CRIMINALI
In un isola dell’East Blue, precisamente nell’arcipelago
Konomi, la ciurma di Cappello di Paglia era appena sbarcata, se così si possa
definire precipitare con la nave sulla terraferma, colpendo anche un loro
compagno.
Il capitano della ciurma, Monkey D. Luffy, la prese sul
ridere, mentre la vittima colpita, Roronoa Zoro, urlava lamentandosi…
“Insomma, si può sapere perché diavolo mi avete colpito?!”
…Seppur non avesse ricevuto un solo graffio.
“Stai zitto, testa d’alga. Sfortunatamente, sei ancora vivo.”
Intervenne un altro compagno, Sanji, facendo arrabbiare ancora di più Zoro, che
replicò al suo insulto.
“Ohh, e tu che ci fai qui, cuoco pervertito?”
“Come mi hai chiamato?!” Tra i due cominciò una lotta.
Immediatamente Zoro si ricordò di un particolare…
“Luffy, Usopp è stato catturato.” Una voce femminile, però,
li interruppe.
“Usopp è morto. L’ho ucciso io. Adesso andatevene.” Era Nami,
la navigatrice della ciurma, o meglio, ex-navigatrice.
“Non ti credo. Comunque, rimarrò qui fin quando avrò voglia.”
Affermò Luffy con sicurezza. Sapeva che lei non sarebbe mai stata capace di un
simile atto. E, di certo, non se ne sarebbe andato senza prima ricevere delle
risposte dalla diretta interessata, che aveva precedentemente rubato la loro
caravella per venire in quest’isola.
Nami era diventata furiosa. Non capiva il perché dovessero
insistere a rimanere. “Fate come vi pare! Se morirete, sarà solo colpa vostra!”
E se ne andò.
Nel frattempo, una piccola barca era appena approdata poco
più lontano dalla loro posizione. Dall’imbarcazione, scese un uomo quasi sulla
quarantina con capelli scuri. Si guardò intorno e aveva un’espressione felice.
Da tempo voleva venire in quest’isola per assaggiare i mandarini di cui aveva tanto
sentito parlare da una persona che conosceva ormai molto bene. Decise, quindi,
di addentrarvisi.
Poco più avanti, incontrò alcune persone che non si aspettava
di incontrare, soprattutto non qui, sulla terraferma. Davanti a lui si
fermarono due uominipesce, che sembravano avere delle domande per lui.
“Chi sei e perché sei qua?” Chiese uno dei due, con le labbra
enormi e spinte in avanti. L’uomo non ebbe problemi a rispondere.
“Credo di potermi definire un turista. Volevo assaggiare i
famosi mandarini del luogo, dicono che siano squisite.” L’altro uomopesce, un
polpo, rispose con occhi quasi scintillanti.
“Oh, si! È vero! Inoltre, hanno un sapore molto dolce che ti
fa desiderare di mangiarne sempre di più!” L’uomo, fece un sorriso. Era felice
di non aver fatto un viaggio a vuoto.
“Ho fatto bene a venire, allora. Sapete dove posso trovare
questi mandarini?” Il polpo annuì.
“Al Coco Village. Si trova più avanti di dove siamo ora.
Continua dritto e arriverai senza problemi.”
“Grazie mille!”
“Figurati! Buona giornata!” I due uominipesce lo videro
partire. Il polpo aveva un sorriso stampato. Secondo lui, era un brav’uomo.
Quest’ultimo stava ancora pensando a cosa ci facessero gli
uominipesce in questo posto. Dubitava fortemente fossero qui pure loro per una
breve visita. Nonostante questo, non se ne preoccupò più di tanto e continuò a
camminare.
Tornando ai pirati, questi erano felici. Usopp era vivo, al
contrario di quanto aveva detto Nami. Disse loro che Nami lo aveva salvato. Gli
uominipesce che avevano catturato Usopp decisero di volerlo uccidere e diedero
questo compito a Nami, loro alleata. Quest’ultima aveva finto di pugnalare
Usopp e lo fece cadere in mare, in modo che potesse scappare.
Alla fine del racconto, un’altra ragazza spuntò alle loro
spalle. Aveva capelli corti blu e dei tatuaggi sul braccio. Questa conosceva
molto bene Nami, essendo sua sorella, e decise di raccontare loro la verità
dietro tutto questo, a patto che dopo se ne andassero. A Luffy non interessava
e decise di farsi un giro.
Nami si era alleata con i pirati uominipesce per salvare il
loro villaggio e tutto l’arcipelago Konomi. Era diventata una ladra di tesori
per poter pagare i cento milioni di berry e far andare via i pirati che, da
anni oramai, li avevano sottomessi.
Sanji e Usopp empatizzarono con Nami. Fin da piccola decise
di sacrificare la sua felicità per poter salvare tutti i suoi concittadini.
Zoro non arrivò nemmeno ad ascoltare la parte iniziale del discorso che si era
addormentato vicino a un albero.
Luffy si trovava ora in un villaggio. Vedendolo, non era
messo molto bene. Le case erano mezze distrutte e riparate alla bell’e meglio
con assi di legno. Alcuni vetri delle finestre erano spaccati. Nonostante ci
fosse in giro della gente, c’era un silenzio cupo.
“Vattene da qui.” Disse un uomo in età avanzata con parecchie
cicatrici che gli adornavano la faccia. Indossava anche un capello con la
girella. Nella sua voce non c’era minaccia, ma un semplice consiglio.
“Credimi, non ti conviene restare in questo posto. Gli
uominipesce potrebbero fartene pentire.” Continuò l’uomo. Luffy non era
interessato al suo discorso. Tutto quello che voleva era che Nami tornasse
nella ciurma. Prima che potesse dirgli qualcosa, però, qualcun altro
intervenne.
“Quindi non posso assaggiare questi famosi mandarini?”
I due si girarono verso la voce e videro un uomo dai capelli
scuri. Quest’ultimo si avvicinò a loro, mentre l’uomo più anziano gli fece una
domanda.
“Tu chi sei? Sei insieme a questo ragazzo.” Prima che il
diretto interessato potesse rispondere, ci pensò Luffy alla seconda domanda.
“No, non so chi diavolo sia.”
“Il mio nome è Leath, in questo momento potete considerarmi
un turista.” Disse, facendo la sua presentazione. Poi cambiò discorso.
“Quindi quegli uominipesce che ho incontrato prima sono dei
cattivi ragazzi… capisco.” Disse in un tono quasi monotono, come se si
aspettasse qualcosa del genere.
“Esatto. Quindi è meglio che ve ne andiate il più presto
possibile.” Esortò l’uomo con le cicatrici. Nel suo tono non era presente
preoccupazione, ma Leath capì che voleva soltanto che non succedesse loro
niente.
“Ehi, vecchio, sai dov’è Nami? Fa parte della mia ciurma.”
Chiese improvvisamente Luffy con un’espressione neutra. Leath si girò verso di
lui. Era un ragazzino normale, magro, e di bassa statura. Però, ci fu qualcosa
che attirò i suoi occhi maggiormente: il suo cappello. Gli sembrava quasi
familiare. Genzo, sentendo quel nome, spalancò gli occhi.
“La tua ciurma?” Chiuse gli occhi, prima di continuare. “Mi
dispiace, non lo so.” Mentì. A quanto sembrava, questo ragazzo era un pirata.
Sicuramente Nami lo avrà derubato dei suoi tesori ed è venuto qui per fargliela
pagare. Non avrebbe messo quella ragazza, che vedeva quasi come una figlia, in
un pericolo simile.
“Capisco.” Disse, incamminandosi successivamente, fino a
quando la stessa voce di poco fa non lo chiamò.
“Ragazzo, come ti chiami?” Il ragazzo si girò lateralmente e
gli rispose.
“Mi chiamo Monkey D. Luffy e diventerò il re dei pirati.” Lo
disse con un tono talmente calmo e tranquillo che Leath e Genzo non se
l’aspettava minimamente. Quest’ultimo era ancora più scoccato da quella
affermazione. Sembrava avesse detto che stava per prendersi un caffè al bar più
vicino. Leath pensò, poi, al suo nome, ripetendolo a bassa voce come un
borbottio. Quasi come se gli fosse tornato tutto, fece un leggero sorriso.
“Capisco. Hai un sogno bello difficile da realizzare. Sicuro
di potercela fare?”
“Non mi interessa. Ci riuscirò sicuramente.” I due
continuarono a guardarsi, quasi come fosse una sfida a chi tiene gli occhi aperti
per più tempo. Alla fine, Leath si girò verso Genzo.
“Potrebbe essere una domanda stupida, ma avete mai provato a
chiamare la marina?” Il vecchio sbuffò in modo derisorio.
“Certamente, innumerevoli volte, ma ogni volta che si
presentava una nave della marina all’orizzonte, gli uominipesce la
affondavano.” Disse in tono amaro. Non erano mai riusciti a trovare un modo per
terminare quella sofferenza che durava ormai più di 10 anni.
Poco prima che l’uomo
davanti a lui potesse rispondere, un abitante del villaggio arrivò correndo con
una notizia.
“Sta arrivando una nave della marina!” Esclamò con il
fiatone, il ragazzo. Genzo non se lo aspettava. Nelle ultime settimane non
avevano più provato a chiamare i soccorsi. Era sempre tutto inutile. Alla
notizia, era solo triste. Pure questa nave sarebbe affondata e nessuno li
avrebbe salvati. Di nuovo.
“Ormai è troppo tardi persino per salvare loro.” Affermò con
tono deluso e triste.
Guardandosi intorno, Leath vide che quel ragazzo, Luffy, se
n’era andato per i fatti suoi. Vide anche che la gente del villaggio era uscita
dalle loro case e ora erano tutti nelle strade. La notizia della marina
sembrava essere già circolata. Nei volti di alcune persone c’era lo stesso
sguardo di Genzo, ma in quelli di altrettante vi era un piccolo sguardo di
speranza.
Per uno che ha vissuto per molto tempo nella Grand Line, non
si aspettava di certo di trovare questo problema nel mare più debole del mondo.
Anche se, proprio per questo, era più prevedibile. Chi non sa difendersi diventa
un piatto prelibato per chi è più in alto di loro nella gerarchia.
La facilità con cui dei pirati provenienti anche solo dalla
prima metà della Grand Line potessero assumere il controllo di un mare come
quello dell’East Blue lo ha sempre spaventato un poco.
Passato un po’ di tempo, i marines erano riusciti a sbarcare
sulla costa, con sorpresa di tutti quanti gli abitanti. Questi arrivarono poco
dopo al villaggio. Al capo vi era un uomo con un aspetto simile a quello di un
topo. Anche i suoi baffi non aiutavano ad eliminare quel pensiero. Leath
dovette reprimere una risata, anche se non riuscì a togliere quel sorriso
stupido che aveva.
I marines si fermarono davanti a Genzo, chiedendogli di Nami.
Questa era la seconda volta che qualcuno chiedeva di lei oggi. A differenza di
prima, però, questo era un marine. Portarlo da Nami non causerebbe problemi.
L’uomo anziano li guidò verso l’abitazione della ragazza,
seguiti dagli abitanti e anche da Leath. Quest’ultimo non capiva cosa stesse
succedendo. Forse non sapevano nemmeno che c’erano dei pirati che stavano
sottomettendo queste persone. In questo caso, allora non capiva la ragione per
la quale fossero venuti qui.
Una volta arrivati, quello che successe sconvolse tutti
quanti. Scavarono nella zona vicino alla piantagione di mandarini, ciò che
inizialmente Leath notò, e sottrassero i 93 milioni di berry che appartenevano
alla ragazza, affermando che, essendo stati rubati, appartenevano alla marina.
Quando Nami si oppose, affermando che erano alleati con i pirati uominipesce,
il capitano la colpì violentemente, facendolo cadere a terra. Gli abitanti
erano diventati ostili nei loro confronti, ma vennero puntati loro dei fucili,
rendendoli incapaci di affrontarli.
Leath, che fino ad allora aveva guardato la scena in
silenzio, ora disse la sua. “Capitano, come ti chiami?” La faccia da topo si
girò verso di lui con uno sguardo di indifferenza.
“Sono il capitano Nezumi.” Rispose in maniera semplice e con
un tono pigro.
“Ti consideri veramente un capitano della marina?” Chiese con
uno sguardo freddo. Nezumi si accigliò e rispose con tono alto.
“Chi ti credi di essere, insolente?! Vuoi essere arrestato,
per caso?!”
“Tu chi ti credi di essere, invece? Con le tue azioni stai
infangando il nome della marina, che dovrebbe rappresentare la giustizia ed
essere un faro di speranza per tutti coloro che sono oggetto di soprusi da
parte dei criminali. Criminali come te, capitano Nezumi.” Disse Leath con tono
calmo, ma dietro si nascondeva una rabbia profonda.
Tutti coloro che stavano ascoltando erano scioccati da questa
risposta, più di tutti Nezumi. Lo shock fu presto sostituito dalla rabbia.
“Come ti permetti di darmi del criminale?! Sto semplicemente
applicando la giustizia!”
“Capisco. Allora scusami un momento.” Si rivolse poi a Genzo,
che si trovava alla sua destra. “Signor Genzo, potrebbe gentilmente dirci cosa
fanno gli uominipesce che si trovano sull’arcipelago?” Genzo lo guardò un
attimo sbalordito, prima di annuire e rispondere.
“Sono dei pirati che da più di un decennio ci hanno messo in
ginocchio, costringendoci a pagare loro dei tributi mensili di centinaia di
migliaia di berry e chi non può farlo viene ucciso. Potrebbero anche
distruggere l’intero villaggio solo per questo motivo.” Affermò con tono
addolorato.
“Grazie mille per la sua spiegazione, signor Genzo.”
Ringraziò dolcemente e si voltò verso il capitano della marina. “Quindi che
cosa farai adesso, capitano Nezumi, sapendo che questi pirati stanno governando
con tirannia questo arcipelago?
Nezumi era nervoso. “Farò rapporto, in modo che possano
venire dei rinforzi, e li arresteremo.”
“Hanno provato più e più volte, ma non ha mai funzionato. Le
navi venivano sempre fatte affondare. Ora mi chiedo, però, come mai la tua nave
non l’abbiano toccata. Immagino che abbiano un modo per vedere chi si sta
avvicinando alla costa, quindi come mai hanno nemmeno provato a colpirvi?”
Leath si era avvicinato di qualche metro a lui, fino a che
non vi era una distanza di pochi centimetri. Cominciava a dare ragione alla
ragazza. Questo marine era insieme agli uominipesce e la fronte madida del
capitano confermava sempre di più i suoi sospetti.
“Sarà stata pura fortuna! Si, esatto! Magari stavano facendo
altro e non si sono accorti di noi!” Poi si rese conto con chi stava parlando e
si prese di coraggio.
“Non devo mica dare conto a te di nulla! Sei soltanto uno
schifoso cittadino che non ha nessun potere in questo mondo! Io sono dalla
parte del giusto, hai capito?! Io sono un capitano della marina! Tu chi sei,
invece?!” Chi si credeva di essere questo qua? Era questo il suo pensiero.
“Mi chiamo Edgar Leath.” All’apprendere il suo nome, il
capitano della marina impallidì. Non poteva credere alle sue orecchie. Cosa ci
faceva LUI qua?
“N-n-non capisco. P-perché si-!” Non poté terminare la frase
che venne preso per il colletto della divisa e tirato davanti la faccia di
Leath, che in quel momento era indiavolata.
“Lascia qua i soldi e vattene. Non tornare mai più. Entro la
fine della giornata ti aspetterà una bella sorpresa, Nezumi.” Disse con tono
basso, furibondo. Il marine era terrorizzato. Non poteva credere alla sfortuna
che aveva avuto nell’incontrarlo. Oramai era spacciato, lo capì dall’ultima
frase.
Leath lasciò andare il colletto del capitano, che cadde a
terra per la paura. Le sue gambe non riuscivano a reggere più il peso del corpo
per quanto tremassero.
“Mi hai capito?” Chiese minaccioso l’uomo. Nezumi annuì il
più velocemente che poteva.
“S-si, si! Ho capito! M-me ne andrò subito! Grazie mille per
la sua generosità!” Disse, chinandosi più e più volte. Leath ne aveva già
abbastanza. “Sparisci.” Gli ordinò. Nezumi non se lo fece ripetere due volte
che lui e i suoi subordinati erano scappati.
Leath guardò poi verso Nami. “Va tutto bene?”
“…Sì.” La ragazza si trovava ancora a terra, mentre guardava
in basso e i suoi pugni erano serrati. Non poteva credere che Arlong avrebbe
fatto qualcosa del genere. Aveva sempre affermato di essere uno che mantiene le
promesse, ma ora non sembrava affatto così. Mandare un marine per rubarle i 93
milioni di berry che aveva accumulato nel corso degli anni per salvare i suoi
concittadini. È stato subdolo, anche per lui.
Nami si alzò da terra e senza nemmeno guardare nessuno di
loro se ne andò. Leath la vide digrignare i denti mentre si girava. Presumeva
si stesse dirigendo verso la base degli uominipesce. Guardò gli altri abitanti,
ma nessuno di loro sembrava molto preoccupato per la sua incolumità. In realtà,
gli sembrava stessero pensando ad altro. Tutti loro si guardarono in tacito
accordo. Questo lo preoccupava leggermente sulle loro intenzioni.
Nel frattempo, Nami si era diretta verso Arlong Park, la base
degli uominipesce. Entrò con una camminata rapida e pesante. Chiamò il suo
capitano, che si stava facendo una bella risata con i suoi compagni.
“Arlong!” Questo si girò verso di lei e la salutò, con un
sorriso che le sembrava sapere già tutto riguardo l’accaduto di poco tempo fa.
“Ehi, Nami! Che succede, sembri arrabbiata per qualcosa.”
Disse, quasi in modo derisorio. Questo non le piaceva per niente.
Lo prese per la maglietta, chiedendogli se è stato lui a
mandare quel marine. Arlong fece un sorriso dicendo che non ne sapeva niente.
Nami continuò ad insistere, ma il capitano degli uominipesce la prese per il
volto, sollevandola, ripetendole che lui non ne sapeva niente, con un volto
pieno di malizia.
Nami non riusciva più a trattenere le lacrime. Lacrime di
rabbia, di amarezza. Se ne andò da lì e vide al ritorno gli abitanti che
impugnavano qualunque cosa potesse diventare un’arma. Mettendo su un falso
sorriso, disse loro che era tutto risolto e che doveva solo prendere gli ultimi
7 milioni di berry.
Nessuno di loro ci credette. Avevano tutti uno sguardo deciso.
Dissero che sarebbero andati a combattere contro i pirati uominipesce, ma Nami
non era d’accordo e gli puntò contro un coltello, tremante. I ribelli non erano
affatto spaventati e continuarono la loro marcia verso Arlong Park.
La ragazza cadde in ginocchio, singhiozzando. Le lacrime non
smettevano di uscire. Tutto ciò che aveva fatto negli ultimi anni, tutti i
sacrifici, fu inutile. E ora tutti coloro a cui teneva stavano andando in
contro a morte certa. Era tutta colpa di Arlong. Quando guardò il suo braccio
sinistro, dove vi era il tatuaggio dei pirati di Arlong, tutte le emozioni si
convertirono in rabbia. Con il coltello si pugnalò più e più volte quella zona,
urlando con odio il suo nome. Fin quando Luffy non la bloccò per il polso.
Dopo una serie di sfoghi che si beccò, Nami gli chiese di
aiutarla. Luffy si tolse il cappello e lo posò in testa alla sua navigatrice,
che pianse ancora di più.
“Si, ti aiuterò!” Disse, come se lo stesse urlando a tutto il
mondo. Nessuno avrebbe dovuto osare di fare del male a nessuno dei suoi amici.
E ora avrebbe dimostrato cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse fatto. Gli
altri membri dell’equipaggio lo seguirono.
Leath, che fino a quel momento aveva guardato la scena, si
avvicinò a Nami e si inginocchiò, prima di prendere delle bende per fermare
momentaneamente l’emorragia.
“Non ho avuto modo di conoscerli, tranne un poco per Luffy,
ma sembrano tutti dei bravi ragazzi.” La ragazza non poté che annuire, con gli
occhi che non riuscivano a smettere di piangere.
“Lo sono davvero.”
Davanti Arlong Park, i cittadini furono fermati da due
ragazzi che stavano viaggiando con i pirati di cappello di paglia. Non molto
tempo dopo, arrivarono loro. Luffy sfondò il portone e prese a pugni Arlong.
Cominciò la battaglia tra i pirati.
Nel frattempo, Leath e Nami arrivarono lì dove tutti stavano
guardando lo scontro, scioccati da come degli umani riuscissero a tenere testa
agli uominipesce, fisicamente 10 volte più forti.
La battaglia si protrasse per molto, ma Zoro, Sanji e Usopp
ne uscirono vincitori. Ora Luffy stava combattendo contro il capitano
avversario. Il ragazzo venne scaraventato. a causa di un attacco, all’ultimo
piano dell’edificio, dove si trovava la stanza dove Nami disegnava le cartine.
Luffy capì che quella stanza era il suo incubo peggiore.
Decise, quindi, di distruggere tutto ciò che era presente. Tutte le cartine
volarono fuori dall’edificio. Arlong si adirò per questa sua azione. Gli morse
ferocemente le costole, ma, imperterrito, il ragazzo lo colpì con tutta la
forza che aveva, facendolo sprofondare in tutti i piani e distruggendo l’intera
costruzione.
Luffy uscì dalle macerie e urlò che Nami era la sua
navigatrice. Anche se quelle parole erano fraintendibili, lei capì che lo
intendeva nel senso più buono della frase. E pianse. Finalmente lei e tutti gli
altri erano liberi.
Venne comunicato a tutto l’arcipelago che Arlong era stato
sconfitto. Quella stessa sera, per più giorni consecutivi, tutti festeggiarono.
Leath era seduto in un tavolo a parte, che beveva il suo
boccale di birra.
“Ehi.” L’uomo si girò verso la voce femminile e vide qualcosa
che gli veniva addosso, riuscendo a prenderlo al volo. Era un mandarino. Guardò
verso la persona che gliela lanciò ed era Nami.
“Genzo mi ha detto che eri venuto qua per assaggiare i
mandarini, non è vero?” Si sedette al suo tavolo e Leath sorrise, annuendo.
“Sì, esatto. Una persona tempo fa mi disse che qui avrei
potuto trovare i mandarini più buoni di tutti i mari e non ho potuto resistere
dal provarli.”
“Devi essere stato molto occupato se ti ci è voluto molto
tempo per venire ad assaggiarli.”
“Già. Per un motivo o per un altro, non sono mai riuscito a
prendermi una vacanza che durasse più di una settimana. Peccato che in una
settimana non arrivavo nemmeno a metà strada per raggiungere quest’isola.” Fece
una piccola risata e cominciò a sbucciare il mandarino.
“Non sei dell’East Blue, mi pare di capire.” A questo, Leath
annuì.
“Esatto, vengo dalla Grand Line. Anche se sono nato nel North
Blue.” Quando ebbe finito di sbucciare, prese uno spicchio e lo mangiò.
“è delizioso.”
Un piccolo sorriso gli adornava le labbra.
“Il prossimo che vorrai lo dovrai pagare.” Avvertì Nami,
ricevendo da Leath una risata di cuore, che annuì.
Il giorno dopo, i pirati prepararono tutto quello che serviva
per rimettersi in viaggio. Leath si avvicinò al gruppo per un favore.
“La vostra prossima meta è la Grand Line, vero?”
“Sì!” Affermò il capitano.
“Allora potreste darmi un passaggio fino a lì? Mi secca fare
tutto il viaggio di ritorno da solo.” Luffy non era contrario alla richiesta.
“Certo! Sali a bordo!” L’uomo lo ringraziò e fece come detto.
Leath aveva già conosciuto tutti gli altri membri nei giorni di festa
precedenti. Si guardò un attimo intorno e vide che erano presenti tutti, tranne
la ragazza.
“Nami dov’è?” Non ebbe tempo di ricevere risposta che gli
abitanti, che erano al porto per salutarli, cominciarono a fare più rumore.
Dietro di loro stava venendo a tutta corsa la navigatrice, che disse alla
ciurma di partire. Riuscì a evitare abilmente tutte le persone, prima di
saltare sulla nave.
Gli abitanti erano leggermente delusi di questo suo gesto.
Nami si girò verso di loro e lasciò cadere sul pavimento della caravella tutti
i portafogli che aveva rubato loro, ricevendo urla di rabbia e disappunto,
prima che sorridessero. Nami era rimasta la stessa di sempre.
Leath, istintivamente, controllo le tasche dei suoi abiti.
Non poteva mai essere troppo prudente con quella ragazza in giro. Questa si
girò poi verso di lui.
“Come mai stai venendo con noi?” L’uomo alzò le spalle in un
gesto disinvolto.
“Viaggiare da soli è deprimente. Non capirò mai come alcune
persone che conosco possano farlo.”