Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: epices    08/12/2021    20 recensioni
La storia inizia con il ritorno di Fersen su suolo francese dopo la guerra americana, ma gli eventi non saranno quelli noti, anche perchè il bel Conte non tornerà da solo.
“E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva e lui restava”. (L. Pirandello)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Da alcuni giorni le colazioni solitarie non erano più contemplate a Palazzo Jarjayes; Andrè era entrato a gamba tesa nel ritmo statico e ordinato delle giornate, plasmandolo su ciò che aveva sempre messo al primo posto nella sua personale scala di priorità.
Lei
Quella mattina però, senza troppo entusiasmo, aveva ceduto all'insistenza di Fersen e lo aveva accompagnato in visita al segretario di Stato per la guerra, il marchese Philippe Henri de Ségur. (1)
Uomo intelligente e capace che, non a caso, era stato nominato Marèchal de France; in due parole, togliendo il de, la più alta distinzione militare del regno.
Oscar aveva letto con attenzione, apprezzandoli in tutti gli aspetti, i suoi regolamenti per la gestione delle caserme, introdotti dopo la fondazione di uno Stato Maggiore permanente, di supporto a chi della guerra non ne aveva fatto un mestiere.
Fersen aveva già avuto diversi colloqui con lui ed aveva avanzato il nome di Andrè per una ancora imprecisata decorazione militare che, tuttavia, al diretto interessato non sembrava importare granchè.
Oscar aveva notato che si innervosiva quando si cadeva sull'argomento ma per rispetto verso l'impegno dell'altro, non osava contraddirlo.
Sapeva che non sentiva l'esigenza di tutto quel chiasso, lui che dei quarti di nobiltà si era sempre fatto beffe, nel vero senso della parola. Come quando, sulla via di casa, commentava gli atteggiamenti e le conversazioni di nobili illustrissimi e fatui, incrociati nei saloni che si erano appena lasciati alle spalle.

Oscar ma non pensi che al Duca di Monfort manchi un quarto? Propenderei per quello superiore, dove è collocata la testa...”

E lei se la rideva sotto i baffi, pensando non sbagliasse un giudizio e grata per quei sorrisi che le strappava senza neanche chiederglielo. E quando si voltava a guardarlo che tanto, sulla via di casa, potevano anche cavalcare appaiati, gli scorgeva addosso un ghigno divertito e smorfie bizzarre, frutto di chissà quali pensieri.
Ma Andrè conosceva bene le regole della nobiltà e aveva deciso di assecondare Fersen. Lei aveva messo a disposizione una delle carrozze di Palazzo, la più sobria, perchè il Conte non aveva ancora voluto diffondere alla Reggia la notizia del suo ritorno e, spostandosi a cavallo, temeva di essere riconosciuto.
In quel breve viaggio a Parigi, protetti da orecchie indiscrete, Andrè aveva visto l'occasione giusta per mettere a parte l' altro delle sue intenzioni.
“Hans, ti ringrazio per quello che stai facendo ma sai bene come la penso. Non è affatto necessario”
“Sì, me l'hai già detto ma ritengo sia una cosa sacrosanta. Ci sono perfetti babbei ricoperti di gloria e onore, anche senza alcun merito. Tu che ne hai più di tutti loro messi insieme, ritengo sia giusto ti vengano riconosciuti. E non credo sarà un problema, visto che in America hai un'attività fonte di notevole guadagno anche per la Corona”
“Già...”
Andrè si era incupito poi aveva puntato lo sguardo oltre il finestrino, apparentemente concentrato sul paesaggio che scorreva oltre i vetri. Raccolte le idee nel modo migliore che gli era riuscito, era tornato a guardare Fersen, trovandolo a sua volta intento a scrutare il panorama, sull'altro lato della carrozza.
“Hans, non verrò in Svezia...”
Fersen sorrise, girandosi poi a guardarlo.
“Lo immaginavo. Pensi di tornare laggiù? Dopo tutto ciò che hai costruito, lo capirei...anzi, mi dispiace non aver potuto esserti di molto aiuto...”
Andrè scosse il capo, un po' turbato e l'altro comprese che, qualsiasi decisione avesse preso, non era stata del tutto indolore.
“No. Non subito, almeno. C'è Jason laggiù e io mi fido ciecamente di lui...”
Fersen annuì ma non disse nulla, aspettando il seguito che in realtà già intuiva.
“Voglio restare accanto a lei. Non chiedermi come lo so, ma...c'è bisogno che io sia qui. Anche se...non serve ripeterlo, ne abbiamo già parlato”- concluse tornando a volgere la sua attenzione ai campi di terra grigia.
“Su quest'ultima parte ho dei dubbi...e non chiedermi come lo so”- si affrettò ad aggiungere l'altro per zittirlo, facendogli il verso e alzando contemporaneamente una mano per arrestare le sue proteste.
L'espressione interrogativa di Andrè non aveva eguali e Fersen iniziò a ridere di gusto, non resistendo alla tentazione di prenderlo un po' in giro.
Mon ami, sei tu che non giochi a carte scoperte. In tutti questi anni non mi hai ancora detto chiaramente il motivo del tuo arruolamento, anche se lo posso intuire...”
“No, non puoi...”- aveva troncato bruscamente Andrè, stringendosi nel mantello.
E per un istante si ritrovarono di nuovo sulla stessa nave in un giorno d'estate.
C’era ancora quel dolore negli occhi di Andrè. Ma anche il bagliore perpetuo di un amore tenace, sopravvissuto al tempo e allo spazio, splendente più di Alpha Lyrae, il lontanissimo diamante luminoso, incastonato nel cielo estivo che entrambi avevano riconosciuto fin dalla prima notte di navigazione. E nella cui luce azzurrognola ciascuno aveva visto lo scintillio di uno sguardo perduto.
“Scusami ma...”- disse poi senza guardarlo
Fersen sorrise tra sé scuotendo il capo, a dirgli che non importava e che andava bene lo stesso, tanto ormai non si aspettava più una risposta.
“Hans, ti devo parlare di una cosa importante. Dopo, potrai decidere ciò che vuoi ma mi devi ascoltare...”
Aveva annuito, Fersen e Andrè aveva iniziato a raccontare le sue impressioni, le stesse che lei gli aveva confidato, aggrappata alle sue dita, in una notte senza luna.

Una notte che si era rivelata un piccolo stravolgimento, stava valutando Oscar con la mente vuota o forse talmente piena da sembrare vuota, in contemplazione della sedia davanti a sé, vuota anch'essa, tornata ad essere “quella di Andrè”. Tutte le mattine, adesso, lui le sedeva di fronte, quando, insieme, rientravano dopo l'allenamento mattutino, in quelle albe fredde, già spruzzate d’inverno.
Ciascuno senza darlo troppo a vedere, pesava accuratamente le parole per non turbare l'atmosfera serena che si veniva a creare. Toccavano gli argomenti più disparati in un lento raccontarsi e riavvicinarsi, ogni giorno un passo in più. Non mancavano nemmeno gli improvvisi scoppi di risa, nel ritrovato piacere di prendersi in giro, tanto da lasciare stupefatti i domestici, che loro Monsieur le Comte in quella veste non l'avevano mai visto.
C'era un solo argomento che veniva accuratamente evitato da entrambi. Ma che riempiva tutti i silenzi e risplendeva ogni giorno di più nella sua innegabile assenza.
Lei a volte si sentiva come un ciondolo di cristallo, appesa per un filo sottile al collo di quella notte e alle parole di lui.

A domani

Le aveva detto Andrè, e lei a quel domani ci aveva pensato fino al mattino.
Anche se non sapeva di quanti domani con lui sarebbe stato ricco il futuro. Però, per un istante le era sembrato potessero essere infiniti.
E quando quel domani era arrivato lui la stava aspettando ai piedi della scalinata d'ingresso, rilassato contro la balaustra di marmo, le mani nascoste nelle tasche della marsina e due spade lì a fianco. L'aveva accolta con un sorriso timido, lottando contro il timore di essere mandato al diavolo e cercando di mascherare tutto il turbamento della sera prima, che l'aveva preso forte ad averla avuta così vicina in quel modo che non si riusciva neanche a spiegare e che era rimasto lì, alle soglie del cuore perchè per un istante gli era persino sembrato che lei....
“Ti va di batterti con me? Come ai vecchi tempi”
Aveva deliberatamente ignorato il suo abbigliamento inadatto ad un duello all’arma bianca e il mantello già sulle spalle ad indicare tutt’altro programma. Lei si era fermata, un piede ancora sull’ultimo gradino, con lo sguardo confuso e un po' assente di chi ha dormito poco ma ha ben chiaro in testa un altro ordine a scandire la giornata.
Ma in un angolo della mente già si stava affacciando la possibilità di ricomporre quell'ordine in modo diverso.
Andrè l'aveva osservata in silenzio in attesa di risposta, convinto più che mai dei propri propositi.

Lei...che non doveva più restare sola

Non sapeva quali battaglie si fossero combattute nel suo cuore in quegli anni che avevano trascorso lontani, e neanche quali si fossero concluse con una vittoria, ma aveva sentito che il loro legame esisteva ancora. E sapeva che lo aveva sentito anche lei.
E allora aveva provato a rispolverare tattiche antiche e, davanti alla sua indecisione aveva sguainato l’unica l'arma che in quel momento avesse tra le mani, quella della provocazione. Alla quale lei aveva sempre risposto. Non c’era mai stato verso di farla desistere, a costo di cacciarsi in guai seri. E lui con lei.
“Perchè tentenni? Temi che possa batterti? Avresti ragione sai? Ho fatto parecchia esperienza in questi anni...” - l'aveva punzecchiata con un sorriso di sufficienza.
Lei aveva avvertito un angolo della bocca piegarsi all'insù, in un ghigno a metà tra il divertito e l'ironico.
“Ah sì? E con chi? Con Fersen? Ti ricordo che l'ho sempre battuto in passato”
“Lui sì..”
“Anche te...”
“Allora non hai di che preoccuparti”- aveva fatto spallucce ad indicare che non c’era proprio alcuna ragione di tirarsi indietro. Poi aveva sorriso afferrando una spada e allungandola verso di lei.
“Dai Oscar! Come una volta...”

Dai Oscar, dammi la possibilità di ritrovarti...

Il richiamo era forte, la tentazione irresistibile.
Alla fine aveva sorriso e, impercettibilmente, annuito. Aveva lanciato uno sguardo dietro di sé, oltre le scale, verso la sua stanza che, improvvisamente, le era parsa troppo lontana.
“Lasciami solo il tempo di cambiarmi”
“Non mi muovo da qui...non vorrei proprio te la svignassi per timore di perdere. Eh sì...”
Andrè aveva assunto un’espressione allusiva ed allargato le braccia, sospirando di comprensione.
“Sarebbe per te il solo modo di vincere”
E si era dileguta al piano di sopra per poi scendere di nuovo le scale con passo leggero, abbigliata come lui e gli aveva tolto la spada dalle mani.
“Vediamo un po' cosa ti hanno insegnato gli yankees

Il duello era iniziato, con ritmi sostenuti fin da subito, un po' per combattere l'umidità che penetrava a fondo, fino alle ossa; un po' per la voglia di provare a ritrovare quell'età in cui bastava volteggiare con la spada in mano per sentirsi in pace con il mondo.
Tra affondi sempre più incalzanti, l'orizzonte si era schiarito e i raggi di un timido sole avevano iniziato a dileguare la foschia, mostrando i contorni di un altro duello, di un giorno più tiepido, di un cielo arrossato dal tramonto. E anche di un dolore nuovo che aveva destabilizzato un cuore troppo acerbo.
Oscar aveva ricordato a se stessa che, probabilmente, la burrasca da cui erano stati travolti aveva iniziato a mostrarsi proprio in quel pomeriggio infuocato che, lentamente, avanzava verso la sera.
Quando all'immagine nota e confortante dell'amico si era sovrapposta, per la prima volta, quella di un uomo.
Un uomo che parlava d'amore.
Senza averlo mai vissuto.
Anche Andrè aveva ricordato un altro duello e un pomeriggio trascorso a nascondere il cuore mentre lei riservava a Fersen sguardi e sorrisi.
E una donna che pretendeva di parlare d'amore.
Senza averlo mai vissuto.

Tra domande urlate al cielo e inutili tentativi di spiegarsi l'inspiegabile, lei era tornata tante volte a quel giorno in cui si erano addentrati in un territorio inesplorato.
Fersen se ne era appena andato, dopo una visita non annunciata e un pomeriggio passato a tirare di scherma per provare a concentrarsi su qualcosa che non fosse la figura aggraziata della prima donna di Francia.
Avrebbe dovuto soffocare l'amore. C'è gente che ama una persona tutta la vita senza che questa lo venga mai a sapere”
In un primo momento aveva finto di non udire le parole sommesse di Andrè, per crogiolarsi ancora un poco nei suoi patemi d'animo, sospesa tra il dolore e il sollievo di doverli celare al mondo e convinta che nessuno mai avrebbe potuto comprenderli.
Fersen e Maria Antonietta si stavano consumando al fuoco di un amore che li divorava da dentro senza avere la giusta età e la giusta esperienza per poterlo arginare. Ma, per la prima volta, anche lei stava iniziando a chiedersi come sarebbe stato bruciare di quelle fiamme, accese dallo stesso uomo stregato dalla Regina di Francia. E a come ci si dovesse sentire nella consapevolezza di amare ed essere riamati in modo così assoluto e incondizionato. Ma con tutte le sue forze stava cercando di non cedere a ciò che avvertiva come un tradimento del cuore oltre ad un atto di lesa maestà.

Taci Andrè, cosa ne vuoi sapere tu? Tu che non..?

Era la prima cosa che aveva pensato nell' udire quel ronzìo di sottofondo che l'aveva rubata ai suoi ingombranti pensieri, facendole provare un fastidio mai avvertito prima.
Si era girata, silenziosa e guardinga, ad osservare il suo amico di sempre, apparentemente assorto nella contemplazione di tutte le sfumature d’abito che può sfoggiare una mela.

Cosa ne vuoi sapere tu? Tu che non..?

Tu che non...cosa…?

Si era soffermata a pensare, mordendosi un labbro, che non c'era proprio alcun motivo per cui lui dovesse essere escluso dal poco ambito girone degli innamorati infelici.
Era successo a Fersen, era successo addirittura alla Regina di Francia, stava succedendo anche a lei, contro ogni previsione.
Perchè non a lui? Si era data della sciocca, constatando tra sé che le sofferenze del cuore non erano certo una prerogativa dell'aristocrazia.
Il tono affranto e le spalle curve in avanti, quasi fossero cariche di un peso troppo gravoso, le avevano dato una sensazione inspiegabile, come se...
Come se...stesse parlando di se stesso.

Non era cieca ne sorda anche se faceva finta di nulla, che tanto non le era mai sembrato doveroso intervenire. Ma vedeva il modo in cui le dame arrossivano e sghignazzavano dietro i ventagli intarsiati, al loro passaggio nei saloni e nei corridoi.
C'era stato un tempo in cui, stizzita, pensava fossero espedienti per catturare l'attenzione del giovane ufficiale di Sua Maestà, poi un altro in cui, stupita, e ancora più stizzita aveva capito che, in quel mondo fatuo, anche chi non aveva un titolo poteva suscitare interessi di vario genere e far sciogliere bambole ingioiellate con un semplice sorriso di cortesia.
E allora le montava una rabbia cieca perchè Andrè era suo amico. Sì, frequentava la Corte per lavoro ma non avrebbe mai tollerato venisse usato come lenitivo ai pruriti di dame annoiate, alla ricerca di un diversivo.
Sapeva fin troppo bene come funzionavano le cose; fin dai tempi della Du Barry e delle dame della sua cerchia, vere esperte della materia. Correva voce che addirittura la maîtresse en titre avesse la sfacciataggine di avere altri amanti oltre a Sua Maestà. Pur conservando un fascino notevole nonostante l'età, Luigi XV, forse, sotto le lenzuola, lasciava vuoti da colmare con un corpo più giovane e attraente. E Andrè lo era.
Giovane di certo, attraente evidentemente pure.
Nei primi tempi a Corte, grazie all'udito fino aveva captato frasi spezzate da risolini isterici su quanto fosse desiderabile l'attendente del Capitano Jarjayes; un giovane che andava “svezzato” ed “avviato a certi piaceri” da questa dama piuttosto che da quell'altra. Che tanto nessuna sarebbe stata gelosa. E lui “era così giovane e prestante che avrebbe potuto, senz'altro, soddisfarle tutte”.
Ecco, sentire parlare del suo amico d'infanzia alla stregua di un oggetto la faceva imbestialire, ancora più di quando di certi discorsi era lei la protagonista.

E aveva udito anche i commenti frivoli delle domestiche a Palazzo. Ricordava quella Mylène, ad esempio, che sembrava completamente rapita da lui. Un giorno che la nonna era impegnata altrove, lei era stata incaricata di aiutarla con il bagno ma, mostrando un'insolenza senza pari, l'aveva lasciata ad attendere, mezza svestita, perdendosi, con aria sognante, a guardare Andrè nel cortile di sotto, intento ad aiutare il mugnaio nello scaricare sacchi di farina.
Oscar l'aveva catalogata come un'insolenza ingenua, dovuta alla giovane età, quando, indossata di nuovo la giacca, l'aveva affiancata davanti alla finestra per scoprire il motivo di tanto interesse. Dopo aver alzato gli occhi al cielo in un moto di esasperazione, era stata a guardarla, a braccia conserte, in attesa e con una muta quanto evidente domanda stampata sul viso: “allora ma chère, cosa vogliamo fare?”
Sentendosi addosso lo sguardo dell'altra, Mylène era arrossita fino alla punta dei capelli e si era quasi prostrata ai suoi piedi, profondendosi in scuse, consolidando così, in lei, l'idea che Andrè non potesse avere nulla a che fare con quelle sciocche.
Lei lo conosceva bene; avevano giocato insieme, riso insieme, studiato insieme. Erano anche quasi annegati insieme. Lui di certo preferiva passare il tempo in modi più costruttivi che lasciarsi adulare da frivole smancerie.
O forse no?

Aveva indugiato con lo sguardo sui capelli scuri per poi lasciarlo scorrere sulle spalle ampie, nascoste dalla camicia, insieme alle braccia tornite dagli allenamenti e dal lavoro fino ad arrivare alle sue mani, grandi ma eleganti e curate, intente ad accarezzare distrattamente le rotondità della mela. Per un brevissimo istante, le si parò davanti agli occhi l'immagine nitida di quelle mani intente a lambire altre curve.
Ed aveva sentito montare la rabbia, inspiegabile e incontenibile. Perchè tutti sembravano conoscere qualcosa che per lei era, invece, completamente estraneo? Lei e Andrè non avevano mai toccato certi argomenti.
Ma aveva iniziato lui.
Con il suo peggior cipiglio indagatore, reso più pressante dal fastidio che avvertiva, alla fine glielo chiese.
“Stai parlando di te?”
Lui si era riscosso, spiazzato, che mai si sarebbe aspettato una domanda del genere.
Ma aveva iniziato lui, ammise a se stesso.
Non si era aspettato di dover argomentare; non era nell'indole di lei lasciarsi andare a certi discorsi. Ma evidentemente Fersen era riuscito a scalfire la scorza dura del soldato. Avvertiva il cuore scendere sempre più a fondo ma, inaspettatamente, una parte di sé gli era grata per questo.
“Come dici Oscar?”- si era girato a guardarla, sperando di aver capito male.
“Ti ho chiesto se stai parlando di te. Mi sembri molto coinvolto da ciò che dici”
Il tono era freddo e indagatore e lo aveva infastidito. Ma aveva finito con lo scusarla. Lei non sapeva nemmeno come iniziarli, certi discorsi.
Si era sentito avvampare ma aveva cercato di mantenersi impassibile. Tanto, non avrebbe mai potuto rispondere sinceramente.
“No, no Oscar. Dicevo così per dire.”
“E allora come fai a saperlo? Parli di qualcuno che conosci?”
Lui era tornato a rivolgere le sue attenzioni alla mela, cercando di mostrare un distacco che non provava per nulla.
“E se anche fosse Oscar? Che importa? Ognuno deve fare i conti con il proprio cuore”
E poi era tornato a fissarla, in modo profondo e serio. Come aveva fatto poche volte in vita sua. E in tutte quelle occasioni sembrava fosse a conoscenza di verità di cui lei, in fondo, si vergognava o delle quali non era del tutto consapevole.
“Non sei d’accordo?”
Lei aveva abbassato lo sguardo, incapace di sostenere quello smeraldino di lui, stupita dalla freddezza che emanava che per lei il verde era sempre stato un colore caldo proprio perchè era il colore dei suoi occhi. Poteva dire ciò che voleva il maître che dava lezioni di pittura alle sue sorelle e delle cui nozioni poi loro si riempivano la bocca!
“Sì”

Era calato il silenzio, un silenzio pesante, mentre lei era tornata ad osservare il mondo oltre i vetri, alla ricerca di chissà quale risposta.
“Andrè?”- lo aveva chiamato piano, quasi a scusarsi della sua uscita e dei toni di poco prima.
Lui non era riuscito ad articolare nessuna parola, in preda ad un turbamento difficile da gestire in sua presenza.
“Mmh?”
“Tu cosa avresti fatto al posto di Fersen?”

Dio Oscar, ma come faccio a risponderti!

“Non credo mi ci troverei mai al posto di Fersen”- aveva risposto tranquillamente, con un mezzo sorriso ironico, provando a concentrarsi sul fatto che gli mancavano secoli di nobiltà alle spalle e cercando di evitare il vero senso di quella domanda. Quello che intendeva lei.
“Perchè? Non hai mai provato nulla per nessuna dama, a Corte, o per nessuna delle ragazze qui a Palazzo? Quella Mylène ad esempio...”
Il sorriso da ironico divenne amaro, mentre continuava a giocherellare con la mela.
Magari avesse provato qualcosa per un’altra che non fosse lei!
“No Oscar, non ho mai provato nulla. Se vuoi sapere se mi sono mai innamorato di qualcuna di queste donne, la risposta è no”
Era la verità, in fondo. Poi, rendendosi conto di non farcela più, aveva provato a distogliere l'attenzione da se stesso.
“E poi mi sembra non sia un gran affare. Guarda Fersen ad esempio; sembra che questo grande amore gli dia più sofferenza che gioia. Ho l'impressione che si senta in colpa per quello che sta accadendo.”
Lei aveva appoggiato la fronte al vetro e parlato con rassegnazione e amarezza, rivolgendosi forse nemmeno a lui ma semplicemente a se stessa.
“Ma cosa ne sai Andrè? Se nessuna donna, là fuori, è riuscita a rubarti il cuore...come pretendi di capire ciò che prova lui?”
“Già, forse hai ragione tu...”
E le sue labbra si erano stirate ancora di più, in un sorriso di amara consapevolezza.

Ciò che non si possiede non può essere rubato...il mio cuore non mi appartiene più e tu non te ne sei neanche accorta...

E quando aveva ripreso a respirare normalmente, lei era tornata alla carica, forte di quella rabbia che le veniva dal non comprendere fino in fondo se stessa e, forse, neanche lui. Si era girata di nuovo a guardarlo, la stizza nascosta dietro le iridi azzurre.
“E allora tutti quei “discorsi da uomini” che si sentono a Corte? Ti ho sentito, a volte, sghignazzare con Girodel e il suo attendente. E non dirmi che non sai di cosa sto parlando perché i corridoi della reggia li pattugliamo insieme...”
“Sì, so di cosa parli. Dunque?”- Andrè si era passato una mano sugli occhi che quella conversazione si stava rivelando il più strenuo dei duelli.
“Non riguardano forse anche te?”
Il tono era di nuovo freddo e la voce tremava, forse di imbarazzo o forse di chissà cos'altro. Ma Andrè non aveva più le forze per pensarci, tutte impiegate nel cercare risposte che non aveva voglia di dare.
“Certo che sì! Ma questo è un altro discorso e non ho voglia di farlo...non con te, almeno”
“Perchè non con me?”
“Perchè tu NON sei un uomo Oscar! Non capiresti”- aveva alzato la voce, non lo faceva mai e se ne era dispiaciuto. Ma non era proprio riuscito a trattenersi.

Si erano fissati con gli occhi fiammeggianti. Nessuno voleva cedere terreno e abbassare lo sguardo ma la rabbia montava, per motivi diversi.
“Usciamo. Voglio battermi ancora Andrè”
“Come vuoi Oscar”
E, stremato, si era alzato. A lui sembrava di aver già combattuto abbastanza per quel giorno.

Ma si faceva sempre come voleva lei. Lui, in fondo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Se quello era il modo di sfogare il tumulto che aveva nel cuore per colpa dello svedese dallo sguardo triste, che allora fosse così. Era sempre meglio che passare il tempo immersi nei discorsi di poco prima.
E lei quella volta era bellissima. Il tramonto le incendiava i capelli e il fuoco che aveva dentro le illuminava gli occhi e le imporporava le guance in un modo del tutto simile a come avrebbero potuto essere sotto l'assalto dei suoi baci.

No Oscar, non posso amare nessun'altra. Non finchè ci sarai tu in ogni mio pensiero e in fondo ad ogni mio respiro.

E anche lui non aveva potuto fare a meno di mettere anima e corpo in quel duello, per non impazzire e per averla vicina come mai altrimenti sarebbe stato possibile.
La luce del tramonto aveva giocato sporco quel giorno, dando profondità ai suoi lineamenti di uomo ed illuminando i suoi occhi che non erano mai stati di quel verde.
Ad ogni affondo lei aveva avvertito il profumo della camicia fresca di bucato, frammisto,sempre di più, a qualcosa che le aveva ricordato sottoboschi verdi di muschio giovane. Si era resa conto di come quello non fosse un sentore nuovo ma solo di non avervi mai fatto caso.
Ma qualcun'altra evidentemente sì, come era emerso dai discorsi di poco prima.
Ed ecco che l'allieva, anzi l'allievo più arguto e brillante dell'Académie Militaire, veniva superato e denigrato in un insegnamento che non sapeva nemmeno facesse parte dell'addestramento.
E la rabbia era aumentata senza sapere perchè, insieme alla velocità dei movimenti e alla forza impressa ad ogni affondo. Fino all'ultimo, in cui si erano trovati vicinissimi, ansanti e sudati, con le camicie e gli sguardi che si sfioravano, le labbra quasi.
E alla fine lei aveva vinto. Lo aveva disarmato con un abile gioco di polso.

 

Invece quel mattino di qualche giorno prima, nel loro nuovo primo duello, non aveva vinto nessuno. Avevano deciso all'unanimità per un pareggio anche se a finire a terra era stata lei, tradita da una zolla smossa. Ma avevano stabilito, ridendo, che quella non rientrava tra i contendenti.
Lui le aveva porto la mano per aiutarla a rialzarsi, perchè non si sporcasse ulteriormente con l'erba umida poi l'aveva aiutata a togliere fango dai pantaloni, come aveva sempre fatto e fin dove si poteva arrivare, facendo finta fosse normale.
“Allora è un pareggio? Sicuro che non hai niente da aggiungere?”- l'aveva provocato lei, riprendendo il tono giocoso di poco prima.
“No, confermo che ha vinto la zolla” - aveva risposto lui, forzando un sorriso distratto, la mente altrove.
“Allora vado a cambiarmi”
Non ho niente da aggiungere Oscar. Ma non capisco perchè indossi i miei pantaloni...

 

(1) Realmente esistito. Fu nominato maresciallo di Francia nel 1783

Grazie ad un'amica che mi corregge sempre, con la precisione di un cecchino e, come sempre, grazie a tutti coloro che spenderanno un pò di tempo tra queste righe.

   
 
Leggi le 20 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: epices