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Autore: ferao    12/12/2021    5 recensioni
Raccolta di drabble/flash/oneshot scritta per il Calendario dell'Avvento indetto da Kodama_ nel forum "Ferisce più la penna"
- 1 dicembre: Cosa può desiderare un desiderio? (James/Lily)
- 2 dicembre: Forse non è così male come zio. (Harry&Hugo)
- 3 dicembre: Quello sarebbe il suo colore preferito, secondo loro? (Draco&Teddy + Harry)
- 4 dicembre: «Oh, no. Non di nuovo.» (Percy/Audrey + Molly&Lucy)
- 10 dicembre: «Certo che è colpa mia, Remus. Di chi altri dovrebbe essere? Non c’ero.» (Remus/Sirius) [partecipa ai "Regali d'inchiostro" del gruppo "L'angolo di Madama Rosmerta"]
- 11 dicembre: Perché ho strappato, e ora devo ricucire. (Percy&George) [partecipa ai "Regali d'inchiostro" del gruppo "L'angolo di Madama Rosmerta"]
- 15 dicembre: La prima cosa che Hermione avverte entrando in casa è il silenzio. (Ron/Hermione) [partecipa ai "Regali d'inchiostro" del gruppo "L'angolo di Madama Rosmerta"]
Genere: Angst, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Vari personaggi | Coppie: Audrey/Percy, James/Lily, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Edax Rerum'
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Sono in ritardo di *strizza gli occhi* troppi minuti col prompt dell'11 dicembre, ma vabbè.
Come la storia di ieri, anche questa rappresenta un regalo d'inchiostro per blackjessamine e Sia_, che hanno chiesto storie sui fratelli Weasley. Direi che questa oneshot rientra appieno nella richiesta XD Spero vi piaccia e di aver imbroccato i vostri gusti.
Buona lettura!
 




 

God Rest Ye Merry Hippogriff

11 Dicembre: In the bleak midwinter




 

«Allora?» Percy si chiuse la porta della sua vecchia camera alle spalle. «Di cosa dobbiamo parlare?»

Sorrideva incoraggiante, il che fece sprofondare lo stomaco di George da qualche parte vicino ai suoi piedi. Sapeva quanta fatica costasse quel genere di sorriso: la stessa, grammo più grammo meno, che occorreva per starsene tutta la sera alla Tana senza scappare via dopo cinque minuti. D’altronde era Natale, no? Bisognava passarlo tutti insieme, parenti e acquisiti e aggiunte varie, tutti stipati in uno spazio troppo stretto a chiacchierare e mangiare ed essere allegri. 

Bisognava, perché in qualche modo era pur doveroso mostrare gratitudine per chi, dopo tanti anni, si sforzava ancora di regalare agli altri una sembianza di normalità. Bisognava.

«George?»

Si riscosse. «Sì, uhm… Ecco… io…»

Si passò una mano tra i capelli, poi incrociò le braccia. Merda. Com’era il discorso che aveva provato con Angie? Era perfetto, o così aveva sostenuto lei. Ma tutte quelle belle parole, scelte con attenzione e messe in fila con la stessa cura con cui George allineava i prodotti sugli scaffali del suo negozio, sembravano essersi sparpagliate in giro per il suo cervello come Gobbiglie impazzite. 

Tossicchiò e guardò suo fratello, la cui espressione si stava facendo via via più incerta a ogni secondo che passava. Comprensibile. Non parlavano molto, loro due — non parlavano mai. L’ultima volta era stato… George non amava ripensare all’ultima volta che avevano parlato per davvero. Era successo all’incirca un mese dopo la morte di Fred, e c’erano state… parole sbagliate da parte sua. Molto, molto sbagliate. Talmente sbagliate che nemmeno il passare degli anni e i successivi tentativi di riavvicinamento erano valsi ad annullarne gli effetti: da quel momento i rapporti tra Percy e il resto della famiglia erano rimasti freddi, pieni di gentilezza ma anche di imbarazzo, e se si trovava solo con George per più di qualche secondo cercava sempre di defilarsi con una scusa, come se si vergognasse di stare alla sua presenza.

Il che era ingiusto, visto che non era colpa sua. Oh, no. Lui la sua parte l’aveva fatta, e anche bene. Era stato George a rovinare tutto.

«George?» Invece di andarsene come al solito, Percy gli si avvicinò. «C’è qualche problema? È… successo qualcosa?» 

«No, cioè… non proprio. Io…» Inspirò a fondo. «Io… voglio dire, noi… A-Angie aspetta un bambino.»

Percy sgranò gli occhi, così tanto che per un attimo sembrarono più larghi dei suoi occhiali, poi il suo volto si distese in un gran sorriso sincero. 

«Ma… ma è fantastico! E da quanto?»

Suo malgrado, George si sentì spuntare un sorriso identico. «Quattro mesi, più o meno. Un maschio. Abbiamo aspettato che fosse sicuro per… per dirlo.»

«È davvero fantastico, George. Congratulazioni.» Fece un movimento strano, come se volesse allungare un braccio per stringergli la mano o abbracciarlo, ma si bloccò e mise invece le mani in tasca. «Come l’hanno presa gli altri? Scommetto che Bill è felicissimo, dice sempre che Vic non ha abbastanza cugini — uno penserebbe che quattro sia un numero congruo, ma a quanto pare non…»

«Non lo sa nessuno.»

«…prego?»

«Finora lo abbiamo detto solo ai signori Johnson e a Lee. Nella nostra famiglia non lo sa nessuno, a parte te.» 

«…oh.» Percy aggrottò la fronte. «Hai… hai paura di come reagirebbe mamma? Non penso se la prenderebbe perché non siete sposati, insomma, quando Ron e Hermione…»

Scosse la testa. «Non l’ho detto a nessuno perché… perché volevo che fossi tu il primo a saperlo.» Oscillò sui talloni e, finalmente, si decise a lanciare il proverbiale Bombarda. «E perché vorrei chiederti di essere il padrino.»

Il sorriso di Percy si dissolse immediatamente. Guardò George per qualche secondo, in silenzio, infine sbuffò dal naso. «Molto spiritoso.» 

«Non sto scherzando, Perce.»

«Certo. Dai, torniamo di sotto, credo sia ora di dare i regali ai bambini.»

«Perce.»

Aveva già la mano sulla maniglia della porta, ma sospirò e tornò a voltarsi verso di lui. Stavolta non ci provava nemmeno a sforzarsi e la sua espressione era addolorata e stanca assieme — la stessa che aveva avuto quando, quasi un decennio prima, George gli aveva detto che avrebbe voluto fosse morto lui invece di Fred.

La stessa espressione con cui aveva risposto “Sì, lo vorrei anch’io.” 

«Per favore,» mormorò. Non farmi questo, sottintendeva il suo tono.

«Non sto scherzando. Te lo sto domandando sul serio.»

«George…»

«Mi rendo conto che è molto da chiedere, ma vorrei davvero che…» 

«No, George. Non lo vuoi. Ed è del tutto comprensibile, dati i nostri… trascorsi.» 

«Ascolta…» 

«Chiedilo a Bill. O a Ron. Saranno felicissimi di…» 

«Percy, piantala. Lo sto chiedendo a te.» 

«E Lee? Se c’è qualcuno che dovrebbe farlo è lui.» 

La sola idea fece grugnire una risata a George. «Oh, Lee si è già prenotato il ruolo di zio figo, ma onestamente non ce lo vedo proprio a occuparsi della mia preziosa prole a tempo indefinito.» 

Neanche quella battuta riuscì a far sparire il tormento dagli occhi di Percy. George sospirò. «Vorrei che fossi tu. Davvero. Perché…» 

Merda. Ecco il motivo per cui si era preparato un discorso: c’erano troppi perché dietro a quella decisione, e non tutti potevano essere pronunciati ad alta voce. Cosa avrebbe dovuto dirgli?

Perché mi sento in colpa. Perché ti ho detto che avrei voluto che fossi morto, anche se non lo pensavo, e ora sei convinto che tutti ti odiamo quando invece non facciamo altro che sentire la tua mancanza.

Perché me la sono presa con te quando avrei dovuto esserti grato. Sei la ragione per cui Fred non è morto da solo, sei quello che l’ha fatto ridere prima che il destino facesse il suo sporco lavoro, e io sono riuscito solo a sputarti in faccia senza pensare che la tua è l’ultima faccia che lui ha visto.

Perché un giorno potrei non esserci per mio figlio e ho bisogno di sapere che qualcuno gli insegnerà che va bene sbagliare, e chiedere scusa, e perdonare. Perché tu capisci quanto sia difficile andare avanti, giorno dopo giorno, Natale dopo Natale, a sorridere e stare con gli altri quando vorresti solo sparire. Sei l’unico che lo capisce, e per questo farai in modo che mio figlio non provi mai una cosa del genere.

Perché appena prima di morire Fred ti ha teso la mano, ha riparato lo squarcio tra di noi con una sola frase, e io con una sola frase l’ho riaperto più profondo di prima. Era l’ultimo regalo di Fred e l’ho rovinato, proprio io. 

Perché ho strappato, e ora devo ricucire.

«Perché… Sei sempre stato un buon fratello per noi. Ti sei occupato di…»  

«Sempre? Sicuro?» 

George roteò gli occhi. «Va bene, quasi sempre, il succo non cambia. Inoltre sei un buon padre, sei responsabile, e se Angie e io non potessimo esserci per nostro figlio…» 

«Non dire così, per favore.» 

«…saprei che è in ottime mani.» Trattenne un sorriso. «E che diventerà Caposcuola e potrà ambire a un posto nel Ministero.» 

Quello fece breccia in Percy, scatenandogli un grugnito. «Credevo desiderassi qualcosa di molto meno noioso per la tua preziosa prole,» brontolò in un’eccellente imitazione del proprio tono polemico.

«Eh, ci sono destini peggiori di un posto fisso. L’importante è che non me lo fai diventare Ministro.»  

«Non farò promesse che non posso mantenere.»      

Si scambiarono un sorriso, anche se quello di Percy morì quasi subito. La tensione nell’aria tra di loro non era sparita ma si era fatta diversa, meno opprimente. «Non devi farlo per forza, George. Lo apprezzo più di quanto immagini, ma non…»

«Lo so. Però credimi quando dico che non riesco a pensare a nessuno più adatto al ruolo.» 

Non convinto, Percy fece spallucce e si fissò i piedi. Era chiaro come il sole a mezzogiorno che avesse ancora molte, moltissime obiezioni all’idea; ma c’era un ultimo argomento che George si era tenuto da parte proprio per quell’eventualità, uno a cui quel testardo di suo fratello non avrebbe mai potuto dire di no.

Guarda caso, era anche la chiusa del suo ormai dimenticato discorso.

«Avanti.» Gli diede un colpetto scherzoso su una spalla. «Come puoi rifiutare? Non vuoi prenderti cura del piccolo Fred?»  

Percy reagì esattamente come sperava, rialzando di scatto la testa e fissandolo con tutta la meraviglia del mondo raccolta sul viso. Aprì la bocca per replicare ma gli uscì solo un versetto strozzato, così serrò le labbra e annuì mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. George avrebbe voluto tirar fuori una qualche battuta stupida per farlo ridere, o incazzare, o magari entrambe le cose, ma prima di rendersene conto stava piangendo anche lui abbracciato a suo fratello, e tutto ciò cui riuscì a pensare fu che finalmente andava tutto bene.

Aveva messo tutto a posto. I brandelli che aveva stracciato erano stati ricuciti, da Fred e per Fred, com’era giusto che fosse. E quando le voci dal pianterreno della Tana iniziarono a chiamarli e le rispettive compagne vennero a bussare alla porta per trascinarli nella bolgia natalizia, per la prima volta in molti anni Percy e George sorrisero senza fatica.




 

 

Note:

Il dialogo per cui George si sente colpevole viene descritto nel capitolo 11 di Omne Trinum Est Perfectum, come pure tutta la questione della distanza tra Percy e la sua famiglia negli anni del dopoguerra. Ovviamente non è necessario leggere la long per capire questa oneshot.
ll prompt dell'11 dicembre era "Ricucire".

 

   
 
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