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Autore: Koa__    08/01/2022    10 recensioni
Sono passati cinque anni dalla fine della seconda guerra magica ed Harry Potter convive con colui il quale, ai tempi della scuola, era il suo acerrimo nemico: Draco Malfoy. Nonostante le difficoltà iniziali i due sono felici, un giorno però Harry riceve un invito: suo cugino Dudley si sposa e, al matrimonio decide di invitare Harry e il suo nuovo ragazzo Draco. Malfoy ovviamente non ne sarà entusiasta.
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Dursley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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La disfatta (o forse no?)




 


A un certo punto del ricevimento, Draco Malfoy venne investito dall’agghiacciante consapevolezza di esser stato sfiorato per un solo millimetro da una ciotola colma di purè, la quale aveva drasticamente rischiato di finirgli il testa. L’esser scampato era, a suo modo di vedere, un vero e proprio miracolo. In fin dei conti quella non era niente di più che una guerra, solo che non c’erano bacchette o incantesimi a sferzare l’aria, ma piatti che volavano senza alcuna grazia da una parte all’altra del salone, rimasugli di cibo che finivano dappertutto e signore urlanti ovunque volgesse lo sguardo. Gli attriti tra le due famiglie erano così accesi, che era bastato che la madre dello sposo e quella della sposa si rovesciassero addosso il contenuto dei rispettivi bicchieri, per dare inizio a una battaglia a suon di piatti in testa e salsa in faccia. Potter in un insensato slancio di generosità, per altro pateticamente tipico del suo carattere, aveva attraversato la sala ristorante a passo di marcia cercando di separare Petunia da Mary Ann Penton. Le due, però, avevano continuato a darsele di santa ragione e sembrava non avessero alcuna intenzione di smettere. Erano andate ben oltre le famigerate borsettate previste dalla signora Twist, ora si stavano tirando per i capelli. Zio Vernon naturalmente non ci aveva pensato minimamente a starsene in disparte e a propria volta litigava col padre della sposa mentre, Dudley e Melissa, se ne stavano seduti immobili a fissare il caos esploso attorno a loro come se non credessero davvero ai rispettivi occhi. Il cugino di Harry non gli aveva mai dato l’impressione di essere troppo intelligente, ma in quei frangenti gli sembrò più scemo del solito con quella bocca aperta e lo sguardo vacuo di chi ha bisogno che le cose gliene spieghino per bene perché non ce la fa davvero ad arrivarci da solo. Ebbe invece un moto di compassione per la sposa, c’erano degli schizzi di vino che le avevano macchiato di rosso l’abito e aveva tracce di purè tra i capelli. Fu alla sua salute che brindò ingurgitando il secondo bicchiere di Whiskey, prima di alzarsi dalla sedia dov’era rimasto seduto per tutto quel tempo. L’intenzione era raccattare lo stupido eroe e andarsene, ma anche smaterializzarsi e mollarlo lì non era poi una cattiva idea. Era semplicemente ridicolo che avesse pensato davvero di poter sopportare tutto quello. Era evidente che il matrimonio fosse rovinato, perché era impossibile che le due famiglie riuscissero a convivere serenamente e di certo non avrebbero iniziato a farlo proprio mentre si lanciavano addosso stoviglie e insulti di varia natura, tutti per altro molto coloriti. E non aveva nessuna intenzione di rischiare di rovinare l’abito di sartoria con della becera e volgare salsa al pomodoro. Stava quasi per raggiungere lo spettinato con tutta l’intenzione di trascinarlo via per un braccio, quando notò di sfuggita la signora Twist e istintivamente i suoi passi si bloccarono. In tutta la sua vita, Draco non aveva incontrato molti maghinò: il solo che avesse conosciuto era Gazza, a scuola. Non che fosse un ottimo rappresentante della categoria, sia chiaro. Un tempo lo aveva persino insultato e ancora oggi, nonostante tutto, non se ne pentiva perché era un insopportabile idiota. Aveva sempre guardato quella gente dall’alto in basso alla stessa maniera di come aveva per anni trattato i babbani: come se il fatto di avere la magia lo rendesse ovviamente superiore. Quando la guerra era finita e aveva smesso di essere un Mangiamorte, aveva iniziato a rendersi conto di come dovesse essere la vita di simili individui e si era ritrovato a provare pietà per loro. Come doveva essere nascere senza alcun potere in una famiglia di maghi? In quei frangenti, mentre un piatto di antipasti gli volava sopra la testa e si sfracellava a terra sotto gli occhi interdetti dei camerieri del ristorante, che chiaramente stavano segnando tutto ciò che quei pazzi stavano rompendo, si domandò se la signora Twist avesse dei fratelli o delle sorelle e se quelli, contrariamente a lei, fossero dotati di poteri magici. Per un istante gli venne voglia di sapere di più su quella donna, il che era ridicolo se si considerava dove si trovava e che una voce nella sua testa gli urlava di scappare a gambe levate. Probabilmente sarebbe stato più saggio prendere la porta e andarsene, ma Draco Malfoy aveva smesso di fare scelte sensate nell’istante esatto in cui si era reso conto di amare Harry Potter.
«Ti sconsiglio di rimanere lì in piedi, ragazzo» aveva detto lei, senza alzare gli occhi dal piatto. La signora Twist se ne stava seduta in maniera composta e pacificamente tagliuzzava una patata, mettendone in bocca un pezzettino alla volta non prima di averlo intinto per bene in una salsina bianca. Pareva del tutto incurante di quello che le stava accadendo attorno, quasi già sapesse come sarebbe andata a finire e trovasse l’affannarsi di chi vorticava per la sala correndo alla più non posso dietro al proprio figlio o al proprio marito, piuttosto ridicolo. In effetti lo era, si rese conto notando come Harry stesso fosse stato braccato da uno scozzese alto più di due metri, palesemente ubriaco, che aveva iniziato a urlargli in faccia. Per non parlare poi di quelli che erano saltati in piedi sui tavoli e che avevano iniziato a cantare a squarciagola; quelli erano addirittura incomprensibili.
«Siedi qui accanto a me, giovanotto» disse di nuovo la signora Twist, alzando di poco il volto così tanto da indicargli con un cenno la sedia vuota accanto a lei. Non sorrideva e Draco si era convinto che non lo facesse davvero mai, aveva un viso arcigno accentuato da quel naso adunco, dalle labbra sottili e il mento affilato. Malfoy si ritrovò a obbedirle senza neppure battere ciglio, lasciandosi cadere al suo fianco e rilasciando un pesante sospiro che in effetti parlava al posto suo.
«Potrei pensare che abbia doti di preveggenza, signora, considerato che il finimondo è esattamente quel che è accaduto.»
«Non essere sciocco» borbottò lei, chiedendogli gentilmente di allungare in sua direzione una brocca piena di vino. Draco lo fece, versando un po’ di rosso nel suo bicchiere e lei si bagnò le labbra con un paio di sorsi, prima di dedicarsi nuovamente al cibo che aveva davanti. Questa volta attaccò un pezzo di carne che mangiò avidamente.
«Non serve di certo la magia per sapere che la famiglia di Melissa e quella dei Dursley si odiano. Certo però se avessi una bacchetta come quella che ti spunta dalla giacca, giovanotto, è sicuro che lancerei una qualche fattura a quella specie di limone ambulante che si accompagna a quell’antipatico cagnetto.» Neppure quella volta sollevò lo sguardo da dove lo teneva ancorato, a Malfoy comunque non servì che specificasse di chi si trattava o che indicasse apertamente con la punta di un dito. Le era bastato accennare col capo al donnone che, un paio di tavoli più in giù, rifilava salsicce al proprio cane facendolo di soppiatto, forse nella speranza di non farsi vedere da nessuno. Zia Marge, naturalmente e chi altri?
«Sai, mia sorella gemella è andata a Hogwarts, così come mio fratello più grande e mi hanno raccontato di certe fatture che ti riempiono la faccia di pustole, beh, a mio parere quell’arpia se ne merita di peggiori.»
«Sono perfettamente d'accordo» mormorò Draco, stirando un sorriso mellifluo. A riguardo comunque aveva già cambiato idea. Non era più propenso a usare l’incantesimo della pastoia, invece una bella fattura orcovolante che le avrebbe riempito la faccia di mostriciattoli, non sarebbe stata affatto male.
«Ma temo non ci sia permesso fare incantesimi sui babbani, non di questo tipo almeno e il mio fidanzato è un auror e mi sbatterebbe in galera se solo ci provassi. Per non parlare dei guai che passerebbe lui se il ministero lo venisse a sapere.» Sì, era questa la versione ufficiale o comunque la frase con la quale tentava di convincere se stesso di non voler cruciare l’intera famiglia di Harry, così da farli tacere una volta per tutte. Che poi non era neppure una scusa così assurda. In fondo era pur sempre un ex Mangiamorte e se avesse cominciato a torturare babbani, probabilmente la gente avrebbe pensato che non era cambiato affatto rispetto al passato e che il povero eroe di guerra era stato raggirato per tutto quel tempo. Il mondo dei maghi era pieno di pettegoli e malelingue, questo era certo e la loro relazione all’inizio non era stata ben vista dalla maggior parte di coloro che al ministero non avevano mancato di parlare alle spalle di Harry e Draco. Non che gliene fosse mai fregato qualcosa, s’intende, ma ad ogni modo non poteva sfoderare la bacchetta. Era sicuro però che volesse pietrificare chiunque in quella sala più di qualsiasi altra cosa al mondo. Anche per questo aveva deciso di andarsene, meglio la fuga che una litigata seria con Potter. Da quella non si sarebbe di certo salvato e non voleva rischiare di deluderlo: c’erano cose peggiori della prigione e gli occhi verdi di Harry Potter pieni di delusione lo avrebbero perseguitato in eterno.
«È un bravo ragazzo» disse d’improvviso la signora Twist, guardandolo con una punta di dolcezza «e ti ama davvero molto.»
«Lo so» annuì Draco e nel mentre non era riuscito a non far volare gli occhi su di lui. Stava ancora discutendo con quell’omone ed era una scena piuttosto comica, perché quel tizio barcollava vistosamente e gli puntava contro un dito come se lo stesse minacciando. Non capiva quello che si stavano dicendo perché il chiasso era davvero troppo elevato, ma era probabile che Potter stesse tentando di convincerlo a sedersi a bere un bel bicchierone d’acqua e questi non ne volesse sapere. Stupido eroe, pensò stirando un sorrisino.
«E da quel che vedo, anche tu lo ami con altrettanta intensità.»
«Tzé, con altrettanta intensità» sputò, quasi ridendo. «Perché crede che sia venuto qui oggi? Per quante persone pensa farei una cosa del genere?» le domandò quindi. Forse era stato più brusco di quanto non volesse, ma le espressioni della signora Twist non davano segno che si fosse risentita. Ancora lei lo fissava dritto negli occhi e questa volta non riuscì a non distinguere un baluginio di dolcezza su quel viso solitamente severo. Si sentì quasi imbarazzato, come se non riuscisse ad affrontare la maniera indagatrice e quasi malinconica con cui lei lo stava fissando. Quindi decise di deviare gli occhi altrove, preferendo fissare il vaso di fiori che fungeva da centrotavola. Rimase un paio di istanti a guardare le calle sistemate per bene una accanto all’altra, ma a un certo punto le parole gli uscirono dalla bocca e basta, come se confessarsi con quella donnetta fosse la cosa più naturale del mondo: «Non potevo permettere che affrontasse da solo la sua famiglia, perciò sono qui. Harry è cresciuto con i suoi zii ed è vero che ha ricucito il rapporto con suo cugino negli ultimi anni, ma i Dursley a mio modo di vedere restano persone orribili. Quando viveva con loro facevano e dicevano cose che un bambino non dovrebbe subire.»
«Non fatico a crederlo» borbottò quella donna, riprendendo serenamente a mangiare «quella sottospecie di limone marcio, laggiù… Marge mi pare si chiami ed è la sorella di Vernon. Ad ogni modo le ho sentito dire delle vere e proprie amenità. Non c’è bisogno di sapere che Harry Potter è un eroe o di conoscere la sua storia tragica, per rendersi conto di quanto è gentile. Un ragazzo tanto buono non merita che una tizia con la puzza sotto al naso, le cui mani odorano di cacca di cane gli dica contro certe cose. No, davvero.»
«Cos’ha detto?» si azzardò a chiedere Malfoy. Forse la risposta non la voleva davvero sapere ed era meglio non indagare, ma le parole gli scivolarono ugualmente fuori dalla bocca.
«Non ripeterò nessuna di quelle amenità, giovanotto, sono una signora per bene, io» concluse a voce un po’ più alta del normale come se volesse farsi sentire. Draco non credeva ci fosse riuscita, c’era troppo caos là dentro tra gente che urlava e quella dannata cornamusa che per altro aveva ripreso pure a suonare.
«Ah, glielo dirò a Mary Ann comunque. “Con chi accidenti ti sei imparentata, mia cara?” Proprio così le dirò. “Ti sei presa in casa gente omofoba e senza cuore” aggiungerò poi, perché è questo che sono.» E detto questo, la signora Twist riprese a mangiare la propria patata, ignorandolo come se non fosse davvero più seduto accanto a lei.

 


Harry Potter era chiaramente stato messo alle strette, Malfoy si ritrovò ad annotare mentalmente di ricordarselo perché non era il tipo di cosa che si vedeva tutti i giorni. Peccato non avesse portato con sé una macchina fotografica magica, perché vederlo schiacciato contro a un muro da uno scozzese grande e grosso che lo minacciava con una bottiglia vuota di Whiskey, era quasi divertente. Per attimo o due rimase appoggiato al muro, poco lontano da dove stava Harry e, a braccia conserte, lo guardava con aria furba. Lui, lo notò che Draco già stava sogghignando per il divertimento. Con le labbra lo vide mimare un: “Aiuto” pure un tantino disperato. Gli occhiali gli erano scivolati sul naso, il cravattino era storto mentre la giacca era stropicciata. Lo scozzese, facendo subito caso al suo tentativo di fuga, mollò a terra la bottiglia e lo strinse per il collo. Ecco, quello non gli piacque granché. Lui era il solo a poter mettere al muro Harry Potter, era ora che quell’energumeno lo sapesse.
«Ti serve una mano?» chiese, beffardo. Per fortuna quel mezzo gigante non sembrava averlo sentito, era troppo impegnato ad alitare in faccia a Potter insulti irripetibili col suo marcato accento scozzese per dar retta a lui.
«Ti prego» lo sentì supplicare, intanto che questi stringeva il suo collo con una discreta forza. Per Salazar, avanti di quel passo lo avrebbe ucciso e, beh, nonostante lo avesse trascinato in mezzo a quel delirio ancora lo amava quindi non poteva proprio permetterlo. Draco sospirò, intanto che arricciava il naso alla ricerca di un modo per liberarsi del problema. Non poteva usare la magia: c’erano troppi babbani presenti e se quelli del ministero avessero saputo che avevano davvero lanciato un incantesimo su un innocente, Potter sarebbe finito nei guai. Quindi iniziò a vagliare l’ipotesi di usare la forza, ma il problema era che Draco non era mai stato un tipo fisico, non nel senso brutale del termine. Se si parlava di cazzi allora lo era eccome, ma quando c’erano in ballo risse e cose del genere, senz’altro il suo ragazzo era il più adatto a prendere a cazzotti qualcuno. Tutti quegli allenamenti da auror lo avevano portato ad avere un bel paio di braccia muscolose e pugni duri come pietre. E poi quel tale col kilt era alto almeno quindici centimetri più di lui e con la sua mole fisica lo avrebbe schiacciato così come Hagrid avrebbe fatto se si fosse seduto su un insetto stecco; insomma non avrebbe fatto una bella fine. Il che voleva dire che avrebbe dovuto usare l’astuzia, perfetto: la sua specialità. Allungò il proprio bastone in direzione di quell’uomo, picchiettando la sua spalla con un paio di colpetti. Questi si voltò di scatto, mollando la presa sul collo di Potter e iniziò a guardarlo con aria confusa.
«Signore, ho bisogno del suo aiuto» disse con voce fintamente allarmata, facendo cenno all’energumeno di avvicinarsi. Lo vide barcollare verso di lui e per un attimo ebbe il timore che gli finisse addosso. Quando gli fu sufficientemente vicino, e abbastanza stabile, dovette alzarsi appena sulle punte dei piedi per arrivare al suo viso e quando ci riuscì abbassò la voce di modo che potesse sentirlo soltanto lui.
«Quella donna laggiù, quella vestita di giallo, la vede? Beh, l’ho sentita insultare la Scozia poco fa e dire che in quel paese ci sono usanze tribali e stupide. Ho pensato che un patriota come lei dovesse saperlo, sa io sono scozzese da parte di madre e non posso proprio sentire simili amenità sulla mia nobile patria. Amo troppo la nostra bella bandiera per vederla insultata in quella maniera e…» Ma non fu necessario che aggiungesse altro, l’uomo gli mise una mano sulla spalla come a volerlo rassicurare di chissà che cosa e marciò a passo risoluto verso un’ignara zia Marge, la quale venne praticamente investita da un fiume di urla senza senso da un momento all’altro. Con una mossa sola aveva preso i famigerati due piccioni con una fava, aveva salvato il culo dell’eroe del mondo magico e si era vendicato, beh almeno in parte, di zia Marge.
«Stai bene, Harry?» chiese subito, accorrendo verso di lui pur senza troppa fretta. Grazie a Merlino sembrava tutto a posto: si era rimesso in piedi, sistemato gli occhiali sopra al naso e aveva cominciato a massaggiarsi il collo dolorante.

«Mh» lo sentì mugugnare intanto che riprendeva fiato.
«Si può sapere che gli hai fatto per farlo arrabbiare così? Non dirmi che hai insultato anche tu la Scozia come tua zia Marge?»
«Zia Marge ha insultato che cosa?» replicò Harry confuso «è questo che gli hai detto per farlo correre verso di lei come una furia?»
«Ah, non lo so se lo ha fatto davvero» replicò Draco facendo spallucce. Lo aveva fatto? E chi lo sapeva! «Offende te da tutta la vita, non mi sembra così assurdo che abbia detto qualcosa del genere anche sui nostri amici col gonnellino e il bicchierino facile.» Potter lo guardò come se volesse rimproverarlo per aver scatenato l’ira dello scozzese ubriaco contro una persona che non era davvero colpevole, non di quello almeno, al tempo stesso però i suoi occhi brillavano di un qualcosa che non sembrava essere tanto del divertimento, quanto della sincera ammirazione.
«Ammetto comunque che è stata una mossa astuta, Draco, sei sicuro di non essere anche un po’ un Corvonero?» No, un momento… Lui era che cosa? Si scandalizzò, portandosi una mano al petto come se stesse per svenire. Fermi tutti. Non poteva avergli dato davvero del Corvonero, giusto? Lui? Draco Malfoy? Il Serpeverde più Serpeverde di tutti? A parte che quando era stato smistato al primo anno, il cappello parlante ci aveva impiegato due secondi netti per dichiarare “Serpeverde” come sua casa di appartenenza. E poi, andiamo, quelli di Corvonero se non erano dei secchioni irriducibili erano più strambi della Cooman, insomma era gente che passava i pomeriggi a indovinare la parola d’ordine da un batacchio arrogante, e lui avrebbe dovuto essere uno così? Quelli non erano del tutto a posto col cervello, se n’era sempre detto sicuro.
«Ti faccio presente, Grifondoro dei miei calzari, che noi Serpeverde siamo astuti: è una caratteristica della nostra casata. Chiedi al tuo amico cappello parlante, se non ho ragione» aggiunse infine, serrando la presa sul bastone che teneva con una mano intanto che con l’altra gesticolava apertamente. Aveva voglia di darglielo sulla testa e farlo tacere per sempre, o di chiamare di nuovo quel tizio e farlo pestare ancora un pochino. Se lo sarebbe meritato in effetti, soprattutto perché era sicuro che Harry lo avesse detto soltanto per stuzzicarlo. E, bah, in effetti iniziava sempre così tra loro. Qualche insulto blando, una o due frecciatine a effetto e poi lo facevano come ricci contro il tavolo della cucina. A ben vedere, quel luccichio nei suoi occhi forse non era semplice ammirazione, probabilmente voleva ben altro. D’altronde il suo ragazzo era sempre stato un po’ triviale nei modi di fare, la sua idea di preliminari le prime volte comprendeva una scazzottata che Draco finiva ovviamente per perdere. Non che essere schiacciati sotto il corpo tonico di un uomo corrispondesse esattamente alla sua idea di “Perdere”, eh. Quel giorno non sembrava poi tanto diverso dal solito, la differenza riguardava la questione del veto, solo che nessuno di loro ne aveva più parlato. Poteva rischiare di fingere di dimenticarsene e semplicemente fare come se non fosse mai accaduto nulla? Magari Potter se n’era scordato lui stesso e sarebbe finita che quella fugace scopatina che avrebbero fatto una volta tornati a casa… no un momento, altro che fugace, quella sana e lunga scopata che avrebbero fatto una volta entrati nella loro camera da letto, sarebbe stato il premio per aver tollerato tutti quei babbani e non averne ucciso nemmeno uno. Al pensiero sorrise, salvo poi rendersi conto di dove si trovava: doveva evitare di pensare a certe cose o lo sciattone spettinato se ne sarebbe accorto. E non poteva davvero fare la figura di quello che proibisce qualcosa e poi non rispetta le proprie leggi. Quindi riprese la sua consueta espressione disgustata e incazzata col mondo e sputò le solite parole acide.
«Senza un minimo di intelligenza e furbizia non riusciremmo mai a raggiungere gli obiettivi che ci poniamo. Nel caso specifico del salvarti il culo, beh, non potevo prenderlo a pugni né tantomeno schiantarlo, quindi ho optato per deviare le sue attenzioni… E comunque tua zia non mi piace affatto e neppure a te, San Potter!»
«Già, non è esattamente la mia persona preferita al mondo» borbottò lui portando gli occhi sulla suddetta Marge. Su quel fronte, la situazione era cambiata all’improvviso: l’uomo scozzese che fino a un attimo prima sembrava una montagna insormontabile d’un tratto era crollato a terra svenuto. Probabilmente era in coma etilico o qualcosa di simile, analizzò notando che comunque respirava ancora. E il già citato limone marcio stava pure sogghignando in maniera maligna, intanto che il suo delizioso cagnolino si era affrettato a correre verso il viso di quel poveraccio, prendendo a leccargli avidamente la faccia.
«Sembra che le sia andata bene» ammise Draco, intanto che Marge si guardava attorno e individuava in loro gli oggetti principali del suo odio. Aveva assottigliato gli occhi e serrato le labbra, il naso le si era arricciato come se avesse d’improvviso sentito un cattivo odore. Forse era l’olezzo della sua anima putrescente, pensò con odio. Quello di cui poteva dirsi sicuro, era che aveva una gran voglia di dirgliene quattro.

 

Draco non era mai stato propenso a difendere le ingiustizie, in una coppia era sufficiente un bravo ragazzo alla volta e il suo, di eroe, valeva per almeno cento Grifondoro. In tutta la sua vita non si era mai sentito in dovere di mettere a posto le cose, di dare voce a chi non ne aveva così come di sanare i problemi altrui. Poi la guerra era finita, Voldemort era caduto assieme a tutti i suoi valori e Malfoy aveva cominciato lentamente a riconsiderare se stesso e soprattutto le proprie convinzioni. Era un po’ come la faccenda dei maghinò o del rendersi conto che l’avere dei poteri non ti rendeva migliore di qualcuno, col tempo aveva iniziato a provare pena per certe persone. E dalla pena era passato alla compassione e, di tanto in tanto, al desiderio di aiutare. Aveva iniziato con sua madre, che durante il processo era come caduta in una sorta di tristezza inconsolabile, dandole una mano come poteva. Con lei però era stato piuttosto facile, oltre che naturale perché era sua madre e ovviamente l’amava. Quando però aveva cominciato a provare lo stesso sentimento anche per Harry Potter, aveva capito di essere cambiato, almeno in minima parte. D’improvviso si ricordò di tutte le storie che gli aveva raccontato, molte delle quali riguardavano la sua infanzia. Sapeva bene di quella faccenda avvenuta prima dell’inizio del terzo anno, quando aveva usato della magia involontaria su sua zia, gonfiandola come una mongolfiera. Si ricordò delle parole della signora Twist, la quale aveva definito quella donna come un’omofoba dalla cui bocca non usciva altro che veleno e allora un forte senso di giustizia gli divampò dentro al petto come un incendio. No, Draco Malfoy non era un Grifondoro e non lo sarebbe neanche mai stato. Il suo carattere spigoloso e sarcastico non era mutato tutto ad un tratto, però amava abbastanza Harry Potter da non sopportare chiunque lo trattasse male e se c’era una cosa che sapeva fare era essere fedele a chi amava davvero. Fu per questa ragione che, stretto il bastone sotto al braccio, marciò in direzione di zia Marge. Le si parò davanti notando quanto lei poco si fosse aspettata così tanta determinazione da parte di un qualcuno che in fondo non conosceva. Aveva sgranato appena gli occhi, riprendendo però immediatamente un certo contegno. Dalla propria, Draco non aveva soltanto tutta la leggendaria stronzaggine di famiglia, ma anche una discreta altezza con la quale si ritrovò a fronteggiarla. Lei, in tutta risposta, aveva fatto schizzare un sopracciglio verso l’alto mentre sollevava di poco il viso. C’era derisione tra le sue espressioni, le labbra le si erano tese in un ghigno malvagio e gli occhi sottili saltellavano tra lui ed Harry.
«Qualcosa da ridire?» gli chiese, quasi sfidandolo.
«Oh, sono molte le cose che vorrei dirle, signora.»
«Tu» replicò invece lei, categorica, voltandosi verso Harry e schioccando le dita in sua direzione come se stesse chiamando un cane. Draco si ritrovò molto più che infastidito, quasi schiumava di rabbia. Non soltanto si era permessa di ignorare un Malfoy, ma neppure chiamava suo nipote per nome, trattandolo peggio di come faceva avrebbe fatto con uno sconosciuto e ora che ci faceva caso neanche lo guardava mai negli occhi. Aveva soltanto agitato una mano e, da come aveva parlato, era chiaro che non nutrisse alcun rispetto.
«Di’ al tuo… amico di non scocciarmi.»
«Il mio nome, signora, è Draco Malfoy» le aveva fatto presente, carico di una grazia strabordante non soltanto di sarcasmo, ma anche di quel disgusto verso il prossimo, che solitamente era un’arma micidiale. «E inoltre, gradirei che si rivolgesse a mio marito chiamandolo per nome.» Mio… Per Salazar, l’aveva detto! Cazzo, cazzo e ancora cazzo. Calmo, pensò, stai calmo! Non sudare e non innervosirti neanche. Magari Harry non lo aveva sentito, non che avesse davvero il coraggio di voltarsi verso di lui per rendersene conto. Decise per la nonchalance, che alla fine era quello che gli veniva meglio.
«Ma-marito?» balbettò Marge; era chiaro che quello non se lo fosse aspettato, perché faceva vagare gli occhi dall’uno all’altro, come se volesse accertarsi di aver sentito bene.
«Esatto!» tuonò con una punta di cattiveria mescolata a determinazione. «Ed è inoltre un uomo gentile e premuroso, è meravigliosamente dolce, simpatico e, non che gliene freghi qualcosa, anche uno straordinario amante.»
«E questo dovrebbe farmi cambiare opinione su voi altri?» replicò lei, ripulendosi il viso con un tovagliolo. Quando si trattava di insultare tutto lo sbigottimento se ne andava via come per magia, eh. Sta stronza… «Siete due deviati e anche due poveracci, ah, ma lo avevo detto io a Petunia di non invitarti e invece Dudley ci teneva così tanto. Chissà poi perché… Scommetto che gli abiti che indossate o la lussuosa macchina che guidate li avete rubati. Vernon mi ha detto che suo nipote è una specie di criminale, non che mi sia mai aspettata qualcosa dal figlio di un nullafacente come quel Potter e di una poco di buono come sua madre.» Al suo fianco, Harry aveva serrato i pugni in due morse strette e Draco non era del tutto sicuro che la sua magia non sarebbe esplosa di lì a poco. Il solo motivo per cui quella Marge non si stava di nuovo gonfiando era perché Potter era un mago adulto e ben allenato a gestire i propri poteri e a incanalare la rabbia nella giusta direzione. Questo, però, non gli aveva impedito di fare un passo in avanti come se facesse fatica a stare fermo. Lui, senza neppure voltarsi a guardarlo, ma percependo unicamente la sua magia vibrare così come il suo corpo, aveva in tutta fretta stretto una mano nella propria, intrecciando le loro dita le une alle altre. Harry non aveva parlato, ma la sola ragione per cui non lo aveva fatto era perché Malfoy lo aveva preceduto.
«Giusto perché lei lo sappia, signora, sono di stirpe nobile e dirigo le imprese di famiglia. Ogni anno guadagno onestamente più di quanto lei possa mettere insieme in una vita intera mentre Harry, oltre a un bel lavoro al ministero ottimamente pagato, ha anche un sacco di soldi che i suoi genitori (che no: non erano nullafacenti) gli hanno lasciato in eredità. Non che le ricchezze contino più della bontà dell’animo di una persona, ma dato che lei insinua e accusa, allora non ho potuto fare a meno di trattenermi.»
«E io dovrei credere a un f…»
«Adesso basta!» intervenne Harry; la sua voce era pacata ma la maniera vigorosa con la quale stava stringendo la sua mano, indicava che non era per nulla tranquillo. Oltretutto, la fermezza che trasudava da ogni poro della pelle lasciava intendere quanto determinato fosse. «Ho tollerato per anni i tuoi modi di fare, ma adesso è ora che tu la smetta. I miei genitori erano persone perbene e hanno dato la vita per me. Non sono mai stati delinquenti o nullafacenti e io non sono mai andato a Saint Bruto, ma in una scuola per ragazzi e ragazze particolarmente dotati. Quello che dovresti chiederti, è se zio Vernon ti ha mai detto la verità su di me. Per fortuna non sarò presente quando gli domanderai spiegazioni, dato che sono più costretto ad avere a che fare con te. Andiamo?» concluse, rivolgendosi direttamente a Draco che annuì senza proferire parole. Si erano già voltati e avevano fatto pochi passi, quando non riuscì a trattenersi dal guardare indietro. Le espressioni che aveva trovato sul viso di zia Marge erano molto diverse da come se le era aspettate. Non sembrava stupita, non imbarazzata né pentita e non stava fissando entrambi in maniera beota come aveva sperato facesse, neppure aveva un’aria commossa e dispiaciuta. Aveva semplicemente ripreso il proprio normale atteggiamento, alzando un sopracciglio come se avesse appena sentito un mare di sciocchezze e fissando entrambi con aria disgustata. Fu allora che una consapevolezza attraversò d’improvviso la mente di Malfoy e che si rese conto del fatto che non sarebbe stato granché diverso da zia Marge, se Harry Potter non si fosse innamorato di lui. Se non lo avesse conosciuto come era riuscito a fare da dopo la fine della guerra non sarebbe mai diventato chi era adesso. Un uomo con un passato oscuro e tanti, troppi errori commessi, ma al tempo stesso un qualcuno disposto ad ammettere i propri limiti e ad andare avanti costruendo qualcosa di nuovo e di bello. Come sarebbe finito senza di lui? Sarebbe cambiato o sarebbe rimasto il Mangiamorte di un tempo? E guardando Harry Potter avrebbe avuto quello stesso disprezzo che ora zia Marge mostrava con tanta spavalderia? Forse sì, pensò. Magari in un certo senso il suo eroe lo aveva salvato. Nel capirlo, intanto che riprendeva a camminare, il fiato gli mancò e, istintivamente, aumentò la stretta sulla sua mano.


Harry volle fermarsi a salutare un paio di persone prima di andarsene. La prima fu la signora Twist, che questa volta stava azzannando una bella salsiccia e che baciò entrambi sulle guance prima di far promettere loro che la settimana successiva sarebbero passati su da lei a prendere un tè. Quindi fu la volta di Dudley e della sposa, i quali si erano appartati nel giardino sul retro del ristorante e che parevano quasi arresi. Uscendo, Harry e Draco avevano visto chiaramente Petunia e Mary Ann con gli abiti sporchi e in disordine, lanciarsi addosso resti di cibo, così come aveva notato Vernon prendersi a panciate con il padre della sposa. La sala era un disastro, chi aveva smesso di gridare si era seduto di nuovo, altri erano invece usciti in giardino a fumare o semplicemente a prendere un po’ d’aria. Il resto era collassato qua e là perché troppo sbronzo anche solo per capire che accidenti fosse successo. Nessuno però sembrava avere più voglia di festeggiare ed era quasi sicuro che qualcuno se ne fosse già andato. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Malfoy ebbe pietà di Dudley Dursley. Era un idiota ed era vestito come un uovo di Pasqua andato a male, ma nessuno meritava che il proprio matrimonio venisse rovinato in quella maniera dalla propria stessa famiglia. Quando gli strinse la mano, si disse immensamente dispiaciuto di com’erano andate le cose e promise a entrambi che lui e Harry li avrebbero presto invitati a cena così da poterne finire almeno una in tutta tranquillità. Dopo di allora Potter aveva iniziato a guardarlo con un sorrisino compiaciuto, che era probabile se ne fosse rimasto lì per tutta la mezzora che ci avevano messo per filarsela, ma del quale si rese conto soltanto dopo che era montato a bordo dell’auto. Che aveva da ridere tanto? Non doveva essere perché i capelli biondi gli si erano macchiati di sugo intanto che attraversavano il salone e sicuramente non perché aveva ancora schizzi di purè sulla guancia sinistra. Draco comprese il perché quando i suoi occhi verdi si addolcirono all’improvviso, ma certo: adesso era tutto più chiaro, era perché aveva compiuto un gesto disgustosamente buono.
«Non guardarmi in quel modo, Potter e guida» sibilò, acido, tirando fuori la bacchetta e dandosi una pulita. «Grazie a Merlino questa giornata assurda è finita» borbottò di nuovo, facendo però caso al fatto che lui ancora non aveva acceso il motore. Ancora lo fissava e aveva le mani sul volante e gli angoli della labbra curvati verso l’alto.
«Che c’è? Ho qualcosa in faccia?» chiese, guardandosi nello specchietto, ma senza trovare nulla fuori posto. Era uno schianto come al solito, a parte le occhiaie che gli arrivavano sino ai piedi e che lo stress gli aveva fatto venire. Harry non rispose nemmeno allora, ma perché era sempre più propenso ad agire che parlare quando c’era troppo che voleva esprimere. Nonostante tutto era ancora un balbettante e bavoso idiota che si sbrodolava col tè quando qualcuno gli faceva un complimento. Quindi non parlò, lo baciò e basta. Con quell’ardore così tipico di lui, che portò Draco a stringerlo per la vita e ad attirarlo a sé con impeto intanto che affondava la lingua nella sua bocca. Ecco perché lo amava, si ricordò. Perché lo sorprendeva e lo baciava come se fosse il solo uomo sulla terra a essere degno d’essere baciato. E forse a un certo punto Draco doveva avergli infilato una mano tra i capelli, spettinandoli più di quanto già non fossero. E altrettanto probabilmente lo aveva fatto perché in fondo quel suo disordine un po’ caotico e un po’ sexy faceva impazzire i suoi ormoni.
«E questo per che cos’era?»
«Anch’io ti voglio sposare, Malfoy» gli rispose, scompigliando adesso i suoi capelli sino ad allora perfettamente pettinati e ingellati, causandogli così facendo un moto di disgusto e fastidio.
«Ti sei rimbecillito?» replicò, acido, tirandosi indietro e accomodandosi meglio sul sedile «non te l’ho chiesto, Potter, volevo solo zittire quella scema di tua zia e a quanto pare ci sono riuscito. Tu hai usato il blasone della mia famiglia, come se te ne fosse mai importato qualcosa e io ho questo. Non farne un dramma.»
«D’accordo, come vuoi. In effetti è vero, era soltanto un espediente per far tacere zia Marge. Hai ragione» concluse Harry, facendo spallucce e infilando le chiavi prima di far rombare il motore della Spider, che poi era una Ford Anglia e non sapeva perché ci stesse pensando in quel momento né per quale motivo le sue mani tremassero o perché fosse sembrato così tanto brusco. Non voleva essere sgarbato né tantomeno ferirlo ed era praticamente sicuro che ci fosse rimasto male, almeno a giudicare la maniera con la quale si era zittito. Durante tutto il viaggio fino alla casa degli Weasley erano infatti rimasti in silenzio, con la sola radio a suonare qualche canzone babbana che in fin dei conti non era poi così spiacevole. Una volta giunti alla Tana si erano defilati abbastanza in fretta, rifiutando un invito a bere il tè di Molly e sostenendo che nonostante se ne fossero andati via prima, erano molto stanchi. Harry aveva accennato al fatto che il matrimonio era finito in un completo disastro e a quel punto l’interesse del signor Weasley si era tanto acceso, che aveva iniziato a tempestarlo di domande e non permettere loro di smaterializzarsi. A quanto pareva, voleva sapere se tutti i matrimoni babbani finissero in quel modo. Non che a Potter fosse andato davvero di rispondergli, aveva borbottato qualcosa sul fatto che le due famiglie non si sopportavano e che perlopiù per i babbani i matrimoni erano molto simili a quelli dei maghi. E poco altro, Draco aveva finito un mezzo svenimento per potersela filare. Quindi entrambi si congedarono. 

 

Era stata una giornata lunga e faticosa e quella mezza discussione avvenuta in auto ora pesava tra loro come un macigno. Non ne avevano realmente mai parlato, neppure dopo esser tornati a casa. Una volta lì avevano pensato soltanto a farsi entrambi un bel bagno caldo e a bersi una tazza di tè fumante. Harry aveva passato un buon quarto d’ora chino sullo scrittoio e poi aveva inviato un gufo a Hermione, probabilmente per raccontarle quello che era accaduto e poi lo aveva visto sonnecchiare sul divano. Fu verso l’ora di cena che successe. Draco se ne stava in cucina, si era convinto che un po’ di brodo fosse l’ideale quella sera, a pranzo non avevano mangiato granché, ma avevano bevuto molto ed entrambi avevano bisogno di mettere qualcosa di caldo nello stomaco. Si era rifiutato categoricamente di avallare il pensiero di star parlando come la signora Weasley e a prova di ciò, non aveva incantato le stoviglie come invece faceva sempre lei, ma aveva iniziato a tagliuzzare verdure armato di coltellino. Non seppe di preciso come successe e ancor meno era certo del perché fosse accaduta una cosa del genere. Sapeva solo che stava pelando una carota quando si era accorto che quel silenzio proprio non lo sopportava più. E allora aveva sbottato.
«E va bene!» esclamò, facendo sussultare Harry il quale se ne stava seduto al tavolo a leggere la gazzetta che Bingley aveva portato quel mattino. La carota che aveva tra le mani cadde a terra, rotolando lontana. «Ci ho pensato, d’accordo?»
«A cosa?» chiese lui in risposta, assottigliando lo sguardo con fare indagatore. Oddio, ma perché ci stava insieme se era così lento a capire?
«Sveglia, Potter, al matrimonio. Di che abbiamo discusso prima in auto? Di me e te che ci sposiamo. Sì, ho detto a tua zia Marge che siamo sposati e ultimamente non ho fatto che chiedermi come sarebbe se noi due… Cioè, non so nemmeno se possiamo farlo! Non ho mai visto matrimoni gay tra i maghi. Però ci ho pensato perché lo desidero e ti devo anche dire anche che quella storia del veto… non ero serio, volevo solo stuzzicarti e farti arrabbiare. Perché mi hai fatto passare una giornata infernale, Potter, tra babbani stupidi, con i tuoi zii che ci insultavano e tutti che ci guardavano come se avessimo due teste ciascuno. Dovevi patire un pochino, ti pare che non te la faccio pagare per qualche ora?» Draco ansimava, ma per una volta non era a causa del sesso. Aveva il fiato corto, le guance gli si erano arrossate e per una volta non era colpa dell’alcol che aveva in corpo. Era un po’ imbarazzato e anche spaventato, tremò quando vide la Gazzetta del Profeta depositarsi in un soffio leggero sul tavolo da pranzo e sussultò nell’attimo in cui sentì il rumore della sedia che strideva. Dovevano proprio metterci dei feltrini là sotto, pensò assurdamente intanto che Harry Potter gli si avvicinava a passo lento. Non c’era furbizia in lui né malizia o un qualche senso di vittoria, non sarebbe stato da lui sbattergli in faccia che aveva ragione. Almeno non adesso, non su una questione così seria. Lo abbracciò soltanto perché, di nuovo, il suo ragazzo ancora non era bravo con le parole. E quando lo baciò, e poi lo strinse, Malfoy si rese conto che c’era qualcosa di diverso nel modo in cui lo faceva. Era dolce e appassionato come al solito, ma più consapevole. Come se un’energia diversa ora scorresse tra loro.
«Tu lo sapevi già, non è vero?» gli chiese dopo aver appoggiato la testa sulla sua spalla. Non stavano davvero ballando, ma Harry aveva acceso la radio prima e in un paio di occasioni Draco si era persino ritrovato ad agitare il sedere a destra e a sinistra. Ora andava una musica lenta, niente di pomposo o antico, soltanto una melodia dolce e delicata, così come il tocco delle mani forti di Harry che lo stringevano per la vita.
«Cosa? Che sei un coglione? Lo so dal giorno in cui ti ho conosciuto, Malfoy.»
«No, intendevo del: “Niente sesso per una settimana”. Lo sapevi che non ci credevo neppure io?»
«Ma ovviamente, così come sapevo che avresti trovato un modo per aggirare le regole a tuo vantaggio, è tipico tuo fare così. Lo hai sempre fatto e comunque non ci sapresti stare una settimana senza sesso, questo è praticamente certo.» Forse in un altro momento avrebbe ribattuto che voleva davvero sfidarlo, sottolineando che non fosse affatto vero (pur sapendo di star mentendo) e unicamente per dargli contro. Ed era possibile che sarebbero finiti davvero a non farlo per giorni, salvo poi stuzzicarsi e morirsi dietro per altrettanti, finendo con lo scoparsi contro il tavolo della cucina. Sarebbe andata così, perché fare in modo che Harry Potter avesse torto era una specie di missione che aveva accettato nell’attimo stesso in cui, a undici anni, non aveva accettato la sua gentilissima offerta di essergli amico. Ma quella sera era diversa, lo erano i baci che si davano e la forza delle intenzioni che esprimevano. E allora Draco Malfoy sorrise e basta, accentuando la stretta che aveva su di lui. Forse stavano davvero ballando a ritmo di quella canzone, non lo sapeva. Sapeva solo di voler cedere a tutto, soprattutto a se stesso.
«Cosa facciamo adesso?» domandò, sollevando di poco il viso. Non stava più parlando del sesso e Harry lo sapeva.
«Vorrei dirti che in realtà ho comprato un anello sei mesi fa che mi porto dietro praticamente ovunque e che da allora provo a chiederti di sposarmi, senza però riuscirci mai. Sarebbe molto romantico e penso anche di averlo visto in un film, ma la realtà è che non è così. Non ho comprato nessun anello, però so che l’idea di sposarti mi piace e che quando hai detto a zia Marge che ero tuo marito ho sentito che era giusto così. Non è una vera proposta, ma se tu vuoi allora noi possiamo farlo davvero.»
«Certo che lo voglio, Potter» replicò Draco, baciandolo dolcemente sulle labbra. «E puoi invitare tuo cugino al matrimonio, ma i tuoi zii non li voglio nemmeno vedere e…»
«Stai zitto, Malfoy» replicò Harry spingendolo verso la camera da letto intanto che lo baciava e spogliava alla velocità della luce.

 

Fu incredibile pensare a com’era finita quella giornata. L’aveva cominciata col pensiero di andare a morire di noia a un matrimonio babbano e invece era finito in mezzo a una rissa, stordito da una cornamusa e a bere Whiskey in un angolo. Quell’imposizione, alla quale ovviamente non aveva mai creduto, di non fare sesso per almeno una settimana era finita del tutto prevedibilmente con lui e Potter che lo avevano fatto come animali. E ora, intanto che guardava il soffitto stringendo la sua mano con in viso l’espressione più schifosamente soddisfatta che ci fosse, si rese conto che era davvero felice e che non si sarebbe mosso di lì per niente al mondo. Almeno fino a quando un pensiero gli attraversò la mente, a quel punto Draco balzò immediatamente a sedere.
«Oh, cazzo!» esclamò.
«Che hai, Malfoy? Ti sei ricordato di qualche altra cosa che vuoi proibirmi? O magari vuoi farmela pagare per uno sgarro che ti ho fatto sette anni fa.»
«Non dire stronzate, Potter» gli rispose, scacciando quell’assurdità con una bonaria pacca sulla spalla «non abbiamo portato a tuo cugino il regalo di nozze. Avevo comprato una costosissima zuccheriera d’argento e l’ho lasciata in soggiorno; come ho fatto a dimenticarlo?»
«Beh, non è tanto grave» lo rassicurò, facendo per alzarsi a propria volta «possiamo ancora spedirgliela con un biglietto di scuse. Dudley non è mai stato uno che si formalizza troppo.»
«Vuoi scherzare, Potter?» replicò Draco, spingendolo contro al materasso e salendogli sopra a cavalcioni «io quella me la tengo: sarà il mio regalo per il matrimonio di tuo cugino.»
«Gli ospiti non hanno diritto ai regali» lo redarguì lui, con un’occhiataccia. «A parte le bomboniere, che tra l’altro nella rissa sono andate tutte distrutte.»
«Io me lo merito eccome, un regalo!» esclamò, bloccandogli ora i polsi sopra la testa. «Gli invitati che non uccidono nessuno nonostante vogliano farlo sì, Potter, si meritano un bel regalo per l’infinita pazienza. A tuo cugino prenderò dell’altro e ora taci stai zitto e datti da fare, è passato abbastanza tempo e io ho voglia di rifarlo» concluse, facendo sparire gli occhiali come prima cosa e poi iniziando a baciarlo con ardore. 

 

No, la zuccheriera non la regalarono mai a Dudley e Melissa, ma si preoccuparono di metterla nella vetrina del salotto in bella vista. Draco però rifilò loro un servizio da tè per due persone di Walburga Black, che sua madre gli aveva mollato in casa e che lui francamente odiava. Era un’orribile paccottiglia rosa con altrettanto brutte decorazioni d’oro ed era piuttosto fuori moda, oltre che disgustosa a vedersi. Lui però aveva scritto a Dudley che si trattava invece di un servizio di porcellana del seicento appartenuto alla regina d’Inghilterra in persona e che era stato un regalo che, la suddetta regina, aveva fatto a nonna Malfoy. Non poteva esserci balla più grande naturalmente e non si stupì non soltanto del fatto che i Dursley al completo ci avessero creduto, ma che tutta Little Whinging nel giro di un paio di giorni avesse saputo che il figlio di Petunia aveva in casa un cimelio tanto prezioso. Era altrettanto ovvio che nessuno in famiglia avesse avuto il coraggio di far notare che si trattava di un regalo da parte del marito di Harry Potter, il nobile e ricchissimo Draco Malfoy. Vernon ancora seguitava ad alimentare la credenza che suo nipote fosse uno scapestrato senza un quattrino, sottolineando che il biondo che lo accompagnava era soltanto un amico. Nessuno, tra lui ed Harry Potter, se n’era davvero stupito. Si sorpresero invece del fatto che, da allora, Petunia fosse diventata molto più malleabile rispetto a suo marito. E per ringraziarla di non averli insultati troppo da quel momento in avanti, un giorno, Draco avrebbe probabilmente inviato un altro costoso regalo alla famiglia Dursley. Magari poteva sbarazzarsi di un qualche candelabro della sua trisavola che prendeva polvere al maniero, probabilmente spacciandolo per il famoso candelabro di Napoleone, ma quella era un’altra storia.

 

 

Fine
 


 

Note: Nessun Corvonero è stato maltrattato mentre scrivevo questa storia e oltretutto io sono Corvonero e il descrivere la mia favolosa casa come una congrega di pazzi è stato un po’ come pugnalarmi da sola. Inoltre, sorry/not sorry per zia Marge, non sono affatto pentita della tirata di Draco ed Harry. 

Questa storia è già finita, so che è stata breve, ma il fatto di essere arrivata alla fine per me è un traguardo enorme considerato che non scrivo mai commedie. Un grazie a tutte le persone che hanno letto sino a qui, a chi ha inserito la storia nelle liste di Efp e a chi ha recensito.
Koa
 
   
 
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