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Autore: FreddyOllow    06/03/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Marvin si svegliò di colpo con il fiatone e la fronte sudata. Si guardò intorno. Solo buio. Fissò la luce che arrivava da sotto la fessura della porta. "Per quanto tempo ho dormito..?" Si portò due dita sulla fronte. Non scottava più. Si alzò e aprì la porta. Socchiuse gli occhi infastidito dalla luce e s'incamminò lungo l'ufficio.
Quando arrivò sulla balconata interna della hall, appoggiò le mani sul parapetto e guardò giù. I tredici sopravvissuti erano vicini alla reception e bofonchiavano tra loro. I due agenti di guardia alla porta dell'ala est lo salutarono con una alzata di mano. Lui ricambiò.
Pete si avvicinò alla grande finestra dell'entrata e s'immobilizzò per un istante. Poi corse alla porta, la pistola in pugno. "Gli zombie hanno superato il cancello! Dobbiamo respingerli!"
Il tenente sbarrò gli occhi, incredulo.
Tutti gli agenti corsero dietro a Pete, che aprì il portone. "Cazzo, quello è Kevin!" urlò, precipitandosi all'esterno. "Che cazzo ci fa Kevin qui fuori?"
Marvin scese rapidamente le scale e corse all'entrata. Mentre due agenti trascinavano dentro Kevin, Pete e quattro poliziotti spararono in testa agli zombie.
"Arretrate!" gridò Marvin sotto la soglia. "Sono troppi! Arretrate, cazzo!"
Pete coprì loro le spalle ed entrò per ultimo. Marvin chiuse la porta a chiave.
Gli zombie ci sbatterono sopra e la martellarono di pugni.
"Ho finito le pallottole" disse Pete ai poliziotti. "Voi come state messi?"
"Pure io" rispose il primo.
"Solo quattro" aggiunse il secondo.
"Ho un altro caricatore" disse il terzo.
Pete sospirò. "Se quelle cose entrano, siamo finiti. Dobbiamo fare scorta."
Marvin diede un'occhiata alle finestre e ci batté due dita. "Vetri antiproiettile..." si disse. "Il sogno mi ha fatto dubitare che fosse normale vetro... Almeno da qui non entreranno." Fissò le facce cadaveriche dall'altra parte, le mani ossute che battevano sul vetro. "Se solo tutte le finestre ne fossero state dotate..." Si voltò.
I sopravvissuti e gli agenti attorniavano Kevin, steso sul pavimento ai piedi della statua. Marvin li raggiunse.
"Non vedo segni di morso" disse Pete.
"Ma ha del sangue dietro la testa" rispose un sopravvissuto.
Pete gli girò il capo. "Qualcuno l'ha colpito alla testa."
"Gli zombie?"
"Ti pare che uno zombie si metta a colpire la gente, per poi allontanarsi allegramente?"
"Là fuori è pieno di zombie. Può essere stato chiunque di loro."
"Ma lo capisci che gli zombie ti mangiano?"
Il sopravvissuto si accigliò irritato e si allontanò.
"Lascialo stare" disse Marvin. "Non si è mai imbattuto in un non-morto."
Pete notò solo adesso la presenza del tenente. Sorrise. "Dormito bene?"
"Kevin come sta?"
"Se la caverà."
"Perché era fuori? È vietato uscire."
"Non chiederlo a me. Non so niente."
Il tenente si voltò verso Elliot. Aggrottò la fronte e si avvicinò. "Stai male?"
Elliot deviò il suo sguardo. Aveva il viso pallido e una mano sullo stomaco. "È una lunga storia, tenente, ma sto bene."
"Hai combinato qualcosa?"
"No, niente. È una cosa passeggera."
Marvin annusò l'aria. "Cos'è questo odore di..."
Elliot mostrò disinteresse. "Io non sento niente, tenente."
Quello lo squadrò da capo a piede. "Hai le scarpe sporche. Dove sei stato?"
"Da nessuna parte. Sono rimasto sempre qui. Voglio dire, ho controllato anche l'ala ovest."
Marvin annusò nuovamente l'aria. "È puzza di fogna. Ecco cos'è questo odore."
"Io non sento..."
"Smettila di mentirmi" disse il tenente in tono autoritario. "Esigo una spiegazione. Ora!"
Elliot impallidì ancora di più. "Tenente.... Io... Voglio che sappia che era solo... Ecco io..."
"Parla!"
"Io e Pete siamo scesi nelle fogne."
Marvin lanciò uno sguardo fulmineo a Pete, chino su Kevin.
"Volevamo solo..." balbettò Elliot. "Ecco, volevamo dare un'occhiata. Solo questo."
"Non dirmi che vuoi ancora fuggire passando dalle fogne?"
"No, no, niente affatto. Non più."
"Non più?"
Elliot si maledisse per aver aggiunto quell'ultima frase.
"Rispondi!"
"Io... Volevo essere d'aiuto."
"Hai disubbidito a un mio ordine, mentito a un tuo superiore e ora volevi pure fuggire?"
"Non... non è quello che volevo fare. Volevo solo... ecco, volevo solo trovare una via di fuga e allontanarmi dalla città. Ovviamente avrei... avrei portato anche gli altri con me."
Pete li raggiunse. "Che succede? Qualcosa non va?"
Marvin lo fulminò con lo sguardo. "Succede che voi due avete disubbidito a un mio ordine e siete scesi nelle fogne. E ho la netta sensazione che sia successo qualcosa di brutto là sotto."
"Io non ci volevo andare" disse Pete, guardando torvo Elliot, che deviò lo sguardo.
"Ma sei sceso lo stesso" disse Marvin. "Anche tu hai questo cattivo odore addosso. Ora spiegatemi cosa è successo!"
"Siamo stati attaccati da una specie di... di ragno. Per essere precisi, Elliot è stato attaccato."
Il tenente lanciò uno sguardo a Elliot, poi tornò a guardare Pete. "E?"
"Quella cosa gli ha infilato una strana lingua in bocca e gli ha vomitato giù per la gola."
Marvin aggrottò la fronte, sorpreso. "Ed è sopravvissuto? Come... come è possibile?"
Pete pescò dalla tasca un fazzoletto e gli mostrò le foglie tagliuzzate. "Ti ricordi di queste? Te ne ho parlato ore fa, ricordi?"
Lui annuì.
"Sono utili contro morsi e parassiti. Quella cosa gli aveva piantato dei parassiti nello stomaco, ma adesso è pulito. È fuori pericolo."
Marvin non capiva come delle semplici foglie sminuzzate potessero essere così utili.
Pete si rimise il fazzoletto in tasca. "Ti chiedo scusa per il mio comportamento, tenente, ma le fogne erano una possibilità che non potevamo escludere per un eventuale fuga."
Marvin si limitò a guardarli con aria di rimprovero.
Elliot lo guardò. "Sì, tenente, ti chiedo..."
"Stai zitto, Edward Elliot! Sono sicuro che sei tu l'artefice di tutto questo."
Quello abbassò lo sguardo.



 

Nick e Rita seguirono un corto corridoio, svoltarono l'angolo e si pietrificarono. Due Licker erano appesi al soffitto. Uno scattò la testa verso di loro, inclinandolo un poco.
I due si nascosero dietro l'angolo del muro.
"Ci ha sentiti?" chiese Nick.
"No, spero di no" rispose Rita, incerta. "Forse era impegnato a sentire qualcos'altro."
"Tipo?"
Lei alzò le spalle.
"Hai detto che hanno l'udito fine, giusto?" domandò Nick. "Allora perché non ci hanno sentiti arrivare?"
"Guardami, ti sembro un Licker? Non sono nella loro testa."
Nick non rispose subito. "Uccidiamoli. Abbiamo le armi. Io prendo quello di destra, tu quello di sinistra."
"No, non faremo niente" mormorò lei. "Prima siamo stati fortunati. Abbiamo beccato un solo Licker, con tutti i colpi che abbiamo sparato. E siamo stati fortunati, se non ne sono arrivati altri. Non tentiamo di nuovo la sorte."
"Forse ce ne sono pochi" sussurrò lui. "Per questo ce n'era solo solo uno, non credi?"
Lei lo guardò negli occhi. "Tu non hai visto cosa c'è sul tetto. Ci sono più di venti Licker là sopra. Se li avresti visti, non parleresti così."
Nick abbassò lo sguardo sconfortato per un momento. Poi lo rialzò. "Creiamo un diversivo?"
"Buttiamo un sassolino e quelli ci corrono dietro come cani? Te li immagini così stupidi? Beh, ho una brutta notizia per te, non lo sono. Ho visto agenti farlo e sono morti. Quel sassolino che vuoi buttare non fa altro che drizzare loro le orecchie. Diventano più sensibili ai suoni. Ormai dovresti averlo capito. Vuoi proprio farti ammazzare, eh? Come sei sopravvissuto fino adesso?"
Nick restò in silenzio. Si sentiva uno stupido. Tutte le volte che aveva incontrato i Licker, era rimasto fermo o aveva indietreggiato piano. Lei aveva ragione. Se si fosse mosso mentre quelle cose erano vigili, lo avrebbero notato e fatto a pezzi. Forse doveva ringraziare davvero la buona sorte.
"Uno è uscito dalla finestra" sussurrò Rita, che sbirciava dall'angolo.
Nick ci guardò. "L'altro sembra immobile."
"Già... e non mi piace per niente."
"Che vuoi dire?"
"Ho la sensazione che sa che siamo qui. Ho già visto alcuni Licker comportarsi in questa maniera e non è mai finita bene. Forse sta ascoltando persino le nostre voci, ma non è sicuro da dove arrivano."
Nick serrò gli occhi, preoccupato. "E se l'altro è andato a chiedere rinforzi?"
Rita si lasciò scappare una risatina, incredula.
Il Licker scattò la testa verso di loro e la lunga lingua bavosa gli penzolò dalla bocca, sfiorando il pavimento polveroso e insanguinato.
"Che cosa c'era da ridere?" chiese Nick.
Quando Rita si voltò verso di lui, un Licker si muoveva lentamente lungo il soffitto.
Sbarrò gli occhi. La seconda creatura che era andata via, li aveva sentiti e aveva fatto il giro dell'edificio, entrando dalla finestra alle loro spalle. Alzò la pistola, spaventata. "Dietro di te!"
Nick si girò. La creatura gli schioccò la lunga lingua contro il casco, che gli volò via dalla testa e cadde ai piedi di una panca.
La recluta crollò a terra, stordito, la vista sgranata, sdoppiata.
Rita sparò.
Il proiettile centrò la scapola destra del Licker, che balzò sul pavimento e ruggì, dolorante. L'altra creatura sbucò dall'angolo e afferrò il piede di Nick con lingua, trascinandolo verso di sé. Lui ci sferrò delle accettate, che andarono a vuoto. Aveva ancora lo sguardo offuscato e sdoppiato.
Rita si voltò verso la seconda creatura, ma istintivamente si girò di nuovo e deviò il colpo di lingua della prima creatura.
Sparò.
Sangue e cervella schizzarono il pavimento e la parete.
Il secondo Licker affondò i denti aguzzi nel braccio di Nick, che lasciò cadere l'accetta e lanciò un urlo di dolore. La creatura indietreggiò infastidita e gli squarciò il giubbotto antiproiettile con una rapida artigliata.
Rita si girò e gli sparò in testa. Il Licker crollò accanto all'uomo.
Lei si precipitò dalla recluta e guardò prima il giubbotto antiproiettile squarciato, poi i rivoli di sangue che sgorgavano dall'avambraccio. "Oh, no, no, no." Tappò la ferita con le mani. "Va tutto bene, Nick. Non è niente. Hai solo un graffio sul braccio. Niente di serio."
La recluta le sorrise. "Di' a Kate che l'amo... E Marvin... Digli che mi dispiace... Lui contava su di me e l'ho deluso."
Rita si accigliò, decisa. "Lo dirai tu stesso." Si guardò attorno, poi posò lo sguardo su di lui. "Riesci a tapparti la ferita da solo?"
Lui annuì e si portò una mano sull'avambraccio ferito.
Lei si alzò, lo prese da sotto le braccia e lo trascinò con fatica verso il bagno. Aprì la porta e si chiuse dentro, appoggiando Nick contro il muro. "Tieni premuto." Si alzò e aprì il cassetto dei medicinali. Prese garza, forbici e disinfettante e si chinò su di lui.
"Sono infetto" disse Nick. "Sprechi solo tempo. Vai da Marvin, dagli altri... Sei quasi arrivata. Non pensare a me."
Rita non lo ascoltò. "Questo farà male. Cerca di non gridare." Prese le forbici e tagliò i pezzi di tessuto appiccicati alla carne insanguinata.
Lui smorzò un grido e svenne.



 

"Questo è il decimo sparo che sento" disse Pete. "Non mi piace per niente."
"Credi sia Nick?" chiese Megan.
"Non lo so, ma chi altri può essere? Sono tutti morti nell'ala est, o sbaglio?"
Erano seduti insieme a Kate nella saletta comune dell'ala ovest a bere un caffè. Marvin era poco distante e camminava avanti e indietro. "Forse l'ho mandato in una missione suicida..."
Kate teneva gli occhi fissi sul bicchierino di caffè fumante.
"Se la caverà, vedrete" aggiunse Pete. "Forse ha dovuto sparare per liberarsi la strada. Forse è già vicino. Nick è un tipo che se la sa cavare. E poi, tenente, ha una mira da fare invidia. L'hai visto giù al poligono? Centra tutti i bersagli. Dovremmo inserirlo nel torneo di tiro a piattello della polizia regionale, appena sarà diventato agente. T'immagini le facce degli altri quando lo vedranno colpire in successione dieci piatti con dieci colpi?"
Marvin non era per niente rassicurato da quelle parole. Aveva il sospetto che fosse accaduto qualcosa di brutto.
"Siediti, Marv" disse Pete. "Prenditi una tazza di caffè."
Lui gli lanciò uno sguardo afflitto e lasciò la stanza.
Restarono in silenzio per un lungo momento.
Kate fece un sorso di caffè. "Io e Nick stiamo insieme" disse in un sussurro.
I fidanzati si scambiarono un'occhiata, perplessa.
"Sapevo che gli piacevo" continuò lei con gli occhi umidi. "Lo notavo dalle piccole cose. Ma lui non ha mai avuto il coraggio di fare la prima mossa. Così mi sono fatta avanti io. Ed è stata la miglior scelta che abbia mai fatto." Abbozzò un sorriso, felice. "Stiamo insieme da poche ore, eppure lo amo come se ci avessi passato insieme una vita intera." Fece una pausa. "Non so nemmeno perché ve lo sto dicendo." Si asciugò le lacrime.
Megan aveva gli occhi lucidi dall'emozione. Le strinse una mano. "È davvero bello quello che hai detto. Sono felice per voi. In tutto questo inferno, qualcuno ha trovato l'amore. Lo trovo così romantico."
Lei abbozzò un timido sorriso.



 

Marvin scese nel blocco delle celle sotterranee e si fermò davanti alla porta. Era indeciso. Voleva liberare Chung e Jim, ma temeva che Jim potesse portare dalla sua tutti i sopravvissuti. Se ci fosse riuscito, li avrebbe condotti a morte certa. Non poteva permetterglielo. Gli altri non sapevano quanto fosse pericoloso là fuori. Erano rimasti per tutto il tempo chiusi nella centrale e non conoscevano la drammatica situazione delle strade di Raccoon City. Non sarebbero sopravvissuti.
Tornò indietro, ma si fermò subito dopo, combattuto. Non poteva scegliere per loro. Non era giusto, ma doveva occuparsi di loro. Si era deciso. Ritornò davanti alla porta e girò la maniglia.
Chung e Jim lo guardarono in piedi dietro le sbarre. Ben era sdraiato sulla branda, la porta della cella socchiusa.
Chung scattò in piedi e corse da Marvin, aggrappandosi alle sbarre. "Tenente, la prego. Ho capito la lezione. Non infastidirò più nessuno, lo giuro."
"Leccaculo!" disse Jim con un sorrisetto sulla labbra.
Chung si sforzò di ignorarlo.
"Leccaculo! Sei un leccaculo" lo burlò Jim. "Tenente, la prego. Mi liberi. Ti leccherò il culo!"
Chung diventò paonazzo dal viso, ma non si scompose.
Marvin aprì la sua cella e lo fece uscire.
Jim restò di sasso per un momento. Poi scattò verso la porta della cella. "Ehi, a me non mi liberi? Liberi quello stronzo leccaculo e non me? Ehi! Parlo con te, stronzo! Fammi uscire da qui, cazzo!" Tirò una violenta manata sulle sbarre. "Fammi uscire, o giuro che ti spacco la testa! Te la sfracello, stronzo!"
Marvin lo ignorò. Raggiunse la cella di Ben e sospinse un poco la porta.
Bertolucci se ne stava sdraiato sulla branda, gli occhi coperti nell'incavo interno del braccio.
"L'offerta è sempre valida, Bertolucci" disse Marvin. "Puoi uscire quando vuoi, ma non chiudere la porta o rimarrai chiuso dentro."
"Quale offerta?" chiese Jim, confuso. "Ehi, fammi anche a me un'offerta. Sì, fammela anche a me, cazzo. Mi piacciono le offerte. Sono bravo ad accettarle. Fammi un'offerta e io l'accetterò. Dai, dai, dai. Fammi un'offerta, cazzo! Fammela!" Sferrò un calcio frontale sulle sbarre. "Stronzo di uno sbirro! Ti ammazzerò appena uscirò da qui! Hai capito? Te la rompo quella testa di cazzo!" 
Chung gli lanciò un sorriso, compiaciuto.
Jim tirò una manata sulle sbarre. "Ehi, ciucciacazzi stronzo figlio di puttana! Te lo tolgo quel sorrisetto del cazzo dalla faccia! Te lo tolgo, cazzo!" Sferrò un calcio sulle sbarre.
Marvin gettò un'occhiataccia a Chung, che abbassò gli occhi, sottomesso.
"Smettila di gridare" disse Ben, mettendosi a sedere sulla branda. "C'è gente che cerca di dormire, qui."
Jim si lanciò contro le sbarre e ci sferrò una manata. "Vai a farti fottere tu! Vaffanculo! Hai capito? Vaffanculo!" Allungò una mano per afferrarlo dai capelli.
Ben spostò la testa, si alzò e chiuse la porta della cella. Fissò Marvin. "Sto bene qui. Ho anche un idiota che vuole tagliarmi la gola. Mi sento quasi a casa." Si girò e andò a sdraiarsi sulla branda.
Il tenente lo guardò per un momento, poi lasciò il blocco delle celle, seguito da Chung.
"Ehi, fatemi uscire da qui cazzo!" urlò Jim, scuotendo le sbarre della cella. "Fatemi uscire, porca puttana!"
Ben si portò il cuscino attorno alla testa per non sentire le sua grida e si girò sul fianco che dava sul muro.



 

Rita aprì la porta del bagno e sbirciò fuori. Non c'era nessuno. Si girò e si chinò su Nick, che aveva ripreso i sensi. "Riesci a stare in piedi"
"Non lo so."
"Proviamo." Lo aiutò ad alzarsi. "Ce la fai?"
La recluta posò il braccio sano sul muro. "Sento un sapore metallico in bocca..."
Rita sapeva di cosa si trattava. Aveva già visto qualcuno trasformarsi. Anzi, ne aveva visti tanti. Alcuni si erano trasformati dopo molte ore, altri un minuto dopo. Nick non sembrava avere gli occhi rossi, ma i bordi gli stavano diventando violacei. Non avrebbe retto molto. "Andrà tutto bene" disse. "Troveremo un modo per curarti, o forse sei immune."
Nick la guardò, serio. "Non sono stupido. E non sono nemmeno immune. Diventerò uno di loro... Promettimi che mi ucciderai quando verrà il momento. Non voglio diventare uno di loro, capito? Non voglio."
Rita trattenne le lacrime. "Certo, lo farò. Te lo prometto."
Lui le sorrise. "Grazie."
Rita aprì la porta, lanciò un altro sguardo nel corridoio e si voltò. "Andiamo."
Uscirono dal bagno e passarono accanto ai Licker morti.
"Aspetta" disse Nick. Si chinò, afferrò il casco e se lo mise in testa. Poi raccolse l'accetta e si guardò intorno, confuso. "Non so dov'è la pistola."
"Ce l'hai sulla cintura" rispose Rita.
La recluta se la guardò, turbato. "Ah, sì..."
"Tutto bene?"
Lui annuì.
"Se cominci a dimenticarti le cose, fammelo sapere, ok?"
Nick aggrottò le sopracciglia, turbato. "Dimenticare le cose?"
Lei lo guardò per un po'. "È meglio andare. Siamo vicini all'atrio."
Proseguirono nel corridoio e varcarono la porta aperta. Due cadaveri giacevano vicino alle scrivanie raggruppate al centro della stanza. Fogli, penne, matite, cornici e sedie erano sparsi sul pavimento tappezzato da sangue e bossoli. Le finestre infrante, i muri forati dai proiettili. Ormai si stavano abituando al solito tetro paesaggio.
Rita si fece dare l'accetta e si avvicinò ai corpi, seguita dalla recluta. Quando furono vicino ai cadaveri, quelli alzarono i busti con dei gemiti e allungarono le mani verso di loro. La donna piantò l'accetta nel cranio del primo zombie, ma il secondo le afferrò una caviglia.
Nick gli schiacciò ripetutamente la testa con la pianta dello stivale, poi indietreggiò spaesato e crollò a terra.
Rita si precipitò su di lui. "Nick! Nick!"
Lui si mise seduto. "Sto bene... Sono scivolato..."
La donna non gli credette. Sapeva che aveva perso l'equilibrio. "Va bene. Grazie per avermi dato una mano." Lo aiutò ad alzarsi.
S'incamminarono nell'ufficio e uscirono in un corto corridoio, sbarrato da scrivanie, sedie e schedari. Oltre la barricata, una decina di non-morti. Se ne stavano immobili in un silenzio inquietante.
"Ecco perché abbiamo incontrato pochi zombie" mormorò Nick.
Rita aguzzò la vista oltre le teste putride dei non-morti. "Ce ne sono altri in quella stanza di fronte. Credo siano una cinquantina in tutto, ma potrebbero essercene degli altri nascosti dietro la parete o nelle stanze successive."
Nick restò interdetto. "Sarà impossibile ucciderli tutti."
"Te l'avevo detto che c'erano molti zombie al primo piano. Andiamo da questa parte."
"Ma dovremmo scendere di nuovo giù."
"lo so. Spero solo che i due Licker che ho ucciso siano quelli del pianterreno. Se sono loro, dovremmo ucciderne solo un altro e arriveremmo alla hall."
"Non abbiamo ancora trovato Sherry."
Rita girò la maniglia. "E non la troveremo più. Non sappiamo dove sia finita o se sia ancora..."
"È viva" disse Nick in tono deciso. "È qui da qualche parte."
"Siamo passati quasi per tutto il primo piano e non l'abbiamo trovata" rispose la donna. "Forse è fuggita fuori dalla centrale o si è nascosta da qualche altra parte. Ti ricordo che un tempo questo edificio era un museo. Magari si è infilata in qualche passaggio segreto o nei condotti d'areazione in disuso."
"E se fosse dietro a quella barricata?"
Rita piantò le mani sui fianchi con disappunto. "Ci sono degli zombie, non li vedi? Come avrebbe fatto a passare senza farsi sbranare? È diventata invisibile? Repellente agli zombie?""
Nick non rispose.
La donna lo guardò per un po'. Forse aveva esagerato. "Magari è andata da questa parte." Indicò la porta alle sue spalle con un cenno della testa. "Avrebbe più senso, no? Forza, andiamo" disse, cercando di smuoverlo dall'idea che Sherry fosse oltre quell'ammasso di non-morti.



 

Pete si avvicinò a Elliot, che fissava torvo gli zombie dietro la grande finestra della hall. "Come stai?"
"Una merda" rispose lui. "Come vuoi che sto? Ho lo stomaco in subbuglio e sto andando a diarrea."
"È una cosa positiva, no?"
"Ti sembro un medico? Che cazzo ne so se è positivo."
"Certo che sei diventato proprio una testa di cazzo."
"Sei qui per rompermi le palle o c'è altro?"
"Volevo sapere come stavi, tutto qui."
"Ottimo. Sto bene. Grazie dell'interesse, ora puoi andare."
Pete lo guardò per un momento. "Te la sei cercata, quindi non incolpare me. Sei tu quello che ha insistito per scendere là sotto. Io nemmeno ci voleva andare."
Elliot gli lanciò un'occhiataccia. "Ok."
Pete scacciò l'aria con una mano. "'Fanculo. Lasciamo stare." Si allontanò e raggiunse Marvin seduto ai piedi della statua. "Hai liberato Chung. E Jim, invece?"
Il tenente sollevò lo sguardo. "Causerebbe solo problemi. Sta bene dove sta."
Pete si sedette accanto. "Bertolucci non si è ancora deciso a uscire?"
"Gli ho lasciato la porta aperta, ma si è chiuso di nuovo dentro la cella. Se vuole restarci, che ci resti pure. Ho altri problemi a cui pensare."
"Parli di Nick?"
"È uno dei problemi, ma quello che mi preoccupa di più è questo." Puntò il dito verso il portone d'ingresso. "Potrebbe cedere da un momento all'altro e non abbiamo abbastanza armi e proiettili per respingerli tutti. Spero che Nick abbia recuperato qualcosa strada facendo. Irons ha pensato proprio a tutto per metterci in ginocchio, quel figlio di puttana... Se solo avessimo le armi."
Restarono in silenzio per un po'.
"Credi che Kevin abbia aperto il cancello?" chiese Pete.
Il tenente aggrottò le sopracciglia, turbato. "No, non credo. Non avrebbe senso. Forse è stato qualcun altro, o forse il cancello ha ceduto sotto la pressione degli zombie."
"Sì, probabile."
"Kevin come sta?"
"Bene, ma non si è ancora svegliato. Ha ricevuto una brutta botta in testa."
Pete lo guardò, serio. "Credi sia stato Johnson o Irons?"
"Hai detto che hai visto Johnson, giusto? È più probabile che sia stato lui. Credo che Irons abbia lasciato la città."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Non lo so. Tutto questo schifo è opera dell'Umbrella. Non mi sorprenderebbe se lo avessero avvisato e fosse fuggito prima che la città andasse in malora. Ma spero sia morto quel bastardo."
Pete non rispose subito. "Jill mi ha detto che l'esercito ha creato un cordone difensivo attorno alla città. Niente e nessuno esce o entra senza permesso."
"Cosa?" disse Marvin, sconvolto. "Perché circondare la città? Perché non intervenire? Avrebbero i mezzi necessari per spazzare via gli zombie. Forse incontrerebbero qualche problema con i Licker e gli altri mostri, ma riuscirebbero a portare la situazione sotto controllo. E poi ci sono altre persone là fuori. Persone vive, che aspettano aiuti. Non possono abbandonarli così. Non possono."
Pete si pentì di averglielo detto. Sapeva come Marvin scattava male quando si trattava di aiutare la gente indifesa. Si addossava tutto il peso della situazione e ne faceva una crociata, un fatto personale. "Non possiamo fare niente per loro" disse piano. "Siamo bloccati qui, circondati da centinaia di non-morti. Magari sono al sicuro lì dove sono."
"Forse posso mandare Rita" rispose il tenente, pensieroso. "Quando lei sarà qui, le dirò di portare con sé i sopravvissuti che incontrerà."
"No, è una follia. Là fuori è pieno di pericoli. E la gente non lascerà i propri rifugi tanto facilmente. E chi lo farà, potrebbe morire per strada. Rita dovrà pensare prima a sé stessa."
Marvin piegò il busto in avanti e abbassò lo sguardo sul pavimento, la mani incrociate fra le labbra e il mento "Mi chiedo perché l'esercito non stia facendo niente..."
"Me lo chiedo anch'io" rispose Pete, pensieroso.
D'un tratto il portone d'ingresso si spalancò e sbatté con violenza contro la parete. Il frastuono di innumerevoli gemiti invase la hall. Gli zombie erano entrati.

   
 
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