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Autore: striscia_04    28/01/2022    2 recensioni
"Questa storia partecipa alla Challenge delle Parole Quasi Intraducibili (FairyPiece version) organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images."
Questa storia è una raccolta di momenti Kinabra.
In ogni capitolo verrà presentato un aspetto diverso del loro rapporto e dell'amore che lega indissolubilmente questi due personaggi.
Capitolo 1: Ming-gat
Capitolo 2: Besa
Capitolo 3: Yuyin
Capitolo 4: Won
Capitolo 5: Engentar
Capitolo 6: Retrouvailles
Capitolo 7: Viraha
Capitolo 8: Saudade
Capitolo 9: Ishin-denshin
Capitolo 10: Nankurunaisa
(La lista dei capitoli potrebbe subire un aggiornamento, se troverò altre parole da aggiungere).
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cobra, Kinana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yuyin: la sensazione del suono che resta in un orecchio dopo averlo ascoltato.

Se gli fosse stato chiesto di dare una definizione di angelo avrebbe risposto indicando semplicemente la figura celestiale seduta su quello sgabello con in mano un microfono, che proprio in quel momento si stava esibendo sul modesto palco acclamata da mille voci festanti.
Alle sue orecchie però giungevano solo gli splendidi suoni provenienti dalla sua bocca, che si apriva ritmicamente producendo la più bella melodia che avesse mai avuto il piacere di ascoltare.
Sì, quella ragazza non poteva che essere una creatura divina.
Non aveva ali bianche attaccate alla schiena, sulla sua testa non compariva alcuna aureola dorata, non indossava un indumento candido e puro; né tanto meno arrivava ad emanare una qualche luce ultraterrena in grado di risplendere anche nella notte più cupa e tenebrosa.
Per chiunque si fosse fermato ad osservarla sarebbe parsa come una comune donna, certo dal fisico slanciato e dai fianchi stretti, il seno prosperoso, le curve messe in risalto dal lungo vestito scollato color verde limone e la lunga gonna bianca.
Forse avrebbe potuto lodare il suo viso liscio dalla carnagione chiara, allungato e un po' spigoloso lungo il mento. Avrebbe potuto lusingare il suo bel nasino, i suoi occhioni color verde scuro, la sua bocca rosea dalle labbra sottili, i suoi capelli a caschetto color viola scuro, che in quel momento svolazzavano ricadendole al disopra delle spalle ogni volta che spostava la testa di lato.
Sicuramente qualunque osservatore esterno l’avrebbe etichettata come una bella ragazza, i più sconci avrebbero potuto fare qualche commento perverso sul suo fisico, altri avrebbero potuto semplicemente indicarla come una brava cantante e lodare la sua esibizione.
Ma per lui quella ragazza era l’incarnazione stessa della bontà e della bellezza.
In confronto tutte le altre donne che aveva conosciuto o che conosceva, perfino le sue amiche più strette o quelle che il resto del mondo esaltava come le più attraenti, per lui a confronto con lei diventavano insignificanti e la loro beltà sfioriva ed impallidiva di fronte alla sua.
Sarebbe potuto venire chiunque a fargli notare i difetti di quella donna, lui non lo avrebbe neanche preso in considerazione e sarebbe rimasto ad ammirarla o al massimo avrebbe picchiato lo scocciatore intimandogli di non azzardarsi mai più a dire o pensare certe cose.
Gli veniva quasi da ridere a rifletterci bene: lui, Cobra, uno degli ex maghi oscuri più potenti e spaventosi, ridotto a sbavare dietro ad una ragazza.
Fece ricadere la testa di lato, poggiando la guancia sul palmo della mano aperta verso l’alto, mentre il braccio si sistemava con il gomito posto sul bancone in legno. Chiuse gli occhi, anzi l’occhio, sospirando leggermente e contrasse i lobi delle orecchie in modo da udire meglio il suono.
Non poteva farci niente, sapeva di avere dipinta in volto un’espressione ebete, ma solo stare ad ascoltare quel suono lo trasformava in un docile cagnolino o in un cretino patentato a cui potevi chiedere di tutto, in quel momento avrebbe accolto a braccia aperte anche la richiesta più assurda o ridicola.
Perché adesso non si trovava più in uno squallido locale completamente ricolmo di ubriaconi intenti a ridere e bere, mentre altri idioti, che lui ben conosceva si divertivano a prendersi a pugni e calci, lanciando sedie, tavoli e boccali a destra e a manca. Ma tutto questo ormai non aveva alcuna importanza per lui, perché lei stava cantando e anche il suono più fastidioso e rumoroso si attenuava permettendole di continuare a decantare la sua melodia.
No, adesso intorno a lui non c’erano più le mura di una gilda o persone festanti, adesso lui si trovava in Paradiso e lei era l’angelo che ce lo aveva condotto e che lo allietava ripagandolo per tutte le sofferenze che aveva dovuto sopportare in terra.
Quanto sono fortunato.” pensò sospirando per la seconda volta all’udire il timbro della sua voce crescere in modo da intonare bene l’ultima strofa del ritornello.
In tutto questo non si accorse di una figura che furtiva e silenziosa gli si avvicinò e gli si mise a fianco.
“Canta molto bene, vero?” chiese,
“Si, è bravissima.”
“Quando vi metterete insieme potrai chiedergli di farlo sempre, adora cantare. Inoltre, potrebbe farlo anche al vostro matrimonio, non sarebbe bello?”
“Sarebbe un sogno…” rispose immaginandosi all’altare, con in dosso uno smoking nero e lei vestita in abito da sposa che si sedeva ad un tavolo e gli cantava una delle sue canzoni preferite, mentre intorno tutti i loro amici applaudivano contenti.
Poi l’immagine scomparve e la consapevolezza di quanto appena detto si fece strada nella sua mente… spalancò l’unico occhio buono, riducendo la pupilla ad una fessura e subito si staccò dalla panca in legno voltando la testa verso la persona alla quale aveva appena confidato uno dei suoi sogni più segreti.
Sbiancò e la mascella gli ricadde lasciando la bocca semi spalancata, quando si ritrovò davanti il volto sorridente di una bella donna dai lunghi capelli bianchi che lo guardava con dolcezza.
Ma quel sorriso così puro ed innocente nascondeva in realtà un terrificante demonio, che lui purtroppo, grazie alle sue passate visite, era stato in grado di conoscere e da cui aveva sempre tentato di stare lontano per paura che lo mettesse in imbarazzo.
Avvertì le guance surriscaldarsi e fu certo che i lati del suo viso avessero cambiato colore, ma sperò che grazie alla sua pelle abbronzata non si notasse molto.
La gioia e la serenità del sogno erano scomparse sostituite solo dal timore e dall’imbarazzo, al punto che anche la voce della cantante passò in secondo piano soppiantata dal pulsare della sua testa e soprattutto del suo cuore.
“Non devi vergognarti.” gli sorrise la donna alludendo al fatto che le sue guance avevano assunto un colorito più scuro.
“F-Fatti i cazzi tuoi.” biascicò il bruno discostandosi e portandosi al margine del proprio sgabello sperando in quel modo di sfuggire alle grinfie dell’interlocutrice.
“Non essere così freddo e distaccato, l’amore è una cosa meravigliosa e io sarei felice di organizzare il vostro matrimonio, Erik.
“Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così?!”
“Uhm, perché non posso? Kinana ti chiama sempre con il tuo vero nome.”
“Lei ha il permesso, tu no!” rispose acido l’uomo, digrignando i denti e storcendo il naso all’udire il proprio nome pronunciato da un’altra persona che non fosse un membro della sua gilda o la sua fidanzata.
“E’ che mi fa strano chiamarti Cobra, da proprio l’impressione di qualcuno di cattivo e adesso che quasi tutti sanno il tuo vero nome non ha senso continuare ad utilizzare quello finto.”
“Questo lo dici tu, quasi tutti i tuoi compagni mi chiamano a quel modo. Inoltre, è normale che suoni minaccioso visto che è questo lo scopo!”
“Si, ma così dai ancora l’idea di una persona cattiva e tu non lo sei più, gli altri potrebbero giudicarti male sentendo questo nome.”
“Che la pensino come gli pare, sono fatti loro! Figurati se mi frega qualcosa dell’opinione altrui. E poi non capisco perché ti dia così fastidio, tu non fai tutte queste storie quando la gente ti chiama DemonGirl. Non capisco perché devi assillare me se preferisco usare questo soprannome.”
“Sono sicura che se dicessi a Kinana che preferisci farti chiamare con il tuo nome in codice ci rimarrebbe male. Poverina, d’altronde lei ti ha sempre chiamato con quello vero.”
“Non ho detto che lo preferisco!”
“Oh!” esclamò Mira e il sorriso sul suo volto si fece più ampio, mentre sulla nuca dell’uomo si formavano delle goccioline all’udire cosa le stava passando per la testa.
“Quindi Kinana ha l’esclusiva e solo lei può chiamarti così?”
“Certo che no! Solo…”
“Solo che è molto più bello quando lo fa lei.” disse Mira e il solco sul suo volto crebbe facendo deglutire Cobra.
“Smettila con questi discorsi. Non hai clienti da servire, cibo da preparare o qualunque altra stupida mansione di tua competenza?”
“No, sono in pausa.”
Dannazione.”
“Ora, tornando alla questione iniziale…” disse l’albina, mentre mago fece un ulteriore passo indietro rischiando di cadere con il sedere sul pavimento.
“Non c’è nessuna questione di cui discutere.” si affrettò a rispondere, ma era troppo tardi: era caduto nelle grinfie della maga più forte, spaventosa e romantica di tutta Fairy Tail e non gli serviva il suo udito per comprendere che ormai era spacciato e che quella sarebbe stata la conversazione più imbarazzante di tutta la sua vita.
“Stavo pensando che il nome è un problema: cosa scrivo sulla torta nuziale Erik o Cobra, oppure tutti e due o metto uno tra parentesi, quale preferiresti usare?”
“So cosa stavi pensando e vorrei che non lo avessi detto, ma mettiamo subito in chiaro le cose: non ci sarà alcun matrimonio!”
“Certo, non adesso. Prima dovete frequentarvi per qualche anno, uscire insieme, divertirvi, assaporare il piacere della passione, poi ci sarà il matrimonio e i bambini…”
Alla parola passione Cobra avvertì le farfalle nello stomaco e il calore alla faccia aumentò. Per un attimo si immaginò di ritrovarsi in una camera da letto, con le serrande chiuse, una Bajour a dare un po' di luce alla stanza e un letto su cui era sdraiata Kinana completamente nuda, e poi lui le saltava addosso e tra la morbidezza delle coperte consumavano il loro amore…
Scosse la testa, mentre il suo volto era diventato completamente rosso e dalle orecchie gli uscivano due sbuffi di vapore.
“Tutto bene? Stavi pensando a qualcosa di poco casto?” gli chiese Mira con il solito sorriso angelico e gli occhi perennemente chiusi.
Ma anche questa sa leggere nella mente delle persone?” si chiese l’uomo, cercando di darsi un contegno e tornando a concentrarsi sul resto della conversazione il suo volto si incupì: “E poi cosa? I nipoti, i tris nipoti e i discendenti? Si vede proprio che non stai bene di testa.”
“Perché?”
“Come perché! Non credi di stare correndo un po' troppo? A malapena siamo fidanzati e tu già pensi a queste cose!”
“Mi porto avanti con il lavoro.”
“Ma quale lavoro?! Sei solo un’impicciona di prima categoria, mi chiedo perché sto ancora qui a discutere con te.” disse alzandosi dallo sgabello pronto ad allontanarsi il più possibile da quel luogo.
“E dai, non fare così!” lo afferrò Mira per un braccio trattenendolo a forza sul posto: “Cosa c’è di male nel sognare il futuro?”
“Che tu sogni il futuro degli altri senza che loro te ne diano il permesso.”
“Non mi sembra che ti sia dispiaciuta l’idea del matrimonio.”
“Te lo ripeto: fatti i cazzi tuoi!”
“E va bene… la smetto di infastidirti, ma solo se accetti di rispondere ad un’ultima domanda.”
“E perché dovrei?”, “Perché se non lo farai le domande diventeranno dieci e gli argomenti sempre più interessanti. Ti darò il tormento per tutto il tempo in cui starai qui, ovvero questi due giorni!” rispose Mira spalancando solo in quel momento gli occhi per mostrare un paio di gigantesche iridi color celeste scuro, al cui interno erano incastonate due pupille nere di forma sferica.
Il bruno rischiò di strozzarsi con la propria saliva, mentre faceva un passo indietro terrorizzato dal mutamento d’umore della donna.
L-Luxus ha ragione: quando si arrabbia è spaventosa!”
“E va bene.” disse sospirando mentre Mira tornava ridente: “Ma una sola domanda e poi farai finta di non aver sentito niente e te ne tornerai a lavorare, sono stato chiaro?”
“Cristallino. Ora passiamo alla domanda… Kinana ti piace di più nella sua forma umana o la preferivi quando era un serpente?”
“Cosa?! Che razza di domanda è?”
“Voglio sapere se ti piace più come Kinana o la preferivi quando era Cubellios.”
Il mago tacque completamente spiazzato da quella domanda, che neanche con la sua magia del suono aveva potuto ascoltare e quindi prevedere.
La verità era che non sapeva cosa rispondere. Non si era mai posto questo problema, d’altronde Kinana era Cubellios e con tutto quello che gli era successo nell’ultimo periodo tra il suo arresto, la fuga, la latitanza, la guerra con Alvarez e l’armistizio, solo ora dopo due anni aveva trovato il tempo per stare con lei.
Ma non si era mai posto il problema che non fosse più un serpente, in fondo il suo desiderio più grande era quello di ascoltare la sua voce, il fatto che si fosse rivelata essere un’umana era un di più, che mai avrebbe potuto sospettare e di cui in realtà non aveva mai avvertito il bisogno.
Fin da piccolo, quando l’aveva trovata il suo unico pensiero era stato quello di ascoltare la voce del suo serpente. Aveva affrontato ogni avversità, compiuto le azioni più ignobili, lottato con tutto se stesso per sopravvivere, solo per arrivare a rispettare la sua preghiera, il giuramento su cui si basava la sua esistenza.
Amava Cubellios; era stato il suo primo grande amico, un raggio di luce in quella vita fatta di tenebre, la speranza che lo aveva portato a combattere contro il mondo intero.
Sì, anche se il suo primario obbiettivo era stato quello di ascoltare la sua voce, non poteva negare di aver tenuto a quel serpente più di ogni altra cosa al mondo. In fondo quando era evaso ed era stata fondata Reborn Oracion Seis, il modo che gli aveva permesso di diventare più forte era stato proprio il rinunciare alla ricerca del suo amico.
Quello era e sarebbe sempre rimasto il suo più grande rimpianto.
Non solo si era ferito per se, continuando a logorarsi tra il desiderio e la restrizione; ma aveva abbandonato il suo migliore amico per sette anni e una volta evaso aveva ignorato la sua sofferenza e la sua tristezza concentrandosi solo sui suoi sogni egoistici.
Eppure, Cubellios non lo aveva più rivisto dall’incidente di Nirvana, per anni aveva sognato il loro rincontro, di poterlo rivedere, abbracciare, parlare, nutrirsi delle tossine che emanava dal suo corpo. A quel tempo il desiderio di sentire la sua voce era pure passato in secondo piano, sostituito dal semplice volerlo accanto. Si sarebbe accontentato anche solo di ritrovarlo uguale a come lo aveva lasciato, si sarebbe accontentato anche se non fosse mai riuscito a sentirlo parlare, perché quei sette anni di abbandono gli avevano fatto comprendere quanto effettivamente tenesse al suo serpente.
Il destino però si era divertito a giocargli un altro scherzo e adesso che ci rifletteva bene non sapeva se definirlo brutto o bello.
La sua mente viaggiò al ricordo di due anni prima, alla battaglia per l’Orologio dell’Infinito…
 
Giaceva esausto in quell’ampio cratere formatosi a seguito del suo schianto contro il terreno. Doveva riconoscere di aver fatto un bel volo, perché dalla poca visuale che aveva dalla sua postazione non riusciva a vedere neanche mezza parte di una delle catene che legavano l’Orologio al terreno.
Contrasse i muscoli delle braccia, ma esse non vollero saperne di muoversi.
In particolar modo il braccio destro, compresa la mano, gli faceva un male cane. Non era stata una buona idea provare a parare quell’attacco a palmo aperto.
“Dannata Titania, dove cavolo lo ha preso quel martello?” si chiese riflettendo sul fatto, che il magico cimelio era riuscito in qualche modo, a lui incomprensibile, ad indebolire la sua magia del Dragon Slayer e ad impedirgli di difendersi con quella del suono. Era stato come se una parte di lui venisse risucchiata e cancellata da quel colpo, eppure non aveva provato dolore sul momento, forse fastidio a causa della pressione e della spinta che gli avevano incrinato le ossa; ma il colpo magico in se non gli aveva fatto male, anzi quando quello strano martellone aveva iniziato ad assorbire una parte del suo potere magico si era sentito più sereno, come liberato da un malanno o da un grosso macigno.
Adesso che l’effetto benefico del colpo era svanito, però, avvertiva un tremendo bruciore all’arto e la testa gli pulsava, mentre tutto il resto del suo corpo compresa la schiena su cui era atterrato di peso gli stava inviando continue fitte di dolore.
“Che cretino, se non mi fossi distratto avrei vinto…” rifletté tra se, ma il pensiero gli ritornò all’ultima cosa che aveva udito avvicinarsi in lontananza e un misto di emozioni gli inondò l’animo riscaldandogli il petto.
Aveva chiaramente sentito la presenza di Cubellios. Dopo sette anni di assenza finalmente lo aveva udito di nuovo, anche se c’era qualcosa che non tornava…
Era certo che quello che aveva sentito fosse Cubellios, ma i movimenti del suo corpo, il suo respiro, l’energia magica emanata dal suo corpo erano differenti, come se si trattasse di un essere completamente diverso.
Chiuse l’occhio cercando di scacciare quei pensieri: era assurdo come fosse bastato il percepire in lontananza la presenza del suo amico per ridurlo ad una tale confusione!
Dov’era finita tutta la sua sicurezza, la sua certezza? Quella presunzione che lo aveva portato a deridere i maghi di Fairy Tail per il loro tenere tanto ai legami, alla famiglia e all’amore.
Dov’era finito il suo autocontrollo, che lo aveva accompagnato fino a quel momento imponendogli di rinunciare al suo desiderio, ricordandogli sempre che la forza e la supremazia erano le uniche cose di cui aveva bisogno.
Ma anche quella certezza era scomparsa nell’istante in cui aveva udito il suo amico giungere in lontananza. E un’altra emozione, mista alla gioia, gli aveva inondato il cuore.
Vergogna.
Ecco cosa aveva provato quando il pensiero di aver finalmente ritrovato il suo amico gli era giunto alla mente.
Cosa avrebbe pensato di lui, sapendo che lo aveva abbandonato per diventare più forte? Come avrebbe potuto guardarlo ancora in faccia dopo quello che aveva fatto e detto? Meritava ancora di poterlo incontrare quando aveva platealmente ammesso che non aveva più bisogno di lui?
No, era certo di non meritarsi una tale gioia.
Che se il destino, suo eterno nemico gli avesse voluto infliggere anche quest’ultimo tormento, lo avrebbe accettato a testa china perché consapevole di meritarselo.
Non aveva alcuna scusa per giustificare il suo comportamento: il dolore e la rabbia per il mondo questa volta non sarebbero serviti a nulla visto che Cubellios era l’unica cosa che rendesse la sua vita degna di essere vissuta. Neanche la vendetta sarebbe risultata sufficiente, anzi avrebbe solo dimostrato che razza di egoista fosse e avrebbe avvalorato le parole di Elsa Scarlet, che in quel momento non gli sembravano più così false e surreali.
Si chiese se non fosse meglio rimanere lì a morire, con le ferite riportate e senza cure immediate sarebbe potuta finire male, forse accelerare il processo non si sarebbe dimostrato tanto difficile.
In fondo, se si fosse tolto la vita da solo chi mai ne avrebbe avvertito la mancanza? I suoi compagni? Impossibile, ormai tutti loro erano talmente focalizzati sul proprio obbiettivo che erano giunti ad esternarsi e ad allontanarsi gli uni dagli altri, fino a perdere la propria identità.
Forse Sora… Angel si sarebbe rattristata per la sua dipartita, sempre che fosse ancora viva. Ma in fondo il loro era stato un rapporto puramente carnale, qualcosa di fisico e anche lì entrambi lo avevano fatto solo per disperazione e per sfuggire almeno un po' da tutto il dolore che stavano provando.
Anche con lei si era comportato da stronzo, rifiutandosi una notte di accompagnarla a letto solo per soddisfare un proprio capriccio personale, e da lì la loro “relazione” si era bruscamente interrotta ed entrambi si erano votati al raggiungimento del proprio scopo.
Già, la loro missione!
Un’assurdità, così come tutta la loro misera esistenza.
Uno scopo votato solo a ferire e uccidere gli altri per il gusto di fargli provare quello che loro avevano passato fin da piccoli, per dimostrare che non erano più quei bambini terrorizzati dal mondo.
Ma se almeno prima degli avvenimenti di Nirvana quest’obbiettivo poteva avere un senso, adesso che Oracion Seis era rinata risorgendo più forte e puntando nuovamente a portare il caos nel mondo, doveva ammettere che la strategia usata era fine a se stessa e che forse se anche oggi avessero trionfato, un domani molto probabilmente sarebbero stati sconfitti.
Digrignò i denti e storse il naso a quella constatazione: sette anni di fatiche e sacrifici per giungere ad essere battuti di nuovo da Fairy Tail.
Sarebbe tornato in galera, ma questa volta non gli importava, non si sentiva più in grado di gestire le avversità della vita, era come se si fosse completamente svuotato da ogni sorta di emozione ed ambizione. E se questo lo aveva aiutato fino adesso, ora che si ritrovava a terra, sconfitto ed impotente non poteva non constatare che facesse molto più male della sua prima sconfitta.
Che bello sarebbe stato morire adesso che la sua vita non aveva più alcun senso. Ma se davvero lo avesse fatto non avrebbe più potuto incontrare Cubellios…
“Meglio così. Non merito di rivederlo… e poi cosa gli direi?”
Si, forse era meglio non rivederlo affatto. Sicuramente avrebbe fatto meno male e sarebbe stato più semplice… non era in grado di sostenere il suo sguardo e di dirgli la verità. Non gli importava se il suo stesso cervello lo stava etichettando come codardo, avrebbe accettato pure di morire piuttosto che doverlo affrontare apertamente.
Sopraffatto da tutta quella valanga di pensieri ed emozioni, che ormai da anni non era più abituato a gestire, non si accorse di una persona che proprio in quel momento era arrivata al margine del cratere.
Poi avvertì il respiro ansante, affaticato da quella che doveva essere stata una lunga e faticosa corsa. Provò fastidio al dover udire i pensieri di quella persona, che si era permessa di interrompere quell’unico momento di quiete e tranquillità che era riuscito ad ottenere. In condizioni normali se ne sarebbe liberato facilmente, ma in quel momento non riusciva a muovere nemmeno un muscolo.
“So che ci sei.” disse acido senza dare nemmeno un’occhiata alla donna, sia perché non gli importava, sia perché non riusciva a sollevare la testa e spostare lo sguardo in alto verso il bordo della grande voragine.
Avvertì la figura chinarsi a sedere sul bordo di roccia e prendere a scivolare lentamente verso il basso.
“Cosa vuole da me?” si chiese cercando di ascoltare i suoi pensieri, ma non riuscì a udire nulla di significativo se non l’impegno che stava mettendo nel non cadere in terra mentre proseguiva la sua discesa.
Quando i suoi piedi toccarono terra la vide avvicinarsi e chinarsi su di lui, e finalmente fu in grado di squadrarla da capo a piedi.
Rimase sorpreso strabuzzando leggermente l’occhio quando si ritrovò davanti la figura di una giovane donna dai capelli viola. Sapeva già chi si sarebbe trovato davanti, ma non poté fare a meno di trattenere il fiato alla vista del suo volto impregnato di sudore e su cui era dipinta un’espressione malinconica. Le sue grandi iridi verdi erano impegnate ad esaminarlo da cima a fondo schizzando da un lato all’altro del suo corpo, con un misto di timore e preoccupazione.
Non riuscì a spiegarsi perché all’improvviso intorno a se facesse tanto caldo, ne perché gli desse un tale piacere guardare quella ragazza: ne aveva viste di più belle e poi non era proprio il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi inutili.
Incurvò le sopracciglia, mentre la sua bocca diventava un solco rivolto verso il basso e il suo piccolo occhio viola tornava ad emanare una luce sinistra e aggressiva.
“Che cavolo mi prende? Non ho tempo da perdere con questa qui. Perché è venuta? Ha la più pallida idea di chi io sia? Se solo potessi muovermi…! D-Devo trovare Cubellios!”
Vide la giovane chinarsi al suo fianco poi avvertì la sua mano scivolargli dietro la nuca e sollevargli leggermente la testa, e quella fu la prima volta che sentì la sua voce: “Sei ferito! Hai bisogno di cure, c’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”
“T-Toglimi le mani di dosso.” farfugliò infastidito da tutta quella premura non richiesta: gli faceva montare la bile in gola il pensiero che un’emerita sconosciuta arrivasse ad aiutarlo provando pietà per lui.
Lei lo ignorò avvicinando il volto al suo, e un moto di vertigini lo colse all’improvviso alla vista di quei capelli il cui colore gli ricordava tanto le scaglie viola del suo serpente, rimase ammaliato dai suoi grandi occhi verdi, erano forse un po' più scuri di quelli di Cubellios, ma per il resto erano identici.
“N-Non può essere…!” pensò al limite della sorpresa, continuando a fissare quel volto nella remota possibilità di scorgere altre somiglianze.
“Sei tu che mi hai chiamato? Sei tu che vuoi ascoltare la mia voce?”
Spalancò la palpebra, mentre l’occhio si riduceva ad una piccola fessura e la bocca si aprì leggermente.
Ora non aveva più alcun dubbio!
Non comprendeva come fosse possibile, ma quella ragazza era Cubellios! Quella ragazza era il suo serpente, il suo migliore amico, il suo animale domestico!
Fece appello alle ultime forze rimastegli e riuscì non solo a sollevarsi a sedere, ma a spingere indietro la donna e quasi gli cadde addosso. Fu solo grazie al tempestivo intervento delle proprie mani, che toccarono terra con i palmi e riuscirono a farsi forza e a reggere il peso di tutto il corpo, che non le cadde sopra.
Rimase immobile a fissare come pietrificato quella persona, incapace di credere fosse veramente il suo serpente, ma emanava lo stesso odore, aveva lo stesso battito cardiaco, lo stesso ritmico respiro, i capelli erano dello stesso colore delle squame di Cubellios e gli occhi erano identici a quelli del rettile, forse un po' più ovali e piccoli, ma comunque uguali.
E quella che aveva sentito poco fa era la sua voce? Davvero dopo anni era riuscito a sentirla?! E l’aveva pure trovata fastidiosa!
Si concentrò per recuperare mentalmente il suono appena udito e nel momento in cui il ricordo si fece più chiaro si sentì invadere da un piacere e una gioia mai provate prima.
Quella era la voce del suo serpente! L’unico suono che non era mai riuscito ad ascoltare nemmeno con la sua magia. E finalmente ce l’aveva fatta! Si rimangiava tutto quello che aveva pensato prima: quella era la voce più bella e armoniosa che avesse mai sentito! Quanto aveva dovuto penare…
Ma già il ricordo si stava sbiadendo e il desiderio di poterla udire di nuovo si faceva adesso insistente come non mai.
Chinò di nuovo la testa verso di lei: era leggermente agitata forse spaventata, ma se c’era qualcuno che in quel momento era in totale ansia quello era lui.
Col pelo dell’occhio vide la sua mano sollevarsi e percepì il suo palmo morbido toccarle una guancia, vide la sua espressione mutare da sorpresa a preoccupata, mentre la mano scivolava e risaliva lungo il lato del suo viso provocandogli un piacere immenso, gli ricordava quando Cubellios era solito strusciare la sua testa squamosa contro la sua faccia con l’unica eccezione che quella mano era più morbida e calda.
“Il tuo occhio.” bisbigliò d’un tratto facendolo sussultare.
Se prima era felice di aver sentito quel suono, l’esclamazione appena udita era servita solo a riportarlo alla realtà. Il momento magico che aveva sperato durasse in eterno si era infranto e nulla avrebbe potuto esentarlo dalla conversazione che si sarebbe tenuta tra poco.
Si scostò di dosso riuscendo a mettersi a sedere, mentre chinava la testa di lato incapace di guardarla in faccia: “L’ho perso anni fa, dovevo diventare più forte. Ma non è un problema finché ho l’udito.”
Prese un respiro profondo aspettandosi una sfilza di domande, senza però riuscire ad intuire cosa gli avrebbe potuto chiedere: il suo serpente se fosse stato in grado di lamentarsi cosa gli avrebbe detto? E quella era una ragazza! E se la sua esperienza con Angel gli aveva insegnato qualcosa, era che le donne si lamentano in ogni situazione possibile e si preoccupano sempre per tutto.
“Come ti chiami?” gli domandò lasciandolo di stucco.
“Come scusa?”, “Vorrei sapere come ti chiami. Puoi dirmi il tuo nome?”
“Non ricorda il mio nome? Ma come è possibile?! Che sia il suo modo di vendicarsi, che voglia far finta di non conoscermi?” pensò.
Poi però la sua mente si concentrò sull’ascoltare i suoi pensieri e si accorse di non riuscire a farlo liberamente, come se ci fosse un buco nella sua memoria che gli impediva di sentire le sue proiezioni mentali e i suoi ricordi.
“Questa sensazione… l’ho provata anche con Gerard! Ha perso la memoria?! Q-Quindi non si ricorda di me!”
Il panico lo assalì: come avrebbe fatto adesso a spiegargli ogni cosa? Del loro incontro, della loro crescita insieme, della loro amicizia e della sua preghiera non era rimasto nulla!
Quella donna era davvero Cubellios o era lui che disperato aveva finito per impazzire?
Ma bastò un semplice sguardo ricambiato da quello della violetta per far morire sul nascere quel timore.
“Erik. Mi chiamo Erik.”
“Erik?”
Quanto era bello il suo nome pronunciato da quella voce così soave e melodiosa. Per quanto tempo aveva atteso quel momento, versando lacrime, sangue e sudore, e finalmente era arrivato.
La sua voce o al massimo il ricordo della sua voce era stato l’unico spiraglio di piacere che aveva avuto una volta tornato in prigione. C’era tornato per lei in quel buco di fogna e sempre per tornare da lei era evaso e si era unito a Crime Soierce.
Ma con il tempo si era reso conto che non era più la sua voce l’unico motivo che lo spingeva a compiere l’impossibile o a lottare così tanto.
Si era reso conto che quella ragazza di nome Kinana non era più il suo serpente, che purtroppo Cubellios se n’era andato per sempre, forse neanche i ricordi delle loro esperienze passate le sarebbero tornate alla mente.
Ma non gliene fregava nulla, perché anche se il suo serpente se n’era andato, Kinana non lo aveva semplicemente sostituito, era diventata qualcosa di molto di più, qualcosa che era arrivato a vedere come diversa da una semplice amica.
Lo aveva capito dopo la sua evasione, quando durante il tempo libero era arrivato a riflettere sul fatto che il suo migliore amico si era trasformato in una ragazza molto carina. Inoltre, a far svanire ogni possibile dubbio ci aveva pensato il loro secondo incontro, avvenuto durante l’anno di scioglimento di Fairy Tail.
Si, lei non poteva più essere una sua semplice amica, ormai per lui era molto di più e non poteva farci nulla se al solo pensare a quanto fosse bella si sentisse le farfalle volteggiargli nello stomaco.
“Erik. Erik… ERIK!” il suono dolce armonioso prodotto dal ricordo fu sostituito da una voce più acuta e meno profonda, che gli fece drizzare un orecchio e spalancare l’occhio.
Scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla figura di Mirajane che lo guardava sorpresa e forse un po' scocciata: “Allora vuoi rispondere?”
“Eh?”
“Preferisci Kinana in versione serpente o umana?”
“Che razza di domanda cretina.” borbottò infastidito ricordando solo in quel momento di dover ancora dare una risposta a quella diavolessa impicciona: “Kinana resta Kinana e mi piace in qualunque modo!” disse pentendosene subito dopo.
“Ehm…c-cioè, volevo dire…”
“Lo sapevo!” esclamò eccitata l’albina portandosi le mani giunte sotto al mento: “Non vedo l’ora di dirglielo.”
“Non ti azzardare neanche ad avvicinarti a lei con questo intento! Avevamo un accordo: io ti rispondevo e la conversazione rimaneva tra noi!”
“Uffa, non posso neanche dirlo a lei? Tanto sono certa che lo sa.”
“Non mi importa, guai a te se ti ci azzardi!”
“Allora posso dirlo a Cana?”
“Chi?”, “La mia amica laggiù in fondo.” gli rispose la cameriera indicando la bruna, che in quel momento si stava scolando un barile grande quanto lei e continuava a fare commenti perversi su Gray, che a suo dire si era divertito ad andare a passeggio con Juvia attaccata al braccio, suscitando l’imbarazzo del giovane e le follie mentali della turchina.
“Guarda preferisco tu lo dica a tutti, tranne che a lei.” gli rispose l’ex mago oscuro dopo aver analizzato il contenuto della mente dell’ubriacona, storcendo il labbro superiore per il disgusto e la vergogna.
“Posso dirlo a tutta la gilda?”, “Cos’è che non ti è chiaro nel concetto di faccende private?”
“Ma tanto prima o poi lo scopriranno tutti e…”
“Non mi importa! Ti ho detto di no ed è no!”
“Ma così ti assicuri di mettere le cose in chiaro e di allontanare possibili rivali. Voglio solo aiutarvi.”
“No, tu vuoi solo impicciarti! E comunque se qualcuno si azzarda anche solo a provarci da lontano mi assicurerò di disintegrarlo fino all’ultima cellula.”
“Sei proprio un bravo fidanzato.”
“Basta, avevi detto che dopo questa domanda saresti tornata a lavorare.”
“Oh, scusa mi sono dimenticata di avvertirti che il mio turno è finito circa un quarto d’ora fa.” gli sorrise Mira e l’uomo avvertì la terra aprirsi sotto i suoi piedi.
“Va bene, è affar tuo. Io adesso me ne vado.” e stava per alzarsi, quando Kinana gli si fece incontro.
“Ehi Erik, t-ti è piaciuta la canzone?” chiese imbarazzata la violetta.
“Se gli è piaciuta, non smetteva di sbavare.” rispose Mira facendo paralizzare l’uomo sul posto, mentre la faccia di Kinana diventava bordò.
“Vuoi farti gli affaracci tuoi?! Guarda… mi sa che Luxus ti sta cercando, perché non lo raggiungi?”
“Hai ragione, vi lascio un po' di intimità. Divertitevi.” sorrise ai due scuotendo la mano in segno di saluto, prima di superarli e sparire tra la folla seduta ai tavoli.
“S-Scusa per Mira-sama, l-lei è fatta così.”
“Potrebbe anche imparare a tacere qualche volta. Comunque, una cosa l’ha detta bene…”
“Stavi sbavando?” chiese Kinana scoppiando in una risatina,
“Eh! Certo che no! Al massimo mi stavo godendo la tua esibizione, a proposito sei bravissima.”
“Tu dici? Secondo me Mira-sama canta meglio.”
“Quella lì? Ma per piacere non c’è paragone, le sei di gran lunga superiore! E te lo dico da esperto.”
“Da esperto o da fidanzato?”
“C’è differenza?” gli chiese lui sorridendole, “Certo, non devi farti condizionare. Sii imparziale.”
“Ma sai, eri molto distante e con tutto il casino che fanno qui dentro è difficile sentire bene, perché non mi concedi un bis, così saprò risponderti meglio.”
“Ah, beh. Se è il mio fan numero uno a chiedermelo non posso che accettare.” sorrise la cameriera sedendosi sulle gambe dell’uomo e riprendendo a cantare.
L’unica cosa che ti distingue da Cubellios è il fatto che canti divinamente… e anche questo…” pensò guardando di sottecchi il petto della donna.
“Si, sono la persona più fortunata e felice del mondo.” farfugliò tra se e se guardando la sua fidanzata.


Nota d’autore: ecco il terzo capitolo della raccolta! Devo dire che questo capitolo si è scritto da solo, nel senso che non era così che lo avevo immaginato inizialmente, ma poi durante la stesura è venuto fuori questo. Spero di non essere uscita fuori tema e di aver rispettato ed interpretato correttamente il significato della parola.
Parlando della vicenda in se, dico subito che appena scoprì che Kinana come Mira si divertiva ad allietare i propri compagni di gilda cantando, mi dissi che se Cobra avesse avuto il piacere di sentirla cantare come minimo gli sarebbe venuto un colpo per la gioia. Insomma, per anni il suo unico desiderio era quello di ascoltare la sua voce e poi scopre che canta pure bene, non può che sentirsi in Paradiso.
Spero che il modo in cui ho descritto i sentimenti del personaggio non sfoci nell’OCC, ma non c’è alcun esempio di lui innamorato di Kinana; quindi, mi sono dovuta arrangiare per conto mio.
Ovviamente, parlando di amore Mirajane non poteva non essere presa in considerazione e come suo solito si assicura di rendere tutto il più imbarazzante possibile. All’inizio avevo preso in considerazione l’idea di far unire anche Cana alla discussione, poi l’ho bocciata perché sarebbe stato troppo crudele per Erik ritrovarsi a discutere con quelle due messe insieme.
Invece il flashback inizialmente doveva far parte di un altro capitolo, ma poi per quello mi è venuta in mente un’altra idea e visto che si allacciava al discorso generale e che è una delle mie scene preferite ho dovuto inserirla per forza.
Non so quando riuscirò a pubblicare il quarto capitolo, vedrò di trovare un po' di tempo libero. Fino ad allora vi lascio godere di questo e vi invito a dirmi cosa ne pensate.
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