Cap. 12: Unspoken words
I am imploding, my mind's corroding
This wall of silence is suddenly falling
The wind is blowing, the lightning is coming
I cannot refrain no more
Now take heed for me
You will realize this is
The calm before the storm
Of the feelings untold
Listen to me, in the end
And don't tell me I'm to blame
There's something you should know
Can you hear my unspoken words?
(“Unspoken words” – Temperance)
Nell’accampamento che i Vichinghi avevano
improvvisato in una radura nei boschi del Wessex, Ivar aveva spiegato a tutti
come stavano le cose, che a quanto pareva non era Re Alfred a prendere le
decisioni quanto piuttosto la sua Regina.
“Questa donna sembra avercela particolarmente
con me” commentò ironicamente il giovane, “visto che mi vede come il demonio pagano e probabilmente pensa
che, se morissi io, non ci sarebbero più razzie e villaggi depredati.”
Harald scoppiò in una risata.
“Allora non lo sa che sono stato io a decidere di venire in Wessex a
razziare? E continuerei anche se tu morissi, Ivar, non è che mi si spezzerebbe
il cuore!” celiò.
“Non ne dubitavo” replicò Ivar. “Il punto è
un altro: finché sarà lei ad avere il potere, i coloni Vichinghi non saranno
mai al sicuro qui. Re Alfred aveva donato alla nostra gente le colonie della
Northumbria senza pretendere alcuna conversione o altro e adesso le cose sono
cambiate. Bisogna fare in modo che sia lui a riprendere il potere che gli
spetta.”
“Forse dovrei provare ad andare da lui al
palazzo reale, credo che se gli parlassi…” iniziò a dire Aethelred, ma Ivar lo
interruppe subito.
“Non dirlo nemmeno per scherzo! Sono sicuro
che tu venga subito dopo di me nella lista
nera di questa Regina, in fondo hai lasciato il tuo Paese per venire a
vivere in mezzo ai pagani, per non parlare di quello che fai con un pagano in particolare…”
“Ma che dici, Ivar, ti sembra questo il
momento di parlare di certe cose?” esclamò il Sassone, sconvolto e diventando
rosso fino alla radice dei capelli.
“È solo la verità, noi Vichinghi non ci
vergogniamo di parlare di sesso” ribatté tranquillo il giovane, mentre tutti
gli altri nell’accampamento scoppiavano in grasse risate, alquanto divertiti
dall’imbarazzo evidente di Aethelred. Era vero, tra i Vichinghi non c’erano
pudori, ma Ivar aveva voluto fare quella battuta appositamente per strappare
una risata ai compagni e, soprattutto, per distrarre Aethelred. Non ci pensava
nemmeno a lasciarlo andare da solo al palazzo reale sapendo che c’era in giro
quella pazza, Ivar non aveva conosciuto Judith, ma ne aveva saputo abbastanza
da Hvitserk e dallo stesso Aethelred e, a quanto sembrava, la nuova Regina era
altrettanto fanatica, pazza e crudele. Non le avrebbe mai lasciato mettere le
grinfie sul suo compagno!
“Dovremo trovare un modo di attirare i
Sassoni allo scoperto” riprese poi il Vichingo, “sarebbe assurdo attaccare il
palazzo reale e la città fortificata, siamo troppo pochi e verremmo sconfitti.
Ho deciso di mandare delle spie per osservare quali siano i punti migliori in
cui attirare i soldati Sassoni, poi li massacreremo. Quando saremo noi i
vincitori, potremo dettare le nostre
condizioni.”
Gli altri esultarono e lanciarono grida di
battaglia.
Più tardi, quella notte, Aethelred giaceva
ancora sveglio nella tenda che divideva con Ivar quando si sentì abbracciare
forte dal compagno.
“Ivar… credevo ti fossi addormentato”
mormorò, abbandonandosi a quell’abbraccio che lo faceva sentire meglio, al
caldo, al sicuro, lontano dalle preoccupazioni, anche se solo per qualche
istante.
“Non potevo dormire sentendo che tu eri
agitato” gli disse dolcemente il Vichingo. “Aethelred, lo so cosa ti tormenta,
è vero che sei preoccupato per Alfred, e anche per noi e per tutti i coloni,
che non vorresti mai questo scontro tra il tuo popolo e la gente che ti ha
adottato… ma so che non è tutto qui. So il male che ti ha fatto quella tua
orribile madre e so che adesso ti sembra di rivivere la stessa situazione, solo
che c’è questa Regina al posto di quell’altra.”
Era incredibile come Ivar fosse riuscito a
leggere perfettamente nel suo cuore, indovinando tutto ciò che lo tormentava,
ma forse non era così strano: Ivar era sempre stato arguto, un attento
osservatore dei dettagli, e poi… e poi lo amava, ora Aethelred non aveva più
alcun dubbio. Soltanto il vero amore aveva permesso ad Ivar di comprendere
anche quel suo dolore più intimo e segreto!
“È proprio così, mi sembra che tutto si
ripeta e che sia un incubo dal quale non riesco a fuggire” sospirò il giovane
Sassone, stringendosi di più al compagno. “Mia madre voleva distruggere i
pagani, non capiva perché Alfred volesse fare accordi con loro, poi però è
morta e Alfred ha potuto fare ciò in cui credeva per ottenere la pace. Ora,
però, temo che Elsewith abbia trascorso fin troppo tempo con mia madre che l’ha
indottrinata e fatta diventare come lei… povero Alfred, ero così felice
credendo che avesse una moglie dolce e innamorata!”
“Non tutti possono essere fortunati come te,
non credi?” scherzò Ivar. “Comunque non preoccuparti, vedrai che insieme
risolveremo anche questo problema. Vedi che, alla fine, avevo ragione a voler
partire per il Wessex?”
Ivar cercava ancora una volta di
sdrammatizzare e di togliere quella pena dal cuore di Aethelred. Abbracciandolo
più appassionatamente, lo baciò come se gli mancasse il respiro, come se solo
incollato alle sue labbra morbide potesse sopravvivere. Senza staccarsi dalla
sua bocca iniziò ad accarezzarlo ovunque e infine si insinuò lentamente nella
sua delicata apertura, sentendolo caldo e stretto e godendo di ogni istante di
quella fusione totale con il suo giovane amante; si mosse in lui con lentezza e
intensità cercando di cancellare ogni confine tra il suo corpo e quello di
Aethelred, per farlo sentire totalmente suo, al sicuro, amato e protetto. Il
giovane Sassone, perduto e travolto, si aggrappava convulsamente alle spalle di
Ivar, lo assecondava e lo accoglieva con amore, sospirando e ansimando nella
sua bocca. Alla fine giunsero entrambi, insieme, all’apice del piacere e
restarono incollati l’uno all’altro, ansanti, lasciando che almeno per quella
notte nient’altro esistesse, niente più Wessex, niente più guerre di religione,
niente più Alfred o Elsewith… soltanto loro, Ivar e Aethelred contro il mondo.
A Kattegat, invece, un Tiago esausto e
tremante era rientrato nella dimora regale dopo aver trascorso un’altra
giornata estenuante nel luogo dei rituali, tentando di visualizzare il punto in
cui Ingrid aveva nascosto l’oggetto maledetto che rendeva cieco Erik. Si stava
dirigendo verso la stanza dell’uomo quando fu fermato da Gunnhild.
“Tiago, sono giorni e giorni che ti sfinisci
per occuparti di Erik” gli disse la Regina in tono materno. “Io e Bjorn siamo
molto felici che ci sia tu a prenderti cura del nostro amico, ma non possiamo
fare a meno di notare che tu stai sempre peggio. Probabilmente non mangi e non
dormi abbastanza, ma così non fai del bene a te stesso e nemmeno a Erik. Se tu
ti ammalassi, chi si occuperebbe di lui?”
“Mia Regina, sei così gentile a preoccuparti
per me, ma io sto bene, te lo assicuro, è solo che…”
“Questa sera voglio che tu venga a cena con
noi, così vedrò con i miei occhi che ti prendi cura anche di te stesso e della
tua salute” disse Gunnhild, decisa. “Anche Erik è il benvenuto, se si sente di
venire. Ci saremo solo Bjorn ed io, e Ingrid, ovviamente, ma non avremo altri
ospiti.”
Ingrid! Soltanto
a sentire il suo nome Tiago represse un brivido. Quel giorno era andato così
vicino a scoprire dove la donna avesse sistemato il suo malefico manufatto...
come avrebbe reagito nel passare una serata intera allo stesso tavolo? Tuttavia
non poteva rifiutare qualcosa alla sua Regina.
“Ne sarò onorato, mia Regina, ti ringrazio
per la tua generosità e spero di riuscire a convincere anche Erik a
partecipare” rispose, cercando di sembrare più convinto e sereno di quanto non
fosse.
Congedatosi da Gunnhild, si avviò verso la
camera di Erik ed entrò silenziosamente.
“Sei tu, Tiago?” domandò l’uomo.
“Sì, sono tornato adesso, scusami se ci ho
messo tanto ma…” rispose il ragazzo, avvicinandosi al letto. In quel momento,
paradossalmente, era quasi sollevato per il fatto che Erik non potesse vedere
quanto fosse stremato e tormentato dalla fatica e dallo spavento che comunque
provava ogni volta che si trovava ad affrontare quelle forze malefiche. Ma
Erik, proprio perché non poteva più vedere, aveva affinato tutti gli altri
sensi e sentiva bene l’ansimare di Tiago, la sua voce debole e tremante, le sue
frasi spezzate. Allungò un braccio e lo attirò a sé, stringendolo tra le
braccia possenti e portandoselo nel letto, accarezzandolo e iniziando a
spogliarlo. Anche se Tiago non voleva rivelargli nulla di quello che faceva,
lui poteva immaginare quanto fosse penoso per il ragazzino spagnolo, ricordava
fin troppo bene la notte in cui proprio Tiago lo aveva portato in quel campo di
battaglia a vedere Ingrid che faceva i suoi spaventosi sortilegi, lui stesso ne
era rimasto sconvolto (anche se non abbastanza da starle lontano, a quanto
pareva…). Come poteva quel giovane fragile e inesperto misurarsi con
incantesimi oscuri pronunciati da una strega che evocava spiriti maligni e
spettri di morti da chissà quanti anni? Ora che il ragazzo era lì, Erik non
voleva perdere niente di lui e voleva fargli sentire la sua vicinanza
nell’unico modo che poteva, visto che non aveva modo di aiutarlo davvero. Così
lo abbracciò, avvolgendolo e stringendolo al torace muscoloso, accarezzandolo
ovunque con voluttà e eccitazione, incollò la bocca alla sua soffocandolo con
un lunghissimo bacio, invadente, profondo e intimo. Voleva possederlo,
riempirlo, conoscere ed esplorare ogni millimetro di lui; si spinse con
irruenza dentro le sue carni, muovendosi sempre più a fondo, cercando di
fondersi completamente con Tiago. Il giovane spagnolo, perduto e travolto, si
aggrappava convulsamente alle spalle possenti di Erik, sospirando e spingendosi
contro di lui, assecondando i suoi movimenti intensi e decisi, accogliendolo
dentro di sé, sconvolto ma felice di sentirsi dominato e attraversato da lui in
modo totale, nel sentirsi completamente in sua balia. Tutto esplose in
un’estasi totale di passione e i due rimasero con i corpi nudi intrecciati e
incollati l’uno all’altro, finché Erik non sentì di nuovo montare l’urgenza del
desiderio e non riprese a possedere Tiago, a baciarlo profondamente e
intimamente, ad affondare in lui ancora e ancora e ancora, per un tempo
infinito e senza mai stancarsi di lui, del suo sapore, del suo corpo minuto e
liscio.
“Poi… se volessi… la Regina Gunnhild ci ha
invitati entrambi alla sua tavola… me lo dici tu se vuoi andarci e quando?”
mormorò il ragazzo, esausto e disfatto dal piacere dopo tanti amplessi pieni di
ardore. Intenerito ed eccitato dalla tenerezza di Tiago, Erik lo baciò ancora,
divorandogli la bocca, ma stavolta si trattenne da tutto il resto e,
scompigliandogli i capelli, si staccò da lui sorridendo.
“Un invito da Bjorn e Gunnhild non si può
rifiutare” rispose. “Credo che stasera mi deciderò a vestirmi e a unirmi a
tutti voi per la cena.”
Tiago era felice che Erik avesse preso quella
decisione, che finalmente uscisse da quel letto dove temeva che potesse
deprimersi, che parlasse di nuovo con altre persone… Erik, però, aveva deciso
di farlo soprattutto per distrarre il ragazzo e per fare in modo che, almeno
per una sera, mangiasse a sufficienza. Tiago si occupava di lui totalmente e
sembrava non pensare affatto a se stesso, ma così facendo avrebbe finito per distruggersi.
Erik, che non aveva mai provato veri sentimenti d’amore in vita sua, pensava
che il suo fosse solo sano egoismo: Tiago gli piaceva e si prendeva cura di
lui, perciò voleva che stesse bene e non aveva intenzione di perderlo, ma forse
c’era qualcosa di più di cui l’uomo non era consapevole, un calore che si
irradiava in tutto il corpo e pareva illuminarlo dentro anche adesso che non
poteva più vedere.
Tiago stava diventando sempre più importante
per lui!
Così, quella sera, Bjorn e Gunnhild si ritrovarono
con Ingrid, Erik e Tiago al loro tavolo. Bjorn approfittò dell’occasione per
cercare di distrarre Erik e di farlo sentire partecipe, raccontandogli di
quello che stava accadendo in Wessex; Gunnhild, invece, teneva sott’occhio
Tiago e si assicurava che mangiasse abbastanza, che potesse scegliere tutto
quello che preferiva e che potesse riposarsi e rilassarsi.
In tutto ciò Ingrid era irritata per il fatto
di dover cenare con Erik e ancor di più perché Bjorn gli parlava come se fosse
ancora il suo braccio destro, il suo fido consigliere, invece di farlo sentire
inutile, invalido e emarginato come lei avrebbe voluto. Tuttavia si rese conto
che quella era anche un’occasione imperdibile per causare un piccolo malessere
a Tiago, qualcosa che non gli avrebbe nuociuto troppo ma che, perlomeno per
qualche tempo, lo avrebbe tenuto lontano dal luogo in cui lei eseguiva i suoi
rituali. La donna sperava che, sentendosi debole e malato, il ragazzo avrebbe
avuto paura, credendo magari che gli spiriti dei morti gli avessero fatto del
male, e avrebbe quindi desistito dalla sua missione
di ridare la vista a Erik. Approfittando di un momento in cui Gunnhild era
voltata verso il marito, con rapidità e abilità soffiò una polverina misteriosa
sul cibo di Tiago…
A parte questo spiacevole incidente di cui
nessuno si accorse, almeno non in quel momento, la serata si svolse
piacevolmente. Bjorn e Gunnhild erano felici di avere finalmente qualcuno con
cui parlare, dopo giorni e giorni in cui si erano confrontati soltanto tra di
loro: si erano accorti ben presto di quanto mancassero Aethelred, Hvitserk e
Helgi, che in modo diverso ma complementare contribuivano attivamente al
governo di Kattegat; per Odino, Bjorn si era ritrovato a desiderare persino le
battute sarcastiche e pungenti di Ivar pur di sentire una voce familiare! E
questo la diceva tutta… Erik aveva quasi dimenticato la sua invalidità potendo
ascoltare gli avvenimenti degli ultimi giorni, ciò che aveva spinto anche Ivar
e gli altri a partire per il Wessex, lo strano comportamento vendicativo di Re
Alfred, ed era stato contento rendendosi conto che Bjorn e Gunnhild lo volevano
comunque al loro fianco, che per loro non contava che vedesse o meno, era
comunque un amico e un consigliere prezioso. E Tiago… beh, Tiago aveva mangiato
bene e tranquillamente come non faceva da chissà quanto tempo ed era
felicissimo di vedere Erik così a suo agio, addirittura sorridente, mentre
parlava con Bjorn e Gunnhild. Silenziosamente, giurò ancora una volta che
avrebbe affrontato qualsiasi terrore, difficoltà o fatica pur di restituire la
vista all’uomo.
Conclusa la bella serata, Tiago riaccompagnò
Erik in camera sua e lo aiutò a svestirsi e rimettersi a letto, ma… come ci si
poteva immaginare, l’uomo approfittò della prima occasione per prendere il
giovane spagnolo tra le braccia e svestire anche lui, infilandolo sotto le
lenzuola con sé. Gli assalti amorosi di Erik erano sempre tanto fulminei e
impetuosi che lasciavano Tiago senza fiato e gli facevano perdere completamente
l’orientamento, non sapeva più dove, chi, cosa, come fosse, sentiva solo Erik
sopra di lui, dentro di lui, che lo baciava nel modo più invadente e intimo
possibile e lo toccava ovunque, usando tutti i sensi che gli erano rimasti per
stamparsi nella memoria il suo piccolo e tenero amante. Ancora una volta Erik
lo prese, invaso da un’eccitazione che non poteva più trattenere e che sfogò in
lunghi e sempre più appassionati amplessi, continui assalti amorosi di cui non
si stancava mai, anzi, avrebbe voluto addirittura scivolargli sotto la pelle,
diventare carne della sua carne, un tutt’uno con Tiago. Solo dopo molto tempo
Erik si ritenne sazio e si fermò, stringendo il ragazzo in un abbraccio
avvolgente che incatenava insieme i loro corpi, perché anche prima di
addormentarsi l’uomo voleva sentire che Tiago era lì, che nessuno glielo
avrebbe portato via, che non gli sarebbe accaduto niente di male. Si rendeva
conto con stupore che per la prima volta conosceva davvero il significato dell’espressione
fare l’amore, che era tutto
completamente diverso da ciò che aveva fatto con Ingrid e con qualsiasi altra
schiava o schiavo prima di Tiago, stava imparando che i momenti di tenerezza dopo
l’amore lo riempivano di calore e soddisfazione quasi come i piaceri della
passione in cui si era perduto poco prima e che l’abbraccio spontaneo e
affettuoso del giovane spagnolo era probabilmente la cosa più bella che gli
fosse mai capitata. Quel ragazzino era l’unico che lo facesse sentire davvero
vivo, accettato, accolto e completo, anche adesso che era cieco.
E Tiago, ancora frastornato da tanti e
impetuosi rapporti carnali e stanco per la giornata lunga ed estenuante, si
strinse al petto di Erik con il cuore che gli batteva fortissimo, il respiro
affannoso, ogni fibra del corpo ancora fremente per il contatto con lui.
Sentiva le tempie pulsargli e un fastidioso cerchio alla testa, ma attribuì il
malessere alla stanchezza e allo sforzo di concentrarsi per visualizzare l’oggetto
maledetto, si affidò ancora di più all’uomo che amava e, lentamente, si lasciò
cadere in un sonno non del tutto tranquillo.
La polverina di Ingrid stava iniziando ad
avere effetto, solo che lui non poteva saperlo…
Fine dodicesimo capitolo