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Autore: NorwegianWoodFields    08/12/2021    2 recensioni
Artù, un ragazzo viziato seppur di buon animo, è da sempre vissuto nell'agiatezza e si ritroverà a fare i conti con la realtà più cruda, quella dei comuni mortali, a vivere senza la sua stabilità economica e privilegi vari, cominciando a capire cosa significhi dover provvedere a se stesso, più o meno da solo, senza alcun appoggio da parte del padre.
Merlino è un ragazzo che si fa in quattro con i suoi lavori part time tentando di sostentarsi ed aiutare la madre. Conosce da sempre la realtà nella sua forma più cruda, eppure questo non gli ha mai impedito di essere una persona dalla serenità travolgente.
Entrambi cominciano con il piede sbagliato carichi uno di aggressività e l'altro di pregiudizi. Le "ragioni" della loro ingiustificata antipatia sono effettivamente inconsistenti: si contendono le attenzioni della stessa ragazza, Viviana.
Presto però, la sorte farà si che debbano cominciare a passare molto tempo insieme per lavoro. Scopriranno di essere tanto simili nonostante le loro evidenti differenze. Questa velocità con la quale si legheranno subito in un'amicizia e la rapidità con cui la chimica tra loro esploderà, sarà causa di dubbi esistenziali, paure e rivalutazioni di aspetti abbastanza personali del proprio essere.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Will | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
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"Ma si può sapere cosa vi sarete mai litigati voi due piccioncini, che è successo di tanto grave da farlo tornare a casa?" Chiese Mithian, non appena Artù smise di ripetere, in un balbettio sconnesso, di aver litigato con Merlino. Notò all'istante che lui parve nuovamente adombrarsi a quella parola beffarda, senza nemmeno avere la premura o la forza di celarlo e di farne un mistero. Il biondino le era piombato a casa in uno stato alquanto confusionale, ritrovarselo nel proprio salotto, con quella strana espressione affranta sul volto (di chi aveva appena fatto la cavolata del secolo) l'aveva allarmata e non poco, tanto che decise di avvisare anche Leon, che si era precipitato da loro in quattro e quattro otto.


 


 

"Artù, stai bene? Mi sembri un cencio!" Chiese apprensivo il ragazzo, vedendo lo strano colorito smorto dell'altro, tendente ad un raccapricciante verdastro.


 


 

"Oh andiamo sei preoccupato? Succede fra amici di litigare dai!" Continuò lui.


 


 

"Penso..di dover..io non..." Balbettò l'asino e quando una fastidiosa ed urgente nausea, minacciava di fargli rimettere persino ciò che non aveva mangiato, corse in bagno senza troppe cerimonie. I due lo seguirono, oltremodo apprensivi e videro Pendragon chinarsi sgraziatamente sul gabinetto, prendendo a respirare lentamente, quasi potesse tornargli utile per scongiurare l'impellente bisogno di vomitare.


 


 

"Dicci..siamo tuoi amici, stiamo qui!" Lo spronò il ragazzo dai chiari capelli lunghi.


 


 

"Gli ho detto cose orribili che lo hanno ferito...Cose che non penso di lui, non davvero.” Cominciò, chiudendosi per un po' in un silenzio tombale.


 


 

“Ho sentito una grande rabbia, ho perso il controllo e sono sbottato come un coglione immaturo, mi sono parso un animale, non ce l'ho fatta a riflettere prima di sputare tutte quelle cazzate!"


 


 

"Allora diglielo appena torni, vai da lui, scusati! Ti capirà, siete amici!" Tentò lui di rassicurarlo, non vedeva proprio dove fosse l'enorme problema irreparabile, non poteva immaginare la gravità di quel contrasto.


 


 

"Io...non posso!"


 


 

"Ci dici cosa diavolo ti ha dato tanta rabbia!? Ci stai facendo preoccupare!" Parlò Mithian con tono fermo e leggermente severo, anche se un po' poteva provare a tirare ad indovinare cosa fosse andato storto. Prima di risponderle adeguatamente, Artù si prese un po' di tempo per raccogliere le idee.


 



"Non so più chi io sia e chi io non sia, mi pare di stare in una situazione promiscua, mi incasina il cervello, non ci capisco più un cazzo! Il fatto che lui sia stato in grado in un attimo di demolire quello che ero sicurissimo di essere...mi ha fatto imbestialire!” Parlò rapidamente, fissando il gabinetto sotto il proprio respiro sempre più affannato, sentendo la salivazione salire alle stelle. Quel percepirsi vago, era ciò che da sempre, aveva desiderato evitare. A suo avviso, tutto prendeva a somigliarsi un po' troppo, una cosa diventava l'altra, il confine era sempre più invisibile, inutile, come se non ci fossero state affatto distinzioni e tale sentimento lo riempiva di angoscia. Ci era cresciuto in determinati costrutti sociali, vederli ribaltati, o peggio, frantumati, era come ammettere di aver vissuto in una bugia, e quando si perdevano le poche sicurezze che si credeva avere, il percorso di ripresa e nuova accettazione, non poteva non essere un minimo travagliato.


 


 

"Lui stava andando così...vicino." Sussurrò. Quel fatidico momento, passato da appena una manciata di ore, gli sfrecciò prepotentemente per la testa, così vivido, così intimo, inopportuno, senza che lui riuscisse ad opporre resistenza sulla propria mente per far cessare quel continuo loop di ricordi.

Era Emrys che stava andando così vicino? Una voce assillante cominciò a rimbombargli nel cervello, accusandolo di essere un enorme bugiardo, quella era una delle tante frottole ed inesattezze che si raccontava e che raccontava, per continuare a pararsi da ciò che era invece la realtà delle cose. Poteva ricordare che quello ad essersi approssimato per primo, non era stato affatto il moro, non era stato di certo il marziano a prenderlo per la nuca invitandolo senza ombra di dubbio a scostarsi a suo piacimento per poter stare più comodi una volta che le loro labbra...non osava nemmeno pensare a quella data parola. Delle lacrime di smarrimento, frustrazione e paura, iniziarono ad inumidirgli e pizzicargli gli occhi, minacciando di scorrere indisturbate sulle sue guance, se non fosse stato in grado di cacciarle via. A stento trattenne un versaccio di autocommiserazione e censura, quando la sua immaginazione spiccò uno sconveniente volo, senza che lui potesse imporre dei freni al suo fantasticare, andando inerme, oltre a ciò che non era accaduto pienamente.


 


 

"E io sono rimasto dove ero..." Continuò con vergogna, colpevole. Si disse che era necessario sforzarsi per non dare l'impressione di un individuo patetico che aveva totalmente perduto il senno, ma stava letteralmente abbracciato ad un gabinetto gelido ed era già ridicolo di per sé, tanto che non avrebbe potuto veramente scendere più in basso di così.


 


 

"Vi siete baciati!" Suggerì la ragazza con voce pacata, incapace di nascondere un'estrema sicurezza, in fondo, era stata pur sempre lei ad insinuare che tra Merlino ed Artù ci fosse qualcosa di tenero, senza che avesse mai avuto l'occasione di parlarne un po' più a fondo, senza aver mai provato ad evitare di dissimularlo con quella ridicola maschera di ironia, pur di non urtare le sicurezze del biondino.

Pendragon vacillò nell'udire la voce di lei scandire quella frase come se fosse stata una cosa tanto scontata, prevedibile e persino Leon ne fu turbato, quasi come lei si aspettasse che quei due si baciassero, come fosse stato un evento più che atteso...


 

"Non chiamarlo così!"


 


 

"Bacio? Perché non dovrei chiamare le cose col loro nome? Te ci tieni tanto a questi dettagli!" Se non avesse conosciuto bene Mithian, probabilmente gli sarebbe suonato quasi come un commento maligno ed acido, alle volte, poteva risultare aggressiva o troppo spietata e diretta, era una senza peli sulla lingua.

Il ragazzo dai lunghi capelli mossi, le diede una gomitata dritta alle costole, più volte le aveva detto che non sempre era efficace usare quel modo di fare e certamente non lo era in quell'esatto momento, non sarebbero andati proprio da nessuna parte così! Lei però, era sicura di se, se lo sentiva, era la tattica vincente.




"È un problema. Non...non volevo, i...io..." Farfugliò l'asino.


 


"Artù, mi hai davvero stufato! Ti fai del male se continui a fare finta di nulla! Cazzo, siamo noi siamo i tuoi amici, approfittane per capirti meglio, metti i tuoi dubbi in parole, ma fallo sinceramente, altrimenti non dovresti stupirti se sbotti così come un animale!"


 


 

"Mithian!" La riprese Leon, esterrefatto da quell'impetuosità. Sapeva che in lei non c'era desiderio di insultare, ma ci stava andando davvero troppo pesante. La padrona di casa lo fulminò con un solo sguardo eloquente. Sapeva esattamente cosa stava facendo e se per tirargli le parole fuori dalla bocca, avrebbe dovuto comportarsi da belva, lo avrebbe fatto senza rimorso alcuno.


 


 

"Sii sincero, qual'era il problema di quel bacio?" Continuò lei, quasi fosse un genitore, lasciando che un po' di dolcezza ammorbidisse quel discorso severo.



 

"Il problema è che non mi sono scansato! Ecco! Avrei potuto e avrei dovuto. Era ovvio dove sarebbe andata a parare la situazione. E sono rimasto li. Questo è il problema Mithian! Sei contenta ora?" Rispose, con un tono di voce leggermente alterato, fissandola quasi con rancore, come se quel casino che si ritrovava in testa fosse stato per colpa della sua amica, lei che da tempo sospettava che la natura del rapporto col marziano, fosse un tantino più che amichevole; lei alla quale non si potevano raccontare frottole. Subito quell'occhiataccia piena di risentimento, svanì. Se c'era qualcuno con cui potesse prendersela, di certo non era né Merlino, né la ragazza.


 


 

"Si, sono contenta per te, che stai iniziando a ragionare!"


 


 

"Non avrei dovuto lasciare che ci sfiorassimo in quel modo, a me non piacciono i ragazzi." Sussurrò Artù, mangiandosi le parole.


 


 

"Artù..." Lo ammonì Mithian, oscillando la testa in rassegnazione.


 


 

"Però...Merlino lo è! Ma a me non..."


 


 

"Se è questo quello che lega entrambi, non dovrebbe essere motivo di sofferenza. So quale mentalità ti ha plasmato, ma lavoraci sopra e liberati! Promettilo! Non ignorare le tue emozioni! Se provi a sentirti, sono sicura che farai dei passi avanti, puoi accettarti e meriti di accettarti, al di là delle definizioni che pensavi ti descrivessero! Quella è solo una definizione..." Disse lei, con voce pacata.



 

"...Questi invece, sono i tuoi sentimenti!" Continuò, accovacciandosi e poggiandogli delicatamente una mano sul petto.


 


 

"Molti di noi hanno bisogno di sentirsi parte di un gruppo e di darsi un nome e è rassicurante, finché non fai diventare quella definizione una prigione. Non farlo Artù. Se la realtà ti dimostra altro da quello che credevi o volevi credere, accoglilo, fallo per te, una volta che starai apposto con te, sarai libero di provare un affetto simile, senza generale conflitti che mortificano la tua persona, o la persona di cui sei innamorato!" Gli consigliò, togliendogli le dita di dosso. Da come la guardava, la ragazza era certa che il biondino stesse riflettendo su quelle parole e si pentì amaramente di non avergli fatto prima tale discorso.


 


 

"Quindi...voi due...tu e Merlino...vi piacete, in quel senso!? C'è un interesse di tipo romantico!?" Domandò il ragazzo dai lunghi capelli biondi, quasi come si fosse impallato in quella rivelazione, si sentì uno sciocco a chiedere una cosa che ormai pareva evidente ed appurata, ma ancora non riusciva a prendere atto che, quel gigantesco elefante nella stanza, gli fosse proprio sfuggito. Per un attimo temette che Mithian gli avrebbe dato una botta in testa, come si faceva di solito, quando uno di quei vecchi elettrodomestici smettevano di funzionare per un po'.


 


 

"Non farmi sentire idiota Leon!" Pendragon arrossì.


 


 

"Prova a non sentirtici tu, per una cosa tanto dolce e naturale!" Ribatté lui e l'asino abbassò lo sguardo rimanendo in silenzio per un tempo che parve interminabile, però per un breve istante, si sentì un po' meglio quando quell'insopportabile senso di nausea sembrò star scemando pian piano, insieme alla sua inutile e stupida necessità di continuare ad omettere e mentire. Ma appunto, fu solo un attimo.



 

"Sarebbe una colpa se questo che hai con Merlino diventasse un molesto rimpianto. Ora che sai, dovresti scusarti con lui, per qualsiasi roba fosse quella che gli hai urlato addosso e andare avanti e provare, vedere cosa succede tra di voi!" Gli disse Mithian.





"E se fossi solo confuso? Forse non è quello che sembra. Non mi è mai successo prima, lo avrei saputo andiamo!" Farneticò Artù, come se sentisse il dovere e la necessità di difendersi da qualcosa che non aveva certamente bisogno di giustificazioni o scuse.




"Tu vuoi che io ti faccia lo shampoo annegandoti con la faccia dentro questo cesso, è vero?" Parlò la ragazza, con una voce ferma e tranquilla, anche troppo, abbastanza da farla risultare un'inquietante minaccia. Fu delusa nel rendersi conto che, con molte probabilità, non era lei quella ad avere uno spiccato sesto senso, come aveva creduto da un'intera vita, ma erano il biondino e Leon ad essere dei completi rimbecilliti.



 

"Non vorrei che sembrasse che io ti stia rinfacciando alcune cose di cui non mi hai mai parlato davvero apertamente...Ma se ti spaventa il fatto che non ti sia mai capitato prima con un altro ragazzo, sappi che stai mentendo di nuovo, dovresti rifletterci a fondo e potrai capire che intendo, dovresti sapere a chi mi riferisco, evito di dare troppa importanza al ragazzino in prima media, perché potresti ribattere che eri troppo piccolo, anche se non è una valida scusa a mio avviso!" A quelle parole, Pendragon si alzò lentamente, quasi come fosse stato un cerbiatto che aveva udito dei fruscii sospetti, messosi in allerta, in caso gli fosse tornato vitale iniziare a fuggire se qualcosa fosse andato storto. Leon prese a far passare il suo sguardo dalla ragazza, all'asino, alternamente, poteva ricollegare a cosa si riferisse, ma più andavano avanti con quei discorsi, più aveva l'impressione che avessero vissuto in delle realtà diverse, parallele. Ricordava quando le voci avevano iniziato a circolare, un compagno di classe si era infatuato di Pendragon, gli aveva dato un piccolo ed innocente bacio a stampo. Ma era comunque l'altro ad essersene cotto, in quel caso il biondino non c'entrava un bel niente...così almeno gli aveva assicurato in passato. Mithian sbuffò in un sorrisetto affettuoso prima di riprendere i suoi discorsi scomodi, ma assolutamente necessari.



"Tu ne hai parlato con me... prima che purtroppo Uther lo venisse a sapere, prima di tutte quelle malelingue.” Disse in tono tranquillo, guardando Artù dritto negli occhi, desiderando con tutta se stessa che lui potesse sentirsi al sicuro e che ricordargli quello, non gli suonasse invece, come orrende accuse di colpe disumane.


 


 

“Era stato un piccolo gesto di due bambini che avevano una delle prime cottarelle e tu ne eri felice tanto quanto lui. Poi ti sei spaventato per tutte le cose che hai sentito da tuo padre e hai mentito dicendo che era stato lui e che tu l'hai scansato, e la versione è rimasta questa, tanto ti hanno terrorizzato le sue parole. E forse tu stesso, a furia di ripeterlo, hai iniziato a credere alla tua bugia!"

Il biondino ebbe un impulso ancestrale di fuggire, come fosse davvero un animale, ma, purtroppo o per fortuna, si paralizzò e non capì come mai i suoi stupidi occhi avevano smesso di collaborare, lasciando sfuggire qualche lacrima insensata, per un motivo che non comprendeva appieno. Prese a passare nervosamente, le proprie mani attorno alle palpebre perché non voleva proprio che i suoi amici lo vedessero così, eppure quelle dita tremolanti e quel goffo tentativo di nascondere un pianto evidente, non facevano altro se non accentuarlo. Anche se in cuor suo, sapeva non ci fosse nulla di male nella debolezza, il suo corpo agiva da se, era stata da anni un'abitudine.




 

"Oh no Artù, non c'è un cazzo per cui agitarsi! Tranquillizzati, non c'è nulla che debba farti arrivare a questa tensione!" Lo rassicurò lei.


 


 

"Sono un codardo..." Balbettò Pendragon con voce strozzata, tirando su col naso e a quel punto il ragazzo dai lunghi capelli biondi, non poté far altro se non abbracciarlo affettuosamente. Non riusciva a vederlo in quello stato!


 


 

"Eri piccolo Artù, volevi proteggerti e volevi l'approvazione di tuo padre, non essere cattivo nel giudicarti. Sii comprensivo!" Lo confortò lui.


 


 

"È vero...ma ora è diverso, non hai più dodici anni, una bugia del genere, adesso, sarebbe molto diversa!" Parlò Mithian ed Artù annuì, i movimenti attutiti, affossò ulteriormente il volto nelle spalle del suo amico, nascondendosi nell'abbraccio.



"Però sai, non era lui a cui mi riferivo. Intendevo...Andrea..." Continuò lei, stavolta con estrema cautela.



"Andrea?! La ragazza che poi è andata a scienze della comunicazione?"



 

"No Leon..." Negò lei.



 

"Andrea il tizio stronzo, mezzo sociopatico, quello che non si faceva toccare da nessuno, quello che non ricordava i nomi della gente, che era presuntuoso e narcisista, che poi è partito per la Norvegia?" Si illuminò Leon, ricordando quel compagno delle superiori fuori le righe (per essere buoni) riflettendo su quanti piccoli dettagli gli fossero sfuggiti, particolari che, evidentemente agli occhi di Mithian erano stati più che lampanti. Strinse appena le spalle del biondino, scostandolo per poterlo guardare dritto in faccia e osservò il suo imbarazzo crescere ed una nuova consapevolezza, nei suoi occhi velati di lacrime, a smarrirlo profondamente.


 


 

"Lui non era uno stronzo, era solo difficile...Se ci avessi scambiato due parole te ne saresti accorto." Disse l'asino fiocamente, con la tipica tenera malinconia che si provava, nel rivangare alcuni bei periodi che ormai, appartenevano al passato e somigliavano a deboli rimpianti.


 


 

"In ogni caso non c'è niente da sapere! Non con Andrea!" Continuò, la fastidiosissima inflessione nella sua voce, di difesa, era tornata, seppur parecchio smorzata.


 


 

"Vuoi ancora quello shampoo nella tazza del cesso? O sei davvero tonto, o la tua capacità di repressione funziona benissimo!" Lo punzecchiò la ragazza, esageratamente ironica.


 


 

"Erano solo le fantasie dei compagni di classe!" Ribatté, sventolando una mano, con fare noncurante, entrambi fecero caso però, che nella frase di Pendragon, non era stata posta la stessa sicurezza che ci si sarebbe aspettati da una persona, che come unico desiderio, aveva quello di negare tutto. Di negarsi.



 

"Non era solo una loro fantasia e tu lo sai bene!” Contestò lei con delicatezza, riuscendo finalmente ad attirare lo sguardo di Artù, che si morse il labbro inferiore, forse con un po' troppa veemenza. Quello che gli stava dicendo lo colpiva al petto, si intrufolava brutalmente in lui e lo stritolava dall'interno, ma avrebbe dovuto evitare di prendere anche a singhiozzare come una fallita nullità.


 


 

“Andrea non voleva sbilanciarsi troppo, ma era cotto, e mi ricordo come ti ci comportavi, come gli parlavi, ricordo esattamente tutto quello che mi hai confidato girandoci intorno, senza mai ammettere chiaramente cosa fosse, ma entrambi sappiamo che quando dici che i ragazzi non ti piacciono, stai mentendo. Di nuovo!" Un patetico singulto strozzato uscì dalla gola del biondino, era come se la propria coscienza, fosse uscita da lui, per poi prendere l'identità e la voce dell'amica ed era li la verità, nuda e cruda, a schiaffeggiarlo per dritto e per rovescio. Per la mortificazione di essersi mostrato sì miserevole, si voltò bruscamente, dando le spalle ad entrambi e quando iniziò a sentire delle intense pulsazioni nella testa, premette i pollici sulle palpebre, di più, sempre di più, fino a procurarsi dell'ulteriore dolore.




"Artù, è così?" Questionò Leon e lui lo udì appena, come se le sue orecchie fossero ovattate, dandogli l'impressione di una voce che proveniva da molto lontano.

Pendragon si avvicinò lentamente al lavandino, a quanto pareva, in quel dannato giorno non sarebbe riuscito a far altro, se non piangere come una fontanella e con molte probabilità, poteva aspettarsi che i giorni a venire non sarebbero stati da meno.

Si soffermò su ciò che la ragazza gli aveva fatto tornare in mente, riaprendogli un mondo di ricordi. Il primo giorno delle superiori, non conosceva nessuno, Mithian e Leon erano in una classe differente, si sentiva spaesato, finché non vide Andrea, lo puntò perciò, sedendoglisi vicino, quasi con sfrontatezza. Non capiva perché, ma quel ragazzo lo aveva ispirato fin da subito, apprese successivamente di quanto fosse particolare, caratterizzato com'era dalle più disparate stranezze, all'inizio fu difficile approcciarcisi ed Artù era sempre stato una schiappa con le relazioni umane, tanto più se si trattava di aver di fronte un tipo così enigmatico, eppure aveva desiderato conoscere proprio quel genere di persone a cui l'asino, solitamente non osava avvicendarsi. Era così complicato che tutti lo isolavano, tutti tranne lui e due o tre compagne e compagni, che per qualche ragione vi avevano scorto di più. Così il biondino era riuscito a divenire suo amico con naturalezza, anche se non ci avrebbe mai sperato.

Quando Andrea passeggiava accanto a qualcuno, doveva trovarsi categoricamente al lato sinistro, tanto che Pendragon aveva preso ad appellarlo “Satana”, quindi automaticamente Artù era diventato “Dio”. Sciocco.

Aveva perso il conto di quante volte, nel percorso fuori scuola, Andrè gli aveva catturato delicatamente il volto tra le sue mani, facendolo voltare, per fargli distogliere lo sguardo dalla piazzola dedicata ai mezzi pubblici. Quando l'autobus che il biondino poteva prendere, si trovava già in fermata, era solito dirgli in tono scherzoso “Artù, tu non hai visto niente!” per poi fare un gesto strano con le braccia che nel loro linguaggio era una sorta di rito di ipnosi e nonostante l'asino volesse tornare a casa e mangiare il più presto possibile, si lasciava convincere ed arrivava a piedi, fino al lontano capolinea, con lui, aspettando insieme un'ora.

Il compagno di classe, gli spostava sempre i capellini che gli andavano a finire in faccia, perché non li sopportava e li rimetteva in ordine con quelle che somigliavano parecchio a delle carezze. Andrea, proprio come lui, non era a suo agio col contatto fisico, però una volta creata una certa intimità, ci si poteva dichiarare come entrati a far parte del suo mondo e quando ciò accadeva, diventava l'adolescente più toccoso del mondo. Pendragon si era abituato perciò ai tocchi leggeri che gli riservava, erano simboli della loro complicità, era quasi un tesoro raro.

Ogni tanto però lo infastidiva quando tentava di ficcargli le dita negli occhi “Sono grandi!” affermava, come fosse stata una scusa, diceva che somigliassero agli occhi di una determinata specie di pesce, allora Artù lo fissava imbronciato, offeso e puntualmente l'altro aggiungeva “I pesci sono belli!” con noncuranza.

Un giorno, durante il loro solito percorso, sentirono sghignazzare altri amici, appostati dietro di loro con poco ritegno e lo strambo era arrossito. “Ti dico perché ridono, ma non fargli capire che lo sai!” Annunciò criptico, spiegando poi, che i compagni si erano convinti che ci fosse del tenero tra loro. Il biondino scoppiò a ridere nervosamente ed Andrea gli lanciò uno sguardo molto strano.

Nell'ultima sera del campo scuola, stavano sparlando della prof svampita di filosofia che era uscita nel terrazzo della stanza del prof di religione e tra un po' di sano gossip e speculazioni maliziose, stando sdraiati, la distanza tra i due si era fatta semplicemente ridicola, il ragazzo strambo lo aveva fissato per qualche momento, trovandosi a pochi centimetri dal volto dell'asino, poi si era girato a pancia in su, fissando il soffitto e tirando uno sbuffo frustrato.

A distanza di anni, dopo quelle parole della sua amica, gli sembrava così palese ciò che Andrea desiderasse osare.

Pendragon si buttò in volto dell'acqua fresca, i movimenti delle proprie mani erano bruschi, schivi, nonostante stesse toccando la sua stessa pelle, stava trattando se stesso con disprezzo, mancanza, ribrezzo. Era troppo stordito per comprendere se si sentisse così perché un po' si faceva schifo e si dava fastidio alla sola idea di aver già provato e di provare determinate cose per un ragazzo; o se fosse per il fatto di non essersi interrogato e compreso prima, quando troppe cose, già sembravano urlargli un'evidenza più che inequivocabile. Si rese conto di quanto si fosse aggrappato alla sincerità di quelle infatuazioni verso il sesso opposto, per poter minimizzare e soprattutto invalidare qualsiasi cose fossero quelle robe strane che ogni tanto sentiva anche verso altri uomini, pur di sentirsi “normale”, pur di non affrontare la complessità dei suoi sentimenti.


 


 

"Ora però tutto di te urla e si dimena per poter essere sereno e libero. Da come la vedo io, è perché questa volta ti stai innamorando di brutto, i tuoi sentimenti crescono così velocemente, sono troppo esplosivi che non riesci più a mortificarti, come invece sei sempre riuscito a fare prima di Merlino. Ti sei portato allo stremo, a questo punto o sei sincero, o soccombi e implodi..." Parlò Mithian, solenne.

Artù non poteva proprio reprimere quello che provava, non più ora che aveva cominciato a ragionare con sincerità, tutto gli sembrava ricco di evidenze lampanti e sprecare la sua vita e le sue energie per fuggire inutilmente dalla realtà, sembrava vano nonché altamente dannoso. Aveva finalmente raggiunto un bivio, non voleva più negarsi, o meglio, non poteva, non dopo aver portato a galla le proprie verità, gli era impossibile ormai, tornare sui propri passi, ma non per questo sarebbe stato semplice decidere di intraprendere la via dell'autoconsapevolezza.





"Io...ho bisogno di pensare..." Balbettò con voce sottile.

La padrona di casa avrebbe preferito per il biondino, che si fermasse da lei e si mettesse a riposare, lo vedeva mentalmente sfinito, occhi gonfi come due zampogne e con molte probabilità, un mal di testa senza precedenti. La ragazza gli rifilò qualcosa per l'emicrania e quando Leon praticamente lo lanciò a letto, l'asino aveva reclamato, affermando di non avere affatto sonno, di poter tranquillamente affrontare il viaggio e tornare, eppure, quando l'amico tornò per portargli un tè con una manciata di biscotti, lui già dormiva profondamente.


 


 

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Merlino si addentrò in un parchetto fatiscente, sapeva perfettamente chi vi fosse ad attenderlo ed una volta averlo raggiunto con passi nervosi, non accennò ad alcun saluto, ma si gettò goffamente sull'altalena libera accanto al ragazzo che avrebbe tanto voluto strangolare. Pendragon gli aveva chiesto un appuntamento, tramite un insipido e sfacciato messaggio che era rimasto da giorni tra le bozze, prima che avesse trovato il coraggio per premere invio ed ora erano entrambi li, impalati come stoccafissi.


 


 

"Senti...è notte e è stata una giornata pesante, quindi se non hai niente da dirmi, io andrei!" Annunciò il marziano in quello che aveva la pretesa di essere un tono secco e neutro, ma nel quale, potevano scorgersi ad ogni minima incrinatura della voce titubanza e fragilità. Non avrebbe voluto andare via per davvero, ma non poteva farsi trattare nuovamente come uno straccio lercio, come se non avesse più un briciolo di amor proprio; né poteva lasciare che un pazzo del genere lo prendesse in giro, graziandolo con quell'umiliante scena muta, quasi come fosse stato Emrys a costringerlo a stare li e non il contrario. Artù si schiarì la gola mentre l'altro prese a dondolarsi con irrequieta velocità, mantenendo le gambe alzate in una posizione scomoda, per non toccare il terriccio sotto di sé e non frenare il movimento della giostra. Il biondino notò di come gli occhi del moro lo stessero deliberatamente evitando e anche se ciò lo angosciava, non poté stupirsene.

 



"Hai detto che volevi parlarmi? Dio santo sono qui, che cazzo vuoi?" Continuò dopo un po', esasperato, frustrato. Rallentò di molto nell'oscillare e per la prima volta in quella serata, aveva avuto il coraggio di guardare direttamente in faccia il suo interlocutore, provò a farlo senza vergogna, perché non era lui quello ad aver insultato, mancato di rispetto, non era lui ad essere sparito per sette giorni approfittando delle vacanze di Pasqua per imitare Matteotti.

Incontrare gli occhi di Pendragon però, non era stata affatto una buona idea, quel taglio familiare, disintegrava la corazza di distacco e cinismo con cui Merlino aveva deciso di proteggersi e avrebbe voluto solamente sparire dalla faccia della terra, quando, per uno stupido attimo cedette ed il sentimento che suo malgrado ancora provava per quel cretino, trapelò dalla propria espressione, raggiungendo l'asino. Si era tradito da solo, gli aveva spiattellato in faccia che ancora era ferito, ma nonostante ciò ci sperava, perché purtroppo non era riuscito a levarselo dalla mente, era irrimediabilmente cotto ed era patetico quanto lo volesse nella sua vita. Preso dall'orgoglio, tornò ad evitarlo, girandosi bruscamente.


 


 

“Merlino...” Parlò l'asino, cercando di catturare nuovamente la sua attenzione, il suo sguardo, ma il richiamo fu talmente debole che sarebbe stato improbabile essere sentiti.

Emrys schioccò le labbra stizzito, sarebbe saltato via dall'altalena all'istante per tornarsene a casa, se solo un enorme magone di un sentimento così irruente ed incurante, non lo intrappolasse li. Artù, improvvisamente conscio del fatto che se non si fosse deciso a parlare alla svelta, non ne avrebbe mai più avuta l'occasione ed il coraggio, afferrò la catena che sorreggeva la giostra del moro e l'avvicinò a sé, chiudendola tra le dita insieme alla propria, forse con un po' troppa irruenza. Il ragazzo ne fu turbato, non si aspettava una presa di posizione da quella sorta di ameba che il biondino era diventato, o magari, che era sempre stato, ma non si ribellò, anzi lasciò che l'altro lo trattenesse. Era li per quello d'altronde, per delle scuse, per Pendragon, perché aveva bisogno di sapere che quella persona che in poco e con poco, aveva sfiorato il suo io più profondo, fosse davvero speciale e che non fosse stata tutta un'enorme e distorta visione.


 


 

"Non andare via. Non andare..." Sussurrò Artù, incatenando il proprio sguardo sugli occhi blu sgranati del marziano, che come unica reazione, prese un'enorme boccata d'aria, rischiando di strozzarsi ancor prima di provare a rispondere. Merlino stava seduto scomposto, pur di non sfiorare le sue ginocchia, un leggero venticello gli fece ondeggiare i capelli mori, le dita affusolate si torturavano a vicenda, stringendosi, intrecciandosi, scontrandosi. La disordinata ricrescita della barba, gli creava un alone scuro sul volto, un'ispida cornice attorno alle labbra serrate, ridotte ad una rosea linea tesa, le ciglia scurissime puntavano in direzione del suolo, come se l'indugiarci su, fosse una solida difesa impenetrabile.


 


 

“Scusami Merlino, ti prego, perdonami! Capisco che non ti sto chiedendo una cosa semplice, ma, per favore, ho davvero bisogno di sapere che potresti almeno provarci...io...”


 


 

“Ci stavo provando, ma ti sei volatilizzato...” Lo interruppe con tono pacato, non poté fare a meno di soffermarsi sulla sua figura, la sua espressione era sincera, così come lo era la sua voce, Emrys lo sapeva, sentiva quel candore, gli sfuggì un piccolo sorrisetto amaro prima di abbassare lo sguardo, incapace di sostenerlo senza divenire un totale pappamolle, si sentiva un idiota, un sottomesso, sorrise perché suo malgrado, gli sarebbero bastate quelle stupide parole per acquisire nuovamente la certezza di chi fosse colui che gli stava accanto.


 


 

"E...ti ci è voluta una settimana?” Seguitò il moro con disillusione, fissando le nocche di quel cretino che ancora stringevano terrorizzate, le fredde catene delle altalene.


 


 

“Avevo bisogno di dirtelo, ma se non avessi preso del tempo per me, non sarei mai stato in grado di...mi manchi Merlino, solo questo. Mi manca passare del tempo con te.“ Disse sconnessamente, perché in quel momento era tutto così reale, Merlino si trovava li con lui per davvero e non era servito a nulla immaginare quel momento, immaginare le parole che avrebbe potuto usare per scusarsi, averlo accanto era un'impetuosa emozione e lui stava mettendo tutto a parole, per la prima volta, come se pronunciare a voce quei concetti, dare nomi alle sue emozioni, fosse un'ulteriore presa di coscienza. Ed era difficile ma essenziale.


 


 

“Stai zitto. Non dirlo, non prenderti gioco di quello che provo con queste parole strane!” Lo ammonì Emrys ed il biondino vide la paura nei suoi occhi, un ragazzo che temeva di essere preso in giro, perché lui in prima persona, lo aveva reso così insicuro su ciò che entrambi provavano, da fargli sembrare assurda la sola idea che facesse sul serio.


 


 

“Non mi sto prendendo gioco di te Merlino!”


 


 

“Allora parla chiaro per favore, non mi accontento di due frasi spiccicate appena, non mi accontento del tuo non saperti mai esprimere, dell'aspettarti sempre che sia io a doverci leggere di più, perché evidentemente non so risolvere le frasi criptiche che mi lanci, o i gesti particolari che mi riservi, chiaramente fraintendo e finisco per credere di aver visto, nei tuoi silenzi, un sentimento che da parte tua non c'è, quindi non aspettarti ancora che a me vada bene doverti interpretare, è stato frustrante, è stato un po' doloroso e non lo rifarò! Questa volta non mi stanno bene le vie di mezzo! O mi dici tutto quello che ti passa per la testa e mi parli per bene di quello che è successo in questa settimana, non lasciando nulla alla mia interpretazione, oppure stai zitto!” Lo avvertì, sforzandosi per guardarlo negli occhi con fermezza e sicurezza e Pendragon sussultò, stupito dal suono della sua voce, fragile, rotta, ma estremamente forte. Non era sicuramente quella l'occasione per venire sfiorati da certi pensieri, ma quel suo modo di fare era ammirevole, era quello l'amico che conosceva, la personalità da cui si sentiva perdutamente attratto e per qualche arcana motivazione, Artù era inorgoglito nel sentirlo così determinato.


 


 


 

“Sapere di averti ferito, fa veramente male...Scusami davvero, per aver semplificato con frasi squallide quello che sei e che provi, so che ti ho deluso. Non sono stato in grado di avere un confronto da persona matura con te in precedenza e ti ho urtato, con tutta la cattiveria che avevo in corpo, ma non lo penso davvero...quello che ti ho urlato addosso, io non lo credo! Non cancella il fatto che te lo abbia detto e di questo me ne rendo conto!” Parlò il biondino, in ciò che probabilmente sarebbe stato il discorso più a cuore aperto che stesse per fare e che avesse mai fatto.


 


 

“No, non lo cancella...” Lo assecondò il moro in un sussurro. Sarebbe stato tutto più semplice se nel suo tono, Pendragon ci avesse scorto del risentimento, del desiderio di rinfacciargli i propri errori; ma non c'era nulla di tutto ciò né nel suono della sua voce, né nelle sopracciglia scure rilassate, nella linea tranquilla delle sue labbra e nemmeno negli occhi amorevoli che finalmente non lo evitavano più.


 


 

“Lo so...” Cercò di proseguire Artù, stordito dalla maturità dell'altro, dal suo non essere mai scontato eppure semplice.


 


 

“Ma qualcuno una volta mi ha detto che non c'è bisogno di essere smemorati per... voler bene.” Disse il marziano, riferendosi proprio ad un discorso che il biondino gli aveva fatto del tempo addietro e si biasimò ulteriormente per aver ceduto così facilmente, ma vedeva la sincerità di quelle scuse e non desiderava lasciarsi trasportare dal troppo orgoglio, che all'estremo, gli avrebbe portato miseri dispiaceri ed astio. L'asino poteva sentire il respiro lento e tiepido del suo amico sulle proprie dita, che ancora trattenevano le catene della giostra, fino ad allora aveva ignorato quella vicinanza, ma una volta essersene reso conto, trovò arduo trattenersi dallo sfiorarlo, non era il momento però per lasciarsi andare, per prendersi quella libertà, non ancora.


 


 

“Sarebbe inutile cancellarlo.” Gli consigliò in un filo di voce, sorridendogli appena. Pendragon percepì un'intensa sensazione di un calore che si espandeva lento e pigro per il petto, inebriandogli i sensi, edenico, si ritrovò quindi a ricambiare quel timido sorriso, imbambolandosi per un po' a graziarsi di quello scambio.


 


 

“Forse avrei potuto chiarire con te prima, avrei potuto riferirti che stavo riflettendo e dirti di aspettare, ma non ho avuto il coraggio di affrontarti apertamente. Non voglio giustificarmi, però... finché non fossi stato pronto a accettare ciò che questo significa per me, non potevo proprio parlarne con te, perché avrei finito per urlarti addosso altre stronzate. Se solo ora ho il coraggio di chiederti scusa, o di dirti che mi sei mancato...che mi manchi, è perché è solo ora che ne sono cosciente, è perché prima proprio non potevo!" Spiegò, cercando di essere il meno enigmatico possibile, per quanto essere così espliciti lo mettesse in soggezione e difficoltà, aveva il bisogno di lasciarsi comprendere appieno dall'altro, perché solo così ci sarebbe stata la possibilità di essere davvero scusati, di andare avanti superando quell'umiliante errore. Merlino annuì lentamente, come stesse ponderando qualcosa e stette in silenzio per un po', osservandolo penetrante, probabilmente senza neanche rendersi conto di quanto i suoi dannati occhi con quello sguardo intenso, mandassero in tilt Artù ancora di più.


 




"Senti, dispiace anche a me...” Confessò Emrys, assottigliando leggermente le palpebre ed il suo amico ne fu sorpreso, sicuramente si sarebbe aspettato di tutto, tranne quello che il marziano aveva appena finito di pronunciare.


 


 

“Ti chiedo scusa anche io, perché il comportamento di merda che hai avuto con me, non esclude il fatto che pure io sia stato un po' incurante. Per quanto i tuoi gesti fossero stati strani dal mio punto di vista, è anche vero che mi hai ripetuto mille volte che per te certe cose contano, che tu non vuoi avere nulla a che fare con gli uomini in quel senso, avrei dovuto immaginare che se mi fossi buttato in un gesto tanto intimo...avresti reagito a quel modo, eppure l'ho fatto, non sono stato abbastanza forte per contenermi e me ne vergogno, parecchio.”


 


 

“No. Quel...quella sorta di...quel bacio non è stata colpa tua!” Disse il biondino tutto d'un fiato, con urgenza, avvampando poiché ne stava parlando proprio con lui, il ragazzo per il quale provava qualcosa di spaventosamente diverso e nuovo. Il marziano parve altrettanto sbalordito di sentire quel termine esplicito uscire dalle labbra del suo amico e tale stupore quasi gli impedì di cogliere totalmente il significato di ciò che gli era stato detto.


 


 

“Ti ho fatto passare come quello che ha fatto tutto da solo e Merlino... non è così.” Continuò, ci aveva messo molto per capire che erano in due, che entrambi sapevano esattamente ciò che bramavano ed era assurdo averne rimorsi, ancora più assurdo, era che il moro se ne discolpasse.

Di nuovo Pendragon scorse quella sfiducia disarmante che prima di allora, raramente aveva trovato nell'amico, lo aveva portato a credere di aver commesso un passo falso, di essere stato un idiota quando aveva iniziato a sentire che stesse nascendo un sentimento profondo, reciproco, doveva quindi rassicurarlo e mostrargli la realtà, fargli capire che il suo istinto aveva colto nel segno, quel sentimento era reciproco.

Artù tese con titubanza le sue dita verso Merlino, gli sfiorò il volto, si concentrò sulla sensazione che la sua pelle gli lasciava al tatto, passò da quella morbidezza, alla ruvidezza della ricrescita a pizzicargli i polpastrelli, ma non gli dava veramente fastidio, non gli aveva mai dato noia, non sul serio. Udì il flebile rumore che ne usciva, quasi un particolare fruscio, quando le sue unghie venivano a contatto con la disordinata barbetta. Emrys sussultò appena, inarcò le sopracciglia in segno di confusione e quasi impaurito si allontanò lentamente dal suo tocco, prima che potesse prendersi la libertà di adagiarvisi e accoccolarsi nelle sue carezze.


 


 

“Smettila Artù” Sussurrò supplicante, prima di distogliere lo sguardo, fissando il terriccio sotto di sé.


 


 

“Se non vuoi quello che vorrei io, per favore, stai attento a come mi tratti, non illudermi per gentilezza. Vorrei...ma, non riuscirei ad accantonare le emozioni che sento per te, non ora...e non serve che tu te lo faccia andare bene, assolutamente! Però non essere così condiscendente con me, perché fa semplicemente male!” Mormorò, con il viso ancora rivolto verso il basso, chiuse gli occhi nel parlare, quasi come questo gli desse coraggio di mostrarsi appieno, di confessare quale fossero i suoi limiti in quel sentimento.

Il biondino lasciò la presa sulla catena dell'altro, che incominciò ad oscillare sgraziatamente di lato, colpendo seccamente la seduta dell'altalena sui cui egli stesso era accomodato ed entrambi si mossero inermi in quel disagevole collidere.


 


 

“Ti sembra che io voglia farti un piacere? Tanto per? E cosa significa quindi? Che mi vedi come se ti stessi trattando con compassione?” Domandò Pendragon, quando finalmente cessarono di sballottarsi da un lato all'altro.


 


 

“Questo devi dirmelo tu.” Rispose, il moro non poteva evitare di interpretare, ma era rimasto così scottato dall'ultima volta, che riusciva a sfornare solo scenari di repulsione, ugualmente però, aveva bisogno che fosse Artù a mettere a voce ciò che erano le sue vere intenzioni, perché era stufo di quei comportamenti ambigui, di quel contatto, di quelle tenerezze, delle quali pareva dar peso e accorgersene solamente il marziano.


 


 

“No... non è affatto così! Non è tanto per...” Negò il biondino, con estrema serietà e ad osservarlo meglio, Merlino lo vedeva diverso, più disteso nonostante la sua indole chiusa, c'era qualcosa che differiva dall'Artù di qualche settimana prima, pareva quasi più adulto, più maturo.


 


 

“Mi piacerebbe tornare ad essere come prima Artù, mi piacerebbe non essermi...innamorato di te.” Disse velocemente, ancora con quell'ingiusto tono di scuse, non riuscendo a guardarlo negli occhi, mentre si umiliava di nuovo, ammettendo la vulnerabilità del suo cuore.


 


 

“Ma non si può tornare indietro, lo capisci si, che niente può tornare come prima?” Seguitò Merlino con disillusa energia, alzandosi e parandoglisi di fronte, ma in una certa maniera poteva dirsi sereno, perché alla fine dei conti avevano chiarito, Pendragon aveva compreso visceralmente il danno che gli aveva procurato e ne era sollevato, in un certo senso lo aveva già perdonato, poi non pretendeva altro da quel ragazzo. Patetico? Si.


 


 

“E tu lo capisci...che non mi interessa tornare a un prima? Che non me ne frega di essere tuo amico?” Questionò Artù retoricamente, alzando il viso per poter guardare in faccia, il ragazzo che gli stava fermo davanti, in piedi e lo vide vacillare, i suoi occhi farsi lucidi senza che potesse porvi un freno.


 


 

“Uh...” Solo un mugugno acuto gli uscì come una sorta di risposta poco dignitosa, volse irrequieto il volto verso il cielo ormai scuro e affondò gli incisivi nel labbro inferiore, tentando di rendere meno evidente il suo mento che improvvisamente aveva preso a tremolare frenetico. Lui stesso gli aveva annunciato che non potessero affatto tornare amici, per il bene di entrambi, perché sarebbe stata una relazione troppo sbilanciata e ciò non sarebbe stato affatto sano, ma di sicuro non era preparato a sentirselo dire dal biondino, in un modo così diretto e crudo da sembrare un rovescio sui denti.


 


 

“Certo...” Riuscì a malapena ad aggiungere, annuendo piano, un perforante dolore si insinuò nel suo petto, come se gli avessero sottratto il suo animo con violenza, percepì un vuoto che progressivamente cresceva e camminava dentro di lui, che raggiunta la gola, si trasformava in un nodo stretto e farinoso. Sentiva tutti i muscoli del palato contratti al livello che gli causavano pena, fin quando degli stupidissimi e forti singulti lo fecero sospirare svariate volte prima di cedere ad un pianto ignobile e senza freni.


 


 

“Che...che hai capito Merlino?” Pendragon si alzò, comprendendo di essere stato frainteso alla grande ed il marziano cercò di nascondersi e sottrarsi dal suo sguardo, alzando ancora di più la testa, tanto da sentire i muscoli del collo tirarsi al massimo.


 


 

“Io desidero far parte della tu vita, starti accanto intendo, ma non voglio essere solo tuo amico!” Confessò Artù esplicito, tutto d'un fiato e l'altro passò i propri polsi attorno alle palpebre, strabuzzando gli occhi svariate volte, mentre pietrificato, lo fissava, arrossato dalle lacrime.


 


 

“Non fraintendermi, sei la persona più amabile che abbia mai incontrato, ti adoro e noi due siamo amici, ma non siamo solo questo. O per lo meno io non riesco più a vederti così...e basta. Mi pare riduttivo.” Seguitò, scostandogli delicatamente dalle guance, le ciocche ormai umidicce a causa del pianto e le lacrime iniziarono a rigargli il volto più copiose di un attimo prima, senza che il biondino ne cogliesse il motivo, ma in un certo senso, anche se non comprendeva appieno, sapeva che quelle non erano il pianto straziato dalla delusione e la pena di poco fa. Con una mano, Emrys prese un lembo della maglietta dell'asino all'altezza del petto, accartocciandola sgraziatamente.


 


 

“Tu...” Mormorò, tirando su col naso e stropicciandosi gli occhi con il polso libero, per poi concentrarsi totalmente su Pendragon. Questo significava che anche l'asino aveva una colossale cotta per lui? Represse un sorrisetto incredulo, ma per qualche assurda motivazione non poteva smettere di frignare come un bebè. Artù venne colpito dal moro con un lesto e potente pugno sulla spalla, per poi ritrovarselo stretto a lui subito dopo, le dinoccolate braccia del marziano lo avevano circondato dietro le scapole, il capo gli premeva contro il proprio petto.


 


 

“Razza di testa di fagiolo!” Aggiunse sollevato, la voce attutita nel corpo del biondino sul quale si era ormai accoccolato, si lasciò sfuggire un altro piccolo colpo sulla povera spalla del ragazzo che finalmente lo cinse a sua volta pacatamente.


 


 

“Ho avuto paura Merlino, di te...di me, le emozioni esplodevano quando stavo con te, traboccavano ovunque e non volevo chiamarle col loro nome, quindi non sapevo gestirle, ho avuto seriamente paura di quello che è diventato il nostro legame. Ma non voglio più esserne spaventato!” Dichiarò, stringendolo a sé progressivamente sempre di più, nel modo in cui si era precluso di fare, per un bel po' di tempo.


 


 

“...E non voglio più mentire a me stesso!” Gli sussurrò e Merlino dovette chiudere gli occhi per non cadergli ai piedi come uno stupido sacco di patate. Da una parte udiva la voce familiare e limpida del ragazzo e dall'altra poteva distinguere i battiti accelerati del suo cuore. Alzò la testa, scostandosi dalla fonte del suo ritmo vitale per poterlo contemplare, Pendragon strinse dolcemente le sue braccia con le proprie mani, un po' tremolanti dall'esaltazione. Emrys gli sorrise gioioso, carico di orgoglio, aveva ancora troppo da elaborare ed esprimersi a parole pareva essere diventato un enorme ostacolo, quindi lo prese semplicemente per la nuca e lo strinse a se, ancora una volta, come se non si fossero appena abbracciati un attimo fa. Non aveva idea che il suo amico stesse affrontando un periodo simile e sapeva quanto potesse essere difficile, soprattutto avendo ben presente il contesto da cui veniva ed in cui era stato temprato, ma ora stava ad Artù e solo ad Artù forgiarsi nella forma che più lo rispecchiava. Era perciò così felice di sapere che avesse portato alla luce un ulteriore sfumatura del suo complesso essere, era così soddisfatto che il biondino fosse sincero con i suoi sentimenti, i suoi istinti, era questo ciò che lo rendeva così diverso rispetto a prima? Pendragon era cresciuto parecchio ed in poco, nel tempo in cui erano rimasti lontani lui aveva incominciato un cammino importante, il moro sentiva di farne parte, almeno un po' e ne era eccitato. E se quello che era successo aveva aiutato, se quel periodo di intollerabile silenzio aveva portato Artù a crescere, allora ne era valsa la pena, nonostante tutto.


 


 

“Artù voglio che tu sappia che non voglio metterti pressioni di nessun tipo. Se dovessi aver bisogno dei tuoi spazi, o di altro tempo, va bene così!” Farfugliò imbarazzato, perché lo percepiva sempre più vicino, sempre più stretto e senza troppe vergogne nel nascondere l'urgenza ed il piacere di cercare e trovare quel contatto. Una parte di sé ancora non aveva avuto modo di realizzarlo, quell'intimità lo confondeva, era per questo che sentiva un crescente bisogno di riempire il silenzio tra i loro respiri sereni, con delle parole che, seppur sensate, forse erano fuori luogo, doveva smetterla con i discorsi, in cuor suo ne era cosciente.


 


 

“Ho avuto tempo e ho avuto spazio, il resto sarebbe bello averlo con te, scoprirlo con te, insieme, no?” Rispose l'asino catturato dallo sguardo serio ed intenso di Merlino su di sé, bramava davvero fare quel passo avanti ed il perdono, la comprensione, gli avevano dato una carica ed una sicurezza che non avrebbe mai pensato potessero impossessarsi del suo animo. Il biondino accostò il volto alla guancia dell'amico, che pareva un braciere ardente, a percepirlo così caldo, egli stesso avvampò, voleva solo riservargli alcune tenerezze e niente di più, niente più parole o pensieri, ne aveva avuti abbastanza. Quasi come una carezza, alzò ed abbassò piano la propria testa, inclinandola verso il ragazzo, sfregò teneramente la punta del naso sulla sua pelle, a tratti morbida, a tratti pungente e gli lasciò dei piccoli baci qui e li. Emrys azzardò a voltarsi verso di lui, lo fissò adorante, intenso e a Pendragon tornò in mente l'espressione profonda e carica di passione repressa che aveva scorto in lui quella volta a casa di Uther, ma ora era differente, stavolta non si sarebbe sottratto, negato al suo stesso cuore. Artù sfiorò piano le sue labbra morbide, una, due, tre, quattro volte? Aveva perso il conto, che importava se l'indomani si sarebbe dato sicuramente del tremendo e lascivo smielato!

Con lentezza disarmante, si toccarono, si accarezzarono, stranamente nessuno dei due desiderò spingere sull'acceleratore, sarebbe stato un enorme peccato capitale perdersi certi dettagli sensoriali in nome della frenesia, in quel momento, persino il pizzicore che la barbetta del marziano gli procurava, era degna di nota. Il biondino sentì il gelo delle dita del moro scivolare morbide e premurose sulle sue guance arrossate decidendo che fosse il caso di approfondire quel bacio, sul serio e mandarlo una volta per tutte in tilt. Pendragon fu inebriato dalla velata ed umida ruvidezza che avvertì, appena, le loro lingue si accarezzarono con desiderio per la prima volta. Si bearono di quella danza voluttuosa, calma, come se il tempo si fosse dilatato, come se l'uno cullasse l'altro, in quel dolce ed eccitante ondeggiare. Merlino stava impiegando una ferma pressione su di lui, forse senza nemmeno accorgersene e anche se li stava indirizzando chissà dove nello spazio, l'asino trovò quella determinata spinta rassicurante, voleva lasciarsi andare dove lui lo guidava, voleva affidarsi ai suoi gesti, almeno in quel momento, abbandonarsi, andargli incontro e niente di più. Quando la schiena di Artù si scontrò su una giostra, i due si allontanarono, sguardi profondamente ammaliati, connessi intimamente tra loro, i volti arrossati in una maniera adorabile. Rimasero in silenzio a contemplarsi, ad ascoltare i respiri delicati, seppur affannati.


 


 

“I...io, beh” Farfugliò il biondino, la voce improvvisamente gli suonò diversa da come se la ricordava, stordita probabilmente, ma estasiata. Emrys fece un leggero cenno con la testa, invitandolo a seguitare, ma nemmeno Pendragon sapeva cosa volesse esprimere. Sentiva su di se un sovraccarico di emozioni dirompenti che gli impedivano di rimanere razionale.


 


 

“Rilassati!” Gli disse con tono basso e morbido, accarezzandogli il dorso della mano.


 


 

“Siamo pur sempre ancora io e te, sono solo io, Merlino. La cosa non deve spaventarti o metterti in soggezione!” Continuò il marziano e l'asino si ritrovò ad annuire, poi fu attirato da delle macchie di colore sul polso dell'altro e senza rifletterci troppo, lo afferrò, portandolo vicino ai propri occhi.


 


 

“Che diamine hai fatto?” Domandò divertito, l'ilarità crebbe quando fu evidente che il moro stesse tentando a tutti i costi di nascondere il polso con imbarazzo.


 


 

“Non ti impicciare!” Ribatté, tentando di sfilarsi dalla sua presa.


 


 

Mirino ma perché?” Chiese in preda alle risate, quando finalmente Artù riuscì a distinguere nitidamente cosa fosse quella macchia appiccicaticcia e brillantinosa sulla pelle candida del marziano. Un tatuaggio pacchiano, di quelli finti che si trovavano dentro le merendine, pensati per un pubblico ben più giovane di Merlino, il biondino non se ne faceva uno da quando era alla terza elementare e non trovava una scusa plausibile che giustificasse la presenza di tale capolavoro del trash, sul polso di quel ragazzo grande, grosso e vaccinato.


 


 

“Ero triste ok?” Rispose Emrys stizzito, come se vi fosse qualche nesso reale tra l'essere giù e appiccicarsi con l'acqua, un tatuaggio lavabile, raffigurante un pinguino glitterato, con una scritta che recitava “Polar Friends forever”. Però un nesso c'era eccome, magari non propriamente logico, il moro si stava facendo schifo in quei giorni, schifo per come l'avesse presa male, schifo per come nonostante tutto ancora sognasse di lui, con lui. Aveva il cuore congelato, ma irrimediabilmente speranzoso, esattamente come un ghiacciolo, gelido ma quanto meno di qualcosa sapeva. Allora, per tirarsi un po' su di morale, aveva deciso di ingurgitare una miriadi di ghiaccioli, questo prendersi in giro da solo, con ironia pungente, gli aveva permesso di non cadere troppo in basso, anche se era veramente patetico.


 


 

“Un Polaretto sul braccio Angioletto?” Lo punzecchiò, cercando di evitare di dar peso al senso di colpa che quelle parole gli avevano procurato.


 


 

“Oh! Sta zitto!” Urlò con finta aria offesa, sfilandosi finalmente dalla sua presa.


 


 

“Hai ragione comunque!” Confessò Pendragon dopo lunghi attimi di silenzio e riflessione, passando una mano attorno al suo polso ossuto, stavolta semplicemente per una fugace carezza.


 


 

“Siamo pur sempre ancora io e te!” Ripeté Artù fissandolo intensamente ed ancora una volta si ritrovò accoccolato sulle sue spalle, stretto da quelle braccia profilate ma gentili e soavi. Il biondino desiderò potesse essere plausibile non assuefarsi mai alle sue attenzioni, non voleva abituarcisi a tal punto da non trovarle più speciali e darle per scontate, perché l'affetto e la complicità con quello strambo uomo, erano preziosi. Comprese, come fosse un fulmine a ciel sereno, di essere già stato perdonato da Merlino e se lui era stato in grado di scusarlo per quell'errore, allora poteva ottenere persino il perdono da se stesso.


 


 

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Mi dispiace davvero tanto per essere letteralmente sparita, e ritornata dopo tanto tempo con 'sta cosa indecente, che chiameremo capitoloh.

L'ho riscritto un sacco di volte perché non mi soddisfaceva, poi mi sono mandata affanculo perché tanto aveva comunque perso la freschezza e probabilmente se avessi aspettato ulteriormente per farmelo piacere, sarebbe tutto morto e sepolto al capitolo precedente. Una cosa che mi soddisfa forse è la scoperta di Artù, che potrà sembrare un punto morto, magari lo è, ma era importante per me dedicargli lo spazio che credevo meritasse.

Grazie per le vostre parole ed opinioni che mi avete lasciato la scorsa volta. Ciao!

   
 
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