Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    29/12/2021    14 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Et voilà, il gran finale eccolo qua! Chiudiamo l’anno con il botto! Era ora che questa fic si concludesse, visto che è quasi due anni che gira – principalmente nei miei computer -. Per i ringraziamenti particolareggiati vi aspetto alla fine, qui intanto dirò solo GRAZIE a tutti.
Buona lettura
Eleonora

 
 
Cap. 17  Insonnie
 
 
Due potenti grida quasi simultanee fecero sobbalzare Mick nel suo letto; si svegliò di soprassalto, seguito da Kazue che gli chiese:
 
“Co-cosa è stato?” con la voce ancora impastata dal sonno.
 
“Credo che siano Ryo e Kaori. Era tanto che non li sentivo gridare così, quasi quasi è consolante la cosa…” e si rimise a dormire.
 
Erano le prime luci dell’alba.
 
Effettivamente erano stati i due soci ad urlare.
Quando Kaori si era svegliata abbracciata al partner, in preda alla vergogna, all’emozione, ma soprattutto alla paura, si era scansata all’improvviso da lui e aveva gridato con quanto fiato aveva in gola un “Aaaaaaargggg!”, per poi aggiungere “Ryooooo! Perché sei qui? Cosa mi hai fatto??? Vattene!”
 
Mentre il sopracitato Ryo, destandosi da quelle urla e trovandosi abbarbicato al corpo della partner, aveva gridato a sua volta:
 
“Una donnaaaaa! Una donna nel mio letto! Kaoriiiiii perché sei qui?”
 
Al che lei aveva risposto, in piedi sul materasso, brandendo un mega martello: “Questo è il mio letto, idiota! Sei tu che sei di troppo!” e lo aveva sprofondato nel cuscino con una martellata catartica, che le era pure servita per scaricare la frustrazione, poi era scappata via.
 
Ryo era riemerso poco dopo, sputacchiando le piume del cuscino spappolato, e aveva mormorato, ormai senza più denti:
 
“Come ho fatto a finile qui con lei, con una donna! Con Kaoli!”
 
 
 
 
O.o.O
 
 
 
 
Nonostante questo risveglio traumatico, i due sweeper, al momento della colazione, erano più o meno quelli di sempre: Ryo serio a leggere il giornale, Kaori a spadellare in cucina.
Di certo non avrebbero tirato fuori l’argomento nuovamente, troppo imbarazzati entrambi per poterne parlare.
Inoltre in mattinata sarebbero arrivati Kenzo Maro e Misaki Aijin, come da accordi, e Kaori doveva assolutamente uscire per fare rifornimenti.
Sulla porta di casa lanciò al socio un laconico: “Allora io vado!” e scomparve giù per le scale.
 
Inaspettatamente, Ryo si scoprì a sospirare ripensando al benessere provato durante la notte, alla magnifica dormita fatta e che… era stata rovinata da Kaori, ritrovatala nello stesso letto.
E si chiese anche se la piacevolezza sperimentata non fosse dovuta proprio alla presenza della socia accanto a lui.
Possibile?
Si scompigliò i capelli in preda alla confusione e, prima che altri pensieri contorti venissero a tormentarlo, si mise al telefono ad organizzare la finta morte dei clienti.
 
Clienti che non tardarono ad arrivare, a bordo di due taxi differenti e in orari diversi.
 
Kenzo si era travestito da giovane surfer con tanto di camicia Hawaiana, bermuda color corda, e infradito; i capelli raccolti a coda di cavallo scomparivano sotto un berretto da baseball, mentre il viso era parzialmente nascosto da occhiali da sole neri.
Aveva gettato sulle spalle un semplice zainetto di pezza colorato, il suo misero bagaglio, a completare il travestimento.
 
Poco dopo arrivò anche Misaki: indossava una lunga gonna di lino, fino alle caviglie, e mentre camminava s’intravedevano sandali di cuoio senza tacco.
Una camicetta larga e vaporosa nascondeva le forme, ma dalle maniche a palloncino spuntavano le candide braccia, che terminavano con svariati e chiassosi braccialetti ai polsi.
Anche lei aveva raccolto i capelli, ma calzava un cappello di paglia a tesa larga, bombato sulla testa; una borsa, in abbinamento al copricapo, corredava la sua mise da turista straniera decisa a difendersi dalla calura estiva.
Sebbene fosse così abbigliata, faceva comunque la sua figura e la si poteva definire ugualmente una bella donna, diversa da quella che avevano conosciuto il giorno prima, ma lo stesso affascinante.
Aveva perso la sua aria da maliarda, ma quella esotica che sfoggiava attirava lo sguardo al pari di un vestito attillato.
Ryo ovviamente ne rimase indifferente, anche quando Kenzo Maro, vedendola entrare nell’appartamento proruppe con:
 
“Ehi, sorellina, ma sei uno schianto! Sembra davvero che stai andando in vacanza!”
 
“E tu? Dove hai parcheggiato il tuo surf?” gli rispose ironicamente.
 
Entrambi risero divertiti, ma Ryo non si unì a loro; continuava a pulire la sua pistola smontata e non badava alle loro futili chiacchiere.
Diversamente si animò quando la socia fece ritorno, carica di sporte della spesa, ma nonostante questo non fece nulla per aiutarla, a differenza di Kenzo che, scioltosi i capelli e dismesso il cappellino, fu felice di andarle incontro:
 
“Lascia che ti aiuti!” le disse questi, prendendole dalle mani le borse e portandole in cucina.
 
E Ryo, non appena vide che la ragazza sorrideva grata e deliziata, provò come un senso di disagio a cui non seppe dare nome.
 
La giornata passò noiosamente, tutti e quattro chiusi in casa.
Erano comunque rassegnati a starsene lì, almeno i due fratelli che dovevano rimanere nascosti agli occhi dei soci cospiratori, perché ovviamente Ryo e Kaori avevano piena libertà di movimento e, se uscivano, facevano in modo che uno di loro rimanesse di guardia.
Infatti Ryo, dopo aver spiegato ai clienti come pensava di agire e come aveva architettato la loro finta dipartita, uscì prima di cena per definire le ultime cose con i suoi contatti esterni.
 
Per il resto, data la calura di quel giorno estivo, trascorsero il tempo fra bagni e docce rinfrescanti, sonnecchiando sul divano, giocando a carte, guardando la tv o chiacchierando oziosamente.
 
Kenzo faceva in modo di trovarsi sempre nei paraggi di Kaori: si offriva di aiutarla, o di iniziare un qualsiasi discorso con la ragazza.
Sua sorella osservava quel discreto corteggiamento e sorrideva sotto i baffi: Kenzo si era incapricciato della bella sweeper, e se adesso appariva abbastanza anonima nella sua tenuta di tutti i giorni, Misaki non poteva dimenticare lo splendore sfoggiato la sera precedente, e, dovette ammettere, i suoi lineamenti perfetti e la sua fresca bellezza la rendevano naturalmente affascinante.
Capiva l’interesse mostrato da suo fratello per quest’esemplare raro di brava ragazza, e per giunta davvero notevole, e poterla sedurre rappresentava per lui un trofeo ambito e curioso.
 
Anche Misaki aveva delle mire, ma inevitabilmente erano rivolte al bel socio di Kaori, e stava ancora valutando la situazione, ponderando le sue mosse: aveva già visto che le avances un po’ troppo sfacciate che gli aveva rivolto la volta scorsa erano cadute nel vuoto.
Doveva trovare il modo di far breccia nella corazza apparentemente impenetrabile dello sweeper.
La donna si lasciò sfuggire un sospiro.
Magari la conquista non sarebbe avvenuta in tempi brevi, vista la scorza dura di Mr. Saeba, ma non aveva fretta.
E poi sarebbero stati a stretto contatto per diverso tempo, lì in casa, e c’era sempre la notte che le era più congeniale.
Buttò uno sguardo distratto verso suo fratello e Kaori, e si disse che Kenzo avrebbe fatto decisamente prima: la ragazza infatti sembrava già conquistata, affascinata; del resto, come darle torto?
Kenzo era bello e carismatico, doti prese dalla loro madre, pace all’anima sua, al resto aggiungeva la scaltrezza e l’arrivismo dell’uomo di potere di quel bastardo di suo padre, Maro senior.
 
A dispetto di ciò che stava pensando Misaki, Kaori non era minimamente interessata a Kenzo Maro.
Rispondeva con gentilezza alle cortesie dell’uomo – era pur sempre un suo ospite nonché cliente – ma lo reputava un uomo pericoloso, con quell’insano vizio dell’oppio e chissà quale altro deprecabile passatempo.
Ricordava la sua amante, stordita e sfatta sul letto, e non aveva nessuna intenzione di fare la stessa fine.
E, particolare non trascurabile, lei era irrimediabilmente e perdutamente innamorata di Ryo Saeba, e il suo cuore non batteva che per lui, un uomo forse altrettanto vizioso, ma non ai livelli di Kenzo.
E poi lo stesso Ryo le aveva assicurato che loro due erano diversi da Misaki e Kenzo, e lei ci credeva con tutta sé stessa; questa verità era estremamente consolante per lei, e le permetteva di gestire la cauta corte dell’uomo senza cadere nelle sue trame sotterranee.
Kaori non era così ingenua come sembrava, e il fatto che traesse in inganno le persone, in questo senso, era un vantaggio per lei.
Sorrise fra sé per questa constatazione.
 
 
 
o.O.o
 
 
 
Finalmente venne la sera, e con essa il problema non ancora affrontato di come aggiustarsi per dormire. Kenzo, che non voleva dividere il letto con Ryo, dichiarò subito che si sarebbe accomodato sul divano del soggiorno: d’altronde soffriva d’insonnia e, presumibilmente, avrebbe passato gran parte della notte a stordirsi davanti alla tv.
Anzi, chiese se potesse fumare, in casa, una delle sue sigarette aromatiche, come le chiamava lui, che lo rilassavano e lo facevano dormire quel tanto per non andare in giro come uno zombie il giorno dopo.
I padroni di casa accettarono di buon grado, ma Ryo gli proibì di uscire fuori, in terrazza, per nessuna ragione al mondo, così come alla Aijin, perché i loro soci, o chi per loro, avrebbero potuto vederli.
 
Per il resto era scontato che le due donne condividessero la camera degli ospiti, come da prassi.
 
In ogni caso Ryo, quella sera, sarebbe uscito per il suo solito giro fra informatori e spie, sarebbe tornato tardi, e tutto sommato si fidava a sufficienza di Kaori per tenere a bada quei due.
 
Ad un certo punto Kaori e Misaki si ritirarono per la notte, ma prima di coricarsi la cliente le disse:
 
“Vado un attimo in bagno”.
 
Kaori le rispose distrattamente mentre sistemava le lenzuola del letto, ma quando vide che ci metteva un po’ troppo tempo a tornare, quasi s’impensierì.
Ritornò, finalmente, poco dopo, e Kaori la trovò strana, con gli occhi lucidi e tutt’altro che assonnata; ma anche a questo fece poco caso, e quando la cliente le chiese se poteva tenere la sua lampada accesa perché voleva leggere un poco, la ragazza non fece obiezioni.
La sweeper era stanca dalla lunga giornata, si era svegliata presto e non vedeva l’ora di dormire, infatti si addormentò quasi subito.
 
A dispetto delle previsioni, Ryo tornò prima del solito.
Non stava tranquillo, c’era qualcosa in fondo al suo animo che lo tormentava e non sapeva spiegarsi cosa fosse, ma si fidava del suo istinto, e quando aveva di quelle impressioni non le sottovalutava mai.
Varcando la soglia di casa e percependo un’aria di pace e tranquillità, tuttavia, tirò un sospiro di sollievo, e solo allora si accorse di aver trattenuto il fiato salendo le scale.
 
Ryo girando per l’appartamento, trovò Kenzo addormentato sul divano davanti alla televisione, e passando accanto alla porta delle donne, non percepì rumori di sorta; pensò che stessero dormendo profondamente e non se ne diede pensiero.
Leggermente più sollevato, raggiunse la sua camera, si svestì in fretta e si buttò sul letto.
Il sonno lo colse all’improvviso e, come da troppe notti ormai, fu assalito dai soliti incubi erotici dai quali emerse spossato e tremante.
Malgrado fosse profondamente confuso e turbato da quelle visioni oniriche, che ultimamente lo stavano addirittura terrorizzando, si ricordò che la notte precedente, quando era andato da Kaori, le aveva parlato della maledizione e di ciò che stava loro succedendo.
E che le aveva anche chiesto di dormire insieme semplicemente; non si erano nemmeno baciati e accarezzati come le altre volte, ma a lui era andata bene lo stesso, almeno per quella notte.
 
Quella tortura, però, doveva finire: non ne poteva più!
 
S’infilò un paio di pantaloni del pigiama e, ancora intontito dai sogni, riprese a vagare per la casa in cerca di Kaori, totalmente dimentico che ci fossero anche Kenzo e Misaki, e quando raggiunse la camera degli ospiti esitò un attimo prima di entrare.
E non appena ebbe aperto la porta, si stupì di sentire una voce femminile nel buio dire:
 
“Ti stavo aspettando”
 
A quel punto si accorse che aleggiava nella stanza uno strano profumo, a tratti così labile che faticava ad individuarlo, ma molto piacevole: scendeva nell’anima e rinfrancava lo spirito.
Ryo allora avanzò nella penombra, e i suoi occhi abituati all’oscurità notarono subito il biancore della pelle nuda risaltare sul letto, fra le lenzuola.
Una forza misteriosa lo attirava verso quella donna, e la raggiunse; si sedette accanto a lei e le disse, semplicemente:
 
“Eccomi”
 
 
 
 
 
 
Ma in quella notte di strane insonnie e strani sonni, qualcun altro vagava in cerca della sua preda.
 
Kenzo si era ridestato di colpo dal suo sonno greve e indotto, e passandosi una mano fra i lunghi capelli aveva tentato di svegliarsi del tutto, e scacciare le nebbie che ancora avvolgevano il suo cervello.
Aveva cercato a tentoni sul basso mobiletto davanti alla tv il suo bicchiere di whiskey, e quando lo aveva trovato, aveva altresì scoperto a sue spese che era completamente asciutto.
Ciabattando si era diretto all’acquaio, dove si era servito di abbondante acqua fresca, poi si era messo di nuovo in movimento: non era quella la sua meta finale.
 
Raggiunse Kaori al piano di sotto, dove era sicuro di trovarla: l’aveva vista passare attraverso le palpebre socchiuse.
Evidentemente sua sorella era riuscita a renderle la nottata un inferno e la ragazza aveva preferito andare a dormire altrove; lui aveva sentito il rumore della porta principale aprirsi e richiudersi, e si era detto che, a meno che la padrona di casa non fosse sonnambula, esisteva un altro appartamento che i due sweeper usavano abitualmente.
Poco male, aveva pensato, il tutto rendeva la cosa molto più agevole.
 
La porta della stanza era socchiusa, e si stupì non poco constatando che lì in quel palazzo, negli appartamenti di Saeba, non c’era una sola serratura chiusa a chiave.
Indubbiamente avevano dei servizi di allarme molto efficaci o, più prosaicamente, i City Hunter erano talmente sicuri di sé da non temere intrusioni nemiche nella loro cittadella.
 
Kaori dormiva, distesa supina in quello che era diventato il suo letto da molte notti ormai.
Era totalmente rilassata e indifesa, e a Kenzo faceva quasi tenerezza nella sua innocenza; questo pensiero lo eccitò ulteriormente.
 
Come un felino salì sul letto fino a sovrastarla e, quando fu ad un passo dal suo viso, si fiondò a baciarla con impeto.
 
Svegliata dal peso dell’uomo, Kaori spalancò gli occhi terrorizzata e istintivamente provò a liberarsi, ma Kenzo le artigliò le braccia con una stretta che la fece gemere, e sedendolesi sulle gambe, gliele imprigionò con le sue.
Nonostante fosse succube della forza fisica e della possanza dell’uomo, Kaori non rinunciò a difendersi e a divincolarsi, seppure inutilmente.
Kenzo allora le sibilò a distanza ravvicinata:
 
“Mi piacciono le donne come te, indomite, ribelli. Ma mi piace di più domarle” quindi premette con furia le labbra sulla bocca di Kaori, tentando di approfondire il bacio che, più che un atto d’amore, era a tutti gli effetti una violenza.
 
La ragazza sotto di lui però non smetteva di agitarsi e le sue urla smorzate, tramutandosi in mugugni, lo galvanizzavano ed eccitavano sempre di più: gli piaceva sfoggiare la sua potenza, sottomettere le donne, lo faceva sentire invincibile, virile, e più lo respingevano e più lui ci godeva.
Ma Kaori non si dava per vinta, considerava quella una mera aggressione come tante, con l’aggravante del sesso, e non avrebbe ceduto di un solo millimetro, avrebbe fatto l’impossibile per difendersi.
E comunque una parte di sé, irrazionalmente, pensava e sperava che Ryo potesse correre in suo aiuto anche, e soprattutto, stavolta.
 
Quando l’uomo sentì le labbra di Kaori muoversi, s’illuse che stesse cedendo, che avrebbe permesso alla sua lingua di entrare, ma si sbagliava di grosso perché non appena le fu possibile, la ragazza nella foga del dimenarsi, addentò il labbro inferiore di Kenzo e gli rifilò un morso più forte che poté.
 
Urlando di dolore, Kenzo si staccò e allentò al presa, si portò la mano destra alla bocca per saggiarne la ferita e con la lingua si toccò la lacerazione: sentì il sapore del sangue, dolce e metallico, e gli montò una rabbia cieca e violenta.
Con i capelli che gli ricadevano flosci intorno al viso, gli occhi stravolti dalla furia, sembrava un demone uscito dall’inferno, e Kaori per la prima volta ebbe seriamente paura: sentiva la sua aura farsi nera e incombente e non riuscì a voltare in tempo la testa di lato quando, sibilandole un “Puttana”, lui le assestò un potente manrovescio che la stordì temporaneamente.
 
Anche Kaori assaggiò il sapore del sangue, del suo stesso sangue, perché uno dei tanti anelli di Kenzo le aveva ferito il labbro; in un certo senso lui si era vendicato dell’affronto subito.
La sweeper, nonostante fosse intontita dalla botta e si preparò ad incassarne delle altre, e si stupì enormemente quando si sentì liberare all’improvviso dal peso che le gravava sul corpo.
Ormai libera provò a tirarsi su.
 
Ai piedi del suo letto, in una zona d’ombra, si stava svolgendo qualcosa che la ragazza ancora faticava a capire, ma più si schiariva le idee, e più cresceva in lei la consapevolezza che quello aveva tutta l’aria di essere un groviglio umano: riconobbe i gemiti di dolore di Kenzo, a conferma che due uomini stavano lottando.
Di colpo lucida, capì che Ryo era giunto in suo soccorso e, trovando Kenzo sopra di lei, lo aveva spedito lontano balzandogli addosso.
 
Accese in fretta la luce, e il fioco chiarore le rivelò che il socio stava massacrando di botte un Kenzo ormai inerte, rincattucciato in un angolo, capace solo di subire i colpi e di non ridarli a sua volta.
 
“Ryo nooooo!” urlò Kaori saltando giù dal letto.
 
Percepiva forte e potente l’aura del compagno, la parte oscura che stava prendendo il sopravvento su di lui: un sentore dell’Angelo della Morte era riaffiorato dal suo animo tormentato, e sembrava che Ryo fosse deciso ad uccidere Kenzo Maro a suon di pugni e calci.
Doveva fermarlo.
 
“Ryo, ti prego, non farlo! Non ne vale la pena!” gridava la ragazza con tutta sé stessa.
 
Sapeva che solo a parole avrebbe potuto tentare di fermarlo, perché provare a bloccargli le braccia o le gambe sarebbe stato impossibile.
 
“Ryo, Ryo, ti prego, fallo per me!”
 
Quest’ultima accorata preghiera parve bloccarlo di colpo: ansante, si fermò a mezzo di un pugno pronto a colpire, ma non si voltò a guardarla.
Con la voce roca e talmente bassa che pareva uscisse da un baratro, Ryo disse a Kenzo:
 
“Sei un lurido verme che non merita di vivere, ma lei, lei, la mia donna, mi ha chiesto di risparmiarti la vita” poi, facendo un passo indietro e scostandosi da quell’ammasso informe di membra e sangue, con profondo disprezzo aggiunse:
 
“Ed ora vattene! Sparisci dalla mia vista, dalla mia casa e dalla mia vita! Tu e quell’altra!”
 
E solo allora Kaori si accorse di Misaki che, atterrita, era rimasta sulla porta senza aver il coraggio di entrare o dire alcunché.
Indossava una semplice vestaglia sul corpo nudo e, anche attraverso la penombra della stanza, Kaori poteva vedere che era terrorizzata e invecchiata di colpo: non portava traccia di tutta la sicurezza e lo charme sfoggiato fino a poco prima.
 
In ogni caso non si azzardò ad aiutare il suo fratellastro a rimettersi in piedi.
Lui ci riuscì a stento, a costo di parecchia fatica e numerosi gemiti trattenuti, aggrappandosi ai mobili e alle pareti.
Kenzo cercò di guadagnare la porta passando più possibile lontano da Ryo, che non si era mosso di un solo millimetro, immobile lì dove si era arrestato, e che non si premurò di voltarsi nemmeno quando sentenziò:
 
“Rinuncio all’ingaggio, non ne voglio più sapere niente di voi due. E, per la cronaca, è Misaki che vuole farti fuori e mettere mano sui tuoi soldi! Lei, come unica erede, non quegli sprovveduti di Takeshi e Hato” disse, evidentemente rivolto a Kenzo.
 
Zoppicando, questi si trascinò alla porta dove la sorella provò a toccarlo, ma lui la scansò bruscamente e Misaki, dopo aver gettato un ultimo sguardo ai due sweeper, scappò via singhiozzando.
 
Il tempo parve fermarsi.
 
Kaori vedeva quale enorme sforzo avesse fatto il socio per dominarsi, per non cedere alla furia cieca e assassina, e uccidere a mani nude quell’uomo.
Ryo non aveva lottato solo contro Kenzo, ma anche con sé stesso, e lo aveva fatto per lei.
Si ricordò anche che l’aveva definita come la sua donna, e l’empito di gioia che provò in quell’istante si andò a sommare al miscuglio di sensazioni contrastanti che stava provando.
Gli si fece vicino e timidamente gli toccò una spalla, lo chiamò sommessamente:
 
“Ryo…”
 
Sembrava lontanissimo, e lei voleva riportarlo indietro.
 
La sua voce parve scuoterlo e Ryo si voltò a guardarla: l’espressione truce, che così raramente gli aveva visto, si stava lentamente stemperando in una più affettuosa e innocente.
La sola presenza di Kaori era un balsamo per la sua anima nera, e averla vista lì, fra le grinfie di quel bastardo, lo aveva mandato fuori di testa; se ci pensava si rabbuiava di nuovo e la giovane, che se ne accorse, gli mormorò:
 
“Ryo, è finita” e gli rivolse una timida carezza sulla guancia, leggermente irsuta.
 
“Kaori, cosa ti ha fatto? Ti ha fatto del male?” riuscì infine a chiederle con il terrore di essere arrivato troppo tardi.
 
“No, no, non mi ha fatto nulla” lo rassicurò, ma guardandola bene vide un rivoletto di sangue solcarle il mento e perdersi lungo il collo.
 
“Ma-ma sei ferita!” si allarmò nuovamente.
 
A quel punto la ragazza si leccò le labbra e sentì la carne morbida appena lacerata; si affrettò a tranquillizzarlo:
 
“Non è niente, ho subito di peggio” e provò a ridere ma dovette fermarsi all’istante perché il labbro le fece male e si lamentò.
 
“Fammi vedere” le disse allora Ryo prendendole il mento con le mani e, alla luce della lampada, esaminò la ferita.
 
Ma Kaori, che voleva minimizzare l’accaduto, quasi si ritrasse, dicendogli:
 
“Dai, non ci pensare, non è niente”
 
Il suo orgoglio di sweeper la spingeva a negare l’evidenza, voleva essere la degna compagna di Ryo e non voleva lamentarsi per uno stupido graffio.
 
Però lui non la mollava, e anzi le disse:
 
“Qui ci vuole del ghiaccio, ma prima… vediamo se va meglio così” e le regalò un bacio dolcissimo e struggente, a fior di labbra per non farle male.
 
Si allontanò da lei lentamente, sempre senza smettere di guadarla.
 
“Kaori, ho avuto tanta paura” le sussurrò “Quando sono venuto qui da te, e l’ho trovato così, sopra di te, non ci ho visto più dalla rabbia; se penso che sarei potuto arrivare tardi, io…”
 
“Shhhhh” le fece segno di tacere la socia, ponendogli un dito sulle labbra e impedendogli di proseguire “non pensarci. Sei arrivato in tempo e… tutto è finito bene. Mi ha schiaffeggiato solo perché gli ho assestato un bel morso” ridacchiò sommessamente la ragazza, per alleggerire la tensione creatasi.
 
“Ma lui voleva approfittarsi di te!” protestò l’uomo.
 
“Già, ma non era altro che una visita notturna, come quelle che vuoi fare sempre tu!”
 
Ryo trasalì; come poteva accumunare le sue visite notturne a quell’aggressione?
E Kaori, prima che lui protestasse in qualche modo, aggiunse prontamente:
 
“Dimmi la verità: quando tu tenti un approccio del genere ad una qualsiasi donna che dorme, cosa avresti intenzione di fare dopo essere salito sul letto? Non proveresti quanto meno a baciarla? E poi? Se lei non apprezzasse? Come ti comporteresti?”
 
Il ragionamento non faceva una piega; e in realtà, da che Kaori era andata a vivere con lui, non gli era mai riuscita una che fosse una, di visita notturna a chicchessia, perché lei glielo aveva sempre impedito, quindi non sapeva bene come sarebbe andata a finire perché… non era mai arrivato a tanto.
Di sicuro però avrebbe tentato di baciare la bella di turno… ma poi?
Effettivamente quello era un atteggiamento da maniaci, e se era divertente pensare di farlo, molto meno lo era subirlo, e di fronte alla scena che si era trovato davanti, era inorridito.
A sua parziale discolpa, però, le disse:
 
“Io però non avrei mai usato la violenza!”
 
“Hai ragione, tu non ne sei capace” e lo guardò con quei suoi occhi grandi e caldi; Ryo si sentì le gambe molli.
 
Girando intorno lo sguardo, e mai come quella volta la stanza gli sembrò squallida, l’uomo dichiarò:
 
“Non voglio che tu dorma in questa camera, non più”
 
“Ah, finalmente! Potrò tornare nella mia di sopra?” cinguettò la ragazza piena di gioia.
 
“No, io… io … pensavo che dovresti dormire con me”
 
Kaori stava già aprendo bocca per aggiungere altro, quando la richiuse di scatto e lo guardò incredula; lo lasciò proseguire.
 
“Kaori, anche ieri sera ti ho spiegato che sono vittima, giustamente, di una maledizione, lanciatami da quella profetessa del tempio. Di giorno sono quel misogino che sai, ma di notte sono io, adesso sono io, quello di sempre. Tutte le notti, non appena mi addormento, sono tormentato da incubi spaventosi, pieni di donne nude e… non fare quella faccia, ti prego. Dicevo… mi risveglio sconvolto e vengo a cercarti, perché ci sei anche tu in quei sogni e ho bisogno di te, Kaori, e finiamo per baciarci perché io lo voglio fortemente e tu… tu pure. Ma poi dimentichiamo tutto, fa parte della maledizione! Lo so, mi sono sempre comportato male, con le donne in generale, trattandole come oggetti di piacere e molestandole, e con te in particolare, quando ti facevo credere che non ti desiderassi affatto, che eri un travestito, un uomo mancato, sminuendo la tua femminilità. Ed è qui che ha colpito la maledizione, rendendomi un arido misogino, ad un tempo, e un innamorato senza speranza che ogni notte deve riconquistare la ragazza che ama. Perché sì, Kaori, io non solo ti desidero…Io ti amo con tutto me stesso, e sapere che ogni volta dimentichi i nostri incontri, mi spezza il cuore”
 
Kaori, ammutolita, lo guardava in preda allo stupore.
 
“Non sopporto più questa vita a metà” riprese l’uomo, quasi con disperazione “questo dimenticare, questo ricominciare sempre da capo ogni volta. Io vorrei poterti meritare, e vivere con te, come una vera coppia…”
 
“Ryo, ma come puoi dire una cosa del genere? Chi più di te merita il mio amore? Dovresti sapere cosa provo per te, quali sono i miei sentimenti!” esclamò stupita la donna.
 
“Va bene…” e le rivolse un timido sorriso “Allora, torniamo di sopra e passiamo questa notte insieme, vuoi? Poi domani ricominceremo tutto da capo. Ma andrò dalla sacerdotessa, e implorerò il suo perdono, pur di averti con me”
 
“Oh, Ryo!” Kaori gli volò fra le braccia, e per la prima volta capì il tormento di quell’uomo che, nel momento in cui aveva deciso di aprirsi con lei, di rivelarle i suoi sentimenti, si vedeva azzerare tutti i progressi fatti, in un continuo corteggiamento notturno.
Lei non aveva memoria dei loro incontri, ma se la situazione che stavano vivendo lo aveva spinto a dichiararsi, forse aveva ragione, c’erano stati veramente.
Solo che, purtroppo, lei non li ricordava affatto… che disdetta!
 
Ryo, con un misto di disperazione e passione, la strinse forte a sé e il contatto lo rassicurò: quella donnina tutto cuore e coraggio teneva fra le mani il suo cuore, era in sua balia, ma si fidava di lei, credeva in lei e nel suo amore, e non avrebbe affidato la sua vita a nessun altro al mondo se non a Kaori Makimura.
La quale appoggiò il viso sull’ampio petto dell’uomo e lui le passò le dita fra i capelli; non si era mai sentito così sicuro di sé stesso come in quel momento.
 
“Kaori, voglio essere tuo, e tuo soltanto” le sussurrò all’orecchio, e quelle parole, unite al tono basso e ricco di promesse, le fecero scorrere un lungo brivido sulla schiena, accendendole un piccolo fuoco di desiderio nel ventre: anche lei voleva essere sua, per sempre sua, come la promessa contenuta nei fiori nuziali di Miki, i tricyrtis.
 
“E allora andiamo, nella nostra casa, nel nostro letto” rispose lei, un secondo prima di baciarlo con passione e trasporto, come il suo corpo aveva imparato a fare in tutte quelle notti dimenticate.
 
Da qualche parte nell’universo si sentì uno schianto, un rumore di qualcosa che va in frantumi, che va in pezzi: era la maledizione che si era infranta, ma Ryo e Kaori non potevano ancora saperlo.
 
Finalmente il loro amore era stato portato alla luce, accettato, accolto, desiderato: due poveri amanti avevano trovato il modo d’incontrarsi… sotto lo stesso tetto.
Ci era voluta una maledizione, che sembrava volerli allontanare, rendendo tutto più difficile, eppure il loro sentimento era riuscito ad emergere ugualmente.
Forse non tutti i mali vengono per nuocere ma, meglio non sfidare la sorte!


Finita!
Spero che vi sia piaciuta *-*
Rinnovo i miei ringraziamenti a tutti, proprio tutti, a quelli che hanno letto in silenzioso, a quelli che l’hanno messa fra le preferite, seguite, ricordate, ma soprattutto a chi ha speso del tempo anche per lasciare un piccolo commento: le vostre recensioni mi hanno sempre riempito il cuore di gioia ed è davvero tanto di questi tempi.
Un grazie particolare va, e non me ne vogliano le altre, alla mia cara BrizMariluna, che fin dagli albori segue i miei deliri, mi sostiene, mi beta i capitoli – anche se poi la mia pignoleria mi spinge a correggerli ancora -, mi sopporta :D
Un altro grazie particolare va alle irriducibili che sono sempre le prime a recensire, e cioè Stekao e Bettxyz812, ma anche a Kalandra che mi fa morire dal ridere con le sue scappate, un grazie a maisonikkoku78 che c’è sempre, a Fanny Jumping Sparrow, a Kyoko_09, a Il colore dei pensieri, Meddy80, GiunglaNord, Sabrinagenova, Brume, Little Firestar84, Alice21. Spero di non aver dimenticato nessuno, in caso chiedo umilmente perdono.
Bene, ora siamo pronti ad affrontare il nuovo anno, sperando che questa ‘maledizione’ che ci affligge già da un po’, s’infranga presto.
E allora ancora G*R*A*Z*I*E* e Buon 2022!!!!
vostra
Eleonora


 
   
 
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