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Autore: FreddyOllow    18/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pete e Megan si erano rintanati dentro un negozio di abbigliamento. Erano entrati dalla porta sul retro e si erano assicurati che non ci fosse nessuno. Poi erano entrati in quello che sembrava un piccolo ufficio e si erano sdraiati sul divano. Erano stanchi, affamati e tristi. Solo Megan riuscì ad addormentarsi, mentre Pete diede un'occhiata nel negozio.
Si cambiò la giacca con una felpa nera, indossò dei pantaloni di tuta grigia e scarpe da ginnastica bianche. I suoi vecchi vestiti erano ormai lordi di sangue e puzzavano di putrefazione. Li gettò in un angolo e si diresse davanti all'ingresso. La doppia porta e le due grandi vetrate erano chiuse da una saracinesca. Tre zombie vagavano in strada, vicini a un'autobotte. Sporadici spari si udivano in lontananza.
"Là fuori c'è gente che ancora combatte" si disse. "Eppure, non vedo altro che cadaveri. Solo cadaveri. Mi domando se al dipartimento le cose non sono poi tanto diverse. Chissà se Marvin è ancora vivo..."
Pete osservò i non-morti vagabondare fuori dalle grandi vetrate per più di mezz'ora. Andavano e venivano da entrambi le direzioni. Erano sempre gli stessi, ma ogni tanto si aggiungeva una nuova faccia putrida.
Si sedette sul bancone e guardò la 9mm nella mano.
Era stato fortunato. Aveva pensato di morire con quel cane zombie addosso, invece Megan gli aveva salvato la vita. Sulle sue labbra si dipinse un sorriso amaro. Aveva sbagliato a trattarla male. Non lo meritava.
"Sono io quello che dovrebbe essere trattato così. Non lei."
La donna si alzò due ore dopo.
Il sole stava lentamente calando oltre l'orizzonte arancio e gli zombie fuori dall'edificio erano aumentati di numero. Quando si mise seduta sul divano, si accorse che era da sola. Si alzò, frastornata, gli occhi inumiditi, i capelli scomposti.
Lasciò l'ufficio e lanciò una fugace occhiata tra gli scaffali. L'ambiente si era un poco rabbuiato, illuminato solo dalla luce dei tre lampioni in strada.
Pete era ancora seduto sul bancone.
"Ehi" disse Megan quasi in un sussurro. "Ti sei cambiato?"
"Dormito bene?" chiese Pete, senza rispondere alla sua domanda.
"Sì. Tu hai dormito?"
L'uomo sollevò le spalle. "Come potrei? Guarda là." Indicò la vetrata con la pistola.
Centinaia di zombie erano ammucchiati davanti al negozio. Alcuni vomitavano bile sui loro simili. Altri cadevano e venivano calpestati. Un gemere continuo, simile a un mormorio sofferente, giungeva debolmente alle loro orecchie.
Megan era scossa. "Siamo bloccati qui?"
"Forse. Non lo so" rispose Pete. "Non ho ancora controllato il retro."
"Però hai avuto tempo di cambiarti."
"Dovresti farlo anche tu."
La donna lo guardò risentita per un momento e si allontanò.
"Sicuramente ci metterà secoli a indossare qualcosa" si disse Pete.
Mentre Megan si aggirava nel reparto femminile, Pete andò dietro la cassa e controllò i cassetti. Trovò solo matite, penne e fogli. Poi si avvicinò all'interruttore della luce, l'indice fermo vicino al bottone.
"Forse gli zombie sono attratti dalla luce... oppure non lo sono? Beh, meglio non rischiare." Si allontanò e tornò davanti all'ingresso.
I non-morti si erano ammucchiati contro la saracinesca, schiacciati da quelli dietro. "E pensare che un'ora fa ce n'erano solo tre... Non credo che rinchiuderci qui dentro sia stata la scelta giusta. Se il retro è infestato, siamo spacciati." Si sedette inquieto sul bancone e osservò le facce putride degli zombie.
Megan ritornò venti minuti dopo con un espressione più rilassata. Indossava una maglietta blu, sopra a una giacca nera, un jeans attillato e delle scarpe nere.
"Ti sei pure sistemata i capelli?" sorrise Pete. "Come hai fatto? Le luci sono spente?"
"Ho acceso quelle del camerino." rispose Megan.
Pete aggrottò la fronte, confuso. "Ma non ho visto nessuna luce."
"Meglio così, no?" La donna puntò il dito verso gli zombie a ridosso della saracinesca. "Se l'avessero vista..."
"Non sappiamo se sono attratti dalla luce. Stavo giusto per accendere le luci del negozio, quando me lo sono domandato. Ma se fosse così, ci avresti messo in pericolo."
"Ma non è successo niente" aggiunse la donna, risentita.
"Ma poteva succedere."
"Ma non è successo!"
Pete alzò le mani in aria in segno di resa. "Va bene... ma la prossima volta avvisami, ok?"
Megan lo fissò irritata e se ne andò nell'ufficio.



 

Nick si precipitò alla porta e la spalancò, venendo accecato dalle flebili luci dei neon alle pareti. Si coprì gli occhi. Quando la vista si abituò alla luce, comprese di essere nuovamente nel condotto fognario, i piedi impantanati nella melma, l'odore di morte che pervadeva l'aria. Non si era mai allontanato da quella porta. Era rimasto sempre lì, circondato dall'oscurità e vinto dagli abissi della sua pazzia. Si guardò intorno, spaventato, quando l'immagine del mostruoso alligatore gli balenò nella mente.
Si girò verso il punto in cui l'aveva visto l'ultima volta. Restò a fissare l'oscurità impenetrabile per un momento, finché udì qualcosa alle sue spalle. Un eco lontano simile a uno sparo.
"Zoey..." disse fra sé. "Joey!"
Salì sulla pedana di cemento ai lati del canale e corse verso la fonte del suono. Ma non fece molta strada, quando si fermò.
"Cosa diavolo sto facendo?" si chiese. "Non posso fare niente. Quella cosa... Quel mostro mi ucciderà." Poi si guardò le mani. "La mia pistola." Si girò e fissò la porta aperta con fare indeciso. Non voleva rivivere ciò che gli era capitato poco prima. Lo temeva. Non sarebbe riuscito a reggerlo un'altra volta. Non sapeva nemmeno a cosa erano dovute quelle allucinazioni o se in parte fossero stati reali.
Una vocina si fece largo nella sua mente. "Sei un codardo. Uno stupido vigliacco. Hai giurato di servire e proteggere Raccoon City." La voce ghignò. "L'hai giurato, Nick. L'hai giurato. Proteggere e servire."
"Stai zitto! zitto!"
"Lo hai giurato! Lo hai giurato!"
"Zitto!" urlò Nick. La sua voce riverberò lungo il canale.
Rimase in silenzio per un lungo momento e si accorse di avere il petto nudo. Un pensiero si fece largo nella mente.
"Forse... forse sono stato io" si disse. "Ho... ho fatto a brandelli la mia maglietta." Si guardò sotto le unghie. Aveva i polpastrelli arrossati e graffiati. "Perché? Perché l'ho fatto? Forse la melma che avevo addosso mi ha fatto impazzire? Che sia tossica? Che..."
Un ruggito gutturale echeggiò nel condotto.
Nick scattò la testa in entrambe le direzione del canale. Non sapeva da dove fosse partito quel ruggito, così lanciò uno sguardo alla porta da cui era uscito e notò una seconda porta poco più avanti, celata parzialmente nell'oscurità.
"Come ho fatto a non vederla prima?"
Uno zampettare frenetico riverberava lungo le pareti alle sue spalle. Era lo stesso suono che udiva di notte dietro le mura del suo appartamento, ma più amplificato. Qualunque cosa fosse, era ormai vicina.
Quando si voltò, un enorme ragno era appeso nella penombra del soffitto e lo fissava con i suoi molteplici occhi rossi.
Nick si pietrificò, osservando inorridito la folta peluria lungo tutto il corpo e la bocca socchiusa, da cui si intravedevano le zanne appuntite. Appena fece per indietreggiare, l'insetto gli sputò contro un liquido verde chiaro, che colpì il muro e ribollì d'acidità. Poi zampettò rapidamente lungo la parete.
Il poliziotto indietreggiò per un momento, poi si voltò e si lanciò verso la seconda porta di ferro. Un altro gettito gli passò a un palmo dal braccio sinistro e finì nella melma. Quando raggiunse la porta, l'aprì e si chiuse all'interno.
Il grosso ragno ci sferrò contro una violenta zampata, lacerandola un poco. L'insetto ritirò l'arto e un occhio rosso sbirciò nella fessura per un istante. Poi la zampa tornò a conficcarsi nella crepa e vi aprì uno squarcio. La creatura provò ad entrare d'impeto, ma rimase incastrata nella porta.
Nick salì la stretta scala illuminata da due neon alle pareti e raggiunse la porta, girando la maniglia a vuoto. Era chiusa. Lanciò un'occhiata alle spalle e cominciò a colpirla con violenti calci frontali.
Il ragno si liberò e sgambettò rapidamente verso le scale. L'uomo sferrò una forte spallata alla porta, che crollò sul pavimento e sollevò della polvere. Corse lungo il corridoio e raggiunse una porta socchiusa, da cui filtrava un fascio di luce che illuminava la polvere nell'aria. Quando la superò, il mostruoso ragno zampettò nel corridoio.
Nick chiuse la porta e si allontanò, fissandola terrorizzato. Subito dopo il ragno la colpì con veemenza e vi aprì uno squarcio. La recluta si lanciò in un altro corridoio, svoltò a destra e si fermò a un incrocio.
La porta si abbatté sul pavimento con un tonfo. L'insetto sbucò nel corridoio e sgambettò lungo la parete.
L'uomo non sapeva quale direzione prendere. Non voleva finire in un vicolo cieco o intrappolato. Si udì un debole ruggito in lontananza. Trasalì e proseguì dritto, senza guardarsi indietro.
Mentre il ragno superava l'incrocio, un Licker sbucò dal corridoio di destra e lo travolse. Entrambi finirono nel corridoio di sinistra e l'insetto gli artigliò il petto. Il Licker indietreggiò con il sangue che rivolava lungo l'addome e scattò la testa in varie direzione, cercando di captare la posizione del ragno. Quello gli sputò un liquido verdastro sulla scapola, che gli erose il muscolo. Il Licker si dimenò in preda al dolore e frustò la lunga lingua in tutte le direzioni. Quando il grosso ragno si mosse per recidergliela, il Licker lo udì e gli squarciò la faccia con una artigliata. Il sangue schizzò le pareti e il soffitto e uscì copioso dal viso reciso a metà.
L'insetto si dibatté al suolo e il Licker gli tranciò di netto il corpo con la lingua. Appena gli si avvicinò, crollò sul pavimento, scosso da violenti tremori, la bava schiumosa che gli usciva dalla bocca.
Smise di muoversi.
Nick aveva sentito alcuni rumori alle sue spalle, ma aveva continuato a correre. Varcò una doppia porta e se la chiuse alle spalle, tirando un sospiro di sollievo. Non capiva perché il ragno avesse smesso di inseguirlo, ma ne era contento. Quando si allontanò dalla doppia porta, una cacofonia di rumori giunsero dal corridoio. Rimase a fissare la doppia porta per un momento, finché trasalì nel sentire un lacerante ruggito lontano nel corridoio.
Era un Licker.
Si guardò intorno e raggiunse la porta in fondo alla stanza, girando la maniglia. La luce alle sue spalle illuminò il fianco di un vagone treno fermo sulle rotaie. Il resto dell'ambiente era avvolto dall'oscurità. Il tanfo di putrefazione gli arrivò come uno schiaffo dritto nei polmoni. Tossì e si coprì il naso con l'avambraccio scoperto, arretrando nella stanza. Non gli piaceva affatto quell'odore. Forse c'erano zombie o altri mostri nascosti nelle tenebre.
Attese per un lungo momento, gli occhi che guizzavano nel buio. Quando comprese che non c'era nessuno, socchiuse la porta alle sue spalle e scrutò nell'oscurità. Gli occhi si abituarono lentamente alla penombra, che aveva confuso per il buio.
S'incamminò lungo le rotaie, finché scorse una banchina ferroviaria e alcuni post pubblicitari lungo la parete. Un cadavere giaceva su una panca, la faccia scarnificata, il petto squarciato, l'interiora che penzolavano dal ventre. Quando salì sulla banchina, altri corpi puntellavano il pavimento lordo di sangue rappreso. Lo erano persino i finestrini interni dei vagoni treno con le portiere aperte. Nick ne raggiunse uno e guardò dentro. Dozzine di cadaveri mangiucchiati e fatti a pezzi. Alcuni con fori di proiettili in corpo.
Si allontanò.
Quando raggiunse l'ampia scalinata, decine di cadaveri tappezzavano i gradini imbrattati di sangue. Restò a guardarli per un momento, poi salì i gradini, serpeggiò tra i corpi e arrivò davanti a una saracinesca. Ai suoi piedi, un'ampia pila di corpi. Quando cercò di superarla per toccare la rete della saracinesca, una mano ossuta gli cinse la caviglia.
Sussultò.
Una zombie sollevò la testa putrida e gli morse il tacco della scarpa.
Nick le tirò un calcio in fronte e udì uno scricchiolio d'osso. La non-morta non si mosse più, la mano serrata attorno alla caviglia. L'uomo si chinò e la staccò con un po' di fatica. Poi controllò la parte posteriore della scarpa. I denti dello zombie non erano riusciti a penetrare il cuoio.
Si alzò e notò che la saracinesca era abbassata fino a venti centimetri dal pavimento.
"Ora mi spiego questi corpi" si disse. "Hanno provato a strisciare sotto." Lanciò un'occhiata ai cadaveri crivellati dalle pallottole di grosso calibro. Molti di loro non avevano più la fronte e alcuni nemmeno la testa. "Volevano tenerli qui..." si disse. "Figli di puttana..."
Si spostò accanto alla pila di cadaveri, posò le mani sotto saracinesca e tentò di sollevarla. Era bloccata. Al di là della rete metallica, una sbarra di ferro era conficcata dentro un quadro elettrico collegata alla saracinesca.
"Chiunque sia stato, spero sia morto!"
Portò nuovamente le mani sotto la saracinesca e la sollevò a fatica, facendosi leva sulle ginocchia, che urtarono contro i cadaveri. Mollò la presa e la saracinesca tornò nuovamente nella stessa posizione.
"Cazzo!" Sferrò un pugno a martello contro la rete metallica e si allontanò un poco dalla pila di corpi. Li osservò per un momento, soffermandosi su quelli che avevano ancora la testa sulle spalle. Poi cominciò a trascinarlo contro la parte di destra, finché creò un piccolo spazio per poter allargare meglio le gambe. Afferrò la saracinesca da sotto e la sollevò con tutta la forza che aveva nelle braccia. Quando raggiunse l'altezza del suo petto, il viso gli diventò paonazzo per lo sforzo e le vene del collo e della fronte si dilatarono.
"Cazzo!" Diede un'ultima spinta in alto sopra la sua testa e passò rapidamente dall'altra parte. La saracinesca si schiantò violentemente sull'avambraccio di un cadavere, tranciandolo in due, e fece implodere la testa di un altro. Sangue e pezzi di cranio schizzarono sui pantaloni strappati e le scarpe.
Quando si piegò in avanti per riprendere fiato, udì una cacofonia di ululati e abbai riverberare nel corridoio. Drizzò il busto, terrorizzato, il cuore che gli martellava nel petto. Corse lungo il corridoio dalle pareti tappezzate di poster pubblicitari, svoltò a destra e salì velocemente i gradini macchiati di sangue. Arrivato in cima, una decina di cadaveri erano riversi sul pavimento del corridoio. Serpeggiò tra i corpi, finché uno zombie gli afferrò un piede e cadde a terra. Si rialzò subito e continuò a correre.
Gli ululati si avvicinavano sempre più alle sue spalle.
Seguì il corto corridoio e uscì in un ampio salone illuminato da grandi lampadari al soffitto. Si fermò e sbarrò gli occhi, inorridito. Il tanfo di morte gli fece vomitare bile. L'intero ambiente era un tripudio di morte. Centinaia di cadaveri puntellavano il pavimento di mosaico lordo di sangue rappreso e arti mozzati. Si diresse verso l'uscita, i passi che riverberavano tutt'intorno.
I cani zombie sbucarono dalle scale da cui era venuto.
L'uomo scavalcò un tornello, saltò oltre i corpi ammassati lì vicino e continuò a correre.
Il branco di cani zombie scattò verso di lui.
Mentre usciva fuori dalla metropolitana, il riverbero dei loro abbai lo spaventarono così tanto che inciampò e cadde a terra. Scattò in piedi e continuò a correre, finché si fermò nell'ampio spiazzo fatto di vialetti, panchine, piccoli giardini curati e due larghe scalinate che scendevano ai lati. Centinaia di corpi squarciati puntellavano ogni centimetro del luogo.
La luce morente del sole stava lentamente calando dietro i tetti dei palazzi.
I cani avevano quasi raggiunto l'uscita.
Nick si guardò in giro. Non poteva correre per sempre. Prima o poi si sarebbe stancato e lo avrebbero raggiunto, sempre se non lo avessero fatto a pezzi prima. Corse dietro una fila di cespugli curati e si abbassò, sbirciando tra i rami.
Il cane Alpha uscì dalla stazione e alzò il muso putrido in aria, seguito poco dopo dagli altri sette. Si guardò intorno. Non era sicuro dell'odore che aveva sentito. Il tanfo di putrefazione ammorbava completamente l'aria e assopiva persino l'odore del fumo che fuoriusciva dal secondo piano di un condominio.
Il cane zombie s'incamminò lentamente lungo lo spiazzo, seguito dal branco. Nick li vide sparire dietro un parapetto di marmo e sentì un raspare frenetico per un lungo momento.
Scese il silenzio.
Il cane Alpha puntò il muso nella direzione dell'uomo, gli occhi vitrei, il cranio scarnificato.
Il branco gli si avvicinò e si fermò a qualche metro dal cespuglio. Il cane Alpha annusò il pavimento per un momento. Poi alzò il muso in aria e ritornò ad annusare il suolo, camminando fra i morti. Il resto del branco lo seguiva in silenzio, senza fare niente.
Nick sentiva le labbra asciutte, la gola secca. L'acre odore dei cani zombie diventò così insopportabile, che si vomitò bile sulla mano.
Il branco scattò la testa nella sua direzione, le orecchie drizzate. Lo avevano sentito. La recluta sbarrò gli occhi, terrorizzato, il vomito che gocciolava dalle dita.
Una raffica di spari echeggiò tra gli edifici.
Il branco si voltò alla loro destra e il cane Alpha emise un lungo ululato. Poi scattarono rapidamente lungo lo spiazzo, scavalcarono una fila di siepi e si lanciarono sul manto erboso, balzando da sopra la balconata centrale che dava sulla strada e svanirono in lontananza, insieme alla cacofonia di abbai.
Quando Nick uscì da dietro i cespugli, erano passati più di dieci minuti. Si pulì i pantaloni strappati dalla polvere e notò i graffi lasciati dai rami sull'avambraccio sinistro.
Cominciava a sentire freddo. Doveva trovarsi qualcosa da mettersi addosso.
Si avvicinò cauto alla scalinata che scendeva in strada e guardò in basso. Sette cadaveri giacevano sui gradini spolpati fino all'osso. Scese la scala e arrivò sul marciapiede. Nessuno zombie in vista tra i veicoli imbottigliati nelle due corsie a doppio senso.
S'incamminò verso un posto di blocco, il cui cancello era stato abbattuto insieme a una piccola sezione della rete metallica. Un camion con rimorchio era poco distante.
Proseguì in quella direzione senza badare a nulla in particolare. Ogni tanto si udivano degli spari e qualche ululato in lontananza.
Quando si fermò al posto di blocco, l'asfalto era pieno di bossoli e arti mangiucchiati. Nessun cadavere. Si accigliò confuso e continuò a camminare.
Appena svoltò l'angolo, un'orda di migliaia di non-morti era ammucchiata lungo l'arteria di Ennerdale Street. Erano talmente tanti, che Nick non riusciva a vederne la fine.
Si appoggiò con la schiena dietro l'angolo di un edificio e spiò. "Perché non gemono?" si chiese. "Lo fanno sempre..."
Poi scorse qualcosa muoversi lungo le finestre di un condominio con la coda dell'occhio.
Un Licker.
Zampettava rapidamente lungo la facciata dell'edificio lasciandosi dietro una scia sanguinolenta. Saltò sul condominio di fronte e scomparve dentro una finestra rotta.
Nick restò paralizzato dal terrore. L'ultima volta ne era uscito vivo solo per miracolo. Non li voleva più vedere. Doveva a tutti costi starne alla larga. Poi pensò al ruggito nel canale fognario. "Forse il ragno non mi ha più inseguito, perché... Forse avevo alle calcagna anche uno di quei mostri?"
Scacciò via i pensieri e fece un lungo respiro, lasciandosi alle spalle l'orda di zombie. Tornò indietro e raggiunse un negozio di abbigliamento. Era chiuso da una saracinesca. Scosse la rete. Il rumore attirò alcuni zombie dell'orda, che si staccarono e barcollarono verso la fonte del suono.
Quando Nick si voltò, i non-morti avevano svoltato l'angolo. Li fissò preoccupato e si allontanò, tornando sotto la balconata centrale dello spiazzo. Lanciò un'occhiata agli zombie, che vacillavano verso di lui, e s'incamminò nella direzione opposta.
La strada era tempestata da una fila interminabile di veicoli. Molti cadaveri sviscerati giacevano sui marciapiedi e pochissimi sull'asfalto. Quando sentì un terrificante ruggito di un Licker provenire dai tetti, aumentò il passo. Si mantenne raso agli edifici, lo sguardo fisso sui cornicioni. Non avvistò nessun Licker, ma alcuni zombie iniziarono a spuntare dagli incroci. Erano pochi, ma percepirono subito la sua presenza e gli andarono dietro. La recluta continuò a camminare a passo sostenuto, guardandosi ogni tanto alle spalle. Ad ogni isolato, si aggiungevano altri zombie al piccolo esercito che aveva alle calcagna.
"Forse quell'orda che ho visto prima, è stata attirata da qualcuno" si disse. "Forse da Zoey e Joey?" Scacciò subito quel pensiero, che venne soppiantato da uno peggiore. "Forse... forse sono morti... Gli spari nel canale... L'alligatore..."
Svoltò a sinistra di un condominio e si fermò. Un sorriso si dipinse sul suo volto. In lontananza, le lettere R.P.D spiccavano alte sul tetto del dipartimento di polizia, illuminate da due luci.

   
 
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