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Autore: All_I_Need    29/01/2022    3 recensioni
Vi ricordate di quel mercoledì che John ha dimenticato perché Sherlock gli ha messo qualcosa nel té? John non lo ricorda. Però torna a sconvolgere la sua vita.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: AU, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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NdT: Ding dong, sì, sono T'Jill e sì, l'ho fatto di nuovo. La nostra Liriel4444 aveva un po' troppo da fare al momento e mi ha generosamente concesso il permesso di mettere la cigliegina sulla sua torta, terminando la sua traduzione di questa bella storia. E potevo perdere l'occasione di postarla proprio oggi? Oggi che è il 29 gennaio, la data incisa nell'anello di Sherlock? 🥰 Ovviamente no, e quindi eccoci qui. Enjoy 😘



Baker Street, dolce casa

Capitolo 20

Quando John si svegliò la mattina dopo, non fu affatto sorpreso di trovare una mezza dozzina di messaggi di Lestrade che lo aspettavano sul suo telefono.

"Buona fortuna amico."

'Come sta lui?'

'Scrivi se hai bisogno di qualcosa.'

'È tutto a posto?'

"John, sono passate le 15, se non rispondi verrò io"

Quest'ultimo era stato inviato mezz'ora prima. Sospirando, John digitò una risposta frettolosa. "Tutto bene, dacci un po' di tempo" e premette ‘invio’.

"Che cos'era questo?" mormorò Sherlock contro il suo petto.

"Lestrade è preoccupato per te. Gli ho detto che stiamo bene e di concederci un po' di tempo."

Sherlock mugolò. "È un ascoltatore sorprendentemente buono."

Questo fece sbuffare John. "È un ispettore di polizia. È ovvio che sa ascoltare. Fornire un orecchio comprensivo mentre le persone ti dicono per filo e per segno perché erano perfettamente giustificati nell'assassinare il loro vicino di casa è una parte principale della descrizione del lavoro.”

"Hm, vero. Non avrei mai pensato che l'avrebbe usato su di me, però."

"Gli hai mandato un messaggio," gli ricordò gentilmente John. "A proposito, sono contento che tu non abbia preso niente. Non dev'essere stato facile."

Sherlock fece una mezza scrollata di spalle. "In realtà è stato solo perché non avevo nulla in casa. Avrei potuto farcela ad attraversare tutto l'appartamento ma di certo non ad arrivare fuori casa e fino allo spacciatore più vicino. Una bella fortuna, anche. Sinceramente non sono certo che non avrei sbagliato la dose.”

John rabbrividì. "Non... ti prego, non dirlo. Non pensarci nemmeno. Se ti avessi perso di nuovo..."

"Lo so," mormorò Sherlock. "Ora lo so. Ma ieri non lo sapevo. Meno male che è un punto irrilevante."

John annuì adagio. "Sì. Ed è meglio che rimanga in questa maniera, anche."

"Lo prometto," disse dolcemente Sherlock. "Non ne ho più bisogno."

Rimasero entrambi in silenzio per un po', accoccolati insieme nel grande letto di Sherlock, godendosi semplicemente la reciproca compagnia.

Alla fine, Sherlock parlò di nuovo, con voce molto sommessa. "John... è reale?"

John sorrise. "Sì. Sorprendentemente, lo è. Più reale di qualsiasi altra cosa che abbia mai fatto o provato in vita mia. E il cielo sa che ho visto un sacco di vere stronzate, come dicono i ragazzi."

Sherlock ridacchiò. "Hmmm. È così che dicono i ragazzi, allora? Come chiamerebbero quello che stiamo facendo?"

"Coccole," disse John, con un sorrisetto. "Lo chiamano coccolarsi."

In risposta ricevette un brontolio arrabbiato, ma non lo prese sul serio perché Sherlock non si mosse per allontanarsi da lui. "Sai, penso che preferirei un altro termine."

John sorrise. "Certo che sì. E quale termine vorresti usare, invece?"

Sherlock si avvicinò. "Pomiciare?"

C'era qualcosa di esitante ma pieno di speranza nella sua voce che fece stringere il cuore di John.

"Oh," mormorò. "Oh, sì. Posso baciarti, Sherlock?"

Sherlock annuì, con gli occhi che brillavano. "Per favore."

Così John gli cullò la guancia, accarezzando con un pollice quello zigomo affilato che aveva ammirato così spesso. Gli occhi di Sherlock erano spalancati e fissi su di lui.

John sorrise dolcemente prima di chiudere il divario tra loro e premere insieme le loro bocche.

Sherlock sospirò contro di lui, rispondendo quasi all’istante, e John mosse un poco le labbra, afferrando il labbro superiore pieno di Sherlock tra le proprie labbra e succhiandolo leggermente. Sherlock gemette e aprì maggiormente la bocca, accalcandosi più vicino.

John aveva pianificato di iniziare adagio, di baciarlo piano, con dolcezza, calorosamente, fino a quando Sherlock non fosse stato davvero bene e fosse stato davvero baciato fino all'oblio, ma naturalmente Sherlock doveva essere così reattivo, doveva rispondere a ogni movimento con un sospiro o un morbido gemito. I suoi occhi si erano già chiusi e John si ritrovò prontamente ad approfondire il bacio molto prima di quanto avesse intenzione di fare, tirando Sherlock più vicino con una mano sulla schiena.

Obbedientemente, Sherlock aprì ancora un po' la bocca e John leccò l'interno, affamato di più di questo e cercando di dire a se stesso di andare piano, di essere gentile. Per quanto ne sapeva, Sherlock non aveva mai baciato nessuno prima di allora. Meritava che fosse fatto bene.

Sherlock gemette, afferrò due manciate della t-shirt di John e si girò sulla schiena, trascinando John con sé. Non era affatto quello che John aveva avuto intenzione di fare, ma ora che era lì, trovava difficile ricordare il perché.

Era difficile ricordarsi di andare piano quando Sherlock giaceva sotto di lui, ansimando nella sua bocca e aggrappandosi a lui, flessibile e desideroso. La sua bocca era così calda e John non voleva essere da nessun'altra parte, non ricordava nemmeno di aver mai voluto essere da nessun'altra parte o di fare altro che baciare Sherlock per ore e ore.

Lo baciò, lo baciò e lo baciò, finché entrambi si dimenticarono com'era non farlo, finché non notarono a malapena le piccole pause per il respiro di cui avevano bisogno.

John non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva passato così tanto tempo a baciare qualcuno, esplorando la bocca di un partner con così tanta attenzione ai dettagli, o così tanta ansia di sapere ogni piccola cosa. Non voleva perdere un momento di tutto questo.

Alla fine si allontanò, respirando affannosamente.

Sherlock aprì gli occhi e lo fissò, con un'aria stordita e meravigliosamente arrossata. La sua bocca era rossa e gonfia per i loro baci e il suo respiro giungeva in ansimi morbidi e irregolari.

"John ..."

"Ti è piaciuto?" chiese John, dovette chiedere. Era importante.

Sherlock si leccò le labbra e annuì. "Io... sì. Di più?"

John mugolò in assenso e si abbassò per baciarlo di nuovo, cullandogli il viso con entrambe le mani in modo da potergli inclinare la testa come voleva, far combaciare le loro bocche in modi sempre nuovi finché Sherlock si mise a piagnucolare sotto di lui, le dita aggrappate alla maglietta di John. John si sentì un po' compiaciuto per questo. Baciare era una cosa in cui sapeva di essere bravo, e ne era orgoglioso. Era bello sapere che Sherlock non ne era affatto immune.

"Oh," disse dolcemente Sherlock. "John..."

Afferrò John per il colletto della maglietta e lo tirò di nuovo giù, la bocca che cercava la sua, le labbra urgenti, e John gemette in risposta all'improvviso cambiamento del loro bacio, l'urgenza e la fame in più che provenivano da Sherlock. Dio, era bello essere desiderati. Una voce insidiosa nella sua mente sussurrava che baciare Mary non era mai stato così. La spinse via. Non era importante ora. Solo Sherlock contava. Sherlock sotto di lui, la lingua curiosa di Sherlock che gli leccava la bocca, saggiando le acque.

John rispose con gioia, gemendo piano mentre il loro bacio si intensificava di nuovo, e lasciò che la fame sfuggisse di un altro centimetro dal suo guinzaglio.

Era la perfezione.

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso quando finalmente si separarono di nuovo, ma pensava che sarebbero potute passare ore. Sherlock respirava pesantemente ei suoi occhi erano semichiusi e scuri, il battito del cuore troppo veloce per qualcuno a riposo.

John sorrise e gli fece scorrere entrambi i pollici sugli zigomi. "Dio, la tua bocca. Volevo farlo da secoli."

Sherlock sbatté le palpebre. "Davvero?"

E, oh, l'insicurezza nella sua voce, quella vulnerabilità nei suoi occhi, trafissero John come un coltello.

"Sì," ammise. "Più di quanto avrei voluto ammettere anche a me stesso. Ma è sempre stato vero, anche quando ero impegnato a negarlo. Una parte di me lo ha sempre voluto.”

Sherlock gli sorrise. "Tutto di me lo voleva,” confessò. "Fin quasi dall'inizio."

John non era sicuro se il suono che aveva fatto fosse una risata o un singhiozzo e si chinò per attutirlo contro le labbra di Sherlock. "Vorrei averlo saputo prima."

Ma dio, aveva ottenuto così tanto adesso: la bocca di Sherlock sulla sua, il corpo di Sherlock sotto il proprio... John si spostò un po', cercando di trovare una posizione più comoda.

Sherlock boccheggiò e sussultò quando la gamba di John sfiorò la sua evidente erezione. Era troppo presto per quello, lo sapevano entrambi. “Scusa,” mormorò John. "Lasciami..."

Rotolò di lato, trascinando Sherlock con sé finché non furono stesi fianco a fianco, fissandosi l'un l'altro. "Piano," disse John a bassa voce. "Andremo piano, vero?"

Sherlock si morse il labbro inferiore gonfio di baci e annuì. "Sì. Voglio andare piano, ma temo anche di non volerlo sul serio."

John rise. "È giusto. Ma terremo a mente gli obiettivi a lungo termine qui, sì? La gratificazione istantanea sarà piacevole per il momento, ma entrambi meritiamo qualcosa di meglio.”

Sarebbe dovuto essere uno sciocco per non notare il sollievo negli occhi di Sherlock, anche se mescolato con la delusione. John empatizzava completamente. "Vieni qui."

Attirò Sherlock di nuovo più vicino, avvolgendo le braccia intorno a lui e unendo le loro gambe finché non furono intrecciati quanto più potevano esserlo mentre erano ancora vestiti.

Premette una serie di baci su qualsiasi parte del viso di Sherlock potesse raggiungere in quella posizione. "Va tutto bene. Rilassati. Andrà tutto bene. Abbiamo tutto il tempo del mondo per fare nient'altro che questo."

Sherlock annuì. “Non voglio fare nient'altro che questo,” mormorò. "Voglio tutto, John. Voglio baciarti il ​​collo e il petto. Voglio scoprire che sensazione danno i tuoi capezzoli nella mia bocca e se c'è qualche differenza tra di loro. Voglio assaporare la tua pelle e il tuo sudore e il tuo sperma, se me lo permetterai."

John gemette al quadro che Sherlock stava dipingendo nella sua testa. "Oh, dio, sì. Puoi avere tutto questo, amore. Tutto questo e altro ancora. Ma non tutto in una volta. Non vorrei sopraffare quel tuo bel cervello. E lo farà, te lo prometto."

Sherlock annuì di nuovo, molto seriamente questa volta. "Sì, potrei dirlo proprio ora. Baciarti mi spegne il cervello meglio di quanto non abbia mai fatto la cocaina."

John rise. "Ne sono lieto. La prossima volta che tutto diventa troppo, puoi semplicemente venire da me e sarò felice di baciarti finché non dimenticherai del tutto a cosa stavi pensando."

"Grazie," mormorò Sherlock. "Farò in modo di ripagare il favore in qualsiasi momento."

"Ti prendo in parola," disse John, sorridendo. "Di solito non ho bisogno di spegnere il cervello, ma posso già dire che dovrò baciarti un sacco."

Gli venne in mente un pensiero. "A proposito di... ti ho almeno baciato al nostro matrimonio?"

Sherlock esitò e poi annuì una volta, a scatti. "L'hai fatto. Niente del genere, però. Niente di simile a questo. Ho... cercato di non pensarci."

"E' giusto," disse piano John. "Avrei dovuto baciarti come si deve. Avrei dovuto baciarti fino a mandarti fuori di testa."

"Penso di essermi sentito abbastanza fuori di testa comunque, in quel momento," ammise Sherlock.

John si sentì male per l'implicazione. "Vorrei ricordarlo," disse piano. "Me lo racconterai finalmente? Hai detto che è stata una mia idea, ma non ho mai capito bene come sia successo o perché. Suppongo di non averlo chiesto."

Ci fu un'altra esitazione, ma sembrava meno perché Sherlock non era disposto a parlare e più un caso in cui raccoglieva i pensieri.

"Be', sai già che ti ho rifilato quel composto per vedere se avrebbe indotto un blackout. Ne ho preso un'altra versione perché sembrava più facile controllare solo due opzioni allo stesso tempo. Ho preso appunti dettagliati per me stesso, così sarei stato in grado di controllare in seguito nel caso in cui fossi io quello colpito. La giornata è stata perfettamente normale per un paio d'ore. Stavi sfogliando il tuo blog e leggendo le tue e-mail o cose del genere. Penso che tu abbia ricevuto una e-mail da un compagno dell’esercito perché hai menzionato Bill Murray in una divagazione. E poi per un po' sei diventato molto pensieroso. All'epoca pensavo che ti stessi ricordando del tuo tempo in Afghanistan, quindi ho scelto di lasciarti stare. Ho suonato il violino, qualcosa di rassicurante, sperando che ti aiutasse a mantenere la calma. Brahms, credo. E poi ti sei seduto dritto e hai detto: ‘Pensi che dovremmo sposarci?’ Ero nel mezzo del secondo movimento e di solito non interrompevi la mia sonata a meno che non fosse importante.”

Sherlock sorrise. "Ho quasi lasciato cadere il violino."

John ridacchiò. "Be', non sono sorpreso. Dev'essere venuto fuori dal nulla."

"Forse se avessi visto l'e-mail, saprei cosa aveva detto che ti ha portato a quel punto. Dev'essere stato in qualche modo correlato al matrimonio, ma non conosco i dettagli. Tutto quello che posso fare è speculare, a meno che tu non abbia ancora quell'e-mail da qualche parte." Sospirò. “Sono rimasto così sorpreso che in realtà mi sono del tutto dimenticato del mio esperimento su entrambi. Mi è tornato in mente la mattina dopo.”

"Quindi cosa è successo poi?" chiese John. "Devi aver pensato che fossi pazzo."

"Ti ho chiesto perché," ricordò Sherlock. "E mi hai fornito un elenco di ragioni perfette. Che dovevamo avere accesso l'uno all'altro se uno di noi fosse stato ricoverato in ospedale, che avremmo dovuto avere una sorta di protezione legale contro l'essere usati come testimoni l'uno contro l'altro - mi hai ricordato il tassista cui avevi sparato come ottimo esempio, e dato che stavamo già condividendo le nostre vite, le nostre finanze e tutto il resto, aveva senso.”

John deglutì. "Non riesco a credere di aver fatto niente di tutto questo." Scosse la testa. "Voglio dire, ti credo quando dici che l'ho fatto, ma anche se ne andasse la mia vita non riesco a capire cosa deve avermi posseduto."

Sherlock scrollò le spalle. "Onestamente ero troppo sorpreso per mettere in discussione le tue motivazioni. E avevi ragione. Aveva senso. All'epoca non mi ero reso conto di quanto disperatamente volessi sposarti, ma nel momento in cui l'hai detto, l'ho capito. E ho accettato, perché il tuo ragionamento era solido e ho pensato che sarebbe... che sarebbe stato per me un modo per trattenerti. Per impedirti di uscire dalla porta, se mai si fosse arrivati ​​a questo." Sorrise tristemente. "Suppongo di aver avuto ragione su questo. E sono felice di aver detto di sì. Non ti avrei mai più visto altrimenti, non dopo che mi hai detto così esplicitamente dove potevo infilarmi le mie scuse per averti lasciato indietro."

Senza parole, John carezzò il braccio di Sherlock prima di sporgersi in avanti e premergli un altro bacio all'angolo della bocca. "Sono così spiacente."

"Non esserlo," mormorò Sherlock. "Quello che è stato fatto è fatto. Ho sottovalutato la tua rabbia e il tuo dolore. Avevo pensato che saresti stato così felice di vedermi che il perdono sarebbe stato inevitabile. Non mi era venuto in mente quanto a fondo fossi ferito. Suppongo di non essermi reso conto che a modo tuo, anche tu mi avevi sposato perché volevi tenermi. E me ne sono andato comunque."

Il suo sorriso era piuttosto fragile. "Semmai, questo mi ha insegnato che anche essere sposato non sarebbe stato abbastanza per farti restare. Che avere un documento firmato non era altro che un modo per rallentarti mentre te ne andavi. Ma allora non la vedevo in quella maniera. Ti ho interrogato sulle tue motivazioni quando l'hai suggerito per la prima volta, ma eri irremovibile sul tuo ragionamento e non avevo motivo di non crederti. Avrei potuto dirlo se mi avessi mentito. Ma ovviamente stavi mentendo anche a te stesso sulle tue vere motivazioni e ti eri completamente convinto. Così abbiamo deciso di farlo in fretta perché il prossimo caso pericoloso avrebbe potuto essere dietro l'angolo e non c'era motivo di perdere tempo. Hai chiamato Mycroft. Ti ho detto che se l’avessi fatto io, non sarebbe mai stato d'accordo e lo avrebbe considerato uno scherzo, ma tu non eri il tipo per uno scherzo di quel genere. Ha comunque richiesto la mia conferma e tu gli hai detto tutte le nostre ragioni per farlo. Mycroft non tiene in grande considerazione il sentimento: ai suoi occhi, era l'accordo perfetto.”

Qui, Sherlock alzò gli occhi al cielo. "Pensava che sarebbe stato splendido avermi 'sistemato'. Sperava che tu potessi avere una buona influenza su di me. Gli piaceva l'idea di avere qualcuno legalmente obbligato a stare dalla mia parte contro il resto del mondo, come ha detto. Non ti è stato difficile convincerlo ad accelerare il processo per noi. E poiché eri tu a chiederlo, non aveva motivo di credere che fosse un mio piano. Sembrava... contento."

John sospirò. "Ci scommetto. Ricordi quando mi ha rapito, il giorno dopo che ci siamo incontrati al St. Bart? Ha chiesto se poteva aspettarsi un lieto annuncio entro la fine della settimana. La mia telefonata per organizzare il nostro matrimonio per lui dev’essere stato come se il Natale fosse arrivato in anticipo."

Sherlock sorrise. "Non me l'hai mai detto."

"Non sembrava rilevante in quel momento,” disse John. "Ero troppo distratto dall'essere stato rapito da quello che pensavo fosse il tuo acerrimo nemico e molto probabilmente un boss mafioso o qualcosa di simile."

Questo gli valse uno sbuffo. "Ah. No, Mycroft odierebbe tutto il lavoro sporco e la forza bruta. Usa anche quelli, non fraintendermi, ma preferisce trovare modi per far sì che la legge faccia il suo gioco in modo elegante e sottile piuttosto che infrangerla. Quello manca di eleganza."

John sogghignò. "Be', per Mycroft, come sappiamo, è tutta una questione d’eleganza."

Sherlock rise. "Decisamente." Si schiarì la gola. "Comunque, questo è quello che è successo. Ci siamo resi conto che avremmo avuto bisogno di testimoni. Mycroft era scontato. Hai deciso di chiedere alla signora Hudson perché aveva senso che la nostra padrona di casa sapesse che eravamo sposati nel caso fosse successo qualcosa a uno di noi due. Inutile dirlo, era felicissima. Non credo che si sia bevuta nemmeno per un momento nessuna delle nostre ragioni. Ai suoi occhi, era davvero un... un matrimonio d'amore.”

"Mmmh," mormorò John, premendo un bacio sulla mascella di Sherlock. "Suppongo che la signora Hudson sia stata l'unica che non solo ha visto, ma anche osservato, allora."

Sherlock gemette piano e la sua voce tremava leggermente mentre continuava. "P... pensi? Comunque, Mycroft aveva tutte le carte pronte entro un'ora. Ripensandoci, e date le tue parole, penso che le abbia avute pronte dal giorno in cui ti sei trasferito qui. Ha fatto hackerare dai suoi subalterni i sistemi dell'ufficio del registro e li ha ingannati nel pensare che avessimo un appuntamento di vecchia data che in qualche modo si erano persi. Siamo andati lì, tutte le nostre carte erano in regola, hanno deciso che doveva essere stata una loro svista e ci siamo sposati. Ci è voluta meno di mezz'ora. Dopo, siamo tornati a casa e abbiamo cenato e guardato qualcosa in televisione e alla fine sei andato a letto. Sono rimasto sveglio tutta la notte e quando sei sceso al piano di sotto la mattina dopo, non avevi alcun ricordo di quello che era successo. E sai già perché ho scelto di non dirtelo.”

John annuì. Doveva ammettere che non era così che avrebbe immaginato un suo matrimonio. Eppure, viste le circostanze, anche lui non avrebbe potuto immaginare nient'altro per loro. Be', non per il modo in cui erano stati allora.

*****

John rimase in silenzio per molto tempo dopo che Sherlock ebbe finito di raccontare il giorno del loro matrimonio. Sembrava pensieroso e un po' triste e Sherlock si sentì rincuorato dal fatto che John gli teneva ancora la mano con la sinistra e gli accarezzava distrattamente il petto con la destra. Altrimenti avrebbe potuto essere un po' preoccupato. Così com'era, era felice di lasciargli semplicemente elaborare queste informazioni.

In effetti, Sherlock si ritrovava decisamente felice della sua situazione nella vita, per una volta. Le sue labbra erano un po' doloranti per tutti i baci, che era di sicuro una sensazione piacevole, anche se non familiare. I suoi nervi formicolavano ovunque John lo toccasse e qualcosa di innocente come una mano che gli accarezzava su e giù per il braccio gli faceva venire i brividi lungo la schiena.

Non riusciva a ricordare di essere mai stato così incredibilmente felice. Solo per questa volta, aveva tutto ciò che voleva.

Condividere finalmente la storia del loro matrimonio, per quanto privo di sentimento fosse stato, aveva anche tolto un enorme peso dal suo petto. Avrebbe voluto dirlo prima a John. Avrebbe voluto averglielo semplicemente detto senza aspettare che John glielo chiedesse. Forse allora lui avrebbe capito. O forse avrebbe insistito per il divorzio molto prima di quanto avesse fatto alla fine.

No, decise Sherlock. Tutto sommato, le cose erano andate come ci si poteva aspettare. Certo, avrebbe potuto fare a meno della dolorosa discussione di ieri, ma alla fine ce l’avevano fatta. E John adesso era qui. John lo aveva baciato. John aveva detto che voleva dare una possibilità a questo matrimonio. Sherlock avrebbe fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che non se ne pentisse.

Alla fine, dopo quasi un quarto d'ora di silenzio, John sospirò e lo attirò a sé, premendogli l'orecchio sul petto e ascoltando il battito del suo cuore. Sherlock fu contento di lasciarglielo fare, chiedendosi se poteva sentire il suo nome nel ritmo. No, forse era un pensiero troppo fantasioso. Ma lo desiderava comunque.

Avvolse il braccio intorno a John per tenerlo stretto e gli sfiorò le tempie con le labbra, stupito che ora gli fosse consentita una cosa del genere.

Affetto. Com'era strano. Com'era strano finalmente poterlo mostrare così facilmente, mostrarlo senza esitazione, senza paura di essere rifiutato.

Per molto tempo, non aveva saputo di volerlo. E quando l'aveva fatto, era già troppo tardi. Ora, però, non c'era niente che lo trattenesse. Non solo, ma John stava ricambiando ogni tocco, stringendolo a sé e tenendolo ancorato.

Sherlock sospirò e si rilassò. Avrebbe potuto rimanere così per ore ed essere perfettamente soddisfatto. Nessun esperimento o crimine avrebbe potuto essere più coinvolgente di questo: tenere stretto John ed essere stretto in cambio.

Dopo diversi lunghi minuti di questa confortante vicinanza, John si mosse un po' e si appoggiò allo schienale abbastanza da guardare Sherlock in faccia.

"Sherlock..."

"Sì?"

"Il nostro matrimonio... non sembra essere stato molto bello," disse debolmente John.

Sherlock scrollò le spalle. "Eravamo io e te. Non ho bisogno di nient'altro."

Questo gli valse un’occhiata tenera e affettuosa. "No," concordò John. "Ma tu meriti di meglio. Quindi stavo pensando... dovremmo rifare tutto quanto. Una vera cerimonia di nozze. Invitare i nostri amici e i tuoi genitori a mangiare una torta o qualcosa del genere e trascorrere una bella giornata. Qualcosa che valga la pena ricordare . Perché voglio ricordarlo, Sherlock. Voglio ricordare di averti infilato un anello al dito e di aver pronunciato i miei voti e di aver ascoltato i tuoi. Voglio avere un anello sulla mano e voglio che sia tu quello che lo mette lì, e voglio che tutti quelli che contano per noi ti vedano farlo.” Prese fiato e guardò direttamente negli occhi di Sherlock. "Sherlock Holmes... mi sposerai di nuovo?"

Sherlock lo fissò.

E lo fissò.

E lo fissò.

E poi balzò in avanti, schiacciando insieme le loro bocche con tutta la disperazione di qualcuno che voleva dire un sacco di cose e non aveva la più pallida idea di dove cominciare. Invece lo riversò tutto dritto in quel bacio, baciando John e baciandolo e baciandolo ancora un po' finché non rimasero entrambi senza fiato, i cuori che martellavano nel petto, le mani che tiravano l'un l'altro vicino.

"Sì. Oh, John, sì!"

Qualcosa di bagnato colpì la guancia di John e Sherlock impiegò un tempo imbarazzantemente lungo per rendersi conto che era una lacrima e che stava piangendo. Quando era successo?

Le sue mani tremavano e il suo respiro era affannoso - certo questo poteva essere dovuto al baciarsi - e c'erano altre lacrime da dove era venuta la prima.

Seppellì la faccia nel petto di John, lasciando che l'evidenza del proprio sentimento impregnasse il tessuto morbido della sua maglietta.

"Ehi, ehi, ehi," mormorò John, accarezzandogli con delicatezza la schiena. "Shhh, va tutto bene, Sherlock. Va tutto bene, amore."

Sherlock tirò su col naso e si tenne più stretto, respirando l'odore di John e crogiolandosi nel suo calore, nel suo corpo proprio lì, il battito costante del suo cuore sotto il proprio orecchio, le sue braccia forti avvolte strettamente intorno a lui.

"Ti amo," riuscì finalmente a tirar fuori, e si chiese se si sarebbe mai abituato a dirlo ad alta voce.

"Ti amo anch'io," disse John e gli baciò la fronte.

Sherlock pensò che avrebbe potuto morire di felicità.

 




NdT: Chi si unisce a me nell'augurare buon anniversario (e buon secondo matrimonio, già che ci siamo 😄) a John e Sherlock? *alza il calice di champagne* 🥰
   
 
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