Scusate la tempistica dell'aggiornamento e anche il contenuto di questo capitolo, che non vede sostanziali novità nel racconto.
Capitolo
7
Partirono la mattina del
13 luglio, in una giornata che si prometteva asciutta e leggermente
ventilata.
Oscar trovò
inaspettatamente i suoi genitori nell'androne del palazzo: sua madre,
appena giunta da Versailles, e suo padre. Si tenevano stretti, come
non li aveva mai visti fare. Non ci furono parole tra loro. Solo
quando ormai stava varcando la soglia, il generale le ricordò la sua
promessa. Gli rispose con un sorriso, alzando la mano in un gesto di
saluto. Fuori l'attendeva la carrozza, con due piccoli bauli
sistemati nell'alloggio posteriore, vicino ai quali Andrè stava
legando Caesar.
Gilbert era già seduto
sulla serpa, mentre Marie l’ aspettava accanto alla portiera,
perchè potesse salire per prima. Le due donne si disposero una di
fronte all'altra. Oscar si aspettava un momento di commozione da
parte di Marron, in fondo lasciava la dimora dove aveva servito e
vissuto per decenni. E invece, non appena le ruote cominciarono a
muoversi sul selciato, estrasse dalla sua borsa una stola riccamente
lavorata e l'avvolse attorno alle sue spalle.
"Credo che suderò
anche senza di questa, Nanny, grazie”
“Il Generale vostro
padre si è raccomandato moltissimo con me per la vostra salute,
madamigella”
L'ilarità scomparve dal
tono di Oscar.
“Cosa ti ha detto...di
me?”
Marie alzò lo sguardo e
si sistemò gli occhialini, quasi a volerla guardare bene.
“Che avete bisogno di
cambiare aria...e anche di cambiare vita, per la vostra salute! E gli
ho promesso che vi avrei impedito di trascurarvi ancora ”
Oscar si appoggiò allo
schienale e chiuse gli occhi, sospirando. Doveva essere più
esplicita con la sua vecchia governante? Doveva prepararla a quello
che poteva accaderle durante il viaggio, o anche dopo, se fosse
riuscita a concluderlo?
“Mi ha anche ordinato
di aiutarvi a essere felice. A seguire il vostro cuore, queste sono
state le parole esatte” continuò, facendole aprire gli occhi.
“E ricorda che solo
questo è importante,
ha ribadito chiaramente il vostro signor padre”
“L'hai sempre fatto,
Nanny” la rassicurò.
Furono interrotte da
un'evidente sbandata dell'abitacolo, che si inclinò pericolosamente.
“Piuttosto, saremo al
sicuro con quei due a cassetta?” esclamò l'anziana donna,
stringendo al petto la propria borsa.
Andrè si era seduto alla
guida, accanto a Gilbert, al quale stava insegnando come condurre una
carrozza.
Li sentì battibeccare,
Gilbert era tra i due quello che alzava maggiormente il tono di voce,
accusando Andrè di non si sa quale distrazione. Poi calò il
silenzio e il viaggio proseguì senza altri incidenti.
Quanto udirono i
campanili delle campagne attorno a Parigi battere mezzogiorno, si
fermarono per una prima tappa e per mangiare qualcosa. Non era sicuro
sostare nei villaggi: sebbene avessero tolto qualsiasi segno di
opulenza dalla carrozza, erano pur sempre dei benestanti in viaggio,
con un proprio veicolo ed un cavallo, appariscente ed in carne, al
seguito.
Cercarono una macchia di
alberi che potessero fare ombra sulla carrozza e, cercando di non
essere visti dalla strada, si misero a mangiare qualcosa dalle
provviste preparate per il viaggio, in silenzio, ognuno immerso nei
propri pensieri. Andrè fu il primo a finire, si allontanò dal
gruppo per cercare dell’acqua a cui abbeverare i cavalli. Li liberò
dai finimenti e li condusse verso un canale. Oscar lo seguì,
offrendosi di aiutarlo.
“Il sole è forte a
quest’ora, rimani all’ombra” le disse. Ma lei ignorò il suo
consiglio: si sentiva bene, in forze, anche un po’ stufa di
restare seduta e inoperosa sullo scomodo sedile della carrozza,
voleva rendersi utile, finchè poteva. Andrè invece le appariva
inquieto, preoccupato, e non solo per la sua salute.
“Come se la cava
Gilbert?” chiese mentre lo seguiva conducendo Caesar.
“Bene, quando ascolta e
non pretende di strafare!”
Oscar sorrise.
“Bisognerà anche
insegnargli a cavalcare e a governare un cavallo…”
Lo sentì sospirare e lei
gli appoggiò una mano sulla spalla. Lui continuava a volgere lo
sguardo nelle campagne circostanti.
“Oscar…vedi qualcuno
a lavorare nei campi?” le chiese, cambiando discorso.
“No, nessuno”
Avvicinò i cavalli da
traino all'acqua e sfilò loro la capezza perché potessero
abbeverarsi.
“Non mi piace questa
cosa…è tempo di mietitura, dove sono tutti quanti?”
Oscar non sapeva cosa
rispondere.
“Avvisa Gilbert e mia
nonna di prepararsi, è meglio non perdere altro tempo”
Dopo meno di mezz'ora
erano nuovamente in viaggio.
Oscar chiese ad Andrè di
unirsi a lei ed alla nonna all'interno della carrozza.
Quando Gilbert spronò i
cavalli, si sporse verso di lui, seduto di fronte, e gli chiese
chiaramente che cosa lo preoccupasse tanto.
“I contadini dei
villaggi abbandonano i campi, e si dirigono su Parigi. Mossi dalla
fame, attizzati dagli oratori improvvisati che girano di paese in
paese, abbandonano le loro poche cose e si riversano in città. Dove
c'è ancora meno cibo, dove le truppe richiamate dal re controllano i
forni e i magazzini dei viveri. Credo che la fase pacifica di questo
confronto tra la famiglia reale, con i nobili ed il clero, e il
popolo stia per finire. Ricordi Saint Antoine? Ce ne saranno di
continuo, contro tutto e tutti.” e concluse prendendo da sotto il
sedile una borsa di cuoio e cercando alcuni fogli di carta stampata.
“Posso leggerli io?”
chiese lei, delicatamente.
Erano fogli scritti
fittamente, con una stampa grossolana, a volte scolorita.
“Dove li hai presi?”
chiese mentre si allungava verso il finestrino in cerca di luce.
“Li trovi ovunque,
Oscar. Questi li distribuivano l'ultima volta che ho ascoltato
Bernard”
Sollevò lo sguardo dalle
pagine stampate solo per un attimo. Non si abituava ancora all'idea
che lui avesse un mondo al di fuori del tempo che divideva con lei,
anche adesso che era solo un suo soldato e non più il suo personale
attendente. Un mondo di curiosità, dubbi, interessi, che andava
soddisfacendo come poteva, senza di lei, senza coinvolgerla. E di
questo non poteva certo fargli una colpa.
Lesse a voce alta
declamazioni di diritto popolare e di incitamento alla lotta. Poi
passò ad una copia di L'amì du peuple , con una
pubblicazione di Marat*.
I re non devono essere «sovrani», ma soltanto gli amministratori delle entrate pubbliche: come scusarli quando se ne fanno proprietari e le dissipano in scandalose prodigalità?; devono essere virtuosi, ma sono i primi a traviare le donne e i loro sudditi; dovrebbero governare in pace il loro popolo e lo sacrificano ai loro desideri, al loro orgoglio, ai loro capricci; devono essere ministri della legge e invece se ne fanno padroni, non vogliono vedere nei loro sudditi niente altro che schiavi.
Fece
una pausa, impressionata da quelle parole. Le capiva, le sentiva.
Marie
muoveva rapidamente le dita, concentrata sul suo ricamo, mentre
Andrè aveva reclinato il capo e chiuso gli occhi. Respirava piano
nel sonno.
Chiuse infine il pamphlet
e si chinò
per rimetterlo al suo posto, nella borsa consunta che Andrè
tratteneva tra i piedi. Sentì con le dita una copertina rigida, come
di un libro, ed allora, mossa dalla curiosità di conoscere le
letture di Andrè, lo estrasse dalla sacca. Non era un libro, ma un
piccolo quaderno rilegato, con una copertina in pelle scura,
leggermente usurata agli angoli. Aprì la prima pagina e riconobbe la
calligrafia tremolante della sua governante
Al
mio caro nipote Andrè
tua
nonna Marie
Santo
Natale 1787
La intenerì tenere tra
le mani un dono di Marron a suo nipote, sicuramente scelto con cura e
parsimonia. Regalare un diario ad un popolano, un semplice
attendente, significava vedere al di là del ruolo, conoscere la sua
sensibilità e la sua capacità di osservare il mondo attorno e
dentro di lui, e di saperlo tradurre in parole.
Sotto questa dedica Andrè
aveva scritto una frase.
Un uomo è libero nel
momento in cui decide di esserlo.
Voltaire
Aprì il quaderno seguendo il punto indicato con un segnalibro in tessuto e i suoi occhi si spalancarono. Guardò di sfuggita l'anziana governante che sferruzzava davanti a lei, come se temesse di essere scoperta a violare un suo segreto. Poi passò delicatamente le dita sul nastro blu che lei aveva evidentemente cucito alla copertina...lo stesso che per tanti anni aveva visto trattenere i folti capelli di Andrè. Probabilmente l'aveva recuperato dalla coda di cavallo che lui si era tagliato senza un attimo di esitazione, quando aveva deciso di prendere su di se tutti i rischi della loro impresa. Senza rimpianti, per quei capelli rovinati e per quello che era accaduto poi, ai suoi occhi. Ma Nanny, forse perchè nulla deve andare sprecato, o forse per un moto di nostalgia verso un oggetto che il suo ragazzo indossava da sempre, e sempre uguale, lo aveva recuperato e trasformato nel segnalibro di quel diario. E per Oscar toccare quel lembo di tessuto fu come sentire tutte queste cose, improvvisamente. Lo spostò e ritrovò la calligrafia famigliare di Andrè, anche se le parole erano scritte senza la precisione che lo avevano sempre contraddistinto, come nella citazione di Voltaire nella prima pagina.
12
luglio 1789. Mattina.
Ieri
il ministro Necker è stato costretto a dimettersi. Poi si è sparsa
la voce di un possibile massacro.
Ormai
Parigi non dorme più. La gente corre per le strade secondarie con
fucili e pugnali. I 100.000 soldati arrivati a Parigi gridano contro
il popolo.
Confusione
e sospetto: sono questi i segni della nuova epoca?
Sono
indispensabili per un domani radioso?
Non
so dirlo. Non mi resta che vedere questa fase di transizione, con
questo mio occhio destro che ormai sta perdendo la luce**
Si interruppe e alzò gli
occhi su di lui. Sentì con rinnovata convinzione la bontà della sua
decisione di lasciare Parigi, di portarlo via con sé, lontano da
quella confusione e quella violenza.
Tornò indietro di
qualche pagina.
Montesquieu
sostiene che non esista un potere divinamente attribuito, che nessun
re può arrogarsi il diritto di governare in virtù di questo. Nessun
dio sceglie i re su questa terra.
Mi
chiedo come potranno mai avvicinarsi a questa idea i re di Francia! E
non solo perchè significherebbe rinunciare a privilegi e ricchezze,
di cui dispongono senza alcuna fatica. Mi domando come potrebbero
accettare che la loro vita sia stata definita e governata da qualcosa
che non sia la volontà di Dio. Come potrebbe allora considerare la
nostra regina, gli affetti sacrificati alla ragion di stato? Quello
di sua madre, della sua famiglia e del suo popolo, che ha lasciato
per sempre, a soli quindici anni. Quello per un uomo, a cui non ha
nemmeno potuto votarsi in segreto. La sua libertà, imbrigliata in
cerimoniali tediosi e vessanti. Una vita di agi in una gabbia dorata,
senza vedere nient'altro che la reggia di Versailles e i suoi
giardini. Con mille occhi sempre addosso, nessun segreto, nemmeno il
più intimo. Ha dato alla luce il suo primo figlio davanti ad una
folla di nobili curiosi! E lo stesso vale per il nostro re, un uomo
timido e pacato, che non ha scelto di diventare re a vent'anni, non
ha scelto la propria moglie, non ha scelto le responsabilità di un
grande paese come la Francia. Non ha scelto mai nulla e adesso ci si
aspetta che assuma delle posizioni in una situazione tanto difficile.
Si
può dire a due persone così che Dio non c'entra niente con il loro
destino? Che non erano dei prescelti dall'Altissimo ma solo delle
pedine degli uomini? Un Re ed una Regina, ma pur sempre oggetti su
una scacchiera, mossi da altri?
Si
può pensare che accettino supinamente l'idea che la loro vita sia
stata tutta una menzogna?
“Siamo arrivati al
cambio di posta” urlò Gilbert dalla predellina, interrompendo la
sua lettura.
Nanny, che a sua volta si
era lasciata cullare dal dondolio della carrozza, sobbalzò come
colta alla sprovvista.
“Oh cielo! Credo di
essermi appisolata” esclamò sistemandosi la cuffietta e riponendo
il lavoro di ricamo che teneva in grembo.
“Hai fatto bene-le
rispose Oscar- il tempo passa più velocemente così”
La carrozza rallentò
fino a fermarsi del tutto e dopo pochi istanti videro la portiera
aprirsi e la faccia sempre imbronciata del ragazzo. Non attese che le
donne scendessero e si allontanò con la scusa di “dover fare
acqua”.
“Dobbiamo svegliarlo”
disse Marie mentre scendeva, volgendo lo sguardo al nipote,
accovacciato di fianco a lei. Oscar fermò il braccio con cui stava
per scuoterlo.
“E' meglio che riposi,
ha faticato tanto per i preparativi”
Lasciò che la nonna la
precedesse, poi prese uno dei cuscini con i quali la governante
l'aveva circondata, perchè potesse sopportare nel modo più
confortevole i sobbalzi durante il viaggio, e sollevando
delicatamente il capo di Andrè, lo mise tra questo e il legno delle
parete. La mano seguì poi un percorso tutto suo, soffermandosi sui
suoi capelli scuri, in una leggera carezza.
Stai perdendo la
vista, ma continui a vedere il mondo intorno a te, a coglierne i
mutamenti e i pericoli. Ed io ora ti vedo, interamente, vedo il tuo
cuore, generoso e colmo di amore per me, e la tua mente, che ascolta
e riflette, libera, mai soggiogata a convenzioni o pregiudizi.
Desidero che tu possa esprimerti non solo tra le pagine nascoste di
un tuo taccuino, che il tuo pensiero possa arrivare a quante più
persone possibile.
“Non scendete?”
La voce di Gilbert la
riportò alla realtà. Si unì agli altri malvolentieri, avrebbe
voluto restare dentro quelle quattro mura di legno, a vegliare il suo
respiro lento e pacato. Ma doveva occuparsi di pagare il cambio dei
cavalli e dare un po' di tregua anche alle sue membra, da ore nella
stessa scomoda posizione.
Aprì la mappa che aveva
portato con sé e constatò che erano giunti a Barbizon, vicino a
Fontainbleu, dove aveva pensato di soggiornare per la notte.
La locanda che ospitava i
viandanti si chiamava La Cle d'Or ed era una graziosa costruzione in
pietra, nella via principale del villaggio, con la facciata
parzialmente nascosta da un rigoglioso rampicante.
Oscar parlò con la
locandiera per organizzare la sistemazione per la notte.
La donna diede loro
un'unica ampia camera nonostante le proteste di Marie.
“Non vi consiglio di
separarvi per la notte. Non possiamo garantirvi che qualcuno entri
per derubarvi.”
L'anziana donna ottenne
quantomeno uno sgabuzzino con i pitali per avere un po' di intimità.
Rimase anche contrariata
dalla povertà della cena, pagata profumatamente e costituita da un
piatto di brodo in cui galleggiavano, come isole nell'oceano, piccoli
pezzi di carote e patate. Oscar ed Andrè si scambiavo sguardi
furtivi, tra i brontolii di Nanny ed il silenzio ostile di Gilbert.
Quando si coricarono, uno
accanto all'altro, la nonna pretese che Oscar si coricasse tra lei ed
il muro, che Andrè si sitemasse vicino a lei e Gilbert occupasse il
posto più esterno del giaciglio.
Il ragazzo fu l'unico a
sprofondare in un sonno profondo, gli altri rimasero immobili ad
agitarsi, nella mente.
Oscar tossì qualche
volta, sperando che la cosa non fosse notata. Aveva la fronte
imperlata di sudore, probabilmente la solita febbricola. Si spinse il
più possibile contro il muro, affinchè la balia non si accorgesse
di nulla, e si sentì sollevata quando all'alba la vide alzarsi e
prepararsi, com'era solita fare. Uscì richiudendo
lentamente la porta alle sue spalle.
Allora Oscar si voltò e
vide il volto di Andrè, adagiato sullo stesso cuscino che lei gli
aveva dato in carrozza, finalmente rilassato da un sonno tardivo.
Per la prima volta sentì
il desiderio del suo corpo, del suo abbraccio. Era vicino, ma non
abbastanza. Fece scivolare piano la mano sul lenzuolo, nello spazio
che aveva occupato Nanny, fino ad incontrare la mano di lui, e la
fermò sotto la sua.
Rimase un attimo ancora a
guardarlo, immobile e inconsapevole accanto a lei, poi chiuse gli
occhi. E in quell'istante senti le sue dita avvolgere e stringere la
sua mano.
Sorrise, senza riaprirli:
per ora le bastava.
*in realtà Marat comincerà a pubblicare questo giornale nel settembre 1789
** traduzione della versione giapponese dell'anime, inizio episodio 37