XVIII: La Luna – Aletheia
Aphrodite
chiude gli occhi e appoggia una mano alla
colonna. Anche Shura, dopo Death Mask. Un altro Cosmo che svanisce
nell'aria
fredda della sera, un altro amico che ritorna alle stelle.
Esala
un sospiro, che alle sue orecchie sembra più un
rantolo di dolore, e riapre le palpebre. La notte lo circonda, un manto
blu
scuro che si distende sopra il Grande Tempio, offuscando gli ultimi
sprazzi di
luce e le ultime speranze che ancora possiede nel cuore.
Perché?
Perché sta andando in questo modo?
Perché dei semplici Santi di Bronzo sono arrivati fin
quassù?
Socchiude
le dita intorno a uno dei tralci che si
arrampicano sulla colonna, le spine gli graffiano la pelle e il suo
sangue
stilla in perfette gocce cremisi. Si guarda la mano ferita come se non
appartenesse a lui e un altro sospiro lascia le sue labbra.
Non
è così che deve andare, non è per
perdere degli
amici che si è affidato a Saga. Non è per questo
che ha creduto in lui al punto
da perdere se stesso. Dei semplici Santi di Bronzo che mettono in
ginocchio i
guerrieri più forti, che fanno a pezzi gli ideali in cui ha
sempre creduto. Riderebbe,
se solo gli fossero rimaste le energie per farlo. Ma la sua gioia e il
suo
sprezzo per tutto ciò che ha imparato a ritenere inferiore
sono svaniti insieme
al Cosmo dei suoi migliori amici.
E
adesso cosa gli rimane, se non rose profumate che
non avrebbe mai più potuto regalare?
«C'è
ancora Saga» mormora, sfiorando una corolla rosso
sangue. «Saga e la sua giustizia.»
Un
sospiro.
C'è
Saga, ma non ci sono più i suoi due migliori amici.
Di loro non è rimasto altro che polvere di stelle e
frammenti di ricordi,
petali sfioriti di fiori recisi. Perché continuare a
combattere?
Perché
lui è giustizia, non l'ho forse
seguito per questo? Non è forse per questo che ho tradito
Atena? Perché è stato
lui a chiedermelo?
Serra
le dita intorno al gambo di una rosa recisa, le
spine gli graffiano la pelle dei polpastrelli ma non la incidono.
No.
Non
l'ha seguito perché è giustizia, ma
perché era
tutto. Lo è sempre stato, ai suoi occhi come a quelli di
Death Mask. Il suo
tutto.
Il
suo mondo, l'intero universo nel corpo di un uomo.
Il primo e unico ad aver visto davvero nel suo cuore, ad aver sfiorato
la sua
anima e averci lasciato un piccolo seme, ed è per questo che
continuerà a
combattere. Anche se vorrebbe piangere. Anche se vorrebbe lasciare
tutto e
sotterrare quel poco che rimane dei suoi unici amici.
Lapidi
che non voglio vedere e corpi che
non voglio sotterrare.
Si
porta una mano al volto, a quell'unica lacrima che
ha lasciato solcare la sua guancia, e se l'asciuga con le punte delle
dita. Saga
ha ancora bisogno di lui, dell'unico in grado di comprenderlo e
proteggerlo. Avrebbe
portato a termine il suo compito e poi avrebbe sotterrato gli amici e
ricoperto
le loro tombe di rose, di quei fiori che hanno sempre amato. Saga
sarebbe stato
fiero di lui e lo avrebbe elogiato, come anni fa aveva elogiato Shura,
molto
prima che scoprissero che dietro quella maschera non c'era
più Shion. Quegli
elogi avrebbero reso più sopportabile il dolore.
Un
dolore più penetrante di tutte le spine delle rose
del suo giardino.