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Autore: _Tallulah_    20/01/2022    0 recensioni
A breve inizierà il secondo al Karasuno. Una corona cadrà, una nuova monarchia sta per fare un colpo di stato nel regno che è la Palestra N2.
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«Per me sei la pallavolo al di fuori della pallavolo.»
Sgranò gli occhi a quelle parole, quella ammissione, con il cuore che pompava e il battito come un tamburo a riempirle le orecchie.
«Ti rendi conto di quello che hai detto?» chiese quasi senza fiato non osando girarsi «Tu..t-tu ami la pallavolo...»
«Già...»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karasuno Volleyball Club
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Era suonata l’ultima campanella della giornata, Ikeda aveva allontanato leggermente la sedia dal banco poggiandovi la fronte sul bordo.  

Stava ancora cercando di metabolizzare quello che era successo a pranzo, prendendo razionalmente coscienza del fatto che a breve avrebbe rivisto quei due. 

«Ikeda tutto bene?» la voce di Yachi la ridestò da quello stato in cui era sprofondata «Ti senti nervosa a incontrare la squadra? Non devi, vedrai che andrà bene.» aveva aggiunto la manager. 

La moretta la guardava mordendosi il labbro inferiore, si chiedeva se fosse il caso di dirle quello che era successo e rimandare il suo ingresso al club di qualche giorno. Poi scosse la testa, prima o dopo avrebbe dovuto comunque vederli. 

«No... Si... Forse solo un po'.» fu la risposta di Ikeda. 

«Dai, andiamo ti faccio vedere dove cambiarci. Devi salutare qualcuno prima di andare?»  

«No, possiamo andare,» risposte l’altra prendendo il borsone con le sue cose. 

Camminavano entrambe con calma per i corridoi che brulicavano di ragazze e ragazzi, intenti a raggiungere chi i propri club o che cercavano di guadagnare l’uscita per tornare a casa. 

Ikeda si teneva un passo indietro, non sapendo dove andare, seguendo Yachi che le faceva qualche domanda sulle lezioni di quella giornata. 

Avevano continuato a chiacchierare anche negli spogliatoi mentre si cambiavano.  

«Quindi non hai ancora fatto nessuna amicizia in classe?» in quella domanda c’era un velo d’incredulità. Yachi era sorpresa, per certi versi la ragazza che le dava le spalle mentre si cambiava le ricordava il carattere solare di Hinata. 

«Mmmh no. Ma credo sia normale, loro già si conoscono. C’è stata la curiosità iniziale del primo giorno, quando hanno saputo che prima vivevo fuori dal Giappone, la cosa però è morta lì.» rispose Ikeda, mentre slacciava il reggiseno per indossare quello sportivo. 

La biondina arrossì guardando l’altra intenta a indossare una maglietta, la divisa della scuola non le rendeva giustizia. Il seno, che aveva sbirciato mentre era scoperto, sembrava una taglia più grande di come appariva coperto dalla camicia e giacca che indossava prima. 

Si rese conto di star fissando quel fisico, asciutto e tonico, solo quando Ikeda si voltò per appoggiarsi alle mensole dove aveva riposto la divisa, per aiutarsi a indossare i pantaloncini. 

«Scusa non volevo fissarti.» disse con imbarazzo Yachi riprendendo a spogliarsi. 

Ikeda si mise a ridere, facendo passare una gamba e poi l’altra nei pantaloncini da allenamento, in cui infilò poi il bordo della maglietta larga, in modo che durante i salti non avrebbe scoperto altro pensando, e sbiancando di nuovo leggermente, che già aveva dato. «Figurati, insomma non sei la prima ragazza con cui mi cambio.» 

«Ti alleni molto?» chiese la manager, cercando di allontanare ancora quel leggero imbarazzo. 

 

La risposta arrivò dopo un lungo momento di riflessione. 

«Sì e no, mi piace tenermi in forma, anche se durante il trasloco non ho avuto molto tempo, ma l’allenamento è diventato essenziale perché mi piace mangiare. 

L’Italia, da questo punto di vista, mi è stata maestra condannandomi inesorabilmente.» rispose con una risatina, Ikeda, per poi continuare. 

«Non c’è un piatto che mi abbiano messo davanti che sia stato cattivo, poi agli italiani piace proprio cucinare e ritrovarsi attorno ad un tavolo, lo fanno praticamente sempre. 

Tutta la settimana con la famiglia che vive sotto lo stesso tetto, ma il sabato o la domenica si ritrovano con tutti i parenti, visto che noi eravamo stranieri spesso ci invitavano per senso di accoglienza. 

Una volta un collega di mio fratello, non aveva avvisato la nonna che avrebbe portato due ospiti...erano i primi tempi e non conoscevamo ancora così bene la lingua, non che avremmo capito comunque qualcosa, la signora era talmente arrabbiata con il nipote che gli stava urlando in dialetto stretto, ma questo lo abbiamo scoperto solo dopo. 

Io e mio fratello eravamo terrorizzati, c’era questa signora che gridava in cucina mentre girava con rabbia qualcosa nella pentola, poi ha iniziato a inseguire il nipote con un mestolo pulito cercando di colpirlo. Ti giuro una scena surreale...lui che scappava, lei che lo inseguiva per tutta casa e i parenti che ridevano e si versavano del vino. Come se fosse la cosa più normale del mondo.» 

 

Ikeda annuiva davanti allo sguardo sbigottito di Yachi, che continuava a cambiarsi, mentre lei iniziò a pettinarsi i capelli riprendendo il discorso. 

«Quando si è avvicinata a noi, non sapevamo che fare, pensavamo volesse dirci di andare via, ma non aveva più il tono che aveva usato con il nipote. 

Il collega di mio fratello ci traduceva quello che la nonna diceva. In pratica si stava scusando mortificata perché, secondo lei, quello che aveva preparato non era abbastanza buono e credeva non sarebbe bastato per tutti, inoltre ci stava invitando a pranzare il giorno dopo, con la promessa che avrebbe cucinato qualcosa degno, a detta sua, per degli ospiti. 

Yachi credimi, può sembrare una bugia ma non lo è, ci siamo seduti per le dodici e non ci siamo alzati prima delle tre di pomeriggio, completamente satolli. 

Abbiamo detto più volte che si era preoccupata per nulla, il cibo era tanto e tutto era squisito, ma non ha voluto sentire ragioni, il giorno dopo ha cucinato solo per noi e il nipote alcune cose tipiche, ed erano davvero più buone del giorno precedente. Cosa che non credevamo possibile. A quanto pare le nonne in Italia sono tutte così, ti riempiono di cibo delizioso convinte che non sia mai abbastanza come quantità e bontà.» 

«Deve avervi preparato un sacco di pizze, quella nonnina.» disse Yachi divertita. 

«Veramente no, me lo ha chiesto anche Ito l’anno scorso se mangiavo continuamente pizza in Italia. Ito è un ragazzo del club di pallavolo della scuola che frequentavo a Nagano.» le rispose, sorpresa da come tutti associassero solo la pizza all’Italia. 

«Ma non si mangia solo pizza, o almeno non la mangiano nelle occasioni che considerano speciali, è più una cosa che si mangia a cena tra amici.» la ragazza mora ci teneva a fare quelle precisazioni volendo, per quanto possibile, correggere gli stereotipi falsi sull’Italia. 

«Allora mmmh, forse ha cucinato tanta carbonara. Io l’ho mangiata solo una volta, c’è un ristorante italiano qui vicino se non lo sai...» 

«No Yachi, ti prego, ti blocco subito. Ci siamo andati anche noi appena arrivati a Miyagi, per vedere se era veramente italiano. Di italiano c’è solo la dicitura nell’insegna. 

Ad ogni modo per tornare al discorso iniziale, dall’Italia ho appreso il piacere di mangiare e poi, un po' per necessità un po' perché volevo riuscire a rifare da sola quei piatti così buoni, ho imparato a cucinare. Mi alleno anche per sensi di colpa quindi, se così vogliamo chiamarli. 

Comunque, nonostante gli italiani possano dissentire, anche nel resto d’Europa si mangiano cose davvero buone.» a Ikeda costava ammettere quell’ultima cosa, amava l’Italia ma bisognava anche essere onesti. 

 

Ci fu di nuovo un momento di silenzio. 

«Deve essere stata dura spostarsi tanto, io non ci riuscirei a ricominciare da zero ad ogni scuola.» Yachi guardava l’altra con una certa ammirazione. 

 

A quelle parole Ikeda bloccò i movimenti veloci con cui stava legando i capelli in una coda alta per rivolgerle uno sguardo interrogativo. 

 

«No, voglio dire in-insomma ti sei spostata tanto. Il tempo per farti degli amici e poi ti trasferisci, deve essere poco piacevole lasciarli. Ecco considerami già tua amica qui al Karasuno, sono sicura che diventeremo amiche, quindi diventiamo subito amiche.» la manager aveva detto l’ultima parte tutto d’un fiato. Voleva essere d’appoggio a quella ragazza appena arrivata che non conosceva ancora nessuno. 

Ikeda finì di legarsi i capelli con un sorriso sincero e di gratitudine, Yachi le aveva ricordato per un secondo la bambina dai capelli biondi, anzi biondissimi, che un giorno le si era avvicinata, sedendosi al suo stesso banco per passarle un bigliettino. Non lo aveva mai detto a Helmi ma ancora custodiva gelosamente quel foglietto. 

«Beh, ti ringrazio. Allora sei ufficialmente la mia prima amica in Giappone. 

Ah, ma Yachi tu mi hai fatto parlare senza interrompermi, non si è fatto tardi?» disse velocemente la moretta, prendendo in gran fretta quello che le serviva per l’allenamento dal borsone. 

«Accidenti, si in effetti siamo un po' in ritardo meglio sbrigarci.» 

    

 

*un grande ringraziamento va ad okami2717 che sta facendo la lettrice Beta alla mia storia*

   
 
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