Cap. 13: Fame & Gloria
Sea
give us your strength
Lead the way
Moon give us your light
Show us the way
Wind give us a hold
When the time comes
Home give us a reason to fight
We're fighters, we're reckless
Hey ho we're so fearless
We're after Fame & Gloria
We're drinking, we're tempting
Hey ho we're singing
We are enchanted warriors
In the end you will hoist your banner!
(“Fame
& Gloria” – Amberian Dawn)
Quella notte Tiago si svegliò con un dolore
fortissimo alla testa, fitte lancinanti che lo strapparono al sonno e lo
portarono ad agitarsi nel letto, spaventato, svegliando così anche Erik.
L’uomo, non vedendo cosa stava accadendo, si preoccupò ancora di più del
normale, anche perché ricordava che lui stesso si era svegliato all’improvviso,
la notte in cui aveva dormito con Ingrid, con dolori lancinanti alla testa e
agli occhi e poi si era ritrovato cieco. Possibile che adesso anche Tiago
dovesse subire lo stesso terribile destino?
“Tiago, che ti succede? Tiago!” esclamò,
abbracciando forte il ragazzo.
Il giovane spagnolo si strinse a lui e,
assurdamente, cercò di rassicurarlo sebbene fosse lui quello che stava male.
Indovinava, tuttavia, quello che Erik stava rivivendo, quei momenti atroci in
cui era stato privato della vista, perciò voleva tranquillizzare lui prima
ancora di riuscire a sentirsi meglio. Nel suo cuore Erik veniva sempre per
primo…
“Ho un forte mal di testa, Erik, è stato
questo a svegliarmi” gli disse, cercando di mantenere un tono pacato, “ma non
devi preoccuparti, di sicuro si tratta solo di stanchezza. Sai, devo
concentrarmi molto per riuscire a visualizzare quell’oggetto maledetto che ti
ha reso cieco, mi sforzo tanto e questo mi sfinisce, perciò adesso ho mal di
testa. Mi preparerò una tisana, poi cercherò di riposare e domattina sarà già
passato tutto.”
“No, non lo credo affatto” reagì Erik con
veemenza. “Anche per me è iniziato così e poi mi sono ritrovato cieco: è stata
quella maledetta strega di Ingrid, ha fatto un sortilegio anche contro di te
perché non vuole che tu mi guarisca! Quella dannata, se solo potessi vorrei
strangolarla con le mie mani…”
“No, Erik, no!” mormorò Tiago, adesso davvero
terrorizzato e abbracciandolo. Sapeva fin troppo bene che Erik, quando si
metteva qualcosa in testa, di solito combinava un disastro… e dopo a lui
toccava rimediare! “Non è un sortilegio e non mi sento così male, con un
decotto e un po’ di riposo mi passerà tutto, vedrai. Tu non devi assolutamente
avvicinarti a Ingrid, hai già sperimentato quanto sia pericolosa!”
Detto questo e sperando che almeno stavolta
l’uomo lo ascoltasse, Tiago si alzò dal letto per prepararsi un veloce rimedio
con le erbe che aveva a disposizione, qualcosa che potesse alleviare almeno un
po’ il cerchio alla testa che lo tormentava. Dopo aver bevuto la tisana tornò a
letto e allora Erik lo attirò nuovamente a sé, lo baciò lungamente e
profondamente e poi entrò in lui, possedendolo con foga disperata come se
quello fosse il modo per dargli forza ed energia, come se volesse sentirsi
completamente unito e fuso con lui per non lasciare che Ingrid glielo
strappasse dalle braccia. Dopo quel tormentato amplesso l’uomo non volle
risolversi a lasciar andare il ragazzo, anzi, con un fare insolitamente dolce e
tenero per lui, lo chiuse nel cerchio protettivo delle sue braccia e,
accarezzandogli i capelli, gli coprì la fronte e il viso di piccoli baci,
comprendendo per la prima volta quanto niente al mondo avrebbe mai più avuto
senso se lo avesse perso e deciso a fare in modo che questo non avvenisse mai.
La passione e il piacere finirono per
stancare così tanto Tiago da farlo cadere addormentato tra le braccia muscolose
di Erik, protetto e riscaldato dalla sua stretta poderosa e avvolgente. L’uomo,
tuttavia, continuava ad essere convinto che la colpa di tutto fosse di Ingrid e
rimuginava su ciò che avrebbe dovuto farle per essere sicuro che non potesse
nuocere al ragazzo.
È tutta colpa di quella strega malvagia e questa volta ci
penserò io a risolvere tutto, non posso permettere che faccia del male anche a
Tiago. La farò uccidere, sì, troverò qualcuno che lo faccia per me e così,
quando sarà finalmente morta, i suoi sortilegi scompariranno con lei, io
ritroverò la vista e Tiago starà bene!
Sì, beh, diciamo che le intenzioni di Erik
erano anche buone, ma non aveva ancora capito che era stato lui l’artefice
delle sue disgrazie, che le sue mosse impulsive e dissennate lo avevano portato
dov’era in quel momento… e che, ovviamente, anche l’idea di corrompere qualcuno
perché uccidesse Ingrid si sarebbe rivelata un’enorme idiozia!
Il mattino seguente Tiago si svegliò
sentendosi molto debole ma, per fortuna, il dolore pulsante alla testa era
diminuito. Si mosse tra le braccia di Erik cercando di alzarsi, ma l’uomo lo
trattenne e lo inchiodò ancora una volta contro il suo petto.
“Erik, devo alzarmi, ormai sono molto vicino
a visualizzare il luogo in cui l’oggetto maledetto è nascosto, magari ci
riuscirò oggi stesso e tu vedrai di nuovo!” gli disse, tentando inutilmente e
con ben poca convinzione di liberarsi dalla sua stretta.
“Questa notte sei stato male e sento dalla
tua voce che sei ancora stanco” replicò Erik, “non ti lascio andar via così
presto, devi riposare. Dovresti passare tutta la giornata e la notte che verrà
a letto con me, nudo, a fare l’amore per riprenderti.”
Chiaramente Erik aveva un modo tutto
personale di intendere le cure e il riposo per una persona affaticata!
“Vorrei poter restare ancora a riposare, ma
non sarò in pace finché non ti avrò ridato la vista e sento di esserci così
vicino” insisté Tiago, mentre le carezze e i baci di Erik cominciavano a fargli
perdere molte delle sue certezze e lo lasciavano sempre più sconvolto e
tremante. Sentiva la sua bocca percorrergli il collo, il mento e poi tornare di
nuovo alle sue labbra morbide e schiudergliele per baciarlo nel modo più intimo
e languido possibile, sentiva le sue mani accarezzarlo e sfiorarlo ovunque,
anche nei punti più delicati, e non riusciva a staccarsi da lui. Alla fine Erik
affondò di nuovo in lui e lo possedette ancora e ancora, come se non ci fosse
un domani, facendolo completamente suo, lasciandolo in preda ai brividi del
piacere, al totale sconvolgimento di ogni fibra del suo essere, abbandonato e
perduto completamente in sua balia.
“Adesso… adesso posso alzarmi e provare a
cercare quell’oggetto incantato?” domandò Tiago diverso tempo dopo, ancora
stremato mentre cercava di riprendersi dall’ebbrezza della passione.
Erik lo baciò ancora una volta, avvolgendolo
in un abbraccio che, già da solo, bastava a incendiare il sangue e a far
tremare i polsi del giovane spagnolo.
“Sì, certo, ora puoi andare, ma non
affaticarti troppo, hai capito? Ingrid ti ha sicuramente fatto un incantesimo,
non voglio che ti succeda qualcosa” si accorse di aver parlato troppo e si
corresse in corsa, “devi stare bene e tornare da me, altrimenti io rimarrò
cieco e solo e nessuno se ne preoccuperà.”
Quando Erik parlava così, il cuore di Tiago
mancava un battito e il ragazzo si concedeva il lusso di illudersi che, forse,
l’uomo avrebbe potuto anche volergli bene davvero, non usarlo solamente per il
proprio piacere, che forse un giorno sarebbero potuti essere veramente compagni
e amanti…
“Sarò prudente e cercherò di non stancarmi
troppo” rispose docile Tiago. “Anzi, se riuscissi già oggi a trovare
quell’oggetto e a distruggerlo, poi avrei tutto il tempo per riposarmi e
rilassarmi davvero. Non preoccuparti, tornerò presto.”
Quando fu sicuro che Tiago se ne fosse
andato, Erik si alzò dal letto e, a tentoni, andò alla ricerca di una camicia
per coprirsi, poi chiamò uno dei servi. C’erano sempre dei servitori attorno
alle camere della dimora regale, nel caso uno dei sovrani o qualche altro
nobile avesse avuto un bisogno improvviso, e così il servo arrivò subito.
“Vieni qui, schiavo” disse Erik all’uomo, che
in realtà si chiamava Orlyg e non era affatto uno schiavo, visto che Bjorn
aveva liberato tutti e non esistevano più schiavi a Kattegat.
Orlyg, tuttavia, preferì non discutere con Erik
sulla questione (ormai lo sapevano tutti che opinioni avesse sugli schiavi
liberati, per lui restavano schiavi e
basta, non per niente aveva fatto il trafficante di esseri umani per anni…) e
obbedì, andandosi a sedere accanto a lui sul letto.
“Devi fare qualcosa per me e io farò qualcosa
di molto importante per te” disse l’uomo in tono suadente.
“Cosa devo fare?” domandò il servo, piuttosto
titubante.
“Devi uccidere la Regina Ingrid” dichiarò
Erik senza tanti giri di parole. “Non mi importa come lo farai, mi interessa
solo che tu la uccida il prima possibile e che io non sia coinvolto. Se farai
questo per me, in cambio io parlerò a Re Bjorn, che è un mio caro amico, e lo
convincerò a concederti una proprietà tutta tua, della terra dove vorrai tu,
qui a Kattegat o nel villaggio di Lagertha. In quel modo sarai veramente libero
e potrai avere una tua casa e una tua famiglia. Qui, a prescindere da come
vogliano chiamarti, sei sempre e comunque uno schiavo. Allora, lo farai?
Ucciderai Ingrid?”
Orlyg rimase sconvolto: Erik era forse
impazzito a parlare in quel modo? Come poteva lui uccidere una Regina? Le
guardie lo avrebbero fatto a pezzi, altro che terre e una famiglia sua…
Tuttavia ritenne più prudente non condividere i suoi dubbi con l’uomo e fingere
di volergli obbedire, poi avrebbe trovato il modo di liberarsi da questa
incombenza tanto pericolosa.
“Sì, signor Erik, farò quello che mi chiedi”
rispose. “Ucciderò Ingrid.”
“Molto bene. Adesso vai, nessuno deve vederci
insieme, io non devo essere coinvolto in questo assassinio, trova tu il modo”
disse Erik. “Quando avrò saputo che hai fatto il tuo dovere, parlerò a Bjorn e
tu sarai premiato come meriti.”
Orlyg si congedò, promettendo che avrebbe
trovato un modo per sorprendere Ingrid da sola e ucciderla. Rimasto solo, Erik
sorrise soddisfatto, pensando che, anche se era cieco e non poteva fare niente
per aiutare Tiago, almeno questa volta sarebbe riuscito a ricompensarlo per
tutto ciò che faceva per lui.
Non poteva sapere, quella testa dura, che Orlyg
non aveva la minima intenzione di compiere quello che aveva promesso e che,
anzi, il prima possibile si sarebbe recato da Nissa, una delle serve personali
di Ingrid e che era anche sua amica, e le avrebbe svelato tutto…
Se a Kattegat Erik stava cercando di far
precipitare le cose, Ivar non era da meno in Wessex!
Le sue spie, infatti, avevano scoperto che Re
Alfred aveva lasciato la corte con tutta la sua gente e si erano spostati in
massa verso la roccaforte di Chichester, dove il sovrano Sassone intendeva
chiedere aiuto al vescovo guerriero Aldulf (sì, un altro vescovo guerriero dopo
Heahmund!) e unire le loro forze per sconfiggere definitivamente i pagani.
“Sono più che sicuro che, dietro questa
decisione di tuo fratello, c’è ancora una volta la mano della Regina” disse
Ivar a Aethelred mentre, con tutti i guerrieri e le shieldmaiden riuniti nell’accampamento, si apprestava a spiegare il
piano che aveva in mente. “Da quello che mi hai raccontato di lui non mi sembrava
il tipo da voler spazzare via tutti i Vichinghi, perciò la nostra vera nemica è
la Regina.”
“Può essere” concordò Aethelred, ricordando
quanto avesse ammirato la volontà di Alfred di portare la pace in Wessex tra
Sassoni e Vichinghi. “Quindi cosa intendi fare?”
“Per quanto non mi piaccia più di tanto l’idea
di combattere contro tuo fratello e il tuo popolo, non posso nemmeno permettere
che una fanatica cristiana decida di eliminare tutti i coloni Norreni che vivono
in pace da più di un anno” ribatté Ivar, brusco. “Perciò questo è il piano: per
raggiungere Chichester, la carrozza di Re Alfred e tutta la sua gente dovrà
attraversare un bosco nebbioso e fitto di alberi. Bene, noi ci apposteremo
proprio là e, quando i Sassoni passeranno, sbucheremo dalla nebbia e li
attaccheremo a sorpresa. Sarà una grande vittoria!”
Hvitserk, Helgi e gli altri Vichinghi
esultarono e brindarono alla futura battaglia, mentre Aethelred sembrava molto
scosso. Si alzò in piedi di scatto e rivolse uno sguardo freddo a Ivar.
“Una grande vittoria per chi?” domandò. “Hai
detto di non essere contento di combattere contro mio fratello e la mia gente,
eppure stai progettando un attacco che potrebbe finire in un massacro!”
Ivar era allibito.
“Aethelred, ma cosa altro dovrei fare? I
Sassoni vogliono uccidermi, ce l’hanno con me personalmente e non avranno pace
finché non sarò morto! È dunque questo che vuoi?” ribatté, piccato.
“Mi stai chiedendo di scegliere tra te e la
mia gente, tra te e mio fratello?” esclamò Aethelred, i grandi occhi chiari
pieni di sorpresa e delusione. “Devo accettare di perdere te o lui? Stai forse
mettendo alla prova il mio affetto per te oppure ti interessa soltanto la fama,
essere ricordato come il più grande dei Vichinghi per aver sterminato il popolo
dei Sassoni? Cos’è che vuoi davvero, Ivar?”
E, senza attendere una risposta, il giovane
si allontanò per dirigersi verso la tenda che divideva con il compagno. Ivar
guardò Hvitserk e gli altri come a chiedere loro ma voi ci avete capito qualcosa? Perché io no!, poi andò anche lui
verso la tenda per cercare di chiarirsi con Aethelred.
Qualcosa, tuttavia, gli diceva che non sarebbe
stato affatto facile e anche lui non era del tutto sicuro di cosa avrebbe
potuto dirgli. Era vero, voleva proteggere i coloni Norreni e il diritto dei
Vichinghi di andare a cercare una terra fertile in Wessex per la loro famiglia
e, a dirla tutta, voleva anche fargliela vedere a quei Sassoni che lo avevano
definito il demonio pagano: per lui
era un complimento piuttosto che un insulto, ma non gli era piaciuto il
disprezzo con cui lo avevano detto e si compiaceva al pensiero di mostrare a
quei fanatici quanto fosse spaventoso avere davvero a che fare con il demonio in persona…
Però c’era anche qualcos’altro, ed era quello
il punto sul quale temeva di confrontarsi con Aethelred. Sì, lui desiderava
essere ricordato come uno dei Vichinghi più famosi e temuti, se non come il più
forte e invincibile di tutti, aveva passato tutta la sua vita a desiderare di
essere rispettato, ammirato, conosciuto dal mondo intero e questa, forse, era
la sua più grande occasione. Sconfiggere definitivamente l’esercito dei Sassoni
che, oltre tutto, lo volevano morto e avevano ucciso coloni innocenti, era una
tentazione troppo grande… anche se si trattava del popolo di Aethelred.
Ma Aethelred sarebbe stato in grado di
capirlo? E lui cosa avrebbe fatto se il giovane Sassone gli avesse fatto
scegliere tra lui e una fama imperitura?
Ivar doveva ammettere che non aveva una
risposta sicura a questa domanda.
Fine capitolo tredicesimo