Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    03/01/2022    2 recensioni
Il piccolo paese di Nederland, Colorado, viene stravolto dalla notizia di un rapimento incomprensibile ed Emily Poitier, fotografa e scrittrice presso una piccola casa editrice della zona, è suo malgrado costretta a rivivere ciò che, vent'anni addietro, accadde a lei.
Sarà grazie all'aiuto dei suoi amici e di Anthony, sua vecchia fiamma, se riuscirà a non impazzire a causa dei ricordi, aiutando così a scoprire chi si cela dietro al rapimento e a recuperare, una volta per tutte, la serenità tanto cercata.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
26.
 
 
 
 
McCoy sospirò forse per la centesima volta, nell'ascoltare il resoconto stringato di ciò che Anthony Consworth e Parker Jones avevano scoperto su William Consworth.

Quando poi venne a sapere ciò che era stato trovato nella caverna, non poté che imprecare per la sorpresa e, dopo essersi passato una mano tra i capelli sale e pepe, sbottò: "Qui, invece di dipanare una matassa, se n'è aggiunta un'altra!"

"Sappiamo tutti e tre di aver fatto una sciocchezza, agente..." terminò di dire Anthony, il tono fiacco e il corpo piegato dallo sfinimento. "...e accetteremo senza fiatare qualsiasi punizione vorrà comminarci. Siamo tutti d'accordo. Ma dovevamo essere noi, a trovare Mickey."

"Posso quasi capire te ed Emily... ma il signor Jones che c'entra, con questo caso?" sospirò esasperato McCoy.

Anthony allora sorrise, si grattò distrattamente una guancia ormai ispida di barba e asserì: "E' il nostro consulente matrimoniale, più o meno."

"Come, scusa?" gracchiò l’agente.

Il giovane sorrise, scosse una mano come a non voler dare peso al suo dire e aggiunse: "E' un buon amico. Per entrambi. Non ci avrebbe mai lasciato andare da soli."

"Grandioso! Pure il buon samaritano mi doveva capitare!" esalò McCoy prima di sbuffare e aggiungere: "Per quanto mi spiaccia dirlo, a parte un richiamo scritto, penso non potrò fare altro contro di voi. La cittadinanza mi ammazzerebbe prima di mettere piede fuori di qui, se sapesse che ho punito gli eroi di Nederland."

"Credo che Meyerson si inventerà qualcosa di più subdolo, non dubiti" sogghignò a quel punto Anthony, prima di domandare: "Ha terminato, con me? Vorrei andare a fare un pisolino. Sono più stanco di quanto non credessi."

"Tse. Un pisolino!" lo prese in giro McCoy. "So bene dove vorresti essere ora, e dove sgattaiolerai non appena uscito da qui."

"Io?" mormorò Anthony con aria ingenua. 

McCoy ghignò al suo indirizzo e replicò: "Sai benissimo che, in fondo al corridoio, stanno interrogando tuo padre, e io so benissimo che riusciresti a intrufolarti dentro la sala degli interrogatori per sentire cosa dicono."

"Non sono così bravo. Lo giuro" sottolineò per contro Anthony.

"Forse... ma conosci tutti, qui, e penso che chiuderebbero anche tutti e due gli occhi, al momento, pur di farti un favore perciò, prima che io sia costretto a punire qualcuno a causa tua, vieni con me e facciamola finita" brontolò McCoy, invitandolo a uscire con lui.

Tony lo seguì in un silenzio un po' sorpreso e, quando l'agente lo fece entrare nella stanza in cui era possibile visionare l'interrogatorio, esalò confuso: "Ma... perché non lo sta interrogando lei?"

"Meyerson ha insistito per affrontarlo a muso duro, e io penso che se lo meriti. Inoltre, da quel che so, sono vecchi commilitoni, quindi penso che sappia prenderlo meglio di chiunque altro, tra di noi" scrollò le spalle McCoy prima di chiedere ragguagli all'agente presente in stanza.

"Per ora, non ha ammesso alcun addebito in merito ai resti ritrovati nella miniera" lo informò l'agente. "Si è dichiarato non colpevole, adducendo come scusa che stava semplicemente riparando un torto subito otto anni addietro, quando gli è stato negato di stare con il nipote."

"Ancora con questa storia... Mickey non è mio figlio, e lo so con assoluta certezza. Non c'è neppure bisogno del test del DNA" sbottò Anthony, scuotendo il capo per l’esasperazione e la stanchezza. Non aveva neppure più la forza di arrabbiarsi, in tutta onestà.

Il padre gli aveva tolto anche l’ultimo residuo di forza, con quell’ultimo, terribile atto. 

McCoy sbuffò nel grattarsi la nuca e chiosò: "Certe fissazioni sono dure a morire, a quanto pare." 

"Ce l'ha sempre avuta con me, per questo, ma pensavo che ormai fosse storia vecchia. Invece, a quanto pare, la nascita di Sophie lo ha mandato in bestia, facendogli congegnare questo piano" sospirò Anthony. “Quanto a mia madre… non so davvero che dire.”

“Per i resti, dovremo attendere il responso del DNA, anche se la fede nuziale trovata sul cadavere lascia ben poche alternative al caso” mormorò McCoy, dandogli una pacca sulla spalla. “Nessuno ha mai sospettato nulla? I genitori? Gli amici?”

“Da quel che so, no. I miei nonni materni non sono mai stati molto presenti perché, per quel che sapevo allora - e ho scoperto più tardi -, non hanno mai accettato il matrimonio di mia madre con mio padre. E ora, forse, ne capisco anche il motivo. Probabilmente avevano già capito di che pasta era fatto.”

Ciò detto, lanciò uno sguardo oltre il vetro che li separava e scrutò quel volto arcigno e segnato dall’odio che, ormai, non riusciva più a riconoscere come suo padre.

Quell’uomo poteva anche aver avuto a che fare con la sua nascita, ma erano stati i suoi nonni, Cooper, Gilda e Michael a crescerlo.
 
***

“Allora… c’è niente che tu voglia dirmi di vero, William?” esordì Michael, sedendosi dinanzi al vecchio commilitone.

Erano passati davvero troppi anni da quella maledetta guerra, eppure gli sembrava di non aver trascorso neppure un giorno lontano da quelle lande di morte, quando si trattava di William.

Quell’uomo aveva la stramaledetta capacità di riportare a galla episodi discutibili del loro passato e, anche in quel caso, avvenne con drammatica puntualità.

Scene di un passato assai poco edificante si intervallarono dinanzi ai suoi occhi come se stesse rivivendo un film sul Vietnam, coi loro comportamenti discutibili, le loro uccisioni sommarie, lo scarso rispetto della vita.

Scacciando quelle immagini con uno sbuffo, Michael tornò a scrutare il suo silenzioso interlocutore e, con un gesto secco della mano, lo invitò a dire qualcosa.

Qualsiasi cosa, pur di terminare quanto prima quell’assurdo interrogatorio.

“Il tanto blasonato sceriffo Meyerson vuole salvarmi ancora una volta, forse?” ironizzò a quel punto William, levando un angolo della bocca per poi scrutare beffardo il capo della polizia.

“Sei ben oltre qualsiasi possibile salvezza, William ma, sinceramente, vorrei capire” sospirò Michael. “Hai mandato tutto alla malora per una cosa che non esiste, e ne ho le prove proprio qui, nelle mie mani. Ma hai peggiorato di molto le cose con Marlene.”

“Non so di cosa parli” sentenziò William, atono.

Lo sceriffo, allora, aprì la cartella medica di Michael Jeremy Larson e, nell’indicare un punto in particolare, aggiunse: “Tuo figlio è gruppo sanguigno AB, giusto?”

“Sì” mormorò guardingo William, accigliandosi.

“Beh, Consuelo è B, mentre Samuel è 0. Non a caso, Mickey è gruppo 0. Anche senza DNA, questo dovrebbe bastarti per capire che Mickey non può essere tuo nipote. Da un padre AB non può nascere un figlio con gruppo sanguigno 0” gli spiegò succintamente Michael prima di mettere via la cartella medica.

William si fece muto, dopo aver ascoltato quelle parole lapidarie, gli occhi fissi sul punto in cui, fino a qualche istante prima, era stata presente la cartella e ciò che in essa era contenuto.

“Hai fatto impazzire tuo figlio per anni, a causa di questa diatriba e, ancora prima, lo hai odiato per via delle pazzie di Marlene, ma lui non ha mai avuto colpa. Di nulla” soggiunse lo sceriffo, alzando di una tacca il tono della voce.

“Marlene non si è più sentita bene, dalla nascita di Anthony. Avevo tutto il diritto di rivalermi su di lui. A causa sua, mia moglie non è più stata la stessa!” sbottò a sorpresa William, sorprendendo lo stesso Anthony, che stava ascoltando l’intera storia per la prima volta.

“Depressione post-partum?” mormorò leggermente sorpreso Michael. “E tu reputi Tony il colpevole? Dio, William! Può semplicemente capitare! All’epoca, non era neppure riconosciuta come malattia!”

“Non mi interessa. L’unica cosa buona che avevo nella vita mi è stata tolta da mio figlio, e non potevo accettarlo” ringhiò William, disgustato.

“Come se i tuoi genitori non fossero stati una cosa bella! William, ma ascoltati! Ti hanno sempre aiutato, seguito e…”

William lo interruppe con un grido, ammettendo con rabbia: “Darren non era mio padre! E quella puttana di mia madre si è fatta mettere incinta dal primo venuto! Non parlarne come se fossero stati due brave persone!”

McCoy lanciò uno sguardo preoccupato all’indirizzo di Anthony, nell’udire quelle ultime, agghiaccianti parole e, nel poggiargli una mano sulla spalla, lo pregò di uscire. Il giovane, però, pur raggelato da ciò che aveva appena udito, declinò gentilmente l’invito, replicando: “Tanto vale che ascolti fino alla fine quanto oscuro è il mio passato.”

“Ragazzo…” sospirò l’agente speciale.

“Non si preoccupi. Starò bene” annuì coraggiosamente Anthony.

Dentro di sé, però, Tony iniziò a sentire parti di se stesso crollare in un pozzo melmoso e senza fondo, lo stesso luogo dove, con tutta probabilità, era rimasta rinchiusa per anni Emily, preda dei suoi incubi personali.

Cos’altro doveva scoprire, di suo padre? Quanto marciume sarebbe ancora venuto a galla, da quell’uomo? E lui, in tutta onestà, poteva davvero sopportare tutto questo? Poteva ancora ascoltare quelle terribili parole proferite contro i suoi nonni, che lui aveva sempre amato?

Nel vedere il cenno di diniego dello sceriffo, Anthony si fece comunque forza per riprendere l’ascolto dell’interrogatorio e, oltre il vetro, udì Meyerson domandare: “Davvero pensi che Darren non sia stato tuo padre? O che Julie si sia comportata in modo disonorevole? Da dove ti vengono queste idee?”

“Dalla bocca di Gareth Simpson, se proprio vuoi saperlo” sottolineò William con un sogghigno.

“Ah” sospirò a quel punto Michael, sorprendendo un poco lo stesso William, oltre alle persone presenti oltre lo specchio.

“Cosa ne sai, tu?” si insospettì subito Consworth senior, fissando malamente lo sceriffo.

“Ne so qualcosa visto che la verità, prima o poi, trova il modo di venire allo scoperto. Gareth venne da me per una confessione tardiva, quando sapeva di avere ancora poco tempo da vivere, perché desiderava mettersi l’animo in pace” ammise lo sceriffo, sorprendendo ulteriormente il suo auditorium.

“Perché… perché tu?”

“Perché ero un fresco agente di prima nomina, una persona onesta – almeno a suo dire – e, tra le altre cose, un tuo ex commilitone. Venne da me perché ti conoscevo. Sperava che, parlando con me, il segreto che custodiva mi avrebbe permesso di capirti meglio e di prevenire eventuali tuoi colpi di testa. Cosa che, evidentemente, non sono stato in grado di fare.”

“Cosa ti disse?” ringhiò William, piegandosi minaccioso verso di lui.

Michael non vi fece caso – le manette lo tenevano saldamente ancorato al tavolo della sala interrogatori – e aggiunse: “Mi disse di Julie, dello stupro che subì per mano di suo cugino, un certo Paco Ramirez, e del fatto che Darren decise di prendersi cura di te e di Julie, nonostante non fosse lui il tuo vero padre. La famiglia di Darren lo osteggiò, ma lui fece comunque di testa sua e tu venisti al mondo con il nome di William Consworth.”

Will arricciò nervosamente il naso, scosse il capo e replicò irritato: “Non fu stupro. Lei… lei tradì Darren. E lui fu così stupido da crederle e proteggerla, finendo col divenire becco.”

“Perché pensi questo?” domandò stanco Michael.

Consworth senior ebbe la decenza di non parlare e, ancora, Michael estrasse un foglio dalla cartella che teneva sulle ginocchia, asserendo: “Abbiamo la certezza che fu uno stupro, visto che Julie fu visitata il giorno dopo l’evento, e ne venne accertata la violenza da un medico. Fu grazie all’aiuto di Gareth e del dottor Seymour, che la visitò, se non venne alzato un polverone sulla faccenda, e tuo padre si prese l’onere di dichiararsi padre del bambino, sposando in tutta fretta Julie perché tu nascessi legittimamente. All’epoca, la reputazione di Julie sarebbe stata distrutta per sempre, a causa di quel fattaccio, anche se lei era l’unica vittima, perciò tuo padre non fu mai becco. Fu piuttosto un eroe, un dannatissimo eroe.”

William digrignò i denti per il furore e Michael, imperterrito, proseguì dicendo: “Per tutti questi anni hai creduto che tua madre fosse stata una fedifraga, e tuo padre un debole, ma mai una volta hai provato a pensarla diversamente, su di loro. Mai una volta hai visto tutto l’amore che hanno riversato su di te. Te ne sei sempre fregato.”

“Evidentemente, la mela non cade lontana dal ramo” sentenziò amaro William, volgendo il capo per scrutare il muro della cella.

Anthony si sentì rabbrividire al suono di quelle parole e McCoy, al suo fianco, dichiarò lapidario: “Non è vero. Non credergli.”

Lui assentì, mormorando fiacco: “Lo so. Basta pensare a Sherry e a suo fratello. Loro sono ben diversi dalla madre. Però… fa male lo stesso.”

McCoy annuì, strinse con maggiore forza la mano sulla spalla del giovane e, in cuor suo, pregò che l’uomo che era toccato in sorte a quel ragazzo scontasse il massimo della pena nel peggior penitenziario degli Stati Uniti.
 
***

Sorseggiando un succo di frutta mentre Emily lo ragguagliava in merito agli ultimi sviluppi e Anthony se ne stava spaparanzato sul divano a farsi coccolare da Cleopatra, Parker chiosò dicendo: “Beh, almeno sappiamo che è veramente finita.”

Annuendo con vigore, Emy asserì: “Il DNA ha confermato che il cadavere è di Marlene, perciò William sarà incriminato per il suo omicidio, oltre che per il rapimento di Mickey.”

Ciò detto, lanciò un’occhiata preoccupata ad Anthony che, però, le sorrise, scosse il capo e replicò: “Non devi guardarmi ogni due minuti con il timore di vedermi crollare. Almeno, adesso so che mia madre non mi aveva affatto abbandonato.”

“E’ tutto il resto che mi preoccupa” sottolineò per contro Emily con un leggero sospiro.

“Emy ha ragione. La faccenda non è certo delle più allegre” soggiunse Parker, levandosi dalla sedia su cui si era assiso per godere della merenda che Emily gli aveva gentilmente offerto.

Raggiunto che ebbe il divano, carezzò Cleopatra – che gli tributò un’occhiata adorante – e terminò di dire: “Certe batoste non vanno prese sottogamba, o potresti soffrirne in futuro.”

“Ho già sperimentato cosa significhi rimanere imprigionati nel proprio passato oscuro…” annuì Anthony, sorridendo a Emily. “… e, proprio per questo, non vi mentirò mai, né tacerò sui miei dubbi ma, ora come ora, sono solo contento che Mickey sia a casa. Avrò tempo per gli scoppi d’ira più avanti, quando avrò recuperato le forze e sarò più lucido.”

“Okay… se la metti così, sto zitto” chiosò a quel punto Parker, ammiccando all’indirizzo dell’amico.

Anthony assentì e, nel tornare a guardare Emy, attese impaziente una sua risposta in merito.

Lei allora sospirò, annuì a sua volta e disse: “Va bene. Mi calmerò anch’io. Prometto di non stressarti e di aspettare che sia tu a chiedere il mio eventuale aiuto.”
“Grazie” mormorò lui, lasciando poi ricadere il capo sul bracciolo del divano.

Cleopatra ne approfittò per tempestarlo di baci umidi e questo diede il via a una corale risata liberatoria, risata che però venne interrotta dal suono del telefono, che Emily prese in mano con espressione dubbiosa.

Quando, però, scorse il numero in entrata, storse il naso e borbottò: “Ahia. Altra sgridata in arrivo.”

Curioso, Anthony le domandò: “Chi è?”

“Max” mormorò lei, accettando la chiamata con aria esasperata.

In quel mentre, l’abbaiare di Cleopatra annunciò l’arrivo della famiglia Poitier al gran completo ed Emily, con un cenno della mano, li salutò mentre diceva: “Sì, hai ragione da vendere, Max. Sono stata sconsiderata, scellerata, disgraziata… tutto ciò che finisce per –ata va bene.”

Jordan ridacchiò divertito nell’udire il nome dell’uomo che, per anni, lo aveva sostituito nel ruolo di padre – nel cuore della figlia – e, ammiccando al suo indirizzo, le domandò in un sussurro: “Altra tirata d’orecchi?”

“L’ennesima” assentì ammiccante lei prima di dichiarare querula: “Te lo giuro, Max. Sono confinata in casa per un mese. Lo sceriffo mi ha scartavetrato, l’agente McCoy per poco non mi ha messa sulla lista nera dell’FBI, e Gilda! Come non parlare di lei? Gilda mi ha minacciato di morte con i suoi coltelli da cucina!”

Dal telefono giunse una risata grassa e compiaciuta ed Emily, strizzando l’occhio al padre, mise in vivavoce e disse: “Ora puoi farti sentire da tutti, Max. Vuoi che anche la mia famiglia sia messa al corrente della tua opinione?”

“Beh, se sono lì con te, e c’è anche tuo padre, io sono già a posto così. Ci penserà lui a sistemarti per le feste” dichiarò l’uomo con tono allegro. “O forse sarà tua madre. Non so neppure io chi potrebbe essere il più terribile.”

“Sto già pensando a una punizione esemplare, non temere, Max” dichiarò a quel punto Jordan, facendo sobbalzare Emily, che lo fissò basita.

Il padre allora rise di gusto, le diede una pacca sulla spalla dopodiché, rivolto al telefono, domandò: “Noi siamo sempre d’accordo, vero, Max?”

“Ovviamente” assentì l’uomo.

Emily, allora, fissò dubbiosa il padre e domandò: “D’accordo su cosa, scusa?”

“Niente che ti riguardi” replicò laconico Jordan, facendo scoppiare a ridere Max.

Sempre più sconcertata, Emily guardò la madre, che negò qualsiasi addebito, e anche Jamie scosse il capo, ignaro delle macchinazioni del padre.

A quel punto, Emy domandò al diretto interessato, ma anche Max replicò: “Non preoccuparti. Niente che ti debba interessare.”

Accigliandosi sempre di più, Emily borbottò: “Non me la raccontate giusta, voi due.”

I due uomini allora risero di gusto, Max si raccomandò di non combinare altri guai dopodiché, con un ultimo saluto, chiuse la chiamata ed Emily, nel fissare arcigna il padre, dichiarò: “Prima della vostra partenza, ti farò parlare.”

“Ne dubito, ma puoi provarci” ribatté l’uomo prima di dire: “Sarà meglio se mangiamo le prelibatezze di Gilda, prima che diventino fredde.”

 “Il cibo di Gilda è buono a prescindere… ma caldo lo è sicuramente di più” chiosò Emily, inspirando il buon profumo di pesce che proveniva dai contenitori di alluminio.

“Abbiamo pensato che potesse essere un buon modo per passare la serata” intervenne a quel punto Margareth, sfiorando con una mano la spalla della figlia, che annuì compiaciuta.

“Avete pensato bene. Ma non manca qualcuno?” domandò Emily, guardando alle spalle dei famigliari.

Sghignazzando, Jamie celiò: “Beh, Rick e Sherry hanno gentilmente declinato perché vorrebbero passare la serata da soli.”

“Buon per loro” ammiccò allora Emily, avviandosi lesta verso la credenza per preparare la tavola, subito seguita a ruota da Margareth e Jamie.

Jordan, per parte sua, si avvicinò al divano e, nel sedersi accanto ad Anthony, domandò: “Come stai, ragazzo?”

“Come ho detto ai due falchi che mi hanno tenuto d’occhio finora…” accennò Tony, ammiccando all’indirizzo di Parker ed Emy. “…sto bene. Sono solo tremendamente stanco. Al momento, sono felice che Mickey sia a casa e lieto di aver scoperto che, in realtà, mia madre non mi aveva affatto abbandonato. Per il resto, avrò tempo.”

Jordan si ritenne soddisfatto e, nel dargli una pacca sulla spalla, dichiarò: “Qualora ti andasse di parlare, basta una telefonata, in ogni caso.”

“Grazie. Davvero” annuì Anthony con un sorriso.
 
***

Il Crosscut Pizzeria & Taphouse era stracolmo di persone allegre e vocianti e, tra i vari tavoli gremiti di persone, un unico argomento si faceva largo assieme al profumo inebriante della pizza cotta nel forno a legna.

La liberazione di Mickey e l’arresto di Consworth senior.

Tra chi si rallegrava per il ritorno del bambino e chi si rattristava per Anthony, il caotico parlottare creava un muro sonoro che proteggeva paradossalmente Sherry e Rick da eventuali curiosi.

“Sei sicura che la pizza vada bene? Avremmo potuto andare da un’altra parte” sottolineò forse per la trentesima volta Rick, pur apprezzando la pasta croccante dell’impasto e gli aromi sprigionati dalla pietanza.

Sherry sorrise dietro il bordo del bicchiere di birra che stava sorseggiando e, non appena lo ebbe poggiato sul tavolino di legno massello, replicò: “Hai di fronte a te una mangiatrice compulsiva di pizza. Va bene, anzi benissimo, credimi.”

Tranquillizzato da quelle parole, Rick allora le domandò: “Ora che il caso è chiuso, cosa pensi di fare?”

La donna mordicchiò pensierosa un pezzetto di pizza dopodiché, con un sospiro, mormorò: “Beh, dipende tutto da una certa persona.”

“In che senso?” si accigliò leggermente Rick.

“Vedi, un uccellino mi ha detto che lo zio di Emily vi ha offerto un lavoro a Boulder e, guarda caso, a Boulder c’è un’agenzia di Investigazioni che sta cercando personale, perciò…” dichiarò con falsa noncuranza Sherry, scrollando una mano con fare distratto.

Rick, però, borbottò: “Tu adori fare la cacciatrice di taglie. Davvero ti chiuderesti dentro un ufficio per curiosare conti correnti, o per fotografare uomini che fanno le corna alla moglie?”

Sorridendo divertita di fronte a quella visione semplicistica del lavoro di investigatore, Sherry replicò: “Vedi, Rick, il punto è un altro. Ho trent’anni, mi hanno sparato più volte di quante io voglia ricordare e ho più ossa rotte – e risaldate – di un pugile. Onestamente, avrei voglia di fermarmi un po’ più spesso a casa, invece di essere sempre in giro per mezzo Paese. Così, potrei anche fare visita a Gin più spesso.”

“Ne sei sicura?”

“Rick, il lavoro di cacciatore di taglie si può fare per un po’, e ti pagano bene ma, se vuoi costruirti una famiglia, prima o poi devi fermarti” gli sorrise lei, allungando una mano per afferrare la sua. “Ti lasciai andare anni fa, e solo perché fui così orgogliosa da non cedere a ciò che desideravo, troppo allettata dai soldi che stavo facendo e dall’inebriante sensazione di libertà che mi dava il lavoro, ma ora sono diversa. Ora, non voglio più mettere in secondo piano me stessa, né te.”

Lui assentì, intrecciò le dita a quelle di Sherry e le domandò: “Parker ha deciso di rimanere qui e di fare il pendolare. Dopotutto, sono venti minuti d’auto, niente di che. Io pensavo di fare lo stesso e trovarmi un posto tutto mio. Quel che voglio sapere è; sei disposta a rimanere qui con me? Nederland potrà piacerti?”

Storcendo un poco la bocca, Sherry borbottò: “Credi che io abbia bisogno di una boutique di alta moda, o di un gioielliere di Cartier?”

Rick allora rise sommessamente, scosse il capo e replicò: “No, affatto. Comincio a capire come sei e, anche se vedo che ti piacciono i capi firmati, non ti interessa realmente averli. Quel che intendevo dire era se avrebbe potuto piacerti per crescerci una famiglia.”

Arrossendo suo malgrado, Sherry reclinò il viso e, piena di imbarazzo, esalò: “Voi uomini del sud andate dritto al sodo, eh?”

Rick rise più forte di fronte al suo manifesto disagio e, nello stringere maggiormente la mano di lei, aggiunse: “Non voglio ci siano più fraintendimenti, tra noi due, e parlar chiaro è un vizio di famiglia.”

“Credi che starebbe bene, a tua madre, una nuora che sa sparare, tirare cazzotti e parlare come uno scaricatore di porto?” domandò a quel punto Sherry, ammiccando al suo indirizzo.

“Beh, quanto all’ultima parte, la lascerei segreta ancora per un po’. Per il resto, mia madre non disdegna affatto chi si sa difendere da solo, e credo potrebbe persino usarti come scusa per imparare a sua volta” ironizzò allora Rick, sollevandole la mano per baciarne il dorso.

Sollevando le sopracciglia con aria pienamente interessata, Sherry domandò: “Come? Vorrebbe imparare?”

“Ha lanciato qualche accenno qua e là, nel corso degli anni, ma mio padre ha sempre nicchiato. Può darsi che, vedendo te, potrebbe tornare alla ribalta” ipotizzò Rick.

“E tuo padre sarebbe d’accordo?”

“Se rendesse felice mia madre, e me, non avrebbe nulla da ridire” si limitò a dire Rick con una scrollata di spalle.

“Beh, allora…” chiosò Sherry prima di levarsi in piedi, allungarsi oltre il tavolo per stampargli un bacio a schiocco sulle labbra e infine urlare: “Quest’uomo diventerà mio marito!”

Nel locale vi fu un attimo di totale sconcerto, seguito da un fragoroso applauso, fischi e risate chiassose, intervallate da pacche sulle spalle a un attonito Rick e strette di mano alla orgogliosa Sherry.

Persino il proprietario del locale si avvicinò per fare loro le congratulazioni e, quando Sherry gli chiese spudoratamente se conoscesse qualcuno che potesse trovare loro una casa in cui abitare, gli aiuti si sprecarono.

Rick fu così subissato di consigli, numeri di telefono e commenti più o meno piccanti sulla sua futura moglie, mentre Sherry venne sommersa di abbracci da parte di perfette sconosciute, tutte pronte a dare il loro contributo genuino per la causa.

Dopotutto, questo e altro per i futuri nuovi arrivati.

Fu solo un paio d’ore dopo che la coppia riuscì finalmente a tornare in albergo, la borsetta di Sherry ricolma di biglietti da visita e appunti vari raccattati per il locale.

“E chi l’avrebbe mai immaginato che un paesino di montagna potesse essere così aperto a due nuovi venuti?” esalò Rick, accostando l’auto all’entrata dell’albergo.

“Ci hanno visti mentre davamo una mano nella ricerca di Mickey, e qualcuno si ricordava sia di me che di te, perciò, per loro, non siamo solo dei nuovi venuti. Caso mai, siamo dei nuovi amici che hanno scelto loro come nuova casa” replicò Sherry, scendendo dall’auto di Rick con un movimento elegante delle gambe.

“Casa, eh?” motteggiò lui, allungandole una mano.

Lei assentì, sorrise al suo uomo e mormorò: “Sì, casa.”




N.d.A.: finalmente si chiude la vicenda che ha visto Mickey come involontario protagonista e, anche se per Tony le batoste sono state tante, sa di poter contare su una famiglia allargata dalle spalle possenti a cui aggrapparsi, e una donna che lo ama sinceramente.
Quanto a Rick, Sherry e Parker, come avete potuto notare, non si allontaneranno dai loro amici, perciò formeranno un'allegra brigata, da qui in poi.
Col prossimo capitolo, chiuderò definitivamente questa avventura, che vi ringrazio di aver seguito con me, dopodiché tornerò nel mondo dei miei licantropi, con due storie che posterò una di seguito all'altra. La prima, si intitolerà "Storia di un Cacciatore" e, da come si evince dal titolo, parlerò dei più antichi nemici dei lupi di Fenrir, ma da un punto di vista piuttosto singolare. La seconda, sarà più internazionale... anzi, oserei dire, 
galattica, e coinvolgerà nuovissimi personaggi, mai comparsi finora in nessuna storia... e potremo finalmente fare la conoscenza dell'ultimo fratello di Fenrir. Jormungandr!
Vi aspetto!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark