Cap. 14: Where is your halo now?
Your hopes are the hopes of the foolish
Your dreams are the dreams of the past
The history teaches you nothing
And that you have, it won't last
Where is your halo
Where is your dignity
Tell me how low can you go
No one can scrape off the rust from your crown
Where is your halo now?
(“Halo” – The Dark Element)
Ivar trovò Aethelred
nella tenda che condividevano, ma il giovane non si voltò nemmeno a guardarlo,
sembrava veramente deluso e addolorato e questa volta il Vichingo capì di
averla combinata davvero grossa! In quel momento, davanti al suo compagno che
evidentemente soffriva molto per quella situazione, Ivar sentì che non c’era
paragone tra le due cose e che stare con Aethelred era molto più importante che
diventare famoso come Ragnar Lothbrok… chissà, però, se esisteva un modo per
ottenere entrambe le cose?
Si sedette accanto a
Aethelred, avvicinandosi a lui il più possibile, e iniziò a parlargli.
“Ci risiamo, eh?
Quando le cose non ti vanno bene tu prendi e te ne vai invece di chiedere
spiegazioni.”
Il Sassone si voltò e
lo fissò duramente.
“Che spiegazioni
dovrei chiederti?” fece, brusco. “Sei stato già fin troppo chiaro. Quello che
ti interessa veramente è diventare il Vichingo più famoso al mondo, il terrore
dei cristiani, e cosa importa se per ottenerlo ci saranno delle persone
innocenti che moriranno? Sono donne e bambini che non ti hanno fatto niente,
certo, ma sono cristiani e quindi sono sacrificabili, non è così? Che stupido
sono, credevo davvero che tu fossi cambiato…”
Ivar trasecolò alle
parole severe del compagno.
“Ma che dici? Sei tu
che sei cambiato, Aethelred!” esclamò. “Da quando siamo in Wessex non sei più
lo stesso, ti preoccupi soltanto dei Sassoni, di tuo fratello, come se avessi
dimenticato quanto sei stato male qui e quanto, invece, sei stato accolto con
affetto dai Vichinghi e da tutta Kattegat! Io non so più nemmeno se t’importa
qualcosa di me o se, invece, preferiresti tornare a vivere a corte…”
“Ah, adesso sarebbe
colpa mia, quindi?” s’inalbero Aethelred. “Sei tu quello che vuole massacrare
persone innocenti e inermi per diventare famoso! Non mi avevi detto che non
avevi più ambizioni, che non ti interessava diventare Re, che era stata Freydis
a condizionarti? Adesso invece vuoi distruggere il Regno di mio fratello e…”
Lo sguardo di Ivar si
era fatto malinconico e fu questo, più di ogni altra cosa, a disarmare la
rabbia di Aethelred.
“Lo vedi che sei
cambiato?” disse in tono amaro. “Sei diverso dal giorno in cui siamo arrivati
in Wessex. A Kattegat eri tu quello che mi difendeva sempre, che cercava il
buono in me, invece ora mi accusi di qualcosa che non ho mai detto. Io non
voglio distruggere il Regno di Alfred e tanto meno voglio diventare Re del
Wessex o dei Norreni o di qualsiasi altra cosa! Io ho elaborato un piano per
combattere contro l’esercito dei Sassoni perché tuo fratello, o la Regina per
quanto ne so, mi vuole morto e vuole anche eliminare tutti i Vichinghi che si
sono stabiliti nelle colonie, a meno che non si convertano al Cristianesimo. È
per questo che voglio, che devo
fermarli! Se poi, grazie alle mie imprese, diventerò anche famoso e temuto
com’era mio padre, tanto meglio… ma non è quello il mio scopo ultimo. Pensavo
che tu potessi capirlo, ma sembra che non parliamo più neanche la stessa
lingua, ormai…”
Aethelred chinò il
capo, rendendosi conto che, in un certo senso, Ivar aveva ragione. Lui aveva
fatto di tutto per staccarsi dai ricordi di un Paese che non lo aveva mai amato
o fatto sentire importante e, da quando era giunto a Kattegat, aveva iniziato a
sentirsi davvero a casa, anche nei
primi tempi, quando doveva tenere testa a tutte le follie di Hvitserk… Perché
adesso si comportava così? Perché si era sentito tradito quando Ivar aveva
voluto tornare a combattere in Wessex? Certo, Aethelred non poteva sopportare
di veder massacrare donne e bambini indifesi, ma la stessa cosa l’avevano fatta
i soldati Sassoni nei villaggi dei Norreni, su ordine di Alfred o forse di
Elsewith. Ivar voleva proteggere la sua gente, poteva forse dargli torto?
Allungò un braccio e
gli prese una mano.
“Ivar, mi dispiace,
io non voglio che tu ti senta così con me” disse, a bassa voce. “Ho sempre
cercato di capirti, di andare oltre le apparenze, oltre quello che gli altri
pensavano di te, e vorrei farlo ancora, ma qui… è vero, qui mi sento troppo
coinvolto perché questo, nonostante tutto, è il mio popolo e io non posso
dimenticarlo. Non voglio che persone innocenti vengano uccise, ma non voglio
nemmeno che i Sassoni facciano del male a te o che distruggano i villaggi dei
Norreni. Quando sono partito per Kattegat la situazione era perfetta, Sassoni e
Vichinghi vivevano fianco a fianco, si rispettavano e si aiutavano e
accettavano credenze e tradizioni diverse. Era stato proprio Alfred a creare
questo miracolo e adesso non capisco… non capisco perché non possa essere più
così!”
Ivar aveva già
dimenticato la discussione di pochi istanti prima e, intenerito, strinse
Aethelred tra le braccia.
“Non lo so. Potrei
dare la colpa a Harald, dire che è stato lui a spezzare l’equilibrio con le sue
razzie… ma, evidentemente, le cose non andavano più bene già da tempo, perché
la reazione dei Sassoni è stata eccessiva e non ha punito Harald e i suoi,
bensì contadini che non facevano male a nessuno” replicò. “Nemmeno io voglio
massacrare donne e bambini, ovviamente i nostri guerrieri si concentreranno sui
soldati e, magari, le persone inermi riusciranno a mettersi al riparo… ma non
tornerò indietro, non rinuncerò al mio piano di attacco. I Sassoni devono
pagare per quello che hanno fatto ai villaggi dei Vichinghi e chissà… magari
sarò proprio io a riportare quell’equilibrio e quella pace che tu avevi ammirato.
Sarebbe la prima volta per me, portare la pace invece del caos, ma sarebbe una
novità interessante, non ti pare?”
Aethelred si sforzò
di sorridere, stringendosi al compagno.
“Io però… io non so
se riuscirò a combattere contro i Sassoni” mormorò.
“E io non te lo
chiederò, Aethelred” promise Ivar.
Un bacio lungo e
disperato unì i due giovani, un abbraccio che cercava di riscaldarli, di
riunirli ancora una volta in una situazione che voleva vederli su opposti
fronti. L’amore avrebbe dovuto essere più forte di tutto il resto, l’amore
avrebbe dovuto sciogliere le rivalità e le guerre come il sole con la neve, ma…
come sarebbe andata a finire stavolta?
La situazione a
Kattegat, intanto, sembrava altrettanto complicata. Orlyg aveva raccontato
tutto a Nissa, la serva di Ingrid sua amica, e insieme avevano deciso che non
avrebbero mai fatto del male alla Regina ma, al contrario, sarebbe stato Erik a
morire.
“Tu non dovrai fare
niente” disse Nissa all’uomo, “non sarà difficile uccidere Erik. Quel
ragazzino, Tiago, esce dalla dimora regale ogni mattina e Erik resta da solo
nella sua stanza. Spesso ordina a qualche serva di andare da lui e la costringe
a fare sesso, ne abusa e la picchia se si rifiuta. Domattina sarò io ad andare
da lui e fingerò di volerci andare a letto e poi… poi gli taglierò la gola con
un pugnale! La nostra Regina Ingrid non dovrà più preoccuparsi di lui.”
“E la Regina Ingrid
mi ricompenserà per aver rivelato i piani di Erik?” domandò Orlyg. “Lui mi
aveva promesso un pezzo di terra, la possibilità di costruirmi una casa tutta
mia…”
Nissa scoppiò a
ridere.
“Erik non ha il
potere di promettere un bel niente, la terra non è sua e non può darla a
nessuno!” ribatté. “Però, visto che ti sei mostrato leale alla Regina, sarà lei
stessa a ricompensarti.”
In realtà Nissa non
poteva assicurare alcuna ricompensa a Orlyg, visto che, comunque, a Kattegat
era Bjorn a regnare e di certo non avrebbe premiato chi avesse ucciso un suo
caro amico e consigliere… ma non era il caso di dirlo in quel momento!
E così la mattina
successiva le cose andarono proprio come aveva detto Nissa: Tiago lasciò Erik da
solo nella sua stanza per andare ancora una volta in cerca dell’oggetto
maledetto da distruggere per restituirgli la vista. Quello che Nissa non
sapeva, però, era che il giovane spagnolo era già a buon punto nella sua
ricerca e che, anzi, nonostante la stanchezza e i malesseri causatigli da
Ingrid era quasi riuscito a localizzare quel manufatto stregato. Quel giorno
non ebbe bisogno di recarsi nuovamente nella piana della battaglia contro i
Rus’ perché riuscì a visualizzare ciò che cercava subito dopo essere uscito
dalla dimora regale… e si diede mentalmente dello sciocco per non averci
pensato subito. Ingrid aveva collocato l’oggetto stregato proprio sotto il suo
letto, nascosto tra coperte e pellicce, dalla parte in cui aveva dormito Erik e
il sortilegio nefasto aveva agito su di lui durante la notte, accecandolo.
Sollevato, Tiago
rientrò prima del previsto. Voleva raccontare subito a Erik quello che aveva
scoperto e dirgli che molto presto si sarebbe impadronito del manufatto.
Chissà, forse quella sera stessa avrebbe potuto restituirgli la vista! Certo
doveva attendere che Ingrid lasciasse la sua stanza, ma poteva approfittare
dell’ora di pranzo o di cena, quando spesso la Regina si recava in Sala Grande
per mangiare con Bjorn e Gunnhild. Non sarebbe stato difficile come temeva e si
sentiva finalmente leggero, liberato dal peso e dalla tensione che lo avevano
tormentato per tanti giorni. Continuava ad avere mal di testa, nausea,
debolezza… ma anche quei malesseri erano alleviati grazie all’entusiasmo di aver
finalmente trovato quello che aveva cercato disperatamente. L’incubo stava per
finire, Erik avrebbe visto di nuovo!
E invece l’incubo se
lo trovò davanti, il povero Tiago, proprio mentre apriva la porta della stanza
di Erik. Si fermò sulla soglia, incredulo di fronte alla scena che gli si
presentava davanti agli occhi: l’uomo era disteso sul letto, nudo, e una delle
serve di Ingrid, una donna dai riccioli rossi, stava sopra di lui in un
atteggiamento che lasciava ben poco all’immaginazione! Il ragazzo entrò nella
stanza, completamente ignorato dai due, e si strofinò gli occhi per essere
sicuro che fosse tutto vero, che non si trattasse di un’allucinazione magari
mandata da Ingrid, legata al suo maleficio… No, non poteva illudersi, Erik era
davvero a letto con quella serva e sembrava spassarsela parecchio, rideva,
cercava di afferrare la donna e di attirarla verso di sé.
“Dai, vieni giù” le
diceva, ma lei continuava a ritrarsi, si muoveva sopra di lui ma evidentemente
non aveva nessuna voglia di ulteriori interazioni. Così Erik le afferrò i
capelli e la strattonò verso di sé, continuando a ridere, come se fosse tutto
uno scherzo per lui. Quando Nissa si scostò ancora una volta, Erik la colpì in
faccia con uno schiaffo e a quel punto la donna interruppe il rapporto,
seccata, e si staccò da lui.
Tiago continuava a
fissare la scena come se fosse ipnotizzato, sentendosi prigioniero di un incubo
terribile dal quale non riusciva ad uscire. Un macigno di dolore gli premeva
nel petto, contro il cuore, e non capiva se soffrisse di più nel vedere che
Erik si comportava nel modo brutale e aggressivo di cui parlava sempre Ingrid o
se invece fosse proprio vederlo con un’altra donna a farlo stare male. Era
dunque quello il vero Erik? Un uomo che nascondeva dietro una facciata di
lealtà e coraggio un carattere violento e prepotente? E per quale motivo lui,
Tiago, doveva essere deluso o, peggio, sentirsi straziare perché quell’uomo
faceva i suoi comodi anche con altre serve, oltre a divertirsi con lui? Non era
forse un servitore tale e quale a loro? Senza sapere neanche lui il perché,
sentì le lacrime pungergli dolorosamente gli occhi… ma poi avvenne qualcosa che
lo spinse a ignorare il suo dolore, a inghiottire le lacrime non versate e ad
agire: Nissa si era staccata da Erik dopo che lui l’aveva schiaffeggiata, ma
non aveva lasciato la stanza, anzi si era diretta verso un cassettone dov’era
appoggiato un pugnale e adesso si stava avvicinando nuovamente all’uomo
brandendo l’arma. Erik, ovviamente, non poteva vederla e continuava a ridere e
a chiamarla.
“Andiamo, schiava,
non te la sarai mica presa? Stavo solo scherzando” diceva Erik, ignaro della
minaccia e piuttosto divertito. “Vieni qui, svelta!”
“Eccomi, sto
arrivando” rispose con un sogghigno Nissa, pronta a tagliargli la gola.
Fu a quel punto che
Tiago intervenne. Nissa non l’aveva visto, non sapeva che lui fosse lì e restò
interdetta quando si sentì afferrare il polso con una mano e allacciare un
braccio alla vita. Allibita, non ebbe neanche il tempo di pensare a una
reazione e lasciò cadere il coltello. Subito Tiago liberò la donna, afferrò il
pugnale e lo puntò verso di lei.
“Non voglio farti del
male, ma lo farò se mi costringi” disse il ragazzo, con voce calma e per questo
tanto più minacciosa. “Perché volevi uccidere Erik? Chi ti manda? La Regina
Ingrid ti ha ordinato di farlo?”
Nissa era ancora più
sorpresa ora che aveva visto che era stato proprio Tiago a fermarla. Tiago,
quel ragazzino che stava sempre appresso a Erik, che si occupava di lui, che lo
accontentava in tutto… ma come? Sarebbe dovuto essere lui il primo a odiarlo e
a desiderarne la morte!
“Nessuno mi ha
ordinato niente. Quest’uomo fa così tutti i giorni quando non ci sei, chiama le
serve della dimora regale fingendo di aver bisogno di aiuto e poi abusa di
loro” rispose la donna, brusca. “Ha fatto così anche con me, mi ha picchiata,
vedi come mi sanguina il labbro? Volevo solo difendermi…”
Intanto Erik, che
ovviamente non vedeva cosa stava accadendo ma sentiva tutto, era molto agitato.
“Che sta succedendo?
Tiago? Cosa ci fai qui?” domandava, ma nessuno badava a lui.
“Non sei in una bella
posizione” ribatté Tiago rivolto alla donna, ancora calmissimo. “Re Bjorn è
molto affezionato a Erik e temo che non condannerebbe le abitudini sessuali del
suo amico. Invece condannerebbe te per averlo ucciso, sei una serva come me, la
tua parola non conterebbe niente contro quella di Erik.”
“E allora cosa dovrei
fare? Lasciare che questo verme schifoso continui a fare i suoi comodi con noi
serve? Ma tu da che parte stai?”
“Cerco di stare dalla
parte di tutti” rispose semplicemente il ragazzo. “Tu e le altre serve non
avete nessun motivo per obbedire ad Erik se vi chiama qui nella sua stanza, non
ci venite e basta, oppure mandate un servitore. In questo modo non vi farà più
del male, visto che non può girare liberamente per il palazzo. Io ti lascio
andare, non voglio denunciarti al Re, ma lo farò se penserò che sei ancora un
pericolo per lui. Possiamo fare un accordo? Tu lasci in pace Erik e io lascerò
in pace te.”
“Erik voleva uccidere
la mia Regina!” rivelò Nissa. “Ha mandato un servo per eliminarla, per fortuna
quel servo è un mio amico e mi ha detto tutto, ma io non posso permettere che
la Regina Ingrid subisca ancora delle minacce.”
Tiago avrebbe voluto
alzare gli occhi al cielo, esasperato. Era mai possibile? Ancora una volta era
stato Erik a commettere una sciocchezza e adesso lui doveva risolvere tutto! La
cosa iniziava a diventare faticosa…
“Nell’accordo è
compresa anche questa promessa: Erik non tenterà più di fare del male alla
Regina Ingrid, te lo posso assicurare, parlerò con Re Bjorn e gli chiederò una
speciale protezione per lei” giurò Tiago. “Ma neanche Erik deve correre più
alcun rischio, sei disposta a promettermelo?”
Nissa era sempre più
sorpresa, ma a quel punto cosa poteva fare? Nonostante tutto aveva fiducia in
Tiago e non voleva rischiare. Si strinse nelle spalle e fece un sorrisetto.
“Va bene, te lo
prometto, abbiamo un accordo” concluse. “Ma, seriamente, Tiago, vuoi davvero
continuare a servire in ogni modo quest’uomo? Non merita niente da te, per lui
tu non sei niente, mentre vai in giro per cercare nuovi rimedi per guarire la
sua cecità lui si porta a letto delle serve… e per lui tu sei come loro. È
davvero questo che vuoi? Essere la sua sgualdrina?”
Tiago restò
impassibile, anche se il cuore gli si trafisse come se Nissa lo avesse colpito
con quel pugnale.
“Io sono fedele e
leale a Erik, non importa se lui non mi considera” replicò. “So di essere solo
un servo, perché mai dovrei pensare di valere più di te o di chiunque altra?”
Nissa era sgomenta,
tuttavia quella era la vita di Tiago, facesse pure quello che voleva.
“Va bene, se è questo
che vuoi” disse. “Allora tra noi siamo a posto così.”
“Siamo a posto così”
ribadì il ragazzo.
Nissa uscì dalla
stanza senza che Tiago le restituisse il pugnale e lei non si azzardò a
chiederlo.
Il confronto più
difficile, però, arrivava adesso.
“Tiago, io… ecco, non
so cosa tu abbia visto, ma non puoi credere a quello che dice quella schiava,
le schiave sono tutte bugiarde” disse in fretta Erik, senza accorgersi che, in
quel modo, peggiorava ulteriormente la sua già precaria posizione. “Quella è
venuta da me fingendo di voler fare sesso e invece voleva uccidermi, l’hai
sentita, no?”
“Ho visto abbastanza,
sì” fu la laconica risposta di Tiago. “È vero che hai mandato un servitore per
uccidere la Regina Ingrid?”
Erik era confuso
dalla freddezza del ragazzo, allungava il braccio sperando di trovarlo e di
poterlo attirare a sé nel letto e intanto spiegava la sua versione dei fatti.
“Sì, è vero” ammise.
“Lo so, è stata un’imprudenza, non mi sarei dovuto fidare di quello schiavo… ma
io l’ho fatto per te, Tiago! Non capisci? Tu sei stato male, in questi giorni,
ed è stata sicuramente Ingrid con qualche suo sortilegio, come ha fatto a me.
Ho pensato che, se fosse morta, anche i suoi incantesimi sarebbero svaniti: io
avrei riavuto la vista e tu saresti stato bene. L’ho fatto solo per questo,
Tiago, te lo giuro!”
Questo, Tiago poteva
anche concederglielo.
“È vero, se Ingrid
morisse i suoi incantesimi svanirebbero con lei, ma io non voglio che muoia, io
non voglio fare del male a nessuno. Sarò io a ridarti la vista, anzi, ero
venuto a dirti che ho finalmente localizzato l’oggetto maledetto e ora mi
basterà distruggerlo per farti vedere di nuovo. Ma tu non dovrai mai più
tentare di fare del male a Ingrid, è chiaro? Lei è comunque la Regina dei
Norreni ed è sotto la protezione di Re Bjorn, tu non devi tentare niente contro
di lei. Mai più.”
Erik poteva solo
cedere e, in fondo, non gli dispiaceva. Se Tiago aveva trovato quell’oggetto
avrebbe spezzato comunque l’incantesimo e tutto sarebbe finito come aveva
pianificato lui.
“Va bene, ti giuro
che non proverò mai più a fare del male a Ingrid. Anzi, questa volta ho davvero
capito la lezione e non mi avvicinerò neanche più a lei, quando potrò evitarlo.
Va bene così? Ora puoi venire qui vicino a me?” tentò di nuovo l’uomo.
Tiago, però, non si
avvicinò. Uscì dalla stanza per parlare brevemente a qualcuno e poi rientrò,
sempre con lo stesso fare distaccato.
“Ho chiamato dei
servitori perché ti portino una tinozza di acqua calda e dei teli, così potrai
lavarti” disse. “Io andrò a parlare con Re Bjorn della protezione per Ingrid. E
gli dirò anche di non farti più avvicinare le serve della dimora regale… perché
è vero quello che mi ha detto Nissa, no? Tu le fai venire qui e abusi di loro?”
“Io… ma non
significano niente per me… è soltanto che sono qui, da solo, e mi sento inutile
e impotente mentre tu rischi per me e allora…”
“Non mi interessa il
motivo, non deve più accadere” lo interruppe Tiago. “Questa è una cosa che
facevi da ragazzo come trafficante di schiavi e non può avvenire nella dimora
di Re Bjorn.”
“Ma non è la stessa
cosa, Tiago, è solo che tu mi manchi e mi preoccupo per te e…”
Questa volta, però,
il giovane spagnolo non si lasciò incantare dalle parole di Erik e, mentre i
servitori entravano nella stanza con una tinozza di acqua calda e dei teli
puliti, uscì per andare a parlare con Bjorn della situazione. Sapeva che il Re
avrebbe risolto tutto, ma non era affatto tranquillo come mostrava di essere.
Si sentiva addolorato, mortificato, usato e tradito. Era deluso dal
comportamento di Erik e ripensava alle parole di Nissa: lui era solo la sua sgualdrina? Per Erik era tuttora uno schiavo
da usare per il piacere e per tutto il resto e da sostituire in sua assenza?
Tiago non voleva
piangere ma, anche se il suo viso non rivelava niente, la sua anima e il suo
cuore gemevano di dolore.
Fine capitolo quattordicesimo