Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Indaco_    27/01/2022    0 recensioni
Mobius era una tavolozza di colori, specie, caratteri, culture, cibi e via dicendo. Pulsante di vita, la città datata secoli era un variegato multi gusto. La sua crescita economica e sociale era intessuta da persone particolari, da eventi dimenticati e poco conosciuti e da tanti, tanti soldi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Pierre ultimò gli ultimi dettagli della mappa con una penna a china.  I fantastici voti  in disegno tecnico non erano mai stati regalati nella sua classe. D’altronde le precise ed ordinatissime tavole che si trovava davanti agli occhi erano davvero superbe per uno che non prendeva in mano stecche e righelli  da una vita. Sul foglio di carta era stato disegnato un labirinto. Quadrati e rettangoli minuscoli, incollati uno all’altro , andavano forma a tantissime stradicciole collegate tra loro.
I poligoni rappresentavano le case e tutti gli altri edifici ed erano così tanti e così mal costruite che più di una volta aveva dovuto sbarrare delle “x” dove le case pericolanti, crollando, avrebbero bloccato le strade. I suoi ricordi sicuri e puliti avevano cacciato fuori una cartina altrettanto bella. Non copriva nemmeno un quarto della grandezza del porto ma, per i suoi sottoposti, era più che sufficiente: non gli avrebbe mai spediti nel cuore di quella bruttura.
Ammirando il lavoro ben svolto arrotolò la cartina con cura e, entrando nella saletta, la depose nelle mani dello sbigottito Steve che non ricordava ormai più della richiesta avanzata il giorno precedente.
< Sei stato davvero veloce! Grazie! > esclamò seriamente colpito l’orso grigio.  Gli occhi dei tre subordinati si levarono all’unisono e andarono a posarsi sul pezzo di carta. Amy in particolar modo non sapendo cosa fosse. Quando Steve l’aprì per ammirarne il contenuto la riccia rimase davvero stupita.
La cartina era davvero ben fatta, tanto da riconoscere fin da subito il contenuto. Non capiva, semmai, a cosa potesse servire visto che non sarebbe più emersa per almeno un altro anno. Con l’avventura al porto il suo capo, a quello che aveva dimostrato, non era per nulla interessato alle indagini, per questo non riusciva a capacitarsi della creazione di quella dannata cartina. A che scopo se poi Pierre non aveva intenzione di spedirli la e, soprattutto, non aveva intenzione di approfondire il problema? Evitò di pensare a tutto quello che stava tralasciando: in una giornata era riuscita a beccare un pesciolino, figuriamoci impiegando tempo, aiuti e, soprattutto, voglia.
Portando quasi per sbaglio gli occhi al quadrante dell’orologio, si accorse di aver regalato dieci minuti di tempo al suo titolare. Rollando gli occhi al cielo, chiuse i documenti aperti sul pc e si preparò ad uscire: la sua migliore amica l’aspettava per un caffè e lei rischiava davvero di far tardi. Dopo aver piegato con cura la sua divisa ed essersi vestita, raccolse in fretta e furia i suoi oggetti.
< Buona serata a tutti, ci vediamo domani > esclamò frettolosa camminando a passo spedito verso l’uscita. I tre ancora presenti nella stanza la salutarono a loro volta. La rosa uscì defilata dalla stanza. L’aria fresca e pulita, la luce brillante e le vie trafficate azzerarono fin da subito il suo malumore che in quei giorni era davvero al massimo. Senza pensarci troppo si avviò in centro città per trovarsi con Honey The Cat: una tipetta piuttosto esuberante e gentile. Conosciuta per caso a causa dello sfortunato scippo della borsetta della gatta, tra le due era nata una forte amicizia fin da subito.
Diversamente dalla normalità Honey era in ritardo ed Amy si trovò a sedersi per prima nel tavolino del loro bar preferito: una piccola pasticceria artigianale degna di nota per le sue straordinarie creazioni. Non ebbe il tempo di rifarsi gli occhi con le paste al cioccolato perché dall’entrata, con un grintoso vestito nero e rosso, entrò la migliore amica con ampi occhiali da sole agli occhi. Amy s’illuminò di un sorriso e la salutò con un cenno. La ragazza sorrise a sua volta e le si affiancò togliendosi gli occhiali scuri.
< Buongiorno Amy, come stai? >.
< Honey! Il tuo vestito è meraviglioso! Un nuovo pezzo della tua collezione? > domandò ammirata la riccia ignorando la domanda di proposito. La gatta gialla non riuscì a trattenere un altro sorriso.
< Sì. Ti piace?! Il corso sta dando i suoi frutti! Finalmente il mio sogno sta prendendo forma! >
< di sicuro la tua ascesa avverrà più velocemente di quel che desideri! > replicò con entusiasmo la rosa sistemandogli una leggera grinza sulla spalla.
< Se così sarà dovrò solamente ringraziare te. Il mio curriculum ha preso forma dal tuo pc e novità delle novità … sabato ho un colloquio con la “Boutique di Perla”! > esclamò teatrale portando le braccia verso l’alto. Amy sgranò gli occhi: per un’aspirante stilista era praticamente un palco la costosissima e raffinatissima Boutique. Insomma era un evento davvero importante che avrebbe potuto stravolgere la sua carriera. I bravissimi sarti all’interno dell’emporio le avrebbero insegnato e soprattutto l’avrebbero aiutata ad impratichirsi.
La riccia pensò che non le restava altro che fare la cavia: non le sarebbe dispiaciuto indossare i modelli dell’amica.
< Davvero? Ma dobbiamo festeggiare allora! Prendiamo subito due bicchieri di … >
< No, no, no Amy! Non voglio illudermi. Festeggeremo non appena avrò almeno  l’opportunità di fare almeno una settimana di prova > le rispose asciutta sistemandosi il cerchietto di pizzo irremovibile. Amy addolcì il sorriso, sapeva con certezza matematica che la boutique l’avrebbe di sicuro accettata: necessitava di mani giovani all’interno e di voglia di fare.
< Va bene. Ma sabato sera sarò occupata probabilmente > le rispose mettendo ben in chiaro che quel week end non ci sarebbero state festine.
< Uuuh, cenetta romantica tu e Gage? > replicò con un occhiolino malizioso la gatta gialla che conosceva tutto dell’amica. La rosa trattenne un sorriso a stento.
< Solo se le cose andranno al loro posto > e con quella prefazione la riccia vuotò il sacco sugli ultimi avvenimenti. 


Blaze, Sonic e Silver contemplavano smorzi le onde del mare infrangersi sul molo. Dalla cima di un vecchio peschereccio, ben abbordato al molo, i tre ragazzi osservavano il mare calmo e placido. Il sole iniziava la sua lenta discesa e attorno a loro l’acqua mutava colore di minuto in minuto. Il senso di sconfitta che albergava negli animi dei tre era persino palpabile. Come ultimo step avevano controllato il porto, più specificatamente quello che restava da controllare visto che le ricerche erano state portate ben avanti dai sottoposti di Borel. Era stato completamente inutile comunque, come sospettato, non era saltato fuori nemmeno un indizio. Avevano davvero controllato ovunque e a nessuno dei tre veniva alla memoria qualcosa che potesse suggerire una pista.
Julius si era volatilizzato ed il maggiore del trio non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che il topo si fosse volatilizzato al creatore. Sebbene nelle loro giovani vite le sparizioni erano avvenimenti rari ma comunque presenti, fino ad allora, gli spariti erano sempre state persone fuori dalle loro cerchie di amicizie. Era perciò la prima volta che qualcuno di vicino a loro veniva a mancare e il dispiacere era davvero molto.
Il riccio maggiore si grattò la tempia e alcuni aculei gli si intrecciarono abilmente tra le dita. Il sospiro profondo di Silver deviò la sua attenzione dall’orizzonte al compagno accanto a lui. < L’abbiamo perso per sempre vero? > domandò l’argentato sollevando una bottiglia di plastica dalle onde con la telecinesi. Nel vedere la testa del blu abbassarsi, la gatta prese la parola cercando di tenere alto lo spirito.
< Bhe, forse … non è ancora detta l’ultima parola > pronunciò poco convinta utilizzando ugualmente parole di speranza. Avrebbe voluto iniettarla direttamente al riccio se fosse stato possibile. Sonic sorrise amaro.
 < Spero davvero che si avveri quanto hai detto Blaze, sarebbe il primo a fare ritorno da queste improvvise sparizioni in quel caso >.
Silver, visibilmente nervoso, si passò dietro alle spalle gli aculei argentati e non muovendo nemmeno un muscolo buttò il rifiuto nel cestino. Quanto avrebbe voluto trovare almeno un piccolo indizio!
< Forza, torniamo a casa, altrimenti Viola si preoccuperà davvero >. Detto ciò Blaze si stiracchiò le gambe e rigirandosi prese la strada del ritorno. Con un salto scese dal peschereccio e, accigliandosi per i ricci ritardatari, attese pazientemente.
Sonic attese esattamente quel momento per avvicinarsi a Silver furtivamente. La gatta dalla sua posizione non poteva né vederli né udirli.
< Silv, tieni d’occhio Blaze e non lasciarla uscire da sola da oggi. E la stessa cosa vale per te: sii prudente > bisbigliò sottovoce il maggiore assumendo più i tratti di mamma chioccia che da amico.
Silver sbatté le palpebre sperando che l’amico di vecchia data scherzasse ma lo sguardo serio e gli occhi agitati negavano quelle speranze.
< Mi chiedi l’impossibile So’! Blaze non si lascerà mai accompagnare come una bambina! > rispose di impeto spiando se la gatta stesse sentendo o meno.
< Certo che no, lo so benissimo. Ma non credo che per te sia un problema no? > esclamò chiudendo il discorso in fretta prima che la gatta si insospettisse. Silver non rispose.
Il blu percepiva perfettamente i sentimenti che agitavano il cuore del migliore amico: il terrore di infastidirla e la voglia di starle accanto erano due parti di lui che combattevano incessantemente. E per quanto capisse la difficoltà sapeva con altrettanta chiarezza che quel semplice ordine l’avrebbe aiutato.
 I tre ragazzi, controllando ancora una volta i luoghi già setacciati, entrarono in città quasi non accorgendosene. I tre camminarono a passo svelto verso il centro città, tappa obbligata per tornarsene a casa, e meno gente li avrebbe visti meglio era. Oltretutto la luce iniziava a scarseggiare sempre più e, assieme a lei, il calore legato ad essa. Dettagli che i tre non notarono, troppo impegnati a pensare a qualche luogo inesplorato o qualche fatto che poteva aver toccato la famiglia di Borel. E a peggiorare la faccenda era il fatto che, come simbolo di cortesia e di vicinanza, al blu toccava pure chiamare The Mutton e avvisarlo della ricerca inutile. Avrebbe pagato qualsiasi cifra pur di aver un piccolo indizio da comunicargli.
A sbalordirlo e a lasciarlo così perplesso infatti era la totale mancanza di testimoni e di indizi.
< E se fosse bloccato in carcere? > esclamò la viola bloccandosi in mezzo del marciapiede. Un soffio di vento fece svolazzare le falde del cappotto lilla della ragazza. I due compagni si fermarono di fronte a lei e si guardarono stupiti.
< Blaze, hai ragione cavolo! Non ci avevo nemmeno pensato! > esclamò il blu portandosi le mani alla fronte.
< Bhe, se tu non l’hai visto Sonic, di sicuro non si trova in quella centrale. Mobius ne ha almeno una ventina tra piccoli uffici e stazioni più serie. Forse, se è stato beccato a fare qualcosa … > - iniziò Silver grattandosi la guancia - < … potrebbero averlo portato in qualche ufficio più grosso. Dobbiamo indagare! > concluse il blu battendo il pugno sul palmo della mano.
Era estremamente fattibile quello che la gatta aveva ipotizzato e il riccio si sentì immediatamente carico di speranza e di buone aspettative.
< Blaze sei una fottuta genia, se dovesse essere come hai detto aprirò in tuo onore una bottiglia di champagne a tua scelta > promise il maggiore componendo un numero sulla tastiera del telefono. Lusingata, la gatta rifiutò graziosamente l’offerta con un gesto della mano, l’unica cosa che le importava davvero era di trovare Julius vivo. Quella sarebbe stata la sua ricompensa.
Il riccio scosse le spalle al suo diniego e appoggiò il telefono all’orecchio. Sollevando appena la testa si accorse solo in quel frangente che il buio iniziava ad avvolgerli e un soffio freddo gli congelò il naso.                                                                                 

In un ufficio di piccole dimensioni, incassato tra una pasticceria e un negozio di occhiali, un enorme coccodrillo, seduto mollemente sulla sua poltrona, compilava la terza riga di un intricato sudoku mentre il telefono dell'ufficio trillava allegramente. La catena dorata al collo e le cuffie perennemente agganciate lo facevano sembrare ad un dj, ma il rettile si occupava di tutt’altro settore. Da anni infatti si spacciava in modo eccellente come investigatore privato andando in soccorso di mariti traditi, fidanzate gelose e piccoli casi di spionaggio. L’unica pecca di quel lavoro era che il basso numero di clienti che entravano nell’agenzia lasciavano un bel po’ di tempo libero al proprietario, il quale doveva trovare un modo per ammazzare il tempo.
< Hai intenzione di rispondere alla chiamata o la lascerai cadere? > domandò severo un camaleonte rosa appollaiato dietro alla sua scrivania. Gli occhi gialli del ragazzo lo fissarono con disappunto e incredulità. Vector girò pagina cercando un altro sudoku,
< e' sempre bene far aspettare un po’ i clienti Espio. Altrimenti penseranno che siamo senza lavoro > rimbeccò il verde sollevando la penna a mo’ di maestro d’orchestra. Il camaleonte sollevò gli occhi al cielo, era davvero quello il problema?
< Bhe, questo è meglio che non lo fai aspettare un granché. È The Hedgehog. >. Il coccodrillo quasi rovesciò la sedia e la scrivania per poter afferrare il prima possibile la cornetta. Il cognome del riccio spandeva denaro al solo nominarlo, oltre ad una gran dose di problemi, ma confrontando la cifra dell’affitto a quella pagata dal ragazzo conveniva indiscutibilmente avere il blu nella lista dei clienti.  
< Agenzia investigativa Chaotix, come possiamo aiutarla? > recitò in tre secondi cercando di trattenersi dall’eccessiva cortesia.

< Buonasera Vector! > salutò allegramente il riccio blu dall’altro capo del telefono. Trovare al primo colpo il detective era difficoltoso persino per lui.
< Buonasera anche a te Sonic! Qual buon vento ti porta a chiamare? > rispose caloroso il rettile comportandosi come se il famoso riccio fosse davanti a se. Espio con un sospiro iniziò a raccogliere le settimane enigmistiche cadute dal tavolo. Era ben contento che il riccio avesse chiamato, l’agenzia navigava in acque poco danarose e qualche cliente in più non avrebbe disturbato nessuno. Il blu si schiarì la voce:
< ho un lavoretto molto delicato per te. Puoi venire al solito posto il prima possibile per favore? > domandò serissimo il riccio con gentilezza.  Vector balzò sull’attenti con tanto di saluto militare.
< Certo, al tuo servizio! > tuonò allegramente.
< Lo spero, mi toglieresti un grosso problema. A tra poco allora > concluse Sonic chiudendo la chiamata. Il rettile abbassò la cornetta con un sospiro soddisfatto. I grossi problemi portavano grossi introiti.
< Uhmm, chissà cosa vorrà, “grosso problema” eh? Sono davvero curioso. Spero solo che sia qualcosa di semplice > proseguì parlando più a se stesso che all’amico che stirava le copertine delle riviste in perfetto silenzio. Espio non era il tipo che amava oziare, anzi, non sopportava stare con le mani in mano. Per questo non vedeva l’ora che il boss fosse già di ritorno, necessitava di un obiettivo da raggiungere.
< Non dovresti preoccuparti ma affrettarti Vector, impiegherai mezz’ora per arrivare al porto. Tra dieci minuti inizieranno i turni serali nelle fabbriche e sarà un inferno laggiù. Rimarrai bloccato nel traffico. Potrai dire addio a Sonic e compenso allora, che, ti ricordo, risulta sempre molto sostanzioso > esclamò lanciando un’occhiata all’orologio appeso alla parete. Il coccodrillo si tolse le cuffie.
< Certo, certo, quanta ansia Espio! Adesso vado. Andrai tu a prendere Charmy allora? > domandò infilando un impermeabile giallo.
< Come sempre Vector >
< bene! Allora io vado! A più tardi! > e con un cenno della mano uscì dall’ufficio spensierato.

Vector si guardò attorno furtivamente e, accertato che nessuno lo stava seguendo o guardando, premette il piccolo campanello. L’appartamento utilizzato per quelle visite era davvero modesto e vuoto. Si trovava in periferia, in mezzo al via vai di macchine e lavoratori che si dirigevano nelle tante fabbriche costruite in quelle zone.
A prima vista si sarebbe scambiato per un qualsiasi appartamento disabitato, uno dei tantissimi inseriti in quella zona. Le finestre sempre sbarrate e le porte ben chiuse non davano la parvenza di essere abitato. Sapeva con assoluta certezza che quelle quattro mura erano soltanto una copertura, ma a lui poco importava cosa volevano nascondere in realtà. Sonic pagava bene, era onestissimo e le sue richieste erano davvero poche. E tutto sommato non aveva mai chiesto imprese strane o illogiche. Solamente l’assoluto silenzio e il far finta di non conoscerlo. E andava benissimo così.  
La porta si aprì con un leggero cigolio ed il ragazzo blu apparve nelle tenebre come un fantasma con il solito sorriso sulle labbra. La casa era totalmente buia e priva di luce ma le pupille verdissime scintillarono sotto la luce del lampione. Un brivido gelato percorse la schiena del coccodrillo spaventato dalla mancanza di una luce all’interno della dimora: per un attimo credeva di aver visto anche qualcos’altro steso a terra. Il sorriso del riccio si allargò ancora mostrando gli incisivi e regalandogli un aspetto rassicurante.
< Buona sera Vector, sono appena arrivato e non ho avuto il tempo di accendere le luci, scusami. Su entra, comincia a fare freddino qui fuori! > iniziò con allegria il riccio facendo un passo indietro ed indicando il salotto immerso nell’oscurità. Dalla finestra della cucina entrava una debolissima luce che si sarebbe estinta nel giro di poco.
< Buonasera a te Sonic > borbottò leggermente teso l’alligatore. Il blu accese le luci e fece strada in cucina seguito dall’ospite.
< Ti ringrazio per essere venuto qui il prima possibile, spero di non averti spaventato > continuò con tono dispiaciuto capendo al volo il problema.
< Assolutamente, per un po’ di buio! > Si affrettò a spiegare seguendo il blu nella stanza. Entrando all’interno dell’edificio capì che quello che aveva visto a terra in realtà erano solamente scatoloni. Di qualsiasi misura, occupavano due terzi del salotto. Con sguardo sbalordito passò tra torri di carta che si alzavano da entrambi i fianchi arrivando in cucina.
< Ti stai trasferendo? > domandò incuriosito l’alligatore sedendosi al suo solito posto sulla piccola tavola. I mille scatoloni erano ben chiusi e la casa disabitata ed impolverata sembrava iniziata ad un nuovo trasferimento.
< Oh no, diciamo che sono cose degli altri. A breve spariranno. Caffè giusto? >
< Grazie. Allora, che incarico è stavolta? > si interessò lanciando un’occhiata curiosa in giro. Non riusciva ad aspettare un altro minuto di più, la curiosità lo mangiucchiava. Quelle di Sonic non erano mai richieste semplici o banali e, doveva ammetterlo, in fondo si divertiva anche ad avere mansioni così particolari. Non che fosse tutto rose e fiori, ricordava benissimo la notte che aveva dovuto pedinare un signore sotto la pioggia gelata e ricordava ancor meglio quando aveva indagato sull’impronta di uno strano pneumatico lasciato sul terreno molle. Non si sarebbe mai scordato di come si era sentito quando aveva scoperto che l’impronta speciale apparteneva ad un modello storico e raro di una certa automobile. Era stato favoloso. Ritornò al presente quando si accorse che il riccio indugiava a rispondere. Gli aculei blu lunghi sino alla schiena ondeggiarono.
< Bhe … è davvero semplice stavolta > esclamò portando le tazze di caffè in tavola.
< Diciamo che … devi solo fare un controllo > iniziò selezionando le parole adeguatamente. Voleva limitare al massimo le informazioni in uscita: Borel non avrebbe mai accettato l’aiuto di qualcuno esterno ai loro affari.
< Va bene, sentiamo > replicò il coccodrillo appoggiando i gomiti sulla tavola.
< Mi serve sapere chi sta venendo o è stato trattenuto nelle caserme locali. Esclusa questa residenziale che … è stata già controllata > esclamò trattenendo un respiro. Nemmeno per il riccio le cose erano così facili, la sottile linea che separava la legalità e l’illegalità era così soggettiva da dover tastare bene il terreno prima di lasciarsi scappare qualche frase di troppo.  E Vector, per quanto si fidasse di lui, era comunque onesto e un bravo cittadino. Il coccodrillo aggrottò le sopracciglia confuso.
< Mhhh, i risultati saranno molto scarsi se devo essere sincero. Per sapere questo tipo di cose è necessario fare alcune richieste e servono valide motivazioni. Rimarranno comunque documenti. Diverso se tu cercassi una persona in particolare > ragionò a voce alta il detective sprofondando le iridi dentro alla tazzina.
< Se trovassi l’agente giusto e con una buona scusa qualcosina si può fare senza dare troppe informazioni >. Il riccio si lasciò scappare un sospiro e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo. Vector lo lasciò riflettere in pace fingendo di sorseggiare il caffè con lentezza. Spillargli risposte era impossibile quindi non gli rimaneva che accontentarsi di quello che avrebbe detto. Anche se, a vederlo con lo sguardo fisso al pavimento e una smorfia, non credeva potesse dire altro.
< Il problema è che potrei darti un nome ma … sicuramente non potresti trovarlo. Non so se mi spiego. Inoltre non sono autorizzato a dare nomi e cognomi > esclamò con un sospiro mesto sollevando la testa. Vector portò le braccia sul tavolo.
< Capisco benissimo Sonic. Nomi falsi eh? > si lasciò scappare con una risatina nervosa. Il blu ribatté semplicemente con un sorriso nervoso annotandosi mentalmente che quel coccodrillo era davvero perspicace.
< Non hai doti da hacker vero? > ironizzò il blu riportando il discorso al tema centrale.
< Un mio collega sì. Ma non è così bravo. L’unica soluzione è andare di fortuna > . Sonic sollevò un sopracciglio non capendo il ragionamento del detective.
< Descrivimelo. Entrerò nelle caserme e controllerò se c’è. Ovvio, potrò fornirti solo informazioni riguardo al presente. Se fosse stato arrestato e rilasciato non potrei saperlo >. Il riccio si alzò e iniziò a camminare in circolo per sgranchirsi le gambe.
< Non è quello che vorrei ma potrebbe essere una mezza idea. E la scusa per dare una sbirciatina a quelle mezze carceri? >
.< bhe, racconterò che mi hanno rubato il portafoglio e che ricordo perfettamente il ladro > . Sonic sorrise dopo un’attenta valutazione.
< Il “ladro” è un topo giallo scuro, ha gli occhi color crema ed è più basso di me. Ha … credo … sui quarant’anni. Ma sarà stasera che ti darò il via se partire o meno. Devo consultarmi prima. Ma ti ringrazio anticipatamente per l’aiuto > Vector capì che la riunione era finita e si alzò in piedi facendo strisciare la sedia.
< Mi spiace di non aver nessun aggancio alle caserme. Sarebbe molto più semplice farsi dire chi è stato catturato o meno > esclamò assumendo uno sguardo pensieroso. Il dito artigliato andò a lisciare una squama sul collo dove la collana appoggiava tutto il suo peso.
< Grazie a Dio nemmeno io, nonostante gli innumerevoli vantaggi. Anche se sarebbe molto più facile in questa situazione > rispose il blu depositando sul tavolo una certa somma di denaro uscito magicamente dalle sue tasche. Il coccodrillo ipotizzò la somma dalla dimensione dei ring e rabbrividì. I ring più piccoli e con il valore più alto erano una decina e brillavano freddi sotto la luce bianca del lampadario. L’affitto per quel mese era pagato e anche una parte di bollette. Quasi si vergognava di accettare tutti quei soldi solamente per quella specie di visita.
< Su, su, prendili! Almeno il tempo che mi hai dedicato > esclamò il riccio leggendo lo sguardo dubbioso del detective. Le iridi color caramello zigzagarono dal riccio alle monete valutando come comportarsi. Le mani del rettile indugiarono un attimo ma poi raccolsero i piccoli anelli facendoli tornare in una nuova tasca.
< Sono io a ringraziarti per la generosità.  Se c’è qualcosa che posso fare non esitare a chiedermi >
< va bene. Stasera ti farò sapere se attivarti o meno >. Il coccodrillo annuì ed uscì all’aperto stringendosi l’impermeabile. L’aria umida non era molto piacevole. 
< Grazie e buona serata >
< altrettanto Vector > replicò il riccio uscendo a sua volta e richiudendo a chiave l’immobile.

Dirigendosi verso due diverse mete, il ragazzo rimase solo in mezzo ad un largo vicolo. Fortunatamente l’ora di punta era tranquillamente passata quindi le strade erano deserte e silenziose.  Perfette per pensare con tranquillità. L’unica amicizia che poteva vantare, che apparteneva più a Viola che alla sua cerchia, era la badessa dell’ordine che si occupava dell’orfanotrofio. Poi il nulla cosmico. Non aveva mai necessitato di agganci nella sua fresca carriera e non voleva nemmeno averne bisogno ora, soprattutto visto che aveva un’unica domanda a cui trovar risposta. Un semplice sì e no che avrebbe eliminato un’altra carta delle possibilità dal mazzo.
Ma per quanto ragionasse, la soluzione di Vector sembrava la meno rischiosa anche se portava ben poche informazioni. Stava per sospirare pesantemente quando il cervello lavorò al suo posto ispirandogli un piano chiaro e pulito. Sonic si fermò in mezzo alla strada fissando il nulla per concentrarsi a ultimare i dettagli di quell’ispirazione artistica. Come un pittore folgorato da un bozzetto geniale, il riccio sorrise facendo un rapidissimo dietro front. Il coccodrillo non poteva essersi allontanato di molto, erano passati solamente pochi minuti. Doveva immediatamente metterlo al corrente. Aveva trovato la soluzione dei problemi. Forse.
 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Indaco_