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Autore: Sel Dolce    08/03/2022    2 recensioni
[Merthur | AU | Rating Arancione | Fem!Merlin ]
Dal capitolo nove:
«Merlyn, tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò, completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male, qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hunith, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessuna stagione
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Merlyn rise inseguendo Mordred nella piccola radura nel bosco dietro Ealdor, erano passate due settimane da quando il bambino era entrato nelle loro vite e la coppia si era già tremendamente affezionata.

Arthur seduto sul telo steso a terra, circondato dal pranzo che la moglie aveva preparato, guardava felice i due correre facendo qualche trucco con la magia, ridendo spensierati.

I primi giorni erano stati strani, Mordred non aveva parlato molto, attaccandosi alla gonna di Merlyn o alla mano di Arthur e guardando preoccupato verso qualsiasi abitante di Ealdor, temendo che potessero portarlo via, la signora Imogen gli lanciava ancora occhiatacce. Poi una mattina si era svegliato e si era intrufolato nel loro letto, mettendosi tra la coppia, e aveva iniziato a giocare con i capelli di Merlyn, incominciando la giornata con una serie di domande quasi infinita, la tipica parlantina e curiosità che ci si aspettava da un bambino.

«Arthur!» Morderd urlò il nome dell’uomo prima di saltargli addosso, dichiarando a Merlyn che aveva perso perché aveva raggiunto Arthur prima di lei.

Il principe sollevò il bambino in aria, facendolo ridere, per poi farlo sedere tra le sue gambe «Tieni, bevi.» disse passandogli un calice con dell’acqua all’interno mentre alla moglie passò del vino.

Merlyn si sedé al suo fianco, posando la testa contro la sua spalla, rilassandosi e godendosi la piacevole brezza della giornata, il Sole che le baciava la pelle del viso e del petto.

La questione Camelot e Arthur Pendragon era stata affrontata tre giorni dopo la rivelazione del suo Destino. Balinor le aveva consigliato di andare per evitare di modificare ancora di più il futuro, ma il drago non lo aveva ancora contattato per annunciargli l’imminente catastrofe. Arthur aveva contrariamente suggerito di rimanere ad Ealdor, continuare con la loro semplice vita, dicendole che se non avesse voluto non avrebbe dovuto portare il peso di Albion sulle spalle, soprattutto ora che avevano un bambino di cui prendersi cura. Era stata una cosa egoista da fare, ma Arthur non poteva lasciarla andare da sola, ma non poteva nemmeno andare con lei senza rivelare la sua vera identità.

Non poteva andare a Camelot a proteggere Arthur Pendragon se lo stesso era proprio lì al suo fianco.

«Emrys, puoi sbucciarmi la mela?» domandò il bambino prendendo il frutto dalla cesta in vimini.

Merlyn aveva più volte provato a ricordargli di chiamarla con il suo vero nome, ma il bambino sembrava essersi fissato con il suo nome profetico. Prese la mela dalle piccole mani di Mordred ed afferrò il coltello. Quando anche l’ultimo pezzo di buccia cadde sul fazzoletto che la donna aveva posato sopra le ginocchia tagliò la mela a metà e poi a piccoli spicchi per facilitare il bambino.

«Come si dice?» chiese Arthur quando Mordred prese una fetta dalle mani della maga.

«Grazie, Emrys.» sorrise il bambino guardando Arthur in cerca d’approvazione. Gli piaceva l’uomo, lo trattava bene ed era simpatico. La sera prima di andare a letto gli raccontava pure delle storie sui cavalieri e le loro imprese.

La donna portò uno spicchio di mela alla bocca del marito, facendogli l’occhiolino quando lasciò le punte delle dita stuzzicargli le labbra. Dopo la loro prima notte d’amore non erano più riusciti ad avere un momento d’intimità, più che altro spaventati di essere troppo rumorosi e poter svegliare Mordred. Non per questo non avevano passato le ultime settimane a provocarsi, rubandosi baci appassionati quando Mordred veniva letteralmente rapito da Gwaine per giocare, ma mai per abbastanza tempo.

Arthur le afferrò il polso senza rompere il contatto visivo, riportò le dita verso le sue labbra e ci soffiò sopra, ridendo dell’espressione scandalizzata della moglie. La vide arrossire e ritirare la mano contro il petto, lanciando uno sguardo preoccupato verso Mordred, chiedendosi se avesse visto quella scena non adatta ai minori.

Il bambino stava mangiando a piccoli morsi la fetta di mela mentre guardava concentrato il suo piede battere ritmicamente contro la gamba di Arthur.

Arthur si sporse per baciarla, facendo attenzione a non muovere Mordred, sorrise nel bacio, amava la vita che si stava costruendo.

⸸⸸⸸

Arthur tornò a casa quella sera portando della legna da ardere. Dopo l’allenamento con gli altri era andato nel bosco a tagliare qualche ceppo. L’inverno si stava avvicinando e voleva avere una buona scorta.

Era ufficialmente un mese che Mordred faceva parte della loro famiglia e Arthur era pronto a morire per difendere quel bambino.

Aprendo la porta trovò le due persone più importanti della sua vita seduti sul pavimento, tra loro delle fiamme danzavano prendendo forme di vari animali. Balinor aveva iniziato ad insegnare anche a Mordred come controllare la sua magia e Arthur aveva notato come l’uomo guardasse quasi con paura suo nipote adottivo.

Chiudendosi la porta alle spalle ricevette immediatamente un urlo estasiato da parte del bambino «Arthur, sei a casa!» e in meno di un secondo se lo ritrovò tra le gambe, il mento posato contro le sue ginocchia mentre guardava in alto.

Merlyn si alzò a sua volta «Oh, è così? Arriva Arthur e Merlyn non esiste più?» scherzò ben sapendo quanto il bambino amasse entrambi. Diede un veloce bacio al marito, togliendogli dalle mani la legna, così che potesse prendere imbraccio il bambino.

Ora, non fraintendetela, Merlyn aveva sempre trovato Arthur in qualche modo attraente. Non si era innamorata per il suo aspetto, ma di certo aiutava. Comunque, vederlo giocare con Mordred, scoprire quel suo lato paterno, aveva messo in profonda crisi la donna. Si era ritrovata più volte a toccarsi il ventre piatto, chiedendosi come sarebbe stato avere un figlio loro, per poi subito dopo arrossire furiosamente all’idea.

Con un Destino come il suo – e per quanto stesse cercando di ignorarlo – non poteva fare a meno di pensare che non era il momento giusto per rimanere incinta. Non che facessero l’amore, Mordred aveva praticamente fermato qualsiasi attività in camera da letto in quanto aveva preso il vizio di dormire con loro di tanto in tanto.

Prima o poi Camelot l’avrebbe accolta e sarebbe stato meglio senza un figlio di cui preoccuparsi dato che sembrava un lavoro molto pericoloso.

«Oh oh, qualcuno è gelosa.» disse Arthur posando Mordred sul suo braccio, sostenendolo con facilità al contrario della donna.

«Nooo» esclamò Mordred girandosi verso la maga «non essere gelosa, madre.» concluse tendendo le braccia verso Emrys.

I due adulti si bloccarono e il druido corrugò la fronte, perché lo stavano guardando in quel modo?

«Mordred, come mi hai chiamata?» domandò la donna lasciando perdere la legna vicino al camino. Sentiva il cuore nelle orecchie, non poteva credere a quello che aveva appena sentito.

Il druido ripensò alle sue parole ed arrossì, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Arthur. Dei, come si stava vergognando, aveva appena chiamato “madre” Emrys! Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi, sicuro che adesso lo avrebbero odiato. Sapeva perfettamente che Emrys non era sua madre, la sua vera mamma era morta durante un attacco al loro campo poco dopo la sua nascita, suo padre glielo aveva raccontato quando gli aveva chiesto dove fosse, notando come gli altri bambini avevano sia una mamma che un papà. Suo padre, il quale era morto solamente un mese fa e lo stava già sostituendo con il marito di Emrys, era veramente cattivo come il filidh aveva predetto.

Non voleva essere cacciato via, non aveva nessuno al mondo e aveva paura del suo Destino, voleva rimanere con Emrys ed aiutarla a creare Albion, non uccidere il re.

Merlyn lo prese dalle braccia di Arthur, rischiando quasi di farlo cadere, ma il marito l’aiutò «Hey, non piangere.» disse in tono dolce asciugandogli le lacrime con il polpastrello del pollice «Va bene se vuoi chiamarmi madre.» lo rassicurò guardando Arthur in cerca d’approvazione. Il biondo annuì fermamente, non gli sarebbe dispiaciuto nemmeno a lui essere chiamato “padre”.

«Veramente?» chiese in un singhiozzo il bambino, le piccole mani chiuse a pugno a sfregarsi gli occhi piangenti.

Merlyn annuì «Certo, Mordred! Infondo siamo i tuoi genitori.» rispose la ragazza dandogli un bacio sulla guancia.

«Vi voglio bene.» sospirò Arthur sentendo il cuore pieno d’amore, desiderando essere un padre migliore del suo, sapendo che insieme a Merlyn sarebbe riuscito anche nell’impossibile, anche essere un padre.

⸸⸸⸸

Hunith stava andando verso il fornaio per comprare del pane fresco, vicino a lei il piccolo Mordred si stava stringendo alla sua gonna con una presa ferrea, causandole qualche problema nel camminare, ma capiva la paura del bambino: i cittadini di Ealdor ancora non lo avevano accettato.

Sei mesi e il povero bambino non era riuscito a integrarsi nella comunità, ma non lo aveva fatto nemmeno Merlyn che era nata e cresciuta lì.

La figlia, insieme al marito, il padre ed i suoi amici, erano andati in missione: un grifone aveva iniziato a terrorizzare i villaggi vicini e in base alle conoscenze di Balinor la creatura poteva essere uccisa solamente grazie alla magia. Questo lasciava Hunith e Mordred da soli, ma non era certo la prima volta!

La donna adorava Mordred, soprattutto da quando aveva iniziato a chiamarla “nonna”. Più volte il bambino aveva dormito a casa sua, Hunith era andata in soccorso della figlia quando le aveva raccontato distrattamente di come la vita matrimoniale con Arthur fosse tornata in una situazione di stallo dopo l’arrivo del druido. Almeno una volta a settimana il bambino era ospite di Hunith e Balinor, ben sapendo che per qualsiasi cosa i genitori erano giusto a poche iarde di distanza. Mordred aveva conquistato anche il cuore di Balinor, alla fine l’uomo aveva raccontato della profezia all’amata e Hunith lo aveva rassicurato che non doveva preoccuparsi: Kilgharrah gli aveva detto che il futuro era cambiato e quindi forse anche il Destino del loro nipote.

«Hunith, come stai?» Matthew le sorrise cordialmente, l’unico ad essere riuscito a scambiare due parole in favore di sua figlia e Mordred.

«Bene, tu come stai?» chiese a sua volta posando una mano sulla testa del bambino, il quale quasi si stava nascondendo dietro le sue gambe, la presa sulla gonna più ferrea.

Matthew si chinò e prese dalla sua cesta un dolce «Bene.» rispose alla donna «Tieni, Mordred, ma non dirlo a tua madre.» sussurrò facendogli l’occhiolino, cercando una complicità con il bambino.

Il druido allungò la mano ed accettò il dolce «Grazie, Matthew.» disse ricordandosi come il padre gli avesse insegnato l’educazione. Si doveva sempre ringraziare, come quando la madre pettinava il padre al mattino e lui la ringraziava con un bacio.

L’uomo sorrise e si sentì abbastanza confidente dal potergli scompigliare giocosamente i capelli.

Il piccolo momento di pace venne interrotto dall’arrivo di Imogen, la quale a grandi passi si diresse verso di loro, il viso gonfio e rosso come sempre. Mordred deglutì spaventato, la donna lo terrorizzava e Emrys non era lì per proteggerlo!

«Ora diamo i dolci ai randagi?» chiese a Matthew facendogli alzare gli occhi al cielo, innervosito.

Hunith perse il sorriso «Mordred non è un randagio, è il figlio di Merlyn e Arthur.» disse cercando di mantenere un tono di voce adeguato.

Imogen sbuffò dal naso «Non mi sembra che tua figlia lo abbia partorito.» commentò con veleno, ogni giorno sembrava voler cercare una scusa per attaccare Merlyn.

«Non devi per forza partorire per avere un figlio.» rispose Hunith prendendo un profondo respiro «Fortunatamente viviamo in una società dove anche i meno fortunati possono trovare una nuova famiglia.» aggiunse difendendo il caso.

«O forse quella buona a nulla di tua figlia è sterile e ha rapito questo bambino. Non è brava nemmeno a farsi ingravidare, ma non avevo dubbi, con quei fianchi stretti e poca carne sulle ossa.» Imogen sorrise maligna e proprio quando Hunith stava per rifilarle un manrovescio la donna si piegò in due emettendo versi di dolore prima di vomitare sulle sue stesse scarpe.

Hunith guardò Mordred e vide appena il tipico bagliore giallo delle iridi scomparire, prova inconfutabile che aveva appena usato la magia per far sentire male Imogen.

Matthew imprecò e si avvicinò per posare una mano sulla spalla della donna, ma il vomito sembrava non volersi fermare «Dio ti sta punendo per tutte le cattiverie che dici.» commentò cercando con lo sguardo uno dei figli della donna per farla portare a casa.

«Forse noi dovremmo andare, non vorrei che Mordred si prendi questa influenza.» si scusò Hunith lasciando a Matthew il compito di occuparsi di Imogen. L’uomo annuì distrattamente, ora seriamente preoccupato per la donna che ancora non smetteva di vomitare.

Comprarono in fretta il pane e tornarono a casa.

«Quello che hai fatto è sbagliato, Mordred.» lo ammonì la donna facendolo sedere sul tavolo per poterlo guardare negli occhi. Solo Dio sapeva quante volte aveva avuto la stessa conversazione con Merlyn.

«Ma stava dicendo cattiverie su madre.» borbottò il bambino guardandosi le mani. Non gli piaceva essere sgridato, soprattutto quando non aveva fatto nulla di male!

Hunith sospirò pesantemente, chiedendosi se fosse tornata indietro nel tempo, quel bambino stava usando le stesse parole di Merlyn alla sua stessa età.

Spezzò un pezzo di pane e l’offrì al nipote «Ci sarà sempre gente che dirà cattiverie su chiunque di noi, Mordred, ma l’unica cosa che puoi fare è imparare ad ignorarle.» disse proprio come fece con sua figlia.

Erano anni che lei stessa subiva le malelingue di Ealdor, fin da quando si era scoperta la sua gravidanza extramatrimoniale, ma aveva imparato a conviverci e certamente non per questo si era mai fatta mettere i piedi in testa.

Il bambino annuì, l’espressione concentrata sul pane, capiva cosa Hunith gli stava dicendo, ma non credeva fosse giusto. Emrys non si meritava di essere trattata in quel modo! Lei era colei che avrebbe riportato la magia e avrebbe liberato la sua specie.

«Su, tesoro, finisci il pezzo di pane e iniziamo con la lezione.» lo esortò la donna andando a prendere della pergamena, un pennino e dell’inchiostro. Non c’erano possibilità che avrebbe lasciato il bambino crescere senza imparare le basi della scrittura e lettura. Potevano essere dei semplici contadini, ma fortunatamente la donna aveva avuto accesso ad un tutore durante la sua infanzia a Camelot e intendeva tramandare le sue conoscenze a tutti, poi adesso aveva anche l’aiuto di Balinor, l’uomo decisamente più acculturato di lei essendo cresciuto nobile.

Mordred mandò giù in un solo boccone il pane e scese dal tavolo, adorava imparare a scrivere e leggere!

⸸⸸⸸

«Non fare mai più una cosa del genere!» urlò Arthur prendendo il braccio della moglie, strattonandola leggermente. Non voleva considerarsi un uomo violento, non aveva mai alzato un dito su una donna che non fosse una strega intenzionato a fargli del male, ma sua moglie riusciva a mandarlo in tilt.

Immediatamente lasciò andare la presa, come se si fosse scottato, timoroso che la donna potesse odiarlo per quella sfuriata. Erano mesi che non litigavano, dal loro matrimonio a quel giorno non avevano discusso nemmeno una volta, vivendo una specie di sogno.

Merlyn si spolverò i pantaloni ricoperti di terra, era stata scaraventata a qualche metro di distanza dal grifone mentre cercava di allontanarlo dai suoi amici mentre Balinor lanciava l’incantesimo sulla spada di Lancelot.

«Non dirmi cosa fare.» rispose la donna guardandosi la tunica rovinata all’altezza del gomito, il quale stava sanguinando.

Arthur era rosso in viso, sia per la rabbia che per la paura nel vedere la donna amata venire lanciata in aria. Le aveva detto di non avvicinarsi, di rimanere a fianco a Balinor e lasciare a loro il compito di distrarre il grifone, ma come al solito non gli dava retta!

«Scusami, non volevo strattonarti.» sospirò l’uomo veramente dispiaciuto, Morgana lo avrebbe linciato se sarebbe venuta a sapere che aveva osato alzare le mani su sua moglie.

Merlyn gli sorrise, comprensiva «Non preoccuparti, non è come se non mi avessi puntato un’arma alla gola.» scherzò ricordando il loro primo incontro. Non si sentiva minacciata dal gesto di Arthur, sapeva benissimo riconoscere una relazione abusiva e certamente suo marito non era il tipo. Il suo era stato un gesto dettato dalla preoccupazione e non lo stava giustificando, ma poteva capirlo. Ricordò perfettamente il pugno che gli aveva dato quando aveva rischiato di morire combattendo contro un bandito, salvato per miracolo da Parsifal.

Arthur la baciò, prendendola per i fianchi e spingendola contro il suo corpo. La maga sorrise andando a stringere con le mani i capelli alla base della nuca del marito, tirandolo ancora più in basso per approfondire il bacio.

«Ragazzi, risparmiatevi per la notte!» urlò Gwaine ridendo, non erano molte le volte che la coppia si lasciava andare ad effusioni in pubblico, per questo doveva approfittare di ogni occasione per prenderli un po’ in giro.

Merlyn con un movimento della mano fece cadere a terra l’amico, animando una radice dell’albero al suo fianco.

«Andiamo, bambini, torniamo a casa.» comandò Balinor a gran voce, quasi rimpiangendo la sua caverna. Da quando era stato riportato nel mondo civile ne aveva vissute di avventure, sua figlia e suo marito sembravano attirare guai da tutte le parti. I loro amici poi non erano meglio, Gwaine era riuscito ad innervosire un fantasma, una povera donna che si aggirava sulle rive del lago dove era affogata, l’aveva talmente tanto infastidita che aveva deciso di maledirlo e Parsifal era dovuto andare in missione a recuperare un fiore magico per salvarlo.

«Come lei comanda, signore!» urlò Gwaine mettendosi in piedi, imitando un cavaliere.

Merlyn rise, ancora stretta nell’abbraccio del marito, amava la sua famiglia.

⸸⸸⸸

Osbert entrò a Camelot guardandosi intorno meravigliato. Non era stata una mossa intelligente scappare di casa, ma quando Hunith aveva rivelato il suo segreto ad Imogen avrebbe fatto di tutto per non essere incastrato in un matrimonio con Bertrada. Era solo un passatempo, la ragazza non era assolutamente materiale da matrimonio, ma sapeva che rimanendo ad Ealdor sarebbe stato costretto a prendersi le responsabilità delle sue azioni.

Fuggendo con nulla in mano si era ritrovato a vagare per le foreste, cercando asilo in vari villaggi, ma senza rimanere per troppo tempo in uno di essi per evitare di essere rintracciato. Alla fine si era unito a dei mercanti erranti, così da poter vivere in movimento ed avere un lavoro.

Non gli dispiaceva quella nuova vita, ormai era quasi un anno che era lontano da casa, ma non per questo si era dimenticato del viso di uno degli amici di Merlyn. La stessa faccia che lo stava guardando dal dipinto appeso all’ingresso del palazzo.

Davanti a lui c’era Arthur, quello che già doveva essere diventato il marito di Merlyn. Si girò verso una guardia mentre il suo capo parlava con il responsabile delle cucine di palazzo.

«Chi è quello?» domandò piuttosto bruscamente, un tremore nella voce al pensare che forse sarebbe riuscito a vendicarsi di quella bastarda.

La guardia seguì il suo sguardo e sospirò «Il principe Arthur, è scomparso da quasi tre anni.» rispose sentendo sulle spalle tutta la tensione di quegli anni sulle spalle, Re Uther aveva reso la vita di tutti un Inferno, oltre alla lotta contro la magia si era aggiunta la disperata ricerca del principe.

Osbert sorrise mostrando i denti gialli «Io so dov’è.» ammise facendo impallidire la guarda.

Il ragazzo nel giro di pochi minuti si ritrovò davanti a Uther in persona.

   
 
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