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Autore: striscia_04    23/12/2021    3 recensioni
“Fanfiction partecipante al Christmas Countdown 2021, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images”
Natale è il periodo più magico e lieto dell'anno. Ma il Natale non è solo canzoni, banchetti, regali e decorazioni; è anche un periodo da trascorrere con la propria famiglia o con le persone a cui si vuole bene.
Non tutte le famiglie, però, sono sempre allegre e felici, e spesso le rimpatriate possono portare a litigi o incomprensioni.
Scopriamo come trascorrono il Natale, gli ormai adulti membri di Fairy tail e come, soprattutto, lo trascorrono i loro figli, tra canzoni, regali, mercatini e piste di pattinaggio.
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuova generazione, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno: 23 dicembre
N. pallina: 5
CITAZIONE: A Natale tutte le strade conducono a casa. (Marjorie Holmes)
SITUAZIONE: A e B non stanno più insieme o hanno litigato pesantemente, ma la magia del Natale li farà riappacificare.
PROMPT: Pista di pattinaggio

“Lo vuoi capire che non c’è nulla di male, se per una volta lo facciamo venire?”
“E tu lo vuoi capire, che quello che vuoi fare è rischioso e potrebbe procurargli qualche danno?”
“Non possiamo continuare a tenerlo chiuso lì dentro, come se fosse un animale raro!”
“Ma non possiamo neanche rischiare di lasciarlo uscire, potrebbe avere una qualche ricaduta e sentirsi male!”
“Voglio solo portarlo a pattinare sul ghiaccio! Cosa c’è di male?”
“Cosa c’è di male?! Non lo so, forse ti sfugge il concetto di debolezza fisica, rischio di malattie che possano danneggiarlo a livello polmonare, o rischio di fratture con danni permanenti ed irreversibili!”
“Lo so che rischia ogni volta che esce, ma non possiamo continuare a lasciarlo in ospedale! Ormai è abbastanza grande, e io non voglio che sprechi la sua infanzia in un centro di cura!”
“Se non stesse in ospedale, non l’avrebbe nemmeno un’infanzia! Lo vuoi capire che non è…” si interruppe mordendosi il labbro inferiore.
“Non è che cosa?! Forza continua!”
“Mira, io non volevo…”
“No, tu volevi eccome! Stavi per dire che non è un bambino come tutti gli altri!”
“E’ forse errato?”, “No, ma non è giusto che a causa delle sue complicazioni di salute trascorra tutta la vita in un ospedale!”
“E cosa dovremmo fare? Lasciarlo uscire senza sostegno? Non dovremmo più attaccarlo ai supporti vitali e aspettare di ritrovarcelo morto?!”
“No! Ma non puoi rovinargli la vita!”
“Io gli starei rovinando la vita?! Ma se è da quando è nato, che cerco di assicurarmi che ne abbia una!”
“Ma lo stai soffocando con tutta la tua apprensione!”
“Ancora con questa storia? Anche quando eri in gravidanza e ti dissi di andare a fare un controllo supplementare, non fosti tu a dirmi che era tutto a posto?! Anche allora ero troppo apprensivo?”
“Vuoi davvero continuare a rinfacciarmelo?! Per te è colpa mia se nostro figlio è nato così? Ti ricordo che metà del potere magico, che gli sta danneggiando l’organismo è tuo!”
“Ma se fossi andata prima a farti controllare, forse avremmo potuto evitare tutti i problemi successivi, compresi quelli legati al parto.”
“Se fosse stato possibile prevenirlo non avremmo rischiato entrambi di morire nel processo! È stato qualcosa di completamente inaspettato!”
“Potevi comunque farti visitare, prima che la fuoriuscita di potere magico ti portasse a dover effettuare il taglio Cesario!”
“Non significa che le sue condizioni sarebbero migliorate! Ti vuoi mettere in testa che non c’è una soluzione se non il sopprimere il suo potere!”
“Lo so benissimo! Ma proprio perché rischia ogni giorno, non possiamo semplicemente esporlo apertamente a pericoli esterni.”
“Ma tu devi capire, che nelle sue condizioni è molto improbabile che…” si trattenne, sia perché sul volto del marito comparve un’espressione affranta, peggiore di quella di un cane bastonato; e soprattutto perché lei stessa si rifiutava di affermare quella convinzione ad alta voce: troppo era il dolore che le provocava pensare a quella possibilità.
“Continua!” gli disse il biondo, nascondendo il dolore dietro un tono duro e autoritario, “Non servirebbe, lo sai cosa voglio dire.”
“No, non lo so!”, “Si, invece!”
Non ti darò la soddisfazione di sentirlo uscire dalla mia bocca! Non ti darò un’altra scusa per prendertela con me!” sembravano dire questo i suoi grandi occhi azzurri, piantati con decisione sulla figura del biondo, che dal canto suo la fissava ancora arrabbiato.
“Lui vivrà!” disse Luxus all’albina, ma più che un giuramento, che un ordine, che una promessa, sembrava quasi una preghiera che l’uomo stava facendo ad una qualche divinità.
“Si.” rispose semplicemente la donna, abbassando la testa per evitare che l’altro scorgesse le lacrime ai lati dei suoi occhi.
“Ma potrebbe succedere chissà cosa, in futuro.”
“Non succederà un bel niente!”
“Non puoi saperlo!”
“Si, che lo so! Mio figlio guarirà! Crescerà sano e forte, e raggiungerà l’età adulta!”
“E se le tue previsioni si rivelassero infondate?” chiese Mira,
“Io so di avere ragione! Dobbiamo solo assicurarci che non si faccia male e che continui ad assumere le medicine. E prima o poi…”
“Prima o poi ce lo ritroveremo morto sul letto d’ospedale.”
Quella costatazione lo spiazzò.
Non si aspettava che sua moglie, conosciuta da tutti per il suo ottimismo e la sua allegria arrivasse a dire certe cose. Soprattutto se l’argomento riguardava loro figlio.
Avrebbe dovuto provare compassione, pena, pietà per quella povera madre, per quella donna, con cui aveva deciso di trascorrere il resto della sua vita, - sperava sarebbe stata una vita felice e spensierata. E forse per molto tempo si era dimostrata tale, ma da sei anni a quella parte tutto era andato in malora! -, in quel momento però, provò solamente una grande collera: rabbia per le parole dette da sua moglie, rabbia per la scarsa fiducia che riponeva in lui e nel loro figlio, rabbia per se stesso e il suo stupido potere magico, -per la prima volta, da quando era nato il loro secondo genito, Luxus aveva odiato con tutto se stesso la sua potenza, quella forza smisurata che lo aveva fatto sentire, in gioventù, così invincibile, che lo aveva reso arrogante e sicuro di se, che gli aveva dato protezione e che gli aveva permesso di raggiungere vette mai scalate prima; si rivelava adesso la cosa peggiore che avesse mai avuto!-
Se gli fosse stato permesso di tornare in dietro e di scegliere, allo stato attuale ci avrebbe rinunciato subito!
Sapere come suo figlio era ridotto per colpa del suo potere magico, lo faceva sentire un verme!
Era conscio di non essere direttamente responsabile del malessere del suo bambino, ma solo vederlo tutti i giorni stanco, spossato, affaticato, magrolino, quasi rinsecchito, bianco come un cadavere e soprattutto seduto permanentemente su un letto, gli procurava un tremendo dolore al petto.
Gli sembrava di aver miseramente fallito come genitore, non era riuscito a proteggere il suo bambino neanche prima che egli venisse al mondo. E questo, era certo, sarebbe stato il suo più grande rimpianto!
C’era però, l’altra faccia della medaglia da considerare.
Se da un lato, infatti, le condizioni del piccolo erano aggravate dall’eccessiva quantità di potere magico che aveva ereditato da lui, dall’altro anche quello ereditato da sua madre gli procurava non pochi problemi!
Entrambi erano sempre stati maghi potentissimi e questo aveva confluito in modo negativo nel fattore ereditario del loro secondo figlio.
Ma proprio perché la colpa era di entrambi, Luxus non poteva non sentirsi adirato per come Mira lo stava trattando in quel momento. Non poteva accettare che si permettesse di parlargli a quel modo, di distruggere tutte le sue speranze!
Sapeva da solo, che le condizioni del figlio non erano stabili, che potevano esserci ricadute e che la possibilità di una vita lunga e serena era da scartare. Ma non accettava che gli si facesse notare così apertamente!
Sentì le mani prudergli e un pensiero folle gli balenò nel cervello per pochi secondi: desiderò far provare a sua moglie la sofferenza che da anni sentiva invadergli l’animo.
Ma la sua mano si paralizzò nell’istante in cui i loro sguardi si incrociarono.
Vide la sofferenza nel volto della donna, la stanchezza desunta dalle pesanti occhiaie che gli circondavano la parte inferiore del volto, la disperazione di quei due grandi occhi color cielo lo fece paralizzare sul posto.
Il suo intento morì sul nascere e gli lasciò soltanto un sapore amaro in bocca, dato dalla consapevolezza di aver pensato di fare qualcosa di terribile, di aver rischiato di perdere la testa. Provò vergogna verso di sé, e istintivamente abbassò il capo.
“Io porterò Light a pattinare!” fu la secca risposta della barista, e il fuoco si riaccese nell’animo del Master.
“Fa come ti pare! Ma se gli succede qualcosa la responsabilità è tua!”
“Bene!”
“Bene!”
Scansando il marito si diresse verso la porta, la spalancò, usci e la richiuse con un tonfo.
L’uomo rimase immobile nel soggiorno per qualche minuto, poi un rumore di passi si levò nella stanza accanto e dall’ingresso comparve una ragazza dai capelli biondi.
“Avete litigato di nuovo?” chiese semplicemente, e Luxus non se la sentì di rispondere.
L’altra però non sembrava intenzionata a lasciar cadere l’argomento nel dimenticatoio e rincarò la dose: “Quando la pianterete di fare così? Possibile, che per colpa di quello stupido di mio fratello dobbiate logorarvi tanto?”
“Star, falla finita! Ti ho già detto che non voglio che lo insulti!”
“Dico solo la verità! Da quando è nato, in questa famiglia non c’è più un attimo di calma!”
“Non mi interessano le tue considerazioni.” rispose l’uomo, prima di imboccare la porta d’uscita.
“Dove vai?”
“Alla pista di pattinaggio.”
“Non ti fidi proprio della mamma, vero?”
“Se non vuoi finire nuovamente in punizione vedi di tacere.” la rimproverò l’uomo, ma l’altra fece semplicemente spallucce. Ma vedendo che il padre non accennava a fermarsi e che era quasi uscito di casa, il suo sorriso beffardo scomparve.
“Avevi detto, che ci saremmo allenati insieme.”
“Adesso non posso, te l’ho spiegato che devo uscire. Magari dopo.” e detto questo scomparve all’esterno, senza notare l’espressione furibonda dipinta sugli occhi della figlia.
“Dopo, dopo, sempre dopo! Per colpa di quello scarto oramai io non conto più niente in questa casa! Vorrei che non fosse mai nato!” gridò, più a sé stessa, che a suo padre visto che era già uscito.
Poi, sbuffando varcò la porta e si mise a seguire l’uomo, fino a raggiungerlo.
Si fermò davanti ad un edificio dalle pareti tutte bianche e dalla costruzione possente. Rimase immobile davanti alla porta d’entrata, mentre suo padre proseguiva, e attese.
 
Mira imboccò il secondo corridoio del terzo piano dell’ospedale, accanto a lei la seguiva come un’ombra il dottore, che da anni ormai si occupava di visitare Light.
“Mi raccomando lo deve tenere al caldo, non gli faccia prendere freddo, non lo faccia sforzare più del dovuto, - è vero che ultimamente sta bene e non presenta eccessiva stanchezza fisica, ma proprio per questo non deve esagerare-. Inoltre, non lo faccia agitare troppo, potrebbe venirgli la tosse. Ma cosa più importante, si assicuri di controllare sempre i supporti vitali portatili, non devono danneggiarsi e devono rimanere sempre attivi…”
Mira era grata di tutto quello che il dottore stava facendo per il suo bambino, per tutti gli anni in cui aveva supervisionato di persona i miglioramenti e i peggioramenti delle sue condizioni fisiche, di tutta la premura che ci stava mettendo per assicurarsi che il suo paziente stesse bene. Ma tutta quella sfilza di accorgimenti la stavano irritando: non era così stupida da non sapere come gestire i problemi di suo figlio! Ormai da anni si occupava di lui, nelle rare volte in cui poteva portarlo a casa o alla gilda!
Quindi, tutte quelle cose erano diventate il suo pane quotidiano, non c’era bisogno di rimarcarle migliaia di volte.
Possibile che anche lui, come Luxus non si fidi delle mie capacità?! Cavoli, sono sua madre! So come crescere mio figlio!”
“Suo marito non viene con voi?” si azzardò il medico, e Mira dovette fare appello a tutte le sue riserve di pazienza per non rispondergli male.
“Arriverà presto.” rispose semplicemente, accelerando il passo per evitare altre domande scomode.
Sapeva che Luxus sarebbe venuto, non era da lui lasciare che il suo prezioso bambino uscisse dall’ospedale senza il suo consenso o la sua supervisione.
Era certa che nonostante l’arrabbiatura, che ovviamente era ancora fresca, sarebbe venuto anche alla pista di pattinaggio.
Sì, perché io non sono in grado di prendermi cura di mio figlio! Tsk, se fosse per lui non verrebbe neanche alla festa di domani!” sbuffò esasperata proseguendo fino alla porta della stanza 120.
Afferrò la maniglia e lentamente aprì la porta, subito il suo naso fu inondato dal fastidioso odore tipico di tutti gli ospedali, disinfettante e ogni sorta di igienizzante.
Storse il naso, leggermente disgustata: non si sarebbe mai abituata a quell’odore, nonostante entrasse in quella stanza da anni.
Ma il malumore scomparve nell’istante in cui il suo sguardo si poggiò su un piccolo bambino, seduto sul suo letto, che le sorrideva e la guardava con i suoi giganteschi occhioni color argento.
Il bimbo presentava sulla testa un caschetto di capelli bianchi come la neve, leggermente mossi e spettinati, la sua pelle era chiara quasi quanto essi e le piccole vene azzurrine erano visibili al disotto della pelle. Il corpicino, per quanto mezzo nascosto da spesse coperte sembrava esile e le manine erano minuscole. La faccina rotonda, tipica dei bambini, presentava delle piccole scavature all’altezza delle guance, -nulla di troppo esteso, solo un occhio esperto le avrebbe notate, per quanto erano infinitesimali, ma agli occhi della donna quelle rientranze di carne erano visibili ormai da tempo e non riusciva a nascondere la preoccupazione, che la colpiva ogni volta che le vedeva. Gli altri bambini non avevano niente di simile! –
A rendere ancora più sciatta e spossata la faccia del piccolo erano le pesanti occhiaie nere, che gli circondavano la parte inferiore degli occhi. Ma proprio da questi ultimi si scorgeva nel fondo di essi una strana luce.
Non erano ancora spenti e semi chiusi, anzi in quel momento erano spalancati e fissavano Mira con intensità e ritrovato vigore. Sul volto di Light era dipinto uno dei sorrisi più belli e genuini che si fossero mai visti, nonostante il piccolo solco, che formava la sua bocca, fosse leggermente monco, era innegabile che esso ci fosse e soprattutto che non volesse sparire presto.
“Mamma!” la chiamò con voce roca e leggermente catarrosa, ma non per questo meno allegra.
“Tesoro.” disse Mira arrivando al suo capezzale, e stringendoselo forte al petto lo abbracciò e lo baciò come se fosse la prima volta che lo vedeva.
“Hai preso tutte le medicine?”, “Certo!”
“Light.” lo chiamò la voce del dottore e il piccolo nascose la testa nel petto della madre: “Sai che non si dicono le bugie. C’è ancora una medicina che devi prendere.” disse il medico.
“Perché non l’hai presa?” chiese Mira, leggermente preoccupata.
“Non mi piace. È cattiva e ha un saporaccio! Bleah!”
L’albina sorrise alla smorfia dipinta sul volto del bambino, poi gli carezzò la testa e gli stampò un bacio sulla fronte.
“Se fai il bravo e prendi la medicina, la mamma ti porta in un bel posto.”
“In un posto?! Intendi che uscirò dall’ospedale?! Ma non è il mio compleanno!”
“Adesso prendi la medicina, poi la mamma ti spiega tutto.”
“Va bene.” disse il bimbo esternando un sorriso a trentadue denti, prima di farsi dare dal dottore un piccolo bicchierino trasparente, al cui interno c’era uno strano liquido dal colore rossastro.
Prese un bel respiro, chiuse gli occhi e portandosi il recipiente alla bocca buttò giù, tutto d’un fiato, il contenuto.
Schifato tirò fuori la lingua, una volta che la medicina fu scomparsa giù nel suo stomaco: “Bleah! Questa medicina nuova è cattivissima!”
“Lo so, ma ti fa bene.” disse il dottore, “E adesso, visto che sei stato bravissimo la mamma ti aiuta a prepararti e usciamo a divertirci insieme.”
“Che bello! E dove andiamo?”
“E’ una sorpresa!” gli sorrise la donna, mettendosi un dito davanti alla bocca.
Gli occhi del bimbo si illuminarono per l’eccitazione e la sua pelle sembrò riacquistare un po' di colore, subito dopo però il suo sguardo si congelò e il suo corpo fu scossò da colpetti di tosse: “Coff… coff… coff…”
“Non sforzarti troppo, piccolo. Adesso intanto io e il signor Kajima ti aiutiamo a prepararti.”
“Coff… v-va bene.” rispose continuando comunque a sorridere.
Sollevandolo dal letto i due lo misero in piedi e sostenendolo, poiché le sue esili gambine erano avvezze sì a camminare, ma impiegavano un po' di tempo per abituarsi a causa del perenne confinamento a letto. Poi il dottore passò a staccargli l’impianto, che aveva attaccato alla schiena, e che ora che era in piedi, Mira poté ammirare per l’ennesima volta in tutta la sua grandezza.
La marea di cavi attaccati ad una gigantesca costruzione di forma sferica, incastonata al muro, proseguiva lungo la stanza fino alla schiena di suo figlio, qui si attaccavano ad un’imbrigliatura metallica, che rivestiva il corpicino del bimbo come fosse un grande gilè grigio fatto di metallo.
Al centro di tale ‘indumento’ c’era un grande buco, e qui il dottore, prima di scollegare i cavi pose una piccola sfera rossa, che subito prese ad illuminarsi. In contemporanea i supporti che circondavano il corpo del bambino presero a restringersi fino a scomparire quasi del tutto. Rimase solo al centro del petto la piccola sfera rossa, che aveva assunto la forma di una biglia e che rimaneva attaccata al corpo del bimbo, grazie a due piccoli filini metallici di colore giallo, legati a mo di collana dietro la sua schiena.
“Con questo non dovresti avere problemi a muoverti.” disse il dottore, scollegando l’ultimo cavo e spegnendo la macchina attaccata al muro.
“Dicci se ti senti più stanco del solito o se non riesci a respirare bene.” continuò, ma Light scosse energicamente la testa e disse: “Sto benissimo, grazie.”
“Bene, allora adesso ci penso io.” si intromise Mira e il dottore dopo averla salutata lasciò la stanza.
“Mi raccomando, non lo perda di vista.” fu il suo ultimo avvertimento, prima di sparire.
“Uff… bene adesso ti aiuto a vestirti.” disse la donna sorridendo al suo piccolo, che già aveva tirato fuori da una borsa un grosso e pesante cappotto azzurro.
“Da dove comincio?” chiese curioso, “Penso che dovremmo prima metterci una maglietta e un paio di pantaloni più pesanti.”
Detto questo si mise a rovistare nella borsa che aveva poggiato, qualche tempo prima, su una sedia.
“Senti, mamma.”, “Si, Light?”
“Sai se dove andiamo ci sono anche papà e Star?”
Lo sguardo di Mira si indurì per una minuscola frazione di secondo, la rabbia per la lite con il marito non era ancora passata, ma non poteva rovinare la giornata a suo figlio; quindi, cercò di mostrare il suo sorriso più allegro e disse: “Tranquillo, papà ti aspetta giù in sala d’attesa. Di Star non so, se è voluta venire anche lei, forse aveva da fare con qualche suo amico.”
“Capisco.” disse un po' sconfortato,
“Ehi, non fare così. Vedrai ci divertiremo e se Star non ci fosse, avremmo altre possibilità per divertirci tutti insieme.”
“Speriamo.” disse semplicemente Light, e Mira cercò di ignorare quel commento tornando a concentrarsi sui vestiti.
Dopo un quarto d’ora, l’albino era pronto: indossava una maglietta rossa di lana, un cappotto azzurro, un paio di guanti dello stesso colore, un cappellino verde, una lunga sciarpa rosa, che lo copriva fin sopra la bocca, un paio di pantaloni lunghi, che gli arrivavano sotto i piedi, e un paio di scarponi pesanti neri.
“Siamo pronti. Possiamo scendere.” disse la madre.
“Ho caldo.”
“Lo so, ma ti assicuro che fuori fa freddo e quindi è meglio essere coperti.”
“Su, scendiamo, abbiamo fatto attendere troppo tuo padre.” disse prendendo il bambino per mano, che un po' traballante cominciò a muovere i suoi primi passi.
“Sei sicura che papà ci stia aspettando?”
“Certo.” disse Mira, e neanche per un secondo questa sua convinzione fu sfiorata da qualche dubbio, conosceva troppo bene suo marito.
 
Luxus attendeva seduto su una sedia l’arrivo di suo figlio e sua moglie, Star aveva deciso, nonostante le sue insistenze, di aspettarli fuori.
Quella ragazzina è di una testardaggine, proprio identica a sua madre!
Sbuffò, chiedendosi come mai quei due ci mettessero tanto a prepararsi: forse il dottore aveva capito che non era una buona idea e lui e Mira stavano discutendo.
Sperava proprio che il medico gli desse ragione, perché non trovava un motivo per l’insistente desiderio di sua moglie di trascinare il loro bambino a pattinare.
Pattinare!
Il giorno prima della festa di Natale alla gilda! Aveva considerato che Light si sarebbe stancato durante quella giornata e che forse non avrebbe retto i festeggiamenti per la vigilia? Ovviamente, no!
Perché Mira come sempre si faceva trascinare da idee prese sul momento e non pensava molto alle conseguenze successive. Eppure, era un’adulta, possibile che non avesse sviluppato un qualche senso di responsabilità?
Capiva che voleva far svagare Light, anche a lui dava sui nervi che suo figlio fosse costretto a passare la maggior parte, se non quasi tutta la sua vita, in quel cazzo di ospedale. Ma non si poteva fare altrimenti!
Le sue condizioni erano critiche e se non volevano che peggiorassero quella era l’unica soluzione!
Si mise a riflettere su tutti i possibili disastri, che sarebbero potuti succedere quel giorno, concentrandosi sul modo migliore per evitarli.
In tutto questo non si accorse dell’arrivo dei suoi familiari.
“Papà!” lo chiamò a gran voce Light, scorgendolo seduto dall’altra parte della sala.
Al richiamo il biondo alzò la testa e tutti i timori, le paure e la preoccupazione vennero meno. Adesso nella sua testa c’era solo suo figlio. Il suo splendido bambino, che sorridente e vestito come una cipolla, si avvicinava lentamente a lui, supportato da sua madre, la quale invece non volle nemmeno guardarlo in faccia.
Ancora offesa, eh?!”
Ma la stizza scomparve quando avvertì due manine afferrargli i pantaloni.
“Ciao, Light.” disse Luxus, esibendo il sorriso più dolce che gli fosse possibile.
Poi lo prese in braccio, lo sollevò e se lo portò vicino abbracciandolo.
“Come stai, figliolo?”
“Tutto bene.” gli sorrise angelico il bimbo, “La mamma ha detto che andiamo in un posto bellissimo! Dove andiamo? Dove andiamo?”
“Se te lo dico, mi sa che rovino la sorpresa.” rispose Luxus,
“Uffa, ma non puoi darmi un indizio?”
“No, no, niente indizi. Lo vedrai quando ci arriveremo.” si intromise Mira, e senza farsi notare lanciò a suo marito un messaggio con lo sguardo: “Vedi di non fiatare.
L’altro semplicemente la ignorò e preso suo figlio per mano lo accompagnò fuori dall’ospedale.
Per quanto la temperatura fosse molto più bassa di quella della sua stanza, Light fu distratto da talmente tante cose che non ci fece minimamente caso.
In primo luogo, vide sua sorella poggiata con la schiena alla parete, vicino al cancello d’uscita e lasciando la mano del padre gli andò in contro.
“Ciao, sorellona!” la salutò, ma l’altra lo ignorò semplicemente e distaccandosi dal muro, superandolo uscì dal cancello, lasciando il bimbo lì in mezzo al giardino.
“Star, saluta tuo fratello!” le ordinò la madre, ma lei la ignorò e proseguì dritta.
“E’ ancora arrabbiata con me?” chiese l’albino al padre, che prontamente scosse la testa: “Ma no. Sai che tua sorella è sempre un po' scontrosa.”
“Specialmente con me.”, “Non è vero Light, sono certa che Star si divertirà molto con te.” disse Mira.
“Se lo dici tu.”
Il bambino, però, si lasciò subito alle spalle l’atteggiamento freddo della sorella, poiché vide che tutte le vie della città erano completamente ricoperte dalla neve.
“Guarda mamma, le mie scarpe lasciano le impronte sulla neve!”
“Già, guarda che carine. Quante ne hai lasciate?”
“Una, due, tre, quattro, cinque… e continuano ad aumentare! Voglio contarle tutte!”
Più avanti Luxus aveva raggiunto la figlia, che imbufalita proseguiva verso la pista di pattinaggio: “Cerca di essere un po' più gentile con tuo fratello.”
“Non sono obbligata a fingere di essere contenta di vederlo.”
“Cosa ci sei venuta a fare, allora?”
“Sono cazzi miei.” rispose e allungando il passo distanziò l’uomo.
“Papà! Papà!” lo chiamò Light e l’uomo si voltò,
“Guarda ho lasciato ventitré impronte.”
“Wow, bravissimo.” disse Luxus, carezzandogli la testa.
“Sono cinque in più rispetto a quelle dell’anno scorso! Se continuo così batterò il mio record!” gioì il bambino.
“Si. Piuttosto, sicuro di non sentire freddo?”
“Tutto bene.” gli rispose e prosegui nel suo conteggio.
“Visto quanto è felice?” chiese Mira,
“Guarda che io ero d’accordo a portarlo a fare una passeggiata. Gli fa bene e gli scioglie i muscoli delle gambe. Ma da qui a farlo pattinare…!”
“Non ricominciare con questa storia!”
“E se cade e si fa male?”
“Non succederà! Gli starò incollata e non lo lascerò mai andare da solo!”
“E’ comunque rischioso.”
“Pensala come ti pare.” gli rispose la donna, superandolo e raggiungendo il figlio più piccolo.
“Mamma, posso fare l’angelo di neve?”
“Beh…”
“Sarebbe meglio di no.” intervenne il padre guadagnandosi un’occhiataccia dalla moglie, “Rischi di raffreddarti.”
“Ok.” rispose mogio il piccolo,
“Non ti preoccupare, dove stiamo andando ti divertirai molto di più.” gli sorrise Mira.
 
Light dovette per forza concordare con sua madre, quando vide davanti a sé la gigantesca pista, costruita su un laghetto completamente ghiacciato.
Quella era una pista di pattinaggio!
Non ne aveva mai vista una dal vivo, solo qualche immagine disegnata su un libro illustrato che suo padre gli leggeva la sera di Natale.
Doveva riconoscere, che quel disegno non rispecchiava per nulla la realtà! Tutto, visto dal vivo, dal ghiaccio spesso, ai pattini colorati, alle persone sorridenti che piroettavano o scivolavano sulla spessa lastra solida, sembrava mille volte più bello di come s’è l’era mai immaginato.
Un dubbio, però, gli sorse, forse dettato dalla paura o dal fatto che gli sembrava impossibile trovarsi veramente lì:
“Posso farlo anch’io?” chiese indicando Star, che con in dosso i pattini era già partita lungo la pista.
“Ma certo!” esclamò Mira euforica, “Ti abbiamo portato qui apposta! Oggi, io e papà ti insegneremo a pattinare.”
“Dici davvero?!”
“Si.”
“Ma se poi cado? E se mi faccio male? E se il dispositivo si rompe o si danneggia?”
“Non preoccuparti, tesoro, io e papà ti terremo la mano e saremo sempre al tuo fianco. Non ti succederà nulla, al massimo ti divertirai un mondo!”
“Va bene, allora voglio provare.” disse il bimbo e sedendosi su una panca attese che la mamma gli mettesse i pattini ai piedi.
Quando, però, se li ritrovò indosso, fu attanagliato nuovamente dal terrore e non riuscì nemmeno a scendere.
“Tranquillo, Light. C’è la mamma che ti tiene.” disse Mira,
“Ho paura.” biascicò il piccolo con le lacrime agli occhi.
“Ma come hai paura?” si intromise Luxus, mettendosi in ginocchio in modo da poter guardare suo figlio in faccia, “Eri tanto eccitato di imparare.” gli sorrise il biondo.
“Ma se cado?”
“Non cadrai. La mamma ti ha detto, che ti terrà sempre la mano. Cos’è non ti fidi di lei?”
“Certo, però…” guardò la donna, che attendeva speranzosa una sua risposta positiva.
Non voleva deluderla, lei ci teneva tanto a passare la giornata tutti insieme, e anche lui voleva pattinare. Non sapeva se gli sarebbe stato possibile provarlo di nuovo.
Prese un respiro profondo, poi sollevando la manina avvolta dal guanto disse: “Ok, ci provo. Mamma mi tieni la mano?”
Il primo contatto che ebbe con il terreno riaccese per un attimo la paura, non si sentiva affatto stabile su quelle punte di metallo. E se già aveva paura sulla neve, non osava immaginare come sarebbe stato sul ghiaccio.
Sentì qualcosa di caldo e grande afferrargli la mano libera, e voltandosi si ritrovò accanto suo padre, che gliela stringeva forte.
“Su, che ce la fai.” gli disse, e lui non poté fare altro che sorridergli.
Trepidante, poggiò un pattino sulla lastra ghiacciata e si sentì cadere all’indietro, per una frazione di secondo, poi da entrambi i lati i suoi genitori strinsero la presa e lui si trovò appeso da entrambi i lati.
“Facciamo così.” disse Luxus, e passando la mano del figlio alla moglie, lo lasciò andare.
“Prova prima con tua madre, poi proviamo noi due, ok?”
“V-Va bene.”
L’albina si voltò di spalle e stando ben attenta a non allentare la presa, iniziò a scivolare all’indietro: “Sei pronto Light?”
“Credo di sì.”
“Bene, adesso pattiniamo insieme.” disse e continuò a scivolare in equilibrio sul ghiaccio, mentre trascinava per le braccia il figlio, che impacciato faceva di tutto per restargli dietro e non cadere.
“Devi rilassarti. Non ti farai niente, ma devi calmarti e cercare di trovare il giusto equilibrio.”
“N-non ci riesco.”
“Invece puoi, devi solo tranquillizzarti. Guarda me, un pattino alla volta, spingi le gambe, non troppo forte e mantieniti dritto.”
“Così?”
“Più o meno. Cerca di non sembrare una statua. Devi stare tranquillo, io ti tengo e non ti lascio.”
“Va bene.”
Raddrizzandosi e tenendo strette le mani a quelle di sua madre, sollevò leggermente un piede e poi lo fece scivolare sul terreno. La punta di metallo, ben levigata, non trovando attrito sfrecciò veloce, al punto che il bimbo non riuscì a far seguire l’altro piede. Ma grazie a sua madre non cadde al suolo, invece, tentando un'altra volta, mosse il secondo piede e facendo attenzione a rimanere in equilibrio, cercò di spostarsi.
“Non sollevare i piedi, così è più difficile. Devi farli scivolare sul terreno e il tuo corpo deve stare dietro al movimento.”
“Ci provo.” e questa volta, riuscì a compiere un movimento quasi perfetto, mantenendo costante la velocità e non imprimendo troppa forza sul piede riuscì a spostarsi, senza avvertire il suo corpo rimanere indietro o farsi troppo avanti.
“Bravissimo, così! Guarda Light, stai pattinando!” esclamò Mira al colmo della gioia, mentre il piccolo si fissava i piedi e cercava di compiere di nuovo lo stesso movimento.
“Ce l’ho fatta? Ce l’ho fatta! Sto pattinando! Evviva! Papà, papà, guardami! Sto pattinando!” gridava il bambino sorridendo, mentre cercava con lo sguardo il padre, che un po' più in là gli sorrise e sollevò il pollice.
Forse non è stata una cattiva idea quella di Mira.” si azzardò a pensare, ma il suo orgoglio rigettò quell’idea e per distrarsi decise di raggiungere sua figlia, che dal canto suo, senza prestare troppa attenzione agli altri sfrecciava da un lato all’altro della pista.
“Ehi, Star!” la chiamò il padre, e l’altra si voltò squadrandolo con il suo solito broncio.
“Ti va di fare una gara?” chiese l’uomo e a quella parola un sorriso di sfida comparve sul volto della ragazza, “Vince chi arriva per prima al lato opposto della pista, e torna indietro.” disse la ragazzina prima di piegarsi in avanti e partire a tutta velocità, distanziando il padre.
“Ehi, non vale! Sei partita prima!” finse di essere offeso quest’ultimo prima di iniziare ad inseguirla.
“Ma guarda un po' che bambini?!” li prese in giro Mira, mentre ancora teneva Light per un braccio e insieme proseguivano il loro tragitto.
“Star è proprio brava.” disse Light, “Ha avuto più tempo per imparare e poi è più grande di te.”
“Uhm…”, “Che ne dici, se quando torna indietro, gli chiedi di aiutarti?”
“Non credo che vorrà. Anzi penso che se glielo chiedo si arrabbierà tantissimo.”
“Ci penso io. Sono sicura che riuscirò a convincerla.”
La bionda, intanto, proseguiva a passo veloce la sua corsa, e toccata la sponda finale della pista si fece largo tra la folla e prese a percorrere il sentiero al contrario. Luxus, invece, a causa della sua stanza dovette rimanere indietro e farsi largo lentamente tra la folla.
“Eh eh eh! Lumaca.” rise la ragazzina, prima di giungere al punto di arrivo e fermarsi, sollevando le braccia al cielo e gridando: “Ho vinto!”, a suo padre che ancora era bloccato dalla folla.
“Star!” la chiamò sua madre e la ragazza si voltò, vedendola venirgli in contro con suo fratello.
“Che c’è?”
“Vorrei chiederti un favore, visto che sei così brava potresti insegnare qualche trucco a tuo fratello?”
“No!”
“Perché no?”
“Mi sto divertendo, non ho voglia di trascinarmi dietro una palla al piede!”
“Non parlare di tuo fratello a quel modo!” la rimproverò Mira,
“Dico solo la verità.” e prima che l’altra potesse rispondere si allontanò e tornò a pattinare.
“Te lo avevo detto, che l’avrebbe fatta arrabbiare.”
“Tranquillo, so come convincerla.” disse la donna e avvicinato suo figlio all’uscita della pista lo mise un attimo a sedere su una panca.
“Aspettami qui, torno subito.”
“Sei sicura, che sia una buona idea?”
“Sono certa che passare un po' di tempo insieme vi farà bene.”
“Ma Star non mi sopporta.”
“Se imparerà a conoscerti sono certa che comprenderà quanto gli vuoi bene, e prima che te ne accorga diventerete inseparabili.”
“Non credo che succederà.”
“Uffa, non essere così pessimista.”
Imboccata nuovamente la pista ghiacciata, rintracciò la figlia a pattinare più in là, mentre suo marito era stato assediato da alcuni cittadini, con i quali si era dovuto trattenere a chiacchierare.
“Ti ho detto che non lo faccio!” si lamentò la bionda, quando sua madre le fu davanti.
“Perché non sopporti tuo fratello? Non ti ha fatto nulla di male!”
“Mi fa imbestialire averlo vicino! È imbarazzante, piange sempre, è deboluccio, non può usare la magia e non sa combattere. Non serve praticamente a niente!”
“Mi sembra che tuo padre ti abbia già spiegato, che la forza non è tutto a questo mondo.”
“Non significa, che non mi vergogni ad avere un fratello fastidioso come lui.”
“Va bene, ma potresti almeno fare uno sforzo e cercare di conoscerlo meglio.”
“Non mi va.”
“Bene!” tuonò Mira e sua figlia comprese che la prossima frase non le sarebbe affatto piaciuta: “Vorrà dire, che riferirò a Nashi che sei una pessima insegnante di pattinaggio!”
“Come scusa?”
“Mi hai sentito bene, sono proprio curiosa di sapere cosa ti risponderà, visto che a suo fratello Nash gli ha insegnato lei.”
“Che mi prenda pure in giro, non mi importa!”
“Se sei contenta di rendere plateale il tuo fallimento sono fatti tuoi.” disse Mira, prima di voltarsi.
“Aspetta! Che vuoi dire?”
“Voglio dire che hai fegato a far sapere a tutti i tuoi amici, che non sei in grado di fare qualcosa di così semplice come insegnare ad un bambino a pattinare.”
“Certo che so farlo!”
“Ma ti rifiuti, quindi devo prendere per scontato che tu non ne sia capace.”
“IO SONO CAPACE DI FARE TUTTO! E ADESSO TI FACCIO VEDERE!”
“Bene, ma mi raccomando: a tuo fratello non deve succedere nulla!”
“Lo so, lo so.” disse la bionda incamminandosi verso l’uscita, dove Light l’aspettava trepidante.
“A-Allora?”
“Muoviti e dammi la mano. Mi farai sfigurare davanti a tutti se non impari a pattinare per conto tuo.”
“Ok, ma tu non lasciarmi andare.” disse il bimbo non ancora convinto,
“E tu dammi questa cazzo di mano!” gli urlò in faccia la sorella, stringendogli l’arto e trascinandolo di peso sulla pista.
“Star, te l’ho già detto: vacci piano!” la rimproverò la madre,
“Si, si lo so!” brontolò la ragazzina.
“Bene, fammi vedere come te la cavi.” disse, mentre il bimbo le si attaccava al giacchetto per non cadere.
Poi facendosi coraggio, prese a scivolare lentamente, aggrappato ancora all’indumento della ragazza.
“Ok, sta fermo!” le ordinò Star, “Non ci siamo proprio! Sei troppo rigido, non tieni bene il baricentro e non hai un minimo di equilibrio!”
“Scusa.”
“Sollevati e sta dritto con quella schiena. Esatto così! Adesso comincia a scivolare lentamente… No, non così! Sembri un vecchio che ha bisogno del bastone! Usa la mano libera per darti equilibrio, bravo così!”
“Sto andando bene?” chiese speranzoso l’albino, “Beh, fai sempre schifo, però un minimo di miglioramento c’è. Con un po' di esercizio forse raggiungerai la decenza.”
“Quando potrò provare da solo?”
“Per me anche subito… se ci tieni a schiantarti con la faccia su una parete di ghiaccio!”
“Ok, è troppo presto.” convenne il bimbo, ampliando la stretta sulla mano della sorella.
“È bello pattinare.” disse il bimbo, “Si, è divertente.”
“Tu, come hai imparato?”, “Quando avevo la tua stessa età mamma e papà mi hanno portato qui. Un paio di tentativi ed ero subito bravissima.”
“Wow, sei fantastica! Mi piacerebbe poterlo fare.”
“Mica ci riescono tutti! Quella scema di Nashi ci ha messo un anno ad imparare.”
“Capisco. Senti, quando credi che potremmo tornare?”
“E che ne so? Da quando ci sei tu, non riusciamo più ad andare da nessuna parte!”
“Scusa.” disse il bimbo, abbassando la testa per non far notare alla sorella le lacrimucce ai lati degli occhi.
“Non ricominciare a frignare! Lo sai che mi irrita!”
“Scusa.”
“Piantala di scusarti in continuazione!”
“S-Scusa.”
“Urgh! Perché non riesci mai a stare zitto!”
“Non lo faccio apposta, te lo giuro!”
“Ecco perché non ti sopporto!”
“Perché parlo troppo?”
“No, perché non sai quando è ora di tacere e smetterla di piangere!”
“Mi dispiace se non ti piaccio.” disse semplicemente Light e Star si fermò a fissarlo incuriosita.
“Però, non credo che sia questo il motivo per cui non ti vado a genio.”
“Che vuol dire?”
“E-Ecco, i-io penso, che s-se non mi v-vuoi bene è perché mamma e papà s-sono sempre costretti a stare con m-me, e n-non hanno mai tempo da passare con te.”
“Chi ti ha detto questo?” chiese la ragazzina e il suo volto si scurì, “N-Nessuno, lo p-penso io.”
Senza perderlo di vista e stringendolo per le spalle, la bionda ruotò completamente il bambino,
“C-Che fai?”
“Niente, cambio solo direzione.”
“P-Perché?”
“Così, mi va. Ma tu continua pure, che io ti ascolto…”
“In realtà non ho nient’altro da dire.”
“Bene, allora devo risponderti?”
“N-Non so.”
“Vuoi imparare a pattinare da solo?”
“S-Si?”
“Sai quando ero piccola, papà mi disse che il modo migliore per imparare da soli era questo.”
Light avvertì chiaramente le mani della sorella discendere dalle sue spalle lungo la schiena, ma non comprese cosa volesse fare, se non quando fu troppo tardi, avvertì solo un’improvvisa spinta e le ultime parole, che Star gli sussurrò ad un orecchio: “Visto che hai già capito qual è il problema, perché non sparisci e basta?!”
Il suo corpo fu spinto dalle mani di sua sorella sul percorso ghiacciato e proseguì a tutta velocità, mentre cercava di non cadere muovendo le mani in tutti i modi possibili per mantenersi in equilibrio.
“E vedi di non sfracellarti!” gli urlò dietro Star, mentre scoppiava a ridere.
Ciò che successe dopo non riuscì a capirlo con precisione, a tutta velocità percorse il tratto di ghiaccio, fino a giungere alla seconda uscita, quando la pista finì fu sbalzato in avanti e fece un volo di un paio di metri, ma si rese conto con orrore che quella parte della pista era affacciata su una discesa ripida e ricoperta di neve e si ritrovò a precipitare…
“WHAAAAAA!”
“LIGHT!” sentì i suoi genitori chiamarlo, ma non riuscì a vederli, né si accorse che durante la caduta il ciondolo che portava al collo si fosse sfilato e fosse caduto a terra.
Luxus ebbe modo solo di vedere sua figlia spingere suo fratello sulla pista, ma da lontano non fu in grado di raggiungerlo, poté solo guardarlo mentre cadeva giù verso il piano della collina.
Poi sentì il bambino urlare e affacciandosi al bordo rimase paralizzato, dalla scena che gli si presentò davanti…
Il corpo di suo figlio era completamente attorniato da gigantesche scariche elettriche, esse sembravano produrre una gigantesca sfera di energia al cui interno si distingueva più o meno il corpo del bambino. Poi qualcosa di nero si fece largo dalla grande massa di energia, la grande protuberanza color pece si ingrandì e due giganteschi artigli comparvero su di essa, mentre sulla testa si formavano delle lunghe corna.
L’essere attaccato alla schiena di suo figlio si voltò e l’uomo poté scorgere sul suo viso un ghignò maniacale, ed i suoi grandi occhi rossi fissarlo.
Poi l’essere sollevò entrambe le braccia e la luce che circondava Light si fece ancora più intensa e brillante, in contemporanea sulla mano destra del mostro si formò una gigantesca folgore.
E’ ora di divertirsi!” gridò l’essere scoppiando a ridere, mentre scagliava il fulmine che aveva in mano verso il basso.
Il contatto con il suolo fece esplodere il colpo in un forte boato e la luce accecò tutti i presenti, quando il biondo riuscì a vedere nuovamente sgranò gli occhi alla vista del gigantesco cratere prodotto dove un tempo c’era una foresta.
Ancora? Bene! Allora forza, moccioso scateniamoci!
Light si illuminò di nuovo e altri due fulmini comparvero sulle mani della sua ombra, che senza farsi attendere li lanciò più lontano.
“Dobbiamo fermarlo o distruggerà tutto!” gridò Mira,
“Light deve aver perso il soppressore! Cercalo!” le urlò il marito prima di fiondarsi all’inseguimento di suo figlio.
Ne hai ancora? Ma sei un pozzo senza fondo di magia! Fantastico!” ancora una volta il corpicino del bimbo si illuminò e altri due fulmini neri si formarono sulle mani del mostro.
Bene, queste dove le lanciamo?
“Fermo dove sei!” urlò Luxus piombando davanti al mostro,
Oh, guarda! Il tuo paparino è venuto a divertirsi con noi! Su giochiamo al lancio al bersaglio!” e sollevandosi in tutta la sua imponente statura il demone scagliò entrambi i fulmini sul Master di Fairy Tail.
Quest’ultimo però, fu più rapido e diventando una saetta schivò entrambi gli attacchi,
Sembra che sarà più difficile del previsto. Beh, per fortuna ho molti colpi a portata di mano!” una pioggia di fulmini circondò la creatura, mentre sotto di lui Light si contorceva tenendosi la testa con le mani e cercando di allontanarsi dall’essere.
Su, su, resisti! Abbiamo appena iniziato a giocare!” lo sbeffeggiò il mostro prima di scagliare una pioggia di fulmini su Luxus, che in tutta risposta spalancò la bocca e prese ad inghiottirli tutti.
Bell’idea Dragon Slayer!” ghignò il demone, “Ma cosa ne pensi di questo?
Il corpo di Light si sollevò, spalancando gli occhi, il padre vide i suoi bulbi oculari diventare tutti gialli e delle piccole saette comparvero ai lati di esse. Poi tutto il suo corpo fu circondato da scariche elettriche di colore nero, che si canalizzarono nella bocca del bimbo.
Soffio del demone del fulmine!” gridò il demonio e il bimbo spalancò la bocca, mentre davanti a lui si formava un’immensa sfera di energia gialla-nerastra, che arrivata al punto critico esplose producendo un gigantesco flusso di energia.
L’attacco partì contro il Dragon Slayer.
Luxus si bloccò attendendolo, poi quando gli fu a pochi centimetri di distanza spalancò nuovamente la bocca e lo assorbì, per poi sollevare la testa verso il cielo e sputarlo fuori.
“Aff… aff… tutto qui viscido demonio?” gli chiese con il fiatone, mentre piccole scariche elettriche nere gli circondavano la bocca.
Dovresti chiederlo a tuo figlio non a me. Che dici, facciamo divertire papino ancora un po'?
Il corpo di Light si illuminò nuovamente, ma questa volta non riuscì a trattenere un urlo, mentre il potere magico gli attraversava il corpo e veniva assorbito dal mostro.
Il demone cinse entrambe le mani sopra la sua testa, e da esse scaturì un gigantesco vortice di fulmini, ghignando si preparò a scagliarlo contro il mago, ma prima che potesse abbassare le mani e dare inizio all’attacco, qualcosa lo colpì alle spalle, e sia lui sia Light volarono via.
Urgh! Ma cosa?!
“Ti insegno io cosa succede ad attaccare la mia famiglia!” tuonò Mira, trasformata nella sua forma Satan Soul.
La diavolessa afferrò il suo bambino e gli mise al collo l’inibitore, subito il demone iniziò a tremare, mentre Light riprendeva a contorcersi su sé stesso.
NOOO! NON DI NUOVOOO!” si disperò l’essere prima di essere risucchiato nel corpo del bambino, che subito smise di brillare e svenne.
Mira atterrò tornando normale, mentre si stringeva al petto suo figlio,
“Come sta?” chiese Luxus avvicinandosi preoccupato,
“Bene, ma è molto stanco. È meglio riportarlo in ospedale.”
“Si.”
Stavano per dirigersi al pronto soccorso, quando si ricordarono di una persona in particolare, che sgomenta e spaventata li osservava dall’alto della ringhiera.
“Star!” urlò Luxus, ma lei non si mosse.
“Scendi Star!” gli urlò la madre, “Dobbiamo portare tuo fratello all’ospedale!”
“Scendi subito! È un ordine!” gridò l’uomo vedendo che la figlia non si muoveva.
Star però si fece indietro, ma suo padre non era in vena di attendere e tramutandosi in un fulmine gli fu subito davanti e prima che potesse muoversi gli piantò uno schiaffo, che la fece cadere a terra e le lasciò una vistosa impronta rossa sulla guancia.
“Cosa ti è saltato in mente?! Sei forse impazzita? Hai visto cosa è successo?! Se non fossimo intervenuti, quel mostro avrebbe distrutto tutta Magnolia!”
“I-Io, ecco…”
“Tu hai fatto una delle più grandi cazzate di tutta la tua vita!” urlò l’uomo, di solito cercava di non essere duro con i suoi figli, qualche rimprovero ogni tanto, ma mai nulla di serio.
Forse era anche per questo che la maggior parte della nuova generazione della sua gilda era così scapestrata e combina guai, si sarebbe dovuto imporre di più!
Ma certo non si aspettava questo comportamento da sua figlia! Era sicuramente una combina guai, era maleducata e quel fottutissimo orgoglio che aveva ereditato da lui era la ciliegina sulla torta. Però, non si aspettava certo che arrivasse a fare del male a suo fratello!
Insomma, se Light non avesse perso l’inibitore cadendo da quell’altezza si sarebbe rotto tutte le ossa, o peggio…
Come aveva potuto sua figlia fare una cosa tanto stupida?! Anzi tanto crudele?!
“Ti rendi conto che tuo fratello ha rischiato di morire?”
“I-Io… si, credo! P-però, sta bene! È tutto a posto, è tutto risolto e nessuno si è fatto male!”
Luxus tremò al sorriso folle di sua figlia, doveva essere sotto shock: ora che ci rifletteva per Star quella era la prima volta che vedeva Light perdere il controllo, forse la vista di quel demonio l’aveva terrorizzata.
“S-Sono un’idiota!”
“Star, cerca di calmarti.”
“P-per anni ho pensato fosse un f-fallito, e invece, per tutto questo tempo lui era… lui era… lui era PIU’ FORTE DI ME!” scoppiò in una risata isterica, sotto lo sguardo sorpreso, ma anche furente del padre.
Ti ho educato talmente male, che la prima cosa che pensi è questa?!” pensò il biondo, mentre rivedeva in quella ragazzina tutto quello che era stato lui in passato.
L’afferrò per un braccio e la sollevò da terra, “Falla finita di ridere!” urlò, ma il tono strozzato con cui lo disse rese il suo ordine tutt’altro che autorevole.
“Perché? Perché dovrei smettere papà? Ah ah ah ah! Non lo trovi divertente anche tu?! Per anni mi sono sentita la più forte, e adesso scopro che vicino a me c’è un mostro che cammina! E quel che è peggio è mio fratello! AH AH AH! Mio fratello! Quel piccolo frignone! Adesso capisco, capisco tutto…”
“Cosa? Cosa hai capito, sentiamo?!”
“Perché mi avete messo da parte… sono io quella che non serve a nessuno, IO dovrei sparire!”
E prima che Luxus potesse dire o fare qualcosa si tramutò in un fulmine e scomparve chissà dove.
Il Master avrebbe voluto seguirla, sua figlia non stava sicuramente bene; ma ora quello che stava peggio era Light: Mira lo teneva in braccio e lo scuoteva, ma il piccolo non voleva saperne di svegliarsi, le sue guance erano rosse e il respiro era flebile.
Più veloce che poterono i due volarono verso l’ospedale, qui li accolse il dottore che prese subito in custodia il bambino e lo riportò nella sua stanza, prima di lasciare la sua equipe a supervisionare i progressi o peggioramenti delle sue condizioni.
“Siete contenti?” chiese Luxus al dottore e a sua moglie, quando finalmente la paura diminuì.
“Non prendertela con il dottore!” gli disse sua moglie, ma questo non fece altro che alimentare la rabbia dell’uomo.
“Non mi serve prendermela con lui, so benissimo che la colpa è tua!”
“E’ sempre colpa mia vero?”
“Cosa cazzo ti è saltato in mente di lasciarlo con Star?”
“Non so, sai è sua sorella maggiore?! Non mi aspettavo certo che volesse buttarlo giù da una collina!”
“Sai benissimo, che non lo sopporta!”
“E questa sarebbe una scusa per il suo comportamento?”
“Sono il primo a dire, che ha compiuto un’azione ignobile, ma tu dovevi evitare di fomentare le acque!”
“Io avrei fomentato le acque?! Ma se è da quando è nata che non fai altro che alimentare le aspettative di tua figlia! Non prendertela con me se presenta questo genere di problemi! Sei tu che gli hai inculcato in testa certe idee!”
“Io non ho mai fatto nulla di simile! Anzi è da sempre che gli ripeto che la forza non è qualcosa di essenziale nella vita! Che ci sono altre cose molto più importanti!”
“Poi però la lodi in modo eccessivo quando porta a compimento missioni rischiose, e quando è andata a fare quella missione di classe S, senza il tuo permesso, visto che è riuscita a portarla a termine con successo, allora non va messa in punizione, vero?”
“Cosa c’entra questo, adesso? Non cambiare argomento! Se Star si comporta così è perché tu non gli dai abbastanza attenzioni!”
“Io non gli darei attenzioni? Ma se praticamente l’ho cresciuta da sola!”
“Che cavolo dici?”, “Chi è che è rimasta con lei per anni, mentre tu eri sempre impegnato per lavoro!”
“Vuoi dire, che solo perché non c’ero qualche volta la colpa è mia?”
“Anch’io lavoro tutti i giorni, Luxus, ma quando mia figlia aveva bisogno di me ero presente, e i primi mesi con Light ci sono rimasta io in ospedale!”
“Ma io sono il Master della gilda, hai idea di quante responsabilità io abbia, tu al massimo devi solo pulire qualche tavolo…”
“Stai dicendo che il tuo lavoro essendo più impegnativo del mio è una valida scusa per ignorare tua figlia?!”
“No, sto dicendo che io a differenza tua avevo un’intera aggregazione di maghi a cui badare e comunque sono qui, a preoccuparmi per i miei figli, mentre tu ti diverti a metterli in pericolo!”
“Se tua figlia è cresciuta così, è colpa delle tue assurde aspettative! E Light ha bisogno di vivere quel poco di vita che gli rimane, in maniera felice! Ha bisogno di nuove esperienze!”
“Avrà tutto il tempo per farne, quando sarà guarito!”
“Lo vuoi capire che potrebbe non guarire mai! Che la sua vita sarà più corta di quella di tutte le altre persone! Che quel dannato demonio lo sta prosciugando e il tuo potere magico lo sta sfinendo! Lo vuoi capire che non sappiamo per quanto tempo potrà resistere?!”
“SCUSATEEEEEE!” i due si zittirono di colpo al richiamo del dottore, e si voltarono verso di lui.
Tutto il reparto li stava fissando, e la cosa li metteva piuttosto in imbarazzo, il medico invece li guardava tra l’esasperato e il disperato.
“Che succede?” chiese Mira, preoccupata che suo figlio non stesse molto bene.
“Vi chiederei per favore di sedervi e di darvi una calmata! Questo è un luogo di lavoro e voi state disturbando i medici e gli infermieri. Appena avrò nuove notizie ve le comunicherò fino ad allora, per l’amor del cielo, potreste non dare di matto?”
Il modo in cui il medico li supplicò, con le mani giunte e il capo spettinato, li mise ancora di più in imbarazzo e per evitare di creare altri problemi scelsero una sedia a testa e si misero a sedere.
Gli sguardi di entrambi caddero sul grande albero addobbato al centro della stanza, e non poterono trattenere un sospiro: perché anche a Natale dovevano litigare? Ormai da anni non facevano che rinfacciarsi le solite cose. Che fosse un chiaro segno che non potevano più vivere felicemente come una coppia sposata? Che il divorzio fosse l’unica soluzione?!
 
Entrambi, però, ignoravano che un certo bambino disteso nel suo lettino avesse sentito le urla dei genitori, e anche nel dormi-veglia in cui si trovava fosse riuscito a cogliere gli argomenti della lite.
Quando Light riprese completamente conoscenza, i medici si erano assentati un secondo per andare a comunicare al loro superiore il miglioramento e la raggiunta stabilità delle sue condizioni.
Voltandosi di lato, vide poggiato sul tavolinetto accanto al suo giaciglio un foglio di carta, allungando la manina riuscì ad afferrarlo e sforzandosi si mise a sedere, portandosi il foglio davanti agli occhi.
Su di esso c’era un disegno, colorato a pastelli, che lui stesso aveva realizzato qualche giorno fa. Rappresentava lui e tutta la sua famiglia, suo padre, sua madre e sua sorella, raccolti sotto l’albero di Natale con in mano un regalo ciascuno.
Avvertì gli occhi pizzicare e due goccioline caddero sul foglio imbrattando una parte colorata, si asciugò gli occhi con il dorso della mano e tirò su con il naso.
“Ho rovinato tutto.” disse, iniziando a singhiozzare in silenzio, “Se solo ci fosse un modo per rendere tutti felici…”
Poi un’illuminazione!
Spalancò gli occhi, per poi sorridere: “Ma sì, mi ero scordato che posso chiedere a lui!”
Si guardò intorno alla ricerca di una penna, poi sul tavolino vide un pastello azzurro e afferrato anche quello ruotò il foglio e scrisse:
Caro Babo Natale,
scusa se ti distorbo ora che siamo così vicini a Natale. ma ho bisogno che realizzi il desiderio Voglio che la mia familia sia felice come nel disegno e voglio che mamma e papà non si arrabbino con Star, non è colpa sua.
So che ho scritto una letterina giorno fa, ma vorrei questo come regalo.”
Finita di scrivere la lettera, la rilesse e soddisfatto del risultato la piegò, poi rovistando nella borsa che sua madre aveva lasciato sulla sedia trovò una busta e ce la mise dentro.
Scendendo dal letto, guardò la grande macchina a cui era attaccato, al buio faceva tanta paura, ma aveva visto mille volte il dottore togliergli i cavi dalla schiena e aveva imparato come fare.
Prese il suo inibitore e se lo rimise al collo, l’oggetto iniziò subito a brillare di una luce rossastra, Light afferrò il cavo che aveva attaccato alla schiena e premendo un pulsante riuscì a disattivarlo.
Fatto questo si rimise i vestiti pesanti e aprendo la porta cacciò fuori la testa per vedere se arrivava qualcuno. Quando fu certo che l’intero corridoio era libero si diresse verso una porta dal lato opposto dell’uscita principale.
La mamma mi ha fatto uscire da questa parte qualche mese fa, devo ricordarmi la strada. Spero che non si arrabbino troppo, ma devo inviare la lettera al Polo Nord.
Proseguì fino ad un cartello dove lesse: “Uscita secondaria”, premette sulla maniglia della porta ed essa si aprì rivelando una lunga scalinata, che portava ai piani inferiori.
Lentamente, stando ben attento a dove mettere i piedi, riuscì a percorrere tutte le rampe e a giungere al piano terra sano e salvo.
Poi aprì la porta rossiccia che aveva davanti e si ritrovò fuori dall’edificio.
 
Non sapeva bene dove andare, non gli capitava spesso di girare per le strade della città, anzi quasi mai. Soprattutto non lo aveva mai fatto da solo e di notte, ma le lucine accecanti e le insegne sfavillanti gli diedero coraggio, e deciso a trovare una cassetta della posta imboccò un sentiero.
Senza capire come, si ritrovò in centro circondato da centinaia di persone che affrettate gli badavano poco e proseguivano incuranti verso le proprie case.
Fu qui, che vide, sul marciapiede al lato destro della strada una cassetta di metallo color rosso e proseguendo lentamente, - poiché era veramente stanco per tutto quello che gli era successo quel giorno-, giunse davanti all’oggetto.
Non aveva però considerato le sue dimensioni: l’apertura della cassetta era posta in alto e lui non riusciva ad arrivarci nemmeno in punta di piedi.
“Devo farcela… oh, issa!” compì un piccolo balzo, ma esso non bastò e quando i suoi piedi toccarono nuovamente terra non riuscirono a reggere il suo peso e cadde all’indietro.
“Ouh!” si lamentò cercando di sollevarsi, ma i suoi arti inferiori non volevano saperne di obbedirgli e stava pure iniziando ad avere freddo, lì per terra con il didietro poggiato sull’asfalto freddo e nevoso.
“Tutto bene giovanotto?” chiese una voce alle sue spalle, e voltandosi il piccolo si ritrovò davanti un vecchietto, con la testa un po' pelata e gli occhietti che lo guardavano con dolcezza.
“B-buona sera, signore.” rispose educato il bimbo, “Sto bene, ma non riesco ad alzarmi.”
“Lascia che ti aiuti.” disse il vecchio e preso il bimbo per le braccine lo sollevò di peso.
“G-Grazie mille, signore.”
“Di nulla. Ma sei sicuro di sentirti bene?” chiese il nonnetto preoccupato vedendo che il volto di Light era pallido e le sue guance rosse.
“S-Si, ho s-solo un po' di freddo.”
“Dovresti tornare a casa. Dove sono la tua mamma e il tuo papà?”
“Mi aspettano a casa. Ma prima di tornare devo mettere questa lì dentro.” disse sollevando la busta e indicando la cassetta.
“Posso aiutarti io.” rispose l’anziano e presa la lettera dalle mani del piccoletto la fece passare nel buco.
“L-la ringrazio molto.”
“Figurati è stato un piacere. Adesso però, va a casa, non sembri stare molto bene. Buon Natale, piccolino.” gli disse prima di incamminarsi e sparire tra la folla.
Alla parola casa, Light si sentì riavere, sarebbe stato bello tornarci, ma sapeva di dover andare in un altro posto e che la possibilità di rivedere la sua splendida casetta, prima del giorno dopo era infinitesimale.
Sperava che i suoi genitori non si arrabbiassero troppo e che gli permettessero di partecipare alla festa di Natale, ma sapeva che la sua fuga li avrebbe fatti preoccupare e che una volta tornato niente lo avrebbe esentato da una ramanzina.
Chissà come sta Star?” si ritrovò a pensare alla sorella e la tristezza tornò, sperava che il suo desiderio si realizzasse e che anche lei tornasse a casa e stesse bene, e soprattutto fosse felice.
Con questi pensieri in testa si incamminò verso l’ospedale, ma giunto ad un bivio si rese conto di non sapere dove andare!
Si guardò intorno preoccupato alla ricerca di un qualsiasi punto di riferimento, tentò anche di chiedere indicazioni ai passanti, ma essi troppo impegnati nemmeno si accorsero di lui.
Un individuo che proseguiva nella sua stessa direzione lo urtò e lo fece cadere, il contatto con il terreno fu duro, ma per fortuna la neve attutì la caduta e non si fece nulla.
“N-non riesco ad alzarmi!” farfugliò, rendendosi conto di aver esaurito tutte le forze, sbadigliò colto da un’improvvisa stanchezza e fu quasi tentato di addormentarsi lì in mezzo alla strada.
Si rese conto che qualcuno gli si era avvicinato solo quando lo prese in braccio ed iniziò a scuoterlo con vigore, facendosi forza riuscì a spalancare gli occhietti e fu incredibilmente grato di ritrovarsi davanti un volto conosciuto:
“Zio Freed!” bisbigliò con un filo di voce, mentre l’uomo gli sorrideva e se lo portava più vicino.
“Light, si può sapere cosa ci fai qui tutto solo? Dove sono Luxus e Mira, perché non sono con te?” chiese il verde preoccupato, mentre si assicurava di riparare con il suo giaccone il corpicino di suo nipote.
“Non lo so. Sono uscito di nascosto…”
“Di nascosto?! Cioè sei scappato dall’ospedale!” esclamò allarmato l’uomo,
“S-Si.” disse l’albino prima di scoppiare a piangere.
“Su, su, non fare così. Raccontami cosa è successo?”
E così Light gli raccontò quello che era successo quel pomeriggio, dalla visita di sua madre, alla lite con Star, al ritrovarsi in ospedale e alla lite che aveva sentito consumarsi tra i suoi genitori.
“Uffa, scusa se te lo dico, ma certe volte i tuoi genitori sono proprio sciocchi! Non possono sempre litigare per queste cose! Possibile che neanche a Natale sappiano stare tranquilli?”
“Sing… sing… è tutta colpa mia. Se non ci fossi io, non avrebbero tutti questi problemi.” riprese a piangere il figlio del Master.
“Non dire sciocchezze, Light. Certe cose non dovresti nemmeno pensarle!”
“Ma è vero! Mamma e papà non fanno altro che litigare, e per colpa mia ignorano sempre mia sorella, e poi non possiamo mai fare tutto quello che fanno le persone normali!”
“Ascolta, Light, se i tuoi genitori litigano non è colpa tua, sono loro che non sanno gestire la situazione, e ti assicuro che non hanno certo iniziato dopo la tua nascita. Anni fa facevano uguale, ma non preoccuparti ci parlerò io, sono certo che riuscirò a calmarli, in qualche modo. Per quanto riguarda tua sorella, posso capire che si senta un po' ignorata, ma non può certo dare la colpa a te, tu non c’entri nulla. Infine, non esiste la famiglia perfetta, tutti abbiamo i nostri problemi, ma come si dice in queste situazioni…? A Natale tutte le strade portano a casa!”
“E cosa significa?”
“Significa che, nonostante i problemi e i battibecchi a Natale quando la famiglia si riunisce deve fare uno sforzo ed impegnarsi per superare le difficoltà, e godersi tutti insieme questo periodo dell’anno, in allegria e compagnia.”
“Mi riporterai in ospedale? Mamma e papà saranno preoccupatissimi a quest’ora.”
“Ho un’altra idea. E per quanto riguarda Luxus e Mira, conoscendoli avranno sguinzagliato tutta la gilda per trovarti, ma se riesco a contattarli in tempo forse evitiamo di farla diventare una faccenda di Stato Mondiale.”
 
Dire che Luxus Drayer era preoccupato era un eufemismo, lui era semplicemente in totale paranoia!
Suo figlio era sparito! Scomparso chissà come dalla sua stanza! E disperso per qualche via della città!
Ora, va bene che Magnolia non era gigantesca, ma allora perché con tutti i maghi a cui aveva chiesto aiuto per trovarlo ancora non ce n’era traccia?
“Qualche novità?” chiese la moglie, “Nessuna! Non riescono a trovarlo.”
“Deve pur essere da qualche parte!” si fece largo una voce vicino ai due,
“Star tu hai qualche idea su dove possa essere?” chiese l’albina.
“Non lo so, mamma. Anche perché sono pochi i posti che conosce, e se non si trova forse gli è successo qualcosa…”
“No! No! Sono certo che sta bene!” si sbrigò a sottolineare Luxus, vedendo sul volto delle due dipinta la preoccupazione.
La sua Lacrima Phone vibrò nella tasca dei pantaloni e afferrandola ritrovò indicato sullo schermo luminoso il nome di Freed.
Non aveva avuto il tempo di contattarlo e di dargli la notizia, anzi non aveva chiamato neanche Bixlow ed Ever, ma forse Freed gli sarebbe stato utile in quel frangente.
Premette il pulsante per l’adesione alla chiamata e si portò il telefono all’orecchio: “Freed? Si, sono io… senti non ho tempo di parlarti, è urgente: Light è sparito e non si trova da nessuna parte, se potessi raggiungermi con il resto del Commando…
Che significa che sei a casa mia?”
A quelle parole Mira e Star rimasero spiazzate,
“No, non posso venire a casa, TI ENTRA IN TESTA CHE MIO FIGLIO È SPARITO E… COSA! È LI CON TE?!”
“CHE CI FA LI A CASA? MA SOPRATTUTTO PERCHE’ UNA VOLTA TROVATO NON LO HAI PORTATO QUI? COSA SIGNIFICA CHE NON VUOLE VENIRE?!
Va bene, dacci un attimo e arriviamo. Si, si, grazie mille, si arriviamo.”
“Allora?” chiese Star, “Sembra che sia a casa, ce lo ha portato Freed e adesso sono insieme ad Ever e Bixlow.”
“Bene, allora sbrighiamoci e torniamo a casa.” disse Mira.
Non passò nemmeno mezz’ora che Bixlow, Freed ed Evergreen si ritrovarono davanti alla porta l’intera famiglia Drayer, con il fiatone e lo sguardo spiritato per l’ansia e la corsa.
“Ben tornati.” li salutò la bruna, “Siete stati veloci.” disse Bixlow.
“Scusate, se vi abbiamo chiamato solo poco fa, ma è successo tutto all’improvviso e ho pensato di far venire anche loro due.” si scusò Freed.
“Tranquillo. Anzi grazie mille, per averlo portato a casa.” gli rispose Luxus,
“Ma adesso dov’è?” chiese Star, “E’ di sopra che gioca con mio figlio.” disse Bixlow.
“Mi dispiace se abbiamo disturbato te e Lisanna.” disse Mira, “Scherzi? Figurati se ci disturba e poi era una situazione delicata e Yurei è sempre contento di venire a giocare con suo cugino. Sono di sopra in camera.”
Vedendo che Luxus e Mira si stavano dirigendo al piano di sopra, e che entrambi sembravano ancora molto preoccupati, Freed comprese che era meglio trattare prima la questione e poi lasciarli proseguire.
“Light sta bene.” esordì facendo bloccare i due sulla rampa, “Il motivo per cui vi ho riunito tutti qui è, anche perché dobbiamo parlare di voi due.” disse indicandoli.
“Noi due? Cosa vuol dire?” chiese sorpresa l’albina, “Sputa il rospo, Freed!” gli ordinò Luxus, già intuendo che la conversazione non gli sarebbe piaciuta.
“Prima sediamoci.” si intromise Bixlow,
“Noi due, invece, andiamo a parlare da un’altra parte.” disse Ever afferrando il braccio di Star e trascinandola al piano di sopra, in camera sua.
Quando i coniugi Drayer e i loro amici furono riuniti al tavolo, Freed esordì: “Io capisco che entrambi siate preoccupati per Light e che vogliate proteggerlo, sarebbe innaturale per un qualsiasi genitore non agire così. Però, dovete anche considerare che ha già sei anni, che non è mai andato a scuola e che vi preoccupate troppo…”
“Se è tutto qui quello che hai da dire, puoi anche tacere!” rispose acido il biondo, incrociando le braccia.
“Luxus cerca di essere ragionevole, capisco che la situazione di Light sia delicata, ma non puoi continuare a soffocarlo!”
“E’ quello che dico anch’io!” intervenne Mira, “La tua è una situazione diversa, ma tranquilla parleremo anche di te.” gli rispose Bixlow.
“Light è un bambino particolare, affetto da una grave malattia, e poi c’è la storia del demone… insomma, non mi aspetto che possa scalare le montagne, ma se fosse per te Luxus non avrebbe mai messo piede neanche nella gilda!”
“La pianti di ripetermelo? Lo so da solo! Invece, di prendertela con me, perché non parli con lei, per colpa della sua genialata oggi ha rischiato di sfracellarsi al suolo!”
“Lo so, che Mira da questo punto di vista può risultare, ehm, disattenta…”
“Ehi!”
“Ma questo non significa che tu possa lasciar crescere tuo figlio in una stanza di ospedale, esternandolo dal resto del mondo. Anche se con le dovute precauzioni Light deve fare le sue esperienze per crescere!”
“Lo so…”
“Beh, allora il problema dovrebbe essere risolto.” sorrise Bixlow, ma l’amico lo trattenne, “Questo problema è più o meno risolto, ora però viene il difficile.”
“Cioè?” chiese l’albina,
“Io non capisco perché devi venire a fare lo psicologo in casa mia.” si lamentò il biondo.
“Perché siamo tutti una grande famiglia, e quindi dobbiamo aiutarci a vicenda.”
“Non abbiamo mica bisogno di aiuto!”
“Ah ah ah! Come no?!” scoppiò a ridere Bixlow guadagnandosi un’occhiataccia sia da Mira, sia da Luxus.
“Il problema è che non fate altro che litigare!” sbottò Freed,
“Non sono affari tuoi!”, “Luxus!” lo rimproverò Mira.
“Forse è vero.” riprese la parola il mago delle rune, “Ma se non volete che i vostri figli continuino a farsi male o che si odino a vicenda, dovreste cercare di appianare le vostre divergenze! Siamo a Natale, dovrebbe essere la festa per eccellenza dove ci si diverte in famiglia e voi la passate a litigare e a rinfacciarvi una marea di vecchie cose!”
“E’ lei che non mi dà retta!”, “Io! Sei tu, quello che non mi ascolta mai!”
“Ecco, visto che ricominciano?!” si intromise Bixlow, mentre Freed sospirava sconfortato.
“Luxus, Mira! Dovete capire che non potete continuare così! La situazione sta diventando ingestibile!”
“Lo sappiamo anche noi.” disse la donna, “E ti assicuro che stiamo tentando di avere pazienza, ma non riusciamo più ad andare d’accordo.”
“Perché?”
“E’ colpa dello stress.” si intromise il biondo, guadagnandosi l’attenzione di tutti i presenti, che non si sarebbero mai aspettati di sentirgli pronunciare quella frase.
“In questi anni posso dire, che sia io sia Mira siamo cresciuti e maturati, i nostri caratteri sono abbastanza contrastanti e quindi abbiamo sempre litigato, anche da giovani e voi ne siete testimoni.” disse e i due uomini ammiccarono con la testa.
“Però ci siamo resi conto, che fare i genitori è forse il lavoro più duro e stressante che si possa fare. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, di provvedere a modo nostro alla salute dei nostri bambini, ma sembra che più si vada avanti più le cose peggiorino…”
“Aggiungiamoci anche la malattia di Light.” prese la parola la moglie, “Siamo molto stanchi, dobbiamo badare ad una gilda intera, c’è nostro figlio che sta sempre male… è asfissiante svegliarsi ogni mattina con il dubbio di ritrovarlo veramente ancora lì quando andiamo in ospedale, ogni notte ho il terrore di essere svegliata da una telefonata dell’ospedale!” si portò una mano agli occhi asciugandosi due lacrimucce.
“Senza contare, che nostra figlia è da poco entrata nella fase adolescenziale e ovviamente doveva proprio ereditare i lati migliori dei nostri caratteri!” ironizzò Luxus, con una punta di vergogna nella voce.
“Star è una ragazzina complicata, e sappiamo che avremmo dovuto starle dietro con maggiore attenzione e assicurarci che questo suo atteggiamento non sfociasse in atti di violenza, ma non ci aspettavamo certo quello che abbiamo visto questa mattina!”
Il silenzio calò sulla stanza, i due coniugi avevano entrambi lo sguardo basso e non riuscivano a guardarsi in faccia, gli altri due invece li guardavano con un misto di sorpresa e compassione.
Era incredibile vedere come due persone tanto forti e impavide potessero crollare di fronte a qualcosa di così normale come la genitorialità. Ma, in fondo, li capivano bene, la loro situazione familiare era tutto furche semplice e allegra.
Fu Bixlow ad esordire per primo: “Beh, è già qualcosa.”
“A che ti riferisci?” gli chiese il Master,
“E’ già qualcosa ammettere che avete un problema, significa che siete sulla giusta strada per tentare di risolverlo. E forse questo periodo è proprio il migliore!”
“Noi, comunque, ci siamo!” intervenne il verde, “Se avete bisogno di noi per qualsiasi cosa, anche solo per sfogarvi, siamo qui.”
“Magari evitate di chiamarci ogni cinque secondi!” scoppiò a ridere il compagno,
“Tu piuttosto, come te la passi con mia sorella?” chiese Mira con un ghigno diabolico sul volto,
“I-Io? Bene, perché?”
“Così. Sai non si può mai sapere. Ma tanto sai già cosa succede se uno di questi giorni mela vedo venire in contro a lamentarsi di te…”
“Ehm, eh eh… s-sarà meglio che la c-chiami e gli dica, che a fare la spesa questa sera ci vado io.” disse l’uomo mentre iniziava a sudare freddo sotto il casco.
A quel commento tutti scoppiarono a ridere e finalmente l’allegria tornò a riempire la casa.
 
“Perché siamo dovute salire?” chiese la bionda a sua zia una volta messasi a sedere sul letto.
“Ti ho detto che dovevamo parlare, e che dovevamo farlo in privato.”
“Appunto, allora forza, zia Ever, sputa il rospo.”
“Se ci tieni tanto, bene. Cosa ti è preso questo pomeriggio? Tuo fratello mi ha raccontato che lo hai spinto giù da una collina! Perché?”
Star tacque, abbassando lo sguardo, e la bruna fu sorpresa da tale reazione. Si aspettava desse di matto, le urlasse di andarsene, magari la folgorasse pure!
Certo non credeva si sarebbe rintanata sul materasso, con la testa fra le gambe, né tanto meno credeva che l’avrebbe mai rivista singhiozzare! L’ultima volta che era successo aveva quattro anni, e anche allora si vergognava a farsi vedere in quello stato!
“Star, piccola. Si può sapere cosa ti succede?”
“Succede, che sono stufa! Sono stufa di essere sempre presa in giro! Perché devo essere io quella esclusa? Cosa ho fatto di male! Mio fratello è malato, e io dovrei stargli accanto, sostenerlo, incoraggiarlo; ma poi quando lo vedo non faccio altro che ripensare a quante volte avrei voluto che i miei genitori rimanessero con me! A quante volte avrei voluto che mi accompagnassero a scuola, alle feste, in missione! Dall’età di cinque anni in poi la mia vita non è stata più normale! Non c’erano mai, tornavano sempre tardi, certe volte si scordavano pure di venirmi a prendere dopo scuola, per sei anni hanno scordato di festeggiare la mia festa di compleanno!”
Si zittì annaspando dopo quella sfuriata, mentre sua zia la guardava con tristezza.
“Smettila di guardarmi così! Lo sai che non lo sopporto!” e scoppiò in lacrime.
“Star, mi dispiace, io sono certa che i tuoi genitori non volevano…”
“Lo so che non volevano! So che non è colpa loro, così come non è colpa di Light! Ma questo non significa che io non sia arrabbiata! Cazzo, siamo a Natale e non fanno altro che litigare!”
“Perché non provi a parlarne con loro?”
“E a cosa servirebbe? Non cambieranno certo atteggiamento solo perché glielo chiedo. Sono stupidi, orgogliosi e testardi! Non si rendono conto, che fanno stare male anche mio fratello.”
“Io penso che se tu ti aprissi un po' di più, magari anche con il tuo fratellino le cose si risolverebbero, o al massimo migliorerebbero.”
“Mi vergogno.”
“Di che cosa?”
“Di dirgli apertamente che mi mancano! Di dire a mio fratello che alla fine, nonostante tutto gli voglio bene e che ho paura che un giorno non ci sia più!”
“Lo vedi Star, se tu per prima non riesci ad essere onesta con gli altri, non puoi pretendere che anche i tuoi genitori lo siano! Voi tre vi assomigliate molto, ma tu devi cercare di essere migliore, sì più coraggiosa di loro, metti da parte l’orgoglio e vai a dirgli cosa pensi e come ti senti!”
“P-posso provarci…”
 
Light aprì lentamente gli occhietti e rimase sorpreso di ritrovarsi in una stanza diversa dalla sua camera ospedaliera. Poi si ricordò che lo zio Freed lo aveva portato in camera dei suoi genitori a giocare con Yurei.
Curioso si guardò intorno alla ricerca del cugino più piccolo, ma non scorse da nessuna parte il bambino.
Sollevandosi a sedere si tirò via le coperte, e facendo attenzione a scendere bene, si calò giù dal letto.
Una volta raggiunta la porta della camera si inoltrò nel corridoio buio e lugubre, e facendosi coraggio si spostò velocemente verso le scale.
Qui discese gradino dopo gradino fino ad arrivare nel corridoio, fu accolto nel salotto dal grande albero di Natale, e rimase a guardarlo incantato.
Il silenzio della stanza però, gli mise addosso una certa ansia: “Zio Freed, zia Ever, zio Bixlow… Yurei? Ci siete?”
“Light, siamo qui tesoro!” lo richiamò la voce angelica della madre dal soggiorno.
Un po' intimorito il bimbo si avviò nell’altra stanza, ma appena ci giunse la bocca gli si spalancò per la sorpresa.
Davanti a lui, al centro della stanza, riuniti tutti allo stesso tavolo c’erano i suoi genitori, sua sorella, suo cugino ed i suoi zietti. Tutti gli sorridevano allegri e stringevano in mano un grande pacchetto colorato, mentre intorno a loro brillavano centinaia di luci natalizie.
“Ma cosa…?”
“Ben svegliato, fratellino.” le disse Star venendogli incontro e scompigliandogli amorevolmente i capelli, prima di chinarsi ad abbracciarlo: “Mi dispiace per oggi. Non so davvero come farmi perdonare! Ma ti prometto che non succederà mai più, anzi dora in avanti se quegli sciocchi di Nash o Rin ti disturberanno vieni a dirlo a me, li ripagherò come meritano.”
L’albino la fissò scioccato, non si aspettava questo incredibile mutamento di personalità!
“Come ti senti figliolo?” chiese Luxus avvicinandosi e prendendolo in braccio.
“Bene, grazie papà.” rispose lui, ancora troppo sorpreso per dire altro.
“Ci hai fatto preoccupare tantissimo!” si intromise Mira,
“M-Mi dispiace, non volevo.”
“Perché sei scappato via?” chiese il biondo,
“Non sono scappato! Dovevo andare ad imbucare una letterina!”
“Una letterina? Ma ne abbiamo già inviata una a Babbo Natale due giorni fa.”
“Lo so, mamma. Però dovevo cambiare regalo, dopo quello che è successo stamani.”
“Cambiare regalo?” chiesero i presenti curiosi,
“Si! Ho pensato che sarebbe stato meglio chiedere qualcosa che rendesse felici tutti!”
“D’avvero! E che cosa hai chiesto?” domandò Mira.
“Proprio questo!” gli sorrise il figlio abbracciando più forte il suo papà, “Ho chiesto che potessimo passare un Natale tutti insieme felici e che nessuno fosse più triste!”
“Oh, Light. Sei proprio un bambino adorabile.” disse Evergreen,
“Già, sei fantastico!” disse Bixlow sollevando il pollice.
“Io non avevo considerato, che ci foste anche voi. Però, Babbo Natale è stato super gentile e ha esaudito il mio desiderio ampliandolo! Così è molto più bello!”
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Light fissava interdetto Yurei, che in tutta risposta alzò le spalle.
Poi tutti si misero a mangiare a tavola, ridendo e scherzando come una grande famiglia felice.
Fuori dalla casetta, appollaiato vicino ad una finestra stava il vecchietto che aveva aiutato il piccolo con la letterina. Sul suo viso era dipinto un sorriso radioso.
Staccandosi dal suo posto di vedetta si allontanò dall’abitazione, mentre il suo abito cambiava e diventava di un rosso acceso, e il suo intero corpo iniziava a scomparire.
“Buon Natale, nipotino.” fu l’ultima cosa che disse prima di dissiparsi nel nulla.

Nota d’autore: ecco il capitolo sei! Vi ringrazio solo per essere arrivati a leggere fino in fondo. Quindi cercherò di non fare un discorso prolisso, ma di arrivare dritta al punto.
Questo capitolo è stato un parto! Dico sul serio ci ho messo giorni a scriverlo, e mi è venuto lunghissimo. Mi credete se vi dico che l’idea iniziale era anche più lunga di così e che ho dovuto tagliare alcune parti? XD
Ma a parte questo è stato divertente scriverlo e mi è piaciuto trattare la famiglia Drayer. Fatemi sapere se è piaciuto anche a voi.
Per il momento vi saluto e spero di riuscire a postare domani l’ultimo capitolo che equivale alla stella.
Ciao ciao.

 


 
   
 
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