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Autore: FreddyOllow    24/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nick e Kate erano andati a sedersi in una saletta dove c'era lo specchio unidirezionale che dava nella stanza degli interrogatori. Avevano visto Marvin trafficare nel suo ufficio e avevano scelto di starsene più appartati.
Smisero di baciarsi.
"Non ti immaginavo così" disse Nick.
"Così come?"
"Così sfacciata."
Lei sorrise. "Non mi sembrava il caso di fare la difficile. Siamo circondati da zombie e Licker, quindi godiamoci il momento."
"E quando tutto questo sarà finito?"
"Credi che finirà?"
Lui la guardò, perplesso. "Pensi che moriremo tutti?"
Kate non rispose.
Restarono in silenzio per un po'.
"Forse è meglio tornare dagli altri" disse Kate.
"Gli altri possono anche stare senza di noi."
Lei gli sorrise. "Lo so, ma manchiamo già da un po'. Potrebbero preoccuparsi."
"Sì, come no. Ognuno se ne sta per conto suo, da quanto ho capito."
"Dai, non fare così. Andiamo." Gli strinse la mano e uscirono dalla saletta.



 

Marvin era ricurvo sulla mappa dispiegata sul tavolo. Passava lo sguardo da un punto all'altro della piantina, senza capire come fare a fuggire. Sapeva che un tempo la centrale era un museo. Doveva vedere l'edificio in quel modo.
"Forse ci sono dei passaggi nascosti che non vengono più usati" si disse. "Nella hall principale deve essercene qualcuno. Se non erro, il personale spostava gli oggetti tramite un sottopassaggio o qualcosa del genere." Si portò una mano sul mento e si mosse avanti e indietro nella stanza. "Potrebbero averlo chiuso o..." Si fermò e si curvò sulla mappa, le mani sul tavolo, gli occhi sgranati per la felicità. "No, no, no, mi sbagliavo. Forse non era un sottopassaggio, ma un condotto d'areazione." Puntò l'indice nella hall. "Sì, eccolo, eccolo! È proprio qui, vicino alla statua. Corre per tutta la centrale e sbuca alle spalle. Forse... forse potremmo chiedere aiuto. Qualcuno... qualcuno ci sarà per forza là fuori." Drizzò il busto e sorrise. "Finalmente lasceremo questo posto."



 

Quando Pete riaprì gli occhi, si trovava sdraiato sul divano. Era un poco stordito dal mal di testa, ma si sentiva meglio. Il saporaccio metallico in bocca era sparito. Si mise seduto sul divano e si guardò attorno. "Meg!" disse con un filo di voce.
Nessuna risposta.
"Meg!
Niente.
Sentiva uno scroscio d'acqua provenire dal corridoio. Si alzò lentamente e s'incamminò verso il bagno. Quando si fermò sotto la porta, Megan era in doccia, l'acqua calda che le scivolava sulle curvature del corpo, il vapore che inondava la stanza.
"Meg!"
Lei tirò subito le tendine su di sé, impaurita. "Pete! Mi hai fatto prendere un colpo!"
"Che stai facendo?"
"Una doccia, non vedi?"
"Una doccia?"
"Sì, una doccia."
Pete aggrottò la fronte. "Pensavo che..." Si zittì.
"Cosa?"
"Niente. Comunque mi sento meglio."
"Lo so, ti ho dato le ultime pillole blu. Ci toccherà cercarle altrove se non vuoi... Insomma, hai capito."
Pete abbassò gli occhi. Per un momento aveva creduto che il malessere fosse andato via, invece si era solo assopito. "Non voglio diventare come loro. Non lasciarmelo fare. Uccidimi prima."
Megan lo fissò con gli occhi umidi per un momento. "Fammi finire la doccia." Tirò le tendine.
Lui tornò in soggiorno e si affacciò alla finestra rotta. Una dozzina di zombie vagabondavano nel vicolo. "Dove sono finiti gli altri?" si chiese. Poi gli balenò un pensiero. "La centrale è solo a pochi isolati da qui. Devo portarla assolutamente lì. Se Marvin è sopravvissuto, avrà sicuramente preso il comando della situazione. Con lui Meg sarà al sicuro." Sospirò e restò in silenzio per un lungo momento. Poi strinse debolmente una mano a pugno. "'Fanculo le pillole! Posso farcela. Devo portarla assolutamente al sicuro. Non può più restare con me. Potrei diventare uno di loro da un momento all'altro..." Si guardò le mani. Poi si voltò e si sedette sul divano, la testa che gli pulsava dal dolore.
"Come ti senti?" chiese Megan, uscendo dal corridoio. Un lungo asciugamano le copriva il corpo e un altro le cingeva i capelli come turbante.
Lui la guardò. "Meglio. Sto bene, davvero."
Lei gli sorrise e si sedette vicino. "Riesci a farti una doccia?"
Pete si accigliò, confuso. "Credo di sì. Perché?"
"Ho pensato che... voglio dire, forse stai male per tutto il marciume che hai addosso. Parlo dell'odore. Lo so, ti ho detto che la saliva.. Insomma, ho pensato che può essere stata la saliva. Ma forse mi sbagliavo, capisci?"
Pete sapeva che si stava aggrappando a qualsiasi cosa pur di negare che fosse infetto. "Sì, ho capito. Forse hai ragione. Magari una doccia mi farà bene."
"Fa sempre bene."
Lui sbuffò in una mezza risata.
"Cosa c'è da ridere?" domandò Megan, perplessa.
"Il mondo è andato a puttane e noi pensiamo a farci una doccia. Non lo trovi... strano?"
La donna lo guardò, seria. "No, per niente."



 

Marvin s'incamminò lungo la balconata, scese nella hall e raggiunse la reception. "Elliot."
Quello si voltò. "Sì, tenente?"
"Dov'è Rita?"
"Non la vediamo da quando è andata nell'ala ovest per salvare una donna."
"E non avete fatto nulla per aiutarla?"
Elliot abbassò lo sguardo.
"Dobbiamo trovarla. Ci serve il suo aiuto."
"Per cosa, tenente? Magari potrei aiutarti io."
"Non per quello che ho in mente." Si guardò in giro, preoccupato. "Dove sono Nick e Kate?" Quando era uscito dall'ufficio, non li aveva più visti dietro il divisorio di vetro. E ora non erano nemmeno nell'atrio.
"Non lo so. Non..."
Nick e Kate entrarono in quel momento e si divisero. La recluta raggiunse il tenente.
"Dove siete stati?" chiese Marvin.
"L'ho incontrata nel corridoio" rispose Nick, a disagio. "Ho fatto un giro nell'ala est. Volevo vedere se era tutto a posto."
Marvin lo fissò per un momento. Sapeva che mentiva, ma non glielo disse. "Devi fare una cosa per me."
Nick lo fissò in silenzio.
"Devi trovare Rita nell'ala ovest."
Elliot guardò Marvin, sconcertato. "Tenente, è pericoloso spingersi là. Ci sono zombie e Licker. Se apriamo la porta, c'è il rischio che vengano dritti verso di noi."
"Conosco i rischi, ma va fatto."
"Cos'hai in mente?"
Marvin si voltò verso di lui. "Trovare aiuto."



 

Pete e Megan erano sul pianerottolo della scala antincendio.
"Hai tutto?" chiese Pete.
Lei annuì.
"Usa la pistola solo se non hai alternative, capito?"
"Sì, non sono mica scema" rispose Megan, irritata.
"Mi preoccupo solo per te. Non voglio che tu finisca circondata dai non-morti, se io.." si ammutolì.
"Non succederà. Arriveremo insieme alla centrale. E poi c'è una farmacia poco prima. Possiamo recuperare le pillole blu da lì."
Pete non le disse che la farmacia poteva essere stata già saccheggiata. Non voleva toglierle la speranza e il sorriso di dosso. Doveva godersi Megan fino alla fine. "Va bene, faremo come dici tu. Ma se ci sono troppi zombie, fileremo dritti alla centrale, ok?"
Lei annuì, non troppa convinta. Poi scese la scala a pioli e si guardò intorno. Nessuno zombie in vista.
Mentre Pete scendeva lentamente, mise un piede in fallo e rischiò di cadere giù.
Megan si allertò. "Pete, tutto bene?"
"Sì, non preoccuparti." Posò i piedi per terra e si sentì un poco stordito, ma non lo diede a vedere. "Da questa parte."
S'incamminarono lungo il vicolo e si fermarono poco prima di arrivare in strada.
"Coprimi le spalle, io dò un'occhiata." Si appoggiò alla parete e sbirciò da un angolo.
Una decina di zombie barcollavano tra i veicoli imbottigliati. Poco distante, un posto di blocco dalle rete metalliche divelte e il cancello sfondato.
Pete si voltò. "Ci sono alcuni zombie, ma possiamo superarli se non facciamo rumore. Andiamo."
Si accostarono al muro, svoltarono a destra e proseguirono rasi agli edifici. Gli zombie vicini sentirono il loro odore e si voltarono.
"Ci hanno visti. Sanno che siamo qui!" disse Megan.
"Non preoccuparti. Si stancheranno appena ci saremo allontanati."
Quando raggiunsero il posto di blocco, quattro cani zombie si trovavano dall'altra parte. Mangiavano il busto di un uomo ridotto a brandelli, le budella sparse tutt'attorno.
Pete si abbassò insieme a Megan dietro un'auto familiare. "Cazzo! Non ci voleva."
"Come faremo a superarli?" chiese lei.
"Non lo so."
"Gli zombie ci stanno raggiungendo."
"Lo so." Alzò la testa e osservò i cani zombie per un momento. "Credo siano impegnati a mangiare. Forse non ci sentiranno passare."
Megan non ne era tanto convinta. "Se gli zombie riescono a sentire il nostro odore, per quelle cose sarà ancora più facile."
Pete le diede ragione. Forse li avrebbero sentiti, ma non c'era altra alternativa. "Meg, dammi la pistola."
"Che vuoi fare?"
"Dammi la pistola."
"Prima rispondimi."
"Dammela!"
Megan gliela rese, turbata.
Pete controllò i colpi nel caricatore, poi lo rimise nella pistola. "Gli zombie si stanno avvicinando, ma sono ancora lontani. Tu tienili sotto controllo e non farti circondare. Usa le auto per separarli e colpiscili in testa. Se diventano troppi, scappa. Non pensare a me. Io me la caverò."
La donna scosse la testa. "No, non voglio farlo. Rimaniamo insieme."
"Devi farlo. Io mi occuperò dei cani zombie. Ci rivedremo alla centrale, ok?"
"Non mi sembra una buona idea."
"Neanche a me, ma non possiamo fare altro."
"Aspettiamo."
Pete la guardò per un momento. "Io potrei... Lo sai."
"Lo so, ma potresti perdere i sensi anche se affronti i cani zombie o se resterai da solo. È meglio che ci sia io vicino a te."
Lui non rispose.
"Facciamo come dico?" chiese Megan, spazientita.



 

Nick e Marvin raggiunsero la piccola armeria della centrale illuminata da un'unica lampada al soffitto.
"Indossa la tuta antisommossa" disse Marvin, prendendola da un armadietto.
"Questo vuol dire che incontrerò molti zombie e Licker?" chiese Nick, un poco spaventato.
"Non lo so, ma di certo non ti mando senza protezione. Chi è andato nell'ala ovest, non è più tornato. Ora non so se sono morti tutti, o se alcuni si sono nascosti da qualche parte, ma non voglio rischiare."
"Tenente, posso farti una domanda?"
Marvin si accigliò, perplesso. Non lo chiamava mai con il suo grado, ma intuì quale fosse la natura della domanda. Anche lui l'avrebbe posta. "Ti stai chiedendo perché mando te, giusto? Semplice. Sei l'unico di cui mi fido. E poi hai spiccate doti fisiche e decisionali, almeno da quanto ho letto sul tuo fascicolo personale, quindi sei più che adatto a questo compito. E poi parliamoci chiaro, Nick. Sei sopravvissuto là fuori. Nessuno degli agenti nella hall è mai uscito dalla centrale. Se lo facessero, si farebbero prendere dal panico. Ora indossa la tuta antisommossa."
Nick fece come ordinato. Non ne aveva mai indossata una prima d'ora. Era comoda, ma intralciava un po' i movimenti. Si piegò sulle ginocchia diverse volte e distese le braccia in varie direzioni.
Marvin incrociò le braccia con un sorriso soddisfatto. "Ti calza bene."
"Sembrerebbe di sì" rispose Nick.
Il tenente gli diede il casco con visiera in policarbonato trasparente. "Tieni, mettilo in testa. Ecco, sì, così. Ora gli zombie dovranno faticare un bel po' per farti male."
"È proprio questo che mi preoccupa. Con questa roba addosso non riesco a muovermi come voglio. Se dovessi fuggire, sarei lentissimo."
Marvin gli diede un buffetto sul braccio. "È solo una tua impressione. Appena ti ci sarai abituato, sarà come una seconda pelle. Io l'ho indossata un paio di volte. Andrà tutto bene."
Nick sciolse un po' i muscoli delle gambe e delle braccia. "Ho notato che non ci sono armi negli armadietti. Irons le avrà spostate tutte quante, suppongo."
Marvin aggrottò le sopracciglia. "Già, sembra che l'abbia fatta apposta per intralciare le operazioni di polizia. A quale scopo poi? Comunque se ne trovi un paio, usale solo se è necessario. I Licker sono attratti anche da ogni piccolo rumore, per non parlare degli zombie. Usa l'accetta che ti ho dato."
"Non è meglio qualcosa di lungo tipo... tipo una lancia."
"Una lancia?"
"Sì, una specie di lancia o qualcosa da usare dalla distanza. Se ti avvicini troppo agli zombie, quelli ti mettono le mani addosso e diventa difficile colpirli. Anzi, c'è il rischio che afferrino te o l'arma."
Marvin aggrottò la fronte, pensieroso. "Lo so, ma non abbiamo niente del genere."
"Forse attaccare un coltello sotto la canna del fucile, può tornare utile."
Il tenente scosse la testa, confuso. "Guardati intorno. L'armeria è vuota. E poi non è come nei film. Quando fai penetrare la lama dentro qualcuno, quella non esce tanto facilmente. Il più delle volte rimane incastrata tra tessuto, ossa e carne. Se poi la usi come una baionetta, diventa ancora più arduo."
Nick restò in silenzio. Si sentiva uno stupido.
"Ti conviene usare qualcosa tipo... tipo la gamba di un tavolo o una spranga di ferro. Qualcosa di lungo, insomma. Ma se vuoi il mio parere, faresti bene a usare l'accetta. Non devi mica ripulire un'area. Non ti serve un'arma contundente, quindi non preoccuparti. Il tuo obiettivo è trovare Rita."
Nick alzò la visiera trasparente. "E se incontrassi dei sopravvissuti? Cosa dovrei fare?"
Marvin abbassò lo sguardo, combattuto. Era imperativo trovare Rita. Solo così il suo piano sarebbe stato possibile, ma non poteva abbandonare gli altri. Non se lo sarebbe mai perdonato. Aveva già abbandonato sua moglie e sua figlia. Non sapeva nemmeno se fossero vive. Lo sperava, ma ogni volta che ci pensava avvertiva una fitta dolorosa allo stomaco. Alzò lo sguardo. "Facciamo così. Se li incontri strada facendo, di' loro di aspettarti. Quando avrai trovato Rita, torna indietro e falli venire con te. Spero solo che non incontriate nessuno zombie, ma soprattutto nessun Licker.
Nick sospirò. "Lo spero anch'io."



 

Pete e Megan erano ancora dietro l'auto familiare. Gli zombie si erano avvicinati.
"Cosa hai deciso?" chiese Megan.
"Facciamo come ho detto" rispose Pete, con un leggero fastidio allo stomaco.
"Non mi sembra una buona idea."
"Nemmeno la tua è una buona idea. Non possiamo rifugiarci da nessuna parte. Guardati intorno. Le porte sono sicuramente chiuse. E non posso sparare alle serrature, senza allertare i cani zombie."
Lei lo guardò, serio. "Ma li allerterai lo stesso, quando te li farai venire dietro. Quanto pensi che dureresti? Sono veloci. Non sono cani normali. Non puoi gestirli tutti e quattro. Ricordi com'è andata l'ultima volta? Erano soltanto in due, eppure sei stato quasi sbranato."
Se lo ricordava molto bene. Si era anche infettato con la bava. Come poteva dimenticarsi una cosa simile? Persino pensare era diventato difficile. Forse Megan aveva ragione. Non sarebbe riuscito a ucciderli tutti.
"Allora?" lo incalzò la donna.
"Facciamo come dici tu. Aspettiamo."
Lei sorrise. "Allora andiamo in quel negozio. Credo sia aperto."
"Aspettiamo qui."
Megan corrugò le sopracciglia, confuse. "Abbiamo degli zombie alle calcagna, te ne sei dimenticato?"
Pete si accigliò, disorientato. Si era dimenticato degli zombie. Come aveva a fatto dimenticarsene?
"Pete?"
Lui si voltò.
"Stai bene?"
"Sì, credo di sì."
"Sicuro?"
"Non lo so."
Megan si oscurò in viso. "Dammi la pistola. Entriamo in quel negozio."
Lui gliela rese. La testa gli pulsava più forte e il tipico sapore di ferro gli pervase la bocca. "Credo che sverrò. Lo sento."
Lei non rispose. Passò la testa sotto il suo braccio e lo aiutò a spostarsi fino al negozio. La porta era socchiusa. Qualcuno era entrato o uscito. Lo fece sedere a terra, la schiena poggiata contro la vetrata. "Aspetta qui. Controllo dentro."
Lui annuì, gli occhi arrossati e cerchiati.
Megan si aggirò tra gli scaffali puntellati di vasi, lampade, quadri e varie oggetti decorativi. Non trovò nessuno. Quando tornò indietro, uno zombie si trascinava con i gomiti verso Pete. Lei uscì dal negozio e gli piantò il coltello nel cranio scarnificato. Poi trascinò il fidanzato all'interno e chiuse la porta.
Una decina di zombie si ammassarono davanti al locale e batterono i pugni sulle grandi vetrate.
Non potevano restare lì. I non-morti sarebbero entrati da un momento all'altro. Megan si guardò intorno, afferrò Pete da sotto le ascelle e lo trascinò verso una porta di ferro. L'aprì un poco e sbirciò dentro. Era una piccola camera che fungeva da magazzino. Portò il fidanzato all'interno e chiuse la porta, bloccandola con un tavolo. Non poteva fare altro. Sperava che gli zombie rimanessero fuori dal negozio, o sarebbe stata la fine per tutti e due.
Pete cominciò a borbottare frasi incomprensibili.
Lei gli si chinò accanto. "Pete, mi senti? Pete?"
Gli occhi di lui rotearono all'indietro, il corpo fremette con violenza, la bava gli colò dalla bocca.
Megan trattenne le lacrime. "Resisti, Pete. Ti prego... Siamo quasi vicino alla farmacia. Resisti..." La testa del fidanzato penzolò a lato, ma lei la sostenne. "Ti prego! Non lasciarmi..." Scoppiò a piangere. "Ti prego..."
Le vetrate andarono in frantumi e gli zombie barcollarono nel negozio.



 

Nick raggiunse la porta che dava nell'ala ovest. Gli agenti avevano aperto un passaggio nella barricata e aspettavano solo lui.
Kate gli si avvicinò, gli strinse la mano e lo guardò dritto negli occhi. Nick ricambiò la stretta e le sorrise.
Marvin si posizionò davanti ai poliziotti con fare autoritario, le mani incrociate dietro la schiena. "Quando Nick sarà dall'altra parte, voglio almeno due agenti davanti alla porta. Non dovete abbandonare la posizione nemmeno per un momento. Nemmeno per andare a farvi una pisciata, intesi?"
"Nemmeno se entrano gli zombie?" domandò Chung in tono scherzoso.
Il tenente lo fulminò con lo sguardo. "Tu sarai il primo a sorvegliare la porta."
Chung sbuffò, contrariato.
"Qualche altro volontario?" chiese Marvin, guardando le facce degli agenti.
"Io" disse Elliot.
"Molto bene. Tutti gli altri si organizzino per i turni. Ogni mezz'ora ci sarà un cambio della guardia." Si girò verso Nick. "Quando vuoi."
Lui salutò il tenente con un cenno della testa, lanciò un'ultima occhiata a Kate, che gli sorrise, angosciata, e aprì la porta.
Un'acre odore di putrefazione lo investì in pieno e gli venne un conato di vomito. Si era dimenticato di quanto il tanfo potesse essere nauseante.
La porta si chiuse alle sue spalle.
I fasci di luce dei lampioni filtravano fra le assi di legno piantate sulle finestre, proiettando ombre inquietanti sulle pareti del corridoio. Alcune assi erano rotte, ma si tenevano ancora in piedi. Il pavimento era cosparso di sangue represso e vetri rotti ai piedi delle mura.
Sentì una fitta allo stomaco. Era la paura che si attorcigliava nelle membra. Voleva fare dietrofront e tornare al sicuro nella hall. Ma non poteva. Marvin contava su di lui. Tutti contavano su di lui, anche l'inopportuno Chung e la sfacciata Kate.
Buttò l'aria dai polmoni e s'incamminò.



 

Gli zombie si dispersero nel locale. Uno di loro cominciò a martellare di pugni la porta di ferro.
Megan la fissava turbata e accarezzava la guancia di Pete, tenendogli la testa sul suo grembo.
Lui barbottava, le palpebre violacee, la saliva incrostata lungo la bocca.
"Pete..." mormorava lei, gli occhi arrossati per il pianto, una mano sulla pistola. Sapeva che l'avrebbe dovuta usare se si fosse trasformato. Glielo aveva detto in bagno che non voleva diventare uno di loro. Lui avrebbe fatto la stessa cosa per lei.
Gli diede un bacio sulla fronte. "Pete... svegliati... non mi lasciare... non posso farcela da sola..."
Lui cominciò a fremere e la bava gli colò nuovamente dalla bocca. Lei lo coricò sul fianco, la schiuma bianca scivolò sul pavimento.
Smise di muoversi.
Megan sbarrò gli occhi, angosciata. Gli voltò la testa. Gli occhi roteavano dietro le palpebre e il respiro era lento e pesante. Mollò la presa dalla pistola. Ormai aveva consumato tutte le lacrime e gli occhi arrossati le bruciavano.
I colpi alla porta si fecero più forti e insistenti. Lo zombie aveva sentito il loro odore. Altri due non-morti si aggiunsero al primo e martellarono di pugni la porta.
Megan li sentiva, ma non ci dava peso. Era in trappola. Non sarebbe più uscita viva da quella situazione. Sarebbe morta insieme a Pete. Avrebbe condiviso lo stesso destino. Un colpo in testa e tutto sarebbe finito. Chissà se sarebbero stati insieme anche dall'altra parte? Voleva crederci. Ci sperava.
La porta si aprì un poco, bloccata dal tavolo. Una mano scarnificata spuntò dalla fessura, le dita che si agitavano nell'aria.
Megan afferrò la pistola e la portò alla testa di Pete, che continuava a borbottare frasi senza senso. Lo guardò dritto negli occhi, gli baciò la fronte calda e posò il dito sul grilletto.
Non ci riusciva. Non poteva farlo. Era Pete, il suo fidanzato. L'uomo con cui voleva costruirsi una famiglia, crescere dei figli, invecchiare insieme. Non poteva ucciderlo. "Forse non si trasformerà..." si disse. "Forse sta male per qualcos'altro. Qualcosa che si può curare."
La scrivania si spostò un poco. Una testa putrescente sbucò nella fessura fra la porta e lo stipite, i denti che battevano, la mano protesa verso di loro.
Megan gli puntò la pistola e lo guardò attraverso il minuscolo mirino posto sulla canna. Voleva sparargli dritto in quella testa puntellata di ciocche nere, ammazzare ogni singolo zombie in città, ma quello che fece fu abbassare l'arma.
Era stanca di lottare. Stanca di sopravvivere.
La mano dello zombie scivolò a terra con un tonfo. Megan alzò lo sguardo tremante, la pistola puntata verso la porta.
Qualcuno si affaticava ad aprirla, la spingeva con forza, spostando la scrivania a lato.
Sparò.

   
 
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