli sollevò il morale la creatura marina, attualmente nella sua forma umana.

«Basta mettermi in imbarazzo! Adesso entro anch’io», asserì lui, guardando il cielo e stringendo i pugni.

«Vi aspetto qui», mormorò l’altro con totale fiducia accompagnata da un sorriso sincero.

 

 

 

«Sì, esatto, quella volta ho steso un orso combattendo a mani nude! Ahah», confermò Chiaki dopo che Tori – il nome del ragazzino, che lo fissava meravigliato con gli occhi sgranati e la cannuccia tra le labbra – gli aveva domandato se questa vicenda su di lui fosse accaduta veramente.

Erano passati pochi minuti da quando erano stati serviti con due tazze di latte per quest’ultimo e Tetora, e due boccali di vino rosso per Chiaki e il misterioso giovane con la benda che non si era ancora presentato. Non aveva per nulla toccato il suo boccale, solo ci aveva girato un dito intorno più volte, riflettendo su chissà che.

«Cosa spinge un cavaliere così valoroso come lei da queste parti?» domandò allora il biondo con tono apatico, fingendo disinteresse.

«Sono stato convocato da Re Leo e mi è stata affidata una missione, ma prima di decidere come muovermi ho pensato che qui, tre giorni fa, dovrebbe essere passato un individuo alquanto sospetto. Sapete dirmi qualcosa a riguardo? Pensateci: recava con sé qualcosa che non ha mai tirato fuori?» chiese, arrivando al sodo con il motivo per il quale si trovavano lì.

«Costui ha i capelli castani: purtroppo è l’unica informazione che abbiamo ottenuto da una donna che lavora a palazzo», aggiunse Tetora, leccandosi le labbra sporche del buon latte.

Il tipo ben informato, appoggiando il mento nella mano, il volto reclinato, l’occhio sano stranamente assottigliato e quasi tagliente, tirò un sospiro.

«Ti dirò quello che so, ma prima vorrei precisare una cosa: sono stato gentile perché inizialmente non ti avevo riconosciuto. C’è una diceria sull’eroico cavaliere Chiaki, su Red Chevalier, che non mi piace: tempo fa hai salvato una sirena».

All’ultima parola cadde un silenzio intimidatorio. Qualcuno dei presenti sussultò.

Chiaki mantenne comunque il suo entusiasmo.

«Sì, è vero. L’ho fatto, signori e signore. Ed è una delle cose che rifarei perché non c’è nulla di male», fu la sua pura e semplice replica.

«Le sirene sono pericolose!» sbottò l’altro.

«Eichi-sama!» esclamò Tori, che sapeva il motivo di quel comportamento, ma non aveva il permesso di rivelarlo dallo stesso.

«Ne hai conosciuta qualcuna per affermare ciò?» domandò Chiaki senza ancora farsi turbare dalle loro parole. Era abituato alle provocazioni, di qualunque natura esse fossero. Aveva impiegato anni per allenare l’autocontrollo, mentre prima sicuramente si sarebbe arrabbiato. Arrabbiarsi, però, recava solo rancore e odio e lui non voleva affatto cedere a quei sentimenti così negativi.

«Non personalmente, ma-».

«Kanata è gentile. Ha un cuore grande quanto gli abissi dai quali proviene. Non farebbe del male a nessuno».

Aveva dato questa risposta con un tono meno squillante, più intenerito. Eppure Eichi non riusciva a concepire un tale affetto: non poteva. Aveva perso qualcuno di importante.

«Ti avrà abbindolato, allora! È un mostro come tutti quelli della sua specie!» enfatizzò, balzando in piedi e battendo i pugni sul tavolo nello stesso momento.

«Vuoi attaccare briga, per caso? Io sono sempre pronto a difendere il padrone con i miei artigli. Se padron Chiaki afferma che le sirene sono buone, io gli credo!» ringhiò Tetora, venendo però trattenuto per una spalla dall’altro, che sorrise per rassicurarlo che non c’era bisogno di aggredire nessuno.

E poi la sua forma animale avrebbe sicuramente scatenato il panico generale. Meglio non utilizzarla.

A giungere in suo soccorso per quanto riguardava il tranquillizzare i presenti, Hiyori, con i capelli legati in una coda alta e il vestito da locandiera a balze sotto il grembiule, si mise al fianco di Eichi. Era una delle poche persone al mondo a poterlo fare dato che si conoscevano da anni, anche non sempre sopportava il suo carattere.

«Calma, calma, calma. Non c’è bisogno di scaldarsi, miei cari! Eichi, non provocare i nuovi clienti, per piacere. Ho perso il conto di tutte le volte in cui te l’ho detto. Torna a sedere, su, da bravo!»

«Me ne vado», ribatté invece, riportando almeno il suo tono all’apatia dimostrata precedentemente. Si rivolse al ragazzino che era insieme a lui: «Tori, dagli l’informazione che desiderano, così se ne potranno andare anche loro».

 

 

 

Udirono che il ladro della statuetta – erano certi fosse lui poiché non avevano altre piste – si chiamava Madara, si era fermato a bere lì appunto tre giorni prima, e animato dall’alcol in circolo aveva riferito allegramente il suo piano. La sua intenzione era di imbarcarsi verso l’isola più vicina, poi da lì avrebbe preso un’altra nave e infine un cavallo che lo avrebbe condotto fino al castello di Re Rei, nel Regno confinante.

«A quest’ora potrebbe essere arrivato a destinazione, o quasi, non pensate anche voi?» affermò Tetora.

«Temo proprio che sia così», rispose Hiyori, che si era fermata ad ascoltare, seduta nella sedia prima occupata da Eichi.

«Dobbiamo imbarcarci nella prima nave disponibile verso la medesima isola, dunque», dedusse Chiaki.

«E-ehm, scusatemi se mi intrometto», si inserì una voce bassa, timida.

Anche Midori aveva preso il giusto coraggio per avvicinarsi al gruppetto riunito nel tavolo centrale.

«Io, forse, ho una suggerimento più rapido per il vostro caso».

Persino Shinobu, che nel frattempo si era fatto servire da Jun una specialità della locanda, senza ancora farsi avanti con Chiaki per svelare il fatto che Kanata lo attendesse fuori, rimase stupito e quasi impietosito da quel tipo che sembrava stesse per svenire da un momento all’altro.

 

  
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