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Autore: My Pride    12/12/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I'll be good for all of the times that I never could Titolo: I'll be good for all of the times that I never could
Autore: My Pride
Fandom: Teen Titans
Tipologia: One-shot [ 1651 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jason Peter Todd

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Malinconico

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort
Advent Calendar: 174. Resisti, sto arrivando


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    «Resisti, pulce, sto arrivando!»
    Le parole di Todd erano risuonate nella sua auricolare forti e chiare, ma Damian aveva sussurrato solo una replica biascicata mentre, premendosi una mano sul braccio, continuava ad osservare le macerie sottostanti dal bordo di un tetto.
    Quella notte, come molte altre notti, era andato al Tarbooshes... una tavola calda gestita da una famiglia araba che aveva dimostrato per lui un certo affetto. Gotham non era mai stata davvero la sua città, ma era stato in posti come quello che aveva trovato un piccolo angolo di paradiso, un luogo in cui a nessuno importava chi era o chi sarebbe diventato. Lì sapeva di poter essere semplicemente Damian. Né un Wayne, né un Al Ghul, e poteva gettarsi alle spalle un po' di quel peso che si era portato dietro sin dai primi momenti in cui aveva fatto i suoi passi nel mondo.
    Non era mai stato un tipo davvero sentimentale, ma quel posto e quella famiglia lo avevano fatto sentire a casa. Arzu e suo marito Ismael erano sempre stati cordiali con tutti e avevano visto in lui un giovane sedicenne che aveva bisogno di un posto in cui pensare, in cui allontanarsi dal caos che il nome Wayne portava con sé, ed era sempre stato bello vedere come fossero affiatati tra loro e scherzassero coi clienti. In parte, a volte, gli aveva ricordato il modo in cui si comportavano anche suo padre e i suoi fratelli e sorella.
    Ciò che era accaduto quella notte, però, aveva ridotto tutto in frantumi. Avendo passato una settimana in missione con suo padre e il fine settimana con Jon prima che lui stesso partisse con Superman, quand'era tornato al Tarbooshes era stato accolto con gioia da Arzu che, con le belle labbra carnose curvate in un sorriso, gli aveva chiesto dove fosse stato e che era mancato molto a tutti loro; Damian stesso aveva ricambiato quel sorriso e le aveva semplicemente detto che era stato in viaggio col padre - noiosa roba da Wayne, aveva aggiunto -, così la donna, ridendo, gli aveva poggiato con fare amorevole una mano su una spalla e gli aveva scherzosamente detto che l'avrebbe tirato un po' su con uno dei suoi speciali kebab vegetariani.
    Damian l'aveva ringraziata e aveva fatto scorrere lo sguardo sulla sua figura longilinea che si allontanava, soffermandosi sul modo in cui aveva sistemato qualche ciocca di capelli ribelle nuovamente al di sotto del suo hijāb prima di sorridere a Ismael e richiamare le due figlie più giovani, le quali avevano cominciato a giocare con il registro di cassa. Poco dopo erano entrati due uomini, con le mani in tasca e lo sguardo che vagava in ogni angolo del locale con un cipiglio sospetto che Damian aveva tenuto d'occhio. Si erano seduti con calma, ma era stato a quel punto che era capitolato tutto.
    Quando il figlio maggiore di Ismael si era avvicinato e aveva chiesto loro cosa volessero ordinare, erano rimasti entrambi in silenzio per quelli che erano sembrati minuti interminabili, prima che uno dei due sputasse sul tavolo e tirasse fuori una pistola; Damian aveva visto il terrore farsi spazio negli occhi del ragazzo quando gli avevano puntato contro la canna, ordinando a Ismael di tirar fuori i soldi dalla cassa se non voleva che facessero saltare il cervello al figlio. Avevano esordito dicendo che gli sporchi immigrati avrebbero solo dovuto ringraziare di essere in America, e che quei soldi sarebbero stati un buon pizzo per la loro permanenza. Spaventato per il figlio, Ismael non ci aveva messo molto a svuotare la cassa e a mormorare di lasciarlo andare, perché il ragazzo non aveva fatto nulla di male e stavano solo lavorando onestamente.
    Damian aveva chiuso un pugno lungo un fianco, ed era stato quando li aveva visti pronti a premere il grilletto che si era lanciato contro di loro per evitare che ferissero Arzu, colpendo uno dei due al volto e l'altro alla bocca dello stomaco, mettendoli fuori combattimento; sputando bile, l'uomo accasciato a terra gli aveva biascicato contro che 
degli “arabi di merda” come loro avrebbero dovuto tornarsene al loro paese, e Damian era rimasto scioccato per un attimo da quelle parole, osservando l'odio negli occhi marroni di quell'uomo. Era rimasto ferito? Non era riuscito a capirlo. In quei suoi sei anni a Gotham, nessuno gli aveva mai rivolto parole razziste e la cosa gli aveva fatto pensare se l'essere un Wayne l'avesse “protetto” anche da quello o se, semplicemente, non avesse mai dato tanta importanza alle cose quand'era un ragazzino arrogante che pensava solo a se stesso.
    L'esplosione che era sopraggiunta improvvisamente era stata devastante. Il fischio nelle sue orecchie l'aveva reso sordo per minuti che gli erano sembrati interminabili ed era stata una fortuna che indossasse, al di sotto della felpa, la sua uniforme ignifuga... ma Ismael non aveva avuto la stessa fortuna. Con orrore, Damian aveva visto il suo braccio destro spuntare dalle macerie e le labbra di Arzu e dei suoi figli muoversi senza emettere suono, almeno finché non era finalmente riuscito a sentire le loro urla di dolore e i pianti isterici che gli avevano straziato il cuore.
    In silenzio, Damian era scomparso. Era fuggito da quella sofferenza, da quella tragedia, sentendosi un codardo nel ripararsi sul tetto che affacciava proprio sulle macerie di quello che una volta era stato il Tarbooshes... e aveva pianto. Aveva pianto per quella famiglia e per la loro perdita, aveva pianto finché non era più riuscito a respirare e il volto era diventato caldo e fradicio di lacrime e muco, e solo quando l'adrenalina aveva cominciato a scemare si era accorto di avere un braccio ferito. Non si era nemmeno reso conto di aver mandato un segnale di emergenza e di aver chiamato Red Hood, chiuso nel suo dolore come uno spettatore che sentiva di non meritare di provare quelle emozioni.
    «Ehi, ragazzo».
    Damian non sussultò, non mosse nemmeno un muscolo; si passò solo il dorso della mano sinistra sotto gli occhi, indicando in silenzio il braccio destro che sanguinava copiosamente.
    «Cristo santo», esordì ancora Todd, ma Damian non riuscì a capire se stesse parlando della sua ferita o del fumo che ancora si innalzava dalla strada sottostante. Erano sopraggiunte sul posto un'ambulanza e la vettura dei vigili del fuoco, ma nessuno era riuscito a calmare le grida di Arzu, le quali riverberavano nelle orecchie di Damian. Facevano più male del taglio che correva lungo il suo bicipite. «Cos'è successo?»
    Nel rendersi conto che dalle labbra di Damian non sarebbe uscita una parola, Jason scosse la testa e si preoccupò di quella ferita, conoscendo fin troppo bene il fratello minore. Se avesse provato a spingerlo a parlare sarebbe solo riuscito a farlo chiudere maggiormente in se stesso, quindi non gli chiese nemmeno del rossore che aveva sul volto, invitandolo a togliersi la felpa e strappando quel che restava della manica dell'uniforme; il taglio era profondo, ma lo ripulì col disinfettante e osservò le reazioni del giovane, che non aveva smesso di osservare le macerie sin dal primo momento in cui lui era arrivato.
    «Non sono riuscito a proteggerlo», sussurrò infine Damian con voce incrinata, e Jason, che stava cominciando ad occuparsi della sutura, sollevò lo sguardo per vedere solo il suo labbro tremare.
    «...di chi parli?»
    «Ismael. Il... marito di Arzu».
    Damian indicò un punto con un dito, e Jason allargò gli occhi nel seguirlo. Oh, cazzo. Senza sapere che cosa dire, fissò il fratello minore e poi le macerie di quel posto, il modo in cui i vigili del fuoco cercavano di spegnere le ultime fiamme e i paramedici che tentavano di fermare la donna, che aveva cominciato ad urlare qualcosa in arabo che nemmeno lui riusciva a capire.
    «È stato un crimine d'odio», aggiunse ancora Damian, deglutendo mentre si umettava le labbra. «Prima... prima che scoppiasse tutto in aria, sono entrati due uomini per farsi pagare il pizzo; li ho disarmati, ma ci hanno chiamati “arabi di merda” e io... non ho saputo come reagire. Se fossi stato più attento, forse... mi sarei accorto che avevano dei complici e che volevano far saltare in aria quel posto, io--»
    «Ehi, ragazzo, no. Non pensare nemmeno per un momento che sia stata colpa tua».
    «Però--»
    «No». Jason lo zittì immediatamente e finì la sutura, avvolgendo la fasciatura intorno al braccio prima di afferrare il mento di Damian e costringerlo a guardarlo negli occhi. «Non prenderti le colpe di quei razzisti, pulce. In questi anni ti sei già punito abbastanza».
    Damian tirò su col naso e distolse lo sguardo, allungando una mano verso la propria felpa prima di indossarla di nuovo e stringersi in essa. Aveva compiuto azioni crudeli, era stato egoista e aveva ucciso... ma si era redento, aveva cercato di essere migliore, di provare empatia per chi gli era intorno. E, in un momento come quello, forse c'era un solo posto in cui avrebbe dovuto essere. «Todd... voglio... voglio restare un po' con loro», pigolò, e Jason non parlò per attimi che parvero interminabili, almeno finché non poggiò una mano sulla sua spalla.
    «Dirò a B di non preoccuparsi se fai tardi, stasera», esordì semplicemente, sparendo esattamente con la stessa facilità con cui era apparso.
    Passandosi ancora una volta il dorso della mano sotto gli occhi, Damian si prese un attimo prima di trarre un sospiro e farsi coraggio. Insicuro, tornò in strada. Col cuore stretto in una morsa, cercò Arzu e i suoi figli e vide quei suoi grandi occhi scuri riempirsi di lacrime, le parole biascicate che scappavano dalle sue labbra pungevano il viso di Damian come lame acuminate; si avvicinò, il volto di Arzu parve illuminarsi per un attimo nel vedere che almeno lui si era salvato, con le guance rigate dal kajal e gli occhi gonfi.
    Piansero insieme quella perdita, uniti nel loro dolore
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa storia è stata scritta per l
' #adventarcalendar indetto sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia.
Si trata di una rivisitazione di
 Teen Titans Special #1, perché per quanto la storia in sé potesse essere carina, non mi è piaciut il modo in cui è stata trattata verso la fine. C'erano modi e modi per arrivare ad una conclusione, e buttare all'aria tutto il character delovepment di Damian è stata davvero una pessima scelta
Insomma, è cresciuto molto durante gli anni e farlo tornare sui suoi passi, in un modo o nell'altro, secondo me è stata la scelta peggiore che si potesse fare. Ecco quindi che ho preso spunto da quellepiodio e l'ho reso più umano, più in character con un personaggio come Damian che ha sempre cercato di essere meglio di come gli altri lo vedevano

Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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