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Autore: deborahdonato4    02/03/2022    1 recensioni
Leo Valdez, deluso dal suo primo amore Calypso, è tornato al Campo Mezzosangue con suo figlio James. Decide di dedicarsi completamente alla crescita del figlio.
Will Solace, rientrato al Campo dopo un anno passato a lavorare in un ospedale umano, ha una sola missione: confessare il suo amore verso Nico di Angelo. Mal'amore ha promesso per lui, e per Nico, un destino diverso.
Due ragazzi che diventano prima amici, poi qualcosa di più.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Will Solace
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Mi sa che quel tunnel, li ha spaventati proprio a dovere.» disse Connor, mezzo coricato nel sedile del passeggero, lanciando di tanto in tanto delle occhiate ai tre bambini alle loro spalle.

«Mh, sì.» annuì Will distrattamente, gli occhi fissi sulla strada, cercando di non guardare più del dovuto l'auto che li seguiva. Si sentiva confuso e su di giri al tempo stesso. Non era un buon segno.

«Ecco cosa farò quando Lily non mi darà ascolto.» continuò Connor, divertito. «La porterò nel tunnel degli orrori!»

«No, zio, basta!» esclamò la bambina con voce flebile, ancora terrorizzata.

James, piuttosto pallido, e Bryan, piuttosto silenzioso, la presero per mano per tranquillizzarla. Lily strinse le mani dei suoi amici con energia e non disse niente. Quel giro nella carrozza li aveva proprio spaventati. Non avevano quasi parlato durante il pranzo, e nel pomeriggio avevano riso un po' sugli autoscontri, che però non li avevano distratti abbastanza.

Se non avesse avuto dei pensieri insistenti, Will avrebbe messo la musica e provato a rimediare a quella brutta esperienza che i bambini avevano vissuto. Quella notte avrebbero avuto incubi orribili tutti e tre.

Will lanciò un'occhiata a Connor. Nella gara tra lui e il fratello, era riuscito a vincere con oltre venti punti di differenza. Non aveva fatto altro che gongolare per il resto della giornata al Luna Park, pavoneggiandosi e prendendo in giro il fratello ogni volta che poteva. Will non aveva detto nulla riguardo il suo comportamento, perché il bacio di Leo lo aveva folgorato. Non se l'era aspettato, e dall'espressione del figlio di Efesto aveva capito che era stata una sorpresa pure per lui. E non avrebbe immaginato di sentirlo ricambiare.

«Tutto okay?» domandò Connor, osservandolo. «Sembri su un altro pianeta.»

«Sto bene.» annuì Will.

«Il tunnel degli orrori ha spaventato pure te?»

Will accennò un sorriso. «Può darsi.» borbottò. Il tunnel degli orrori gli era piaciuto, avrebbe fatto un altro giro insieme a Leo, in attesa di quei pochi secondi di buio. Gli aveva posato la mano sulla coscia. Riusciva ancora a sentire il suo calore.

«Non avresti dovuto andarci.» disse Connor, con un sospiro. «Ma se avrai degli incubi, prometto che mi prenderò cura di te, questa notte.»

Lo sguardo di Connor gli fece capire il modo in cui intendeva prendersi cura di lui e Will si ritrovò a forzare un sorriso. Come poteva pensare a Connor, se i suoi pensieri erano pieni di Leo?

«Questa notte dovrò stare in infermeria.» disse Will, chiedendosi da dove gli fosse uscita quella bugia. «Mi ha scritto mio fratello prima che salissimo in macchina.»

«Oh. Be', potremmo vederci domani.»

«Certo, domani va benissimo.»

Connor gli sorrise e tornò a guardare il cellulare. Will cercò di tenere gli occhi e i pensieri sulla strada, ma i pensieri correvano nella sua testa, su Leo. Da quando era tornato al Campo, Leo non gli aveva mai fatto capire di provare ancora qualcosa per lui. Anzi, lui e Calipso avevano pure deciso di sposarsi. E ora... quel bacio. Santi dei, quel bacio.

 

Quando arrivarono al Campo, Will, con la testa più confusa di quando era partito, controllò il cellulare. Mandò subito un messaggio al fratello, per chiedergli di cambiare turno con lui, e Nate gli rispose che andava benissimo. Will trattenne uno sbuffo divertito. Immaginò che Nate non vedesse l'ora di cambiare turno, non gli piaceva mai il turno di notte. Si mordicchiò il labbro, pensando ad Hazel. Non aveva tempo di correre da lei e raccontarle cosa fosse successo, ma decise che l'avrebbe fatto il mattino dopo, appena si fosse svegliato. Riusciva ad immaginare la rabbia della sua migliore amica.

Will aspettò qualche minuto, fino a quando Katie parcheggiò vicino a loro. Se avesse guidato Travis, come all'andata, probabilmente erano ancora a metà del viaggio. Will guardò Leo scendere dalla macchina, chiedendosi se il figlio di Efesto fosse turbato quanto lui, ma quando lo vide ridere e scherzare con Travis, distolse lo sguardo.

«Papà!»

James e Lily corsero dai padri, mentre Bryan li guardava, un po' in imbarazzo, visto che non aveva nessuno da cui andare. Will gli si avvicinò, posandogli la mano sulla spalla, pensando a quanto potesse sentirsi solo il fratello quella notte.

«Non pensavo potesse farti così paura, quel tunnel dell'orrore.» disse Travis, prendendo la figlia in braccio.

«Non così tanta.» disse Lily, in imbarazzo. «Un po'.»

«Anch'io ho un po' di paura.» precisò James guardando i genitori. «Non tantissima, eh.»

«Te la senti di dormire nel tuo letto da solo, questa notte?» domandò Calipso, mentre al suo fianco Leo sorrideva.

James deglutì forte prima di annuire. «Ma certo, che domande.» sbuffò, con uno sguardo che faceva capire il contrario.

«Se hai bisogno, questa notte potrai dormire con Grant.» mormorò Will al fratello, che sollevò lo sguardo su di lui.

«Già, perché tu devi lavorare.» rispose Bryan, e quello sguardo così serio lo fece arrossire.

«Sì, devo lavorare.» annuì Will. «Nate ha cambiato il suo turno con me.»

«Già, ovvio.»

Will aggrottò la fronte, chiedendosi perché il fratello minore gli sembrasse così scocciato. Forse perché gli aveva promesso che avrebbero dormito insieme? O forse... era impossibile che avesse visto il bacio tra lui e Leo. Era successo al buio, e Bryan non poteva aver visto niente. Giusto?

«Non puoi proprio cambiare turno?» domandò Connor, avvicinandosi a lui, posandogli la mano sul petto.

«Mi piacerebbe, ma non posso.» rispose Will, stringendosi nelle spalle. «Ma domani ci vedremo di certo.»

Dopo che avrò parlato con Hazel, pensò Will tra sé. E dopo che lei mi avrà picchiato. È certo che mi picchierà.

Connor lo baciò e Will si ritrovò a ricambiare. Avrebbe voluto che l'altro non lo facesse, ma ormai erano una coppia, era normale che Connor volesse scambiare delle effusioni in pubblico. Ma davanti a Leo...

«Direi che sia il caso di andare.» disse Travis, distogliendo lo sguardo dal fratello e puntandolo sull'amico, che giocherellava con un ricciolo ribelle del figlio. «Meglio affrontare subito le proprie responsabilità.»

«Vuoi andare davvero da Miranda?» domandò Leo, aggrottando la fronte.

«Oh, no. Manderò Katie, da Miranda.»

«Non ci penso proprio.» sbuffò la figlia di Demetra, scuotendo la testa. «Andrai da mia sorella e le dirai la verità. Senza farti uccidere, se riesci.»

Travis la guardò meravigliato, poi spostò lo sguardo sulla figlia. «Quanto vuoi per non avere incubi, questa notte?» borbottò.

«Troppo.» ribatté la figlia, con un piccolo sorriso.

«Uff, ha preso da Connor.» sospirò Travis. «Be', addio amici miei.»

«Addio.» lo salutò Leo, divertito, prendendo a sua volta il figlio in braccio, che gli si avvinghiò come un koala. «Meglio andare anche noi, così prepariamo la cena.»

«Va bene.»

«Ciao, ragazzi.» salutò Leo, lanciando un'occhiata veloce a Will, che si sentì sottosopra. Cos'era quella semplice occhiata? Voleva parlare in privato con lui, ma era improbabile che Calipso li avrebbe lasciati soli. Un po' come Connor. Il suo ragazzo non si fidava del suo ex. Oppure era di lui che non si fidava?

«Ciao.» salutò Will, domandandosi perché mai dovesse fare quel genere di pensieri proprio in quel momento. Se Connor non si fidava davvero di lui, faceva bene. Insomma, il suo ex lo aveva baciato e Will aveva ricambiato. Se non provava niente per Leo, lo avrebbe detto a Connor, no? E invece preferiva tenere la bocca chiusa, e lasciare che quel bacio tra loro rimanesse lì, in sospeso, in attesa che uno dei due facesse qualcosa.

 

 

Dopo la doccia, e la cena piuttosto veloce, Will si diresse in infermeria. Bryan si era un po' calmato una volta entrato nella cabina, e aver passato un po' di tempo a leggere il suo fumetto preferito sembrava averlo tranquillizzato. Di tanto in tanto rabbrividiva, forse ricordando quelle mummie che lo avevano tanto spaventato durante il giro nel tunnel.

Will fu tentato di proporgli di venire con lui in infermeria, ma si bloccò. Bryan poteva accettare, e non voleva correre il rischio che il fratellino vedesse qualche figlio di Ares o di Efesto conciato male. Un conto erano i mostri finti alle giostre, un altro le quantità di sangue versate dai semidei.

Salutò Bryan con un bacio sulla testa prima di lasciarlo alle cure dei fratelli e uscì dalla cabina, ignorando Nate che lo ringraziava per quella serata libera. Aveva intenzione di uscire con una figlia di Afrodite e Will gli augurò buona fortuna: Nate non era mai stato tanto bravo con le uscite, e si augurò che nessuna figlia di Afrodite gli spezzasse il cuore, quella sera.

In infermeria, Will fece un rapido controllo dei pazienti e si rilassò. Era ricoverato solo un figlio di Ares con una frattura alla gamba e a cui, a causa delle molteplici imprecazioni e piagnucolamenti, gli era stata somministrata una dose piuttosto eccessiva di sonnifero.

«O io o lui.» disse sua sorella Helen, quando Will, controllando la cartella del figlio di Ares, le fece notare la somministrazione alta. «E ho preferito lui.»

«Okay.» Will chiuse la cartella, trattenendo una risatina. «Vai pure, riposati.»

La sorella lo salutò e Will decise che avrebbe tenuto sotto controllo il figlio di Ares durante la notte. Ne erano già morti abbastanza, di figli di Ares, non voleva che ne morisse un altro durante il suo turno.

Evitò di pensare ai vari motivi per cui gli altri figli di Ares erano morti in sua presenza e cercò di distrarsi facendo l'inventario delle medicine, delle garze. Controllò le cartelle dei pazienti dimessi e quando guardò l'orologio, Will si sorprese di scoprire che era passata solamente un'ora da quando era entrato. La nottata si prospettava lunga e decisamente noiosa. Nessuno poteva avere un incidente in quel momento? Una bella mano mozzata lo avrebbe di certo distratto e tenuto occupato per un paio d'ore, senza dargli il tempo di pensare a Leo.

Will controllò il cellulare, mandando un messaggio ad Hazel e chiedendole come stesse. L'amica impiegò un po' di tempo a rispondere, e Will la immaginò sul divano, intenta a bere una tazza di tè, guardando Grey's Anatomy o qualche film della Marvel con la quale era in fissa in quei giorni. Fu sul punto di scriverle se le andasse di raggiungerlo in infermeria, quando qualcuno entrò.

«Oh, finalmente.» mormorò Will, lasciando perdere il cellulare e balzando in piedi. Si avvicinò alla porta, chiedendosi cosa potesse avere il suo nuovo paziente, e si bloccò alla vista di Leo Valdez, che teneva un fazzoletto stretto nella mano. Sembrava sporco di sangue.

«È grave?» domandò Will, guardandolo dritto negli occhi, non riuscendo a distogliere lo sguardo da lui.

«No.» rispose Leo, lasciando cadere il fazzoletto, mostrandogli la mano, sebbene non gliene importasse nulla. E, dall'espressione di Will, capì che non fregava nulla nemmeno a lui.

 

 

Vedere Connor e Will baciarsi a così poca distanza da lui, senza poter dire niente, aveva ferito Leo più di quanto potesse immaginare. Aveva sperato che il bacio dato a Will gli facesse capire che lo desiderava ancora, che voleva stare con lui. Ed ecco Will che baciava il suo ragazzo come se non fosse successo nulla tra di loro, in quei pochi secondi di buio nel tunnel dell'orrore. Riusciva ancora a sentire la sua mano sulla sua coscia.

Calipso cercò di far parlare James mentre si dirigevano a casa. All'inizio il bambino rispose a monosillabi, accettando senza lamentarsi di fare il bagno prima di cena. Dal tono di voce, Leo capì che i pensieri del bambino erano ancora tutti puntati sul tunnel, proprio come lo erano per lui.

«Papi, facciamo il bagno insieme?» domandò James, lanciandogli un'occhiata e arruffandogli per un attimo i capelli.

«Certo, mijo.» annuì Leo, trattenendo un piccolo sorriso. Il figlio era proprio diventato mansueto, dopo un po' di paura. Magari poteva mostrargli qualche film dell'orrore quando si comportava male. Abolì subito l'idea: forse era meglio controllare come si comportava durante la notte, prima di prendere decisioni del genere.

Calipso gli sorrise. «Allora io preparerò la cena. Avete qualche richiesta particolare?»

«È avanzata la torta di ieri?» domandò James, illuminandosi.

«Sì, ma per dopo cena.» annuì Leo, sorridendogli.

«Okay, posso aspettare.»

Il figlio sembrava aver ripreso un po' di vitalità dopo quello scambio di battute. Si fece posare a terra e corse fino alla casa, fermandosi di tanto in tanto per non allontanarsi troppo dai genitori. Leo immaginò che lo facesse per la paura di incontrare qualche mostro nel bosco, e non perché rischiava di venire sgridato dai genitori.

La mano di Calipso si infilò nella sua e Leo sentì una stretta allo stomaco. La mano della futura moglie era calda, morbida, accogliente, ma non calda quanto la mano del figlio di Apollo.

«Tutto okay?» domandò Calipso, osservandolo. «Da quando sei tornato dal tunnel degli orrori, ti vedo un po' strano.»

Cazzo, pensò Leo, preoccupato. Non è che è riuscita a leggere sulla mia faccia quello che è successo?

«Mi sento in colpa. Per James.» disse Leo, sentendosi arrossire. «Insomma, se non avessi parlato, non avrebbe deciso di andare in quel tunnel, spaventandosi a morte.»

«Lo avrebbe deciso da solo, e avrebbe trascinato i suoi amici lì sul tunnel quando non avremmo guardato. Quindi va bene così.»

Leo annuì appena, pensando che forse Calipso aveva proprio ragione. James gli somigliava ogni giorno di più. Ma sperò che la sua adolescenza fosse ben diversa dalla sua.

Quando arrivarono nei pressi della casa, Leo lanciò le chiavi al figlio, che si affrettò ad aprire la porta. I genitori entrarono subito dopo di lui, notando il casino che avevano lasciato dal giorno prima. Dopo la festa, non avevano avuto nemmeno il tempo di riordinare.

«Lo faccio dopo.» disse Leo, mentre James cominciava a correre su per le scale. «Te lo prometto, lo faccio dopo.»

«D'accordo.» disse Calipso, entrando in cucina.

Leo si passò una mano tra i capelli, osservando il disordine, e sospirò. Non aveva ancora inventato un robot che facesse le faccende domestiche al suo posto? Pensò al bunker 9, a com'era sempre in ordine... poi ricordò che lo faceva Will senza farsi dire niente. Abbozzò un sorriso nel ricordare quanto si fosse arrabbiato nello scoprire che Will aveva riordinato tutti i suoi cassetti, numerandoli e indicando il contenuto di ognuno di essi su un'etichetta. Dovevano esserci ancora, se i suoi fratelli non avevano tolto niente dal bunker.

James si stava già spogliando, lasciando vestiti dalle scale fino al bagno. Leo si affrettò a raccoglierli, scuotendo la testa divertito, e quando entrò in bagno, trovò James seduto sul bordo della vasca, intento a controllare la temperatura dell'acqua.

«Hai messo il tappo?» domandò Leo, infilando i vestiti nel cestino.

«Ehm, sì.» annuì James, e Leo si girò, fingendo di aver sentito un rumore, lasciandogli il tempo di sistemare il tappo nella vasca.

«Menomale, sennò avremmo aspettato per niente.» disse Leo, e il figlio gli fece la linguaccia, con le guance leggermente arrossate.

«Mettiamo le bolle?»

«Ovvio, sennò che bagno è?»

Leo rovesciò un po' di bagnoschiuma nell'acqua e aspettò che fosse piena abbastanza prima di chiudere il rubinetto. Il figlio finì di spogliarsi ed entrò in acqua, senza aspettare. Leo si spogliò a sua volta e si sedette di fronte a lui, guardando l'acqua uscire dal bordo.

«Ti sei divertito, oggi?» chiese Leo, cercando di non pensare a quanto avrebbe dovuto pulire più tardi.

«Sì.» annuì James, giocando con le bolle. «Mi sono divertito tanto. È stato bello uscire di nuovo con... be', con Will.»

La voce del figlio si era fatta un sussurro e Leo cercò di non dare troppo peso alle sue parole, nonostante il cuore gli battesse più veloce di prima. James si era divertito in quell'uscita grazie a Will? Li aveva visti ridere e scherzare insieme, con Bryan e Lily, e si domandò cosa avessero fatto in auto con Will e Connor.

«Mi dispiace che non sia venuto ieri alla festa.» aggiunse James, soffiando le bolle nella direzione del padre. «Però si è fatto perdonare, oggi.»

«Buon per lui.» ridacchiò Leo, lanciando un'occhiata al figlio. «Non ti ha fatto il regalo, però.»

James scrollò le spalle. «Ha pagato un sacco di giostre. Va bene uguale.»

Leo notò che il figlio aveva ragione e si mordicchiò il labbro. Non aveva fatto molto caso a chi pagasse le giostre, e decise che un giorno lo avrebbe ripagato in qualche modo.

«Cos'avete fatto in macchina?» si incuriosì il figlio di Efesto. Il bambino sorrise e cominciò a parlargli di tutte le canzoni che avevano cantato a squarciagola, divertendosi un mondo. Leo sorrise a sua volta, pensando che doveva essere stato proprio un viaggio lungo, per Will e Connor.

 

Quando finirono il bagno, Leo asciugò sé stesso e il bambino con il semplice tocco della propria mano. L'ultima volta che James aveva provato a farlo da solo, aveva dato fuoco all'asciugamano. Piano piano avrebbe avuto il pieno controllo dei suoi poteri.

Leo diede una rapida ripulita al bagno prima di scendere al piano di sotto, controllando di avere i vestiti in ordine. Calipso era ancora impegnata a cucinare, quindi Leo si ritrovò a riordinare il soggiorno prima di sedersi a tavola per la cena. Chiacchierarono della giornata, evitando di nominare Will, sebbene Calipso sfiorò l'argomento dicendo, quasi con tono distratto, quanto stesse bene con Connor. Leo si domandò perché lo avesse detto: solo per dargli fastidio o per vedere se gli desse fastidio? Si limitò a scrollare le spalle, cambiando argomento, e James fu ben felice di intromettersi nella conversazione e parlare dei nuovi film che voleva vedere.

«Vedremo due film domani.» disse Leo, osservando il figlio mentre si strofinava gli occhi e tratteneva uno sbadiglio. «Per questa sera, è meglio se vai a dormire. Puoi guardare un po' di tv prima di infilarti a letto.»

«Grazie, papà.»

Leo si alzò per sparecchiare il tavolo, cercando di pensare alla sua famiglia, a suo figlio e alla futura moglie. Scacciò dalla mente qualsiasi cosa potesse associare al figlio di Apollo che in quel momento, era in infermeria, stando alle parole di Bryan.

Will era in infermeria. Nulla di sorprendente, era sempre lì. A parte quei due anni terribili in cui se n'era andato dal Campo, quando Leo si era convinto di poter tornare ad amare Calipso, e Calipso soltanto. Ora che era tornato, ora che lo aveva baciato al buio dopo tanto tempo... i pensieri su di lui si erano fatti più insistenti del solito. Will o Calipso, Calipso o Willl... sentiva la testa fumare.

«Attento a non tagliarti, con quel coltello.» disse Calipso, con un sorriso, mentre lo aiutava a sparecchiare il tavolo. Leo le lanciò un'occhiata, guardando i suoi capelli scuri, la sua pelle color miele, sentendo il suo profumo di cannella così prepotente nell'aria. Poi abbassò lo sguardo sul coltello, piuttosto affilato. E non dovette pensarci un secondo di più.

Abbassò il palmo della mano sul coltello, sentendo dolore per il taglio. Vide il sangue colare dalla ferita e sollevò lo sguardo su Calipso, con una smorfia.

«Cosa hai detto?» le disse, mostrandole il palmo.

Calipso sbarrò gli occhi, e si affrettò ad avvicinarsi, tirando fuori un fazzoletto dalla tasca. Avvolse la mano nel fazzoletto, scuotendo appena la testa.

«Sei così sbadato.» gli disse, con un sospiro.

«Non l'ho mica fatto apposta.» mentì Leo, guardandola fare il nodo al fazzoletto.

«Lo so, non sei un idiota.»

«Credo di dover fare un salto in infermeria, però.» mormorò Leo.

«Lo penso anch'io. Dovranno darti almeno un paio di punti, secondo me.»

Leo ritirò la mano. Sentiva il dolore, pungente, ma c'era qualcos'altro sotto. La felicità di dover andare in infermeria, da Will. «Spero di non fare troppo tardi.»

 

Quando Leo entrò in infermeria, il sangue aveva smesso di sgorgare dalla ferita. Cercò Will con lo sguardo, notando che l'infermeria era vuota, a parte per delle tende tirate attorno ad un letto. Non sentiva rumori provenire da lì dietro, quindi immaginò che il paziente in questione fosse addormentato.

Fu sul punto di chiedere se ci fosse qualcuno, quando vide Will avvicinarsi. Indossava il camice bianco sopra un maglione blu, che si intonava alla perfezione con i suoi occhi. Quando lo riconobbe, Will si bloccò. Vide i suoi occhi spostarsi per un secondo sul fazzoletto che ancora stringeva in mano.

«È grave?» domandò Will, incrociando il suo sguardo, e Leo sentì un calore familiare al petto.

«No.» disse Leo, sciogliendo il nodo e lasciandolo cadere sul pavimento. Non era grave. Il dolore stava già passando, un po' come il sangue che si era fermato. Di sicuro, appena avrebbe abbassato lo sguardo sulla ferita, avrebbe scoperto di essersi fatto un taglio di poco conto, un taglio che poteva guarire facilmente con un po' di nettare. Ma almeno aveva avuto la scusa per andare lì, in infermeria, da Will, per potergli parlare del loro bacio, del loro piccolo momento speciale nel tunnel degli orrori.

Ma non riusciva a parlare. Era come se la voce lo avesse abbandonato mentre lasciava cadere il fazzoletto in terra, quando aveva incrociato quegli incredibili occhi azzurri che spesso avevano popolato i suoi sogni.

«Fammi vedere.» mormorò Will, indicandogli con un cenno del mento la mano, e Leo si riscosse dai propri pensieri. Riuscì a muoversi, ad avvicinarsi al figlio di Apollo. Sollevò la mano ferita per mostrargliela, ma fece un passo di troppo, ritrovandosi fra le braccia di Will. Gli portò le mani sulla schiena mentre quelle di Will gli si posarono sul viso, calde e piacevoli, come il tocco dolce delle sue labbra.

Leo sospirò contro quelle labbra calde, chiedendosi da quanto tempo le avesse desiderate sopra le sue. Provò a baciarlo con dolcezza, cercando di fargli capire quanto gli fosse mancato in tutto quel tempo, ma non ci riuscì. La dolcezza si trasformò ben presto in passione, le mani di Will si strinsero sui suoi fianchi e Leo gli passò le braccia attorno al collo, sentendosi sollevare. Non spostò le labbra da quelle del biondo, che non sembrava aver bisogno di guardare dove stesse camminando. Leo sussultò appena quando sentì una porta chiudersi alle sue spalle e si scostò solo per un secondo dalle sue labbra, cercando di capire dove si trovasse. L'ufficio di Will non era cambiato minimamente dall'ultima volta che lo aveva visto.

Lo scatto della serratura fece sollevare lo sguardo di Leo. Incrociò gli occhi di Will, così limpidi e seri, e dimenticò ogni buonsenso, anche se ormai quello lo aveva abbandonato. Gli passò le dita sulla guancia, in silenzio, cercando di dare un senso alle emozioni che provava. Annuì appena, dando il permesso all'altro di fare quello che voleva, perché era lo stesso che voleva lui.

Ripresero a baciarsi, con più foga, con più desiderio, consci che da un momento all'altro potevano interromperli. Era sempre stato così, in infermeria. Un paziente poteva arrivare all'improvviso, oppure quel figlio di Ares ricoverato poteva risvegliarsi dall'eccessiva dose di sonnifero e dare i numeri.

Le mani di Leo aprirono il camice bianco e Will si sentì sollevare il maglione fino al petto. Abbozzò un sorriso contro le sue labbra, sentendo le dita toccargli gli addominali e poi giù, fino ai pantaloni. Li sentì abbassarsi e gemette quando la mano del figlio di Efesto gli si infilarono nei boxer.

«Mh, è il piercing?» domandò Leo, contro le sue labbra.

«Ovvio.»

«Non pensavo...»

«Dubitavi di me?»

Leo non rispose. Non dubitava di lui, ma Will, come ogni volta, lo aveva sorpreso. Quello stupido gioco sulla spiaggia, non credeva che qualcuno lo avrebbe preso seriamente. Voleva chiedergli se gli avesse fatto male, se avesse mai pensato di toglierlo, ma pensò che non fosse il caso, aggrappato a lui in quel modo, con la sua erezione nella mano. La mosse lentamente, sentendo il biondo gemere contro la sua bocca.

Will lasciò che i pantaloni e i boxer gli scivolassero lungo i fianchi, scalciando per un attimo per liberarsi di loro. Non riusciva a pensare ad altro che al ragazzo di origini messicane stretto a lui, spinto contro il muro.

Tenendolo ben saldo, Will lo portò nel letto, che ormai non usava praticamente più. Gli sbottonò i jeans, tirandoli via, sulla scrivania. Incontrò di nuovo le sue labbra e lo baciò, captando la sua urgenza. Quasi gli strappò i boxer di dosso e lo toccò, sentendolo gemere e ansimare il suo nome.

Leo socchiuse gli occhi nel sentire le dita di Will farsi strada dentro di lui e cercò di rilassarsi, sebbene non vedesse l'ora di averlo dentro di lui. Non desiderava altro da quel bacio improvviso del mattino. Santi dei, sembrava passata una vita, da allora.

«Will...» mugugnò Leo e Will sfilò le dita, sollevandogli i fianchi. Lo baciò per un attimo prima di penetrarlo, lasciandosi scappare un gemito nel sentire il suo calore.

Leo digrignò i denti per un secondo, prima di sospirare di piacere. Ecco cosa gli era mancato negli ultimi due anni della sua vita: il calore di Will, il suo corpo, il modo in cui si muoveva dentro di lui. Gli passò le braccia attorno al collo, avvicinandolo a sé per riprendere a baciarlo, muovendo i fianchi con lui, gemendo nella sua bocca. Gli graffiò la schiena, pensando distrattamente che Will avesse fatto bene a tenere il camice.

Fecero l'amore con lentezza, sebbene il pericolo di venire interrotti. Erano entrambi concentrati sull'altro, sul dargli piacere, sul vivere quel momento che aspettavano da troppo tempo. Non pensarono ad altro, solo alle loro labbra, ai loro corpi, ai loro gemiti che cercavano disperatamente di soffocare nella bocca dell'amante.

 

Will recuperò i vestiti di Leo e glieli lanciò, sentendo un «Grazie» bofonchiato in risposta. Infilò i propri boxer e pantaloni, lanciando occhiate alla porta, sperando che quel momento passasse senza che nessuno dovesse dire una parola. Ma era impossibile.

Si voltò verso Leo, che aveva appena sollevato il dolorante bacino per infilarsi i boxer. Guardò i suoi capelli spettinati, le guance arrossate, il petto che ancora si sollevava velocemente. Incrociò il suo sguardo e Leo si morse il labbro.

«Sei già vestito.» notò il figlio di Efesto, inarcando un sopracciglio.

Will si strinse nelle spalle. «Fosse per me, ti stringerei sul letto, in questo momento.»

Leo lo fissò. «E perché non lo fai?»

Will abbozzò un sorriso. «Perché sono al lavoro.»

«Oh, giusto. Questo è contato come straordinario?»

«È contato come straordinario solo perché è stato straordinario

Leo arrossì, infilandosi i jeans e allacciandoli. Si sentiva stordito, su di giri. Gli tremavano le ginocchia, il cuore gli galoppava nel petto e nonostante il dolore fisico che provava, avrebbe volentieri lasciato a Will la possibilità di un secondo round.

Ripresero a guardarsi, non sapendo bene cos'altro aggiungere. C'erano tante cose di cui parlare, di cui discutere, e non solo quel momento di sesso selvaggio che c'era appena stato tra loro. Will si passò le dita tra i capelli, sperando di riuscire a sistemarli almeno un po'.

«Lo so.» disse Leo, fraintendendo il suo gesto. «So che... che dovremmo parlare, ma... voglio solo che tu ora ti siedi vicino a me.»

Will annuì appena, obbedendo alle sue parole. Si sedette sul letto, e Leo si mise a cavalcioni su di lui, prendendogli il volto tra le mani. Nessuno dei due fiatò, guardandosi negli occhi, i loro cuori che battevano all'unisono. Si baciarono con calma, senza più quell'urgenza che li aveva avviluppati solo mezz'ora prima. Non avevano più bisogno di toccare l'altro come se ne andasse delle loro vite.

Leo pensò che, forse, dopotutto, un secondo round potevano anche farlo, ma non ebbe il tempo di formulare il pensiero ad alta voce che udì una voce femminile provenire dall'infermeria. Si irrigidì e si allontanò di scatto.

«È Cal?» domandò Leo, sentendo per un attimo la testa girare. Si spostò dalle gambe di Will, a disagio.

«Non credo.» Will si alzò in piedi e si sistemò il camice, avvicinandosi alla porta. «Penso sia una paziente.»

«Okay. Credo sia meglio che io me ne vada.»

Will gli lanciò un'occhiata. «D'accordo. Vuoi, ehm...»

«Passare dalla finestra? Sì.»

Leo si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra. La aprì e si voltò, sperando che Will si fosse avvicinato nel frattempo. Ma era ancora in piedi vicino alla porta, gli occhi fissi su di lui.

«Io... vado.» borbottò Leo, uscendo dalla finestra. Nello stesso momento, vide Will uscire dalla porta della stanza.

Leo sperò che nessuno lo avesse visto uscire dalla finestra di Will. Si guardò attorno, ma la totale assenza di luce su quel lato dell'infermeria lo tranquillizzò. Se lui non vedeva niente, era improbabile che qualcuno vedesse lui. Posò la mano sana sul muro e si fece strada con esso, pensando a Calipso. Si era forse preoccupata, non vedendolo tornare subito? Lo stava aspettando? E cosa le avrebbe detto, una volta tornato a casa?

Il figlio di Efesto si fermò, appoggiandosi al muro. Tutto ciò a cui non aveva pensato mentre si trovava fra le braccia di Will, ora faceva capolino nella sua mente. Calipso, il tradimento, le litigate che ne sarebbero seguite... Non aveva forse lasciato Calipso perché lo aveva tradito? Non l'aveva lasciata a sé stessa, trasferendosi al Campo Mezzosangue con il figlio, perché lei era stata con un altro? Ora aveva fatto la stessa cosa. Ma non era andato a letto con una ragazza qualsiasi, bensì con Will Solace, il suo ex. Colui che lo aveva fatto soffrire e fatto tornare dall'ex amore della sua vita.

Pensò a James. Avrebbe deluso il figlio, dicendogli ciò che aveva fatto? James non vedeva l'ora di vedere i suoi genitori sposati, inseparabili. Ora... dopo quanto accaduto...

Leo inspirò profondamente. Perché doveva rovinare quella serata con quei pensieri? Fino a pochi minuti prima, prima che quella voce di donna risvegliasse i suoi pensieri sulla futura moglie, si era trovato bene, fra le forti braccia di Will. Il suo profumo lo invadeva, un po' come il calore del suo corpo. Riusciva ancora a sentirlo dentro di sé, con il respiro sul suo collo, le labbra calde sulle sue, la sua lingua che lo accarezzava...

Leo si tirò uno schiaffo e strabuzzò gli occhi per il dolore alla mano. Fissò il palmo, il taglio ancora aperto ma non più sanguinante, e avvampò. Era proprio un idiota.

 

Will si avvicinò alla figlia di Ares e le medicò la ferita alla testa. La sentì borbottare di un colpo a sorpresa alle spalle da uno dei suoi fratelli, ma non le chiese altro. Doveva immaginarsi che, sebbene fosse tardi, i figli di Ares continuassero a picchiarsi pure in casa, quando dovevano solo riposarsi e dormire e non preoccuparsi degli attacchi improvvisi dei propri fratelli.

Le diede due punti, rispondendo di tanto in tanto ai borbottii della giovane, che non lo ascoltava. I suoi pensieri erano da tutt'altra parte. Si domandò se Leo fosse già arrivato a casa. Gli dispiacque che se ne fosse andato. Se non avessero avuto altri impegni, altre persone da cui tornare, forse avrebbero potuto passare la notte insieme, a coccolarsi, a guardarsi dormire, oppure...

«Ehm, c'è qualcuno?»

Will quasi lasciò cadere il disinfettante mentre alzava lo sguardo verso la porta. Leo Valdez era lì, con i vestiti tutti sgualciti e i capelli arruffati. Sembrava essersi appena svegliato. Oppure, come Will sapeva, sembrava aver appena avuto un momento di passione.

«Sono qui.» gracchiò Will, tossicchiando. «Hai, ehm, bisogno?»

Leo alzò la mano ferita, arrossendo. «Mi sono tagliato.» borbottò.

Will gli fissò la mano per un attimo, poi tornò a concentrarsi sulla scorbutica figlia di Ares che, a braccia conserte, fissava il suo dottore in attesa che la rimandasse a casa.

«Qui ho finito.» disse Will, togliendosi i guanti. «Fai attenzioni ai colpi alle spalle.»

«Mh-mh.» annuì la ragazza, scrollando le spalle. «Patrick come sta?»

«Sta dormendo.» disse Will, sperando che dormisse ancora per davvero. «Domattina, se starà bene, potrò dimetterlo.»

«D'accordo. Grazie, doc.»

Will le sorrise e la guardò mentre usciva dall'infermeria, scalciando il fazzoletto che Leo aveva fatto cadere e ignorando del tutto Leo Valdez. Il figlio di Efesto rimase a fissare l'infermeria in silenzio, e Will gli fece cenno di sedersi di fronte a lui. Infilò un altro paio di guanti e guardò Leo, cercando di non pensare a quando, poco prima, era mezzo nudo di fronte a lui.

«Cosa ti sei fatto?» domandò Will, prendendogli la mano con delicatezza, osservando il taglio. Il sangue non usciva più.

«Mi sono tagliato con un coltello, a casa.»

Will si affrettò a pulire la ferita e a disinfettarla, maledicendosi per non averci pensato prima. Nonostante la passione, era pur sempre un dottore. Doveva occuparsi prima della sua ferita, poi di portarlo a letto.

Leo lo guardò lavorare in silenzio, notando quanto avesse le mani ferme. Lui non sarebbe riuscito ad avere tutta quella compostezza se Will si fosse presentato in fucina e avessero fatto sesso. Ma era ben diverso dal figlio di Apollo che aveva fatto del suo lavoro tutta la sua vita.

«Sei bravo.» disse.

Will alzò un sopracciglio, continuando ad occuparsi della ferita. «Pensavo che questo lo avessimo già appurato.»

«Insomma, sei bravo nel tuo lavoro.» borbottò Leo. «E, be'...»

Will trattenne un sorrisetto e posò il disinfettante, prendendo una garza e lanciandogli un'occhiata. Leo si sentì stringere lo stomaco nel ricambiare il suo sguardo.

«Sai, se non te lo ricordassi, sono un medico.» disse Will, osservando la garza per un attimo e scrollando le spalle, preferendo il nettare. «Ho anni di esperienza alle spalle.»

«Me lo ricordo bene.» annuì Leo. «Come so che il tuo lavoro è importante, più di chi ti circonda.»

Will si fermò un attimo prima di versare il nettare sul palmo del figlio di Efesto. Tenne lo sguardo puntato sulla ferita, pensando alla loro relazione passata. E pensò a Bryan, al modo in cui lo aveva guardato quando gli aveva detto di dover lavorare, quella notte.

«Forse è vero.» disse Will, calmo, versando qualche goccia di nettare sul taglio. «Il mio lavoro è importante, ma non più di chi mi circonda.»

«Mh...»

«Non mi pare ti dispiacesse tanto, quando ho salvato Cal dalla tossicodipendenza.» mormorò il figlio di Apollo.

«No, infatti, te ne sono grato. Ma mi hai sempre fatto capire quanto il lavoro fosse più importante di me.»

Will sollevò lo sguardo su Leo. «Non voglio litigare con te.» sbuffò.

«Come al solito.»

«Leo, non so se te ne sei accorto, ma il mio lavoro è quello di salvare le persone, non costruire giocattoli esplosivi.»

«Vuoi dirmi che il mio lavoro è inutile?!»

«Non dico questo, solo che non sono paragonabili.»

«Io non ho detto una sola parola sul mio lavoro.»

«Però dici che il mio è importante, quando mi ricordo piuttosto bene quanto il tuo lo fosse per te. Soprattutto i giochi scemi che facevi con i tuoi fratelli.»

Will bendò la mano dell'altro, che stava cercando di trattenersi dal mettersi ad urlare.

«Domani sarai guarito. E ho finito, puoi andartene.» disse Will, duro, alzandosi in piedi e buttando via i guanti. Leo osservò la benda sulla mano, stringendo le dita per un momento, poi sollevò lo sguardo.

«Will...» mormorò Leo, non sapendo cosa dire. Non voleva offenderlo, non voleva nemmeno litigare con lui. Ma ormai era tardi. Will era piuttosto suscettibile, riguardo il suo lavoro. E nel ricordare quanto fosse pronto ad abbandonare il letto per arrivare al lavoro.

«Leo, davvero, è ora di andare.» Will lanciò un'occhiata all'orologio. «Non vorrai mica che tua moglie si insospettisca.»

«Non è mia moglie.» scattò Leo, alzandosi in piedi.

«Non lo è ancora.» mormorò Will, guardandolo negli occhi. «Ma lo sarà presto, no?»

Leo non rispose, non sapendo bene cosa dire. Abbassò lo sguardo, cercando di non pensare troppo a Calipso o a quello che era successo poco prima con il figlio del dio del sole. Quando sollevò lo sguardo, Will se n'era andato.

   
 
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