Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: PrimbloodyBlack    07/02/2022    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Things aren't always what they seem to be
Do you understand the things that you've been seein'?
Come on, come on, come on
Do you understand the things that you've been dreamin'?
Come a little closer, then you'll see
- Cage The Elephant

 

"Se me lo avessi detto non ti avrei assecondata."

"Suvvia, non facciamone un dramma."

Thalia era in piedi, tenuta ferma contro un albero con la magia di Jamilah. La sua testa pendeva verso il basso, l'effetto soporifero sarebbe durato per qualche altro minuto. A qualche metro di distanza, Skye era seduta, incosciente, a terra, con la schiena appoggiata ad un tronco, libera da restrizioni.

"Tutto questo," disse trattenendo la rabbia, "sta mettendo a rischio la possibilità di ricreare un rapporto con lei. Mia figlia vuole conosce sua zia e sono costretto a dirle di no, ogni volta!"

Aruel fece un respiro profondo. Molte volte si era dovuto confrontare con la durezza di Anaan, con il suo ben nascosto cinismo. Nessuno la conosceva meglio di lui, ma nonostante tutto, la donna continuava a stupirlo, e cadeva sempre nei suoi imbrogli.

"Devi aiutarmi con una cosa," gli aveva detto la vecchia. "Vai da Hector, digli di preparare i lupi, devono nascondersi nel bosco, ah, e devi bere questo, ci rincontreremo qui." Quando il ragazzo aveva cercato di chiedere spiegazioni, Anaan lo aveva zittito con in gesto del dito. "E' per aiutare Thalia e Skye. Ora muoviti."

Cercando di mantenere un tono di voce calmo, Aruel cercò di infierire oltre. "Anche tua nipote non approva."

"Jamilah sta ancora imparando a capire ciò che è importante e ciò che non lo è, i sacrifici necessari e quelli che possono essere evitati. Questa per lei è una lezione di vita."

"Mia sorella non è un esperito, questo bosco non è una classe, e tu tanto meno una maestra."

"Non sto giocando con la vita di nessuno, Aruel. Tua sorella starà bene, non sto cercando di punirla, questa è una lezione anche per lei," dopo qualche secondo di pausa aggiunse: "e per me."

Aruel alzò un sopracciglio. La donna che era stata il braccio destro della regina dimenticata, la donna che aveva costruito questo posto, colei che è sempre stata un punto di riferimento per tutti, aveva appena ammesso di non essere in controllo della situazione.

"Costa stai cercando di capire?" chiese il ragazzo con curiosità, ma la rabbia era ancora lì.

"C'è una cosa che voglio verificare. Forse, anche più di una," disse senza aggiungere altro, tendendo come sempre i suoi pensieri per sé.

Aruel guardò la sorella muta ed immobile contro quell'albero, e l'unica cosa che riuscì a pensare fu quanto tempo avessero perso, non solo durante tutti quegli anni di separazione, ma anche ora che erano insieme, nello stesso villaggio. Sembrava che il loro cuori non riuscissero più a risonare, e forse, dopo quello che sarebbe accaduto oggi, non l'avrebbero mai più fatto. 

"E' davvero necessario?" Tentò di scacciare via le lacrime sbattendo le palpebre più volte, ma la sua voce si era incrinata, e i tentativi di nascondere il suo malessere erano falliti. Anaan lo guardò con dispiacere, forse per la prima volta da quando fratello e sorella si erano rincontrati.

"Skye deve imparare a controllarsi," disse la vecchia sospirando, "Thalia deve imparare a respingerla. Lo comprendi? Questo posto potrebbe diventare un cumulo di macerie se una delle due non impara a controllare l'altra."

Aruel rimase in silenzio, voltandosi a guardare i suoi stessi simili. Su disposizione di Anaan i lupi avevano circondato tutto il perimetro, così se si fosse scatenato il caos sarebbero riusciti a limitare i danni. Se solo non avesse rifiutato il titolo di Alfa, forse adesso avrebbe avuto un minimo di potere decisione, ma questo non lo potrà mai sapere, quello di cui era convinto, però, è che quella scelta da oggi lo avrebbe tormentato.

"È per via degli Orchi?" domandò il ragazzo. "È per questo che stai facendo tutto così di corsa?"

"Hai parlato con Hok?"

Lui annuì, e sospirò per fin troppi motivi. "Ha solo accennato a delle complicazioni, ha detto che dovevo chiedere a te."

"Le loro terre sono aride, vogliono che ci sbrighiamo. Stanno morendo in tanti."

"Quanto tempo abbiamo?"

"Sei mesi."

Lui chiuse gli occhi, ricevendo il colpo. "Troppo poco," mormorò.

"Tengo a queste persone, tengo a quelle due. Quindi quando prendo una decisione, c'è sempre una forte motivazione dietro, non voglio essere più ripresa."

"Però," tentò Aruel, "io-" Stava diventando emotivo e la vista di sua sorella stava solo peggiorando le cose. Fece un respiro profondo, Anaan lo vide in difficoltà e gli diede tempo. "Ho solo paura che potrebbe odiarmi. Me, noi, questo posto, la gente che deve proteggere."

"Non accadrà." Ma nemmeno Anaan credeva a quello che aveva appena detto, ma se avrebbe dato un po' di sicurezza ad Aruel, era pronta a ripeterglielo un milione di volte.

"Non combatteranno mai per la causa, nessuna delle due," continuò lui, le parole di Anaan non l'avevano nemmeno sfiorato. "E nonostante le responsabilità, potrebbero anche cercare di fuggire se questo diventa troppo per loro."

"Capisco le tue paure, sono anche le mie."

Aruel avrebbe voluto chiedere come si sarebbe mossa se eventualmente le sue paure si sarebbero trasformate in realtà, ma non era pronto a ricevere una risposta. Più ci pensava, più capiva, che forse, Anaan era una donna fredda per comprendere dei sentimenti così forti come i suoi, il terrore di dover perdere nuovamente parte della sua famiglia. Anaan crede che il mezzo giustifica il fine, ma non sta tenendo conto delle proporzioni delle tue decisioni. Aruel era sempre più che convinto che questo giorno avrebbe portato alla fine molte cose.

"Puoi andare se non vuoi guardare."

"Io resto," disse con voce decisa e ferma. "Non la lascerò, mai più." 

E forse, quella forte dichiarazione, intimorì un po' Anaan. E le fu inevitabile pensare fin dove quell'amore fraterno si sarebbe spinto. "Sei troppo ingenuo, ragazzo. Devi prepararti a tutto. La morte di tuo padre e di tua madre non ti ha insegnato nulla?"

Anaan sapeva essere subdola e spietata quando voleva, ma questa non era l'occasione. Quello che Aruel prese come un insulto, era in realtà un sincero consiglio. 'Impara a perdere prima che accada, così che nulla potrà farti più del male.'  Una frase che si era ripetuta molte volte prima di andare a dormire, quando ancora il villaggio non era sicuro, quando ancora aveva il terrore di poter perdere la sua famiglia e i suoi compagni. Quella frase con il tempo l'ha formata come persona, alcuni direbbero in positivo, altri, come Aruel, direbbero il contrario.

Quando vedi per anni persone morire intorno a te la tua sensibilità si inibisce, e Anaan ne aveva viste tante. Non si era mai data un nome, né ne aveva mai ricevuto uno, ma la sua posizione era simile a quella di un capo villaggio. Aveva costruito quel posto insieme a Mor, per poi andare nei posti più disparati del regno, salvando persone, aiutandole, portandole ad Utopia, e in quel processo aveva visto morire davanti a se più persone di quante ne avesse mai salvate. Anche ora, che si trovava difronte alle uniche due persone che avrebbero portato il vero cambiamento, là fuori la gente moriva. Più tardi, la sera, quando questo sarà finito, si siederà difronte alla sua scrivania, come ogni fine settimana, per leggere i rapporti dei suoi inviati, contando il numero dei giustiziati, persone che sarebbero potute essere lì, al sicuro, ma Skye non è ancora pronta e così anche Thalia. Non le poteva importava di meno dell'opinione di Aruel, né dei sentimenti di quelle due, non quando così tante persone combattono ogni giorno per sopravvivere. Anaan era pronta a morire per la causa ed era pronta anche a sacrificare gli altri. Questo, però, nessuno l'aveva ancora capito.

"Guarda," lo avvertì Anaan. 

Thalia alzò la testa, e come se l'avesse dato lei il comando, tutti i lupi si irrigidirono, erano pronti. La lupa mormorò qualcosa, Anaan non poté sentirla, ma qualche lupo più vicino si fece sfuggire una ghigno verso la sua direzione. 

"Anaan!"

Questo sì che lo aveva sentito, la lupa stava guardando proprio lei con occhi arcigni, ancora mezzi chiusi, ma la fissavano, bianchi e brillanti. 

Nel fra tempo, anche Skye aveva cominciato a muoversi con qualche breve scatto, ma a differenza di Thalia era ancora incosciente.

"Ultima occasione per andartene."

"No." Aruel aveva preso la sua decisione. Andarsene significava agli occhi di Aruel tradire Thalia.

"Bene," disse la vecchia rivolta verso Skye. "Allora afferrami." Un secondo dopo, Anaan chiuse gli occhi e mormorò parole sconosciute.

Poi cadde.

 

Ero sdraiata a terra, il buio mi aveva stretta nel suo gelido abbraccio. Sentivo di essere cosciente, presente a me stessa, ma la mia mente era un subbuglio. Non capivo dove mi trovassi, non riuscivo a vedere nulla, tranne il mio corpo, le miei mani... Ero illuminata da una luce sconosciuta, c'ero solo io in quella solitudine. Sentivo dell'inspiegabile terrore in me, come fossi nuda difronte ad una folla, spogliata di qualsiasi cosa, dei miei ricordi, della mia persona. Mi alzai in piedi, il mio corpo rabbrividì, la testa mi faceva male. Come ero arrivata in quel posto mi era sconosciuto, i miei ricordi si stavano ricostruendo lentamente, ma sentivo vivida la presenza di falle, qualcosa mancava nelle mie memorie.

"Il tuo inconscio,"  disse una voce familiare. Mi voltai verso di essa, una figura in lontananza mi guardava. Una donna bassa e vecchia mi sorrideva, ma non c'era nulla di gentile in quello sguardo. "E' lì che siamo."

"Non avevi detto che non potevi accedere ai miei ricordi?" La mia voce era potente, riempita dalla rabbia. Come ha fatto Anaan ad arrivare fin qui?

"Skye, c'è una netta differenza tra accedere ai tuoi ricordi ed entrare nel tuo inconscio."

"Sii più specifica. Non capisco perché sei qui." 

"Sono solo una mera spettatrice," poi alzò un sopracciglio e si corresse, "magari un aiutante, se vogliamo essere proprio precise."

"Quella cosa che ho bevuto, cos'era? Mi avete mentito?"

"Nessuna menzogna, stai tranquilla."

"Ma-" Improvvisamente il mio corpo si bloccò.

"E' tempo di combattere. Basta nascondersi."

Io la guardai con il panico negli occhi. I miei piedi erano incollati al pavimento. "Sei tu?! Smettila!"

Lei scosse la testa. "Guarda bene, non essere cieca."

Abbassai di nuovo lo sguardo. Due mani nere spuntate dal terreno mi avevano afferrato le caviglie. La stretta aumentò considerevolmente e cacciai un grido verso Anaan.

"Non sono io quella che devi combattere, ma i tuoi demoni interiori."

Mi abbassai cercando di staccare quelle mani. Erano serrate a me, come fossimo un tutt'uno. E quando qualcosa emerse lentamente dal terreno, a poca distanza da quelle mani, trattenni uno stridulo e mi rimisi in piedi, cercando di muovere le gambe intrise di terrore e adrenalina. La cosa emerse e mi salutò con un raggiate sorriso. Quel volto, quel maledetto volto!

"Skye," disse il principe Kurtis, "mi sei mancata." 

Spalancai gli occhi, la sua voce era così reale, mi rimbombò in testa, così come i ricordi che ci legavano. Un giovane ragazzo, ingenuo e gentile, immischiato in una battaglia in cui non aveva speranza di vivere. Il suo sorriso mi distrusse, era intriso di speranza, di affetto nei miei confronti. 

"Fallo smettere!" gridai ad Anaan, tra rabbia e paura.

"Non sono io," disse la vecchia, "sei tu."

"Skye... per favore parlami," pianse il principe. Le mani alle mie caviglie avevano assunto il colore della sue pelle. La testa di Kurtis continuava a fissarmi dal basso. "Perché non dici nulla?" La sua faccia era distorta dal dolore, la mia, invece, dal terrore. 

"Va via, ti prego..." Mi scesero le lacrime. 

"Prima mi uccidi," disse lui con voce stridula, "e poi mi chiedi di andare via?!"

"Non è stata colpa mia!" gli gridai. "Ti prego..."  Avevo cominciato a tirare via le gambe, a fare qualsiasi movimento pur di liberarmi ma persi l'equilibro e caddi a terra. 

"Perché non mi hai amato?" La sua voce tremava come quella di un bambino appena abbandonato e mi si strinse il cuore. In un angolo della mia testa non riuscii a smettere di pensare che forse avrei potuto fare qualcosa, salvarlo, aiutarlo in un qualche modo. Avevo notato che qualcosa non andava in lui, eppure era rimasta cieca all'evidenza, avevo volontariamente deciso di ignorare quei segnali, e poi avevo passivamente partecipato alla sua morte.

Prima ancora che potessi rialzarmi, le mani di Kurtis si erano poggiate sulle miei ginocchia e lui emerse dalla terra con estrema velocità. Si trascinò su di me, finché Il suo volto non fu a pochi centimetri dal mio, il suo corpo seduto sul mio. Sgranai gli occhi mentre fissavo i suoi, rossi dal pianto e così... così vivi.

"Perché mi hai ucciso?" ripeté, la voce un singhiozzo. Le sue lacrime caddero sul mio viso. "Io non volevo morire, Skye." 

"Mi dispiace," la mia voce solo flebile tremolio, "perdonami."

"Sono sempre stato gentile con te." Si avvicinò ulteriormente al mio volto, eravamo vicini, troppo vicini, e continuava a guardarmi con quei occhi bagnati e la bocca distorta dal dolore. "Non ti avrei mai fatto del male," continuò senza trovare ragione, come se non capisse perché l'avessi tradito con tanta freddezza. Distolsi lo sguardo, girando la testa da un lato e stringendo gli occhi mentre il magone si faceva più forte. Lui poggiò la sua fronte contro la mia testa, e le sue labbra sfioravano il mio orecchio. Potevo sentire ogni sibilo, ogni lamento soppresso, ogni qual volta le parole gli si fermavano in gola... "La mia regina... la mia... regina adorata..."

Avrei voluto dirgli che non avrei mai potuto, mai e poi mai avrei legato il mio cuore al suo quando era già congiunto con un altro. Ma il terrore si era dilagato in me e l'unica cosa che potevo fare era rimanere lì immobile e sopprimere ogni rumore che la ma bocca voleva produrre, qualsiasi 'basta', 'vattene', 'perdonami'.  Ma poi sentii qualcosa che mi accarezzava la mano. Aprii gli occhi e vidi una mano nera emersa dal terreno che si era appoggiata delicatamente sulla mia e fece intrecciare le nostre dita. E poi cominciò a guidarmi. Mi fece alzare il braccio e lentamente portò la mia mano verso il petto di Kurtis. In quel momento ricordai. Thalia aveva combattuto contro il Primo Figlio e il tutto si era concluso con lei che stringeva in mano il cuore sanguinolento del ragazzo. Avevo dimenticato anche quello.

"Non posso," dissi, a chiunque avesse suggerito quell'idea. La mano nera si ritirò nel terreno e scomparve, lasciandomi interdetta. 

Kurtis era ancora premuto contro di me, la sua bocca sul mio orecchio. Poggiai la mano sul suo petto, e il ragazzo sussultò, allontanandosi da me per guardarmi meglio. Il suo sguardo si alternava tra la mia mano e i miei occhi, e poi parlò: "Vuoi uccidermi di nuovo?"

"Non ho mai voluto che tu morissi." La mia voce era calma e composta. "Né tu, né tutti gli altri che sono caduti."

"Ti dispiace?"

"Molto," confessai, sbattendo gli occhi più volte per evitare le lacrime. Kurtis era stato ucciso da  Thalia, ma ero stata io a guidare la sua mano. Il dottore che avevo colpito al collo con le forbici, era stato un Primo Figlio a prosciugarlo dall'interno, io avevo solo spento il suo corpo, eppure, non mi ero domandata se forse c'era ancora un briciolo di quell'uomo, se forse il Primo figlio aveva mentito. Non mi sono curata di nulla, avevo sempre agito per puro egoismo senza nemmeno accorgermene, lasciando tracce di sangue al mio passaggio, ignorandole, dimenticandole. Quel giorno era morto un ragazzo gentile ed innocente, sua sorella era stata posseduta e poi rapita, Thalia era quasi stata giustiziata, Aruel è quasi morto per fermarla, per non parlare di tutti i nobili che sono morti quella notte. "Non avevo intenzione di ferirvi."

"Ma lo hai fatto comunque."

Mi girai di scatto, contorcendomi sotto il peso di Kurtis per vedere da dove provenisse quella voce, la voce di Thalia. E poi la vidi, distante qualche passo dietro di me. I suoi capelli erano tornati castani, gli occhi nuovamente verdi, ma non c'era alcun affetto in essi.

"Per colpa tua ho perso tutto."

Il mio viso si incupì. Quelle parole che ho sempre avuto paura di sentire erano state appena dette. Dette da lei. 

"Mi hai separa da tutto ciò che un tempo era importante per me, da tutte le mie connessioni. Sai quanto è importate per noi lupi avere un branco? Senza siamo nulla, persi... E io ora vago nel buio a causa tua."

Io l'avevo allontanata da Border Leaf, questo era vero, ma lì non poteva vivere, non in quel modo. "Non avevi alcun futuro lì," dissi con determinazione.

"Stai ancora dettando la mia vita. Pensi di conoscermi ma non sai nulla di me. Mi ami solo perché ti ho portata via da quella miserabile vita che avevi e adesso hai reso la mia ancor peggiore della tua."

Quelle parole mi fecero vacillare, mi stordirono e mi lasciarono vuota di ogni pensiero razionale. Sapevo di essere la causa di tutto, il male di questo mondo, ma quando i tuoi pensieri reconditi si trasformano in una voce, e quella voce è di chi ami di più al mondo, fa male... troppo male.

"Come puoi aspettarti che io ti ami?"

E a quel punto risposi nell'unico modo in cui avrei potuto. "Agrid non ti avrebbe mai lasciata vivere liberamente." Gridai come se dalla mia bocca fossero uscite solo delle scuse. E forse era proprio così. 

"E' questo quello che pensi? Giustifichi te stessa perché portarmi via era il male minore... per me?"

"Non mi sto giustificando!"

"Sono una proiezione delle tue paure, Skye! Non puoi mentirmi." Si avvicinò a me, e piegò le ginocchia davanti al mio volto. Mi prese il mento tra le dita e io mi fissai nei suo occhi. Nonostante non fosse reale, nonostante la situazione, desideravo che mi toccasse di più, che i suoi movimenti fossero gentili e delicati, e invece mi obbligò a girare la testa verso Kurtis, verso il ragazzo che avevo portato alla morte. "Se pensi davvero che tu l'abbia ucciso, allora fallo, ora."

"Cos-"

Thalia mi prese la mano. Al tatto la sua era diversa da quella nera pece sbucata dal terreno. Gliel'avevo stretta così tante volte che avevo memorizzato ogni cicatrice, ogni callo... Era forte, un po' ruvida per gli allenamenti con le armi e i combattimenti. Era esattamente come la sua. Il solo fatto di avere questa falsa versione di Thalia, mi fece sentire al sicuro, nella sua mano, e bisognosa di altro. Mi spinse verso Kurtis, il mio palmo contro il suo. Il mio dito medio gli toccò il petto, e poi la mia unghia si conficcò nella sua pelle tenera, troppo tenera. Thalia lasciò la mia mano, posando la sua sulla mia spalla, e guardandomi da vicino, guancia contro guancia. Anche nella mia testa continuava ad essere calda. I pensieri su di noi invasero la mia mente e persi di vista tutto il resto. Ricordai il nostro primo bacio, quanto mi sentii sollevata, come la mia speranza fosse stata ripristinata. Ricordai l'odio verso la corona, ma ingiustificato, dopotutto il re e suo figlio non sapevano che il mio cuore era in un posto diverso. Il disprezzo che provavo ogni volta che Annie mi chiamava sorella, scrivendomi un destino che speravo non arrivasse mai, che non volevo! Come mio padre mi aveva rovinato la mia vita, e l'unica volta in cui avevo avuto bisogno della sua ossessione nei miei confronti, per usarla a mio vantaggio, ha semplicemente accettato l'offerta del re, vendendomi a un bel ragazzo che non avevo mai incontrato, né avrei voluto. E poi sono arrivati ​​i Primi Figli, che hanno ucciso quelli che sarebbero diventati la mia nuova famiglia, da me indesiderata. Devo dar loro credito per questo. Ma hanno anche cercato di dare la colpa a Thalia e lei è quasi morta... Sarebbe morta per causa mia. No-

"Esatto, non tutto è colpa tua," disse Thalia con voce gentile. "Pian piano lo capirai sempre di più."

Non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi e di essermi abbandonata a Thalia. Sentii la voce di Kurtis nella mia testa, un semplice 'grazie', ma dopotutto quello non era proprio lui. Aprii gli occhi, Kurtis era scomparso e con lui il sangue sul mio vestito. Non c'era un cuore pulsante nella mia mano, erano pulite, come la mia coscienza. Ma c'era ancora una cosa che mi tormentava.

"Non puoi aspettarti di capire tutto solo con una sessione, ragazza mia. Sei stata brava."

Alzai lo sguardo verso Anaan, aveva un sorriso fermo sulla sua vecchia faccia rugosa. "Lo so," mormorai infastidita.

"Non è convinta," disse Thalia alle mie spalle. Quella vera non mi avrebbe mai tradita così. "Ma è difficile perdonare se stessi quando si è convinti di aver rovinato la vita a qualcun altro, soprattutto se si tratta di qualcuno che si ama profondamente." Sì, quella vera non è tutto questo gran parlare. Ma mi piaceva questa vicinanza tra noi, e quindi me la sarei fatta andare bene, per questa volta.

"Skye," mi chiamò con rimprovero Anaan, "Non ti accoccolare troppo, dobbiamo andare."

Sbuffai e mi alzai da terra abbandonando il calore che Thalia mi trasmetteva dietro la schiena. Feci per raggiungere Anaan, ma Thalia mi afferrò il braccio. No, non Thalia.

"Siediti per un secondo." 

Fu strano vedere difronte a me, un'immagine riflessa di me stessa. Fui tentata di toccarle- toccarmi la guancia. Ma c'era qualcosa che ci differenziava, aveva uno sguardo che io avevo di rado, sereno.

"Lo sai che io e te siamo la stessa cosa, giusto?" disse lei con la mia stessa voce, fu più strano di quanto pensassi. "Ma io sono comunque una parte più recondita di te e tendo a sapere di più. Ascoltami bene. Devi ricordarti che non sei stata padrona di quello che è successo e che non ne sei colpevole. La rabbia che hai provato, e che ancora provi, è un tuo diritto, te la meriti dopo quello che hai subito. Questi sentimenti, per quanto negativi,  non ti rendono una cattiva persona. Stai facendo fatica ad accettarlo, ma va bene così, del resto io l'ho già fatto, manchi solo tu."

"Skye," Anaan chiamò di nuovo, più insistente. A quanto pare c'è un tempo limite anche per cose del genere.

"Devo andare," dissi alla me stessa difronte a me, come se non lo sapesse già. Ma aveva ragione, la mia mente era pronta, ma il mio cuore ci avrebbe messo un po' di più.

"Se mai ne sentissi il ​​bisogno, vieni a navigare di nuovo qui, posso darti risposte che a volte non prenderesti nemmeno in considerazione." Puntò il dito sul mio petto, e aggiunse: "I sentimenti hanno la capacità di confondere." 

Annuii. Anaan mi aveva parlato di guerre e battaglie, e Thalia non era stata da meno dopo che aveva parlato con... mia madre. Forse è tempo di usa la testa, di essere più razionale, e mettere da parte i sentimenti.

Corsi verso Anaan prima che poté dire altro, e nel momento in cui mi sono messa al suo fianco, i nostri corpi scomparirono e tutto ciò che potei vedere fu completo nero. 

Il suo corpo si appesantì, la stanchezza la prevalse, e poi lo sentii. Prima un flebile fischio, poi un urlo. 

Skye era tornata nel mondo reale.

 

Lo so, ogni tanto sparisco, ogni tanto rispunto, però rispunto sempre. Cercherò di scrivere il prossimo capitolo più in fretta. 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: PrimbloodyBlack