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Autore: Bored94    05/12/2021    0 recensioni
Post-canon
Dopo la scongitta del Tendōshū e di Utsuro, Takasugi rispunta bimbizzato in una grotta. Sakamoto lo recupera dal Kiheitai e lui, Gintoki e Katsura si occupano di crescere il miniterrorista. Tre ex-jōi alle prese con un miniterrorista a crescita rapida.
Genere: Demenziale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke
Note: De-Aging, Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Quel travestimento fu l’inizio della fine e diede il via a una serie di dispetti, scherzi e ripicche tra i quattro samurai. Per vendicarsi del travestimento, Takasugi svuotò la scorta di sakè dei tre amici nel water. Katsura, Sakamoto e Gintoki si vendicarono andandosene a bere in un bar senza di lui perché «tutti ti vedono ancora come un bambino. Sei troppo piccolo, non ti fanno entrare». Lui rese pan per focaccia seguendoli di nascosto e piantandosi davanti alla porta del locale, dove iniziò a scalciare e strillare, fingendo di mettersi a piangere e indicando i tre amici all’interno del bar. Inutile dire che i tre furono obbligati a fuggire sotto gli sguardi accusatori degli altri avventori.

Dal momento che Takasugi aveva recuperato i ricordi, il suo soggiorno in pianta stabile a casa di Gintoki giunse a termine. I quattro non si separarono del tutto, ma quando Sakamoto partiva per uno dei suoi viaggi, ogni tanto l’amico lo seguiva a bordo della Kairinmaru, per poi tornare con lui sulla Terra, dove restava da Gintoki o Katsura in base a chi fosse stato più fastidioso la volta precedente. Anche i contatti con il Kiheitai si fecero più assidui e, quando il suo corpo ebbe raggiunto di nuovo i quindici anni, Takasugi riprese il suo ruolo come comandante.

 

***

 

«Dobbiamo festeggiare!» urlò Sakamoto a pieni polmoni. Erano passati ormai più di tre anni da quando Takasugi era tornato in vita, questo significava che finalmente era riuscito a raggiungere l’età dei suoi vecchi amici.
«Ma per favore, è soltanto una scusa perché vuoi ubriacarti» lo schernì Takasugi nascondendo un sorriso divertito. Sapeva bene che in ogni caso i suoi… amici avrebbero comunque interpretato correttamente le sue parole.
Gintoki infatti rispose senza battere ciglio. «Oh giusto, perché tu infatti sei astemio, vero Tapposugi?» disse schivando un pugno dell’uomo dai capelli viola. «Vuol dire che tu non berrai nemmeno un goccio. Resterai fermo a guardarci e bere acqua fino a quando non ti saranno cresciute le rane nella pancia.»
I due iniziarono a picchiarsi, mentre Sakamoto rideva in modo sguaiato e Katsura li ignorava per rubare la pipa di Takasugi. «Ehi!» lo redarguì il samurai.
«Chi trova tiene, chi perde piange» rispose il ronin dai capelli lunghi, sollevando un braccio per allontanare la pipa dalla portata dell’amico. «E poi chi te l’ha ricomprata? Non essere egoista.»
 

I quattro amici continuarono a ridere ed azzuffarsi fino a quando non arrivarono alle terme. L’acqua calda e l’atmosfera rilassante ebbero la meglio e anche loro finalmente si acquietarono. Se qualcuno li avesse visti da fuori sarebbero sembrati semplicemente quattro giovani amici che facevano il bagno, scherzavano e si aggiornavano dopo non essersi visti per mesi. Un occhio più attento però si sarebbe accorto di aver già visto da qualche parte i loro volti, anche se forse non si sarebbe ricordato dei telegiornali che parlavano di famigerati terroristi, colpi di stato e coraggiosi eroi che avevano salvato la Terra. Un occhio più attento avrebbe forse notato come i volti e i corpi dei quattro uomini, sebbene ancora giovani, portasseri i segni di numerose battaglie. Nessun occhio però era più attento degli occhi di Kabuki-chō, occhi che vedevano e sapevano tutto e che avevano deciso di lasciare finalmente un po’ di pace a quei quattro che in fondo, dopo tutte le battaglie combattute, dopo tutto ciò che avevano perso e ciò che erano riusciti a salvare, meritavano di essere soltanto dei ragazzi di poco più di trent’anni. Anche se solo per qualche ora.

«Ehi Bakasugi» disse a un certo punto Gintoki. «Adesso hai un corpo nuovo, sei liscio come il culetto di un bambino.»
Gli altri due risero. «Gintoki, non essere così tagliente» lo rimproverò Katsura. «La sua pelle così delicata potrebbe ferirsi.»
«Voi invece pensate di aver bisogno di qualche cicatrice in più?» li minacciò Takasugi, guardandoli in cagnesco.
«Andiamo, andiamo, Shinsuke! Non prendertela» rise Sakamoto mettendogli un braccio attorno alle spalle «se aggrotti le sopracciglia a quel modo finirai per farti venire le rughe!»
Takasugi gli falciò le gambe con una delle sue e lo fece finire sott’acqua. «Morite» rispose mentre gli altri tre sghignazzavano.
«Sei troppo liscio» continuò Gintoki, «così non va. E poi c’è qualcosa di strano» disse avvicinandosi, con una mano ad accarezzarsi il mento.
«Dici?» chiesero gli altri due avvicinandosi a loro volta. Takasugi li squadrò sospettoso.
«Sì sì, non vedete?» disse Gintoki indicando la sua faccia. «C’è un errore di fabbrica, questo qui ha due occhi!» Senza lasciare all’altro il tempo di reagire, il samurai dai capelli d’argento gli saltò addosso. «Zura! Passami la katana!»
La lotta che seguì servì se non altro a stancare i quattro samurai, se buona parte dell’acqua nella vasca finì sul pavimento, nessuno ebbe nulla da ridire.


Dopo le terme, i quattro amici fecero il giro delle strade di Kabuki-chō. Quando tornarono tutti e quattro alla Yorozuya erano completamente ubriachi. Strisciarono sotto al kotatsu, uno per ogni lato, e si addormentarono così. Shinpachi e Kagura li trovarono ancora in quella posizione il mattino dopo.

Quando Takasugi si svegliò, gli altri tre idioti erano ancora addormentati sotto al kotatsu. O forse avrebbe dovuto dire che erano ancora in coma. Osservandoli, Takasugi realizzò che era davvero passato molto tempo dall’ultima volta che era stato loro permesso di stare così. Senza nessun tipo di preoccupazione al mondo o la minaccia di una morte violenta e imminente. Si alzò e si diresse verso il bagno, al suo ritorno notò la busta di foto incriminanti sul tavolo del salotto e per qualche masochistico motivo la afferrò. Si sedette su uno dei divani e si mise a sfogliare le fotografie una per una. Ricordava ciò che era accaduto nei momenti poco prima e poco dopo quelle foto, questo rese l’esperienza ancora più imbarazzante, ma non poteva fare a meno di continuare a guardarle. Non poteva negare che quegli idioti dei suoi amici si fossero impegnati, sembrava anche che si fossero divertiti… Takasugi sbuffò divertito quando vide una fotografia che ritraeva se stesso all’età di quattro anni, intento a pasticciare la faccia di Gintoki, che aveva fatto l’errore di addormentarsi sul divano lasciando “non supervisionato” un Takasugi in possesso di vari pennarelli. Sakamoto e Katsura, invece che fermarlo sembravano stare dando istruzioni su come migliorare la sua opera d’arte. Scorrendo una foto dopo l’altra, Takasugi si ritrovò a pensare che in fondo quei mesi non erano stati così terribili, era stato divertente. Deglutì. Lui si era sentito... felice.
Sentendo dei passi in avvicinamento, rimise via le fotografie e appoggiò la busta sul tavolo, se Shinpachi notò qualcosa non disse nulla. «Buongiorno, Takasugi-san. Gli altri stanno ancora dormendo?»
L’uomo annuì e studiò in silenzio il ragazzo con gli occhiali, che gli rivolse uno sguardo interrogativo. Il silenzio venne interrotto da Kagura che stava rientrando dopo aver passato la notte fuori con Soyo. «Shinpachiiii, ho fame!»
Il ragazzo le rivolse un’occhiata esasperata. «Buongiorno anche a te, Kagura-chan.»
«Ho fame» rispose la giovane yato attaccandosi a un braccio di Shinpachi.
«Non c’era cibo a casa della principessa?» le chiese l’amico, scettico. «E se hai fame, puoi farti da mangiare da sola, sai dov’è la cucina» la prese in giro.
Kagura sbuffò. «A loro non dici di farsi da mangiare da soli» brontolò indicando Takasugi, Sakamoto e Katsura.
«Loro sono ospiti, Kagura-chan.»
«Ma quali ospiti! Questo qui» disse indicando Takasugi con particolare veemenza, tanto che il samurai sollevò un sopracciglio «ha vissuto in questa casa per mesi e anche gli altri due erano praticamente sempre qui! Sono anni ormai che ce li troviamo in casa a intervalli regolari.»
Il battibecco andò avanti per un po’, mentre Takasugi li osservava in silenzio. Nonostante la giovane età e tutti i rischi che questo comportava, quei due ragazzi erano rimasti al fianco di Gintoki per anni e lo avevano aspettato durante i due anni in cui era scomparso. Al suo ritorno erano tornati a combattere e lavorare insieme a lui come nulla fosse, non avevano sollevato dubbi nemmeno su Shōyō. E dire che quell’idiota non aveva voluto dire loro niente…
«Perché avete accettato la richiesta di Gintoki?» chiese a bruciapelo.
Kagura e Shinpachi si girarono a guardarlo confusi. «Che richiesta?» chiesero all’unisono. Takasugi inclinò la testa verso la busta di foto appoggiata sul tavolo.
«Non avremmo dovuto?» il ragazzo con gli occhiali sembrava sempre più perplesso e la ragazza dai capelli rossi lo stava fissando come se gli fosse spuntata un’altra testa.
«Posso capire quei tre idioti in coma laggiù» spiegò l’uomo dai capelli viola «ma voi non avevate le loro stesse motivazioni. Siamo stati nemici per la maggior parte del tempo.»
«È vero» concesse Shinpachi. «Ma dopo Iga, Gin-san sembrava aver cambiato idea. Su Rakuyo abbiamo combattuto insieme. E anche contro il Tendōshū e Utsuro» Takasugi vide passare un’espressione strana sul viso del ragazzo, ma scomparve troppo rapidamente per poterle dare un nome. Poi capì. «Vi ha raccontato cos’è successo alla fine della guerra.»
«Qualcosa» si affrettò a rispondere l'altro. «Non sappiamo tutto ciò che è successo, ma sappiamo che vi conoscevate fin da piccoli, che avete combattuto insieme e… sappiamo cos’è successo a Shōyō-sensei. Capiamo che il rapporto tra voi quattro è più complicato di quello che potrebbe sembrare. Se siete riusciti a superare ciò che è accaduto, non possiamo intrometterci» fece una pausa e lanciò un’occhiata alla yato. «La verità è che a noi non importa di difendere il pianeta. Non abbiamo partecipato alla guerra contro l’Esercito di Liberazione e poi contro il Tendōshū per salvare il mondo. Volevamo solo restare al fianco di Gin-san. Quindi anche ciò che hai fatto tu… se Gin-san ha deciso che non ha più importanza, allora va bene così» concluse il ragazzo sorridendo.
«E poi Gin-chan ha fatto la stessa cosa per noi» aggiunse Kagura, sedendosi di fronte a lui sull’altro divano. «Ha cercato di salvare una persona importante per Shinpachi, nonostante questa stesse cercando di far saltare in aria il pianeta. E beh… conosci già quell’idiota di mio fratello Kamui. Gin-chan sapeva che volevo fermarlo, ma non ucciderlo e mi ha aiutata a farlo, nonostante quell’idiota abbia attaccato e ferito anche lui. Ciò che è stato, è stato. È inutile pensarci ancora.»
«Molto saggio da parte tua, Kagura-chan» commentò Shinpachi.
La yato gli rivolse un’occhiataccia. «Che vorresti dire?»
E così ripresero a punzecchiarsi e bisticciare finché anche gli altri non si furono svegliati. Takasugi dovette ammettere che adesso sapeva come dovevano sentirsi gli altri quando lui e Gintoki si mettevano a litigare.

Takasugi era seduto sul balcone della Yorozuya a fumare. Per una volta Kabuki-chō era stranamente silenziosa. Sentì dei passi alle proprie spalle e non ebbe bisogno di girarsi per sapere che Gintoki lo aveva raggiunto.
«Quei mocciosi che ti porti dietro non sono così pessimi in fondo» disse senza una vera motivazione. Sentì l’amico sbuffare divertito e appoggiarsi alla ringhiera accanto a lui.
«Hai appena detto qualcosa di carino su Shinpachi e Kagura? Stai forse morendo di nuovo?» lo prese in giro il samurai dai capelli d’argento. L’altro lo fulminò con lo sguardo e gli sferrò un calcio che Gintoki evitò. Rimasero in silenzio per qualche secondo, potevano sentire la presenza di Katsura e Sakamoto alle loro spalle. A quanto pare li avevano raggiunti.
«Ho visto il sensei» disse all’improvviso Takasugi. Katsura fece un passo avanti.
«Cosa intendi dire?»
«Mentre ero morto» rispose. «Nell’altana ho visto il sensei. Non volevo tornare, ma ha detto che mi doveva una seconda possibilità, qualsiasi assurdità questo significhi. Come se le mie decisioni fossero state una sua responsabilità» fece una pausa. «Ho provato a convincerlo a farmi restare, ma ha detto che voi eravate ancora qui e che quindi dovevo tornare. Ricordo che a mano a mano che parlava diventavo sempre più piccolo» mormorò quasi sovrappensiero. Gli altri non osavano emettere un suono. «Mi sono ricordato. Mi ha detto di dirvi che ora è in pace, non soffre più. È felice di averci rivisti almeno una volta come se stesso e non come Utsuro. Ed è orgoglioso di ciò che siamo riusciti a diventare. E ti ringrazia, Tatsuma, per averci tenuto d'occhio al posto suo.»
Durante tutto il discorso, Takasugi aveva tenuto lo sguardo piantato davanti a sé. Non era sicuro che sarebbe riuscito a terminare se avesse visto l’espressione sui volti dei suoi amici. Gli altri tre rimasero in silenzio, nemmeno Sakamoto osava interrompere il momento di contemplazione dei suoi tre compagni. Erano finalmente riusciti ad ottenere ciò che avevano rincorso fin da quando combattevano insieme nell’esercito. Dal canto suo, era semplicemente felice che i suoi amici fossero finalmente riusciti ad ottenere un po’ di pace e a ritrovarsi.
Fu Takasugi a rompere il silenzio. «A proposito di Tatsuma... non avevi detto di averci portato un nuovo liquore da provare?»
Il mercante rise in modo sguaiato. «Esatto, esatto! Seguitemi! Nemmeno io l’ho ancora assaggiato, sarà una nuova esperienza...» continuò a blaterare rientrando in casa, seguito dagli altri tre. Takasugi diede un’ultima occhiata a Kabuki-chō, prima di chiudersi la porta alle spalle. Ormai aveva da tempo ripreso il proprio ruolo a capo del Kiheitai, ma adesso aveva un posto dove tornare ogni tanto, quella città non era così male in fondo… il fatto che ci vivessero due dei suoi ami- al diavolo, due dei suoi tre fratelli non aveva niente a che fare con le sue visite. Così come non era affatto felice di rivederli a intervalli regolari e faceva in modo di esternare tutto il suo disappunto quando dovevano mettersi d'accordo per decidere un giorno in cui incontrarsi. Ovviamente alla fine partecipava sempre, ma questo era solo per evitare che Tatsuma gli sfondasse di nuovo la fiancata della nave. Allo stesso modo gli altri tre sapevano che quello era un cumulo di idiozie e che Takasugi era felice quanto loro di aver recuperato un rapporto che pensavano perduto per sempre.
«Grazie» si lasciò sfuggire poco più tardi, dopo il terzo giro di uno strano liquore alieno. Nessuno degli altri tre chiese se si stesse riferendo all’alcol, al fatto di essere stato perdonato così facilmente dai suoi fratelli, all’essersi occupati di lui quando non poteva cavarsela da solo o a tutte quelle cose allo stesso momento. Dopotutto non era necessario e non aveva nessuna importanza, erano di nuovo tutti insieme.

 

***


«Da dove arriva tutta questa gente?» chiese perplesso il samurai dai capelli d’argento vedendo le persone accalcate fuori dal bar di Otose. Shinpachi e Kagura sorrisero, ma non dissero nulla. Gintoki fu ancora più confuso nel vedere che il capannello di persone all’esterno del locale sembrava contrariato. Riconobbe anche qualche cliente abituale della vecchia Otose.
«Vi ho detto di levarvi dai piedi» sentì ordinare la donna in modo brusco. «Vi ho detto che oggi siamo chiusi. Cosa c’è? Forse questo è l’unico bar di tutta Kabuki-chō? Via, sparite!»
Dopo qualche altra lamentela la folla si disperse, minacciando di non tornare più dopo quel trattamento. Tutti sapevano che erano minacce a vuoto. Sarebbero stati di nuovo tutti lì il giorno dopo alla stessa ora.
«Rompiscatole» commentò Otose guardandoli andare via. «Forza, voi tre» li apostrofò poi. «Entrate.»
Una volta all’interno, Gintoki non poté fare a meno di sgranare gli occhi. Erano tutti lì. Per qualche motivo, quella strana accozzaglia di disagio vario che erano i suoi amici, le persone con cui aveva stretto bizzarri legami negli anni in cui aveva vissuto a Kabuki-chō, erano tutti dentro al bar di Otose che lo fissavano sorridendo. Li guardò perplesso. Fu allora che una voce lo riportò alla realtà con il suo solito tono tagliente. «Ve l’avevo detto che quell’idiota si era completamente dimenticato di che giorno fosse» lo punzecchiò Takasugi da un tavolo verso il fondo della sala, dove sedeva con Katsura, che stava scuotendo la testa esasperato, e Sakamoto, che aveva iniziato a ridere per l’espressione confusa di Gintoki.
«È il 10 ottobre, Gin-san» spiegò Shinpachi cercando di non mettersi a ridere. Gintoki sollevò un sopracciglio. Sapeva che giorno fosse, cosa c’entrava il 10- oh. I presenti scoppiarono a ridere, vedendo che finalmente Gintoki sembrava aver capito. Tama arrivò in suo aiuto con un semplice «Buon compleanno, Gintoki-sama.»
Gintoki sorrise incerto, ma non ebbe il tempo di processare ciò che stava accadendo perché a quanto pare gli altri avevano interpretato l’augurio di Tama come il segnale per dare inizio alla festa. Presto si ritrovò circondato da gente che lo tirava in tutte le direzioni per offrirgli da bere e fargli gli auguri. A metà serata Gintoki era già abbastanza ubriaco ed era strisciato verso il tavolo dei suoi vecchi amici, da lì poteva vedere tranquillamente tutta la sala. Nonostante i fumi dell’alcol, era ancora abbastanza stupito che si fossero presentate tutte quelle persone. Lasciò scorrere lo sguardo su tutti i presenti e non poté fare a meno di sorridere vedendo i suoi tre fratelli seduti al tavolo con lui, intenti a discutere di non sapeva nemmeno lui cosa. Sollevò lo sguardo e, vedendo che Shinpachi e Kagura lo stavano osservando, il suo sorriso si allargò.
I suoi amici erano lì. Era riuscito a ritrovare la sua piccola vecchia famiglia e a conservare quella nuova. L'idea che non avrebbe dovuto rinunciare a nessuno gli sembrava ancora irreale e non riusciva a capire cosa avesse fatto per meritare una seconda occasione simile. Vide per un attimo un’espressione stupita comparire sui volti di Kagura e Shinpachi e si accorse di avere gli occhi lucidi. Oh. Beh magari avrebbe potuto dare la colpa all'alcool. O forse no. I due ragazzi sembrarono capire e sorrisero di nuovo, avvicinandosi.
«Buon compleanno, Gin-chan» si limitò a dire Kagura, mentre gli si sedeva in braccio e gli metteva le braccia attorno al collo.
«Buon compleanno» ripeté Shinpachi abbracciandolo a sua volta.
Sì, quello era decisamente un buon compleanno.

  
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