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Autore: Sunny    22/05/2005    42 recensioni
A vent'anni dalla scomparsa di Voldemort, il Mondo della Magia si vede ricomparire il suo Marchio Nero nell'oscurità della notte... ma questa volta in campo scenderanno anche nuove forze, più decise e più agguerrite che mai. Intrighi mortali, lotte all'ultimo sangue, amori inarrestabili e passioni travolgenti sconvolgeranno gli eroi della 'vecchia' e della 'nuova' guardia, in un mondo in guerra in cui il cuore ha la meglio anche sulla ragione...
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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FIRE MELTS ICE

FIRE MELTS ICE

 

 

 

 

CAPITOLO 8: SOPRAVVIVERE

 

 

I wish I hadn't seen all of the realness
And all the real people are really not real at all
The more I learn, the more I cry
As I say goodbye to the way of life
I thought I had designed for me

                                                        Try, Nelly Furtado

 

 

***************

 

 

Katie non perse tempo a cambiarsi, corse in pigiama verso la stanza dei suoi fratelli. Voleva essere la prima a dare gli auguri di buon Natale al suo ragazzo, e voleva farlo col sorriso entusiasta sulle labbra. Saltellò festosamente lungo il corridoio e fece capolino dalla porta della camera, curiosa di vederlo ancora sotto le coperte.

 

“Buon Natale, dormiglione!”

 

La delusione di Katie si poteva leggere a caratteri cubitali: Alex era in piedi davanti alla finestra, con le mani dietro la schiena e lo sguardo alquanto accigliato e fisso nel vuoto. Evidentemente non l’aveva sentita.

 

“Alex?”

 

Il ragazzo non le stava prestando la minima attenzione… i suoi pensieri erano altrove. Continuava a ripercorrere momento per momento la giornata precedente, e soprattutto gli ultimi istanti… non poteva rimproverarsi nulla, aveva riflettuto a lungo prima di prendere la sua decisione e sapeva di aver preso quella giusta, ma non per questo non temeva le conseguenze.

 

“Non mi stai ascoltando?”

 

Finalmente Alex si riscosse dai suoi pensieri quando vide Katie davanti a sé, che lo guardava senza capire. “Oh, scusami… che stavi dicendo?”

 

Katie sbattè gli occhi. “Perché quell’aria preoccupata?”

 

Alex scosse la testa. “Non è niente. Stai tranquilla.”

 

Lei inarcò un sopracciglio. “Sicuro?”

 

“Sicurissimo. Ehi, buon Natale.”

 

Katie ritrovò il suo sorriso gioioso. “Buon Natale a te! Ci tenevo a essere la prima a dirtelo!”

 

Alex si chinò a baciarla, e per un magico momento Stephen e la missione scomparvero dalla sua mente. “Sei stata la prima in assoluto.”

 

“Bene!” Katie lo prese per mano e uscì di corsa dalla stanza, tirandoselo dietro mentre correva lungo il corridoio. “Dai, muoviti! Dobbiamo aprire i regali!”

 

Alex rise al suo entusiasmo travolgente. “Aspetta… siamo in pigiama!”

 

“Chi se ne frega, i regali hanno la precedenza su tutto!”

 

Ridendo, Alex la seguì.

 

 

***************

 

 

Steacy fece un piccolo saltello per evitare la neve che si era posata a mucchietti nel piccolo giardinetto della casa di Jack, e quando bussò alla porta mentalmente si rimproverò per non aver portato con sé uno specchietto da borsa… poteva sembrare strano, ma ogni volta che andava a casa sua sentiva sempre una folle esigenza di controllare il suo aspetto, di trovarsi almeno esteticamente proprio come la voleva lui, bellissima. Cosa non avrebbe dato per essere al primo posto nel suo cuore…

 

Jack le aprì già tutto vestito e col giaccone addosso, ma aveva una coperta in mano. “Buon Natale.” Le disse sorridendo, scoccandole un bacio a fior di labbra. “Mi dai un secondo?”

 

“Certo.” Steacy si sporse in avanti per vedere… c’era Amelia nel salottino, che dormiva sul tappeto davanti all’albero illuminato. Jack la prese delicatamente in braccio e la stese sul divano, mentre lei mormorava qualcosa nel sonno e si girava su un fianco. Lui la coprì con la coperta e le scansò amorevolmente i capelli dal viso e dal collo… e Steacy non potè condannarsi per quell’attimo di profonda invidia che le si era riversata addosso.

 

“Eccomi qua.” Fece allegramente Jack, chiudendosi la porta alle spalle e prendendola per mano.

 

Steacy gli sorrise, mentre iniziavano a camminare con una tranquilla andatura lenta. “Amelia dorme sempre per terra la notte?”

 

Jack ridacchiò. “No… è che la notte prima di Natale le piace andare a mettere i regali sotto l’albero mentre io dormo… e puntualmente si addormenta perché si ferma a guardare decorazioni e lucette.”

 

Steacy annuì… e si ricordò che non doveva essere gelosa di lei. Faceva male prima di tutto a sé stessa, e poi in fondo… Amelia non aveva colpa. Così decise che cambiare argomento era la soluzione migliore. “Auguri di buon Natale, amore… il primo insieme.”

 

“Ehi, un momento… è così che tu dai gli auguri?” Jack si fermò, l’afferrò per i fianchi e la strinse a sé, facendo aderire perfettamente i loro corpi e lanciandole quello sguardo da adorabile canaglia per cui era tanto famoso. “Perché dalle mie parti facciamo così.”

 

Steacy rise e lo baciò… aveva una voglia pazza di farlo. Di baciarlo e sentirlo solo suo. Gli sorrise amabilmente dopo… si sentiva proprio bene fra le sue braccia. “Devo riconoscere che dalle tue parti si fa decisamente meglio.”

 

Jack rise. “Già… sai che oggi sei particolarmente bella?”

 

Steacy gli rivolse uno sguardo ammiccante. “Servizio offerto dalla casa, signor Weasley.”

 

Jack ridendo si separò da lei a la prese per mano, riprendendo a camminare. “Non ti aspettare che facendo quegli occhioni dolci avrai prima il tuo regalo… ho detto che lo voglio aprire sotto l’albero con te e così sarà.”

 

“Ok, immagino che tu non sia esattamente il tipo corruttibile… dico bene?”

 

“Se tieni le mani a posto, si.”

 

Steacy sorrise e rimase in silenzio per qualche secondo, mentre il vento freddo di prima mattina le scompigliava la chioma setosa. “Jack?”

 

“Mh?”

 

“Mi ami?”

 

Jack sbattè gli occhi. “Certo, perché me lo chiedi?”

 

Steacy si morse le labbra. “No, ascolta… non ti sto chiedendo se quando facciamo l’amore e mi dici che mi ami è vero… ti sto chiedendo se bruci per me. Se mi desideri e mi vuoi al tuo fianco ogni momento della giornata, se quando sei lontano da me senti la mia mancanza come se ti mancasse l’aria, se quando ti svegli la mattina la prima faccia che vorresti vedere è la mia… questo è quello che io definisco amore. E per te io provo queste cose.”

 

Jack inspirò profondamente. “Wow… è che non pensavo che tu…”

 

Steacy  inarcò un sopracciglio. “Cosa non pensavi?”

 

Jack si massaggiò assentemente la nuca. “Se devo essere sincero non credevo che tu mi amassi sul serio… nel senso che la passione fra me e te è innegabile, e tra l’altro stiamo benissimo insieme, perciò il nostro rapporto va a gonfie vele… ma l’amore come lo intendi tu è un sentimento bellissimo e altrettanto distruttivo, sai?”

 

“Distruttivo?”

 

“Ti rode dentro alla lunga. Se non lo sai gestire, ti tormenta fino alla morte.”

 

“E tu non lo sai gestire?”

 

Jack abbassò lo sguardo. “No.”

 

Steacy esitò per un lungo momento… poi gli prese una mano e gliela accarezzò con le dita. “E non ti andrebbe di metterti alla prova?”

 

Jack fece un sorrisino sfuggevole. “Come si fa a dire di no a una donna simile, dico io?”

 

Steacy rise e gli sfiorò le labbra con le sue. “Cominciamo a fare sul serio per davvero… anche io ho sbagliato, non credere, non è solo colpa tua se non ti sei ancora innamorato di me nel modo che dico io, in fondo ho passato la metà del mio tempo a dare la caccia alla povera Amelia, non è stata esattamente quella che si definisce una mossa furba. Sono stata avventata.”

 

“Bene, a quanto pare è vero che ce ne vuole uno per riconoscerne un altro.” Fece allegro e vispo Jack, strappandole un sorriso e un bacio.

 

Steacy sorrise in modo speranzoso. “Dunque ora possiamo incominciare tutto dall’inizio, facendo tesoro dei nostri errori… vero?”

 

“Ci puoi contare, bellezza.” Jack le strizzò l’occhiolino e la baciò, incapace di resistere oltre alla tentazione. Sentì fra le dita i suoi morbidi capelli biondi e la strinse di più a sé, rilassandosi nel suo abbraccio.

 

Steacy poteva giurare che quello era il bacio più intenso e più bello che Jack le avesse mai dato… per questo rimase ancora più di sasso quando quel contatto venne bruscamente interrotto così, improvvisamente. Lo guardò in modo interrogativo, e lo vide osservare con la coda dell’occhio la strada alle sue spalle, senza voltare la testa né muovere un muscolo… e la sua espressione accigliata non prometteva niente di buono.

 

“Cosa c’è?”

 

Jack scosse impercettibilmente la testa e guardò dall’altra parte, facendo scivolare la mano sulla bacchetta nella tasca posteriore dei jeans. E poi…

 

E poi accadde tutto in un secondo troppo maledettamente veloce.

 

Steacy sentì Jack urlarle di abbassarsi e un istante dopo avvertì il suo corpo vigoroso che la schiacciava a terra. Lei fece un tentativo ad alzare la testa, quel tanto da riuscire a vedere cosa  stesse succedendo.

 

Con una velocità di cui non lo avrebbe creduto capace, Jack si rialzò e centrò uno dei due uomini col mantello nero che stavano correndo nella loro direzione, investendolo con una luce verde che lo lasciò esanime a terra. Ad una incredibile rapidità per uno del suo fisico, Jack si liberò dell’altro tirandogli addosso il pugnale che si era sfilato dallo scarpone, e un terzo uomo in nero – spuntato apparentemente dal nulla – fu abbattuto con un velocissimo schiantesimo di tripla intensità.

 

“Jaaaack!!!” Steacy strillò quando lo vide digrignare i denti per una ferita che gli era comparsa all’improvviso sul braccio, preso di striscio da un incantesimo scagliato da un incappucciato che non sembrava essersi arreso.

 

“Scappa, Steacy, scappa!!!” Jack si fece scudo col palo della luce, che gli parò un paio di colpi, poi si sporse e centrò il suo nemico con un potente incantesimo di stordimento.

 

Steacy inorridì quando comprese che con l’ultimo uomo in nero rimasto in piedi – disarmato, a quanto sembrava – Jack avrebbe cercato lo scontro corpo a corpo. L’uomo a sorpresa gli gettò le mani intorno alla gola e strinse forte, ma dopo qualche attimo di smarrimento il giovane rosso gli conficcò la bacchetta nell’occhio, e si liberò tra le urla di dolore dell’uomo.

 

Mentre Jack finiva l’ostinato nemico, Steacy si guardò in giro con un misto fra angoscia e disperazione nel cuore… e quello che vide le fece gelare il sangue nelle vene.

 

Un uomo completamente coperto da un mantello nero aveva la bacchetta puntata alle spalle di Jack. Era a pochissimi metri di distanza, di certo non avrebbe sbagliato e lui non se ne sarebbe mai accorto in tempo…

 

“NOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

 

Jack si voltò di scatto… e non capì più nulla. L’unica cosa che avvertì fu il peso del corpo che gli era crollato addosso, facendolo cadere a terra. Un corpo bellissimo e sinuoso, e ormai tremendamente immobile.

 

“…no…”

 

Jack scosse freneticamente la testa e scansò i capelli dal viso della ragazza che fino a un momento prima gli aveva sorriso e gli aveva dichiarato il suo amore… e che ora lo guardava fisso con un viso pallidissimo, gelido e spettarle, e gli occhi spalancati… sbarrati in un’espressione di muto orrore…

 

No, no, no… quel colpo era per me… era per me, maledizione!!!

 

“Steacy!!!” Jack la scosse violentemente, anche se da qualche parte nel suo cuore sapeva che era tutto inutile. Con gli occhi gonfi di lacrime di rabbia, guardò l’uomo che aveva scagliato la maledizione mortale.

 

Era soddisfatto, il bastardo.

 

Era soddisfatto, e stava sollevando la bacchetta di nuovo per finire il lavoro.

 

Jack non seppe mai se fu l’accecante rabbia, l’odio, il dolore, la sete di vendetta, o forse l’istinto di conservazione… ma qualunque cosa fu, lo spinse a muoversi prima ancora che il suo nemico potesse scagliare un altro incantesimo: prese la bacchetta da terra, la puntò veloce come un fulmine e urlò “Avada Kedavra!!” con tutto il fiato che aveva in gola.

 

La risata dell’uomo cessò bruscamente, seguita dall’inesorabile tonfo sordo del suo cadavere a terra.

 

Qualche secondo dopo Jack lasciò cadere la bacchetta, e facendo appello a tutte le sue forze si costrinse a guardare di nuovo il bel viso di Steacy, di quella ragazza così bella e così sfortunata.

 

Non ti ho salvata… è stata tutta colpa mia…

 

Jack si coprì il viso con le mani per un momento, boccheggiando vistosamente come se i suoi polmoni non riuscissero a fare il loro lavoro, come se gli mancasse l’aria. Non riusciva a sentire la gente che si avvicinava, non sentiva le urla, non sentiva niente… sentiva solo un cupo ronzio che gli ripeteva quella terribile verità che non riusciva ancora ad accettare né a capire… serrando forte gli occhi, strinse al suo petto la ragazza come per costringerla a non andare via da lui, anche se ormai era troppo tardi…

 

… un’ondata di rabbia, odio e disperazione gli invasero la gola, e Jack gettò indietro la testa e urlò a squarciagola tutto il suo dolore al cielo.

 

 

***************

 

 

Dan dovette attendere che i War Mage in borghese che suo padre aveva piazzato fuori dalla casa di suo cugino lo identificassero – e non ci volle molto – e poi finalmente potè bussare alla porta… gli sembrarono secoli i minuti che servirono perché si aprisse…

 

Gli si strinse il cuore quando vide in che stato era Amelia: aveva gli occhi rossi e gonfi, i capelli arruffati e spettinati, il maglione di Jack addosso a lei magrolina sembrava un vestito, e aveva l’aria sfibrata. Dan non riuscì a trovare niente di utile da dirle mentre entrava, ma le accarezzò calorosamente un braccio. “Come sta?”

 

Amelia tirò su col naso. “Tu non puoi neanche immaginare… non l’ho mai visto così, mai…” un singulto la scosse, e una lacrima le scivolò clandestinamente lungo la guancia. “E’ tutto come un incubo.”

 

“Ssh, vieni qua…” Dan in due passi le fu accanto e l’abbracciò, lasciandola sfogare col viso nascosto nel suo collo. “Ci sono qui anch’io, adesso… troveremo il modo di aiutarlo…”

 

Amelia si tirò indietro e scosse la testa, ingoiando il resto del pianto e asciugandosi le lacrime con le maniche del maglione verde. “No, tu non puoi neanche lontanamente immaginare…” mormorò, tirando su col naso e cercando di recuperare un po’ di controllo. “Jack è come impazzito… non ci lasciava neppure avvicinare prima, sembrava una belva… è dovuta intervenire Katie per calmarlo almeno il minimo necessario, eppure neanche così… ha cacciato via lei, me, Hermione… perfino Simon…”

 

Dan si passò nervosamente una mano fra i capelli. “Chi c’è ora con lui?”

 

“Ron.” Amelia scrollò le spalle. “E’ l’unico che è riuscito a restare in quella stanza per più di cinque minuti.”

 

Dan annuì e le diede un lungo bacio sulla fronte, le accarezzò amorevolmente la guancia e poi si diresse verso la stanza del cugino a passo sostenuto.

 

Amelia si strinse nelle spalle e si lasciò cadere su una poltrona quasi fosse stata una marionetta senza fili. Si sentiva così confusa… non sapeva a quale delle sue emozioni dare la precedenza. Allo stupore per l’ingiusta e improvvisa scomparsa di Steacy, una ragazza che non aveva mai amato particolarmente, ma che a venticinque anni si era ritrovata a dire addio alla vita… niente di più ingiusto e crudele. E questo le svegliava dentro una rabbia accecante, una sete di giustizia che la lasciava scosse nella sua violenza. E poi c’era specialmente il dolore… il dolore che prova nel vedere Jack soffrire in quel modo, il senso di impotenza che doveva subire perché l’aveva respinta. Amelia chiuse forte gli occhi forte quando sentì Jack urlare che voleva essere lasciato solo perché nessuno era in grado di capirlo, e il rumore della porta sbattuta con forza la fece sobbalzare.

 

Dan e Ron rientrarono pochi attimi dopo, Dan senza alzare gli occhi da terra, e Ron che per la prima volta da che lo conosceva mostrava tutti i suoi anni e la stanchezza accumulata in tutte le battaglie combattute. Amelia sentì un fortissimo bisogno del suo abbraccio, e si rese conto che anche lui aveva bisogno di un po’ di calore umano perché la strinse forte a sé, facendola sparire fra le sue braccia robuste.

 

“Che cosa succede ora?” chiese in un soffio Dan, che aveva il viso perso e smarrito.

 

“Loro hanno fatto la loro mossa, e ci hanno messo sotto scacco.” Sibilò gelido Ron. “Adesso tocca a noi.”

 

Dan sospirò. “Jack non si lascia avvicinare.”

 

Ron rimase in silenzio per qualche istante. “Non è il momento di stargli addosso, ha bisogno di calmarsi. Non possiamo imporgli un aiuto che rifiuta, sarebbe peggio.”

 

“Comunque io resto qua stanotte, può darsi che…”

 

“No.” Amelia si districò gentilmente dall’abbraccio di Ron. “Non è una buona idea.”

 

Dan si accigliò. “Amy, tu sei sconvolta e lui…”

 

“Lui ha bisogno di calma e delle sue abitudini, deve ritrovare se stesso.” Amelia sembrava aver ripreso il controllo. “Credo di sapere come prenderlo… voglio provarci. Voglio che lui capisca che nessuno gli vuole dare fastidio, vogliamo solo essergli accanto… Jack mi ha aiutato per una vita intera, ora che tocca a me voglio dimostragli tutto il bene che gli voglio. So che ce la posso fare.”

 

Dan esitò. “Sei sicura di sentirtela?” lei annuì vigorosamente. “Ok, allora.”

 

Ron le appoggiò le mani sulle spalle. “Ci sono dieci War Mage in borghese qua fuori, Harry gli ha ordinato di restare per tutta la sera e la notte. E se hai anche solo un presentimento, una strana sensazione, o anche semplicemente se ti serve una mano di qualunque tipo…”

 

“…infilo la testa nel camino e ti chiamo, lo so.” Amelia annuì e si sforzò di fare un piccolo sorriso. “Me la caverò.”

 

Ron sembrava molto combattuto, ma alla fine annuì. “Non c’è nessun altro al mondo a cui affiderei mio figlio stasera.” Le sussurrò. “Tu puoi fare molto più di tutti noi messi insieme.”

 

Amelia si strinse nelle spalle, accettando con piacere il bacio paterno di Ron sulla fronte. “Io ci provo.”

 

“La stessa cosa vale per me.” Le disse Dan. “Fai un fischio, e mi troverai davanti alla tua porta.”

 

Amelia lo abbracciò forte. “Grazie.”

 

Quando ebbe chiuso la porta, la brunetta ci appoggiò la fronte contro e chiuse gli occhi forte. Sentiva ancora le voci fuori… sentì Ron dare degli ordini ai War Mage e poi dire a Dan che l’avrebbe accompagnato fino a casa, ma poi le voci si fecero troppo lontane per poter essere sentite ancora.

 

E Amelia si sentì profondamente sola.

 

Non sapeva neanche lei come fare… non riusciva a immaginare cosa dire, perché tutto quello che avrebbe detto in circostanze normali per aiutare il suo migliore amico, Jack non l’avrebbe neanche voluto sentire. Si era chiuso a riccio nel suo dolore, sbattendo fuori tutti gli altri… una cosa che aveva sempre fatto lei, mentre lui era il cavaliere con l’armatura che veniva a liberarla da quella sensazione di tristezza e solitudine… ora i ruoli si erano invertiti. E l’unica cosa che Amelia sapeva era che non si sarebbe lasciata sbattere fuori così.

 

A passi lenti e stanchi, ma allo stesso tempo decisi, la ragazza raggiunse la stanza del suo amico. Esitò un attimo prima di aprire la porta, inspirò lentamente e la socchiuse.

 

Jack era seduto sul bordo del suo letto, guardava fisso a terra e ignorava completamente lo spettacolo – di solito tanto amato – di Londra illuminata in lontananza così come la si vedeva dalla finestra a tutto giorno della sua camera, illuminata a malapena dalla calda lucetta del comodino.

 

“Vattene.”

 

Amelia si morse le labbra e sospirò, ma non arretrò… avanzò lentamente, invece.

 

Jack non alzò lo sguardo, ma strinse i pugni. “Ho detto di uscire.”

 

“Non ti darò fastidio.” Amelia riuscì a piazzarsi davanti a lui, torcendosi le dita che a malapena uscivano dalle maniche del maglione.

 

Jack la guardò… la guardò male. “Che cosa vuoi?” sibilò con una spaventosa durezza. “Dirmi che sono forte, che supererò questo momento? Mh? Che quello che è successo non è colpa mia?”

 

Amelia scosse la testa. “Voglio solo stare qui con te.”

 

Jack scattò in piedi e avanzò minacciosamente nella sua direzione, ma lei non arretrò. “Io non voglio stare con nessuno, va bene?!”

 

Amelia non battè ciglio, né cambiò il suo tono dolce. “Ti vuoi punire perché pensi che quanto è successo sia colpa tua?”

 

“Perché, non è così?!” urlò lui. “Vedi qualche altro colpevole in questa stanza, un altro rinnegato che ha permesso che la sua ragazza perdesse la vita così??”

 

Lei non fece un solo passo indietro. “Steacy ha dato la sua vita per te volontariamente.”

 

“Secondo te voleva morire???”

 

“Non voleva morire, ma le premeva molto di più che non morissi tu… perché ti amava.”

 

“Tu non capisci.” Jack appoggiò stancamente la fronte contro il finestrone. “Io non avrei dovuto permetterglielo… che cazzo di soldato sono…”

 

“Eri da solo contro sei di loro.”

 

“Ho commesso un errore stupido da matricole, mi sono lasciato prendere in trappola come un perfetto coglione.”

 

“Hai fatto quello che tutti avremmo fatto.” Fece animosamente Amelia. “Non puoi rimproverarti se non hai gli occhi anche dietro la testa!”

 

Jack si voltò e la fulminò con uno sguardo feroce. “Ma che vuoi tu da me?! Vuoi farmi i complimenti per come ho gestito le cose, vuoi applaudirmi?!”

 

“Voglio solo stare qui con te.” Amelia lo guardò dritto negli occhi. “Ora non mi credi, pensi che dico queste cose per pena, ma per quanto mi riguarda sei il miglior War Mage che conosco, e sarà sempre troppo tardi quando tornerai a credere in te. Ma nel frattempo io mi accontento di starti vicina, tutto qui.”

 

Jack scosse rabbiosamente la testa. “Che ne sai tu… che cosa ne sai tu di quello che sto passando io, eh?? E’ come se improvvisamente tu vivessi in un mondo in cui tutti sono diversi da te… e tu sei maledettamente solo… CHE DIAVOLO NE SAI TU?!?”

 

Amelia si morse le labbra e abbassò gli occhi. “So tutto quello che c’è da sapere.” sussurrò. “Mi sono sentita sola tutta una vita, solo che c’eri tu accanto a me… sei stato il mio raggio di sole in un mondo di ombre, e non parlarmi come se improvvisamente tu e io non ci capissimo più.”

 

Jack si fermò, le parole gli morirono in gola… la guardò semplicemente, confuso e smarrito.

 

Amelia gli fece un piccolo sorriso. “Una volta ero convinta che la mia vita sarebbe stata grigia e senza significato, con mia madre che mi aveva abbandonato e mio padre che mi lasciava a festeggiare il compleanno col maggiordomo e la tata… ero sicura che sarei stata sempre sola, c’era solo tristezza nel mio cuore. E poi sei arrivato tu, e mi hai dato tutto… un sorriso, una spalla su cui appoggiare la testa o farsi un pianto, una famiglia, degli amici… mi hai ridato la speranza e la voglia di vivere, mi hai salvata. E anche se tu in questo sei molto meglio di me, è il mio turno per darti una mano e non ho intenzione di sprecarlo.”

 

Jack esitò. “Io non lo merito il tuo aiuto.”

 

“A parte che non è vero, ma poi…” dolcemente Amelia gli prese la mano sinistra e la rivolse col palmo verso l’alto, sfiorandogli una sottilissima linea più chiara che glielo attraversava verso il centro.

 

Jack la fissò per un lungo momento. Se la ricordava quella cicatrice… avevano undici anni, e Amelia era caduta su una bottiglia mezza rotta e si era letteralmente bucata la mano. Non riusciva a non piangere per il dolore, e lui per farla sentire meglio aveva preso la bottiglia e si era procurato la stessa ferita… così invece di piangere, avrebbero potuto riderci su perché avevano una mano bucata a testa. In quella occasione si erano ripromessi di prendersi sempre cura l’uno dell’altra, soprattutto nei momenti più difficili. E adesso avevano la stessa cicatrice nello stesso punto per ricordarselo.

 

“Sai qual è stata l’ultima cosa che mi ha detto?” mormorò Jack, con la voce che gli tremava per un pianto inespresso. “Mi ha detto che mi amava… e io non ero innamorato di lei come voleva che fossi… sono un uomo di merda, tutto quello che so fare è far soffrire chi mi vuole bene…”

 

“No, non è vero.” Amelia scosse energicamente la testa. “Sei troppo duro con te stesso.”

 

Jack si lasciò cadere seduto sul bordo del letto, e nascose il viso fra le mani. “Va’ a stare dai miei…” disse stancamente. “…lì sarai al sicuro… se succedesse qualcosa, io non potrei proteggerti… non sono capace di proteggere nessuno…”

 

“Non me ne frega niente della protezione.” Amelia provò ad accarezzargli una mano… lui non si scansò. “Non ti lascio da solo nemmeno morta. E se mi cacci di casa, giuro che mi metto a dormire sulla porta.”

 

Passò un lunghissimo momento di silenzio totale, e Amelia per un attimo pensò che l’avrebbe cacciata per davvero… ma poi lentamente Jack le prese una mano e l’avvicinò a sé, finchè potè cingerle i fianchi con le braccia e nascondere il viso nel suo stomaco. Quando lo sentì singultare e cedere finalmente al pianto, Amelia lo abbracciò forte e gli accarezzò la testa e le spalle, lasciando che sfogasse un po’ di tutto quel dolore che gli leggeva negli occhi e che la faceva star male… avrebbe voluto prenderlo lei quel dolore, per vederlo di nuovo sorridere come solo lui sapeva fare… ma tutto quello che ora poteva fare, purtroppo, era stargli vicina e tenerlo stretto a sé. Fargli sentire tutto il suo amore, tutta la sua fiducia… e sperare che si riprendesse il prima possibile.

 

 

***************

 

 

“Colonnello, siamo noi.”

 

Lucas e Susan aspettarono il permesso di poter entrare, e solo dopo essersi assicurati che nessuno li avesse seguiti entrarono nella stanza, chiudendosi rapidamente la porta alle spalle. Harry era seduto alla sua scrivania e stava scrivendo rapidamente qualcosa.

 

“Abbiamo fatto tutto come ci ha ordinato, signore.” Gli disse Lucas. “Tutte le scorte sono state sistemate.”

 

Harry non smise di scrivere, anzi aumentò il ritmo. “Jack e Amelia sono coperti?”

 

Susan annuì. “C’è la squadra di Rogers appostata fuori casa loro. I ragazzi di Stamp sono dai Weasley, e casa sua è coperta da Loopey e i suoi.”

 

“Bene.” Harry firmò il foglio che aveva scritto così febbrilmente, poi raccolse più fogli dalla sua scrivania e li infilò in una cartellina, che rimpicciolì ed infilò nella tasca della camicia.

 

Susan esitò. “Mi scusi, colonnello… si sa qualcosa di Jack?”

 

“E’ sconvolto, furibondo… disperato.” Harry frugò nel suo cassetto ed estrasse altri fogli, che rimpicciolì di nuovo. “Ha bisogno di un po’ di tempo per rimettere ordine nella sua testa e nel suo cuore.”

 

“Crede che potremmo andare da lui?” provò Lucas.

 

Harry scosse la testa. “Jack è figlio di suo padre, e per esperienza personale vi dico che è molto meglio se almeno per ora gli lasciamo i suoi spazi. Tutto quello che possiamo fare per lui, per il momento, è guardargli le spalle.”

 

“A proposito delle scorte…” Lucas si accigliò. “Ma come ha fatto a ottenere il permesso da quel gufo di Taventoon?”

 

Harry fece una smorfia di indifferenza. “Infatti non l’ho avuto. Per il momento stiamo agendo secondo il protocollo della situazione d’emergenza.”

 

Susan inarcò le sopracciglia. “Ma quanto può reggere lo stato d’emergenza senza l’autorizzazione del generale?...”

 

Lucas serrò la mascella. “Colonnello, se ha un piano… sappia che può contare su di noi, su tutti noi. Le saremo fedeli fino alla morte.”

 

Harry gli appoggiò una mano sulla spalla, rivolgendogli uno sguardo grato. “Voglio fare un ultimo tentativo prima di scatenare una guerra interna. Ho delle conoscenze al Ministero… e i rapporti sull’inefficienza di Taventoon che ho accumulato dovrebbero essere abbastanza per farlo sbattere fuori dai War Mage. Ora vado a presentare queste scartoffie, e vediamo se riusciremo a battere questi bastardi sul loro stesso terreno.”

 

“Colonnello, la prego, li dia a noi questi rapporti.” Replicò Lucas. “E’ pericoloso per lei, se la scoprissero con questa roba addosso…”

 

“Abbiamo troppo bisogno di lei, signore.” Gli fece eco Susan.

 

Harry scosse la testa. “Vi ringrazio, ragazzi, ma devo…”

 

La porta si aprì e si richiuse velocemente, e la sagoma femminile appena entrata si sfilò il mantello di dosso e si diresse a grandi passi verso la scrivania. “Allora sei qui, grazie al cielo stai bene…”

 

“Gin.” Harry accolse con preoccupazione l’abbraccio di sua moglie. “Che è successo, stai bene?”

 

“Si, si, stiamo tutti bene.” Ginny si passò dietro l’orecchio una ciocca dei suoi corti capelli rossi. “Non tornavi a casa, mi stavo preoccupando.”

 

“Non dovevi venire.” Fece duro Harry. “Julie e Dan…”

 

“Sono con la scorta che ci hai mandato.” Ginny scosse la testa. “Non potevo saperti da solo.”

 

Harry sospirò profondamente… capiva cosa provava sua moglie, e lui stesso aveva una pazza voglia di tornare a casa, chiudere porte e finestre e assicurarsi che Ginny, Julie e Dan fossero al sicuro… ma era proprio per proteggere loro che doveva fare quello che stava facendo. “Tornerò quanto prima… ora devo andare al Ministero.”

 

“Va bene.” Fece subito Ginny. “Allora io vengo con te.”

 

“Non se ne parla neanche.”

 

“Infatti non c’è bisogno di parlare, io ti accompagno punto e basta.”

 

“Non cominciamo…”

 

“Non mi interessa affatto.”

 

Harry si passò una mano sulla faccia. “Ginny…”

 

La porta si spalancò di botto e rumorosamente, e sulla soglia comparve un’incredibilmente furibondo Thomas Taventoon… che aveva il volto tirato e le labbra così serrate che non si vedevano quasi.

 

“Tutti fuori.” Sibilò.

 

Lucas e Susan cercarono con gli occhi l’approvazione di Harry, che fece un cenno con la testa per dare il suo assenso. Ginny si accigliò e incrociò provocatoriamente le braccia sul petto, rivelando per l’ennesima volta quello spirito di fuoco (caratteristica dei Weasley) che non si era mai spento in lei.

 

Taventoon la guardò molto male, ma tornò a fissare torvo Harry. “Colonnello Potter.” ringhiò. “Le avevo già detto una volta che la gerarchia e il rispetto hanno il primo posto in questo esercito. E io non amo ripetermi.”

 

“Io non amo ascoltarla una volta, si figuri due.” Replicò durissimo Harry, assumendo una postura completamente intimidatoria. “E’ qui per un motivo pratico, o per deliziarmi con una delle sue solite prediche?”

 

“Non si preoccupi, colonnello, stavolta non sarà soltanto una predica.” Sibilò Taventoon. “Sarebbe una predica se riuscisse a fornirmi una spiegazione valida e coerente in merito a dove sono finiti gli uomini dei maggiori Stamp, Loopey e Rogers, in tal caso potrei limitarmi a ricordarle che tre squadre di War Mage devono essere autorizzate dal loro generale per poter uscire in missione… ma un uccellino mi ha riferito che qui il problema non è tanto la scomparsa dei tre battaglioni, ma proprio la missione… che non ha ricevuto l’autorizzazione necessaria.”

 

Ginny osservò Harry con un fremito lungo la schiena…e notò con una certa tensione che per quanto suo marito mantenesse un autocontrollo invidiabile, aveva stretto i pugni nelle tasche dei pantaloni… brutto segno.

 

Taventoon incrociò le braccia sul petto, orgoglioso di sé. “Cosa mi dice, Potter?”

 

Harry non si scompose minimamente. “Tanto per cominciare, mi complimento con lei per la sua rete di informatori alati. Ingegnoso ed economico servirsi di uno stormo di pennuti per ottenere  informazioni sui suoi uomini.”

 

“Crede che la sua triste ironia le farà guadagnare tempo prezioso, Potter?”

 

“Non mi serve altro tempo.” Harry fece un paio di pesanti passi in avanti. “Ho mandato io Stamp, Loopey e Rogers in missione stasera, ho preso la decisione in suo luogo come prevede il protocollo di emergenza.”

 

Taventoon inarcò un sopracciglio. “Io sono stato sempre in sede, non mi sono mosso dalla mia stanza. Non c’era bisogno di applicare questo secondo protocollo.”

 

Harry fece una smorfia di disgusto. “Se avessi perso tempo a venire da lei per sentirmi dire no, a quest’ora non parlerei di emergenza.”

 

Taventoon ebbe un lampo di avidità negli occhi. “Si rende conto, colonnello, che quello che ha appena detto equivale a un’ammissione del suo reato?”

 

Lo sguardo di Harry fiammeggiò di rabbia. “Se lei per reato intende disobbedienza alle leggi che da una vita regolano questo esercito, allora non solo non sono colpevole ma non ho motivo di formulare una difesa.” Fece accesamente. “Ma se con reato vuole indicare il desiderio di ristabilire ordine, giustizia e disciplina in un organo di potere militare come questo, allora sono fiero di dichiararmi colpevole al cento per cento.”

 

Taventoon gli si avvicinò. “Le sue belle parole non resteranno senza conseguenze, Potter.”

 

“Ho combattuto per una vita contro nemici di ogni genere, ma uno come lei non l’avevo mai incontrato.” Harry espresse il suo disgusto con una smorfia. “Non cerchi di farmi minacce, non hanno mai fatto effetto su di me.”

 

“Vuol dire che non la spaventa perdere il suo prezioso posto qui alla War Mage Team?” Taventoon ghignò. “O forse si è reso conto da solo che questo bel clan familiare a cui appartiene ha osato un passo falso di troppo trasformando i War Mage in un gruppo di guardie del corpo personali?”

 

Harry ridusse gli occhi a due fessure… emanava odio da tutti i pori, metteva paura. “Le ho già detto una volta che la mia famiglia ha la precedenza sul suo dannato ordine gerarchico.” Sibilò, glaciale. “E non è colpa mia se lei non sa fare il generale.”

 

Taventoon lo video voltarsi e andare a raccogliere alcune cose dalla sua scrivania. “Complimenti, Harry Potter. E’ un bene che abbia già sospeso suo cognato, così adesso avrà qualcuno con cui passare tutto il suo tempo libero giocando a carte.” Harry lo ignorò, continuando a raccogliere documenti per poi rimpicciolirli e metterli in tasca. “O meglio, può dedicarsi personalmente alla salvaguardia dei suoi preziosissimi bastardi.”

 

Harry s’interruppe bruscamente e avanzò furibondo, quasi fosse un leone inferocito. “Tu, brutto figlio di…”

 

“Harry, no!” Ginny si mise di mezzo e lo trattenne. “Lo sta facendo apposta, vuole provocare una tua reazione per poi trascinarti davanti alla Corte Marziale del Wizengamot!”

 

“Non me ne fotte un accidenti!” Harry si dimenò contro sua moglie, guardando in cagnesco il suo generale.

 

Taventoon rise forte. “Bravo, continui pure… niente può darmi più soddisfazione di aggiungere altre motivazioni alla lettera delle sue dimissioni.”

 

Ginny si voltò e lo guardò col fuoco negli occhi. “Sa cosa dicono i cinesi a proposito della vendetta, signor generale?” gli ringhiò contro. “Non occorre andare a cercare il proprio nemico, basta sedersi davanti al fiume e aspettare che il suo cadavere passi da solo trascinato dalla corrente… mi creda, mai attesa sarà più gradita di questa.”

 

“E mai attesa sarà più lunga.” Taventoon inarcò le sopracciglia. “Dottoressa Weasley, a questo punto direi che…”

 

“Non si disturbi, Taventoon, sono io che me ne vado.” Ginny gli si avvicinò e lo guardò con odio. “Non posso continuare a lavorare in un posto dove comanda a suo piacimento un viscido lurido verme come lei.”

 

Taventoon la guardò uscire con un’espressione indolente… ma arretrò di un passo quando si ritrovò a un centimetro di distanza il volto di Harry contratto dalla rabbia, e gli occhi verdi scintillavano di odio in modo quasi spaventoso.

 

“Non è finita qui.”

 

“Invece è proprio finita, Potter. Lei ormai appartiene al passato.”

 

“Lo vedremo.” Harry gli rivolse uno sguardo di aperta sfida…e quando uscendo si chiuse la porta alle spalle, fece tremare i vetri delle finestre.

 

 

***************

 

 

Ron aprì piano la porta di casa e non si stupì quando si ritrovò la bacchetta di sua moglie puntata alla gola. La sorveglianza era massima, i nervi erano alle stelle.

 

“Scusami.” Mormorò Hermione, rinfoderando la bacchetta e tirando su col naso. Il pianto della mattina non aveva neanche lontanamente esaurito la tensione che aveva in corpo… la sua mano di solito così ferma tremava visibilmente.

 

Ron gliela strinse nella sua e non la lasciò mentre entrava con lei nel salotto, alla ricerca del resto della sua famiglia. “State tutti bene?” chiese stancamente.

 

Alex, a braccia conserte e in piedi vicino al caminetto, annuì… altrettanto fece Mel, seduta sul divano e intenta a stringere la mano di Simon, che aveva la testa appoggiata pigramente sulla sua spalla. Sembravano tutti più stanchi. Assurdamente più stanchi.

 

“Come sta Jack?” chiese timidamente Mel. “Si è un po’ calmato?”

 

Ron scosse la testa. “Preghiamo che Amelia riesca a sbloccarlo.”

 

Mel cercò di fare un sorriso speranzoso. “Se c’è una persona che Jack ammette vicino, quella è Amelia… sono sicura che la sua sola presenza riuscirà a farlo sentire meglio.”

 

“La scorta è rimasta con loro?” chiese accoratamente Hermione, e Ron annuì per rassicurarla.

 

“E adesso?” chiese cupo Simon.

 

Ron si passò una mano fra i capelli. “Adesso procediamo con ordine. Innanzitutto Katie e Alex domani stesso devono tornare a Hogwarts… almeno loro li mettiamo al sicuro. Come sta Katie?”

 

Hermione fece una smorfia triste. “Come puoi immaginare.”

 

Ron annuì e sospirò pesantemente. “Dov’è ora?”

 

“Di sopra, le ho preparato un bagno caldo.”

 

“Va bene. Aiutala a preparare le sue cose, domani mattina presto li portiamo a King’s Cross. Prestissimo, all’alba se è possibile… cerchiamo di approfittare della scorta finchè ce l’abbiamo.”

 

Simon fece una smorfia. “Sta’ a vedere che adesso ci mettiamo tutti a vivere sotto scorta, sai che bel matrimonio che ci esce a noi con l’esercito a portare il cuscino con le fedi…”

 

Ron appoggiò stancamente le mani sui fianchi. “Questa è un’altra cosa da chiarire.”

 

Simon inarcò un sopracciglio. “E cosa vuoi chiarire, le posizioni dei tuoi uomini nella chiesa mentre fra due settimane Mel e io ci sposiamo?”

 

Ron scoccò un veloce sguardo penetrante a Hermione. “No, Simon… ragazzi, mi rendo conto che adesso questa cosa vi darà un fastidio immenso, però…”

 

Simon, ancora più accigliato, si sedette più eretto sul divano e guardò intensamente suo padre. “Dove vuoi arrivare, papà?”

 

Ron si massaggiò gli occhi. “Dovete rimandare il matrimonio.”

 

Mel sbattè gli occhi più volte. “…ma…”

 

Hermione le appoggiò una mano sulla spalla. “E’ per la vostra sicurezza… chiunque siano questi pazzi che si stanno accanendo contro di noi, dargli un’occasione in più per prenderci alla sprovvista è l’ultima cosa da…”

 

Mel scosse la testa. “Ma se ci organizzassimo… sistemando bene una sorveglianza non potremmo… abbiamo già tutto preparato! Noi non…”

 

“Non li stare neanche a sentire, Mel.” La voce di Simon era tesa e palesemente provocatoria… dura come raramente lo era mai stata. “Noi il dieci gennaio alle cinque in punto ci sposiamo, e questo è tutto.”

 

“Simon…”

 

“EH NO!!!” l’urlo di Simon fece sobbalzare tutti, con la sola esclusione di Ron. “Non andare avanti, non voglio neanche starti a sentire!!!” fece rabbiosamente, alzandosi.

 

Ron scosse la testa. “Lo so che ti sto chiedendo un sacrificio ingiusto…”

 

“No, tu non hai il diritto di chiedermi questo!!” Simon era livido di rabbia… e Alex lo stava guardando molto colpito dalla sua reazione. “E’ una vita che di tutti quanti in questa cazzo di casa io sono quello paziente, quello tranquillo, quello obbediente… ho sempre cercato di non fare idiozie, di seguire le regole della casa, maledizione, non ho fatto neanche la metà delle stronzate che hanno fatto gli altri mio fratello e i miei cugini… e adesso anche questo!! No, papà, te lo scordi!!!”

 

“Non è un capriccio il mio!” anche Ron alzò la voce. “L’hai visto cos’hanno fatto a Dan, Julie e Jack?! Vuoi che succeda a Mel?? Vuoi che succeda a te?!”

 

“Hai organizzato scorte e protezioni a degli estranei per una vita!” ruggì Simon. “Possibile che non sei capace di proteggere tuo figlio??”

 

“Vuoi mettere un estraneo con te?! E poi che facciamo, veniamo tutti in luna di miele con voi?!?”

 

“Rinunceremo alla maledetta luna di miele!!!”

 

“Dannazione, lo vuoi capire che è una cosa seria?! E’ la vita della ragazza che ami che metti in gioco, la tua vita…”

 

Simon scosse la testa. “Sei tu che non capisci un cazzo di niente, papà… per noi quella data è speciale, è legata a dei ricordi importanti, e l’abbiamo scelta per questo… ho lavorato anni per potermi comprare una casa senza chiedere niente a nessuno, e né io né Mel prendiamo gli stipendi astronomici che spettano a voi grandi eroi… abbiamo messo da parte i soldi per i nostri progetti, abbiamo fatto sacrifici che non immagini neanche, noi ce lo siamo sudato il nostro angolo di paradiso… e adesso tu vieni a dirmi che dobbiamo rimandare tutto questo solo perché un branco di pazzi vuole monopolizzare le nostre vite mettendoci paura… no, io non cedo affatto!!!”

 

“Tesoro, papà e io questo lo capiamo benissimo…” Hermione intervenne con un tono tanto materno quanto disperato. “Se non fossimo a questo punto, neanche ci saremmo sognati di prendere in considerazione un’idea simile, ma la situazione è troppo difficile e pericolosa, non possiamo…”

 

“Ma allora che diavolo ci state a fare voi, eh?!?” la interruppe bruscamente Simon. “Chi cazzo proteggete?!”

 

“Amore, ti prego, calmati!” Mel gli prese il viso fra le mani, attirando su di sé l’attenzione del suo fidanzato. “Forse è meglio fare come dicono i tuoi genitori… io non voglio una parata militare, voglio una cerimonia festosa… da celebrare con gioia e serenità, non con l’angoscia che da un momento all’altro può scoppiare l’inferno.”

 

Simon rimase senza parole… e Ron provò una fitta al cuore nel leggere la delusione sul suo viso. “Mel, anche tu… ma che diavolo… possibile che l’unico idiota qui sono io?!?”

 

“Io ci tengo quanto te, Simon!” Mel provò a fargli un sorriso rassicurante. “Ti amo, e diventare tua moglie è la cosa che più desidero al mondo… ma voglio che sia il giorno più bello e più indimenticabile della nostra vita, e se per questa felicità devo aspettare qualche mese, così sia.”

 

Hermione si avvicinò al figlio. “Certo che è un sacrificio terribile, e mai e poi mai ve lo chiederemmo ma è troppo importante… la guerra ha chiesto tanto anche a noi a suo tempo, eppure siamo riusciti a costruire tutto questo insieme.”

 

“Ma noi non siamo in guerra, mamma!!”

 

“BASTA COSI’!!!”

 

Alex finalmente ebbe modo di constatare che la possanza fisica di Ron Weasley si misurava anche nella sua capacità di ottenere silenzio e attenzione… le qualità di un vero capo, stando a quello che diceva Stephen.

 

Ron appoggiò le mani sulle spalle di Simon e lo guardò negli occhi. “Io lo so perfettamente che ti sto chiedendo qualcosa che non dovrei chiederti, e capisco la tua rabbia… ma non cambierò la mia decisione. Voi ragazzi e vostra madre siete le cose più importanti della mia vita, non permetterò che vi facciano del male… perciò, anche se fa soffrire anche me darti un dolore, io devo pensare alla tua salvezza e alla tua vita. Odiami pure se ti fa sentire meglio, sono pronto a pagare qualunque prezzo pur di saperti al sicuro, perché sei mio figlio e ti adoro e non me ne importa se sei abbastanza adulto da poter formare una famiglia tutta tua… io resto sempre tuo padre. Finchè avrò fiato in corpo non lascerò che rischi la vita, se lo posso impedire. Mi dispiace, campione, ma stavolta non posso proprio fare altro.”

 

Simon aveva la sconfitta, la delusione e una rabbia rassegnata tutte scritte in volto chiaramente. Non osò aprire bocca perché non sapeva nemmeno lui cosa sarebbe riuscito a dire se avesse trovato un po’ di fiato nei polmoni. Così non replicò, semplicemente alzò i tacchi e uscì di casa sbattendosi forte la porta alle spalle. E Ron si augurò con tutto il suo cuore che non si accorgesse dei quattro War Mage a cui aveva chiesto di tenerlo d’occhio se fosse uscito.

 

Mel esitò, quindi raccolse la sua giacca e quella del suo fidanzato. “Va… va bene, faremo come volete voi.” Mormorò piano, con la voce che le tremava per un pianto silenzioso e inespresso. “Gli parlerò io, vedrete che capirà.”

 

Hermione l’abbracciò forte, cercando di comunicarle tutto il suo affetto e le tristezza che quella decisione le stava causando. Quando l’accompagnò alla porta, Alex intuì che quello era un ottimo momento per defilarsi e lasciare ai genitori di Katie un po’ di intimità.

 

Ron si lasciò cadere stancamente sul divano, coprendosi il volto con le mani per un attimo. “Al suo posto, avrei preso mio padre e lo avrei buttato giù dalla finestra.” Mormorò avvilito. “Quel ragazzo è un santo.”

 

Hermione annuì nervosamente. “S-si, lui è… è…”

 

Ron si accigliò, e quando la sentì singultare per un pianto che finalmente era esploso, violentemente e all’improvviso, subito si alzò e la strinse fra le sue braccia forti. “…calmati, amore…”

 

“…non…non faccio che pensarci…” Hermione singhiozzò violentemente, stringendo nei pugni il maglione del marito e nascondendo la faccia nel suo petto. “Se Steacy non si fosse messa di mezzo…”

 

“…lo so.” Ron chiuse forte gli occhi e l’abbracciò ancora di più. “Però non è successo, e ti giuro che non succederà.”

 

“…come fai a dirlo…”

 

“Perché non lo permetterò.” Ron le baciò la fronte, cullandola col suo respiro. “Li difenderemo e li proteggeremo, finchè avrò vita i nostri ragazzi non verranno toccati. A qualsiasi costo.”

 

Hermione singhiozzò più forte. “Io non ce la faccio più… abbiamo combattuto per una vita intera, abbiamo lottato per un mondo migliore, eppure non ci hanno dato mai tregua… e adesso anche i ragazzi…” un singulto più forte le mozzò il respiro in gola. “…credevo che avessimo smesso di combattere, e invece l’incubo è tornato… non ce la faccio più, non ce la faccio più, non ce la faccio più…”

 

Ron la lasciò piangere, incapace di dirle qualcosa in grado di confortarla… perché aveva perfettamente ragione, anche lui provava le stesse sensazioni e lo stesso senso di stanchezza e sfiducia… per la prima volta nella sua vita sentiva sulle spalle il peso di tutti quegli anni così intensamente vissuti, e quella pace che si era guadagnato a caro prezzo in passato sembrava lontanissima… ancora una volta. Una volta di troppo.

 

 

 

 

 

Alex sospirò e si allontanò dalla rampa delle scalette, convinto che sentire i singhiozzi disperati di Hermione Weasley non gli stesse affatto facendo bene, né tantomeno lo avrebbe aiutato a continuare a fare quello che andava fatto. Stephen si era implicitamente complimentato con lui per la sua lealtà, quando in cambio dell’indirizzo di Jack non gli aveva fatto altre richieste di alcun tipo. Ma d’altronde non ce n’era bisogno, le istruzioni erano chiare… qualcosa era andato storto perché il fratello di Katie era ancora in vita, ma la cosa aveva ugualmente sconvolto tutti. Dunque quello era il momento buono per cominciare a lavorare sulla volontà di Katie, visto che era decisamente più vulnerabile.

 

…solo che…

 

Solo che innanzitutto il fatto di approfittarsene così gli sembrava tutto a un tratto un chiarissimo esempio di codardia e viltà, e poi… sinceramente anche lui si sentiva scombussolato. Ventiquattro ore prima quella famiglia lo aveva accolto a braccia aperte e gli aveva fatto trascorrere la giornata più bella della sua vita, e lui li aveva ripagati così… certo, quella era la sua missione, non si poteva scendere a compromessi… ma in ogni caso lui non si sentiva fiero di quello che aveva fatto. Se non altro perché li aveva attaccati alle spalle.

 

Cercando di allontanare quei pensieri deleteri, Alex scosse la testa e tornò a concentrarsi sulle parole di Stephen sulla gratitudine. Non era il momento di indugiare, ma di portarsi avanti con la missione rimboccandosi le maniche, visto che aveva deciso di andare fino in fondo.

 

Katie non era nel bagno, perché la luce era spenta e la porta era socchiusa… nella situazione completamente opposta era la sua stanza, dunque era lì dentro. Alex bussò alla porta e l’aprì lentamente… Katie era seduta sul suo letto, con le gambe strette al petto e il viso nascosto fra le ginocchia, con i lunghi capelli mossi biondi che le ricoprivano la schiena e nascondevano parzialmente il caldo pigiamone rosa confetto che aveva addosso.

 

Alex si sedette piano sul suo letto. “Katie?”

 

Lei alzò la testa, tirò su col naso e si asciugò il viso bagnato dalle lacrime. “Ciao.” Mormorò.

 

Alex rimase molto colpito nel guardarle i suoi grandi occhioni azzurri… per la prima volta da che la conosceva, non più gioiosi e pieni di vita ma vuoti e tristissimi. “Stai… stai bene?”

 

Katie scrollò le spalle e fece una piccola smorfia. “Oh, è normale…” gli disse piano, tirando di nuovo su col naso. “Mi succede sempre dopo che…”

 

La frase rimase incompleta, ma Alex capì perfettamente a cosa stesse alludendo… ricordava ancora con un certo sgomento quando, proprio quella mattina, per calmare Jack era stato necessario l’aiuto di Katie… ma subito dopo averlo toccato (e calmato solo il minimo indispensabile), lei era impallidita vistosamente e sua madre l’aveva portata subito via.

 

“Perché lo hai fatto?” le chiese piano, accarezzandole un braccio. “Sapevi che aiutare tuo fratello ti avrebbe fatto male, vero?”

 

“Non mi interessa.” Katie scosse la testa. “Se servisse a restituire il sorriso a Jack, sopporterei anche la tortura… io darei la vita per quelli che amo, e mio fratello sta così male…” nuove lacrime le inondarono le guance.

 

Alex le accarezzò i capelli. “Hai fatto tutto quello che potevi.”

 

Katie si morse le labbra, cercando inutilmente di tenere a freno il pianto. “Tu non capisci… ho sentito nella testa i suoi pensieri… ho provato quello che sta provando lui… ed è una sensazione orribile, come se le pareti della stanza ti stessero venendo addosso e tu non potessi scappare, ed è quello che prova lui…”

 

“Ehi… ok…” Alex l’attirò fra le sue braccia, cercando di calmarla a suon di carezze. “…ok… sshh… respira… andrà tutto bene, tuo fratello è in gamba, vedrai che se la caverà.”

 

Katie singhiozzò un paio di volte, ma annuì contro la sua spalla.

 

Alex sospirò profondamente e le accarezzò la nuca. “Tuo padre ha detto che domani torniamo a Hogwarts.” Le disse dolcemente.

 

Katie fece una smorfia ironica. “Ottimo… gran bella vacanza che è stata. E io che volevo farti provare un’esperienza familiare…”

 

Alex le prese il viso fra le mani e la guardò dritta negli occhi. “E’ stata breve, ma intensa e bellissima.”

 

Katie annuì e fece un sorriso lacrimoso. “In fondo non fa niente dove passerò il Natale, basta che tu sia con me.”

 

“…vieni qua…” Alex la strinse fra le braccia più forte che potè, baciandole la tempia e i capelli. “…certo che sto con te…”

 

Katie si nascose ancora di più in quell’abbraccio. “Tu non mi lasci, vero? Non mi farai soffrire, resterai con me… non te ne andare mai…” piagnucolò.

 

“Certo che non me ne vado, scema… io non vado da nessuna parte senza di te…” Alex strinse forte gli occhi e nascose il viso nei capelli morbidi della ragazza. Forse era per le sue capacità, o forse perché per lei provava qualcosa di sconvolgentemente intenso… ma riusciva a sentire fin troppo chiaramente il suo dolore misto al peso del proprio rimorso. Le istruzioni di Stephen si dissolvevano di nuovo nel buio della sua mente… non si sentiva pronto a dedicarsi alla missione in quel momento… gli premeva molto di più fare il possibile per vedere di nuovo la sua Katie sorridere. Tabelle di marcia o no, i suoi tempi non doveva gestirli nessun altro all’infuori di lui stesso.

 

 

***************

 

 

Amelia sospirò profondamente prima di entrare nella stanza, quasi come se le servisse il coraggio per farlo. Jack era rimasto esattamente dove e come lo aveva lasciato un’ora prima: in piedi davanti alla finestra, con un braccio e il viso schiacciati contro il vetro e lo sguardo perso nel vuoto. Quanto ci soffriva a vederlo così, cosa non avrebbe fatto pur di aiutarlo a stare meglio…

 

Lentamente lo raggiunse e si fermò dietro di lui… gli appoggiò la fronte contro le spalle, facendogli scivolare le mani davanti fin sull’addome. Non disse niente, non voleva dargli fastidio. Voleva solo fargli sentire quanto gli voleva bene, quanto gli era vicina in tutto. Gli diede un piccolo bacio proprio in mezzo alle spalle e poi tornò ad appoggiarci la fronte contro, sospirando profondamente. Fu una sorpresa immensa per lei quando sentì una delle mani di Jack scivolare sulla sua e intrecciarci le dita… Amelia lo strinse più forte, ma ancora non disse nulla. Sarebbe rimasta in quella posizione e in silenzio anche tutta la notte, se lui voleva questo.

 

Dopo un interminabile momento, Jack si decise a parlare… con una voce rauca e triste che non sembrava neanche la sua. “La vita è fatta per vivere, non per sopravvivere… sopravvivere vuol dire perdere la voglia di godersi la vita…”

 

“Così però butti via il sacrificio di Steacy.”

 

“Non avrebbe dovuto farlo. Non avrebbe dovuto buttare all’aria tutto. Era ancora così giovane, così bella e buona… aveva tutta la vita davanti.”

 

Amelia chiuse per un attimo gli occhi. “Tu non sei mai stato innamorato veramente, perciò non lo puoi capire, ma quando ami la tua felicità passa in secondo piano… è la felicità dell’altro che diventa la cosa più importante. Senti che anche se tu stai morendo dentro, il sorriso della persona che ami ti restituisce il sole per mille anni… e perfino una cosa così terribile come sacrificare la propria vita diventa facile, perché è un istinto. Viene spontaneo… e ti riempie il cuore comunque. Spero tanto che tu un giorno questo possa capirlo.”

 

Il silenzio di Jack poteva essere interpretato in vari modi, ma Amelia non si perse d’animo… lentamente lo fece voltare fino a che non potè guardarlo in faccia.

 

“Ascoltami… lo so che non riesci a pensare ad altro, ma se vai avanti così rischi di perdere la testa… e io non voglio. Lasciati aiutare da me, vuoi?”

 

Jack guardò oltre, sul suo letto: Amelia ci aveva costruito “Il Capanno”, la grotta fatta col piumone in cui si nascondevano quando erano piccoli, la loro piccola Avalon artificiale dove la prima regola era dimenticare il mondo fuori.

 

“Non servirà a niente chiudere gli occhi stavolta.” Le sussurrò lui, rauco. “Il problema non andrà via.”

 

Lei scosse la testa. “Non ti sto chiedendo di scappare dal problema, lo so che è impossibile… vorrei solo che per stanotte potessimo non pensarci. Ti ricordi cosa diceva sempre tua madre? Di notte tutto sembra più buio di quello che è… tutto quello che ti chiedo è di far riposare l0animo fino a domani. Domani mattina riprenderemo ad affrontare questa realtà, ma stanotte lottiamo per non impazzire. Facciamolo insieme, io sono qui con te. Non sei solo.”

 

Jack non disse nulla… rimase immobile per qualche istante, poi chinò il viso in avanti e le stampò un lungo bacio sulla fronte, un bacio grato e carico di affetto e bisogno. Amelia gli sorrise e lo condusse nel loro piccolo rifugio. Jack si congratulò mentalmente con lei per come le era riuscito ampio e caldo, confortevole e comodo. Amelia aspettò che lui si fosse disteso, poi spense la luce e lasciò accesa soltanto la lucetta sul comodino, che illuminava la grotta morbida con una luce soffusa e calda… era l’atmosfera più rasserenante che fosse riuscita a creare, sperava davvero di ottenere l’effetto desiderato. Jack rimase sorpreso quando la vide sedersi e non stendersi, e soprattutto si stupì nel vederle estrarre fogli di carta e matite colorate… e poi capì. Le aveva sempre detto che non c’era niente al mondo che lo rilassava di più di lei che disegnava (e lei era sempre stata bravissima, una vera maga della matita).

 

E le ore trascorsero così… con Amelia che disegnava serenamente, a volte canticchiando qualche motivetto dolce e tranquillo, e Jack sdraiato a guardarla in silenzio. Qualche volta lei gli mostrava un disegno appena finito, e ai più belli lui rispondeva con un pallido sorriso; altre volte era costretta a tenersi il foglio con un piede, perché Jack le requisiva la mano sinistra per accarezzarle le dita sottili… altre volte ancora era lei ad accarezzarlo dolcemente, e la notte continuò così, senza parole inutili. E quando dopo molte ore voltandosi lo trovò addormentato, sfinito dopo quella terribile giornata, Amelia mise via i suoi disegno, spense la lucetta e si accoccolò sotto di lui, chiudendo finalmente gli occhi e crollando in un pesante sonno senza sogni.

 

 

*********************

 

 

 

 

…ehm… vi dispiacerebbe mettere giù festoni, maracas, stelle filanti e trombette da stadio, grazie? Siii, Jack&Amelia lovers, sto guardando voi… ^______________^

 

Ah… ok, ragazzi, è vero che ormai sono diventata veramente una cosa inqualificabile per la lentezza degli aggiornamenti (e pensate che questo chap morivo dalla voglia di scriverlo!), ma è tutta colpa dei miei professori! A Giugno ho l’esame, e chi l’ha già fatto sa che cosa terrificante sia… abbiate pietà di me se non sarò puntuale per il prossimo mese, non è colpa mia! ç_________ç

 

Proprio perché devo andare a riprendere quella maledetta matematica, amori miei, non posso rispondere a tutti come vorrei… mi rifarò la volta prossima, chiedo perdono! Ma lasciatevi abbracciare fortissimo… più di 300 recensioni per meno di dieci capitoli… vi amo!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ^________________________^ Oh, e l’ultima volta mi sono dimenticata di ringraziare tutti per gli auguri alla mia manina! Ora è tornata come una volta, grassie amicissimi! ^_____^

 

Allora, un set di bacio gigante + abbraccio galattico + schiocco sulla guancia + tvtttttttb a:

Oryenh, Pepy, Marta, Julie, Caillean, Fabry, Andrea, Giuggy, Angèle, Blacky, Vale, Avana Kedavra, Yelle, Hiromi91, Nene89, Ilaria, Meggie, Saturnia, Phoebe80, Lulu, Kim, Kaho_Chan, Ale69, Opalix, Eli, Ale, Giulietta89, Daphne, Lily, Lady Numb, Cloudy, Luna Malfoy, Daffydebby, Giuggia89, Oby86, Alewen, Ginny, Sibillara, Maga Magò, Any, Judie, Lilith, Carol

 

…se ho dimenticato qualcuno mi scuso infinitamente, e mi scuso ancora di più per non avervi risposto come si conviene (mi manca! ç____ç), ma devo assolutamente fare una giornata completamente attaccata al libro di matematica domani, e muoio dal sonno! -__________-  Prometto solennemente che col prossimo chap, “Il Mio Raggio di Sole” (…si, Kim, sto guardando te, signorina… ^_____-) mi rifarò! Parola! Voi intanto me lo lasciate lo stesso un commentino, amori miei? Vvtttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttb

 

Sunny

 

 

P.S.: George Lucas… grazie di esistere!

 

  
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