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Autore: Immortal Lady    07/02/2022    1 recensioni
Era ben noto a tutti gli abitanti di Privet Drive che la famiglia Dursley si vantava di essere perfettamente normale e non anelavano, in nessunissima maniera, a divergere dal loro stile di vita.
Quel martedì piovoso di circa dieci anni fa la signora Petunia Dursley, moglie di Vernon Dursley, madre di Dudley Dursley si alzò per andare a preparare la colazione. Mentre aspettava che le uova e la pancetta messe sul fuoco iniziassero a riscaldarsi, prese le bottiglie di vetro vuote e si diresse alla porta per lasciarle sul pianerottolo per il lattaio.
Non fa specie che i Dursley maledicono ancora quel giorno.
Perché il corso degli eventi deviò dall’ordinario.
Perché su quel pianerottolo non doveva trovarsi altro che l’anonimo zerbino verde comprato dalla signora Dursley.
Ma così non fu.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Note Immortal Lady del 02/05/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo VI: Ansia da Prestazione, Smistamento e Separazione ~

 

La porta si aprì all’istante. Apparve una strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo. Aveva un volto molto severo e il primo pensiero di Harry e Hazel fu: è una persona che bisogna evitare di contrariare.

«Ecco qua gli allievi del primo anno, professoressa McGonagall» disse Hagrid.

«Grazie, Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io».

Spalancò la porta. La Sala d’ingresso era così grande che ci sarebbe entrata comodamente tutta la casa dei Dursley. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle della Gringott, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori.

 

I ragazzi seguirono la professoressa McGonagall calpestando il pavimento a lastre di pietra. I gemelli udivano il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto della scolaresca doveva essere già arrivato - ma la professoressa McGonagall condusse quelli del primo anno in una saletta vuota, oltre la Sala d’Ingresso.

Ci si stiparono dentro, molto più pigiati di quanto normalmente avrebbero fatto, guardandosi intorno tutti nervosi.

«Benvenuti a Hogwarts» disse la professoressa McGonagall. «Il banchetto per l’inizio dell’anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala comune della vostra Casa.

«Le quattro Case di chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim’ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell’anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con la Coppa delle Case, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa cui verrà destinato.

«La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell’attesa, vi suggerisco di rimettervi il più possibile in ordine».

E così dicendo, i suoi occhi indugiarono per un attimo sul mantello di Neville, che era tutto storto, e sul naso sporco di Ron.

Harry e Hazel si guardarono, i vestiti erano apposto ma i capelli erano all’aria come al solito; provarono a lisciarsi a vicenda i capelli per dargli un minimo di ordine. Azione praticamente inutile, i ciuffi più corti tornarono presto a sfidare la gravità.

«Tornerò non appena saremo pronti per la Cerimonia» disse la professoressa McGonagall. «Vi prego di attendere in silenzio».

Uscì dalla stanza. I gemelli deglutirono nervosi.

«Di preciso, in che modo ci smistano per Casa?» chiese Harry a Ron.

«Una specie di prova, credo. Fred ha detto che è molto dolorosa, ma penso che stesse scherzando».

«Mi sto iniziando a sentire male» ammise Hazel a bassa voce.

Una prova? Di fronte a tutta la scuola? Ma loro non sapevano niente di magia… cosa avrebbero dovuto fare? Non si erano aspettati nulla di simile, all’arrivo. Harry e Hazel sentirono un tuffo al cuore. Harry si guardò intorno ansioso e vide che tutti gli altri erano terrorizzati quanto lui. Persino Malfoy sembrava più pallido di prima. Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Hermione Granger che stava spiattellando a bassa voce, con parlantina inarrestabile, tutti gli incantesimi che aveva imparato, chiedendosi di quale dei tanti avrebbe dovuto servirsi. Hazel si era tappata le orecchie nel tentativo di non ascoltarla. Non erano mai stati tanto nervosi in vita loro, mai, neanche quando erano tornati a casa dei Dursley con una nota della scuola in cui si diceva che, non si sapeva come, avevano fatto diventare blu il parrucchino dell’insegnante.

Hazel e Harry si guardarono, l’ansia che usciva da ogni poro. Spalla contro spalla presero a fissare la porta. Ormai ogni momento era buono perché la professoressa McGonagall tornasse per condurli verso il loro destino.

Poi accadde una cosa che fece letteralmente fare un salto ad entrambi… Dietro di loro, molti ragazzi gridarono.

«Ma che cosa…?» mugugnò Harry mentre Hazel, a bocca aperta e senza fiato, osservava ciò che aveva di fronte a sé.

Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra di loro quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e grasso stava dicendo: «Io sono dell’idea che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un’altra possibilità…»

«Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Peeves tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi non è neanche un vero e proprio fantasma… Ehi, dico, che cosa ci fate qui?»

Un fantasma in calzamaglia e gorgiera aveva d’un tratto notato gli studenti del primo anno.

Nessuno rispose, nemmeno Hermione notò Hazel in un angolo remoto del suo cervello.

«Nuovi studenti!» disse Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso. «In attesa di essere smistati, suppongo»

Alcuni annuirono in silenzio.

«Spero di vedervi tutti a Tassorosso!» disse il Frate. «Sapete? È stata la mia Casa».

«E ora, sgomberare!» ordinò una voce aspra. «Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento».

La professoressa McGonagall era tornata. A uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.

«Mettetevi in fila e seguitemi» ordinò la professoressa McGonagall agli allievi del primo anno.

Hazel per riprendersi si diede dei rapidi schiaffi sulle guance e con le gambe un po’ gelatinose si mise in fila dietro a un ragazzo dai capelli rossicci, Harry la seguì e Ron dietro di lui.

Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la Sala d’Ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande.

Una cosa era certa, Harry e Hazel non avevano mai immaginato in vita loro che potesse esistere un posto tanto splendido e sorprendente. La sala era illuminata da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz’aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti.

I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d’oro scintillanti. In fondo, rialzato, c’era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti.

Fu lì che la professoressa McGonagall accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Harry alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di un nero intenso trapuntato di stelle, subito tirò la manica della sorella indicandoglielo. Udirono Hermione bisbigliare: «È un incantesimo che lo fa sembrare come il cielo che c’è fuori! L’ho letto in Storia di Hogwarts».

Era addirittura difficile credere che ci fosse un soffitto e che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto.

Hazel prese per mano Harry per attirare la sua attenzione, ma lui aveva già abbassato gli occhi per osservare la professoressa McGonagall che, senza fare rumore, stava collocando uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno.

Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie. Zia Petunia non avrebbe permesso neanche di farlo entrare in casa, pensarono sovrappensiero i gemelli.

Nella Sala non risuonava il minimo rumore, tutto taceva in maniera quasi inquietante.

In quel momento Harry e Hazel notarono come tutti i presenti avessero gli occhi puntati sul cappello, come in attesa di qualcosa; trepidanti anche loro presero a fissare il cappello. Per qualche altro secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:

 

«Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete:

io ve lo giuro che mi scappello

 se uno migliore ne troverete.

Potete tenervi le vostre bombette,

 i vostri cilindri lucidi e alteri,

son io quello che a posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c’è pensiero che nascondiate

che il mio potere non sappia vedere,

quindi indossatemi e ascoltate

 qual è la Casa a cui appartenete.

È forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è a Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori,

quei tipi astuti e per niente babbei

che qui raggiungono fini e onori!

Venite dunque senza paure

e mettetemi in capo all’istante;

con me sarete in mani sicure

perché io sono un Cappello Parlante!»

 

Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.

«Allora dobbiamo semplicemente provare il cappello!» sussurrò Ron ai gemelli. «Giuro che Fred lo ammazzo: continuava a blaterare di un combattimento con un troll!»

Harry sorrise debolmente mentre Hazel si schiariva la gola a disagio, con un principio di panico a chiuderle la gola. Sì, decisamente indossare il cappello era molto meglio che dover fare un incantesimo, ma avrebbero preferito che la cosa avvenisse in separata sede, non sotto gli occhi di tutti.

Sembrava che il cappello chiedesse molto; al momento, Harry e Hazel non si sentivano né coraggiosi, né intelligenti né altro. Se solo il cappello avesse nominato una Casa per gente che si sentiva poco sicura di sé, quello sarebbe stato il posto giusto per loro.

A quel punto, la professoressa McGonagall si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.

«Quando chiamerò il vostro nome, metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati» disse. «Abbott Hannah!»

Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa…

«TASSOROSSO!» gridò il cappello.

Il tavolo di Tassorosso, a destra, si rallegrò ed esplose in un applauso quando Hannah andò a prendervi posto. Harry vide il fantasma del Frate Grasso salutarla allegramente con la mano.

«Bones Susan!»

«TASSOROSSO!» gridò ancora il cappello e Susan si affrettò ad andare a sedersi accanto a Hannah.

«Boot Terry!»

«CORVONERO!»

Questa volta a battere le mani fu il secondo tavolo da sinistra; molti allievi della Casa di Corvonero si alzarono per stringere la mano a Terry, quando egli prese posto tra loro.

Anche «Brockhurst Mandy» fu assegnata a Corvonero, ma «Brown Lavanda» fu la prima nuova Grifondoro e dal tavolo all’estrema sinistra si levò un evviva generale; Harry notò che i gemelli, fratelli di Ron, fischiavano con approvazione.

Mentre «Bulstrode Millicent» veniva smistata a Serpeverde, Harry notò quanto la mano della sorella fosse sudata, confuso si voltò verso di lei. 

Hazel aveva gli occhi bassi e si teneva la mano libera sul petto. Notando con la coda dell’occhio lo sguardo preoccupato di Harry alzò la testa, mostrandogli una smorfia stanca che non assomigliava neanche lontanamente ad un sorriso.

Ron, notando l’irrigidimento di Harry, si voltò curioso finendo per notare anche lui il colorito pallido di Hazel.

«Ehi, tutto bene?» chiese preoccupato Ron. Hazel ebbe a malapena la forza di scuotere la testa. Harry si guardò nervosamente attorno.

«Non può stare qui in mezzo, le manca l’aria, spostiamoci» bisbigliò Harry a Ron.

Cercando di non calpestare piedi altrui indietreggiarono, facendosi strada nel gruppo di ragazzini fino ad arrivare in fondo e trovandosi di conseguenza davanti alla tavolata degli insegnanti, a cui diedero subito le spalle.

Hazel era tra loro, sorretta dal fratello a destra e coperta alle spalle e a sinistra da Ron (che fortunatamente era abbastanza alto da nasconderla). Harry le prese il viso tra le mani fissandola dritta negli occhi.

«Respira, come faccio io… così, brava… inspira… e ora espira» disse Harry, osservando attentamente la sorella. Dopo un tempo indeterminato Hazel iniziò a riprendere un colorito roseo sulle guance, i sudori freddi non le bagnavano più la fronte e il respiro non risultava più spezzato.

Nel mentre il gruppo attorno a loro si era visibilmente ridotto, lasciandoli così scoperti e visibili agli occhi attenti di Hermione Granger, che finì per raggiungerli rapida.

 

«Che sta succedendo qui?» bisbigliò guardandoli uno ad uno, per poi fermarsi su Hazel.

«Niente» le risposero subito Harry e Ron, scrutandola guardinghi e coprendo ancor di più Hazel con i loro corpi.

Da lontano risuonò la voce della professoressa McGonagall che disse: «Finch-Fletchley Justin!».

Hazel stretta tra Harry e Ron sospirò stanca. «Ragazzi… lasciatemi pure andare»

«TASSOROSSO!» urlò in lontananza il cappello parlante.

«Sicura?» chiese Harry e Hazel annuì. Ron fece un passetto indietro, permettendole di tornare a vedere la sala Grande e l’espressione offesa sul viso di Hermione Granger.

«Guardate che mica la mangio!» commentò Hermione assottigliando gli occhi mentre Hazel con una mano si tirava indietro le ciocche bagnate che aveva sulla fronte.

«Perdona il loro comportamento, erano solo preoccupati per me… ho… avuto qualche problema poco fa, ma adesso mi sento meglio» disse Hazel, ringraziando con un sorriso sia il fratello che Ron.

«Vedo… sei pallida e hai sudato freddo… hai per caso fatto fatica a respirare?» chiese Hermione.

«Sì» disse Hazel grattandosi una guancia.

«Hai tossito?» chiese ancora Hermione tenendosi il mento con una mano, ignorando il «Finnigan Seamus!» della McGonagall.

«No» rispose Hazel, corrugando le sopracciglia.

«Mentre respiravi si sentiva un fischio?» domandò ancora Hermione, con gli occhi puntati su Hazel.

«Erm… n-non lo so, non ci ho fatto caso, Harry?» disse Hazel, voltandosi verso il fratello.

«Adesso no, non lo ha fatto… ma è capitato, in passato. Perché fai tutte queste domande?» disse Harry facendo un passo avanti verso Hermione.

«Perché… molto probabilmente tua sorella soffre di asma» sentenziò Hermione, incrociando le braccia con fare saputo.

«E come fai a dirlo? Non sei mica un dottore!» commentò Ron scettico.

«Io no, ma i miei genitori sì. E si da il caso che io abbia letto alcuni dei loro libri di medicina. È per questo che so che l’asma non è così rara alla nostra età!» rimbeccò Hermione.

Il cappello parlante urlò «GRIFONDORO!» e il ragazzo dai capelli rossicci che aveva preceduto Hazel nella fila scattò tutto contento verso il tavolo della sua nuova casa.

«In ogni caso, potrebbe anche non essere asma ma una sorta di attacco di panico… se ti è rimasto qualcosa di quella montagna di dolci che avete comprato sul treno ti consiglio di mangiarlo, ti sentirai sicuramente meglio dopo» disse Hermione.

«Granger Hermione!» chiamò la professoressa McGonagall. Dopo un breve cenno di saluto, Hermione partì quasi di corsa verso lo sgabello e si pigiò il cappello in testa con gesto impaziente.

«GRIFONDORO!» gridò il cappello. Ron grugnì.

Nel mentre Hazel aveva preso a mangiare una Bacchetta magica di liquirizia che aveva pescato da una tasca della divisa.

«Pensi che possa avere ragione?» chiese Harry.

«Non lo so… può essere, sembrava abbastanza convinta» rispose Hazel. «Ma so una cosa…»

«Che cosa?» chiese curioso Harry, Ron a fianco aveva allungato l’orecchio.

«So che se non finisce in fretta questo “smistamento” o mi viene un altro attacco o mi addormento. Il mio cervello sta ancora valutando quale delle due opzioni sia la più attuabile… nel mentre lo intossico di dolci… male non farà» borbottò Hazel infilandosi in bocca quello che rimaneva della liquirizia.

Vennero chiamati un altro paio di nomi nel mentre che Hazel finiva di sbocconcellare la seconda bacchetta. Harry, sovrappensiero, fu colpito da un pensiero orribile. E se lui non fosse stato scelto affatto? Se gli fosse capitato di rimanere lì seduto con il cappello sugli occhi per ore, finché la professoressa McGonagall glielo avesse strappato dalla testa dicendo che evidentemente c’era stato un errore e che lui doveva andarsene e riprendere il treno?

Hazel, a fianco a lui, gli diede un colpetto con la spalla.

«Uno Zuccotto di zucca per i tuoi pensieri?» propose Hazel allungando quanto detto al fratello. Con un sorriso stiracchiato Harry accettò il dolce, dandogli anche un morso.

«Meglio?» chiese Hazel ed in risposta Harry annuì, appoggiandosi poi spalla contro spalla con la sorella.

«Come ti senti?» mormorò Harry. 

«Meglio di prima» rispose Hazel prima di alzare gli occhi verso il rosso. «Vuoi qualcosa anche te, Ron?».

«Hai una cioccorana?» chiese timidamente Ron.

«Ce l’ho io, tieni» disse Harry, tirandone fuori una dalla tasca e consegnandola a Ron.

«Grazie!»

 

Arrivò il turno del ragazzo che perdeva continuamente il rospo, Neville Logbottom, che, lungo il percorso verso lo sgabello, cadde. Con lui, il cappello impiegò molto tempo a decidere. Quando finalmente gridò «GRIFONDORO!», Neville corse via senza neanche toglierselo dalla testa, e tra scrosci di risa dovette tornare indietro di corsa per consegnarlo a «MacDougal Morag».

Quando venne chiamato il suo nome, Malfoy si presentò spavaldamente e fu esaudito all’istante: il cappello gli aveva appena sfiorato la testa che gridò: «SERPEVERDE!»

Malfoy andò a unirsi ai suoi amici Crabbe e Goyle, con aria molto compiaciuta.

Ormai erano rimasti in pochi.

«Moon»… «Nott»… «Parkinson»… poi due gemelle, «Patil» e «Patil»… poi «Perks Sally-Anne»… e finalmente…

«Potter Harry!»

«Fallo secco!» disse Hazel, stringendogli la mano un’ultima volta.

A un tratto, mentre Harry si avvicinava allo sgabello, la sala fu percorsa da sussurri simili allo scoppiettio di tanti piccoli fuochi.

«Ha detto Potter

«Ma proprio quell’Harry Potter…?»

L’ultima cosa che Harry vide prima che il cappello gli coprisse gli occhi fu la sala piena di gente che allungava il collo per guardarlo meglio. L’attimo dopo, era immerso nel buio. Rimase in attesa.

«Ehm…» gli sussurrò una vocina all’orecchio. «Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E anche un cervello niente male. C’è talento, oh, accipicchia, sì… e un bel desiderio di mettersi alla prova… Molto interessante… Allora, dove ti metto?»

Harry si aggrappò forte ai bordi dello sgabello e pensò: ‘Non a Serpeverde, non a Serpeverde!’

«Non a Serpeverde, eh?» disse la vocina. «Ne sei proprio così sicuro? Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio… No? Be’, se sei proprio così sicuro… meglio GRIFONDORO!»

Harry udì il cappello gridare l’ultima parola a tutta la sala; con il cuore più leggero alzò quanto basta la tesa del cappello per guardare Hazel, la quale gli mostrò un sorriso enorme.

Harry si tolse il cappello lasciandolo alla professoressa McGonagall, poi si alzò facendosi da parte.

Non passarono che pochi secondi prima che la professoressa McGonagall chiamasse: «Potter Hazel!»

Hazel fece un cenno a Ron prima di iniziare a farsi strada nel gruppo di ragazzini frementi, i quali si erano fatti da parte come il Mar Rosso aveva fatto con Mosè.

A passo svelto superò tutti trovandosi così a pochi passi di distanza dallo sgabello. E dalla McGonagall. E da Harry.

La professoressa McGonagall, con in mano il cappello parlante, stava fissando incerta Harry tanto quanto Hazel lo stava guardando ansiosa.

«Signor Potter, cosa ci fa ancora qui?»

«Aspetto mia sorella» disse tranquillo Harry.

Hazel si precipitò dai due attirando l’attenzione della professoressa McGonagall, facendola abbassare per bisbigliarle: «Mio fratello è preoccupato che mi senta di nuovo male… non vogliamo combinare guai, lo giuro, potrebbe farlo rimanere?».

La professoressa McGonagall si tirò su lenta, valutando quanto appena sentito mentre osservava Hazel. Notò i capelli bagnati sulla fronte, il colorito più pallido della norma e un discreto respiro corto. L’espressione della professoressa mutò in una più apprensiva.

«Capisco, signorina Potter. Se la sente di procedere con la cerimonia o vuole che la faccia accompagnare in infermeria?» domandò la professoressa McGonagall.

«Posso farcela» conferma Hazel scambiando un'occhiata con Harry.

«Bene, allora si sieda»

La professoressa McGonagall posò il cappello parlante sulla testa di Hazel.

 

Buio. Buio e silenzio.

«Ehm…» gli sussurrò una vocina all’orecchio. «Difficile… No, complicata… Assai complicata. Poche volte ho visto una mente tanto complessa e brillante… Hmm, hai tanto coraggio e grinta da vendere, non ci sono dubbi. Tutto questo… talento, mi lascia l’imbarazzo della scelta… ma credo che non accetteresti mai di farti separare da tuo fratello… che peccato, mi togliete tutto il divertimento. Non puoi che essere una GRIFONDORO!».

 

Hazel fece un saltello sulla sedia all’urlo del cappello parlante, per poi scoppiare a ridere  quando Harry le si lanciò addosso per abbracciarla senza lasciarle il tempo di togliere il cappello.

Attorno a loro risuonava l’applauso più fragoroso avvenuto fino a quel momento.

Dopo aver consegnato il cappello e prima di scendere le scale ringraziarono la professoressa McGonagall, che sorrise e fece loro cenno di andare a sedersi.

 

Percy il prefetto si alzò in piedi e strinse vigorosamente la mano ad entrambi, mentre i gemelli Weasley si sgolavano: «I Potter sono dei nostri! I Potter sono dei nostri!».

Harry e Hazel trovarono posto davanti al fantasma con la gorgiera che avevano visto prima.

Questo batté un colpetto sul braccio ad entrambi, dando l’improvvisa, orribile sensazione di averli appena immersi in un catino di acqua ghiacciata.

 

Si guardarono attorno, tra gli schiamazzi generali. Ora potevano vedere bene il tavolo degli insegnanti. All’estremità più vicina a loro sedeva Hagrid che incrociò subito il loro sguardo e con piccoli gesti delle mani, chiese loro come stessero; i gemelli gli fecero il segno di ‘OK’ con le mani e poi il segno di vittoria tutti contenti. Hagrid si lasciò andare ad una grassa risata annuendo compiaciuto.

Con un ultimo sorriso verso il mezzo gigante spostarono la loro attenzione verso il centro del tavolo e là, su un ampio scranno d’oro, sedeva Albus Silente. I gemelli lo riconobbero subito per via della figurina che avevano trovato nella Cioccorana, sul treno. La chioma argentea di Silente era l’unica cosa, in tutta la sala, che luccicasse quanto i fantasmi. Intravidero anche il professor Quirrell, il giovanotto nervoso che avevano incontrato al Paiolo Magico. Aveva un’aria molto strana e in testa un gran turbante color porpora.

 

Ora erano rimaste solo tre persone da smistare. «Turpin Lisa» divenne Corvonero e poi fu il turno di Ron. Il ragazzo ormai aveva assunto un colorito verdognolo. Harry e Hazel si guardarono nervosi, prima di incrociare le dita sotto il tavolo e un attimo dopo il cappello gridò: «GRIFONDORO!»

Harry e Harry batterono le mani forte con tutti gli altri, mentre Ron si accasciava sulla sedia vicino a quella di Harry.

«Ben fatto, Ron, ottimo!» si congratulò pomposamente Percy Weasley da sopra la testa di Harry, mentre «Zabini Blaise» veniva mandato a Serpeverde. A quel punto, la professoressa McGonagall arrotolò la sua pergamena e portò via il Cappello Parlante.

 

A quel punto l’attenzione dei gemelli cadde sul piatto d’oro che avevano davanti e che aveva l’unico difetto di essere vuoto, ma non fecero in tempo a chiedere alcunché che Albus Silente si era alzato in piedi.

Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.

«Benvenuti!» disse. «Benvenuti a Hogwarts per un nuovo anno scolastico! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: imbecille, medusa, scampolo, pizzicollo! Grazie!»

E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti.

Harry e Hazel non sapevano se ridere o no. Hazel tirò la manica di Percy e chiese incerta: «Ma…» e Harry concluse: «è un po’ matto?».

«Matto?» fece Percy con disinvoltura. «È un genio! Il miglior mago del mondo! Ma è un po’ matto, si. Patate, ragazzi?»

 

Harry e Hazel rimasero a bocca aperta. Di colpo, i piatti davanti a loro furono pieni zeppi di pietanze. Non avevano mai visto tante cose buone tutte insieme su un solo tavolo: roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e di agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, sugo di carne, salsa ketchup e, per qualche ragione, caramelle alla menta.

Non si poteva dire che i Dursley li lasciassero morire di fame, ma certo non veniva mai permesso loro di mangiare a sazietà - Dudley prendeva sempre tutto quello che faceva gola ai gemelli, anche a costo di sentirsi male. Hazel e Harry si riempirono il piatto di un po’ di tutto, tranne le caramelle alla menta, e cominciarono a mangiare. Era tutto squisito.

«Ha l’aria di essere molto buona» disse il fantasma con la gorgiera in tono triste, guardando Harry che tagliava la bistecca.

«Lei non può…?» intervenne Hazel vedendo che Harry stava ancora masticando.

«Sono circa cinquecento anni che non mangio» disse il fantasma.

«Naturalmente, non ne ho bisogno, ma uno finisce col sentirne la mancanza. Forse non mi sono presentato. Sir Nicholas de Mimsy-Porpington al vostro servizio. Il fantasma della Torre di Grifondoro».

«Io lo so chi è!» disse d’un tratto Ron. «I miei fratelli mi hanno parlato di lei… Lei è Nick-Quasi-Senza-Testa».

«Preferirei che mi chiamaste Sir Nicholas de Mimsy…» cominciò a dire tutto impettito il fantasma, ma Seamus Finnigan, il ragazzo dai capelli rossicci, lo interruppe.

«Quasi senza testa? Come è possibile essere quasi senza testa?»

Sir Nicholas sembrava estremamente stizzito, come se la conversazione non stesse prendendo la piega da lui desiderata.

«Così» disse irritato. Si afferrò l’orecchio sinistro e tirò. Tutta la testa gli si staccò dal collo e gli ricadde sulla spalla come se fosse incernierata. Qualcuno aveva evidentemente provato a decapitarlo, ma non lo aveva fatto a dovere. Tutto compiaciuto per gli sguardi sbalorditi che lesse sui loro volti, con un movimento deciso, Nick-Quasi-Senza-Testa si rimise la testa sul collo, tossì e disse: «Allora… nuovi Grifondoro! Spero che ci aiuterete a vincere il Campionato delle Case di quest'anno. Non è mai successo che Grifondoro non vincesse per tanto tempo: Serpeverde ha vinto la Coppa per sei anni di fila! Il Barone Sanguinario sta diventando a dir poco insopportabile… ehm… lui è il fantasma di Serpeverde».

Hazel gettò un’occhiata al tavolo di Serpeverde e vide, lì seduto, un orribile fantasma dallo sguardo fisso e vuoto, il volto macilento e gli abiti tutti imbrattati di sangue argentato.

Era seduto proprio vicino a Malfoy il quale – Hazel notò e condivise con un certo piacere con Harry - non sembrava molto soddisfatto per l’assegnazione dei posti.

«Come ha fatto a coprirsi tutto di sangue?» chiese Seamus molto interessato.

«Non gliel’ho mai chiesto» disse con delicatezza Nick-Quasi-Senza-Testa.

Quando tutti si furono rimpinzati a più non posso, gli avanzi del cibo scomparvero dai piatti lasciandoli puliti e splendenti come prima.

Un attimo dopo apparvero i dolci. Montagne di gelato di tutti i gusti immaginabili, torte alle mele, crostate alla melassa, bignè al cioccolato e ciambelle alla marmellata, zuppa inglese, fragole, gelatina, budini di riso…

Mentre Harry allungava della gelatina al limone a Hazel, per poi servirsi una fetta di crostata alla melassa, il discorso virò sulle famiglie.

«Io sono metà e metà» raccontava Seamus. «Papà è un Babbano. Mamma non gli ha detto di essere una strega fino a dopo sposati. È stato un bel colpo per lui!»

Tutti risero.

«E tu, Neville?»

«Be’, io sono stato allevato da mia nonna, che è una strega» prese a raccontare Neville, «ma in famiglia per molto tempo hanno pensato che io fossi soltanto un Babbano. Il mio prozio Algie ha cercato per anni di cogliermi alla sprovvista e di strapparmi qualche magia - una volta mi ha buttato in acqua dal molo di Blackpool e per poco non affogavo - ma non è successo niente fino a che non ho avuto otto anni. Zio Algie era venuto a prendere il tè e mi teneva appeso per le caviglie fuori da una finestra del secondo piano, quando zia Enid gli offrì una meringa e lui, senza farlo apposta, mi lasciò andare. Ma io caddi in giardino e rimbalzando arrivai fino in strada. Tutti erano felici, mia nonna piangeva per la contentezza. E avreste dovuto vedere le facce, quando sono stato ammesso qui… perché pensavano che non avessi abbastanza poteri magici, capite? Zio Algie era così contento che mi ha comprato il rospo».

Dall’altro lato di Hazel, Percy Weasley e Hermione stavano parlando delle lezioni («Spero proprio che comincino subito, c’è tanto da imparare, e a me interessa in modo particolare la Trasfigurazione, sai, mutare un oggetto in qualcos’altro, naturalmente è ritenuta una pratica molto difficile…»: «Comincerete dalle cose più semplici, che so, trasformare fiammiferi in aghi e cose del genere»)

Harry, che cominciava a sentirsi accaldato e insonnolito, alzò di nuovo lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti. Hagrid era tutto intento a bere dal suo calice. La professoressa McGonagall conversava con il professor Silente. Il professor Quirrell, con il suo assurdo turbante, parlava con un altro insegnante dai capelli neri e untuosi, il naso adunco e la carnagione giallastra.

Accadde all’improvviso. L'insegnante dal naso adunco guardò oltre il turbante di Quirrell, dritto negli occhi di Harry, e un dolore acuto attraversò la cicatrice sulla fronte del ragazzo. Nello stesso momento, Hazel, che stava osservando Ron fagocitare una ciambella grossa quanto la sua testa, sentì una fitta fortissima alla testa.

 

«Ah!» esclamarono Harry e Hazel passandosi una mano sulla fronte.

«Che cosa c’è?» chiese Percy.

«N-niente» disse Harry confuso, incrociò lo sguardo della sorella lei gli restituì un’occhiata altrettanto disorientata.

Il dolore era sparito così come era venuto ad entrambi. Più difficile da scuotersi di dosso fu la sensazione che Harry aveva provato per via dello sguardo dell’insegnante… la sensazione di non piacergli affatto. Harry, preoccupato, ne parlò subito ad Hazel.

 

«Chi è l’insegnante che sta parlando col professor Quirrell?» chiese Harry a Percy, mentre Hazel li ascoltava.

«Oh, ma allora conoscete già Quirrell! Non c’è da stupirsi che sia così nervoso; quello è Piton. Insegna Pozioni, ma non gli piace; tutti sanno che fa la corte alla materia di Quirrell. Piton sa un sacco di cose sulle Arti Oscure».

Harry e Hazel osservarono Piton per un po’, ma Piton non rivolse più loro il ben che minimo sguardo.

Finalmente scomparvero anche i dolci e il professor Silente si alzò di nuovo in piedi. Nella sala cadde il silenzio.

«Ehm… solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibo e di bevande. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno.

«Gli studenti del primo anno devono ricordare che l’accesso alla foresta qui intorno è proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a ricordarlo anche loro»

E gli occhi scintillanti di Silente scoccarono un’occhiata in direzione dei gemelli Weasley.

«Inoltre, il signor Filch, il custode, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che è vietato usare la magia nei corridoi tra una lezione e l’altra.

«Le selezioni di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell’anno scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra della sua Casa è pregato di contattare Madame Hooch.

«E infine, devo avvertirvi che da quest’anno è vietato l’accesso al corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa».

Hazel abbozzò un sorriso mentre Harry rise, ma fu uno dei pochi a farlo.

«Dice sul serio?» chiese piano Hazel a Percy.

«Certamente» disse Percy aggrottando la fronte in direzione di Silente.

«È strano, perché in genere dice sempre la ragione per cui non abbiamo il permesso di andare da qualche parte… la foresta è piena di bestie pericolose, questo lo sanno tutti. No, penso che almeno a noi prefetti avrebbe dovuto dirlo».

«E ora, prima di andare a letto, intoniamo l’inno della scuola!» gridò Silente. Con la coda dell’occhio Hazel notò che agli altri insegnanti s’era gelato il sorriso sulle labbra.

 

Silente diede un colpetto della sua bacchetta, come se stesse cercando di scacciare una mosca dalla punta: ne fluì un lungo nastro d’oro che si sollevò alto in aria, sopra i tavoli, e cominciò a contorcersi a mo’ di serpente, formando delle parole.

«Ognuno scelga il motivetto che preferisce» disse Silente. «Via!»

Tutta la scuola intonò:

 

 

 

«Hogwarts Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts,

per favore insegnaci qualcosa,

a noi, anziani, calvi e tutti stori,

a noi, ragazzi dai calzoni corti,

le nostre teste devono riempirsi

di cose interessanti da non dirsi,

per ora sono vuote e piene d’aria,

di mosche morte e roba secondaria,

insegna a noi che cosa va imparato,

ripeti ciò che abbiam dimenticato,

fa’ del tuo meglio e noi faremo il resto,

finché il cervello non ci andrà in dissesto».

 

Ognuno terminò la canzone in tempi diversi. Alla fine erano rimasti solo i gemelli Weasley a cantare a un ritmo lento da marcia funebre. Silente diresse le ultime battute con la bacchetta magica e, alla fine, fu uno di quelli che applaudirono più fragorosamente.

«Ah, la musica» disse asciugandosi gli occhi. «Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa».

Aprendosi un varco tra la ressa che si attardava ancora in chiacchere, i Grifondoro del primo anno seguirono Percy, uscirono dalla Sala Grande e salirono di sopra passando per la scala di marmo.

I gemelli, supportandosi a vicenda, trascinarono le gambe pesanti per la stanchezza su per le scale. Harry ciondolava la testa ad ogni passo, così Hazel si ritrovò un paio di volte a tenerlo prima che piantasse una nasata contro la ringhiera o il muro; per questo notò distrattamente che i ritratti lungo i corridoi bisbigliavano e si facessero segno, al loro passaggio, o che un paio di volte Percy li avesse condotti attraverso porte nascoste dietro pannelli scorrevoli e arazzi appesi alle pareti. Salirono altre scale, sbadigliando e strascicando i piedi; Harry si lasciò scappare un maxi sbadiglio tenendosi alla sorella, la quale si stava chiedendo quanto avrebbero dovuto camminare ancora, quando si fermarono di colpo.

Un fascio di bastoni da passeggio fluttuava a mezz’aria davanti a loro e, quando Percy fece per avvicinarsi, quelli cominciarono a menargli colpi all’impazzata.

«Peeves» sussurrò Percy a quelli del primo anno. «Un poltergeist». Poi alzando la voce: «Peeves… fatti vedere!»

Rispose un suono potente e volgare, come quando si fa uscire di colpo l’aria da un palloncino.

«Vuoi che vada dal Barone Sanguinario?»

Ci fu uno schiocco e un omino dai neri occhi maligni e una gran bocca apparve galleggiando nell’aria a gambe incrociate, e afferrò i bastoni.

«Ooooooooh!» esclamò con una risata malefica. «Pivellini del primo anno. Ma che bello!»

Si gettò a capofitto su di loro. Tutti si chinarono per schivarlo.

«Vattene Peeves, o dirò tutto al Barone, puoi giurarci!» gli ringhiò Percy.

Peeves svanì con una linguaccia, lasciando cadere i bastoni sulla testa di Neville. Lo udirono allontanarsi di corsa, sbatacchiando le armature al suo passaggio.

«Dovete guardarvi bene da Peeves» disse Percy mentre riprendevano a camminare. «Il Barone Sanguinario è l’unico che riesca a controllarlo; Peeves non dà retta neanche a noi prefetti. Eccoci arrivati».

All’estremità del corridoio era appeso il ritratto di una donna molto grassa, con indosso un abito di seta rosa.

«La parola d’ordine?» chiese.

«Caput Draconis» disse Percy, e il ritratto si staccò dal muro scoprendo un’apertura circolare. Passarono tutti, aiutandosi con le mani e coi piedi - Neville ebbe bisogno di una spinta - e sbucarono nella sala comune di Grifondoro, una stanza accogliente a pianta rotonda, piena di soffici poltrone.

 

Percy indicò alle ragazze il loro dormitorio, cioè la porta a sinistra, su per la scala a chiocciola e ai ragazzi invece indicò la porta a destra; era chiaro che si trovavano in due torri diverse.

Hazel si bloccò incerta e trascinò da una parte Harry (per lasciare modo a chi li seguiva di passare) e iniziò a bisbigliare nervosa: «Harry»

«Hmm» mugugnò Harry.

«Harry!» bisbigliò con più urgenza Hazel.

«Hmm, cosa c’è?» disse a mezza voce Harry.

«Siamo arrivati nella sala comune e poco più in là ci sono i dormitori…»

«Hmm… e quindi? Andiamo, ho sonno, non ce la faccio più…» disse Harry, ormai sul punto di lasciarsi andare a terra e dormire lì.

«Ma sono dormitori divisi!» disse Hazel scuotendo leggermente il fratello per le spalle.

«E cosa dividono?» disse Harry con la testa che ancora ciondolava dopo le scosse.

«Maschi e femmine!» sibilò Hazel, con un discreto nervosismo nella voce. Ci volle qualche attimo prima che Harry proferisse un: «… oh»

Hazel sospirò indecisa se iniziare a scuotere più forte il fratello, ma Harry aveva riacquistato abbastanza lucidità per fare una domanda più che legittima: «… e quindi che facciamo?»

«Io… n-non lo so» disse Hazel lasciando cadere le braccia e sospirando sconfortata.

Harry si stropicciò gli occhi sotto gli occhiali e si guardò attorno. Ormai quasi tutti erano spariti su per i dormitori e Percy li stava osservando da lontano, fortunatamente ancora in paziente attesa.

«Hazy… penso sia troppo tardi per lamentarsi della posizione dei letti e… tutto sommato non siamo troppo lontani l’uno dall’altra… possiamo provare a dormire in due letti separati per questa sera» disse Harry.

«Ma… ma… siamo anche in due stanze diverse! Se succede qualcosa siamo troppo lontani l’uno dall’altra!» ribatté Hazel, battendo il piede a terra nervosamente.

«Cosa vuoi che ci possa mai succedere qui? Ti ricordi cosa ha detto Hagrid? Hogwarts è il posto più sicuro» disse Harry cercando di farla ragionare. Riuscì solo a fermare il battito nervoso del piede.

«Io… non lo so Harry, non mi sento molto tranquilla» disse Hazel abbassando gli occhi a terra.

«Hazy, facciamo così, se ci sono problemi mandami un messaggio con Edvige, ok?» disse Harry prendendo le mani della sorella nelle sue.

«… hmm»

«Hmm?»

«Hmm»

«Ehi»

«Va bene»

«Dai, andiamo»

Lentamente si avvicinarono alla scalinata, diedero la buonanotte a Percy e salirono la scala a chiocciola fino ad arrivare sul pianerottolo.

Lì, con un sospiro ansioso da parte di Hazel, si abbracciarono forte per qualche minuto prima di lasciarsi andare lentamente e dirigersi verso le porte dei rispettivi dormitori. Prima di chiuderla si scambiarono un ultimo cenno di saluto dandosi la buonanotte.

~ * ~

Un clack scandì la chiusura definitiva della porta.

Hazel ci si appoggiò con la schiena guardandosi attorno guardinga e vide quattro letti a baldacchino circondati da tende di velluto rosso scuro. Il suo baule era davanti ad uno dei letti e proprio sul comodino affianco al suo letto vide Edvige, fortunatamente ancora sveglia e vigile e che la salutò con un breve fischio basso.

 

A fianco degli altri tre letti stavano trafficando in ordine da sinistra: Lavanda Brown, Calì Patil, nessuno (era il suo letto) e Hermione Granger.

Quest’ultima stava rimestando nel suo baule con una certa foga.

Lavanda e Calì rivolsero a Hazel un sorriso e un augurio di buonanotte (a cui Hazel rispose educatamente), prima di infilarsi ognuna nel proprio letto, entrambe esauste.

Hazel fece un attimo mente locale e recuperò rapida dal proprio baule un cambio e lo spazzolino e si rifugiò rapida in bagno.

Dopo pochi minuti ne uscì cambiata, lavata e spettinata. Dal baule pescò un pezzo di pergamena, una bottiglietta d’inchiostro e una penna d’oca e, appoggiandosi al comodino a fianco al suo letto scrisse tre righe veloci.

 

Tutto ok?

Io sono pronta per andare a dormire.

Tu a che punto sei?

 

«Puoi portarla ad Harry?» chiese Hazel, Edvige rispose con un fischio basso e uscì dalla finestra che aveva appena aperto Hazel.

 

In attesa che Edvige tornasse Hazel prese posto sul proprio letto, saggiando così la sua morbidezza esagerata. Proprio in quel momento Hermione si tirò su dal suo baule con un libro in mano, sembrava estremamente contenta.

 

«Non vai a dormire?» chiese Hazel, più per spezzare il silenzio che era sceso nella stanza che per reale interesse. Hermione si arrampicò sul letto e, dopo essersi sistemata sia i cuscini che le coperte, le rispose mentre apriva il libro circa a metà.

«Leggere mi concilia il sonno, tu invece cosa stai aspettando?»

«Mio fratello» disse Hazel mentre si girava una ciocca di capelli attorno a un dito.

Calò di nuovo il silenzio ma in quel momento tornò Edvige con un messaggio stretto attorno alla zampa.

 

Tutto ok.

Anche io sono pronto, quando sono entrato Ron russava già.

Mi metto a letto adesso.

Buonanotte Hazy

P.S. Se questa notte non riesci a dormire scrivimi

P.P.S. Ancora buonanotte sorellina

 

Hazel sorrise più tranquilla e prima di mettersi a letto anche lei scrisse:

 

Mi metto a letto anche io adesso.

Buonanotte Harry

P.S. Lo farò, stanne certo

P.P.S Ancora buonanotte a te fratellino

 

 

Dopo aver consegnato il messaggio, Edvige tornò sul suo trespolo e si godette le carezze di Hazel, prima di nascondersi sotto l’ala per andare a dormire.

 

Ben infilata sotto le coperte, Hazel fissava il soffitto del baldacchino con la mente che vagava per mille pensieri.

«Buonanotte Hazel e… mi scuso se oggi sul treno, e anche durante lo smistamento, sono stata fin troppo invadente» disse Hermione. Hazel spostò la testa verso Hermione, incontrandone gli occhi e notando che era leggermente imbarazzata. Hazel con un mezzo sorriso prima di chiudere gli occhi, disse: «Scuse accettate. Buonanotte Hermione, faresti meglio ad andare a letto anche te… Ah se mi senti parlare nel sonno non preoccuparti troppo, è normale».

«D’accordo» disse Hermione. 

 

Passò poco prima che Hazel crollasse addormentata e, forse a causa della mente non troppo tranquilla, fece un sogno molto strano.

Vedeva suo fratello indossare il turbante del professor Quirrell, e il turbante parlava senza sosta, dicendo loro che dovevano trasferirsi a Serpeverde immediatamente, perché quello era il loro destino. 

Harry gli rispondeva che no, non voleva andarci; allora il turbante diventava sempre più pesante e Harry cercava di sfilarselo dalla testa, ma quello lo stringeva sempre più facendogli molto male; Hazel terrorizzata tirava il turbante per staccarlo dalla testa del fratello che aveva anche preso ad urlare.

Poco lontano da loro c’era anche Malfoy che si faceva beffe dei loro sforzi, e poi Malfoy si tramutò nell’insegnante dal naso adunco, Piton, che rideva in modo stridulo e glaciale. Poi ci fu un bagliore di luce verde e Hazel si destò, madida di sudore e scossa dai brividi.

Hermione era a fianco a lei con una mano sulla sua spalla, chiaramente l’aveva svegliata lei.

«Cosa… cosa-» disse a stento Hazel.

«Stavi urlando Hazel! Forza, stai su, respira e calmati» disse Hermione tenendo una mano sulla schiena di Hazel. 

Dopo essersi stropicciata il viso un paio di volte, Hazel grugnì e disse: «Scusa se ti ho svegliata… penso di aver fatto un sogno veramente inquietante… ma non mi ricordo nulla…»

«Fa lo stesso, non preoccuparti e torna a dormire» disse Hermione, rimboccando le coperte a Hazel per poi tornare sul suo letto.

«Ehi, Hermione…» disse Hazel già sul punto di riaddormentarsi.

«Dimmi» disse Hermione.

«Grazie» mormorò Hazel.

«… pensa a dormire Hazel» mormorò Hermione, Hazel riuscì comunque a percepire un pizzico di imbarazzo e sorrise.

 

Si addormentarono entrambe poco dopo, senza più drammi a turbare il loro sonno.

 

 

Note dell'autrice: 

 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A durabo che ha recensito il precedente capitolo, un inchino di ringraziamento.

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Dunque… sono successe cose… cose.

Ammetto che inizialmente non volevo che andasse a finire così il capitolo, avevo ben altre idee ma sono comunque molto contenta del risultato.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

 

 

   
 
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