Libri > L'Attraversaspecchi
Segui la storia  |       
Autore: Jeremymarsh    18/02/2022    3 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

 Fiducia


 

Il bacio che Ofelia e Thorn si scambiarono quella sera scandì l’inizio di una nuova fase delle loro vita, l’ultima per quel che riguardava la loro guarigione.

Entrambi erano consapevoli che mancava poco.

Nonostante i ricordi e le cicatrici non sarebbero mai scomparsi del tutto, sapevano che quel viaggio lungo e tortuoso era quasi giunto al termine e che la strada davanti a loro non faceva più così paura.

L’insicurezza e il tormento che li avevano caratterizzati appena si erano rincontrati erano in parte spariti e sapevano qual era la chiave per ritrovarsi davvero — insieme e singolarmente. Si erano dimostrati che senza l’altro non sarebbero potuti andare avanti, che soli non aveva senso cercare di affrontare ciò che li aspettava e che, soprattutto, accettare l’aiuto che l’altro porgeva era parte fondamentale di quella guarigione e non una debolezza.Erano anche consapevoli che c’erano ancora dei punti da esplorare e ne presero atto, senza però parlarne esplicitamente. Sapevano che anche quelli si sarebbero risolti con il tempo e affrettare il tutto non avrebbe avuto senso. 

Nel frattempo, quando Ofelia finalmente concluse la lettera destinata ai genitori, decisero che era giunto il momento di rivelare a Berenilde e Roseline la verità. Dunque, quando la donna avrebbe chiamato la zia per riferirle che stava per mandarle la lettera, avrebbero anche annunciato il ritorno di Thorn.

Inizialmente, Ofelia aveva pensato di mentire e dire che era una cosa relativamente nuova, ma Thorn l’aveva guardata così male che lei si era fatta piccola piccola e aveva ritratto tutto. Capiva che per il marito era una questione di principio e che già aver mentito alla zia per tutto quel tempo era stato uno sforzo. Rassegnata, si era preparata alla ramanzina che avrebbe ricevuto.

Avevano anche discusso insieme il modo in cui spiegare la cosa e convincerle che non era arrivato il momento per loro di tornare al Polo. Senza entrare nei dettagli — perché ciò che era accaduto era estremamente personale e non volevano assolutamente contaminare l’esperienza condividendola con chicchessia, figurarsi parenti che non sapevano tenere un segreto — avrebbero spiegato la necessità di restare ancora un po’ a New Babel.

D’altronde, come avrebbero potuto lasciare tutto nel giro di qualche giorno? Oltre le questioni personali, ci sarebbero state anche quelle pratiche da risolvere. Quindi, si armarono di pazienza sapendo già che entrambe le donne sarebbero state abbastanza testarde. Ma Ofelia era più testarda, dichiarò sicuro Thorn un mattino, mentre parlavano. Non c’erano dubbi che qualsiasi cosa la coalizione Roseline-Berenilde avesse tentato per costringerli a tornare subito al Polo non avrebbe funzionato contro la determinazione e testardaggine dell’ex-lettrice. Eppure,  di quel discorso, a colpire maggiormente Ofelia fu la sicurezza con cui Thorn pronunciò quelle parole.

Le venne in mente che per quanto lei potesse affermare di conoscere Thorn in tutte le sue mille sfaccettature, lo stesso poteva dirsi del marito. Quest’ultimo, dunque, non ci aveva dovuto nemmeno pensare prima di dire qualcosa del genere. Ciò nonostante, ne fu così felice che gli rubò un bacio a stampo facendolo arrossire e poi tossire per dissipare l’imbarazzo.

Tuttavia, la sicurezza che avevano nell’altro doveva ancora trasformarsi e diventare in tutto e per tutto sicurezza in se stessi, ed era ciò che mancava a quel processo di guarigione. Quando quel nuovo viaggio era cominciato nessuno dei due aveva saputo dire più chi era, i dubbi avevano affollato la loro mente ed entrambi si erano convinti di essere arrivati al capolinea, senza più speranza per rialzarsi. Quelle persone che erano state circa un anno prima non avrebbero mai creduto di poter raggiungere determinati traguardi, anche solo ricostruire una routine così speciale. Mentre Ofelia aveva perso i propri punti di riferimento e, soprattutto, l’essenza del suo essere, Thorn era rimasto fermo nell’oblio che aveva conosciuto dall’altro lato. Entrambi avevano creduto di non essere più utili e sicuramente non ciò di cui l’altro aveva bisogno: inutili e un peso, rotti e senza speranza.

Con un po’ di incoraggiamento e a piccoli passi, si erano riappropriati di gesti quotidiani che avevano ridato loro pian piano la fiducia e il coraggio di continuare a muoversi in avanti. Ora entrambi sapeva che erano fondamentali all’altro, che il loro sostegno e la loro presenza era utile e necessaria. Ma chi erano da soli? Erano ancora quelle persone spezzate, delle bambole rotte?

A quel punto era necessario riacquistare fiducia in se stessi non solo come marito e moglie, ma come esseri individuali. Bisognava rendersi conto che quelle qualità che prima della separazione li avevano resi speciali erano sempre lì, solo un po’ cambiate, trasformate, così come era successo a tutto il resto.

 

*** 

 

Poiché non era nello stile di Thorn essere una persona inattiva e nullafacente, anche lui con il tempo aveva cominciato a lavorare, principalmente aiutando la moglie, la quale sfruttava ben volentieri la memoria portentosa dello Storico. Ovviamente, ciò rendeva il risultato nettamente migliore e Octavio aveva notato quel cambiamento, al punto da fare un’offerta direttamente all’ex-intendente.

Thorn non era riuscito a nascondere alla perfezione la sua espressione sorpresa il giorno in cui il giovane gli aveva proposto di svolgere un compito tutto suo, se aveva così tanta voglia di lavorare. A quel punto, Octavio era ben conscio di chi era colui che una volta chiamava Sir Henry e quali erano le sue doti familiari; a New Babel avrebbero trovato senza ombra di dubbio un lavoro adatto a lui, uno dove poter sfruttare a pieno le sue qualità. Ciò nonostante, Thorn aveva mantenuto i soliti toni neutri e la postura impeccabile quando aveva risposto che era disposto a valutare la proposta, a patto che offrisse un contribuito in linea con ciò che lui metteva a disposizione e una posizione di buon grado in quella società. Infatti, nonostante in quell’arca nessuno lo conoscesse davvero o lo additasse come ‘bastardo’, Thorn non aveva perso quella voglia di riscattarsi e, soprattutto, ricevere ciò che gli era dovuto; in quel senso le abilità di ottimo negoziatore gli erano sempre utili. E anche se sapeva che non avrebbe vissuto per sempre su quell’arca e che prima o poi avrebbe dovuto affrontare i fantasmi del passato in quella natale, non gli era dispiaciuto acquistare una posizione di maggior spicco a New Babel. Non perché ricercava fama o ricchezza, per nulla. Il suo obiettivo era sempre quello di permettere a sua moglie una vita benestante e degna di lei fin quando sarebbero stati residenti lì. Questo voleva dire cominciare a rimboccarsi le maniche e non lasciare che fosse solo lei a occuparsi delle entrat, di permetterle di essere più rilassata con il carico e le scadenze. Che marito era altrimenti se lasciava che facesse solo lei il lavoro duro? Senza considerare, ovviamente, che l’inattività dei primi mesi, sebbene fosse stata necessaria, era diventata un peso non indifferente per lui.

Ciò era accaduto tempo addietro e nonostante nell’accettare la proposta di Octavio Thorn fosse stato un po’ altezzoso, in realtà gliene era molto grato. Aveva cominciato pian piano a vedere l’uomo anche sotto una luce diversa, fino a che anche l’inutile gelosia che provava nei suoi confronti non era un po’ scemata. L’uomo riprese dunque a sfruttare seriamente le sue doti naturali, la passione per i numeri e, allo stesso tempo, riscoprì la sua utilità, non solo come marito di Ofelia — che per lui continuava comunque a essere la cosa più importante — ma come individuo singolo.

Octavio aveva messo a sua disposizione anche un ufficio tutto per lui che Thorn aveva accettato di buon grado perché spesso necessitava silenzio e tranquillità per svolgere il suo lavoro. Tuttavia, non lo occupava ogni giorno. Non gli piaceva l’idea di Ofelia che restava da sola per gran parte della giornata e che, oltre ai propri compiti, doveva anche occuparsi della casa e fargli trovare il pasto pronto la sera, al suo ritorno. Lì, purtroppo, non c’erano servitori pronti a darle una mano o zie che potevano tenerle compagnia. Dunque, avevano trovato un accordo e alcuni giorni l’uomo restava a casa a lavorare insieme a lei, nonostante lo spazio limitato. Parte del soggiorno era diventata il loro personale ufficio ed era proprio in uno di quei momenti che Thorn aveva ostentato tanto sicurezza nei riguardi della moglie, sottolineando la sua testardaggine.

“Credi che non avremo problemi, allora?” le chiese lei, sorridente e sollevata.

Lui arcuò un sopracciglio. “Le mie parole non sono state queste. Infatti, ricordo di aver detto che, sebbene mia zia e la tua hanno dimostrato negli anni di essere orrendamente insistenti, ho imparato che la tua irremovibilità concorre con la loro. Ne consegue che dovresti riuscire a imporre la tua volontà sulla loro senza grandi difficoltà. Se anche ciò non funzionasse — ma non credo in questa evenienza — farò risuonare la mia voce.”

In realtà, Ofelia credeva che avrebbero risparmiato molto più tempo se Thorn fosse stato il primo a imporsi, considerando anche che zia Roseline avrebbe potuto farle minacce subdole, ma a quanto pare il marito era di un’opinione diversa. Come sempre.

Tuttavia, capiva anche perché insistesse sul fatto che doveva essere lei a imporsi senza il suo aiuto: voleva farle capire che non c’era motivo per lei di sottostare alle richieste delle due donne né di aver paura di loro. Ofelia non aveva bisogno di nessuno in quel frangente; era una donna risoluta e capace di risolvere inezie come quelle. E cos’erano i minuti persi durante quelle telefonate se riuscivano a ridarle un altro po’ di sicurezza che non faceva mai male? Thorn era ormai consapevole delle sue priorità e sapeva riconoscere quando il tempo era sprecato e quando no.

Ofelia annuì. “Va bene, vorrà dire che domani mattina di-”

“No,” la interruppe lui. “Non c’è motivo per rimandare a domani. Le chiameremo ora.” E per l’appunto, quella era una di quelle occasioni in cui capiva che non c’era motivo di perdere altro tempo.

“A-adesso?” balbettò la donna. “Ma, Thorn, ecco… io non so se sono pronta.”

Thorn le riservò un’occhiata penetrante, sfidandola a contraddirlo. “Lo sei,” pronunciò con ancora tanta sicurezza.

“M-ma,” boccheggiò ancora, “Ma saranno sicuramente arrabbiate quando dirò loro che sei stato con me tutto questo tempo.”

“Com’è giusto che sia, Ofelia, ma sono sicuro che il successivo senso di sollievo che proveranno alla notizia farà dimenticare loro il torto subito,” anticipò. Poi, visto che lei non dava segno di volersi muoversi, aggiunse: “Prendi la cornetta, Ofelia.”

La giovane deglutì e poi guardò di nuovo il marito, mentre il nervosismo si impossessava di lei come della sciarpa che aveva sviluppato la tremarella e si stava aggrappando come se lei  fosse la sua àncora.

“Bene,” annunciò l’Animista. “Allora compongo il numero.” Thorn le lanciò un’altra occhiataccia per farle capire che non era impietosito dal teatrino che stava inscenando e spinse l’apparecchio più vicino a lei di modo che non potesse perdere ancora più tempo.

“Devo comporlo io per te?” le chiese con un accenno di ironia che fece strabuzzare gli occhi alla moglie.

“No-no,” mormorò, ancora incredula. “Lo faccio io,” dichiarò alzando infine la cornetta.

Il rumore del dispositivo mentre aspettava che dall’altra parte qualcuno ricevesse la chiamata sembrò durare un’eternità, non qualche secondo. Ofelia aveva i palmi sudaticci che stava usando per spostare i riccioli insistenti che le cadevano sugli occhi come un tic e il cuore che batteva impazzito nel petto. Quando finalmente risposero, Ofelia trattenne il fiato nello stesso momento in cui Thorn le afferrava la mano e la stringeva tra le sue per farla smettere e anche tranquillizzarla. Ma non fu né Roseline né Berenilde a risponderle, bensì una domestica che promise di andare a chiamare una delle due signore immediatamente.

Furono entrambe a presentarsi, come previsto, non appena vennero a sapere che era Ofelia ad averle chiamate. La giovane rilasciò il fiato che aveva trattenuto quando la zia si annunciò, non per volontà, ma perché era già passato fin troppo tempo.

“Ofelia, che sorpresa,” la salutò Roseline.

“Buongiorno, zia, come state?” chiese lei di rimando, deglutendo e sbirciando Thorn accanto a lei con la coda dell’occhio.

“Di ottimo umore, cara, ora che mi hai chiamato. Sono contenta che tu stia mantenendo la tua promessa chiamandomi più spesso,” le confessò senza alcun problema e tirando su con il naso tra una parola e l’altra. Ofelia si chiese come avrebbe reagito alla notizia del marito se già ora era commossa per una cosa così semplice. “Come procede la lettera ai tuoi genitori?”

“Oh, mi fa molto piacere sentirlo, zia,” rispose sincera. “Chiamo appunto anche per dirvi che ho spedito la lettera e dovrebbe arrivarvi entro breve. Se potete farmi il favore di mandarla ad Anima ve ne sarei grata.”

“Hmph, per ora che vada così, Ofelia. Per quanto tempo dovrei continuare questa messinscena?”

“Non avete detto anche voi che mi sentivate migliorata, zia? Beh, ho bisogno di procedere a piccoli passi e voi siete la persona di cui mi fido maggiormente per questo compito,” continuò. Ed era vero: a parte il prozio ad Anima, la zia Roseline era il parente a cui era più legata e le avventure degli ultimi anni avevano certamente rinsaldato il legame. Si rendeva conto con molta chiarezza che senza il suo aiuto non ce l’avrebbe mai fatta, a partire dal suo primo soggiorno a Chiardiluna sotto le sembianze di Mime.

Roseline sembrò rincuorata dal quel commento, e anche un po’ lusingata, tant’è che dall’altra parte della cornetta le guance le erano diventate scarlatte e aveva cominciato a darsi un po’ di arie con Berenilde lì accanto, la quale aveva agitato il proprio ventaglio in risposta in modo del tutto disinteressato. In realtà, la cosa la toccava eccome. “Molto bene, vorrà dire che aspetterò questa lettera. C’è qualcos’altro di cui vorresti parlarmi, cara? Come proseguono le tue giornate?” le chiese sinceramente interessata.

A quel punto l’ansia per Ofelia tornò con insistenza e guardò spaventata il marito. Thorn le strinse la mano e le fece un cenno del capo, incoraggiante, nonostante con gli occhi le stesse dicendo di non osare rimandare o sviare il discorso. Lei deglutì di nuovo e poi balbettò: “E-ecco, zia Roseline, Berenilde, avrei qualcosa di molto importante da dirvi.”

Dall’altro lato, furono le due donne a trattenere il fiato, spaventate chissà da quale novità la donna volesse rivelare. Il suono di un uomo che si schiariva la voce le sgomentò ancora di più: era andata oltre Thorn? Aveva intrattenuto rapporti con un uomo senza nessuno accanto a salvaguardarle la rispettabilità? Allora la scorsa volta avevano davvero sentito qualcuno accanto a lei! Stavano giusto per chiedere spiegazioni quando una voce che pensavano non avrebbero più sentito in vita loro li interruppe. “Zia, signora Roseline, buongiorno,” le salutò Thorn, austero e con voce atona, sebbene dentro di sé percepisse in minor misura l’agitazione che scuoteva la moglie.

In risposta giunse un suono strozzato.

“O-Ofelia, cara, chi c’è accanto a te?” volle sapere Berenilde che al momento temeva di avere le traveggole. Era sicura avrebbe riconosciuto quella voce così autoritaria, e per alcuni intimidatoria, anche tra dieci anni perché non l’avrebbe mai dimenticata, ma non era possibile. Thorn era ormai perso.

“Berenilde, è lui… Thorn,” confermò invece l’Animista.

“Oh, oh,” si sentì da parte di Roseline mentre Berenilde rimaneva senza parole. “Oh, credo proprio che avrò bisogno di sedermi.” Una domestica subito la raggiunse, sventolandole dei sali sotto al naso prima che la donna potesse perdere del tutto coscienza, ma questo i due coniugi non poterono saperlo. Sentirono solo una seconda domestica chiedere a Berenilde se si sentisse bene senza ricevere risposta.

“Zia?” chiese Thorn con un accenno di preoccupazione nella voce. Sapeva che la notizia avrebbe avuto un certo effetto sulle due donne, ma non aveva immaginato fino a quel punto. Certo, era anche vero che talvolta Berenilde fosse incline ai melodrammi, ma era sicuro che in situazioni come quelle potesse usare senza problemi il suo buonsenso.

Nel risentire la voce del nipote che tornava letteralmente dall’aldilà, Berenilde finalmente si riscosse. “Thorn?” chiese, incredula, un filo di voce. “Thorn, sei proprio tu?”

“Sono io, zia. Ofelia mi ha trovato e portato in salvo.”

A sentire quelle parole, anche Roseline rinvenne. “Per tutti gli antenati, Ofelia! Avevi detto di aver smesso di viaggiare tra gli specchi. In che guai ti sei cacciata per ritrovare tuo marito?”

“Non ho mai mentito, zia: è ormai un anno che non attraverso uno specchio,” confermò la ragazza, senza però confessare che non ne era più in grado.

“Ma… ma allora come?” volle sapere.

“Ofelia mi ha riportato da questo lato da poco più di un anno fa,” chiarì infine l’ex-intendente. “Abbiamo deciso insieme di tenere segreta la cosa.”

“Ah! Nipote sciagurata!” urlò Roseline.

“Intendete dire che mi avete tenuta nascosta una notizia del genere per un anno? Come hai potuto farmi questo, Thorn?” pretese offesa Berenilde.

Era evidente che era appena arrivata la parte più difficile della conversazione.

L’uomo si schiarì una seconda volta la voce per richiamare il silenzio. “Il motivo di tale scelta è estremamente personale. Vi pregherei di rispettare la decisione mia e di mia moglie e non percepirla come un torto alla vostra persona.”

“Ma, Thorn, come puoi anche solo pensare che…?” I due sentirono chiaramente la sua voce che si incrinava per un momento, ma Berenilde riprese come se nulla fosse. “Come puoi pretendere che non rimanga ferita da una decisione di questo genere?”

“Come ho già detto, zia, il motivo è privato e vorrei che onoraste la cosa. Posso solo assicurarvi che nessuno di noi ha agitato con sentimenti negativi nell’animo nei vostri confronti. Questo tempo è stato necessario a entrambi ed è anche grazie a questo che oggi abbiamo deciso di contattarvi e darvi la notizia.”

Thorn,” sibilò Berenilde che non era pronta a lasciar perdere la discussione, “ti abbiamo creduto morto per tutto questo tempo. Come osi?”

“Avrei creduto che foste sollevata, zia, al punto da mettere da parte discussioni inutili,” ribatté Thorn stringendo gli occhi in direzione della cornetta.

“Certo che sono sollevata,” rispose scottata lei. “Ma non credo che questa sia una discussione inu-”

“Lo è,” tagliò corto Thorn, più duro. “Fidatevi della mia parola e archiviate piccolezze di questo tipo.”

La donna sussultò, poi entrambi la sentirono chiaramente stringere i denti mentre sibilava ‘piccolezze’. “Molto bene,” disse in un tono che suggeriva che nulla andava bene. Ofelia non aveva assistito a molte discussioni tra i due, ma era pronta a scommettere che solitamente non erano così tranquille e che nessuno era mai disposto a lasciar perdere. E infatti… “Ne riparleremo non appena sarete arrivati qui al Polo. Cercherò il primo dirigibile che possa partire e venire a prendervi.”

A quel punto, Thorn guardò Ofelia e le passò senza dire una parola il ricevitore. “In realtà,” cominciò lei con voce troppo flebile.

“Sì?” chiesero contemporaneamente le due donne.

“Non torneremo subito al Polo,” cacciò tutto d’un fiato la ragazza.

“Come sarebbe a dire che non tornerete?” domandò esterrefatta Berenilde.

“Ofelia, credo che tu abbia perso definitivamente il senno!” dichiarò Roseline.

“Abbiamo ancora molte cose di cui occuparci,” chiarì Ofelia alzando la voce per contrastare quello delle due, “non possiamo lasciare quest’arca su due piedi. Sono sicura che entrambe comprendiate l’importanza della parola data e il tempo necessario per organizzare una partenza di questo tipo.”

“Nessun tempo,” rimbeccò Berenilde. “Non appena avrò parlato io, non ci saranno più problemi per un rientro immediato.”

“Nessuno a parte la nostra approvazione,” continuò Ofelia, tagliente, e con un terribile cerchio alla testa di certo non dovuto agli Artigli del marito. Quello che aveva preventivato per quella telefonata non l’aveva preparata a ciò che stava accadendo.

La donna sembrò colpita dal tono della giovane e questo diede a Ofelia il tempo di riprendere da dove si era fermata: “Come vi abbiamo già detto, saremo di ritorno al Polo non appena avremo portato a termine i nostri doveri e tutto ciò che ci ha trattenuto finora. Avete la nostra parola che torneremo e non staremo ancora via per molto.”

“Ofelia! Non credi che questa storia sia stata andata avanti abbastanza?” le chiese Roseline, combattuta tra il fare la vittima o cacciare l’artiglieria pesante.

“Pensavo ne avessimo parlato prima, zia. Sta procedendo tutto secondo i piani. Preferisco fare le cose ad un passo più lento.” Guardò il marito mentre lo diceva, con un mezzo sorriso, e lui glielo restituì insieme a un altro cenno della testa per incoraggiarla a continuare

“Questo era prima che rivelassi di aver nascosto tuo marito per un anno,” la rimproverò oltraggiata.

“Qualunque siano i vostri sentimenti ora, zia, li comprendo. Tuttavia, il mio stato d’animo attuale è dovuto principalmente al tempo che ho avuto da sola con Thorn. So che siete lieta di sentirmi per un certo verso rinata, non più quella ragazza spenta che ero diventata. Sappiate che se vi avessi informata subito, le cose non sarebbero andare allo stesso modo. Preso atto di tutto ciò, me ne fate una colpa?”

Per qualche secondo si sentì solo il respirare della zia in risposta e Ofelia pensò di essere andata oltre — la zia Roseline, d’altronde, sapeva essere molto permalosa quando voleva, cioè spesso. Tuttavia, dopo averla sentita soffiarsi il naso un paio di volte e litigare ancora con Berenilde per la cornetta, la donna rispose: “Capisco, Ofelia. Non preoccuparti per me. Promettimi solo…” tirò ancora su con il naso, “promettimi solo che ritornerete entrambi.”

“Ma certo, zia!” esclamò subito, rincuorata, Ofelia.

“Molto bene. Sono stata estasiata di sentirvi entrambi, ma non fatemi più scherzi di questo genere; il mio vecchio cuore ne risentirebbe.” Si schiarì la voce e poi concluse: “Sarò io stessa a richiamare quando riceverò la lettera da mandare ai tuoi genitori, Ofelia. Vi salutiamo entrambe, fate ciò che dovete fare e state sereni. A presto.”

Detto ciò, si sentì qualche altro urletto concitato di Berenilde, ma la telefonata si interruppe immediatamente dopo.

Ofelia alzò gli occhi verso Thorn, non sapendo se essere contenta o dispiaciuta e infine posò il ricevitore.

“Tua zia ha dimostrato sicuramente più buon senso della mia,” esclamò il marito prima di portarla verso il divano e farla sedere. L’intero affare aveva decisamente stancato psicologicamente la giovane e lui ritenne che avesse bisogno di riposare almeno per qualche minuto. Ofelia annuì con il capo. Thorn le sistemò i capelli e poi andò immediatamente a prenderle da bere. “Stai bene?” le chiese preoccupato una volta accanto a lei.

Lei ci mise qualche secondo prima di rispondere, poi rialzò la testa e sorrise sincera. “Mm, molto bene.” Ed era vero: sentiva che la zia avesse percepito tutte le sue emozioni e il non detto in quelle parole che Ofelia aveva pronunciato, preso coscienza per la prima volta del viaggio che la nipote aveva dovuto affrontare. Aveva capito che qualsiasi cosa era accaduta tra lei e Thorn era stata necessario e il silenzio e l’assenza parte di essa. Ofelia era certa che anche Berenilde avrebbe compreso non appena avesse messo da parte un po’ del suo egocentrismo; d’altronde, anche lei voleva veramente bene a Thorn, sebbene avesse i suoi modi per dimostrarlo.

L’Animista sollevò un braccio e sfiorò con le dita la guancia del marito, senza interrompere per un momento il contatto visivo. Thorn non diede nemmeno segno di percepire il freddo dato da quel contatto, anzi lo accolse pienamente e strinse con le proprie dita quelle artificiali della moglie.

“Grazie,” mormorò infine Ofelia. Di tutto.

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > L'Attraversaspecchi / Vai alla pagina dell'autore: Jeremymarsh