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Autore: FreddyOllow    09/03/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick e Rita seguirono un corto corridoio e si fermarono davanti alla tromba delle scale.
"Non c'è nessuno sul pianerottolo" disse Rita. "Andiamo."
Scesero i gradini e arrivarono al pianterreno. Tre poliziotti morti erano distesi sul pavimento. Un altro era sul telaio di una finestra.
"Non credo siano zombie" aggiunse Nick.
"Tieni gli occhi aperti."
Proseguirono cauti e guardarono i cadaveri crivellati dalle pallottole. Tutti e tre avevano dei buchi in fronte. L'ultimo non aveva neanche più la parte superiore della testa.
"Non sembrano zombie" disse Nick, perplesso.
"Infatti non lo sono mai stati" rispose Rita. "Qualcuno li ha uccisi."
"Chi può essere stato?"
"Non lo so... Sono sparite anche le armi."
S'incamminarono nel corridoio e si fermarono davanti a una porta.
Rita l'aprì un poco e sbirciò dalla fessura. La richiuse. "Ci sono due Lickers. Il terzo non c'è. Forse è una delle creature che abbiamo ucciso di sopra."
"E se non lo fosse?"
"Allora stiamo attenti. Sai sparare con l'altra mano?"
"Non lo so. Non ho mai provato."
La donna non rispose subito. "Non posso gestirli entrambi. Forse ci hanno già sentiti arrivare, non lo so. Ci sono stati troppi spari. E ora avranno le orecchie ben tese. Ogni minimo rumore li allerterà."
"Allora cosa facciamo?" chiese Nick, confuso.
"Dobbiamo affrontarli" rispose lei. "Non abbiamo altra scelta."
"Ti posso coprire. Non riuscirò a centrarli alla testa, ma credo di poterli colpire lo stesso."
Rita scosse la testa. "No, tu stammi alle spalle. Intervieni solo se le cose mi sfuggono di mano, intesi?"
"Ma non ha senso. Fatti aiutare."
"Fidati di me. Fai come ti dico."
Lui annuì, poco convinto.
Rita lo guardò. Era pallido e gli occhi si erano arrossati. Sapeva che poteva svenire da un momento all'altro, diventando un facile bersaglio per i Licker. Era meglio affrontarli da sola.
"Cosa c'è?" domandò lui, confuso. "Perché mi stai fissando?"
Lei deviò lo sguardo. "Niente." Si voltò e girò la maniglia.
C'era solo un Licker nel corridoio. Se ne stava immobile lungo la parete.
La donna corrugò le sopracciglia, turbata. Non le piaceva questa situazione. C'era qualcosa di strano. Dov'era finita l'altra creatura? Quando fece per varcare la porta, una lunga lingua le penzolò davanti agli occhi e la bava le colò sui capelli.
Alzò lo sguardo. La creatura era sopra la porta.
Il Licker le ruggì in faccia, gocce di bava le schizzarono sul viso.
Rita balzò all'indietro, ma la creatura le afferrò un braccio con la lingua e la trascinò fuori.
Nick scattò in avanti e perse l'equilibrio, cadendo per terra. Si rialzò, cascò di nuovo. Non sentiva più le gambe.
La donna sparò un colpo. Centrò il Licker al busto, che balzò all'indietro e la sballottò con violenza prima in aria, poi al suolo. Le mancò il respiro. La pistola le scivolò di mano e urtò contro il battiscopa.
La creatura le ruggì in faccia.
Il secondo Licker, che era rimasto fermo sulla parete, si lanciò verso di lei.
La recluta rinunciò ad alzarsi, puntò la pistola con la sinistra e sparò. I proiettili si conficcarono nel petto, addome e braccio destro della prima creatura. La seconda venne centrata alla coscia sinistra e razzolò per terra. L'aveva colpita a un'arteria.
Mentre il Licker tentava di alzarsi, il sangue zampillò copioso dalla ferita e crollò al suolo immerso in una larghissima pozza di sangue scarlatto che si andava espandendosi.
La prima creatura trascinò Rita verso la finestra per portarsela sul tetto, ma Nick le sparò gli ultimi colpi.
I proiettili le penetrarono nella schiena, ma uno si conficcò dietro la nuca e uscì da una narice. Il Licker si accasciò sul telaio della finestra, la lunga lingua che si restringeva.
Rita si dimenò per liberarsi dalla presa. "Nick! Aiutami! Mi sta stritolando! Prendi l'accetta. Taglia la lingua! Tagliala!"
Nick si alzò in piedi e ricadde. Non aveva il controllo delle gambe, così strisciò sul pavimento.
"Muoviti" disse Rita in tono strozzato. "N-non ce la faccio più!"
La recluta afferrò l'accetta dal suolo e sferrò diverse accettate contro la ruvida lingua, finché la donna cadde bocconi sul pavimento.
Nick si lasciò cadere per terra. Non aveva più forze. La testa gli martellava dal dolore, gli occhi gli bruciavano e lo strano sapore metallico in bocca era diventato più aspro.
Rita si chinò su di lui. "Ehi, siamo quasi arrivati. Riesci a stare in piedi?"
Lui la guardò, strano.
"Sono Rita. Mi riconosci?"
La recluta sbarrò gli occhi. "Ah, sì, certo... Lo so, io lo so."
"Su, alzati."
"Non mi sento più le gambe."
Lei si accigliò, turbata. Lo prese da sotto le ascelle e lo trascinò con fatica verso la porta della hall. "Andrà tutto bene. Siamo quasi arrivati."
Nick era svenuto, il sangue gli rivolava dalla ferita bendata che si era aperta.
Quando lei si avvicinò alla porta, si bloccò. Si udivano diversi rumori dall'altra parte. Posò la recluta contro il muro e appoggiò un orecchio alla porta. "Gemiti..." si disse. "Com'è possibile..?" Lanciò uno sguardo alla recluta per parlargli, ma si accorse che era svenuto. Allora girò piano la maniglia e sbirciò nell'atrio.



 

"Non fateli entrare!" urlò Marvin. "Teneteli fuori!"
Tutti gli agenti si precipitarono all'ingresso. Elliot, che si trovava vicino alla grande finestra, si precipitò al portone e lo spinse contro gli zombie.
Quelli si ammassarono sotto la soglia e s'incastrarono nella foga di entrare, ma nove zombie entrarono e barcollarono verso gli agenti.
Alcuni superstiti corsero verso la porta dell'ala ovest, dove Marvin si era piazzato davanti. Stava succedendo tutto come nel suo sogno. Solo che gli zombie entravano dal portone. "Tornate indietro! Andate alla reception! È tutto sotto controllo!"
Un uomo provò a superarlo, ma il tenente lo spintonò indietro con violenza. "Nessuno esce da qui! Tornate indietro!"
Molti lo ascoltarono, tra cui Liah e Tania, ma l'uomo che aveva spintonato lo fissò torvo.
"Torna indietro. Non te lo ripeterò di nuovo!" disse Marvin.
"Vuoi rinchiudermi come Jim?" Urlò l'uomo, tirandogli un pugno.
Marvin lo deviò e gli sferrò un pugno nello stomaco.
L'uomo si piegò in avanti e cadde sulla ginocchia, tenendosi le mani sull'addome. "Non respiro..."
Il tenente guardò i due sopravvissuti spaventati dietro l'uomo. "Portatelo alla reception! Veloci!"
Nel frattempo, i sei agenti avevano costretto i nove zombie a sparpagliarsi.
"Colpiteli in testa!" gridò Pete. "Colpiteli finché non smettono di muoversi!"
I poliziotti fracassarono loro le teste con martelli, manganelli e bastoni di fortuna.
Elliot venne sospinto in avanti dagli zombie che premevano dietro il portone, ma ritornò di nuovo al suo posto. "Datemi una mano, cazzo! Non riesco a chiudere il portone!
Pete, Kate e gli altri agenti lo raggiunsero.
Tre zombie sgusciarono dentro.
Pete ne uccise due. Il terzo afferrò Kate per la camicia, la strattonò e cascarono oltre il parapetto dell'entrata. La donna batté la testa e perse i sensi. Quando lo zombie fece per affondarle i denti nel collo, Marvin gli tirò un calcio sul viso e gli schiacciò ripetutamente il cranio con la pianta del piede.
Gli agenti chiusero lentamente il portone.
Kate riprese i sensi e Marvin la aiutò ad alzarsi.
Pete si voltò verso il tenente. "Il portone non reggerà a lungo. O lo ripariamo o lo blocchiamo. Cosa facciamo?"
"Ripararlo è fuori discussione. Ci sono troppi zombie là fuori. Non riusciremo ad ucciderli tutti."
"Ho un'idea" aggiunse Elliot. "Attiriamoli lontano da qui."
"Ti ci volevano i parassiti nell'intestino per farti usare il cervello" sorrise Marvin.
Tutti risero, eccetto Elliot.
"Come vuoi allontanarli? Con la musica?" chiese il tenente.
"Sì, c'è un negozio di musica all'angolo della strada. Possiamo accendere lo stereo e..."
"Mi sembra una buona idea" disse una voce da donna alle loro spalle.
Tutti si voltarono.
"Rita!" disse Marvin con gli occhi sbarrati dalla felicità.
La donna gli sorrise. "È bello rivederti, tenente."
I due si abbracciarono.
Mentre gli altri agenti abbracciavano e scambiavano due parole con la collega, Marvin si guardò intorno. "Dov'è Nick?"
"È stato morso" rispose Rita. "È in mezzo alla barricata."
Quando lo raggiunsero, la recluta aveva il viso pallido e le palpebre arrossate. Borbottava e roteava gli occhi senza sosta.
Marvin si chinò, afflitto dai sensi di colpa. "Nick, mi senti? Nick?"
Kate lo fissò scioccata per un momento. Poi crollò in ginocchio, le lacrime che le rigavano il viso.
Pete pescò il fazzoletto dalla tasca, prese delle foglie tagliuzzate e le portò vicino alle labbra di Nick. "Tenente, aprigli la bocca."
Rita si accigliò, confusa. Non capiva cosa stessero facendo.
Quando Marvin gli aprì le labbra, Pete gli mise in bocca le foglie e gli tappò il naso.
La recluta ingoiò.
"Perché gli hai dato delle foglie tagliuzzate?" domandò Rita, perplessa.
Kate osservava la scena con gli occhi arrossati dal pianto. Anche gli altri agenti fissavano, incuriositi.
"Ve ne siete già dimenticati?" domandò Elliot, infastidito. "Quell'erba cura l'infezione. Io ero infetto, ricordate? Ho vomitato quei fottuti parassiti!"
Rita gli lanciò un'occhiata, confusa.
Quello sguardo gli ricordò che era appena arrivata e non sapeva cosa gli era successo.
Il volto di Kate si ravvivò. Non sapeva che curasse anche l'infezione da morsi.
La recluta tossì diverse volte, ma non sembrava migliorare.
Pete corrugò la fronte, incerto.
Marvin gli lanciò uno sguardo fugace. "Sei sicuro che funziona?"
"Jill ha detto che cura l'infezione da morso. Quindi deve funzionare."
Nick smise di borbottare e chiuse gli occhi.
Kate scoppiò a piangere. Megan, che si trovava alla reception, la raggiunse e la strinse in un abbraccio affettuoso.
Pete portò due dita prima sul polso di Nick, poi sul collo. Nessun battito. Sospirò.
Marvin abbassò lo sguardo, abbattuto. Rita alzò gli occhi sul soffitto e trattenne le lacrime.
"Sei sicuro che sia morto?" chiese Elliot.
Pete lo guardò in silenzio.
Elliot si chinò sulla recluta e gli posizionò un dito sotto il naso. Restò fermò per un po'. "Secondo me respira."
Tutti lo guardarono, interdetti. Kate smise di piangere.
Marvin portò un dito sotto il naso della recluta. Sorrise. "Sì, respira. È impercettibile."
Pete tirò un sospiro di sollievo. Lo credeva morto. Poi un pensiero gli balenò nella mente e si voltò verso Rita "È stato morso da uno zombie?"
"No, da un Licker."
Gli agenti si scambiarono delle occhiate.
Kate singhiozzò. Si sentiva in bilico. Non aveva nessuna certezza che Nick ce l'avrebbe fatta. L'attesa la faceva stare male, la logorava.
Pete prese il fazzoletto dalla tasca. "Forse... forse ha bisogno di più foglie. Forse per questo non si riprende."
Marvin aprì la bocca di Nick. Pete gli posò le ultime foglie sulla lingua e gli tappò il naso. La recluta ingoiò.
"Pensavo che non le avrebbe ingoiate" disse Pete.
Tutti restarono a guardare.
La recluta non si muoveva, non reagiva.
"Forse ha bisogno di riposo" aggiunse Pete. "Credo che il morso di un Licker sia molto più infettivo di quello di uno zombie."
"Sì, lo credo anch'io" rispose il tenente. "Portiamolo nel mio ufficio. Lì riposerà tranquillo."



 

Una volta condotto la recluta nel suo ufficio, Marvin prese Rita in disparte e uscirono negli uffici. Lei gli raccontò tutto quello che era successo, degli zombie, dei Lickers e di Sherry.
Il tenente aggrottò la fronte. "Una bambina? Sei sicura che... che sia reale? Nick era piuttosto provato quando ha raggiunto la centrale. Non mi sorprenderei se fosse frutto della sua immaginazione."
Rita non rispose subito. "Ammetto di averlo pensato anch'io. Ma era troppo... Come dire, troppo convinto, troppo preso. Voleva trovarla a tutti costi."
Marvin abbassò lo sguardo, pensieroso. "Questo vuol dire che c'è una bambina intrappolata da qualche parte nell'ala est."
"Può essere fuggita. Forse ha lasciato la centrale."
"Impossibile. Uscire in cortile è un suicidio. Gli zombie sono ovunque."
"Potrebbe essere fuggita prima che i non-morti invadessero il cortile" disse Rita. "Nick ha trovato la bambina mentre mi cercava. Potrebbe essere andata via dopo che l'ha lasciata da sola."
"Per andare dove?" domandò Marvin. "Non credo abbia lasciato il dipartimento. Dev'essersi nascosta. Queste mura hanno passaggi segreti e condotti d'areazione in disuso. Potrebbe averne trovato uno."
"È possibile."
Pete uscì dall'ufficio e li raggiunse con le mani sporche di sangue. "Ho ripulito la ferita di Nick. Ora dobbiamo solo aspettare."
"Perché Kate sta piangendo così tanto?" chiese Rita.
"È la sua ragazza" rispose Pete.
"Davvero?"
"Sì, sono insieme da poco."
"Capisco."
"Vado a lavarmi le mani" disse Pete. "Alla fine il corso di primo soccorso che ho seguito tempo fa è stato utile." Si allontanò.
Il tenente si voltò verso Rita. "Prima hai parlato dei Licker, giusto? Quindi c'è davvero un nido sul tetto?"
La donna annuì. "Sì, l'ho visto io stessa. Ora non so se sono ancora lassù, ma è meglio non andarci."
"Trovo strano che non vi abbiano attaccati tutti insieme quando avete usato le armi. Sentivamo gli spari persino dal mio ufficio, figuriamoci loro che hanno l'udito ipersensibile."
"Già... Forse gli gemiti degli zombie hanno disturbato il... il loro udito, non saprei. Ma una cosa è certa. Ci stavano aspettando le ultime due volte che li abbiamo incontrati. Sapevano dov'eravamo."
Marvin si avvicinò a una finestra e guardò in cortile. Una ventina di zombie vacillavano lungo il vialetto. "Cosa ne pensi del piano di Elliot? A me sembra un buon piano."
Lei lo raggiunse. "Sì, ma chi ci andrà, non tornerà più indietro. Tutti gli zombie dei paraggi si dirigeranno in quel negozio e la fuga sarà impossibile."
Il tenente non aveva il coraggio di mandare uno dei suoi a compiere l'impresa e nemmeno uno dei sopravvissuti. Ma sapeva che andava fatto. Forse ci sarebbe andato lui stesso. Dopotutto, non era esente da un simile incarico. "Lo so, ma non abbiamo altra scelta. Dobbiamo mandarli via dal cortile. Dobbiamo farli uscire."
Restarono in silenzio per un momento.
"Riguardo alla mia missione?" domandò Rita. "Cosa facciamo?"
Marvin la guardò. "Non è più una priorità."
"Ma si farà ugualmente, giusto?"
"Certo. Dopo che avremo attirato l'orda lontano da qui."



 

Pete entrò nella stanza di riposo e salutò l'agente di guardia seduto vicino a Kevin, steso sul letto. "Ci penso io, puoi andare."
Quello annuì e usci dalla camera.
"Ah, vedo che la bella addormentata nel bosco si è svegliata" sorrise Pete, sedendosi sulla sedia.
"Vaffanculo!" rispose Kevin con un sorriso. "Come ve la stavate cavando senza di me, eh? Siete già nella merda? Lo posso immaginare. Dopotutto, sono un tipo che fa la differenza."
"Quando non sei trai piedi, sì."
Kevin gli mollò un colpetto sul braccio. "Davvero divertente."
Pete sorrise. "Come va la testa?"
"Bene. Ho ancora qualche giramento, ma niente di che." Serrò gli occhi, irati. "Quello stronzo di Johnson me la pagherà! Non me ne frega niente se è un mio superiore! Io l'ammazzo!" Arricciò la faccia in una smorfia di dolore. "Cazzo... la testa..."
"Stai calmo, non agitarti" aggiunse Pete. "Avrà quello che si merita, vedrai."
"Vorrei essere io a dargli quello che si merita!" Si portò una mano sulla testa. "Cazzo... Merda... Cristo santo, che dolore..."
"Vuoi stare calmo o no?"
Kevin gli lanciò un'occhiata. "Non vedo l'ora di rimettermi."
Pete si alzò dalla sedia. "Allora stai fermo e riposati. Passo a controllarti tra mezz'ora. A dopo."
Kevin lo salutò alzando lievemente una mano.



 

Marvin posò il borsone sul pavimento degli uffici e lo aprì. "Hai recuperato un bel po' di armi."
Rita sorrise. "Nick mi aveva detto di recuperare solo i proiettili per difenderci, ma ho pensato bene di raccattare tutto quanto."
"Ottima decisione. Ora come ora ci servono davvero queste armi." Richiuse la zip del borsone. "Darò alcune armi agli agenti e chiuderò il resto nell'armeria."
"Così distante?" chiese Rita, perplessa. "Non è meglio tenere tutto a portata di mano?"
Marvin non rispose subito. "I sopravvissuti potrebbero rubare le armi. È meglio tenerle lontani da loro."
"Sì, forse hai ragione. Ma le munizioni?"
"Quelle le terremo nella hall. Mi sembra logico. Voglio tenere lontano solo le armi." Si mise il borsone su una spalla. "Mi accompagni?"
Rita sorrise. "Certo, tenente."



 

Megan prese un caffè dal distributore. Era il quarto caffè di fila che beveva e non sarebbe stato l'ultimo. Soffiò dentro il bicchierino di plastica e si sedette al tavolino. "Sicura di non volere niente?"
Kate era seduta di fronte, lo sguardo basso. Non le rispose.
Megan bevve un sorso. "Pete era stato infettato."
Kate la guardò.
"È successo poco prima di arrivare qui" continuò lei. "Gli è entrata la bava di un cane zombie in un occhio." Soffiò sul caffè fumante. "È stato terribile vederlo agonizzare a un passo dalla morte. All'inizio non capivo cosa aveva, ma qualcosa mi diceva che era partito tutto dalla bava. Una specie di sesto senso, capisci?"
Kate annuì.
Megan fece un sorso. "Pensavo di averlo perso. Era persino pronta a..." Abbassò lo sguardo. "Non potevo lasciarlo diventare uno zombie. Glielo avevo promesso. Dovevo... dovevo ucciderlo, avere pietà, ma non ci riuscivo." Bevve un sorso. "Poi è arrivata Jill e l'ha salvato. Gli ha fatto ingoiare delle foglie. Le stesse foglie che Pete ha dato a Nick. E poco dopo lui si è ripreso."
Kate sospirò.
"Magari con un morso serve più tempo" disse Megan. "Forse..."
"O forse è spacciato" rispose Kate, arrabbiata. "Forse non si riprenderà mai più. Forse diventerà uno zombie. Forse, forse, forse. Con i forse non si fa niente. Niente!" Scattò in piedi e uscì dal corridoio con passo sostenuto.



 

Pete entrò nell'ufficio del tenente e guardò Chung seduto accanto a Nick, steso sulla scrivania. "Ha aperto gli occhi? Borbottato?"
"No."
Pete raggiunse la recluta e gli controllò il polso. Il battito sembrava essere aumentato. Portò un dito sotto il naso. Pure il respiro si faceva più forte. "Sembra che si stia riprendendo."
"È un ottima notizia" rispose Chung.
"Già, ma non sappiamo se le foglie che gli ho dato bastino per eliminare l'infezione, o se l'ha solo rallentata."
"Se te ne servono altre, io ne ho un po'."
Pete si accigliò, sorpreso. "Davvero? E dove l'hai prese? E poi perché ce l'hai?"
Chung alzò le spalle. "Le fumo."
"Cosa? Perché?"
"Certo che sei un rompi palle. Me le fumo perché mi rilassano. Nel mio paese, in Cina, le usiamo in questa modo."
"Quindi eri tu quello che strappava le fogne dalle piantine nel cortile e dall'ala est?"
Chung alzò le mani in segno di resa. "Beccato!"
Pete lo fissò, interdetto.
"Le vuoi o no?" chiese Chung.
"E me lo domandi pure?"



 

Elliot era davanti alla grande finestra dell'entrata e guardava le facce putrefatte degli zombie.
Un poliziotto gli si avvicinò. "Cosa facciamo con la barricata della porta dell'ala est? La chiudiamo?"
"Sì, chiudetela. Nessuno ci passerà più."
L'agente annuì e se ne andò.
Elliot si portò una mano sull'addome, lo stomaco gorgogliava. "Fottuti parassiti del cazzo..." si disse. "Spero siano morti tutti. Non voglio questo schifo dentro di me..." Si girò e guardò i tre agenti posizionare panche, scrivanie, schedari, sedie e mobiletti contro il portone d'ingresso. "Ottimo lavoro, ragazzi. Continuate così." Poi superò gli altri due agenti che chiudevano l'altra barricata e si diresse verso la reception.
Liah e Tania erano un poco a disparte dagli altri. La bambina aveva gli occhi arrossati per il pianto e si teneva stretta alla madre.
Elliot li raggiunse. "Tutto bene?"
Liah annuì.
"Quelli non vogliono stare con la mamma" disse Tania con un dito in bocca.
La madre la rimproverò con lo sguardo.
Elliot si chinò e guardò la bambina con un sorriso. "Perché?"
Liah si portò la bambina dietro le sue gambe e abbozzò un sorriso forzato. "Va tutto bene. Non succede niente. Sai come sono i bambini, scherzano sempre."
Lui la fissò per un momento. "Se c'è qualcosa che non va, dovresti dirmelo. Posso aiutarti."
"No, va tutto bene. Non c'è nessun problema." Lanciò uno sguardo verso i sopravvissuti.
Elliot non le credeva. Lo vedeva negli occhi della bambina che c'era qualcosa di strano. La stessa madre si limitava a sorridergli, lanciando sguardi fugaci verso i sopravvissuti poco distanti. Ne era intimidita, si vedeva. Era successo qualcosa.
Decise di non continuare a fare domande. Si congedò da madre e figlia con un sorriso e gettò un'occhiataccia malevola ai sopravvissuti, che ricambiarono con falsi sorrisi.

   
 
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