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Autore: danny3003    21/02/2022    0 recensioni
Raccolta di racconti incentrate sui miei protagonisti. Saranno presenti alcuni archi canonici, mentre altri saranno completamente inventati da me. Alcuni capitoli potrebbero essere semplicemente one-shot o two-shots
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 1

CRIMINALI

In un isola dell’East Blue, precisamente nell’arcipelago Konomi, la ciurma di Cappello di Paglia era appena sbarcata, se così si possa definire precipitare con la nave sulla terraferma, colpendo anche un loro compagno.

Il capitano della ciurma, Monkey D. Luffy, la prese sul ridere, mentre la vittima colpita, Roronoa Zoro, urlava lamentandosi…

“Insomma, si può sapere perché diavolo mi avete colpito?!” …Seppur non avesse ricevuto un solo graffio.

“Stai zitto, testa d’alga. Sfortunatamente, sei ancora vivo.” Intervenne un altro compagno, Sanji, facendo arrabbiare ancora di più Zoro, che replicò al suo insulto.

“Ohh, e tu che ci fai qui, cuoco pervertito?”

“Come mi hai chiamato?!” Tra i due cominciò una lotta. Immediatamente Zoro si ricordò di un particolare…

“Luffy, Usopp è stato catturato.” Una voce femminile, però, li interruppe.

“Usopp è morto. L’ho ucciso io. Adesso andatevene.” Era Nami, la navigatrice della ciurma, o meglio, ex-navigatrice.

“Non ti credo. Comunque, rimarrò qui fin quando avrò voglia.” Affermò Luffy con sicurezza. Sapeva che lei non sarebbe mai stata capace di un simile atto. E, di certo, non se ne sarebbe andato senza prima ricevere delle risposte dalla diretta interessata, che aveva precedentemente rubato la loro caravella per venire in quest’isola.

Nami era diventata furiosa. Non capiva il perché dovessero insistere a rimanere. “Fate come vi pare! Se morirete, sarà solo colpa vostra!” E se ne andò.

Nel frattempo, una piccola barca era appena approdata poco più lontano dalla loro posizione. Dall’imbarcazione, scese un uomo quasi sulla quarantina con capelli scuri. Si guardò intorno e aveva un’espressione felice. Da tempo voleva venire in quest’isola per assaggiare i mandarini di cui aveva tanto sentito parlare da una persona che conosceva ormai molto bene. Decise, quindi, di addentrarvisi.

Poco più avanti, incontrò alcune persone che non si aspettava di incontrare, soprattutto non qui, sulla terraferma. Davanti a lui si fermarono due uominipesce, che sembravano avere delle domande per lui.

“Chi sei e perché sei qua?” Chiese uno dei due, con le labbra enormi e spinte in avanti. L’uomo non ebbe problemi a rispondere.

“Credo di potermi definire un turista. Volevo assaggiare i famosi mandarini del luogo, dicono che siano squisite.” L’altro uomopesce, un polpo, rispose con occhi quasi scintillanti.

“Oh, si! È vero! Inoltre, hanno un sapore molto dolce che ti fa desiderare di mangiarne sempre di più!” L’uomo, fece un sorriso. Era felice di non aver fatto un viaggio a vuoto.

“Ho fatto bene a venire, allora. Sapete dove posso trovare questi mandarini?” Il polpo annuì.

“Al Coco Village. Si trova più avanti di dove siamo ora. Continua dritto e arriverai senza problemi.”

“Grazie mille!”

“Figurati! Buona giornata!” I due uominipesce lo videro partire. Il polpo aveva un sorriso stampato. Secondo lui, era un brav’uomo.

Quest’ultimo stava ancora pensando a cosa ci facessero gli uominipesce in questo posto. Dubitava fortemente fossero qui pure loro per una breve visita. Nonostante questo, non se ne preoccupò più di tanto e continuò a camminare.

Tornando ai pirati, questi erano felici. Usopp era vivo, al contrario di quanto aveva detto Nami. Disse loro che Nami lo aveva salvato. Gli uominipesce che avevano catturato Usopp decisero di volerlo uccidere e diedero questo compito a Nami, loro alleata. Quest’ultima aveva finto di pugnalare Usopp e lo fece cadere in mare, in modo che potesse scappare.

Alla fine del racconto, un’altra ragazza spuntò alle loro spalle. Aveva capelli corti blu e dei tatuaggi sul braccio. Questa conosceva molto bene Nami, essendo sua sorella, e decise di raccontare loro la verità dietro tutto questo, a patto che dopo se ne andassero. A Luffy non interessava e decise di farsi un giro.

Nami si era alleata con i pirati uominipesce per salvare il loro villaggio e tutto l’arcipelago Konomi. Era diventata una ladra di tesori per poter pagare i cento milioni di berry e far andare via i pirati che, da anni oramai, li avevano sottomessi.

Sanji e Usopp empatizzarono con Nami. Fin da piccola decise di sacrificare la sua felicità per poter salvare tutti i suoi concittadini. Zoro non arrivò nemmeno ad ascoltare la parte iniziale del discorso che si era addormentato vicino a un albero.

Luffy si trovava ora in un villaggio. Vedendolo, non era messo molto bene. Le case erano mezze distrutte e riparate alla bell’e meglio con assi di legno. Alcuni vetri delle finestre erano spaccati. Nonostante ci fosse in giro della gente, c’era un silenzio cupo.

“Vattene da qui.” Disse un uomo in età avanzata con parecchie cicatrici che gli adornavano la faccia. Indossava anche un capello con la girella. Nella sua voce non c’era minaccia, ma un semplice consiglio.

“Credimi, non ti conviene restare in questo posto. Gli uominipesce potrebbero fartene pentire.” Continuò l’uomo. Luffy non era interessato al suo discorso. Tutto quello che voleva era che Nami tornasse nella ciurma. Prima che potesse dirgli qualcosa, però, qualcun altro intervenne.

“Quindi non posso assaggiare questi famosi mandarini?”

I due si girarono verso la voce e videro un uomo dai capelli scuri. Quest’ultimo si avvicinò a loro, mentre l’uomo più anziano gli fece una domanda.

“Tu chi sei? Sei insieme a questo ragazzo.” Prima che il diretto interessato potesse rispondere, ci pensò Luffy alla seconda domanda.

“No, non so chi diavolo sia.”

“Il mio nome è Leath, in questo momento potete considerarmi un turista.” Disse, facendo la sua presentazione. Poi cambiò discorso.

“Quindi quegli uominipesce che ho incontrato prima sono dei cattivi ragazzi… capisco.” Disse in un tono quasi monotono, come se si aspettasse qualcosa del genere.

“Esatto. Quindi è meglio che ve ne andiate il più presto possibile.” Esortò l’uomo con le cicatrici. Nel suo tono non era presente preoccupazione, ma Leath capì che voleva soltanto che non succedesse loro niente.

“Ehi, vecchio, sai dov’è Nami? Fa parte della mia ciurma.” Chiese improvvisamente Luffy con un’espressione neutra. Leath si girò verso di lui. Era un ragazzino normale, magro, e di bassa statura. Però, ci fu qualcosa che attirò i suoi occhi maggiormente: il suo cappello. Gli sembrava quasi familiare. Genzo, sentendo quel nome, spalancò gli occhi.

“La tua ciurma?” Chiuse gli occhi, prima di continuare. “Mi dispiace, non lo so.” Mentì. A quanto sembrava, questo ragazzo era un pirata. Sicuramente Nami lo avrà derubato dei suoi tesori ed è venuto qui per fargliela pagare. Non avrebbe messo quella ragazza, che vedeva quasi come una figlia, in un pericolo simile.

“Capisco.” Disse, incamminandosi successivamente, fino a quando la stessa voce di poco fa non lo chiamò.

“Ragazzo, come ti chiami?” Il ragazzo si girò lateralmente e gli rispose.

“Mi chiamo Monkey D. Luffy e diventerò il re dei pirati.” Lo disse con un tono talmente calmo e tranquillo che Leath e Genzo non se l’aspettava minimamente. Quest’ultimo era ancora più scoccato da quella affermazione. Sembrava avesse detto che stava per prendersi un caffè al bar più vicino. Leath pensò, poi, al suo nome, ripetendolo a bassa voce come un borbottio. Quasi come se gli fosse tornato tutto, fece un leggero sorriso.

“Capisco. Hai un sogno bello difficile da realizzare. Sicuro di potercela fare?”

“Non mi interessa. Ci riuscirò sicuramente.” I due continuarono a guardarsi, quasi come fosse una sfida a chi tiene gli occhi aperti per più tempo. Alla fine, Leath si girò verso Genzo.

“Potrebbe essere una domanda stupida, ma avete mai provato a chiamare la marina?” Il vecchio sbuffò in modo derisorio.

“Certamente, innumerevoli volte, ma ogni volta che si presentava una nave della marina all’orizzonte, gli uominipesce la affondavano.” Disse in tono amaro. Non erano mai riusciti a trovare un modo per terminare quella sofferenza che durava ormai più di 10 anni.

 Poco prima che l’uomo davanti a lui potesse rispondere, un abitante del villaggio arrivò correndo con una notizia.

“Sta arrivando una nave della marina!” Esclamò con il fiatone, il ragazzo. Genzo non se lo aspettava. Nelle ultime settimane non avevano più provato a chiamare i soccorsi. Era sempre tutto inutile. Alla notizia, era solo triste. Pure questa nave sarebbe affondata e nessuno li avrebbe salvati. Di nuovo.

“Ormai è troppo tardi persino per salvare loro.” Affermò con tono deluso e triste.

Guardandosi intorno, Leath vide che quel ragazzo, Luffy, se n’era andato per i fatti suoi. Vide anche che la gente del villaggio era uscita dalle loro case e ora erano tutti nelle strade. La notizia della marina sembrava essere già circolata. Nei volti di alcune persone c’era lo stesso sguardo di Genzo, ma in quelli di altrettante vi era un piccolo sguardo di speranza.

Per uno che ha vissuto per molto tempo nella Grand Line, non si aspettava di certo di trovare questo problema nel mare più debole del mondo. Anche se, proprio per questo, era più prevedibile. Chi non sa difendersi diventa un piatto prelibato per chi è più in alto di loro nella gerarchia.

La facilità con cui dei pirati provenienti anche solo dalla prima metà della Grand Line potessero assumere il controllo di un mare come quello dell’East Blue lo ha sempre spaventato un poco.

Passato un po’ di tempo, i marines erano riusciti a sbarcare sulla costa, con sorpresa di tutti quanti gli abitanti. Questi arrivarono poco dopo al villaggio. Al capo vi era un uomo con un aspetto simile a quello di un topo. Anche i suoi baffi non aiutavano ad eliminare quel pensiero. Leath dovette reprimere una risata, anche se non riuscì a togliere quel sorriso stupido che aveva.

I marines si fermarono davanti a Genzo, chiedendogli di Nami. Questa era la seconda volta che qualcuno chiedeva di lei oggi. A differenza di prima, però, questo era un marine. Portarlo da Nami non causerebbe problemi.

L’uomo anziano li guidò verso l’abitazione della ragazza, seguiti dagli abitanti e anche da Leath. Quest’ultimo non capiva cosa stesse succedendo. Forse non sapevano nemmeno che c’erano dei pirati che stavano sottomettendo queste persone. In questo caso, allora non capiva la ragione per la quale fossero venuti qui.

Una volta arrivati, quello che successe sconvolse tutti quanti. Scavarono nella zona vicino alla piantagione di mandarini, ciò che inizialmente Leath notò, e sottrassero i 93 milioni di berry che appartenevano alla ragazza, affermando che, essendo stati rubati, appartenevano alla marina. Quando Nami si oppose, affermando che erano alleati con i pirati uominipesce, il capitano la colpì violentemente, facendolo cadere a terra. Gli abitanti erano diventati ostili nei loro confronti, ma vennero puntati loro dei fucili, rendendoli incapaci di affrontarli.

Leath, che fino ad allora aveva guardato la scena in silenzio, ora disse la sua. “Capitano, come ti chiami?” La faccia da topo si girò verso di lui con uno sguardo di indifferenza.

“Sono il capitano Nezumi.” Rispose in maniera semplice e con un tono pigro.

“Ti consideri veramente un capitano della marina?” Chiese con uno sguardo freddo. Nezumi si accigliò e rispose con tono alto.

“Chi ti credi di essere, insolente?! Vuoi essere arrestato, per caso?!”

“Tu chi ti credi di essere, invece? Con le tue azioni stai infangando il nome della marina, che dovrebbe rappresentare la giustizia ed essere un faro di speranza per tutti coloro che sono oggetto di soprusi da parte dei criminali. Criminali come te, capitano Nezumi.” Disse Leath con tono calmo, ma dietro si nascondeva una rabbia profonda.

Tutti coloro che stavano ascoltando erano scioccati da questa risposta, più di tutti Nezumi. Lo shock fu presto sostituito dalla rabbia.

“Come ti permetti di darmi del criminale?! Sto semplicemente applicando la giustizia!”

“Capisco. Allora scusami un momento.” Si rivolse poi a Genzo, che si trovava alla sua destra. “Signor Genzo, potrebbe gentilmente dirci cosa fanno gli uominipesce che si trovano sull’arcipelago?” Genzo lo guardò un attimo sbalordito, prima di annuire e rispondere.

“Sono dei pirati che da più di un decennio ci hanno messo in ginocchio, costringendoci a pagare loro dei tributi mensili di centinaia di migliaia di berry e chi non può farlo viene ucciso. Potrebbero anche distruggere l’intero villaggio solo per questo motivo.” Affermò con tono addolorato.

“Grazie mille per la sua spiegazione, signor Genzo.” Ringraziò dolcemente e si voltò verso il capitano della marina. “Quindi che cosa farai adesso, capitano Nezumi, sapendo che questi pirati stanno governando con tirannia questo arcipelago?

Nezumi era nervoso. “Farò rapporto, in modo che possano venire dei rinforzi, e li arresteremo.”

“Hanno provato più e più volte, ma non ha mai funzionato. Le navi venivano sempre fatte affondare. Ora mi chiedo, però, come mai la tua nave non l’abbiano toccata. Immagino che abbiano un modo per vedere chi si sta avvicinando alla costa, quindi come mai hanno nemmeno provato a colpirvi?”

Leath si era avvicinato di qualche metro a lui, fino a che non vi era una distanza di pochi centimetri. Cominciava a dare ragione alla ragazza. Questo marine era insieme agli uominipesce e la fronte madida del capitano confermava sempre di più i suoi sospetti.

“Sarà stata pura fortuna! Si, esatto! Magari stavano facendo altro e non si sono accorti di noi!” Poi si rese conto con chi stava parlando e si prese di coraggio.

“Non devo mica dare conto a te di nulla! Sei soltanto uno schifoso cittadino che non ha nessun potere in questo mondo! Io sono dalla parte del giusto, hai capito?! Io sono un capitano della marina! Tu chi sei, invece?!” Chi si credeva di essere questo qua? Era questo il suo pensiero.

“Mi chiamo Edgar Leath.” All’apprendere il suo nome, il capitano della marina impallidì. Non poteva credere alle sue orecchie. Cosa ci faceva LUI qua?

“N-n-non capisco. P-perché si-!” Non poté terminare la frase che venne preso per il colletto della divisa e tirato davanti la faccia di Leath, che in quel momento era indiavolata.

“Lascia qua i soldi e vattene. Non tornare mai più. Entro la fine della giornata ti aspetterà una bella sorpresa, Nezumi.” Disse con tono basso, furibondo. Il marine era terrorizzato. Non poteva credere alla sfortuna che aveva avuto nell’incontrarlo. Oramai era spacciato, lo capì dall’ultima frase.

Leath lasciò andare il colletto del capitano, che cadde a terra per la paura. Le sue gambe non riuscivano a reggere più il peso del corpo per quanto tremassero.

“Mi hai capito?” Chiese minaccioso l’uomo. Nezumi annuì il più velocemente che poteva.

“S-si, si! Ho capito! M-me ne andrò subito! Grazie mille per la sua generosità!” Disse, chinandosi più e più volte. Leath ne aveva già abbastanza. “Sparisci.” Gli ordinò. Nezumi non se lo fece ripetere due volte che lui e i suoi subordinati erano scappati.

Leath guardò poi verso Nami. “Va tutto bene?”

“…Sì.” La ragazza si trovava ancora a terra, mentre guardava in basso e i suoi pugni erano serrati. Non poteva credere che Arlong avrebbe fatto qualcosa del genere. Aveva sempre affermato di essere uno che mantiene le promesse, ma ora non sembrava affatto così. Mandare un marine per rubarle i 93 milioni di berry che aveva accumulato nel corso degli anni per salvare i suoi concittadini. È stato subdolo, anche per lui.

Nami si alzò da terra e senza nemmeno guardare nessuno di loro se ne andò. Leath la vide digrignare i denti mentre si girava. Presumeva si stesse dirigendo verso la base degli uominipesce. Guardò gli altri abitanti, ma nessuno di loro sembrava molto preoccupato per la sua incolumità. In realtà, gli sembrava stessero pensando ad altro. Tutti loro si guardarono in tacito accordo. Questo lo preoccupava leggermente sulle loro intenzioni.

Nel frattempo, Nami si era diretta verso Arlong Park, la base degli uominipesce. Entrò con una camminata rapida e pesante. Chiamò il suo capitano, che si stava facendo una bella risata con i suoi compagni.

“Arlong!” Questo si girò verso di lei e la salutò, con un sorriso che le sembrava sapere già tutto riguardo l’accaduto di poco tempo fa.

“Ehi, Nami! Che succede, sembri arrabbiata per qualcosa.” Disse, quasi in modo derisorio. Questo non le piaceva per niente.

Lo prese per la maglietta, chiedendogli se è stato lui a mandare quel marine. Arlong fece un sorriso dicendo che non ne sapeva niente. Nami continuò ad insistere, ma il capitano degli uominipesce la prese per il volto, sollevandola, ripetendole che lui non ne sapeva niente, con un volto pieno di malizia.

Nami non riusciva più a trattenere le lacrime. Lacrime di rabbia, di amarezza. Se ne andò da lì e vide al ritorno gli abitanti che impugnavano qualunque cosa potesse diventare un’arma. Mettendo su un falso sorriso, disse loro che era tutto risolto e che doveva solo prendere gli ultimi 7 milioni di berry.

Nessuno di loro ci credette. Avevano tutti uno sguardo deciso. Dissero che sarebbero andati a combattere contro i pirati uominipesce, ma Nami non era d’accordo e gli puntò contro un coltello, tremante. I ribelli non erano affatto spaventati e continuarono la loro marcia verso Arlong Park.

La ragazza cadde in ginocchio, singhiozzando. Le lacrime non smettevano di uscire. Tutto ciò che aveva fatto negli ultimi anni, tutti i sacrifici, fu inutile. E ora tutti coloro a cui teneva stavano andando in contro a morte certa. Era tutta colpa di Arlong. Quando guardò il suo braccio sinistro, dove vi era il tatuaggio dei pirati di Arlong, tutte le emozioni si convertirono in rabbia. Con il coltello si pugnalò più e più volte quella zona, urlando con odio il suo nome. Fin quando Luffy non la bloccò per il polso.

Dopo una serie di sfoghi che si beccò, Nami gli chiese di aiutarla. Luffy si tolse il cappello e lo posò in testa alla sua navigatrice, che pianse ancora di più.

“Si, ti aiuterò!” Disse, come se lo stesse urlando a tutto il mondo. Nessuno avrebbe dovuto osare di fare del male a nessuno dei suoi amici. E ora avrebbe dimostrato cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse fatto. Gli altri membri dell’equipaggio lo seguirono.

Leath, che fino a quel momento aveva guardato la scena, si avvicinò a Nami e si inginocchiò, prima di prendere delle bende per fermare momentaneamente l’emorragia.

“Non ho avuto modo di conoscerli, tranne un poco per Luffy, ma sembrano tutti dei bravi ragazzi.” La ragazza non poté che annuire, con gli occhi che non riuscivano a smettere di piangere.

“Lo sono davvero.”

Davanti Arlong Park, i cittadini furono fermati da due ragazzi che stavano viaggiando con i pirati di cappello di paglia. Non molto tempo dopo, arrivarono loro. Luffy sfondò il portone e prese a pugni Arlong. Cominciò la battaglia tra i pirati.

Nel frattempo, Leath e Nami arrivarono lì dove tutti stavano guardando lo scontro, scioccati da come degli umani riuscissero a tenere testa agli uominipesce, fisicamente 10 volte più forti.

La battaglia si protrasse per molto, ma Zoro, Sanji e Usopp ne uscirono vincitori. Ora Luffy stava combattendo contro il capitano avversario. Il ragazzo venne scaraventato. a causa di un attacco, all’ultimo piano dell’edificio, dove si trovava la stanza dove Nami disegnava le cartine.

Luffy capì che quella stanza era il suo incubo peggiore. Decise, quindi, di distruggere tutto ciò che era presente. Tutte le cartine volarono fuori dall’edificio. Arlong si adirò per questa sua azione. Gli morse ferocemente le costole, ma, imperterrito, il ragazzo lo colpì con tutta la forza che aveva, facendolo sprofondare in tutti i piani e distruggendo l’intera costruzione.

Luffy uscì dalle macerie e urlò che Nami era la sua navigatrice. Anche se quelle parole erano fraintendibili, lei capì che lo intendeva nel senso più buono della frase. E pianse. Finalmente lei e tutti gli altri erano liberi.

Venne comunicato a tutto l’arcipelago che Arlong era stato sconfitto. Quella stessa sera, per più giorni consecutivi, tutti festeggiarono.

Leath era seduto in un tavolo a parte, che beveva il suo boccale di birra.

“Ehi.” L’uomo si girò verso la voce femminile e vide qualcosa che gli veniva addosso, riuscendo a prenderlo al volo. Era un mandarino. Guardò verso la persona che gliela lanciò ed era Nami.

“Genzo mi ha detto che eri venuto qua per assaggiare i mandarini, non è vero?” Si sedette al suo tavolo e Leath sorrise, annuendo.

“Sì, esatto. Una persona tempo fa mi disse che qui avrei potuto trovare i mandarini più buoni di tutti i mari e non ho potuto resistere dal provarli.”

“Devi essere stato molto occupato se ti ci è voluto molto tempo per venire ad assaggiarli.”

“Già. Per un motivo o per un altro, non sono mai riuscito a prendermi una vacanza che durasse più di una settimana. Peccato che in una settimana non arrivavo nemmeno a metà strada per raggiungere quest’isola.” Fece una piccola risata e cominciò a sbucciare il mandarino.

“Non sei dell’East Blue, mi pare di capire.” A questo, Leath annuì.

“Esatto, vengo dalla Grand Line. Anche se sono nato nel North Blue.” Quando ebbe finito di sbucciare, prese uno spicchio e lo mangiò.

è delizioso.” Un piccolo sorriso gli adornava le labbra.

“Il prossimo che vorrai lo dovrai pagare.” Avvertì Nami, ricevendo da Leath una risata di cuore, che annuì.

Il giorno dopo, i pirati prepararono tutto quello che serviva per rimettersi in viaggio. Leath si avvicinò al gruppo per un favore.

“La vostra prossima meta è la Grand Line, vero?”

“Sì!” Affermò il capitano.

“Allora potreste darmi un passaggio fino a lì? Mi secca fare tutto il viaggio di ritorno da solo.” Luffy non era contrario alla richiesta.

“Certo! Sali a bordo!” L’uomo lo ringraziò e fece come detto. Leath aveva già conosciuto tutti gli altri membri nei giorni di festa precedenti. Si guardò un attimo intorno e vide che erano presenti tutti, tranne la ragazza.

“Nami dov’è?” Non ebbe tempo di ricevere risposta che gli abitanti, che erano al porto per salutarli, cominciarono a fare più rumore. Dietro di loro stava venendo a tutta corsa la navigatrice, che disse alla ciurma di partire. Riuscì a evitare abilmente tutte le persone, prima di saltare sulla nave.

Gli abitanti erano leggermente delusi di questo suo gesto. Nami si girò verso di loro e lasciò cadere sul pavimento della caravella tutti i portafogli che aveva rubato loro, ricevendo urla di rabbia e disappunto, prima che sorridessero. Nami era rimasta la stessa di sempre.

Leath, istintivamente, controllo le tasche dei suoi abiti. Non poteva mai essere troppo prudente con quella ragazza in giro. Questa si girò poi verso di lui.

“Come mai stai venendo con noi?” L’uomo alzò le spalle in un gesto disinvolto.

“Viaggiare da soli è deprimente. Non capirò mai come alcune persone che conosco possano farlo.”

   
 
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