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Autore: FreddyOllow    04/03/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Stai attenta" disse Nick. "C'è un Licker in questo corridoio."
Rita annuì, aprì un poco la porta e sbirciò dalla fessura. "Non vedo nessuno. Sicuro che sia ancora qui?"
"Come faccio a saperlo? Sei tu quella vicino alla porta."
"Forse era uno dei due Licker che hai ucciso prima."
Lui le si avvicinò. "Sarebbe troppo bello per essere vero. Spostati. Fammi passare."
"Sì, ma non spingere!"
"Prima di raggiungere la Hall, dobbiamo passare a prendere una bambina."
Rita corrugò la fronte. "Una bambina?"
"Sì, una bambina."
Uscirono dalla stanza delle prove e raggiunsero la porta dello sgabuzzino. Nick ci bussò tre volte, girò la maniglia e sbirciò all'interno. "Sono Nick. Puoi uscire."
Nessuna risposta.
"Sherry, sono Nick. Non avere paura. Vieni qui."
Niente.
La recluta si accigliò, turbato. Entrò e svoltò lo scaffale dove aveva visto nascondersi la bambina. Non c'era nessuno. Sentì una fitta allo stomaco.
"Che succede?" chiese Rita.
"La b-bambina..." balbettò. "È s-sparita..."
Rita restò interdetta. Non sapeva bene cosa dire. "Sicuro che era qui?"
"Certo che sono sicuro. Le ho detto di aspettarmi qui. Era dietro questo scaffale."
"Forse qualcosa l'ha spaventata ed è fuggita."
Nick pensò al Licker, ma sulla porta non c'erano segni di violenza. Tutto lo sgabuzzino era come lo aveva lasciato.
Rita chiuse piano la porta.
"Che fai?" domandò lui, confuso.
Rita si portò un dito sulla labbra.
Nick le si avvicinò piano. "Devo ucciderlo, se vogliamo arrivare alla hall" sussurrò.
Lei scosse la testa.
"Devo farlo."
"Ce ne sono tre. Stai zitto."
Lui sbarrò gli occhi.



 

Pete si versò due dita di scotch nell'ufficio di Marvin e annusò il liquore. "Quanto mi mancava questo odore." Fece un sorso. "Tu sì che sei un vero intenditore in fatto di liquori."
Marvin abbozzò un sorriso, seduto sulla sedia d'ufficio. Aveva gli occhi gonfi dal sonno e cercava di tenerli aperti.
"Ne vuoi un po'?"
"No, grazie."
Pete si sedette sul divano. "Non hai una bella cera."
"Nessuno ce l'ha."
"Dovresti riposarti."
"Non posso. Devo occuparmi dei superstiti e..."
"Posso occuparmene io. Non è un problema. E poi ci sono anche gli altri agenti."
"Ho già avuto questa discussione con Elliot."
"E?"
"Ha detto più o meno le tue stesse parole."
Pete fece un altro sorso. "Siamo in maggioranza. Vinciamo noi, tenente."
Marvin sorrise. "Tenente?"
"Ogni tanto mi ricordo il tuo grado" disse Pete in tono scherzoso.
Lui scosse la testa con un sorriso.
"Ora però riposati. Sei conciato peggio di uno zombie. E quelli sono conciati davvero male" sorrise.
"Va bene, ma solo dieci minuti."
Pete tracannò l'ultimo sorso di scotch, posò il bicchiere sul tavolino e si alzò in piedi. "Ok, solo dieci minuti, tenente" disse in tono beffardo.
Appena Marvin si sdraiò sul divano, sprofondò nel sonno e cominciò a russare.
Pete gli lanciò un'ultima occhiata e spense la luce dell'ufficio con un mezzo sorriso.



 

"Non possiamo restare qui per sempre" mormorò Nick.
"E cosa vorresti fare?" sussurrò Rita. "Ucciderli tutti? È impossibile. Ti faranno a pezzi ancor prima che tu possa fare un passo."
Nick ci aveva già pensato. Non poteva gestirne tre, sarebbe stato un suicidio. Allora cosa fare? Non voleva restare chiuso nello sgabuzzino fino a quando i Licker fossero andati via. E se anche si fossero allontanati, li avrebbe rivisti nel corridoio. Doveva affrontarli per forza.
"A cosa pensi?" chiese Rita.
"Che se non facciamo qualcosa, non ritorneremo mai nell'atrio."
"Possiamo passare per il primo piano e scendere dalla scala a pioli della balconata interna della hall."
"Il primo piano è sicuro?"
Lei alzò le spalle.
"Allora è meglio non rischiare" sussurrò Nick. "Non voglio ritrovarmi circondato dai non-morti."
"Gli zombie possiamo gestirli, ma quelle cose là fuori no."
"Ma non sappiamo quanti sono."
"Vuoi tornare dagli altri? Allora è l'unica strada possibile."
"C'è il cortile. Possiamo passare da lì e bussare all'ingresso."
"Ti sei dimenticato dei Licker sul tetto? È troppo pericoloso. Meglio di no."
Nick restò in silenzio per un po'. "Allora passeremo per il primo piano. Ma prima dobbiamo trovare un'arma per te."
"C'è un'ascia antincendio negli uffici est. Prenderò quella, se non troviamo niente."
Nick annuì e aprì un poco la porta. Un Licker se ne stava immobile sul soffitto. Gocce di sangue gli scivolavano lungo la muscolatura esposta e cadevano in una pozzanghera sul pavimento.
"Cosa vedi?" mormorò Rita.
Lui alzò un dito per indicarle un Licker. Alzò la pistola.
Lei gli posò una mano sull'avambraccio e scosse la testa.
Nick abbassò l'arma e richiuse la porta.
"Volevi sparare per davvero?" chiese la donna.
"No."
"Allora perché hai alzato la pistola?"
"Così, prendevo la mira."
Rita aggrottò la fronte con fare confuso.



 

Pete e Megan erano alla reception insieme agli altri sopravvissuti, che parlavano fra di loro. Due agenti erano piazzati davanti alla porta dell'ala est. Elliot guardava dalla grande finestra gli zombie accalcati davanti al cancello.
"Ti trovi bene?" chiese Pete alla fidanzata.
Lei annuì. "Sono simpatici."
Lui non la vide troppa convinta. "Sei sicura?"
"Preferirei essere da un'altra parte, al sicuro."
"Presto lo saremo."
"Ho parlato con alcuni di loro. Sembra che Marvin abbia rinchiuso due uomini. Un poliziotto e un sopravvissuto."
Pete si accigliò, confuso. "Chi?"
"Chung e un certo Jim."
Lui si rilassò. "Non ne sono poi tanto sorpreso. Entrambi sono due piantagrane."
"La gente non parla bene di Marvin. Molti vogliono andarsene."
"Andare dove?"
Un uomo passò accanto a loro e lo guardò torvo.
Pete prese Megan per un braccio e la portò in disparte dagli altri. "Questa gente è spaventata. Molto di loro, se non tutti, non sanno cosa sta succedendo là fuori. Se facessero quello che vogliono, morirebbero tutti. Hanno bisogno di un tipo come Marvin. Uno che sa sempre cosa fare."
Megan non parlò subito. "Questo non vuol dire che abbia sempre ragione."
"Non ho detto questo, ma lui sa cosa è meglio per tutti noi. Fidati di lui."
"Pete!" disse Elliot, alle sue spalle.
Si voltò. "Sì?"
"Posso parlarti?"
"Certo." Si girò verso Megan. "Torno subito."
Proseguirono nella hall e si fermarono davanti alla finestra.
"Marvin ti ha parlato del suo piano di fuga?" chiese Elliot.
"Sì, vuole far passare Rita nel condotto d'areazione e farla uscire dal retro per chiedere aiuto."
"Ti sembra un buon piano?"
"No, ma cos'altro possiamo fare?"
"Ci sono le fogne."
Pete non rispose subito. "Non mi sembra una buona idea. Marvin dice che Nick ha visto un alligatore gigante là sotto."
Elliot lo guardò, incredulo. "Un alligatore gigante?"
"Già, proprio così."
"Non vorrai credergli? Magari avrà visto qualcos'altro."
"Tipo?"
"Non saprei."
"Marvin sembra credergli" disse Pete.
"Ma non è detto che sia così" rispose Elliot.
Restarono in silenzio per un momento.
"Quindi che vuoi fare?" chiese Pete.
"Niente."
"Allora perché me ne hai parlato?"
"Volevo sapere la tua opinione."
"C'è qualcun altro che la pensa come te?"
Elliot lo guardò. "I sopravvissuti."



 

Nick aprì un poco la porta e spiò nel corridoio avvolto nella penombra. "È andato via."
"Controlla bene" rispose Rita. "Può essere dietro il muro."
Lui uscì un poco la testa e spaziò lo sguardo sulle pareti e sul soffitto. "È sicuro."
Uscirono dallo sgabuzzino ed entrarono nella stanza delle prove, passando accanto al corpo di Pam. Rita le lanciò uno sguardo, affranta, poi seguì Nick nel corridoio.
Quando arrivarono alle scale, lui si fermò a guardarla. "Stammi alle spalle, ok?"
"È quello che sto già facendo" rispose lei, un poco irritata.
Salirono i gradini e si fermarono sul pianerottolo, cercando di guardare oltre l'ultima rampa di scale.
"Sembra che non ci sia nessuno" disse Nick.
"Qualcuno dev'esserci per forza. Stiamo attenti!"
La recluta salì gli ultimi gradini e passò lo sguardo nel corridoio. Fori di proiettili bucherellavano le pareti imbrattate di sangue. Sul pavimento, altro sangue, quadri, bossoli e una scrivania usata come barricata.
"Le cose qui devono essere andate peggio che di sotto" sussurrò Nick.
"Sono stati i Licker" mormorò Rita. "Sono piombati dalle finestre e hanno ucciso la maggior parte degli agenti che si trovavano qui. Non hanno avuto nemmeno il tempo di difendersi."
"Immagino sia pieno di zombie, ora."
"Probabile."
"E dove sono?"
Lei fece spallucce.
S'incamminarono lungo il corridoio e lanciarono sguardi nelle camere laterali, le finestre distrutte. Sedie, scrivanie e schedari ribaltati sul pavimento insanguinato.
Nick si fermò di colpo.
Rita sbatté la fronte contro la sua spalla. "Nick, maledizione! Stai attento. Perché ti sei fermato?"
Lui fissava una piccola impronta di scarpa insanguinata.
Lei la guardo. "Che c'è?"
"Sherry... La bambina..." disse la recluta in un flebile sussurro.
Rita abbassò gli occhi e gli posò una mano sulla spalla. "Mi dispiace..."
"Non è detto che sia morta."
Lei non rispose.
"Forse è ancora viva."
"Lo spero" aggiunse lei poco convinta.
Lui se ne accorse. "È viva. Ora muoviamoci."



 

Pete e Elliot s'incamminarono lungo i corridoi dell'ala ovest e raggiunsero la scala che scendeva nelle fogne.
"La porta è quella" disse Elliot. "Il canale ci porterà fuori dalla città."
Pete non rispose subito. "Continuo a pensare che non sia una buona idea."
"Per questo ti ho portato qui. Gli daremo solo un'occhiata."
"Non so... Non mi sembra sicuro scendere là sotto. Potrebbe esserci qualsiasi cosa."
Elliot sbuffò, divertito. "Cosa vuoi che ci sia? Solo melma maleodorante. Solo questo."
Pete si fece serio e aggrottò le sopracciglia. "Prima parliamone con Marvin. Voglio sapere cosa ne pensa."
"Lui ci darebbe il via libera" mentì Elliot. "Sarebbe d'accordo noi."
"Non credo."
Elliot gli diede un colpetto sul braccio. "Dai, daremo solo un'occhiata. Cosa vuoi che sia?"
Pete abbassò gli occhi, pensieroso. Poi li spostò sulla stanza, senza guardare nulla di preciso. Non sapeva cosa fare. Era combattuto. Da una parte voleva dare un'occhiata, dall'altra voleva restarsene nella hall con Megan.
"Andiamo?" chiese Elliot con un mezzo sorriso.
Pete sospirò. "Andiamo."
Scesero i gradini e varcarono la porta di ferro. Il tanfo di fogna li fece tossire fin da subito e si coprirono il naso con una mano.
"Morirò soffocato qua sotto" disse Pete.
Elliot si limitò a ridacchiare.
Proseguirono lungo un corridoio illuminato da neon appesi alle pareti, svoltarono l'angolo e seguirono un corto corridoio che li condusse davanti a una porta.
Elliot girò la maniglia. Entrarono.
Pete si piegò in avanti, lo stomaco in subbuglio. "Cazzo che puzza! Qua ci vuole una maschera antigas."
"Dai, siamo arrivati. Il canale è quello."
Lui alzò lo sguardo e si avvicinò. "È pieno di merda e altra roba schifosa."
"Di certo non siamo alla SPA."
"Io non ci cammino là dentro."
"C'è una pedana, vieni."
Ci camminarono sopra, tenendosi un poco lontani dalla parete vischiosa e verdognola. L'ambiente si faceva ombrato con qualche sporadica luce accesa appesa al soffitto. Dall'altra parte della pedana, la melma colava copiosa dai tubi di scarico.
Pete evitò di guardare per non vomitare. "Come fai a sopportare questo tanfo?"
"Ho lavorato nelle fogne, ricordi?"
"Ah, sì, giusto. Me ne ero dimenticato."
"Lavoro di merda in tutti i sensi. Ogni volta che tornavo a casa, puzzavo ancora di merda. E fidati, mi lavavo bene nelle docce. Usavo quintali di bagno schiuma e shampoo. Alcune volte sento ancora il tanfo."
Continuarono a camminare per un paio di minuti, finché udirono un rumore davanti a loro.
Elliot si fermò. "Cos'è stato?"
"Cosa?"
"Non hai sentito?"
Pete aggrottò la fronte turbato e fissò la parete oscura che aveva davanti.
"Torniamo indietro" disse Pete.
"Aspetta. Può essere un topo."
"Un topo?"
"Sì, un topo. Ce ne sono un sacco qua fuori. Sai quanti ne ho visti quando lavoravo quaggiù? Centinaia. Dico sul serio. Una volta il condotto fognario era così pieno di topi che uscivano persino dai cessi."
Pete sbuffò, divertito. "Ma dai, non dire stronzate."
"Dico sul serio. Il sindaco ha messo a tacere la stampa o qualcosa del genere."
"Sì, come no."
Elliot gli lanciò uno sguardo, risentito. Quando si voltò, un'inquietante creatura sgambettava lungo la parete vischiosa. Aveva il corpo ricoperto da una fine peluria simile a quello di un ragno e sei lunghe zampe che finivano con un unico artiglio affilato. La faccia grottesca, le fauci affilati, gli occhi nero pece.
Pete sbarrò gli occhi, inorridito. "Cosa cazzo è quello cosa?"
La creatura zampettò così rapidamente lungo la parete, che arrivò sopra la testa di Elliot e gliela bloccò con gli artigli. Lui si dimenò per liberarsi, ma la creatura gli piantò la viscida lingua nella bocca e gli vomitò nella gola. Poi scattò all'indietro e scomparve nell'oscurità a una velocità impressionante.
Pete era rimasto scioccato. Era successo tutto così in fretta, che gli era sembrato un'allucinazione.
Elliot barcollò all'indietro per un momento, poi si mantenne in equilibrio. "Quella... quella cosa... quella cosa mi ha vomitato nella gola!" Si piegò in avanti, dolorante. "Il mio stomaco... Mi fa male..."



 

Nick e Rita entrarono nell'ufficio di fronte.
"Non vuoi mica metterti a cercare la ragazzina?" chiese Rita, perplessa.
"È una bambina, non una ragazzina" rispose Nick, irritato. "E ho intenzione di ritrovarla."
L'ambiente era cosparso di sangue rappreso e bossoli. Un cadavere era disteso su una scrivania, le viscere di fuori. Un altro era seduto di schiena contro la parete e stringeva una pistola nella mano sinistra.
"Prendi quella pistola" disse Nick. "Controlla se è carica."
Rita raggiunse il cadavere, afferrò l'arma e tolse il caricatore. "Ci sono solo tre colpi."
"Vorrà dire che recupereremo i proiettili dalle altre armi che troveremo in giro."
"Non è meglio prenderle tutte? Gli agenti nell'hall non sono tutti armati."
"Quindi?"
"Prendiamo un borsone e mettiamo dentro le armi. Potrebbero servirci."
"Ok, tu cerca in giro. Io vado nella prossima stanza." Uscì nel corridoio e guardò in entrambe le direzioni per un po'. Sentiva diversi gemiti, ma non sapeva da dove arrivassero.
S'incamminò nel corridoio e sbirciò nella stanza successiva. Era una saletta comune. Un tavolino rotondo giaceva sul pavimento accanto a un corpo, la testa ridotta in una poltiglia. Poco più avanti, un poliziotto senza un braccio e una gamba stringeva sul petto un fucile a pompa. La maggior parte del pavimento e delle pareti erano imbrattate di sangue rappreso e fori di proiettili.
Nick si diresse nella camera successiva e si fermò sotto la soglia. Era l'ufficio del tenente Trevis Chester. Le grandi vetrate interne erano frantumate e le veneziane giacevano sul pavimento. Il tenente Chester era seduto sulla sua sedia d'ufficio, la parte superiore della testa spappolata.
"Trovato qualcosa?" chiese Rita.
La recluta trasalì e si voltò. "Cazzo, non comparire così all'improvviso."
"E come dovrei comparire? Ti avviso con una lettera? Un fax, magari?"
"Non sapevo fossi spiritosa."
"Lo prendo come un complimento."
Lui serrò gli occhi per un momento. "C'è una pistola sul tavolo e un'altra nella saletta assieme a un fucile a pompa."
"Perché non le hai raccolte tu?"
"Toccava a te."
Rita incrociò le braccia con disappunto. "Era un ordine, per caso? Tu non puoi darmi ordini. Sono un agente e tu soltanto una recluta."
Nick sbuffò, esasperato. "Pensala come vuoi. Vado a recuperare le armi."
Rita aggrottò le sopracciglia, irritata.



 

Pete condusse Elliot fuori dalle fogne. Salirono le scale della centrale e si diressero verso la hall.
"Te l'avevo detto" disse Pete. "Non dovevamo scendere là sotto, ma tu volevi fare di testa tua, come al solito. Dovevi per forza darci un'occhiata. Beh, cazzo, spero che ti sia di lezione."
"Non rompere il cazzo! Anche tu ci sei venuto" disse Elliot pallido in viso, gli occhi arrossati e cerchiati. Tossì.
Quando arrivarono nell'atrio, tutti si voltarono verso di loro, spaventati. Alcuni si tapparono il naso, altri vennero percorsi da conati di vomito. La puzza di fogna ammorbò velocemente l'aria. I tredici sopravvissuti si avvicinarono loro, incuriositi.
Kevin li raggiunse insieme a due agenti. "Cos'ha?"
Pete lo guardò, stordito. Non sapeva come spiegarlo. "È stato attaccato da... da qualcosa..."
"Qualcosa?"
"Una specie di ragno gigante."
Kevin si accigliò, confuso. "Un ragno?"
"Cazzo, ma non sai dire altro..?" chiese Elliot con un violento colpo di tosse.
Megan squadrò Pete da capo a piede, preoccupata. "Tu stai bene?"
"Sì, sto bene."
Elliot si piegò in avanti. "Il mio stomaco, cazzo... Qualcosa si muove..."
"Dagli le foglie, Pete" disse la fidanzata.
Pete se ne era dimenticato. Come aveva fatto a dimenticarsene? Pescò il fazzoletto dalla tasca, prese un po' di foglie e le avvicinò alle labbra di Elliot.
Tutti lo guardavano, perplessi.
"Cosa vuoi fare?" domandò Kevin.
"Curarlo!"
"Curarlo?"
"Giuro che se non la smetti di ripetere le..." Elliot tossì con violenza e fece schizzare via le foglie dalla mano di Pete, che le raccolse velocemente e glieli ficcò in bocca.
Kevin si accigliò, confuso.
Elliot li mando giù. "Sicuro che..." Piegò il busto in avanti e vomitò una sostanza verdognola sul pavimento. Una decina di ragnetti zampettarono rapidamente via dalla bile.
I superstiti gridarono, compresa Megan, che si nascose dietro le spalle del fidanzato.
Kevin, Pete e due agenti schiacciarono le piccole creaturine.
Kevin si chinò a osservarli. "Non sembrano insetti. Sembrano..."
"Non lo sono" disse Elliot, delirante. "Sono mutanti, mostri! Uno di loro mi ha messo la lingua in bocca e mi ha vomitato in gola, cazzo! Non sono insetti! Non lo sono!"
"Rilassati" aggiunse Pete.
"Rilassarmi? Quella fottuta cosa mi ha vomitato in bocca! Forse..." Sbiancò in viso. "Forse ora sono infetto..."
I sopravvissuti si allontanarono da lui come se avesse la peste nera. Kevin scambiò uno sguardo con i due agenti vicini.
"Non lo sei" disse Megan. "Le foglie che ti ha dato Pete eliminano il parassita. Avevi delle larve all'interno. Quelle cose là." Puntò il dito verso i ragnetti. "Ora sei pulito."
"Come lo sai? Come fai a esserne sicura?" chiese Elliot, preoccupato.
"Me lo ha detto Jill. È stata lei a darci queste foglie sminuzzate. E tu la conosci, giusto?"
Lui annuì lievemente.
Kevin abbozzò un sorriso e fantasticò pensieri sconci su Jill, che non se l'era mai filato.
"Che hai da sorridere?" domandò Pete, perplesso.
Kevin fece finta di niente. "Così, mi andava di sorridere."
Pete lo guardò strano.



 

Rita ritornò da Nick con un borsone pieno di armi. Alla fine aveva deciso che toccava a lei occuparsi del recupero armi. La recluta pensava che si fosse mossa per i sensi di colpa, ma non ne era sicuro.
"Ho trovato nove pistole e due fucili a pompa" disse lei.
Lui annuì. "Ottimo. Ora proseguiamo."
"Vuoi ancora cercare la bambina?"
"Si chiama Sherry. E sì, voglio cercarla."
S'incamminarono nel corridoio e si fermarono all'incrocio a T.
Nick lanciò uno sguardo in entrambe le direzioni. "Credo che la balconata..."
Una decina di zombie sbucarono nel corridoio di sinistra e barcollarono verso di loro.
"Andiamo!" disse Nick.
Corsero nel corridoio di destra e si fermarono davanti alla porta.
Rita girò la maniglia. "È chiusa!"
Nick si voltò. "Come chiusa? Chi è l'idiota che chiude una porta in una centrale di polizia?"
I non-morti si avvicinavano.
"Spostati!" disse Nick. Colpì la porta con un calcio frontale. Niente. Poi la colpì altre tre volte e quella si aprì un poco. "Hanno messo qualcosa di pesante dall'altra parte."
Rita posò il borsone a terra. "Dobbiamo spararli. Non abbiamo altra scelta."
"Non possiamo. Attireremo i Licker."
"Allora fatti sbranare dagli zombie, accomodati."
Nick aggrottò la fronte irritato e puntò la pistola contro i non-morti. Non voleva farlo. Sapeva che era una brutta idea. I Licker avrebbero sentito gli spari e si sarebbero lanciati tutti lì.
Rita sparò.
Uno zombie crollò all'indietro, facendone cadere alcuni. Nick sussultò e premette il grilletto.
Un altro non-morto cadde in avanti. Gli zombie che seguivano inciamparono sui corpi e rovinarono a terra.
I due spararono in testa ai non-morti che strisciavano sulle mani, poi a quelli rimasti indietro.
Nick abbassò l'arma. "Mi fischiano le orecchie..."
Rita parlò, ma lui non la sentiva e gli indicò le orecchie. Lei annuì, chiuse il borsone e se lo mise a tracolla dietro la spalla.
Il ronzio cominciò a scemare.
I due passarono sopra i cadaveri e s'incamminarono nel corridoio da cui erano spuntati gli zombie. Quando vi arrivarono vicini, un Licker apparve dietro la finestra infranta in fondo al corridoio.
Nick puntò rapidamente la pistola, ma Rita gli posò una mano sul polso e scosse la testa.
Mentre restavano appiccicati al muro, la creatura zampettò all'interno, la lunga lingua che si muoveva come un serpente. Si fermò sul soffitto e scattò la testa per captare i suoni.
Nick lanciò uno sguardo a Rita, che si limitò a guardarlo impassibile. Non capiva perché non glielo avesse fatto uccidere. Lo aveva sul mirino. Un colpo e il cervello sarebbe schizzato via.
La creatura si mosse verso gli zombie e posò la lingua sul cranio di un non-morto. Poi la ritirò disgustato e restò fermo.
Rita strinse l'avambraccio di Nick e gli fece segno con la testa di muoversi. I due entrarono nella stanza delle conferenze. Tavoli e sedie ribaltati sul pavimento cosparso di sangue e bossoli, le pareti forate, le finestre infrante.
Il busto di un poliziotto schiacciato sotto un distributore di bibite.
"Quello è Jordan..." disse Nick.
Rita gli tappò la bocca con una mano e si portò un dito sulle labbra, rimproverandolo con gli occhi.
Il Licker zampettò velocemente nella stanza e agitò la lingua. Mentre la creatura scendeva lungo la parete e si avvicinava al distributore di bibite, Nick e Rita indietreggiarono verso il muro, stando attenti a non calpestare i bossoli. Il Licker posò la lingua sul Jordan ed emise un gemito eccitato. Poi sradicò il distributore contro la parete con una zampata, gli cinse il corpo con la lunga lingua e se lo trascinò dietro.
Nick lo guardava, inorridito. Conosceva Jordan. Era stato il primo poliziotto che gli aveva rivolto la parola da quando aveva preso servizio nella polizia di Raccoon City. Era sempre stato disponibile con gli altri, sempre con la battuta pronta. Il suo corpo non meritava quella fine.
La creatura se lo portò fuori dalla finestra e sparì dietro il muro.
"Forza, andiamo" disse Rita.



 

Il sole tramontava nel cielo dipinto di rosso arancio. Kevin era nel cortile, dietro una fila di siepi. Era sgattaiolato fuori senza farsi vedere da nessuno. Aveva bisogno di starsene un po' per conto suo e ormai si stava abituando all'assordante gemito degli zombie. Mentre camminava lungo il vialetto, scorse un Licker uscire da una finestra del primo piano dell'ala est. Si trascinava dietro un corpo avvolto con lingua. Sparì sul tetto.
Lui aggrottò la fronte, pensieroso. "Spero che quel cadavere non sia Nick..." Continuò a camminare per un po' e si fermò dietro un alberello. Centinaia di non-morti bloccavano la porta di ferro all'angolo del muro perimetrale che dava sulla strada. "Ne arrivano sempre di più..."
Tornò indietro e osservò gli zombie dietro il cancello, le braccia protese fra le sbarre. Poi percepì un movimento alle sue spalle. Si voltò di scatto, la pistola puntata in avanti.
"Ehi, non puntarmi quella cazzo di pistola addosso" disse Johnson.
Kevin abbassò l'arma, turbato. "Sei vivo."
"È una domanda o un affermazione?"
"Dov'eri finito?"
"Un po' qui, un po' là. Non importa. Mi serve il tuo aiuto."
Kevin si accigliò, confuso. "Il mio aiuto? Per cosa?"
Johnson gli posò una mano sulla spalla. "Te lo spiego strada facendo. Andiamo."
"Aspetta, non posso. Prima devo avvisare Marvin e..."
"Tranquillo, lui capirà. Dopotutto, sono un suo superiore. Andiamo."
Mentre seguivano il vialetto che correva lungo l'ala ovest, Kevin si domandò perché Johnson avesse scelto di rimanere da solo. Nella hall sarebbe stato al sicuro. "Cosa devo fare?"
Johnson sorrise. "Solo una piccola cosa. Non è difficile. In poche parole, non dovresti fare niente."
"In che senso?"
"Lo capirai quando ci arriveremo."
Quando Kevin si voltò, Johnson lo colpì alla nuca con il calcio della pistola. Crollò a terra.
"Visto? Non dovevi fare niente" disse con un sorriso sinistro. "Ora devi solo morire. Nulla di complicato." Si avviò al cancello fischiettando un motivetto allegro e guardò le facce scarnificate degli zombie con un sorriso. "Buonasera, signori." I gemiti si fecero più intesi come se gli rispondessero. Girò la chiave nella toppa, s'inchinò e aprì un poco il cancello. "La cena è servita, signori. Offre la casa." Si allontanò fischiettando verso la fila di siepi.
Il cancello si spalancò e sbatté con violenza contro un lampione, frantumandone il vetro della luce. Centinaia di zombie barcollarono verso Kevin.
Johnson sollevò un angolo della bocca. "Una cena coi fiocchi."

   
 
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