Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: RLandH    25/12/2021    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

BUON NATALEEEEE
A titolo del tutto eccezionale, troverete le note nel fondo.
Come avevo preannunciato, troverete in questo capitolo un deragliamento rispetto al precedente. Scusate.
Buona Lettura.

 

 

 

Un’idea stupida, ma con centrifuga

“Mi sono perso puoi ripetere” aveva ammesso Jason.
Astrid lo aveva guardato, non c’era giudizio nei suoi occhi, “Sì, devo concordare” aveva stabilito, dando uno sguardo, più severo, a Mel.
Il ragazzo era seduto sul suo letto con espressione incerta, al suo fianco era sistemata la sua ragazza a gambe incrociate.
La stanza di Mel era … spartana. Non aveva il cammino né particolare mobilio, solo alcuni cassoni, il letto era praticamente una branda di legno, su cui sopra c’era un materasso sottile.
Come Jason aveva uno spazio unico che non divideva due ambienti: la cucina, che sembrava molto più grande di quella di Jason, con tanto di una mensa a sigma, e la camera da letto che comprendeva anche l’ambiente di ricevimento. Anche lui aveva dei rami che fuoriuscivano dal soffitto.
I colori delle pareti erano tinte piatte di un rosso scuro, le uniche variazioni erano nei piccoli quadrati[1], nel mezzo della parete dove erano disegnate delle rune – ormai Jason era in grado di riconoscerle.
“Kráka è stata la terza moglie di Ragnar Lothbrok – sì quello a cui la serie tv si è ispirata[2]” aveva cominciato Mel, “L’eroe della Ragnarssaga” era intervenuta calma Madina.
Per Jason nessuna delle due cose aveva un significato.

Mel aveva dato un bacio alla sua fidanzata, mentre Fred aveva virato lo sguardo verso Astrid, “So chi è Ragnar, voglio solo sapere cosa c’entra Richard Cuor-di-Leone” aveva dichiarato lei, offesa. “Quel Batard è sempre in mezzo” aveva replicato Fred, riscoprendo il suo nazionalismo.
Jason si era perso un po’ di nomi prima rispetto Richard CuorDiLeone. “Ma alla fine è importante? Nel senso, sappiamo che le Braghe le ha Richard Cuordileone, giusto?” era intervenuto timidamente Stellan, era la prima volta che parlava da quando avevano lasciato l’alcova dell’indovina.
“Credo che sapere per bene le cose, serva a dare alle persone una prospettiva maggiore e più completa” aveva dichiarato Jason.
“Cielo … dove lo avete trovato questo?” aveva chiesto Fred, “Non so. Ieri ha accettato un duello mortale a scatola chiusa” lo aveva piccato Astrid. “Pensavo avessimo fatto pace” aveva considerato Jason, ricordando la loro conversazione in ascensore. “Se non diventiamo thrall – no, non ti spiegherò il significato” aveva dichiarato lei, ieratica.
“Bene, sì” aveva attirato nuovamente l’attenzione Mel, “Ragnar Lothbrok, che vuol dire proprio Braghe Villose, era in possesso di questo portentoso paio di pantaloni in grado di resistere ai morsi di un Lindworn con cui poté salvare Thora, la sua seconda moglie-e sto andando fuori tema di nuovo. Scusate.
Comunque quando Ragnar morì, in una fossa di serpenti, la sua eredità fu spartita tra i suoi figli … che non erano pochi, ha avuto tre mogli, tra cui la mia buon’amica Kráka”
(Fred aveva sentito il bisogno di interrompere la narrazione, sottolineando che se fosse stata davvero una buona amica, avrebbe letto loro la profezia.)
I pantaloni sono passati a: Ubbe, che era il figlio bastardo[3] … sì, nonostante le tre mogli” aveva fatto una pausa Mel.
“Forse Kráka lo rivuole perché dovevano essere proprietà dei suoi figli” aveva considerato Jason, pensando alla sua matrigna. “Uhm … Kráka non è il tipo. Amava i figli di Thora come amava i suoi; però anche vero che Ubbe aveva un rapporto complicato con suo padre” aveva risposto Mel, sollevando le spalle, prima di riprendere.
“Allora … comunque Ubbe ottiene i pantaloni, fa la sua meravigliosa vita nella Grande Armata Danese, era un Berserk, ho grande stima per loro – okay, mi sono perso di nuovo.
Ubbe morì nella Battaglia di Cynuit, così i pantaloni sono diventati di Odda Del Devon come Spoglie di Guerra. L’aldermanno ha dato i pantaloni al Re del Wessex Alfred il Grande, che ovviamente come un bravo cristiano non li ha mai indossati. Le Braghe sono al suo erede, fino a suo nipote Athelstan che è diventato Re degli Inglesi” aveva fatto una pausa, “Troppe informazioni?” aveva chiesto Mel.
Decisamente troppe informazioni” aveva risposto Jason.
“Tagliando la testa al toro; i Pantaloni sono passati per tutta la casa del Wessex ed oltre, passati da un re ad un altro, fino anche alla dinastia dei Normanni. Credo che ad una certa si siano persi ma poi Henry II il Plantageneto li ha recuperati. I pantaloni sono andati a Richard I, suo figlio. Insomma, il CuordiLeone.
Qui è successo il fatto. Nessuna delle braghe ha mai raggiunto i Re inglesi finiti nel Valhalla, per qualche ragione. Forse perché nessuno di loro lì indossava alla morte o non saprei.
Fatto sta che Riccardo quando ha compreso che sarebbe morto, dopo una balestrata finita male, ha deciso di mettersi avanti ed ha organizzato un banchetto degno del Valhalla con indosso le braghe. Quindi è morto vestito con i pantaloni durante il banchetto. Ora, la sala dei Caduti accetta tutti coloro che hanno avuto una morte gloriosa” aveva detto Mel.
Tutti gli uomini coraggiosi, aveva ricordato Jason, le parole di Astrid.
“Però, ecco, chiunque ha avuto una vita degna … o almeno che Odino ritenga tale” aveva dichiarato Mel. “Quindi tutta questa lezione di storia serviva solo per dire che i Pantaloni li ha Richard CuordiLeone e che è qui?” aveva chiesto Fred.
Mel aveva annuito. “Più breve, amore” lo aveva rimproverato gentilmente Madina. “Certo; o ci perderemo Jason per una buona volta” era intervenuta Astrid. “Grazie eh” aveva replicato lui.
“Ora come togliamo i pantaloni a Richard Cuordileone?” aveva domandato Jason. “Con un holmagang?” aveva provato Stellan.
“Non dire quella parola” aveva dichiarato Astrid.
“Io stavo pensando anche a quella cosa di Jarnsaxa” si era introdotta Madina, “Quella che ha detto Jason, prima” lo aveva interpellato.
“Che la signora Gerd trovava strano la coincidenziale presenza di Jarnsaxa all’appuntamento?” aveva ripreso retorico Jason.
“Ne parliamo dopo la profezia” aveva dichiarato Astrid.
“No, potremmo non avere tempo … Dobbiamo vincere i pantaloni da Re Richard perché Kráka ci legga la profezia e da quello cominciare” aveva considerato Jason.
“Senza dimenticare che probabilmente il verro è in giro per Alfheim” aveva sottolineato Fred, alzandosi dalla sedia in cui era seduto.
“Dividiamoci in tre gruppi” aveva proposto Madina, “Ognuno con un ehm … ragazzo della profezia?” aveva proposto, “Uno andrà a dare un occhio ad Alfheim, uno a Jotunheim ed uno da Richard, per metterci avanti” aveva dichiarato pratica la figlia di Ullr.
“Non posso tornare ad Alfheim a mani vuote!” aveva esclamato Stellan, “Sarò mezzo Jotun ma non andrò a Jotunheim” aveva strillato Fred.
Madina aveva voltato il viso verso Jason, “Non so se il caso che lui venga a Jotunheim … è qui da due giorni, è morto contro un uomo mortale” aveva dichiarato lei con leggero imbarazzo. “In realtà potrebbe essere l’ideale. Kráka lo ha definito figlio di un dio straniero … è un semidio come te, vi rimarginate più in fratta di chiunque altro – perché immagino tu voglia andare” aveva considerato Mel, “In vero, sono più preoccupato che una persona audace come te vada in giro per il regno dei giganti” aveva valutato, ricevendo un buffetto. “Per favore, Thumelicus di Confluentes, sono figlia del dio dell’inverno, praticamente. Non c’è più niente a Jotunheim che mi spaventi” aveva stabilito lei, con una risata fresca.
Mel aveva sorriso, ma gli occhi erano leggermente cupi. “E che ultimamente sei così … agitata” aveva valutato lui, accarezzando la schiena della sua fidanzata. Lei aveva roteato gli occhi con un leggero tocco di melodrammatica esasperazione, “Sono una semidea, amore mio, io sono sempre in-movimento” aveva scherzato poi lei, stampando un bacio sulla guancia del fidanzato.
“A proposito di Jason figlio di un dio straniero … non mi sei sembrato molto sorpreso?” aveva valutato Fred, passandosi le dita sul mento meditabondo.
Thrud aveva consigliato a Jason di fingersi un mortale completamente cieco, lui stesso aveva adottato fino a quel momento quella versione, ma in quel momento, “Io … io credo che una parte di me lo avesse sempre saputo” aveva balbettato.
Non era stato così, non era mai stato così, aveva saputo di chi fosse figlio ancora prima di imparare a gattonare, ma ricordava, distante, a Nuova Roma alcuni ragazzi essersi giustificati, di volta in volta così.
Una parte di me lo aveva sempre saputo.
La giustificazione sembrava aver soddisfatto gli altri abitanti del Valhalla, meno Fred che lo aveva guardato con una certa supponenza.

“Quindi … cosa vogliamo fare?” aveva attirato nuovamente l’attenzione Astrid, salvando Jason, in angolo, dagli occhi scuri e penetranti del mezzo-Jothun.
“Bene, io andrò a parlare con mia madre … così dimostrerò che quel Verro è probabilmente a grufolare in giro” aveva dichiarato Fred, ben distratto dalla sua amica.
 “Oh! Sei passato in una mattinata da: non esco dalla stanza a cambio mondo” aveva sottolineato Astrid colpita. Il ragazzo aveva ricambiato con una stoccata come sguardo, “Vieni con me, infedele. Vedi un po’ i Nove Mondi, prima di ritrovarti china come un uncino a lavare i pavimenti” aveva considerato lui, con un sorriso divertito. “Va bene, ma chiederemo un permesso al Divino Bragi, nessuna folle scalata per l’albero, giro improbabile di ascensore o fiumi mortali” aveva stabilito Astrid. “Non dovremmo comunque raccogliere i legni per fare il … ehm … ring?” aveva chiesto Jason, ricordando quella parte fosse integrante nell’accordo con Vali.
“Tu non ci pensare neanche, Jason caro. Nessuno può avere un lascia passare per il Regno dei Giganti, probabilmente solo Magnus Chase, ora come ora” lo aveva avvertito Madina.
“Fai tu con Richard, Mel, visto che sei praticamente un professore di storia” era intervenuta Astrid, “Dovresti essere capace nel vincere un combattimento contro un quarantenne ubriacone” era intervenuto Fred. “Parla così solo perché è finito al nostro piano anziché quello destinato ai crociati” aveva ridacchiato la ragazza dai capelli scuri. “Sono finito sul vostro piano solo perché noi siamo lo scarto della società norrena” aveva risposto piccato Fred.
Jason si era lasciato un sorriso vedendoli interagire. “Questo non mi era mancato per nulla” aveva squittito Madina, invece, “A me sì!” aveva replicato Mel, sorridendo.
Astrid aveva tirato la guancia del suo amico crociato con un pizzicotto, senza vergogna; “Sai, vero, che anche dormire sulla graticola di San Lorenzo sarebbe meglio che voi” aveva risposto acido Fred.
Gli altri lo avevano tranquillamente ignorato, Mel aveva riso con un certo divertimento, prima di rispondere: “Tranquillo, Fred. Io e il qui presente Stellan lasceremo il Re di Inghilterra in mutande – letteralmente.”
“Non mi farai combattere nell’Holmagang, vero?” aveva chiesto l’elfo, quasi spaventato, nonostante prima lo avesse proposto lui stesso. “Oh, no, fidati di me! Sarà fantastico” aveva esclamato con occhi luccicanti Mel, alzandosi dal suo letto per recuperare da sotto il letto un altro baule, che aveva aperto, sbirciandosi dentro Jason aveva riconosciuto un paio di lame.
“Poi quella agitata sono io, sì” aveva scherzato Madina.

 

 

 

“Morire prima di un holmagang è una legittima scusa per evitare l’infamia di nithigir” aveva detto Astrid, guardandolo bene. Jason stava raccogliendo, da terra, tutti i disegni relativi ai templi che aveva cercato di progettare negli ultimi giorni.
“Cercherò comunque di non morire” l’aveva rassicurata Jason, tenendo i fogli in bilico, per raggiungere la cassapanca dove andavano riposti.
Astrid lo aveva guardato ancora, prima di sollevare appena l’angolo della bocca in un piccolo sorriso: “Questo non vuol dire che non cavalcherò fino a Gjallarbru per ripescare la tua anima da Hellheim” aveva asserito lei, nella voce non c’era stata nessuna particolare inflessione, ma Jason poteva sbirciare il sorriso timido.
“Senza molta originalità: non so cosa voglia dire lo sai … ma credo potrei farmi un’idea” aveva considerato Jason.
“Lascerò la tua fantasia galoppare” aveva asserito Astrid, mentre li dava le spalle, per osservare con curiosità le fotografie sul caminetto di Jason. Si era soffermata su quella che riguardava lui e Piper. “Direi: Porta degli inferi” aveva provato il figlio di Giove.
“Qui, siete carini. Sembrate proprio una bella coppia” aveva considerato Astrid, “Lei è come me?” aveva chiesto Astrid voltandosi.
“Skraeling? A metà tra due mondi? Forte e combattiva?” aveva chiesto retorico Jason, “Comunque, no. Nessuno è come lei” aveva dichiarato Jason, senza cattiveria.
Astrid si era voltata verso di lui, stranamente aveva un sorriso, “Ne sei ancora innamorato?” aveva valutato.
Io penso lo sarò per sempre” aveva ammesso Jason, non sentendo menzogne nelle sue parole. Astrid aveva inclinato il capo, facendo oscillare le trecce, “Forse sì, forse no. Certi amori bruciano più della fiamma di Lopt … certi sbiadiscono come stinge la memoria” aveva considerato lei.
“A te non è successo” aveva valutato Jason; era stato dal modo in cui l’aveva detto, da quella melanconia che Jason pensava di conoscere bene. “Non so di cosa stai parlando” aveva replicato Astrid senza battere ciglio, “Ieri hai parlato di un tuo amico che viveva sotto le stelle …” aveva cominciato lui, che aveva avuto probabilmente l’accusa di nithigir.
Astrid lo aveva interrotto, “Sono venuta a portarti questa” aveva dichiarato, allungando verso di lui una giacca di pelliccia, era di un grigio scuro con macchie scure – non aveva idea di che animale fosse –  lunga almeno fino ai fianchi.
“Non sono i pantaloni villosi di Ragnar Lothbrok, non possono resistere al veleno di un lindworm ma sono incantanti affinché possano tenerti al caldo dall’inverno di Jothueim” aveva stabilito lei.
“La maglia interna è irrobustita dai capelli di mia nonna Sif e le cuciture delle maniche dai capelli d’oro di Freya” aveva spiegato Astrid.
“Creazione di tuo padre?” aveva chiesto Jason, “Una parte. Una parte invece è opera di uno stregone” aveva raccontato. “Pensavo che come Einherjar non potessi percepire il freddo” aveva considerato Jason, raccogliendo la pelliccia.
“Non a Jotunheim” aveva detto lei.

Jason aveva raccolto la pelliccia, era morbida, ma non sembrava molto pesante, ma anche solo nel toccarla aveva sentito una scarica elettrica pervaderlo. Sentiva la magia, la sentiva chiaramente. Si era seduto sul suo divanetto davanti al camino, continuando a passare il palmo sulla pelliccia morbida, trovandolo quasi rilassante.
Astrid si era seduta accanto a lui, “Non è senza pagamento” aveva determinato lei; Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Dimmi” aveva dichiarato alla fine, oggettivamente stupito. Astrid lo aveva guardato con serietà, con gli occhi acquamarina freddi ed intensi, “La runa che hai preso da Asluag” aveva dichiarato lei.
Quando avevano lasciato le stanze di Kráka, Astrid aveva recuperato tutte le tessere proiettile che la volva aveva sparato in giro per la stanza, meno quelle che erano rimaste sul tavolo – erano comunque una profezia – e quella che aveva lui.
Jason aveva infilato una mano nella tasca dei sui jeans, aveva sentito prima il calore ribollente di Giunone, poi aveva cercato ancora trovando la tessa. C’era potere, era meno di quello della sua moneta, ma c’era comunque, era più elettrico, meno ribollente.
Giunone sembrava un esplosivo, una miccia infuocata che aspettava di esplodere, mentre la tessera era meno ribollente. Più intrigante. E di qualche modo più pensante, d’altronde aveva senso, agli occhi di Jason, quella era la scrittura del destino.
“Eccola” aveva detto, dandola ad Astrid. La tessera era di legno lucido, trattato, un lato era liscio e levigato, mentre l’altro aveva un’incisione rubricata sopra, sembrava una N, sebbene le due barrette laterali fossero notevolmente più lunghe.
“Cos’è?” aveva chiesto Jason, incuriosito, “Halgaz” aveva dichiarato Astrid, “Non so leggere le Rune nella maniera di Kráka, le leggo come una persona informata. Loro sono il linguaggio della natura, della magia …” aveva cominciato lei, prima di un sospiro: “Però conosco i significati, non posso tirare fuori una profezia ma posso dirti che cosa significano. Halgaz ha più di un significato …Grandine, per esempio; un altro è Rottura, intesa come Cambiamento” aveva considerato Astrid, la sua voce si era dipinta di un tono lugubre.
“Direi calzante” aveva considerato di rimando lui, “Visto che, ecco, … stanno succedendo cose fuori dal preciso programma del Ragnarok … oltre che, be, me” aveva dichiarato Jason. Anche lui era abbastanza esterno al tracciato, probabilmente.
Astrid aveva guardato la Runa e l’aveva restituita a Jason, lui non aveva compreso bene perché, ma aveva accettato la tessera indietro. “Bene, cambiati, adesso andiamo a mangiare così potremmo fare anche questa cosa il prima possibile e tornare ad occuparci di Vali” aveva considerato Astrid, sollevandosi dal divano con un movimento fluido. Il suo tono, nell’ultimo commento, era stato distaccato, rispetto quanto prima.
“Grazie mille” le aveva detto Jason, rimettendo a posto la runa nella sua tasca.
“Oh, prego. Non morire” si era sentito rispondere.

 

 

C’era un’aria diversa nella Sala dei Caduti. Jason lo aveva capito appena messo piede nella stanza, un brusio sommesso, che veniva soffocato a malapena dall’arpa di Bragi, che aveva deciso di allietare la stanza.
Probabilmente stavano ancora tutti parlando del tentativo di invasione avvenuto quel giorno, eppure nessuno sembrava aver notato troppo Stellan ed il suo elmetto con la runa.
Jason con indosso la pelliccia calda e stranamente non ingombrante di Astrid, aveva raggiunto i suoi amici.
“È quello” stava farfugliando Fred nell’orecchio di Mel, mentre con gli occhi cercavano qualcosa alle spalle di Jason – probabilmente Riccardo Cuor di Leone.
“Oh, stai proprio bene” aveva detto Madina con un sorriso divertito, anche lei si era cambiata, indossava dei pantaloni lucidi ed una giacchetta leggera, “Pensavo che Jotunheim il clima fosse mortale” aveva considerato Jason, ricordando il breve incidente con l’ascensore.
“Oh sì, ma io non lo sento. Vantaggi dell’essere figlia di Ullr” aveva scherzato lei.
Jason aveva annuito, “Allora come andiamo? Con l’ascensore?” aveva chiesto poi Jason.
“Noi sì” aveva replicato Astrid, “Sì, ecco, il fantastico permesso di Bragi, in vece di Odino” aveva dichiarato Fred facendo oscillare un bellissimo foglio di pergamena.
“L’Ascensore è la via ufficiale” aveva dichiarato Madina, “Ma io ho … premuto il tasto per lì” aveva ricordato Jason, giusto il giorno prima, assieme ad Astrid.
“Il Wyrd” aveva commentato Madina – anche Mel aveva usato quella stessa parola, in precedenza –  guadagnandoci un cinque con il suo fidanzato. “No, sì, le porte sono sempre apribili, ma se tu lo prendessi suonerebbe di nuovo l’Olifante e poi avreste una squadriglia di valchirie alle calcagna” aveva spiegato Astrid.
“Possiamo provare con le lavatrici? Con una sono arrivata ad Asgard” aveva proposto Jason, non sapeva bene come arrivare nella terra dei giganti, visto che sapeva solo quella che giungeva verso la terra.
“Oh, sì. Sarebbe una buona idea, ma prima dovremmo … sapere dove è di preciso Jarnsaxa” aveva considerato Madina.
“Nessuno di voi due è abbastanza vichingo per farlo” aveva sentenziato Fred, senza particolare brio. “Le abilita di navigazioni delle acque magiche sono difficile anche per gli uomini scandinavi abituati a farlo” aveva tradotto Astrid, “Persino io farei fatica. Ed avevo nove anni quando ho attraversato l’Atlantico” aveva raccontato lei.
“Perché il Romano ci sta guardando?” aveva interrotto il flusso del discorso Mel, attirando la loro intenzione, mentre indicava con un coltello verso un tavolo. Jason aveva seguito lo sguardo, voltandosi, alle sue spalle c’erano i due guerrieri della mattina, seduti ad un tavolo non lontano: Esben il Variago e il Figlio-di-Pluto. I due commentavo a mezza bocca prima di tornare a guardare verso il loro tavolo. “Calmati Mel” si era introdotta Astrid, “Il suo amico ha una cotta per me, credo” aveva detto. “Una volta ci hai litigato, vero?” aveva domandato Madina, grattandosi sotto il mento; “Come con chiunque si dica fieramente figlio di Roma! Lo ho anche ucciso, asciata nel collo, molto divertente” aveva raccontato con gaudio Thumelicus.
Jason aveva fatto saettare lo sguardo verso Astrid, lei aveva ricambiato la sua occhiata, “Ritorniamo all’imminente problema chiamato Jotunheim? Oppure a non andare” aveva attirato l’attenzione la skraeling.
Quel commento aveva fatto tuffare il tavolo nel silenzio.

“Potreste sedervi su Hilthskjalf” aveva considerato Stellan, introducendosi nel discorso, fino a quel momento era rimasto in religioso silenzio. “Intendi il Trono di Odino, su Asgard?” aveva chiesto retorica Madina, “Quello da cui è possibile vedere ogni cosa” aveva risposto Stellan. Jason non la riteneva un’idea molto oculata, non se il Padre-Tutto era geloso del suo trono quanto lo era il suo buon padre.
Il loro discorso era stato introdotto dalla presenza di Thrud, che si era avvicinata verso di loro, con due vassoi in mano, piene di ciotole fumanti.
“Zuppa di Porri per voi” aveva dichiarato subito lei, posando le ciotole, “Boudicca ha uno strano senso dell’umorismo … in realtà ci sono anche un po’ di patate” aveva dichiarato.
Jason l’aveva guardata attentamente, “Puoi sederti con noi?” aveva chiesto.
Thrud non se lo era fatto ripetere due volte, accomodandosi al suo fianco, immediatamente, dando un colpo a Stellan per farlo spostare. “Ho dovuto pelare patate tutto il giorno – un po’ sono in quella zuppa assieme alla mia pelle” aveva ridacchiato quella, facendo oscillare le trecce grano ardente spesse.
Un’altra valchiria era passata da quelle parti, dando uno sguardo pregno di veleno a Thrud che si era seduta lì con loro. Fred l’aveva fermata per prendersi una bella coppa di vino caldo speziato, anche Jason lo aveva imitato, ma aveva preferito dell’acqua – nonostante non potesse avvelenarsi con il vino.
“Per le tette di Freya, Jason, che splendida mis che indossi” aveva scherzato la valchiria, tirando un ciuffetto della pelliccia.
L’invocazione aveva avuto l’effetto collaterale di far arrossire – bluire? – violentemente Stellan e far sbiancare Fred, che di rimando si era fatto anche un segno della croce.
“Di questo volevamo parlarti” aveva rivelato Jason. Madina aveva aggrottato le sopracciglia, confusa, forse chiedendosi perché Jason fosse così aperto con una Valchiria, praticamente uno dei seguici di Odino. “Dobbiamo trovare la jotun Jarnsaxa” aveva detto il figlio di Giove, omettendo di citare jotunheim, anche perché non era detto, in fin dei conti, che dovessero arrivare fino alla terra del gelo.
Thrud aveva chinato il capo, “Oh, interessante … Volete il suo indirizzo di casa?” aveva chiesto Thrud. “Tu … lei … sa dove abita?” aveva chiesto Madina.
“Oh, certo. Vostra madre non vi ha mai mandato a spiare a vostro padre e la sua amante? La mia sì ed ha mandato anche un sacco di volte tuo padre” aveva raccontato Thrud con nonchalance, ammiccando a Madina.
Astrid aveva inclinato il capo, “In effetti … una volta, ma non era la sua amante, era solo Freydis” aveva risposto neutra. Mel aveva riso di gusto, anche Jason aveva sorriso, sebbene non fosse sicura che quella fosse una battuta.
“Lo sapete però che la cara vecchia Jarnsaxa vive a Jotunheim?” aveva chiesto Thrud.
Madina si era morsa un labbro, “Ne avevamo un vago sospetto” aveva ammesso, con espressione fintamente innocente.
“Oh, è avete anche un piano per arrivarci?” aveva chiesto divertita la valchiria, “Lavatrici?” aveva proposto Jason. Lei aveva riso, “Va bene, vi darò una mano a raggiungere il mondo dove non dovreste andare … Ma sfortunatamente non posso venire con voi – il nonno vuole parlarmi” aveva dichiarato Thrud lanciando uno sguardo alla tavolata principale. Il seggio di Odino era vacante.

 

“Thrud, tu sai leggere le Rune?” aveva chiesto Jason, “Chiaramente so leggere le rune, ma non so leggere il linguaggio dell’universo[4]! Io con il Seidr e la Magia Runica non voglio averci niente a che fare. Pugni crudi e fulmini” aveva rimbeccato lei subito.
Jason aveva scosso il capo, mentre sistemava meglio sulla spalla il laccio della bisaccia, con il cibo che aveva riempito, per il viaggio.
Thrud aveva dato loro appuntamento un’ora dopo il pranzo, così potevano sistemare tutti quello che serviva loro. Jason aveva recuperato del cibo, dalle cucine, con la gentile assistenza di Mel – anche in quel caso avevano dovuto evitare un paio di coltellata dalla Signora della Cucina – e per la prima volta la compagnia del suo vicino di stanza non lo aveva rassicurato.
Jason aveva cercato di fare un po’ di conversazione in riferimento al Figlio-di-Pluto. “Non c’è nulla da dire. Odio i Romani, in particolari quelli che adorano riempirsi la bocca sulla grandiosità di Roma … e Roma non l’hanno neanche vista con i loro occhi. La vera Roma” aveva ottenuto come risposta.
Jason si sentiva davvero uno di loro, ne era sempre stato felice, ma aveva percepito per la prima volta la vergogna per quel sentimento, nelle parole di Mel, piene di rancore ma anche annegate nella tristezza.

Madina era tornata dalla sua stanza, con un paio di scii allacciati alla schiena, assieme ad un arco. Faretra e frecce legate alla vita. Aveva anche un pugnale allacciato alla coscia. L’indomabile massa di riccioli neri, erano stati sistemati in una treccia leggermente ordinata, che tagliava la schiena dritta come una spada.
“Degna di una figlia di Ullr” aveva considerato subito Thrud, osservandola, c’era della vaga ammirazione nella sua voce.
“Grazie” aveva cinguettato Madina, pienamente soddisfatta di quel complimento.
“Allora fanciulli, ho impiegato quest’ora per recuperare qualcosa dalla biblioteca della mia nonnastra … Non ho potuto prendere tutte le pergamene che riportavano Jotunheim, ma ho preso quello con la casetta della sg…amante di mio padre” aveva esordito Thrud, prima di infilare una mano nell’orlo dello scollo e tirare fuori un foglio di pergamena, piegato.
“Grazie” aveva detto onesto Jason.
“Adesso prenderemo un fiume per Jotunheim … ma come ho detto, il nonno mi vuole. Comunque, voglio che se sappiate che se dovessero scoprirvi: io non vi coprirò e, soprattutto, vi svenderò come un stoccafisso appena pescato” aveva dichiarato subito Thrud.
“Non mi aspettavo diversamente” aveva replicato Madina, senza perdere neanche un centimetro del suo sorriso.
“Perfetto, andiamo” aveva attirato nuovamente l’attenzione su di se la valchiria, schioccando anche le dita, prima di imboccare la strada per la direzione opposta all’ascensore.
Jason l’aveva guardata titubante, ma aveva deciso di seguirla. Madina però, in un gesto inconsulto, lo aveva preso delicatamente per un braccio. “Sei sicuro? Possiamo aspettare per la profezia” aveva valutato lei, il suo tono non tradiva nessun nervosismo, non era preoccupata per sé stessa, ma per … lui.
“Se stanno accadendo cose fuori dall’ordinario, una profezia potrebbe non servire e … inoltre, io non so se ho tempo” aveva valutato Jason, lasciando sfuggire la malinconia.
Madina aveva sorriso, “In realtà nessuno di noi ha, davvero, tempo. Sembra assurdo detto da una che vive da secoli in un hotel dove non si può morire, ma, ehi, la fine è inevitabile – e non solo perché lo dice la Vǫlva. Come è che si dice, Jason? Cogli l’attimo!” aveva esclamato lei, con un sospettoso divertimento nella voce, Jason aveva scosso il capo sconsolato e si era limitato a seguire le due donne.
“…Quam minum credula postero[5]” aveva bisbigliato tra sé e sé.

 

Thrud aveva fatto prendere loro le scale nascoste, come quelle che aveva preso nel mattino con Mel. Solo per raggiungere la lavanderia avevano dovuto prendere una scala, quasi infinita … nonostante fossero partiti solamente dal ventesimo piano.
Una volta Annabeth le aveva detto che l’Olimpo si trovava al seicentesimo piano dell’Empire State Building, si chiedeva, se da percorrere a piedi, la sensazione che si provava fosse vagamente simile.
Avevano raggiunto il piano dedicato alla Lavanderia con più tempo di quanto Jason avesse preventivato, ma almeno erano riusciti ad evitare Askr quella volta.
Avevano raggiunto la stanza delle lavatrici ed ancora una volta Jason si era dovuto dichiarare confuso ed atterrito da quell’immagine parete di oblo lucenti.
“Allora … allora” aveva considerato Thrud, sollevando l’orlo della manica della sua maglietta, che indossava sotto l’armatura a lamine. Sul polso era scritto qualcosa, anche se in runico. Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Non posso ricordare mica tutte le porte. Il Valhalla ne ha troppe e la terra dei Giganti non è la mia meta preferita di vacanze” si era giustificata lei.
Madina aveva ridacchiato della battuta, “Allora: Lavatrice Otto in altezza e dodici in lunghezza” aveva dichiarato lei, prima di crucciare il viso, “Questo sarà complicato. La lavatrice si collega ad uno dei bracci dell’Ǫrmt, uno dei fiumi che corrono verso Asgard. È uno dei quattro che mio padre deve prendere al posto del Bifrost sennò prenderebbe fuoco” aveva cominciato a raccontare Thurd, prima di fare un movimento con la mano, per scacciare il pensiero, “Comunque mio padre lo prende, casualmente, ogni volta che deve ritornare da Jarnsaxa” aveva dichiarato quella.
“dovremo guadare il fiume come Salmoni” aveva considerato Madina.
“Cosa che potrebbe non essere  semplice senza la barca pieghevole di Frey, o quella di unghia di Hel o … anche solo un Drakkar” aveva dichiarato Thrud.
Madina aveva arricciato le labbra. La giovane dea aveva roteato gli occhi, prima di posarli su Jason, “Forse, sareste molto più fortunati se aveste una forza tempestosa al vostro fianco” aveva dichiarato lei.
Jason era confuso.
Thrud gli stava chiedendo di usare i suoi poteri per darsi la spinta? O di invocare Kym?
E se fosse stato la seconda, Kym avrebbe avuto potere sui fiumi sacri norreni?
“Preghiamo una delle nove onde?” aveva chieste Madina, “Magari una tempesta vi risponderà. Cercherò di darvi una bella spinta io. Sono una figlia di Thor ed una valchiria, vento e fulmini mi sono amici” aveva considerato quella, “Metti anche una bella centrifuga” aveva provato Jason.
“Che bello, inizi ad avere del senso dell’umorismo” aveva detto Thrud, prima di avvicinarsi ed abbracciarlo, “Per-favore-non-fare-altri-danni” aveva bisbigliato, prima di sciogliersi ed abbracciare anche sua nipote. “Mi fido più di te che di lui” aveva dichiarato Thrud, lasciandole la mappa.
“Mi raccomando fate attenzione. Sarete a Jotunheim quando non vadrete più acqua sopra di voi, ma ghiaccio. Non così forte che due einerjhar non possano spezzarlo ma ecco … non credo che potreste morire assiderati, ma non mi sbilancerei, sicuramente però, se non sarete veloci, la corrente potrebbe riportarvi ad Asgard. Dritto nelle sale degli dèi” aveva chiarito la valchiria.

Jason aveva sistemato la scala, piuttosto sbilenca, per raggiungere l’oblo che Thrud aveva indicato. Aveva aperto lo sportelo e si era infilato nel cilindro, Medina lo aveva seguito subito e si erano acquattati l’un l’altro, nell’azione, Jason era stato colpito dritto sulla tempia da uno degli scii della sua amica. “Mi dispiace!” aveva dichiarato subito lei, mortalmente preoccupata. “Tranquilla, non è peggio della volta che mi hanno tirato un mattone” aveva risposto lui.
Thrud aveva cominciato a trafficare con i programmi della lavatrice, “Ora vi metto un po’ di spirti nei venti al muschio” aveva asserito la valchiria, prima di chiudere l’oblo alle loro spalle. Madina era stata colpita sul fondo della schiena e la ragazza era finita diretta su Jason, urtandolo con la testa sul naso. “Scusa ancora!” aveva trillato, “Sì, non credo che queste porte siano progettate per due persone” aveva considerato lui. “Oh, be, non con le mie gambe lunghe e tu con i tuoi muscolacci” aveva ghignato lei, senza vergogna.
Jason aveva riso, “Sono un po’ nervosa, non ho mai viaggiato tramite fiume divino senza … be, senza una barca” aveva detto lei, mentre l’acqua cominciava a filtrare e riempire lo spazio.
“Fa schifo” aveva assecondato Jason, onesto.
L’acqua aveva raggiunto il suo mento, quando il cilindro aveva cominciato a girare, l’attimo dopo non c’era più niente alle loro spalle solo acqua ripidissima e fredda.
Una spinta forzuta alle loro spalle gli aveva sparati come proiettili in avanti, finendo però schiacciati dalla forza ripida dell’acqua stessa.
Jason con fatica, i polmoni infuocati e gli occhi aperti in due spiragli appena, si era allungato per afferrare la mano di Madina.
Oh! Kym ti prego! Aveva supplicato Jason, con gli occhi chiusi e le labbra serrate. Una spinta alle loro spalle era venuta a dar forte ai venti che aveva Thrud aveva dato loro.
Davvero Kym? Aveva pensato.
Jason si era sforzato di aprire gli occhi, ricordandosi di dover vedere il ghiaccio sulla sua testa, ma vedeva solo luce, violenta luce.
Si era avvicinato alla superficie, per un secondo, aveva sentito infiniti sussurri portati dalle acque, come milioni di voci insieme.
Così, tu è quel… che cos’è esattamente?” Jason aveva riconosciuto la voce di Fred.
Problemi, ecco cosa è … Poi lo sai no, ho ancora …Erik” la voce di Astrid era stata molto più lontana, infinitamente, aveva perso il momento.

Jason aveva tenuto sollevato lo sguardo verso la superfice, mentre un cielo di luce lampeggiante e macchie blu scorrevano feroci sopra la sua testa.

Nessun accenno di ghiaccio. Solo cielo e correnti ruggenti che virano contro di loro. Jason aveva tenuto strettissima la mano di Madina, spaventato all'idea di perderla.

Le correnti fredde e frastornati lo avevano costretto a chiudere gli occhi, aveva avuto non poco fastidio nel riaprirli, aveva intravisto nel letto del fiume ancora una volta armi dorate che avevano riflesso la luce del mondo.

Per un secondo, uno solo, aveva avuto la tentazione di allungare una mano e afferrare un'elsa di vibrante oro.

Non lo aveva fatto; la corrente brutale lo aveva riportato verso la superficie.

Anche questa volta, come l'ultima aveva sfiorato con la testa quella che aveva avuto l'impressione fosse una boa pelosa - per quanto sembrasse assurdo anche solo pensarlo.

"Curioso come oggi tu sia in ritardo e ieri tu fossi così ansioso di andare via"

"Mi perdoni mio signore Mimir"

La voce era sembrata così cupa da aver lasciato anche su Jason, che l'aveva sentita lontana come un eco attraverso le rapide, un profondo senso d'angoscia.

"Sarò onesto, figlio di Frey: ci aspettano tempi ... sconosciuti" aveva detto ancora la prima voce, quella di Mimir, apparteneva ad un uomo, maturo, cavernosa e profonda, ma terribilmente lontana ormai da Jason. La risposta che Mimir aveva ottenuto era stata un semplice e vago suono distorto da fiume.

 

Le correnti avevano virato con forza in una direzione e quelle dell'Ǫrmt si erano fatte più portentose, quasi schiaccianti, ma ciò che maggiormente aveva preoccupato Jason era stata Madina.

La sua amica aveva cominciato ad agitarsi inspiegabilmente, come scossa da convulsioni, forse era stata la lunga mancanza di aria.

Jason l'aveva afferrata per tenerla stretta, spaventato. Gli occhi di Madina erano spalancati ma non vi era iride, solo bianca sclera.

Aveva tenuto stretta la sua amica, contro il suo petto, con un braccio e con vigore aveva teso l'altro ... non aveva mai evocato il vento sotto l'acqua, aveva solo respirato Dylan, una volta, quando aveva incontrato Kym.

L'Acqua apparteneva a Nettuno e suo zio non era un uomo generoso con i suoi nipoti. Ma nonostante l'aiuto di Kym, quelle acque non rispondevano a nessuno, se non al caos.

I venti come cavalli marini, le correnti, gli avevano risposto.

Avevano dato la spinta che serviano a Jason ed una bolla d'aria per Madina e poi il suo soffitto aveva smesso di essere intessuto di luci e voci ma si era aperto in una rigida coperta di bianco.

Era Jotunheim.

Aveva sollevato una mano ed aveva realizzato di non poter invocare alcun fulmine, o Madina sarebbe morta folgorata, forse i venti, aveva pensato.

E poi aveva sentito Haglaz pesante nella sua tasca.

La rottura.

Aveva ignorato Panikpak appesa alla sua cintola ed aveva afferrato Giunone, senza lancio l'arma si era comunque trasformata in un gladio a Jason era bastato che la usasse per colpire il ghiaccio, attraversata da giusto un impulso elettrico.

Il ghiaccio si era rotto e Jason aveva approfittato dello squarcio per potersi aggrappare ed issare con Madina. Le correnti alle loro spalle si erano assopite lasciandoli in balia delle vampate opposte.

Con fatica si era tirato fuori dal ghiaccio, lanciando malauguratamente Madina via da lui. "La prossima volta una barchetta" aveva commentato Jason, tremolante ...l'aria di Jotunheim era davvero algida. Aveva sentito un calore, dalla pelliccia pervadere il suo corpo.

Madina si era tirata su, il freddo del regno dei giganti doveva averla rinvigorita.

"Lo hai sentito?" aveva chiesto Madina, il suo tono era agitato e pregno di preoccupazione. "Fred? Mimir?" aveva chiesto Jason incerto, non era neanche sicuro della correttezza del nome che aveva detto.

"Mimir? No! Odino!" aveva replicato Madina; Jason aveva scosso il capo dopo aver aggrottato le sopracciglia. "Odino e le Norne!" aveva dichiarato subito la figlia di Ullr, "Hanno... hanno detto che una tavola del destino si è scheggiata".

 

 

 




[1] Secondo Stile Pompeiano per farla breve (Il più brutto, ma ehi è arrivato fino all’epoca di Claudio).

[2] Vikings. Serie che, oibò, io non consiglio, ma è ritenuta da tutti bella.

[3] Secondo le Gesta Danorum

[4] Le Rune sono la lingua con cui comunica l’universo, una sorta di DNA del mondo, ma sono anche l’antico alfabeto norreno. Quindi si, Thrud sa leggere le rune ma non interpretarle.

[5] “…confidando il meno possibile nel domani”; è il meno seguito della, più celebre, locuzione: Carpe Diem, del nostro buon amico Orazio

Allora, eccomi, come ho detto: questo capitolo è stato molto “Whaaat” rispetto al precedente, perdonatemi. Presto, avremo la profezia, lo prometto.
Ci ho messo una vita intera ad aggiornare, ma perché nelle vacanze natalizie mentre tutti sono felici, io lavoro, anche se oggi mi sono goduta almeno il natale.
Yeah.
Come sempre, ringrazio Farkas ed Edoardo 811, sul serio mie giovani fanciulli, chi ve lo fa fare? Grazie di cuore.
Prima di abbandonarvi vi lascio:

MADINA: https://www.deviantart.com/rlandh/art/Madina-Ullrdottir-901404232

THRUD (Il mio soggetto preferito): https://www.deviantart.com/rlandh/art/Thrud-Thordottir-900845244

STELLAN: https://www.deviantart.com/rlandh/art/Stellan-Brightflower-900844375

Inoltre, sotto consiglio di Farkas, ho stilato una lista di tutti i personaggi apparsi/citati fin’ora (cioè in realtà ho dimenticato i servi di Frey):
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Jason-Grace-and-the-barbarians-Until-Now-901414722

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: RLandH