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Autore: MaxB    22/02/2022    1 recensioni
Buongiorno! Dopo aver visto Arcane, in cui il rapporto tra Silco e Jinx mi ha letteralmente ossessionata, ho sentito il bisogno di scrivere un approfondimento sul loro legame, da quando si incontrano/scontrano in mezzo alle fiamme a quando Jinx diventa ciò che è.
Pertanto, saranno 14 capitoli in ordine temporale, missing moments che a mio parere potrebbero aver portato alla "creazione" di Jinx e all'affezione illimitata di Silco. Mi sono documentata bene quindi i capitoli saranno pieni di dettagli che, spero, possano spiegare diverse cose della serie e dare un contesto a come altre si sono venute a creare.
Esperimento: ho associato ad ogni capitolo una traccia musicale della colonna sonora della serie (sono 11 in totale + 3 extra da me scelte), che andrebbe ascoltata leggendo quello specifico capitolo (se ne avete voglia). In ogni caso, il capitolo e il suo titolo contengono riferimenti della canzone in questione.
Aggiornamento ogni 10 giorni circa. Spero che, se amate Jinx e Silco come me, possa piacervi questa raccolta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ekko, Jinx
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao a tutti! Eccoci al capitolo 3/14.
Spero che vi piaccia, mano a mano il rapporto "familiare" tra Jinx e Silco prende forma.
Ho deciso di mettere in corsivo le frasi tradotte dalla canzone usata come base. A me piacciono troppo, ognuna di esse ha qualcosa di intrinsecamente legato ad Arcane.
Spero che anche voi possiate condividere la visione che io dell'evoluzione di Jinx e Silco^^
Grazie a tutti per essere arrivati sin qui!


3. Family (Make me an offer, what will it be?)

Welcome to the playground - Bea Miller, track 01
 
Welcome to the playground, follow me
Tell me your nightmares and fantasies
Sink into the wasteland underneath
Stay for the night, I'll sell you a dream
 
Oh-oh, woah
Welcome to the playground
 
What brings you to the lost and found, dear?
Won't you pull up a seat?
Everybody got a price 'round here to play
Make me an offer, what will it be?
Oh, what will it be?
 
~~~~~~~~~~○~~~~~~~~~~
 
Jinx era appena rientrata in camera sua dall’esterno quando vide la donna uscire dalla camera di Silco. Dalla camera, non dall’ufficio. Lui la seguì a ruota sistemandosi il foulard e lanciandole un’occhiata lasciva e soddisfatta mentre lei si accendeva una canna e gli faceva l’occhiolino prima di uscire.
Era giovane e bella.
Jinx sentì una bomba esploderle in gola. Soffocava. Silco lanciò un’occhiata al soffitto, ma non la vide. Era silenziosa e invisibile, era brava in quello.
Chi era quella tipa? La fidanzata di Silco?
Lui si sedette al suo posto, si passò una mano tra i capelli per riordinarli, si accese il sigaro. In pochi minuti di lettura dei rapporti perse il luccichio di soddisfazione che aveva negli occhi e tornò l’uomo di sempre.
Freddi occhi calcolatori.
Jinx avrebbe voluto far esplodere qualcosa. Non riuscì a trattenersi e, sentendo il fischio nelle orecchie di cui non si era liberata né cambiando stanza né costruendo le bambole, inciampò su una cassetta di residui metallici che potevano tornare utili, producendo un fracasso infernale.
Le voci.
Le voci… erano lì…
- Jinx?
La voce. Silco. Lui era reale, la sua voce era più forte di quella di chiunque altro. La aiutava a schiarirsi le idee. Questa volta si sporse in modo da essere vista da lui.
- Sono io.
Era diventato una specie di gioco, quello. Lui la chiamava, e lei rispondeva “sono io”, come se volesse rassicurare entrambi della sua identità. Come se ancora non sentisse suo quel nome, e volesse autoconvincersene.
A volte lo diceva solo perché ne era orgogliosa.
- Quando sei tornata?
- Ora.
- Dove sei stata?
Lei si strinse nelle spalle. – Qui e là. Ho fatto un giro.
Non gli disse che era dovuta scappare da camera sua perché le si era annerita la vista. Aveva cominciato a far fatica a respirare, come se l’aria si fosse improvvisamente rarefatta. Le era risuonate esplosioni nelle orecchie, le urla di sua sorella, lo schiaffo che le aveva dato. La sua furia. Il suo odio.
Aveva vagabondato senza meta finché, invece di infliggersi le scene agghiaccianti degli ultimi momenti in cui era stata insieme a Vi, del suo abbandono, aveva risentito la sua voce, dolce, carezzevole, quella che usava solo con lei.
“Ci riuscirai”, le diceva.
Allora si era raddrizzata, aveva preso dei respiri profondi.
E aveva rubato della roba utilissima e fichissima, ma non lo avrebbe mai detto a Silco. Aveva una giostra con de cavallini da far girare la testa. Camera sua sembrava l’incrocio tra il negozio di un rigattiere e l’officina di un meccanico, ma non aveva coinquilini che potessero lamentarsi o adulti che potessero salire a vedere e dirle di riordinare.
Quella roba era sua, quello spazio era suo, e faceva quello che voleva. Come calciare via i prototipi delle bombe che non funzionavano.
Si concentrò su Silco, sembrava quasi a disagio.
Invece si rimise a studiare le sue scartoffie noiose. – Non stare via troppo quando esci.
Jinx sentì scemare la tensione. Non sentiva più l’urgenza di far esplodere qualcosa.
A parte quella donna. Era un buon compromesso.
 
La seconda donna la vide quando stava per saltare giù da camera sua per cercare Silco. Riuscì a tornare dentro per un pelo, ma lui la vide con la coda dell’occhio.
Ebbe la conferma che quelle di Silco erano relazioni occasionali e non aveva una donna fissa quando lo beccò la terza volta. Stava decorando le travi del soffitto con i suoi pastelli, perché quell’ambiente era terribilmente monotono e austero e lei non l’aveva ancora rivendicato e marchiato.
La tipa, sempre bella, ma con la faccia da poco di buono senza cervello, se ne andò ancheggiando come se avesse un problema al bacino.
Jinx doveva essere sollevata all’idea che Silco non avesse una fidanzata, qualcuna con cui rimpiazzarla. Qualcuno più importante di lei nella sua scala affettiva. In realtà, quella scala comprendeva solo lei.
E Jinx voleva mantenere l’esclusiva.
Era passato quasi un anno da quando era andata a vivere lassù, a stretto contatto con Silco. Nessuno l’aveva mai beccata, era sempre stata silenziosa e obbediente. Silco aveva iniziato a parlarle spesso, le raccontava storie del suo passato, sogni del suo futuro. Sembrava che parlasse da solo, ma Jinx sapeva che parlava a lei. Le piaceva. La rendeva partecipe.
Si era resa conto subito che a lei parlava in modo diverso. Non era mieloso, quello mai, ma il timbro che usava con lei, e le cose che le diceva, erano diverse da tutto il resto. Ai sottoposti dava ordini, ogni parola era una minaccia implicita, ogni frase uno sparo. Si parlava di affari, di contratti, di ordini, di direttive, di organizzazione.
Era come se Silco fosse la legge, e non si discuteva con la legge. Non con la legge che si rispetta, almeno. Nessuno inoltre avrebbe mai scambiato due chiacchiere con la suddetta legge. O con un capo criminale. Eccetto Sevika, che a Jinx sembrava un po’ tocca, ma per qualche motivo Silco a lei permetteva di dire due parole in più. Solo due. Forse perché le faceva pena, privata del braccio per aver salvato la vita a lui. Silco era corretto, a modo suo.
Con Jinx però dialogava, parlava sul serio. E lei era gelosa di quel rapporto.
No, si disse. Non era gelosa. Di cosa avrebbe dovuto essere gelosa?
Le veniva da ridere.
La voglia di far esplodere qualcosa tornò.
Il disegno, doveva focalizzarsi sul disegno.
Era calma. Sapeva controllarsi. Tutto a posto.
Perse la presa sul pastello rosso, che cadde a terra, ai piedi di Silco.
Se lo avesse stretto un po’ più forte lo avrebbe spezzato, nonostante fosse quasi esaurito, usato fino all’osso.
Silco alzò gli occhi su di lei mentre la donna, lenta com’era lento Mylo a scassinare serrature, si chiudeva la porta alle spalle ignara della presenza di una terza persona nell’ufficio.
Silco sospirò raccogliendo il pastello. – Li usi parecchio, questi colori.
Jinx si sporse, incapace di discernere quale emozione stesse per prendere il sopravvento su di lei.
Si lasciò cadere di sotto, atterrando in piedi sulla scrivania e spargendo fogli ovunque. Silco non la sgridava quando metteva le scarpe sul divano o sul tavolo. Diventava una iena se qualcuno sporcava nel suo ufficio, ma con lei era tollerante.
- Non hai la fidanzata fissa?
La domanda parve prenderlo in contropiede. La fissava con quell’espressione sbigottita che a Jinx ricordava un po’ quella di un pesce: labbra dischiuse, un angolo arcuato come se provasse disgusto, l’occhio buono assottigliato come se cercasse di focalizzarsi su ciò che aveva davanti.
A Jinx in altre occasioni faceva ridere, ma non avrebbe mai osato farlo davvero.
Silco prese il sigaro dal portacenere di metallo grigio, poi lo rimise lì. Alzò la testa per fronteggiare Jinx, più alta di lui. La cosa lo disturbava.
- Scendi.
- Non ce l’hai? Neanche una famiglia?
Silco s’irrigidì.
- Perché queste domande tutto a un tratto?
Silco andò a sedersi di fronte a lei, massaggiandosi la fronte.
Jinx si strinse nelle spalle mentre si sedeva sul bordo della scrivania. – Ho visto tre donne che… uscivano da camera tua.
Silco sorrise, un sorriso sarcastico, freddo. – Solo tre? Pensavo fossi più attenta.
Jinx si sentì punta sul vivo.                                     
- E cosa pensi che vengano a fare quelle signore in camera mia?
Questa volta l’espressione di Jinx era un misto di offesa e disgusto. – Non sono una bamboccia, so tutto quello che c’è da sapere! Bleah!
Questa volta la risatina sbuffata di Silco sembrò un po’ più sincera.
Rimasero in silenzio, Jinx a fissarsi le scarpe che stavano diventando troppo piccole, Silco a osservare il bicchiere dorato vuoto sulla scrivania. Lo riempì con la bottiglia che teneva in un cassetto dopo aver allungato il pastello a Jinx.
- Non ce l’ho una famiglia – le disse.
Jinx prese con delicatezza il pastello, come se fosse un legame invisibile tra loro due.
Raccontami i tuoi incubi e le tue fantasie.
- Una volta la volevo. Quando ero… un sognatore ingenuo. Poi la vita ti fa aprire gli occhi, ti fa capire che spesso quello che desideri è stupido – concluse, quasi sputando la parola. Inchiodò Jinx con gli occhi, nero e azzurro, ipnotici come quelli di un serpente. – Dobbiamo stare attenti a quello che desideriamo, Jinx. A volte, sono quegli stessi desideri a condurci alla morte.
Jinx sobbalzò appena. – Ma tu non sei morto perché volevi una famiglia.
- No – ammise Silco, riappoggiandosi allo schienale. – Ma in un’occasione è morto il mio orgoglio, il che è anche peggio. In un’altra occasione, invece, ho rischiato davvero di morire.
- Che vuol dire?
Silco tornò a fissarla. – Sei una chiacchierona, lo sai?
Jinx si fece piccola. Ecco cosa intendeva: Silco con lei si apriva. Se quelle domande personali le avesse poste qualcun altro, probabilmente sarebbe già stato degradato o trascinato fuori. Era sicura che non dicesse quelle cose a quelle donnette che andavano in camera sua. Illuse.
Jinx sapeva che quello di Silco però non era un rimprovero.
- Mi ero… infatuato di una ragazza quando ero giovane. Poco più grande di te – spiegò, intrecciando le dita sull’addome. Sembrava perso in ricordi lontani. – Una sbandata bella grossa. Ero sciocco da ragazzo, un sognatore di Piltover, non di Zaun. Tendevo a convincermi che le cose sarebbero sempre andate per il meglio senza lottare, solo perché lo volevo. Comunque, questa ragazza mi sedusse, mi fece credere di contraccambiare. Finché non scoprì che voleva solo arrivare a Vander.
Silco buttò giù il bicchiere d’un fiato.
- Da quel giorno non mi sono più fidato delle donne. Costruire una famiglia significa affidarsi ciecamente a qualcuno, e da quel giorno non è più successo. Tranne che con Vander. Anche a Vander piaceva quella ragazza. Piaceva a tutti, del resto. L’avrei perdonato, se fosse andato con lei. La carne è debole, sai com’è. Ma sai cosa mi disse invece lui?
Jinx si sporse per ascoltare meglio, i gomiti appoggiati alle gambe, le mani a sorreggerle il mento. Le piaceva la voce di Silco. La voce che aveva quand’era con lei. Era meno autoritaria, più umana.
- Mi disse: ‘Non potrei mai andare con qualcuno che si è permesso di usare mio fratello, ingannarlo e umiliarlo. Può marcire, per me’. Era il mio eroe, la mia spalla, l’unico in cui riponessi una fiducia cieca e assoluta. Era mio fratello. E all’epoca era molto più… attivo e impulsivo di come lo hai conosciuto tu. Era spietato, a volte. In alcune occasioni fu un carnefice. Prima picchiava, poi faceva domande.
Jinx strinse gli occhi, scacciò il viso di sua sorella dalla mente. Zittì il fischio, i sussurri. Silco stava parlando, doveva ascoltarlo!
- Non mi interessava. Avevamo gli stessi obiettivi, gli stessi ideali, gli stessi progetti. Eravamo la mente e il braccio.
Silco tornò presente a se stesso. Aveva bisogno di un sigaro, ma non gli andava di fumarlo accanto a Jinx. Ad una bambina non faceva bene il fumo.
Si sporse verso di lei, perché capisse ciò che stava per dirle.
- Non me n’è mai fregato nulla di quella sciacquetta che mi aveva ingannato. Mi aveva aiutato ad aprire gli occhi. Mi aveva fatto capire che non ci si può fidare, soprattutto delle donne che millantano di amarti. Ma Vander… Vander e io eravamo fratelli, ci eravamo scelti. Eravamo due orfani che rubavano per campare, che vivevano di stenti, che combattevano fianco a fianco. Avremmo affidato la nostra vita all’altro senza indugi, senza fare domande, guidati da una fiducia e da una lealtà cieca. Finché anche Vander non mi ha aiutato a capire…
Silco si picchiettò la guancia sinistra, la pelle dilaniata, il nero che la cospargeva, l’occhio infetto, la fronte quasi bruciata da un male sottocutaneo e silenzioso.
Jinx inspirò bruscamente. – È stato Vander?!
Fammi un’offerta, quale sarà?
Silco ghignò con un angolo della bocca, ma era tutto fuorché divertito.
- Vander non era l’uomo che pensi che fosse. Perciò, la risposta alla tua domanda è no. Non ho una donna fissa, non ho una famiglia, e non la voglio, perché nessuna persona al mondo può assicurarti con certezza che la sua fedeltà sarà eterna. E se nessuno può darmi quel tipo di fedeltà, allora faccio da solo. Puoi star certa che un ideale non tradirà mai la tua fiducia. Ho un progetto, un obiettivo, siamo io e lui, e dato che lui non può proteggermi, sarò io a difenderlo con le unghie e con i denti. Con la violenza necessaria. Capisci cosa intendo dire, ragazzina?
Jinx deglutì, poi annuì.
Era contenta che Silco non avesse nessuno a cui teneva. Era egoista. O forse era meglio dire che avrebbe dovuto essere contenta che Silco non avesse nessuno. Ma non lo era. La solitudine che lei provava la rodeva da dentro, le mangiava il cervello. Silco era solo da molto più tempo di lei.
- Ho un informatore, tra le guardie di Piltover. Un uomo che ci tornerà molto utile in futuro. Ha visto tua sorella.
Jinx sollevò la testa, un gigantesco fiore di speranza le sbocciò nel cuore. Stava tornando a prenderla?
L’avrebbe perdonata. Certo. Sarebbero state di nuovo insieme! Magari anche con Silco. Non era così male, in fondo. Ma forse Vi avrebbe dato di matto. Sicuramente, anzi. Non importava, qualcosa avrebbero fatto.
Erano sorelle.
- Ti ha abbandonata, Jinx. Vi se n’è andata di proposito, me l’ha confermato lui. Non sa dove, ma nessuno la tratteneva, e lei si è data alla macchia. È partita.
Il fiore divenne vetro. Il vetro si frantumò. Schegge appuntite le squartarono il cuore.
Vi era libera. Vi se n’era andata pur sapendo che lei era viva, che era lì. Da sola.
Sua sorella.
Che stupida.
Non aveva forse detto a Silco che lei non era più sua sorella? Perché a volte se ne dimenticava? Era proprio una bambina che credeva ancora nelle favole.
Il vetro divenne arida cenere, su cui nulla poteva più ricrescere.
Sua sorella l’aveva resa Jinx. Era colpa sua. Tutta colpa sua, di ogni cosa. Se non l’avesse lasciata indietro le cose sarebbero andate diversamente. Era stata Vi a uccidere tutti.
Jinx scese dalla scrivania e gli si rannicchiò in braccio. Lui ormai aveva imparato, e l’abbracciò senza esitazioni. Cercò di non assumere un’espressione trionfante.
Vi se n’era andata, sì, così gli aveva detto Marcus, il suo nuovo… collaboratore. Se n’era andata… in carcere. E Marcus gli aveva assicurato che non sarebbe più tornata, dati i suoi crimini.
Era meglio che Jinx pensasse di essere rimasta sola, che Vi l’avesse abbandonata. Dalla forza della disperazione e dell’odio si poteva sempre trarre forza, diventare ciò che si era destinati ad essere. La speranza, invece, rendeva deboli e ciechi.
Jinx era sua, Silco lo capì in quel momento. E non avrebbe permesso a nessuno, specialmente al suo passato, o a qualcuno di indegno come sua sorella, di portargliela via.
In fondo, Vi ormai non era che un fantasma, e i fantasmi poteva tormentare qualcuno, ma non portarlo via.
- Di me puoi fidarti. Io non ti deluderò.
Silco inspirò l’essenza dei suoi capelli cerulei, che sapevano di sapone e infanzia rubata. Era strano che riuscissero a mantenere un sentore di profumo nonostante gli effluvi pestilenziali della città.
- Siamo solo tu e io, Jinx. Tutti gli altri ci tradiscono. La nostra lealtà appartiene a noi.
Lei annuì in silenzio.
Silco non desiderava da anni una famiglia, o una donna. Aveva abbandonato da tempo quell’illusione dorata.
Non si era reso conto però che una figlia poteva essere proprio quello che gli serviva.
- Siamo noi la famiglia, Jinx. Non ci serve altro. Tu sei mia figlia.
In risposta, Jinx si strinse ancora di più a lui, al sicuro, protetta, tra le mani sporche di sangue di quel dittatore carnefice e senza morale chiamato l’Industriale, l’Occhio di Zaun. Non le importava.
Benvenuta sul campo di gioco.
Seguimi.
C’era lui che zittiva i suoi incubi, che le diceva ciò di cui lei aveva bisogno senza che nemmeno se ne rendesse conto.
C’era lei, che poteva aiutarlo.
C’erano solo loro.
Lei e suo padre.
  
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