Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
Segui la storia  |       
Autore: NymeriaStark    19/01/2022    0 recensioni
Questa è una raccolta di alcune One shot che ho creato partendo dalla mia idea strampalata di usare delle canzoni come base di partenza. Troverete parti di testo mescolate alla storia vera e propria, ovviamente sono evidenziate per evitare di creare confusione. Ogni capitolo è autoconclusivo quindi sentitevi liberi di saltare da uno all'altro nel modo che preferite.
È un lavoro molto sperimentale in cui ho deciso di esplorare anche personaggi che solitamente non uso come Kite e Yuma.
Spero che questo esperimento possa incuriosirvi e di essere riuscita a creare delle storie interessanti o, quantomeno, godibili
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rio, Ryoga/Shark, Thomas Arclight/ Four, Yuma/Yuma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Take my hand and look at me in the eye
There's still time left
Cut these chords, and kid, run for your life
Maybe you're broken, maybe you're shattered
With no reasons left to try
But you still have so much, so much worth saving
That you have left on the inside

Rio osservava con aria assente la scatola di medicinali poco distante. Era passato molto tempo dal suo incidente ma, nonostante le ferite si fossero ormai trasformate in cicatrici e non facessero più male, lo stesso non si poteva dire per la sua salute mentale. Continuava a fare incubi su quella notte e ogni volta si svegliava urlando, con le mani a coprirle il viso, nel disperato tentativo di proteggersi dalle fiamme.
Aveva cercato di fare finta di niente, di mostrare al mondo la ragazza forte e disinvolta che tutti si aspettavano fosse ma alla fine aveva ceduto. Era crollata, assalita da un attacco di panico così intenso da impedirle di respirare, piangeva disperata e tentava di urlare ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Iniziò a riprendersi solo quando il fratello la sollevò di peso e portata in cortile. La depose delicatamente sotto ad un albero e si sedette davanti a lei, non disse una parola, si limitò ad osservarla cercando di dissimulare la preoccupazione nel suo sguardo, in attesa che fosse lei ad iniziare.
"Reginald io..." Si interruppe, cosa poteva dirgli? Come poteva spiegargli quello che sentiva senza che si agitasse? Conosceva bene suo fratello e sapeva cosa aveva passato a causa sua, nonostante sapesse che non era di dipeso da lei, continuava a sentirsi in colpa per il male che gli aveva fatto, lo aveva lasciato solo e questo lo aveva trasformato in una creatura rancorosa e rabbiosa, profondamente diversa dal ricordo che aveva di lui. Deglutì, cercando di mandare giù il groppo che le ostruiva la gola.
"Mi dispiace... È stato imbarazzante, non posso credere di essere scoppiata in lacrime nel bel mezzo del corridoio... Ho regalato a tutta la scuola un'altra ragione per ridere di noi. Non dubito che la useranno come arma per farci del male..."
"Non dire assurdità Rio. Credi davvero che mi importi qualcosa di quello che pensano quegli idioti? Che si divertano pure a sputare sentenze a me non interessa affatto" si interruppe, soppesando la sua reazione. Si trovò davanti due occhi spenti, assenti, lei non era lì, la sua mente era da un'altra parte, doveva affrettarsi a riportarla indietro, per evitare che si facesse ancora più male.
"Ma è evidente che per te è importante, fai molto affidamento sull'opinione che hanno di te ma posso assicurarti che le persone che ti vogliono bene non smetteranno di farlo perché hai mostrato di poter essere fragile. Non posso parlare a nome di tutti ma ti garantisco che io non ti lascerò da sola, affronteremo insieme qualunque sfida ci si pari davanti e ne usciremo vittoriosi..." si bloccò, riflettendo attentamente sulle sue parole successive "ma per farlo ho bisogno che tu ti apra con me, non sarò in grado di aiutarti senza sapere cosa sta succedendo" Rio lo guardò per qualche istante, era così strano sentirlo parlare in quel modo, Reginald era sempre stato il tipo di persona che preferisce le azioni alle parole ma, ogni tanto, era in grado di supportarla in modi inaspettati, di dire esattamente ciò che aveva bisogno di sentire nel momento giusto e questa era una di quelle occasioni.
"Continuo a fare incubi sull'incidente. Rivedo le fiamme, ne sento il calore... Ho il terrore di duellare, so che è stupido, che non capiterà più che qualcuno abbia una carta così pericolosa ma è più forte di me.
Mi sto sforzando di tenere tutti a distanza, di lasciargli vedere solo ciò che desidero mostragli ma indossare la maschera della ragazza forte e imperturbabile sta diventando troppo difficile per me, non ci riesco più e ho paura..." Sentì le lacrime scendere copiose lungo le sue guance, si affrettò ad asciugarle con il dorso della mano. Reginald non commentò, non espresse alcun giudizio su quel che gli aveva appena detto, si limitò ad abbracciarla, facendole capire, con quel semplice gesto, che poteva contare su di lui. Lo sentì mormorare
"Andrà tutto bene" e cercò di convincersi che fosse vero, che esistesse un modo per sistemare tutto e tornare a stare come prima ma una parte di lei era tristemente consapevole che non fosse possibile, che qualcosa si era irrimediabilmente rotto e sarebbe stato impossibile da riparare.

I know you feel like you are worthless, that your day has come
The misery eats you alive until you come undone
You feel like there is nowhere left to call your home tonight
You are not alone, this is our time, and I am by your side
My friend, this is do or die

I giorni successivi a quello che Rio si ostinava a considerare "un piccolo imprevisto" furono i peggiori in assoluto. Smise quasi completamente di mangiare e si chiuse in sé stessa. Poteva percepire la rabbia del fratello, l'immensa frustrazione che provava all'idea di non poter fare nulla per aiutarla. Si detestava per ciò che gli stava facendo passare e quando, una sera in cui si sentiva particolarmente triste, lui le infilò un bigliettino sotto la porta con nome e indirizzo dello studio di uno psicologo si rese conto che sì, aveva bisogno del supporto di un professionista. Osservò amareggiata quel cartoncino, aveva sempre considerato la necessità di essere aiutati una debolezza, si era sforzata di fare sempre tutto da sola ma la vita aveva avuto altri piani, era stata un peso per Reginald, si era dovuto prendere cura di lei, pagarle le cure mediche e tutto mentre studiava, trovando occasionalmente qualche lavoretto part time per riuscire a sbarcare il lunario. Era tristemente consapevole che i soldi dell'eredità dei loro genitori erano stati ormai spesi nella loro quasi totalità e l'idea di dover pagare per passare un'ora a settimana con un perfetto estraneo che provava ad entrare nella sua testa non le piaceva affatto.
"Ma devi andarci, per Reginald ma, soprattutto, per te stessa. Ormai è chiaro che non riesci ad uscirne da sola, tanto vale fare un tentativo..."
Prese appuntamento per il giorno successivo, aspettare non l'aveva condotta da nessuna parte e, nonostante continuasse a considerarla una follia, cercò di autoconvincersi di aver fatto la scelta giusta.
Entrò titubante nello studio, un uomo dall'aria gioviale e due ridenti occhi verdi l'accolse con un sorriso.
"Rio Kastle, giusto?" le domandò tendendole la mano
"Sì..." Rispose, stringendola con incertezza. Il dottore le fece strada fino alla scrivania e le indicò una poltrona su cui sedersi. Si accomodò e osservò l'uomo che faceva altrettanto, sistemandosi di fronte a lei.
"Allora Rio, io sono il dottor Halpert, sono principalmente uno psicologo ma ho anche una laurea in psichiatria quindi, se lo ritenessi necessario, potrei prescriverti dei farmaci. Tu sarei d'accordo con l'idea di intraprendere una terapia di questo tipo o è una prospettiva che ti spaventa?"
"Io... Suppongo che vada bene"
"Non devi darmi la risposta che pensi voglia sentirmi dire, ricorda che questo è il tuo spazio e si parla della tua salute, è importante che dica quello che senti senza farti alcun tipo di scrupolo"
"D'accordo... Allora direi che non è una prospettiva che mi piace. Preferirei provarne ad uscire senza il bisogno di farmaci"
"È assolutamente comprensibile e legittimo" disse per poi iniziare a scrivere su un'agenda
"Dunque, direi che possiamo iniziare. Ti va di raccontarmi cosa ti ha spinta a venire qui?"
"Ho avuto un attacco di panico mentre ero a scuola ma già da prima avevo problemi a dormire. Facevo spesso incubi relativi ad un incidente che ho avuto tempo fa e... Beh... Alla fine non sono più riuscita a salvare le apparenze e sono crollata..." Lo osservò scrivere con crescente angoscia, terrorizzata all'idea che le sue più grandi fragilità fossero in quel quaderno, alla mercé di quell'uomo
"Hai parlato di un incidente come causa scatenante, te la senti di scendere un po' più nel dettaglio?"
"Sono rimasta coinvolta in un incendio e ho passato parecchio tempo in coma, in ospedale, non c'è molto altro da aggiungere..."
"È davvero terribile! Sono mortificato che tu abbia dovuto affrontare un trauma del genere.
Prima hanno parlato di "salvare le apparenze" questo mi lascia presupporre che tu tenga molto in considerazione il modo in cui ti vedono gli altri, da cosa credi che dipenda?"
"Non lo so... Forse, essendo stata assente così a lungo, ho sentito il bisogno di fare una buona prima impressione su tutti, di mostrare solo il lato migliore di me..."
"Esattamente, noto con piacere che hai delle capacità di autonalisi notevoli, è molto importante perché ti permette di individuare con precisione ciò che ti fa stare male e a lavorare in modo da permetterti di gestirlo e impedirgli di influenzare negativamente la tua vita" Rio annuì, incerta su come reagire a quell'informazione
"Hai delle persone a cui sei particolarmente legata? Magari qualcuno con cui hai parlato del momento difficile che stai attraversando?"
"Ho alcuni amici ma non sono ancora abbastanza in confidenza con loro per aprirmi riguardo alle mie condizioni attuali ma sì, c'è una persona con cui ne ho parlato, si tratta di mio fratello"
"Capisco, non è semplice fidarsi di persone che non si conoscono bene ma è importante che ti sia confrontata con tuo fratello. Che rapporto hai con lui?"
"Uhm... Beh... Direi perlopiù buono, ogni tanto litighiamo per ragioni stupide ma credo che sia normale. In più se non fosse stato per lui non credo che sarei qui oggi"
"Quindi l'idea della terapia è stata sua?"
"Non esattamente... Si è limitato a suggerirmela come ipotesi, non mi ha imposto nulla"
"Ti fidi molto del suo giudizio"
"Sì, si è preso cura di me per molto tempo e mi conosce meglio di chiunque altro" un sorriso si dipinse sul volto dell'uomo
"È molto bello che tu possa contare su di lui, è sempre d'aiuto avere a canto persone care in grado di supportarci nei nostri momenti peggiori.
Quella che ti sto per fare è una domanda che può sembrare stupida ma che, spesso, manda in crisi molti miei pazienti ed è "come stai?" Non ci sono risposte giuste o sbagliate, ti chiedo solo di evitare di dire "bene" o "male", sono assolutismi che non sono d'aiuto, ci sono sempre delle sfumature nel mezzo, ad esempio si può stare attraversando un momento particolarmente complesso ma sentirsi comunque energici o, viceversa, vivere un periodo all'apparenza felice ma non riuscire ad affrontarlo con la serenità necessaria per goderselo." Il medico notò l'espressione spaesata della ragazza e si affrettò ad aggiungere
"Scusami per la spiegazione contorta e intricata, a volte tendo a parlare troppo..."
"Non si preoccupi, ero solo un po' spaventata all'idea di non poter svicolare la domanda con un semplice "bene" o "male"...
Immagino che se dovessi descrivere come mi sento ora direi smarrita, terrorizzata ma, al contempo arrabbiata. Detesto trovarmi in questa situazione, dover chiedere aiuto per l'ennesima volta e sentirmi così fragile... Vorrei poter essere sempre forte, indistruttibile, percorrere la mia strada senza che le mie insicurezze mi frenino ma sembra che non sia possibile..."
"Rio, non dire così, sei una ragazza giovane, con tutta la vita davanti, avrai tutto il tempo di essere forte e raggiungere i tuoi obiettivi. Adesso hai bisogno di provare ciò che senti e sai perché?" La ragazza scosse leggermente la testa
"Per crescere. Se fosse tutto semplice, senza ostacoli, si finirebbe per non maturare mai. Diventeremmo creature vuote, insipide, che vivono per inerzia.
Il dolore che stai vivendo ora ti renderà ancora più resiliente e ti darà gli strumenti necessari ad affrontare le altre difficoltà che, inevitabilmente, ti attendono sul tuo percorso. Il fatto che tu sia qui e che sia riuscita ad aprirti su tutto questo è stato molto coraggioso, hai deciso di combattere questo malessere e io sono qui per darti gli strumenti necessari a farlo. Scusami se ho divagato di nuovo"
"Lo pensa davvero? Crede sul serio che questo periodo passerà, che sarò in grado di stare meglio?"
"Assolutamente sì" disse con un sorriso incoraggiante. Dopodiché il suo sguardo cadde sull'orologio che portava al polso
"Temo che, per oggi, il nostro tempo sia scaduto. Hai qualcos'altro di cui parlarmi prima di salutarci?"
"No, credo di aver detto tutto"
"Molto bene allora, ci vediamo la prossima settimana" disse, guidandola verso l'uscita.

Hey kid, can you hear me?
Don't you dare pull the trigger and throw it all away
You have every reason left to stay alive
All this hell you have lived and seen
Drown it all in gasoline
Then light a match, pull the pin
You are not who you've been
The past is just lessons learned
Light it up and let it burn

Sulla strada verso casa si sentiva diversa, un po' più leggera. Il peso opprimente che le gravava addosso le sembrava di colpo più gestibile.
Aprì la porta di ingresso e si trovò davanti il fratello. Si lasciò scappare un sorriso nel vedere la sua espressione interrogativa
"È andata bene" disse, prima che lui potesse chiederle qualsiasi cosa
"Oh, mi fa piacere" rispose, visibilmente sollevato
"Il dottore è un tipo un po' eccentrico ma mi sembra bravo nel suo lavoro. Ha parlato della possibilità di farmi prendere delle medicine ma gli ho detto che, almeno per il momento, preferirei evitare di farlo"
"Capisco. Ovviamente quella è una scelta che spetta a te, non potrebbe importela nemmeno se lo volesse"
"Lo so ma credo che, per chiedermi una cosa del genere, avesse già in mente l'idea di farmi prendere qualcosa..."
"Ritieni di averne bisogno?"
"No... ma non sono esattamente nelle condizioni ideali per valutare una prospettiva del genere... Tu cosa credi che sia meglio fare?"
"Io... non ne ho idea Rio. Vorrei solo vederti stare meglio e, se per farlo, fosse necessario intraprendere una terapia farmacologica, beh, immagino che potrei considerarlo un compromesso accettabile, non sei d'accordo?" Ci rifletté per qualche istante, in effetti, vista da quella prospettiva, l'idea di una cura non sembrava così folle.
"Sì, immagino che tu abbia ragione, grazie, avevo proprio bisogno di un secondo parere" disse. Gli diede un fugace abbraccio prima di salire di corsa in camera sua.
Chiamò subito il dottore, spiegandogli le ragioni per cui aveva cambiato idea così rapidamente. Lui si dimostrò comprensivo e le consigliò due farmaci che, a suo parere, sarebbero stati in grado di aiutarla. Le inviò le ricette in modo tale che potesse cominciare a prenderle sin da subito.
Iniziò la cura nei giorni successivi, tenendola monitorata. Sembrava andare tutto bene, si sentiva più energica e su di morale, ricominciò ad uscire e a mangiare, insomma stava bene. La situazione però non durò, dopo qualche mese di relativa serenità, fu assalita da un'angoscia ben peggiore di quella vissuta l'ultima volta. Non lo disse a nessuno, convinta che, com'era arrivata, sarebbe anche andata via ma non andò così.
Ogni giorno stava peggio,si sentiva impazzire e desiderava solo smettere di soffrire in quel modo. Non seppe quando iniziò a meditare l'idea di farla finita, forse c'era sempre stata ma aveva avuto la forza di guardare dall'altra parte, di ignorarla ma ora quel flacone di pillole sembrava chiamarla, promettendo quiete e serenità. Provò a resistere ma, come i marinai con il canto delle sirene, finì per lasciarsi tentare da quella prospettiva e fu trascinata a fondo.

Never thought that it would come to this
Who will save you?
Fading fast, now you are cancerous
I know you feel hopeless at the end of your rope now
The fear is eating you alive
So I'll be your reason, I'll be your shelter
I will not let you say goodbye
Have you no reason to forget your pain and swear you'll stay?
If you kiss it all goodbye, my friend, the world will be a darker place
I know you're scared to death, but this is not the time to hide
You were meant for so much more, won't let you leave this world behind
What will it take to survive?

Si risvegliò in un letto a lei estraneo, non riconosceva la stanza in cui si trovava né i volti che le passavano davanti.
"Dove sono?" Provò a chiedere ma dalle sue labbra uscì un suono indistinto. Una donna le si avvicinò e cercò di confortarla
"Si trova nel reparto psichiatrico dell'ospedale. Sa perché si trova qui?" Scossa lentamente la testa
"Ha tentato il suicidio ingerendo una dose eccessiva di psicofarmaci" la dolorosa consapevolezza di aver davvero compiuto quel gesto scellerato la travolse.
"No, non posso averlo fatto davvero. Ci ho pensato questo sì ma non lo desideravo davvero... Io non..." Ma per quanto si sforzasse di trovare una scappatoia, un modo per convincersi che era tutto un incubo, che nulla di ciò che la circondava era reale, sapeva come stavano le cose. Chiuse gli occhi, sperando che l'oblio giungesse, donandole un po' di sollievo.
Si risvegliò qualche minuto, ora o giorno dopo, non avrebbe saputo dirlo con esattezza. La stanza era la stessa dell'ultima volta, l'unica differenza era la presenza di una persona accanto al suo letto, cercò di metterla a fuoco ma le ci volle comunque qualche istante per riconoscerla. "Reginald!" Pensò, sollevata all'idea di vedere un volto amico. Il sollievo durò solo un momento, "gli ho fatto di nuovo male, e questa volta volontariamente... Sono una persona terribile, come mi è potuto saltare in mente? Sono così dannatamente stupida..."
"Rio... Sei sveglia" le parole del fratello la riscossero da quella spirale di pensieri
"Sì..." Sussurrò, incapace di guardarlo negli occhi. Sentì la mano di Reginald stringere la sua, c'era un che di disperato in quel gesto, il bisogno di accertarsi che fosse tutto vero, che fosse realmente tornata.
"Quanto ho dormito?"
"Un paio di giorni. Il tempo necessario al tuo corpo per smaltire... Quello che avevi preso" sapeva a cos'era dovuta quell'esitazione
"Non è stata colpa tua..."
"Sì invece! Se non ti avessi convinta a prendere quelle maledettissime pillole adesso non saresti qui... Sono stato davvero uno stupido a non capire, io..." Si bloccò, sopraffatto, Rio lo guardò con un'espressione triste dipinta sul viso. Vederlo così ferito e spaventato era terribile. Non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare cosa potesse essergli passato per la testa negli ultimi giorni.
"Mi dispiace... È stato un gesto stupido... Io non ricordo nemmeno di averlo fatto... Stavo guardando quelle dannate pasticche e poi... E poi c'è il vuoto..."
"Già... è il blackout di cui hanno parlato i dottori, hanno detto che è piuttosto comune in casi del genere"
"Scusami..."
"Smettila, non sono arrabbiato con te... Ho solo bisogno di un po' di tempo per elaborare quello che è successo..."
"Lo capisco..." Rimase in silenzio per qualche istante prima di fargli la domanda che aveva iniziato a ronzargli in testa già da un po'
"Quando potrò tornare a casa?"
"Non lo so, non sta a me deciderlo. Devono essere i medici della struttura ad attestare che ti sei ripresa del tutto"
"Oh... Quindi potrei dover rimanere qui per un po'..."
"Temo di sì"
Un infermiere entrò nella stanza annunciando che l'orario delle visite era terminato. Rio strinse con ancora più forza la mano del fratello
"Non andare via, ti prego..." I suoi occhi blu la guardarono, colmi di tristezza
"Lo hai sentito, non posso restare ma ripasserò più tardi, devi solo resistere per qualche ora" disse, cercando di rassicurarla
"Non voglio stare qui... E soprattutto non voglio farlo da sola..."
"Lo so Rio ma ho le mani legate e, sinceramente, credo che passare un po' di tempo qui potrebbe farti bene. È una struttura con un personale qualificato a prendersi cura di pazienti con problematiche simili alla tua e sono senz'altro più bravi di me a gestirle..." L'infermiere ripassò, invitando Reginald a lasciare la struttura. Lui le lasciò delicatamente la mano e, dopo averla salutata, lasciò la stanza. Le ore successive sembrarono infinite, parlò con diversi medici e altri pazienti della struttura cercarono di interagire con lei, senza successo. Rimase a letto fino all'ora di cena quando, finalmente sentì la porta di ingresso aprirsi. Rivedere il fratello la ripagò della giornata infernale appena trascorsa. Gli permisero di stare con lei durante la cena, si sforzò di mangiare tutto, ben conscia di quanto anche questo contasse nella valutazione dei medici.
Riuscì a vivere meglio il resto della serata, si stava suo malgrado ambientando in quel posto. Aveva deciso di impegnarsi sul serio per poter tornare a casa il prima possibile, andava ogni giorno a parlare con i medici, seguiva scrupolosamente la terapia che le avevano dato e si sforzava di comunicare con gli altri pazienti.
Dopo un paio di settimane le concessero di uscire per qualche ora, insieme al fratello.
Riconquistare quelle piccole libertà le diede una gioia che non provava da tempo.
Ci vollero circa tre mesi prima che i medici si ritenessero soddisfatti e la dimettessero. Tornare a casa fu strano, si era ormai abituata agli strani ritmi ospedalieri, a dormire con le luci costantemente accese a sentire rumori a qualsiasi ora del giorno, ad essere svegliata presto per un prelievo.
Nel giro di qualche giorno riuscì a riambientarsi e a riprendere una vita normale. Ricominciò ad andare a scuola e tornò in terapia dal dottor Halpert, si sentiva libera, finalmente in grado di affrontare le sue giornate senza crollare. Reginald le stette accanto tutto il tempo, credendo in lei e dandole la spinta necessaria a non arrendersi, gli era grata per ciò che aveva fatto, per il modo discreto e non giudicante con cui aveva gestito quella situazione delicata e complessa.
Ebbe altri momenti di crisi ma riuscì a superarli, aveva ancora paura ma era consapevole di essere in grado di affrontarla e non la spaventava più. Si era finalmente trasformata nella persona forte che aveva sempre desiderato essere e ci era riuscita accettando che, a volte, era necessario essere deboli, sentirsi sconfitti, toccare il fondo. Ciò che era importante era essere in grado di risollevarsi, di proseguire, nonostante tutto. Mise in pratica questa lezione ogni giorno e, finalmente, raggiunse la stabilità che aveva tanto a lungo sognato.

You will remember the day
You burned it all to the ground
I know you've heard this before
But you've gotta be strong now
This is not the end

Piccola postilla dell'autrice
I feel it everyday, it's all the same
It brings me down, but I'm the one to blame
I've tried everything to get away
So here I go again
Chasing you down again
Why do I do this?

Kite raggiunse il sito del duello, vi trovò Yuma, Astral, Tori, Shark, Rio e... Mizar, la persona che si aspettava di trovare, stava avendo la meglio sul suo amico ed era evidente che la situazione stesse precipitando. Prese il suo posto, ritrovandosi rinchiuso nel campo sferico Bariano con il biondo dominatore dei draghi. Sentiva Drago fotonico occhi galattici agitarsi, smanioso di combattere occhi tachionici. Gli era molto più semplice imputare al suo compagno la scelta di combattere quella battaglia, piuttosto che accettare il modo in cui Mizar lo faceva sentire.

It feels like everyday stays the same
It's dragging me down, and I can't pull away
So here I go again
Chasing you down again
Why do I do this?
Over and over, over and over
I fall for you
Over and over, over and over
I try not to
Over and over, over and over
You make me fall for you
Over and over, over and over
You don't even try

Iniziò a duellare, mettendo la potenza dei suoi sentimenti in ogni attacco, voleva vincere a tutti i costi, era un bisogno viscerale, che si era fatto strada dentro di lui e che stava mascherando i suoi reali intenti. Osservò i due draghi darsi battaglia, desiderosi di dimostrare chi tra loro fosse il più formidabile e potente. L'incredibile energia che sprigionarono fu sufficiente a destabilizzare il campo e a costringere Mizar alla fuga. Lo guardò andare via, lo sguardo furente che rendeva ancora più gelidi i suoi occhi azzurri, la folta chioma di capelli dorati che gli circondava il volto, dandogli un'aria fiera e indomabile, così simile a quella dei draghi, creature importantissime nella vita di entrambi. Sparì rapidamente com'era arrivato, lasciando dietro di sé una scia di devastazione. Kite non rimase, non ci riuscì, era attanagliato da dubbi e incertezze ma, soprattutto, si sentiva sopraffatto da una sensazione arcana e a lui estranea. Una sensazione che gli stava restituendo la passione per i duelli, persa anni prima a causa del gravoso ruolo di cacciatore di numeri che gli gravava sulle spalle. Quel Bariano era diverso dalla feccia che combatteva di solito, aveva un suo codice, una contorta morale che si ostinava a seguire. Era indubbiamente determinato a dimostrare di essere l'unico degno del titolo di padrone dei draghi. Per Kite però la posta in gioco stava diventando più alta, non gli era mai capitato prima di continuare a cercare spasmodicamente un suo rivale, nemmeno Yuma aveva acceso in lui un interesse tanto forte, eppure Mizar ci era riuscito, lo aveva legato a sé in un modo misterioso e incomprensibile, lasciandolo disorientato. Ovviamente non era pronto ad accettare i suoi sentimenti, né poteva permettersi di farlo. Conosceva il suo compito e Mizar era solo l'ennesimo nemico da abbattere, il resto non aveva importanza, d'altronde le sue emozioni non erano mai state prese in considerazione negli ultimi anni, sarebbe stato davvero sciocco iniziare a farlo proprio ora.

So many thoughts that I can't get out of my head
I try to live without you
Every time I do, I feel dead
I know what's best for me
But I want you instead
I'll keep on wasting all my time

La luna, quale luogo più ameno e misterioso poteva esistere per il loro confronto finale? Si era preparato a lungo a quel momento, sapeva di avere in mano le sorti della guerra contro i bariani, non poteva permettersi di perdere né tantomeno di lasciare che i suoi sentimenti confusi avessero la meglio sulla gelida logica e razionalità che lo avevano da sempre contraddistinto. Duellarono come solo due persone con il destino del loro mondo sulle spalle avrebbero potuto fare. Alla fine Kite ne uscì vittorioso ma i danni riportati da Orbital erano troppo ingenti per permettergli di salvarsi. La verità era che non gli importava, aveva adempiuto al suo compito e ora era pronto al meritato riposo, alla tanto agognata pace che non gli era stata concessa in vita.
Vide Mizar avvicinarsi, aveva gli occhi lucidi, sembravano due zaffiri puntellati di stelle. Vi leggeva un'emozione che, fino a qualche istante prima, era stata celata dietro un velo di rabbia e cieca dedizione.
"Lui è come me" si ritrovò a pensare con una punta di tristezza "costretto a combattere un'infinita guerra che non condurrà mai a una vera e propria vittoria, a perdere tutto ciò che aveva duramente conquistato. Per poi arrivare alla fine e farsi la stessa domanda che mi pongo io in questo momento: "Ne è valsa la pena?". " Era convinto che la risposta fosse un convinto e sonoro "no" ma poi la sua mente iniziò a vagare, a ricordare come, nonostante quel conflitto gli stesse togliendo ogni cosa gli avesse anche donato lui, Mizar. Il ragazzo che in quel momento lo stava stringendo tra le sue braccia, in un disperato tentativo di tenerlo ancorato al suo corpo, di impedire alla sua anima di compiere l'ultimo viaggio verso l'ignoto. Un sorriso amaro gli si dipinse sulle labbra, sapeva cosa avrebbe dovuto dire con il suo ultimo respiro, rivelargli ciò che provava era l'unica scelta possibile... ma non ci riuscì, finendo invece per spingerlo a raggiungere un destino simile al suo. Non era quello il suo intento e vedere la disperazione dipingersi negli occhi di Mizar, mentre sentiva le sue palpebre divenire sempre più pesanti, gli lasciò addosso un senso di amarezza difficilmente sormontabile. Fu solo quando, nei suoi ultimi attimi di lucidità, sentì il calore del suo viso accanto al suo collo che riuscì a trovare un po' di pace.
"Non sei riuscito a salvarlo ma non lo hai nemmeno perso... non ancora" fu questo il pensiero che lo accompagnò verso la fine, verso la meta di quell'interminabile e faticosissimo viaggio chiamato vita.
Mizar osservò per l'ultima volta il corpo di Kite, aveva un'espressione serena come se fosse riuscito a raggiungere un traguardo... o a trovare una risposta. Non aveva mai avuto il coraggio di concedersi di assecondare i suoi sentimenti per lui, nemmeno poco prima, nonostante sapesse che era la sua ultima occasione per farlo. Aveva trascorso buona parte della sua esistenza incapace di raggiungere la felicità, inizialmente aveva perso la sua famiglia poi Jinlon, il suo migliore amico, ed era stato trasformato da Don Thousand nella creatura piena di odio e vendicativa che era adesso. Kite era stato un piacevole contrattempo, una distrazione dalla straziante monotonia di sofferenza che era stata la sua vita. I duelli con lui avevano risvegliato una parte di sé che credeva persa per sempre, il lato umano che era convinto di essersi lasciato alle spalle. Per un po' lo aveva detestato per questo, tornare a provare emozioni e sentimenti così intensi era stato destabilizzante ma aveva ben presto imparato a trovarvi conforto, a rifugiarcisi per scaldarsi nei momenti in cui, nel mondo intorno a lui, sembrava esserci un eterno inverno. Ora che lui non c'era più era di nuovo il gelo a spadroneggiare, fu il suo desiderio di riavere quel tepore, no di riavere Kite, a spingerlo a compiere il passo successivo. Raggiunse Don Thousand e lo sfidò, sotto lo sguardo attonito di Nash, Yuma e Astral. Partì subito all'attacco, smanioso di chiudere in fretta il duello, e fu questo a causare la sua fine. Si era illuso di poter vincere, di riuscire ad ottenere il potere necessario a riaverlo con sé ma aveva fallito. Chiuse gli occhi, pronto ad accettare l'oblio eterno che lo attendeva ma fu sorpreso da una luce intensa, che ammantava di bianco il paesaggio circostante. Quindi era quello il limbo in cui avrebbe trascorso il suo illimitato futuro... non poté fare a meno di restarne deluso, si era aspettato la dannazione, una punizione perpetua per fare ammenda per i suoi innumerevole peccati, l'ennesima fonte di sofferenza nella valle di lacrime che era stato il suo passato. Si convinse che in fondo era meglio così, non meritava un futuro con Kite e, considerati i precedenti, più lontano lo avesse tenuto da sé più entrambi avrebbero avuto una speranza di salvezza. In fondo quello era l'inferno, doveva esserlo e in vita non avevano fatto altro che tormentarsi a vicenda, in un'eterna danza di sentimenti inespressi e paure nascosti sotto uno spesso strato di rabbia quindi quello che aveva era l'aspetto giusto, una vasta e vuota desolazione che lo avrebbe isolato dall'unica fonte di gioia che aveva avuto negli ultimi anni. Erano questi i pensieri in cui si era perso poco prima di accorgersi che il paesaggio intorno a lui stava mutando, come se stesse seguendo un desiderio recondito e inespresso che albergava nel suo cuore, lo vide, davanti a sé, inizialmente pallido ed evanescente, poi sempre più concreto e tangibile. Gli si avvicinò, con gli occhi sgranati e spauriti ma anche con una flebile speranza. Lo raggiunse, animato dalla smania di rivederlo, di potergli finalmente rivelare ciò che provava, e poi tutto svanì di nuovo. Si risvegliò sulla Terra, in forma umana, con ancora intatti i ricordi di quanto avvenuto poco prima. Corse alla disperata ricerca di Kite, doveva essere tornato, non era possibile che Yuma lo avesse lasciato indietro. Corse fino a non avere più fiato, fino a quando i suoi polmoni non lo costrinsero a fermarsi per recuperare le forze. Si sedette, ormai rassegnato all'idea che fosse tutto un incubo, uno interminabile che lo avrebbe accompagnato in un'infinità di notti insonni. Poi sentì una mano sulla sua spalla, scattò in piedi, pronto ad affrontare la nuova minaccia e se lo trovò davanti. Kite lo osservava con aria confusa, la sua reazione sembrava averlo destabilizzato. Cercò di recuperare una parvenza di compostezza prima di rivolgergli la parola.
"Ciao..." Bisbigliò con tono incerto, quasi come se si aspettasse di vederlo nuovamente dissolversi davanti ai suoi occhi.
"Ciao Mizar" gli rispose Kite con un sorriso divertito dipinto sulle labbra
"Stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma" disse, cercando, invano, di smorzare la tensione.
"Ti sembra il momento di scherzare?!?" Si ritrovò a gridare, sopraffatto dalla mole di emozioni che non avevano fatto altro che assalirlo dal loro ultimo duello
"Eri morto dannazione, ti ho visto spegnerti senza poter fare nulla e poi, quando pensavo che avrei potuto raggiungerti, sei sparito di nuovo... Io non so se tutto questo sia reale, se sono davvero tornato o se questo è solo un patetico tentativo della mia mente di regalarmi una chiusura, l'opportunità di dirti ciò che avrei voluto riferirti prima che finisse tutto... ma ormai non ha più importanza. Io... Provo qualcosa per te Kite, non so descriverlo con esattezza ma... ecco... sono felice di riaverti qui, a prescindere dal fatto che questa sia o meno un'illusione..." Ammutolì, sopraffatto dall'enormità di ciò che aveva appena detto. Osservò attentamente le sue reazioni, pronto ad essere schernito e rifiutato ma non successe, al contrario Kite gli si avvicinò, stringendolo a sé. Non riuscì a comprendere ciò che gli disse in seguito, la sua mente era altrove e nelle orecchie riusciva solo a sentire il battito incessante del suo cuore. Ricambiò la stretta, dapprima con incertezza e in seguito con disperata intensità. Gli ci volle qualche interminabile istante per realizzare che era tutto vero, non lo avrebbe perso di nuovo. Finalmente aveva l'opportunità che aveva così ardentemente desiderato e si ripromise di non sprecarla.
Passarono diversi mesi prima che entrambi realizzassero cosa provavano uno per l'altro, il profondo senso di disagio che nasceva in loro all'idea di parlare di sentimenti aveva messo un freno alla loro relazione ma, una volta superata questa infondata paura, furono in grado di costruire un legame indissolubile che li avrebbe accompagnati negli anni a venire.

Piccola postilla dell'autrice
Ciao a tutti/e, non sono solita scrivere outro o commenti per le mie storie, l'ho fatto per un po' per poi accantonare l'idea, che ho però deciso di adottare nuovamente per questa serie di one shot (immagino dipenda dal mio essere un'indecisa cronica ma chi può dirlo?).
Quella che vedete è la prima di una (lunga?) serie di one shot a tema zexal. Ho deciso di esplorare anche personaggi che di solito non ho considerato più di tanto, come Kite, Mizar e lo stesso Yuma.
Spero che questa idea possa piacervi e di poter creare delle storie interessanti.
Grazie per il vostro tempo, sentitevi liberi di lasciare un commento se vi va




Ciao a tutti/e, questa è stata senza ombra di dubbio la storia più difficile ma, al contempo, più soddisfacente da scrivere. Era da un po' che volevo creare una fic con Rio come protagonista, ho sempre trovato poco plausibile che, dopo ciò che aveva passato, lei andasse avanti con la sua vita come se nulla fosse. Ho quindi deciso di dare una mia versione, una sorta di "dietro le quinte" se vogliamo. C'è molto di me in questa storia, tanti dei demoni che, a differenza della protagonista, non sono ancora stata in grado di sconfiggere. Scrivere questo genere di fic è terapeutico per me e mi auguro possa esserlo anche leggerla per chi sta affrontando una situazione simile. Non siete soli e potete farcela, ricordatelo sempre 💜
Spero che possiate apprezzarla e valutare di lasciare una recensione.


   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL / Vai alla pagina dell'autore: NymeriaStark