Facciamo
collettivamente finta che questo
capitolo non esista, si?
Un grazie di cuore a Farkas <3 e a chiunque spenda tempo
leggendo questa baraonda.
Comunque,
ecco a voi un Vali Sfigato:
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Vali-Lokison-910062970
Be, almeno
Jack ci ha guadagnato un
appuntamento
Avevano
utilizzato la Grande Banana per spostarsi lungo la costa fino a San
Francisco,
non si erano mai allontanati dalla terra, onde evitare altre dee marine
poco
socievoli.
Madina lo guardava di sottecchi, non era sembrata particolarmente
arrabbiata
per la confessione della romanità di Jason, quanto
più perché il ragazzo aveva
mentito più e più volte.
Da un lato aveva detto che comprendeva perché avesse evitato
di dirlo a Mel,
visto il suo poco amore per i romani, dall’altro non riusciva
neanche a
capacitarsi perché anche Thrud avesse continuato con quella
menzogna. “La
storia è più complicata”
aveva ammesso Jason, non avendo il coraggio di guardarla
negli occhi.
“Quindi sei tu il Jason che ha salvato la vita di Percy con
un Action Figure?”
aveva chiesto invece Magnus, “Nel senso, la divina Kymopelia
è venuta a
salvarci per quello?” aveva insistito. Jason aveva annuito,
pensando come
quella proposta assurda, avesse letteralmente fatto deragliare tutta la
sua
esistenza. “Siamo vivi grazie ad un Action Figure!
Fantastico!” aveva
esclamato Alex, realmente ammirata.
“Sì, per questo mi serve il tuo aiuto”
aveva confessato Jason, “Vuoi che io ti
faccia un ex-voto della terribile dea Romana delle
Tempeste?” aveva
chiesto la figlia di Loki, “Adesso, non credo ti
servirà il disegno” aveva
considerato Jason.
Astrid aveva detto che poteva dargli una mano nel fare il disegno,
visto che
Jason sapeva fare solo oggetti inanimati simili a case e templi
– aveva detto
due cose insieme, probabilmente avrebbe voluto utilizzare
l’inquietante abilità
di disegno di Fred, così da farlo uscire dal suo isolamento. Però, quello
era prima che Jason avesse un
sogno profetico e trascinasse tutti nel caos.
Madina lo aveva guardato di sottecchi, indecisa, probabilmente su
tutto, prima
di parlare, “Io sono immune alle magie illusorie. Uno dei
vantaggi dell’essere
figlia di mio padre, Ullr è il signore
dell’equilibrio” aveva rivelato.
Jason l’aveva fissata con un certo spaesamento, “Io
… wow” aveva ammesso, “Ti
avevo detto che te lo avrei detto, dopo” aveva spiegato
subito la ragazza per
chiarire la sua confessione. “Questo spiega come hai visto i
bersagli
invisibili” aveva provato Jason, “Perché
per me non lo sono mai stati” aveva specificato
Madina. “Sarebbe stata un’abilità
dannatamente utile durante la partita a Bowling
Mortale” aveva considerato Magnus, prima di
raccontare le sue vicissitudini
con Utgard-Loki[1].
“Sapete no, quando ho salvato Váli Lokison da
Váli Odinson pensavo di aver
fatto un vero sbaglio. Mi sono ritrovato bloccato in una sfida con un
dio ed ho
trascinato Astrid in questo” aveva detto Jason. Stavano
tagliando il mare,
lungo la costa, nessun mortale, o mostro marino, sembrava essersi
accorto di
loro. L’acqua era piatta come una tavola, come se, neanche
qualche ora prima,
due dee non si fossero combattute non lontano dalla faglia di San
Andrea –
forse i mortali l’avrebbero imputato a quello.
“Però, poi c’è stata la
missione, se non avessi salvato Váli,
lui non ci avrebbe mai aiutato. Strano, no? Forse anche
divertente?” aveva
ripreso Jason e probabilmente non avrebbero scoperto niente da Jarnsaxa
–
considerando come stava reagendo alla lettura della profezia
Kráka – almeno
aveva un indizio. Un Einherjar di Folkvang.
A proposito doveva chiedere a Madina cosa significasse.
“Wyrd. Non strano, ma Wyrd[2],
permettimi il gioco di parole” si era inserito Magnus.
“Solo per questa potrei lasciarti” aveva
sottolineato Alex, “Posso perdonarti
l’essere bianco e morto[3],
ma non l’essere poco divertente” aveva aggiunto.
“Jason non sa cosa è il Wyrd. Credo”
aveva commentato Madina, guardandolo,
attentamente, Jason aveva annuito, confermandolo. Non era neanche la
prima
volta che lo sentiva in quei giorni.
“Il Wyrd è la legge superiore” aveva
risposto Magnus, “è la rete che intesse il
mondo, il passato che influenza il futuro ed il futuro che influenza il
passato” aveva spiegato calmo, “Quello leggibile
con le rune” aveva proposto
Jason, ricordando tutte le conversazioni che aveva avuto in quei
giorni. Magnus
aveva annuito.
“Il wyrd è il fato?” aveva chiesto
Jason. Alex aveva risposto, “Circa. Credo
vada bene, ciò che bisogna ricordare è che: il
Wyrd va come vuole” aveva
spiegato, “Nel bene e nel male, accadrà
ciò che deve accadere” aveva terminato.
Jason era stato spinto ad aiutare Váli, si era sentito
calamitato lì, senza
averne idea. Era il Wyrd?
‘Aiuta il mezzo-jotun, così che possa
restituire il favore a tempo debito’.
Quindi … aveva pensato, che ne era stato il Wyrd davanti ad
una delle tavole
del destino scheggiate? L’intervento di Jason, guidato
lì, da una cosa minuscola
come la pelliccia di Astrid rovinata da Mel, era tutto parte di un
piano?
Era avvenuto, prima o dopo, la scheggiatura?
Jason era parte integrante di quella macchina perfettamente oliata che
era
l’ordine cosmico norreno, quindi?
Tutti quei pensieri avevano affollato la sua mente, brucianti, una
valanga.
Le chiacchiere di Madina, Alex e Magnus si erano assopite, vuotate
nelle sue
orecchie, mentre quella cacofonia di pensieri si rovesciava in lui.
Quando
avevano tagliato con la Piccola Banana il Golden Gate, Jason aveva
sentito l’aria
sparire dai suoi polmoni quando aveva riconosciuto il profilo imponente
di San
Francisco, della sua vita.
San Francisco era il posto più vicino dove era possibile
andare da Nuova Roma,
era sempre necessario avere un permesso, ma era
più facile ed era meglio
che essere in missione. Non aveva potuto trattenere il sorriso che era
sorto
sulle sue labbra a quel dolce ricordo.
“Non ero mai stato a San Francisco” aveva rivelato
Magnus, “Nonostante mio zio
non abiti così lontano – certo, lui ha pagato per
il mio funerale, quindi
immagino non si aspetti di vedermi alla porta, però,
sì, ecco, contavo di
venirci prima o poi, Annabeth vive qui” aveva considerato,
prendendo il
telefono dalla sua tasca con tranquillità – era un
miracolo che fosse
sopravvissuto a tutto il marasma della giornata.
“Come faremo a tornare a Boston da San Francisco? Siamo
letteralmente
dall’altra parte del paese” aveva considerato
Madina. Jason aveva deglutito
pensando al suo imminente incontro, così come il terrore di
dover attraversare
il paese e tutto il pericolo che avrebbero incontrato. Essere
mezzosangue era
essere una calamita per mostri, immaginava fosse anche per i norreni e,
scommetteva, che essere einherjar fosse ancora più
pericoloso.
Magnus le aveva risposto, “Oh, be, vedi quanto siamo cacciati
dai jotun e
mostri noi?” aveva domandato retorico il figlio di Frey,
Madina aveva annuito,
“Sono morta così” aveva rivelato quella.
“Per i Greci ed i Romani è venti volte
peggio[4]”
aveva anticipato
Alex, guadagnando un piccolo rimprovero dal suo fidanzato.
Madina aveva invece guardato Jason, “Oh, be, non so le
proporzioni precise, ma
è, tipo, impossibile evitare creature e dei.
Ho un amico che è stato espulso da non so
quante scuole a causa dei mostri
ed uno a cui Giunone faceva la baby-sitter” aveva raccontato
Jason. La sua
amica sembrava davvero ammirata. “Ecco,
sì” aveva ripreso il discorso Magnus,
“Spostarmi per me con l’albero è
pericoloso, ma non quanto per Annabeth senza,
è infinitamente più rischioso” aveva
raccontato, “Così, Hearthstone ha
utilizzato la runa Raido per creare un passaggio
tra una sua porta e
quella sul retro del negozio di vestiti di Blitz … non
può essere usata spesso
e quando viene usata, impiega ventiquattro ore per ricaricarsi, da quel
che mi
ha detto è stato ispirato dalla magia dei maghi
egizi” aveva spiegato.
“Maghi egizi. Ecco, questi ci mancano nel Valhalla”
aveva sogghignato Madina.
“Quindi, sì, Annabeth ha un passaggio sicuro per
Boston” aveva aggiunto Alex
con un tono calmo.
Avevano
attraccato con la nave, nella Baia di San Francisco.
Jason era rimasto sconvolto dalla visione che si era palesato davanti a
loro.
C’era un gruppo di genti marine, tritoni e
quant’altro che stavano spostando
rottami verso il litorale e valutando oggettistica varia, mentre la
baia ed il
golfo erano invasi da relitti, del tutto assenti agli occhi dei mortali.
“Che è successo qui?” aveva commentato
Alex a mezza-bocca, “Mia cugina mi aveva
detto che c’era stata una battaglia nella baia ma non mi
aspettavo che fosse
così grave” aveva considerato Magnus, prendendo la
mano della sua ragazza.
Madina guardava l’ambiente con una certa apprensione,
“Ora è molto meglio, mesi
fa era molto, molto, peggio” aveva dichiarato invece lei.
Aveva la voce, calma, tranquilla. Jason si era voltato immediatamente
verso di
lei, imitato dagli altri. “Tu … tu eri
qui?” aveva domandato alla fine. “Dopo
la battaglia” aveva risposto Madina, con calma, come se fosse
ovvio. “Io … lo
ha voluto Mel” aveva detto calma. Jason era confuso.
“Sai Jason, mia madre, reduce dalla sua esperienza, riteneva
che certe catene
non si sciogliessero mai, specie se ci nasci” aveva aggiunto
con voce lugubre
Madina, a rispondere ad una domanda che lui non aveva posto.
Mel era nato schiavo? Stava dicendo quello Madina? Era giovane ed era
stato
educato nell’arte gladiatoria e era difficile che uno schiavo
nato come tale finisse
nelle arene, a meno che non fosse venduto come punizione ad una scuola
gladiatoria, dove non sarebbe stato più protetto da quel
poco che aveva[5].
Ricordava che Mel avesse parlato di una Domina quando era bambino
…
“Ma parlane con lui, se vuoi … potresti anche
accennarli che sei un Romano. Sì,
Mel non ama i romani, ma ancora meno i bugiardi” aveva
terminato Madina,
dandoli un buffetto sulla spalla – con gentilezza.
Prima di
poter attraccare, sul bordo della Piccola Banana si era posato un
grosso
gabbiano, che ovviamente, non lo era. “Ei voi”
aveva strepitato una voce.
Jason era saltato osservando la figura davanti a loro, era un uccello,
dalle
dimensioni di un condor, con le piume di un grigio sporco ed il viso
più bello
che Jason avesse mai visto, quello di Piper.
“Tu … tu sei una Sirena!”
aveva esclamato Jason[6].
“Oh, be, complimenti Capitan Ovvio” aveva risposto
la Sirena, “Io sono Jia e
sono il questore di Baia. Sono
stata incaricata di sorvegliare i
territori limitrofi a Nuova Roma, specie dopo gli ultimi tempi.
Identificate
voi stessi e la ragione della vostra visita” aveva asserito
quella con voce
secca e raschiante.
Madina aveva preso la mano di Jason preoccupata, “Chi ti ha
incaricata?” aveva
chiesto Alex, coraggiosa. “Sono stata selezionata
personalmente dal Pretore
Zhang e se non risponderete alle mie domande con le buone
dovrò ricorrere
alle cattive” aveva dichiarato Jia.
Jason aveva sussultato alla menzione del nome del suo amico, un gran
calore
aveva avvolto il suo petto nel ricordare il sorriso chiaro, buono e
pieno di
luce del figlio di Marte. Frank era ancora pretore – titolo
che Jason aveva
dato lui, pieno di fiducia – ed era riuscito a far
collaborare anche una
sirena. Jason non credeva che le sirene potessero voler collaborare con
i
semidei.
Prima che Jason potesse rispondere era stato Magnus a parlare,
“Oh, non ci
serve!” aveva esclamato subito Magnus, “Immagino
che questo valga solo per i
non-mortali” aveva considerato il figlio di Frey, indicando
le imbarcazioni
mortali che attraccavano con assoluta calma.
“Immagini bene, ma non puoi intortare a chiacchiere me,
ragazzino. Incanto gli
uomini da prima che i tuoi avi sapessero di essere al mondo”
aveva dichiarato
la sirena senza perdere smalto, “Immagino!” aveva
risposto prontamente il
figlio di Frey, “Io sono Magnus Chase, un einherjar del
Valhalla, sono in
visita a mia cugina” aveva dichiarato con
tranquillità.
“Oh, il famoso Magnus Chase, l’uomo che ha battuto
ad una gara di insulti
Loki Laufeyson” aveva valutato Jia, leggermente ammirata.
Jason era davvero
sorpreso da quanto velocemente le informazioni si fossero disseminate
tra i
vari pantheon, considerando che fino a quel momento Jason non aveva
neanche
avuto idea esistessero i norreni.
In effetti aveva vissuto tutta la vita senza sapere neanche dei Greci
– doveva
essere una specie di gioco degli dèi, quello di tenere i
mezzosangue all’oscuro.
“… Un uomo che potrebbe provare a raggirarmi ed
avere solide possibilità” aveva
considerato Jia, interessata, con gli stessi strabilianti occhi di
Piper,
stretti in un’espressione sospettosa. “Colpevole di
quello! Ma ho usato solo la
mia buona parlantina e molti complimenti, ad insultare faccio schifo.
Dicevo,
siamo qui in visita da mia cugina Annabeth, anche lei credo sia
piuttosto
famosa” aveva ripreso Magnus.
“Sì, sì, potrei averla incontrata
qualche anno fa” aveva replicato Jia.
Jason aveva drizzato la schiena, abbastanza colpito da quella notizia,
di cui
non aveva mai saputo nulla. Non lo sorprendeva, Annabeth aveva vissuto
più
avventure di chiunque lui avesse mai conosciuto, più di lui
– Deì, aveva anche
un cugino einherjar figlio di Frey – ma era così
strano scoprire cose nuove di
persone che pensava di conoscere come i palmi delle sue mani.
Poi, riflettendoci, aveva valutato che non doveva sorprendessi poi
troppo, in
fin dei conti, pensava genuinamente che lui e Piper si amassero e che
avrebbero
passato la vita insieme.
“Tranquilla Jia, puoi andare, garantisco io per
loro” aveva salmodiato una
voce.
Jason si era voltato subito, sull’attenti.
Per un secondo aveva intravisto Kymopoleia, fermato da quegli occhi, ma
ad
un’occhiata più attenta, si era dovuto ricredere.
Aveva gli stessi occhi verde
mare della dea della tempesta e di Percy, ma la somiglianza finiva
lì. Il viso
della sconosciuta era più dolce ed infantile di quello di
Kym, il tono della
sua pelle era di un azzurro chiaro, la sua forma era più
morbida ed appesantita,
sfoggiava inoltre una chioma riccioluta di un verde rame. Jia aveva
sbuffato, “Come
lei desidera, mia signora Bentesicima” aveva detto, prima di
spiccare il volo
ed abbandonarli, non senza aver lasciato un ricordino sul bordo della
barca.
“Ehm … Grazie?” aveva detto Jason.
“Sì, Grazie” aveva dichiarato
l’altra con un tono basso piuttosto infastidito,
“Oggi, io e le mie sorelle abbiamo dovuto affrontare le
figlie di Aegir per
voi. Non ho idea di cosa voi abbiate fatto per aver fatto muovere la
mia
istrionica sorella. Kymmi ha detto che lo ha fatto per te, Magnus
Chase, perché
a breve saremo tutti una grande famiglia felice. Ovviamente io conosco
Kym e le-”
aveva aggiunto Bentesicima, interrompendosi bruscamente, quando Magnus
aveva
aperto la sua bocca.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, non sembrava una scusa molto
credibile
e sicuramente un’altra divinità interessata a
quella storia non aiutava Jason,
ne Kym, ne Nico.
“Oh,
certo. Quando Annabeth e Percy si
sposeranno. Sarà un matrimonio fantastico, un po’
affollato, penso, dovremmo
tenere su due pantheon. Pensi che il divino Poseidone
permetterà di celebrare
le nozze ad Atlantide? No, perché io ho, problemi con tutte
le divinità marine
del mio Pantheon, incluso il Serpente, forse non mio nonno
…” aveva parlato
sparato dritto come una macchinetta Magnus.
Jason si era perso.
Anche Madina a giudicare dalla sua espressione. Alex invece sfoggiava
un bel
sorriso sornione dal soliloquio del suo fidanzato. “Ahhh
… chiudi la bocca e
sbarcate, prima di inimicarvi anche le divinità di questo
pantheon!” aveva
strillato Bentesicima.
“Annabeth
è
parecchio strana, a quanto pare abbiamo avuto un tempismo
perfetto” aveva
considerato Magnus, sarcastico, mentre leggeva un messaggio sul
telefono,
l’altra mano in quella della sua fidanzata.
Madina seguiva loro calma, affiancata da Jason.
Se i primi due parevano una coppia di fidanzatini adolescenti standard,
Jason e
la sua amica, attiravano non pochi sguardi.
Jason indossava una lurida pelliccia sbrindellata e Madina indossava
dei
vestiti a strappi. La foschia, d’altronde, riteneva che
intervenire sulla moda
dei mezzo-sangue non fosse suo dovere, portava a molti mortali confusi
a
guardarli.
“Bella San Francisco. Piena di salite, sarebbe fantastico
farci jogging” aveva
esclamato Madina, comunque, piena di meraviglia negli occhi,
guardandosi a
destra e manca. “La mia solita fortuna” aveva
commentato Jason ad alta voce,
rispondendo a Magnus, con un’espressione crucciata sul viso,
confuso e timoroso
di quello che avrebbe dovuto dire.
“Annabeth dice che ci incontrerà subito e ci
porterà alla porta, ma prima deve
capire come sistemare una piccola crisi che sta affrontando”
aveva spiegato
Magnus leggendo il messaggio di sua cugina. Jason aveva annuito,
“Io, ecco,
dille che puoi aiutarla” aveva commentato Jason, con un
sospiro pesante.
Sapeva di non poterlo fare, anzi, sapeva quasi di non doverlo fare, Kym
si
sarebbe infuriata, Thrud ne avrebbe pagato le conseguenze. “E
può?” aveva
chiesto Alex al posto del suo ragazzo.
Jason aveva annuito.
Annabeth
aveva dato loro appuntamento ad una caffetteria vicino il suo
dormitorio, non
lontano dall’Università di San Francisco. Come
quando aveva raggiunto
l’università di Boston, Jason aveva sentito un
mancamento attraversarlo.
“Sei nervoso, vero?” aveva domandato Madina, con
gentilezza, “Tecnicamente dopo
il trapasso, non possiamo incontrare i nostri famigliari, le regole
vorrebbero
che stessimo ad Idavoll ogni giorno. Però, alla fine, tutti
sgattaiolano per
vedere i propri cari” lo aveva rassicurato con gentilezza.
A fermarlo dall’abbracciare la ragazza era stato guidato
solamente dalla
consapevolezza di averne ricevuti troppi in quella giornata.
“Madina … io … non
voglio mentirti oltre” aveva ammesso Jason, alla fine.
Madina lo aveva guardoto, con gli occhi scuri, carichi prima di
angoscia e poi
di dolcezza, prima di un sospiro, “Non mentivi, per paure,
eh?” aveva chiesto
retorica, senza malizia.
“Credi che qui faranno qualcosa da mangiare?” aveva
chiesto Magnus, “Spero non falafel,
se ne mangio ancora …” aveva risposto Alex,
“Io spero che Percy si porti la mia
dama, non la vedo da mesi, se non trovasse la mia affilatura
più attraente?”
aveva chiesto Jack, la voce era venuta dalla gola di Magnus. Al suo
collo,
portava allacciata una collanina con il simbolo di Fehu.
Kráka lo aveva interpretato come negativo, o quasi.
Annabeth non
ci aveva messo molto a palesarsi dopo. Jason l’aveva
riconosciuta subito. Era
Annabeth ma non lo era – un po’ come era stato per
lui, quando si era rivisto
allo specchio dopo il trapasso – era un’adulta.
I mesi dall’ultima volta
che Jason l’aveva vista dal vivo sembravano, in quel momento,
improvvisamente più
lunghi. Della ragazza in blue jeans e maglia arancione non era rimasto
molto.
Era una bella ragazza, con una camicia scozzese e pantaloni in velcro;
l’incarnato ambrato, capelli biondi raccolti in una coda
bassa, da cui
sfuggivano ciuffi incontrollati.
Annabeth aveva avuto una camminata dritta e fiera, come Jason sapeva
fosse lei,
alle sue spalle c’erano Percy e Nico.
Il figlio di Poseidone aveva un aspetto piuttosto tranquillo e
rilassato, con
la felpa slacciata sul davanti ed i jeans chiari, Nico al suo fianco
era ingobbito
con gli occhi scuri spalancati, guardingo. Aveva abbandonato i vestiti
di Leo,
per qualcosa di Percy, in cui sembrava esserci caduto dentro. Nel
vederlo, così
spaventato, come sperava non l’avrebbe più visto,
dopo Spalato, dopo la guerra,
il cuore di Jason si era spezzato.
Nico fu il primo a vederlo.
Mentre Annabeth aveva riconosciuto subito la testa del cugino e si era
diretta
con un sorriso cristallizzato e nervoso verso di lui, Nico aveva visto
lui. Gli
occhi scuri si erano spalancati, un lampo di confusione, di terrore, di
gioia,
tutto insieme dietro le iridi.
Aveva abbandonato il fianco di Percy per correre verso di loro, quasi
urtando
Annabeth nel mentre. “Nico!” lo aveva rimproverato
lei, ma quando si era
accorto di Jason il fiato le era sparito.
Jason si era alzato ed era andato da loro.
Nico lo aveva guardato negli occhi, quasi tremante.
“Manca la cicatrice” aveva sospirato, con le mani
quasi tremolanti, allungando
una mano sul suo viso.
“Sono io, Nico; sono io” aveva commentato con voce
calma Jason, timoroso che
quella correzione sul viso, che aveva rovesciato il suo aspetto, lo
rendesse in
quel momento una copia ai suoi amici. Nico aveva abbozzato un sorriso,
“Lo so.
Lo so” aveva risposto Nico, “Riconosco la
tua traccia vitale – e che sei
ancora morto” aveva terminato.
“Sì, ora ti spiego tutto. Vi spiego
tutto” aveva risposto Jason.
“Direi che ovvio, sei un Einherjar” aveva detto
Annabeth, quando gli aveva
raggiunti, abbracciandolo, stretto, come un serpente. Jason aveva
ricambiato.
Nico era arrossito alla consapevolezza di non averlo fatto anche lui e
così era
stato.
Ultimo era stato Percy, “Sono così felice di
sapere che sei vivo, circa, amico”
gli aveva sussurrato.
“Sì anche io” aveva ammesso Jason.
Madina, Alex e Magnus erano rimasti a guardare la scena.
Annabeth si era voltata verso il cugino ed aveva tirato un buffetto
sulla nuca,
“Potevi dirmelo!” lo aveva
rimproverato. “Cosa ti scrivevo, credo che il
tuo amico sia nel Valhalla? Non si danno queste notizie a cuor
leggero” aveva
risposto Magnus sulla difensiva.
“Potevi dircelo tu, Jason. Mesi fa!” aveva detto
allora Annabeth, voltandosi
verso Jason.
Ovviamente, era quello che chiunque si sarebbe aspettato da un buon
amico; lui
stesso lo avrebbe fatto, se fosse finito nel Valhalla mesi a dietro.
“Penso sia molto complicato” aveva risposto Jason.
Madina lo guardava con sguardo pieno di confusione, “Mesi?”
aveva
chiesto, confusa.
“Non sono morto quattro giorni fa” le aveva
risposto Jason, “Ma molti mesi fa”
aveva raccontato. Ringraziava, quasi, in quel momento, che Thrud lo
avesse
fatto giurare sullo Stige di non urlare e non di mantenere il segreto,
forse lo
aveva fatto proprio per quello, consapevole che un giorno avrebbe
dovuto
rendere i conti.
Forse quel giorno non lo pensava così vicino.
“Okay, penso sia il caso che ci sediamo tutti e parliamo per
bene, se Jason se
la sente” aveva attirato l’attenzione di tutti
Alex, sollevandosi dalla sedia,
nel tentativo di racimolare anche altre sedute per permettere di
sistemare
tutti.
“Percy hai portato la mia ragazza?” aveva chiesto
invece Jack, Magnus aveva
sbuffato liberandosi la sua spada dal ciondolo. Il figlio di Poseidone
aveva
annuito, sfilando dalla tasca la sua biro a cui aveva fatto saltare il
cappuccio. Qualche mortale si era girato, “Dannati ragazzini
e i loro cannoni
spara-coriandoli” aveva sentito un vecchio borbottare, mentre
beveva il suo
caffè con un’espressione contrariata.
“Scusate un secondo” si era congedato Percy, mentre
adagiava Vortice, dritta,
su una sedia ad un tavolino di distanza, Magnus non aveva dovuto fare
la stessa
manovra con Jack che ci era volato accanto da solo. Anche
quell’azione aveva
guadagnato qualche confuso sguardo dei mortali, ma che si era
acquietato quando
Percy si era allontanato, segno che la Foschia aveva corretto la
percezione.
Jason si chiedeva cosa dovessero percepire le persone nel vedere la
scena,
perché a Jason pareva surreale – ed era morto e
risorto. Due spade, attorno ad
un tavolo, una delle due parlanti che riempiva l’aria di
chiacchiere con un
soliloquio di tutto rispetto.
“Okay, sì, questa è la cosa
più strana che ho visto questa settimana e non ne
ho viste poche” aveva rivelato Madina, alzando le mani.
“Tranquilla, lo facciamo quasi una volta ogni due settimane
… appuntamento tra
spade” aveva liquidato la faccenda Annabeth. Lo aveva detto
con l’assoluta
serietà con cui diceva le cose lei, anche in una situazione
così pittoresca.
Jason aveva un singulto nel petto, perché in quel momento,
l’unica cosa che
avrebbe voluto dire era: mi siete mancati tantissimo.
Ma non riusciva a muovere la lingua.
“Parliamo delle cose serie: Jason?” aveva
dichiarato la figlia di Atena,
rivolgendosi verso di lui, distogliendolo dai suoi tremori.
“Sempre se te la senti con noi tutti ...” Si era
intromessa Madina gentile.
Aveva sorriso di nuovo, in quella maniera delicata e dolce, di chi
sapeva
comprendere bene i turbamenti degli altri.
Era una ragazza esuberante, di quelle capaci di portare il colore in
ogni
stanza, ma aveva anche un’empatia incredibile.
Jason le aveva sorriso, di rimando, incoraggiato.
“Non è non sentirmela, ma è il pericolo
in cui vi metterei” aveva risposto
Jason e nel dirlo aveva voltato lo sguardo su Nico.
“Sono morto del tempo fa, non so esattamente quanti mesi,
combattendo contro …
be, non un boss criminale, quasi, contro un Imperatore
Romano” aveva raccontato
Jason.
Nessuno era parso particolarmente sconvolto dalla notizia, tranne
Madina, “Oh,
per la gloria di Asgard, sei morto nella battaglia della
Baia?” aveva chiesto subito,
con espressione apprensiva negli occhi scuri.
“No, prima, a Santa Barbara” aveva asserito Jason,
con uno sguardo cupo,
recuperando quel ricordo, pieno di dolore.
“Però
è stato comunque un membro del
triumvirato?” aveva chiesto Madina, sembrava incerta di che
parole dovesse
usare. Questo aveva confuso decisamente Percy e Nico, di rimando
Annabeth aveva
inclinato la testa e studiato la ragazza con interesse. Alex e Magnus
reduci
della confesssione alla Baia non erano parsi molto sopresi.
“Madina è in giro
da qualche secolo, si è fatta il suo bagaglio di esperienze
e conoscenze” aveva
giustificato la cosa Jason. Madina aveva annuito, “Inoltre il
mio ragazzo è
stato molto interessato agli avvenimenti” aveva spiegato con
calma.
“Ah, davvero? Noi l’abbiamo scoperto praticamente a
cose fatte” si era
lamentata Alex, “Stavate anche salvando il mondo,
voi” aveva ricordato Madina,
con delicatezza.
“Quante volte negli ultimi anni il mondo è stato
in pericolo?” aveva chiesto
Nico, con genuina confusione.
“Se contiamo: tre noi, in cinque anni, una volta Carter, una
volta Magnus …”
aveva cominciato ad elencare Percy.
La cosa aveva inavvertitamente provocato una risata, che aveva disteso
la
situazione leggermente pungente che si era creata.
“No, fidatevi, questo è niente. Dovevate esserci
alla fine del ‘settecento,
credevo che il mondo finisse tre volte a settimana” aveva
replicato lei.
Jason aveva
sospirato, guardando la sua nuova amica, “So, che
può sembrare brutto, forse,
qui è il momento in cui …” aveva
cominciato a raccontare in imbarazzo Jason.
Madina aveva sorriso incoraggiante, “Qui è dove
vuoi fermarti e raccontarlo
solo ai tuoi amici” era intervenuta Alex, “Chiaro,
semplice, comprensibile”
aveva spiegato per lui.
Jason aveva sorriso cotto di imbarazzo, “Sei anche tu mia
amica” aveva detto
guardando Madina, perché fosse chiaro.
“In realtà, vorrei dirlo solo a Nico,
cioè volevo dirlo solo a Nico, ma con
Annabeth e Percy qui mi sembrerebbe stupido …”
aveva specificato Jason, senza
contare che si rendeva conto, egoisticamente, di non volerlo fare.
“Inoltre,
non voglio mentirti ancora ed è una situazione lunga e
forse, sarebbe il caso
che te la racconti dopo, anche con gli altri. Magari con Mel”
aveva detto,
prima di voltarsi verso Alex e Magnus che non sembravano turbati dai
suoi
segreti.
“Jason” aveva detto Madina, “Ho vissuto
seicento anni, ormai ho capito come
inquadrare le persone. Mi hai mentito, ma capisco che non sei una
cattiva
persona. Con il tuo buon cuore hai spinto due jotun e due dee ad
aiutarci”
aveva sottolineato lei, carica.
Jason era arrossito, anche se non sapeva bene perché.
“Dii Immortales,
amico, non hai perso tempo!” aveva fischiato Percy.
“Allora, facciamo così, noi ci ordiniamo un bel
piatto di falafel ed una diet
coke, mentre voi discutete” aveva invitato Magnus
carinamente. Nel guardarlo in
quel momento, non lontano da Annabeth, Jason si chiedeva come non
avesse notato
prima quanto evidente fosse la loro somiglianza.
Avevano lo stesso attento sguardo intelligente, Jason non credeva di
poter
descrivere in altro modo. “Grazie cugino” aveva
dichiarato la stessa Annabeth,
guardando lui.
“Sì, be, io non mangerò
Falafel” aveva dichiarato Alex, mentre si alzava per
attirare l’attenzione del cameriere, che con suo sommo
stupore, stava
raccogliendo l’ordinazione di Jack.
Jason,
invece, con Nico, Annabeth e Percy si era seduto, momentaneamente, a
qualche
tavolino di distanza, sotto un’ampia finestra da cui si
vedeva bene il
quartiere, pieno di universitari.
“Deve essere bello” aveva commentato a mezza-bocca
Jason con voce sognante;
aveva sentito la mano di Annabeth sulla sua, con gentilezza,
“Diciamo di sì, ma
solo di martedì, giovedì e
venerdì” aveva risposto con una risata. Jason
aveva
contraccambiato con divertimento. “Possiamo riprendere questa
scena da Friends
dopo e parlare del fatto che Jason è passato dai Campi Elisi
al Valhalla?”
aveva chiesto retorico Nico.
“Tu sai cosa è Friends?” aveva domandato
Percy, quasi con curiosità, come se
vedesse una fiera rara; l’altro lo aveva guardato con un
certo biasimo negli
occhi, quasi a sottolineare non fosse quello il punto, ma lo sguardo di
Percy
non era cambiato di una virgola, “Will dice che devo
recuperare qualcosa come ottanta
anni di cultura pop” si era giustificato Nico, rosso in viso,
come un peperone;
“Ora possiamo parlare di Jason?” aveva chiesto.
Percy si era fatto scattare una risata.
Tutti gli occhi erano poi tornati su Jason, “Allora, amici
miei, la questione è
pericolosa, si rischia una guerra tra i nostri genitori” e
nel dirlo, aveva
guardato sia Nico, sia Percy, quasi singolari, “E non
provocherebbe non pochi
problemi con il mondo norreno” aveva raccontato con una pausa.
Senza considerare quel piccolo incidente delle tavole del destino
scheggiate.
Gli altri avevano annuito attenti, “E questo ti
spiegherà anche perché hai
l’impressione che un dio marino sta cercando di
ucciderti” aveva aggiunto con
calma, attirando l’attenzione del suo amico, che si era
drizzato come una
freccia, “Perché lo sta facendo,
probabilmente” aveva aggiunto.
Annabeth lo aveva guardato, con gli occhi grigi, dritti su di lui,
quasi
rapaci, “In quale casino sei finito Jason?” aveva
chiesto posata.
“Amici, è un segreto. Dico davvero, fino a questa
mattina eravamo in tre a
saperlo, più una quarta che aveva i suoi dubbi, adesso
saremo in sei a saperlo,
e quattro con troppe informazioni” aveva raccontato nervoso;
“Quindi nessuno –
nessuno – dovrà saperlo oltre” aveva
rivelato lui, per un secondo i suoi
pensieri erano galoppati verso Thalia, Piper e Leo, certo anche Hazel e
Frank,
ma per primo sua sorella, che doveva aver affrontato, di nuovo, la sua
morte,
poi per la donna dei suoi sogni ed il suo migliore amico, che non lo
avrebbero
mai dovuto sapere. Per la pace. “Non volevo neanche dirlo a
tutti voi – avevo
pensato di dirlo a Nico perché si stava mettendo nei guai,
ma non volevo,
perché non volevo darvi questo peso” aveva
spiegato Jason.
“Non sei Atlante, amico, non devi tenere il peso del mondo
sulle spalle” lo
aveva rassicurato Percy.
Jason aveva sospirato e alla fine aveva raccontato tutto.
Aveva omesso il ruolo di Thrud, descrivendola come una valchiria, sia
per non
esporre la sua amica ulteriormente, sia perché sarebbe stato
inutile ai fini
della storia, per i suoi amici. Non aveva potuto fare per Kym la stessa
cortesia.
“Mia sorella? Mia sorella Kym? Alta venti piedi, incazzata
come una faina e poco
simpatica?” aveva chiesto Percy sconvolto, “Ha
convinto una valchiria ad andare
nel regno di Zio Ade a rubare l’anima di un figlio di Giove
da portare nel
Valhalla per un Action Figure?” aveva materializzato Percy,
sconvolto.
“Questo non ha parecchio senso” aveva ammesso
Annabeth.
“Sarò onesto” aveva considerato Jason,
“Credo che Kym abbia una sua agenda, ma
non ho idea di quale sia, non sono neanche sicuro di volerla sapere
– in realtà
ora sono in missione – però questo non cambia
quello che ha fatto” aveva
spiegato.
“Certo una figlia di Poseidone è entrata nel regno
di Ade per prendere l’anima
di un figlio di Giove. Solo questo basterebbe a far arrabbiare i
tre” aveva
soppesato Annabeth.
“Mio padre potrebbe andare sul piede di guerra per questo.
Non la prese molto
bene quando Sisifo si diede alla fuga” aveva raccontato Nico.
“Io credo che Kym puntasse molto all’idea che tuo
padre non lo avrebbe notato.
Di solito immagino non presti attenzione alle anime in fuga delle Isole
dei
Beati o dei Campi Elisi, chi vorrebbe mai andare via da
lì?” aveva risposto
retorico Jason.
Nico aveva annuito, “Sì, decisamente sono i campi
della pena i posti dove c’è
grande attenzione a chi esce di straforo. Immagino che la divina
Kymopoleia
avesse preso leggermente sotto-gamba la mia … la mia
… preoccupazione” aveva
confessato Nico, con un po’ di rossore sulle gote.
Jason aveva allungato una mano per posarla sulla spalla del suo amico,
“Sono
grato e onorato della tua amicizia Nico, così come della tua
preoccupazione”
aveva raccontato, “Non cercare più di scoprire
dove è la mia anima e credo che
Kym ti lascerà in pace, nel dubbio, proverò a
contattarla, anche se non so bene
come” aveva raccontato, grattandosi la nuca.
Kymopoleia si era inimicata la figlia di Aegir per lui, forse avrebbe
potuto
smetterla di tormentare Nico – se fosse stata davvero lei.
Nico aveva annuito, “Tutta questa situazione è
surreale” aveva considerato
Annabeth, “Ma va bene, lavoriamo con quello che
abbiamo” aveva considerato
pragmatica.
“Smetterò di fare domande … anche
perché ora non è più
necessario” aveva
ammesso Nico, aveva sorriso verso Jason, i suoi occhi erano quasi
lucidi, “Io
sono contentissimo che tu stia bene. Quando … quando non ti
ho sentito più in
pace è stato terribile” aveva raccontato.
Jason gli aveva arruffato i capelli, “Va bene, non devi
più preoccuparti, io
ora sto bene, circa, sono già in missione, come dicevo,
niente di nuovo sotto
Sol” aveva scherzato – mentendo.
Non era il caso, si disse, di tirarli in mezzo alla questione di
Gullinsporti,
di H e dell’altro Váli.
“Dei, tutti uguali, neanche nella morte ti
lasciano in pace” aveva scherzato Percy.
La risata sulle loro labbra era stata gelata solo da Annbeth, delicata,
per
quanto possibile, “Con gli altri, Jason, so che hai detto che
deve essere un
segreto, ma sei davvero sicuro? Neanche a Thalia?” aveva
chiesto.
“Nessun altro” aveva risposto Jason, con dolore.
“Perfetto, mi inventerò qualcosa con Lit, Leo e
Calypso per il mio
comportamento” aveva provato Nico – Jason avrebbe
dovuto dirgli di tacere anche
con il suo ragazzo, ma aveva dubbi che il suo amico lo avrebbe fatto
davvero,
“Credo che nessuno dei tre mi crederà a pieno, ma
Leo si è abituato alle mie stranezze,
Calypso è più strana di me e a Lit non frega
nulla” si era giustificato Nico.
“Sei proprio sicuro, amico?” aveva chiesto, invece,
Percy guardando Jason, “Nel
senso, noi vorremmo incontrarci prossimamente, sarà strano
dover mentire” aveva
considerato con un’espressione cruciata. Annabeth aveva messo
una mano sul
braccio del suo fidanzato, con calma, “Percy, questa
è una decisione di Jason e
noi dobbiamo rispettarla. Capisco la tua scelta, il bene
dell’equilibrio del
mondo prima di quello personale, però, è
ingiusto, mi rendo conto … magari
quando la situazione sarà diversa, tu potrai incontrare
anche gli altri, ne
sarebbero pieni di gioia” aveva considerato Annabeth, con
quel suo tono
rassicurante, calmo e gentile. “Amici, mettervi in questa
situazione è l’ultima
cosa che avrei voluto. Questa situazione è
l’ultima cosa che avrei voluto”
aveva rivelato Jason, “Se posso essere veramente sincero: io
stavo bene, perché
ero certo che nelle vostre mani sarebbe andato tutto bene”
aveva aggiunto.
Jason aveva sentito il bisogno di piangere e gli altri erano stati
così cortesi
da avergli dato il suo tempo, raggiungendo gli altri.
L’ultimo ad alzarsi era
stato Nico, lo aveva fissato con intensità, con i suoi occhi
scuri,
“Egoisticamente: io sono felice” aveva sancito il
figlio di Ade, prima di
congedarsi. Jason aveva sorriso, prima di tirar via gli occhiali e
nascondere
le lacrime con una mano.
Quando era arrivato, Annabeth stava raccontando qualcosa di divertente
a
proposito dei suoi fratelli minori – ne aveva? Jason non lo
sapeva, pensiero
che gli aveva dato le vertigini – al cugino, mentre Alex e
Percy dibattevano su
come stesse andando l’appuntamento tra Jack e Vortice, la
spada era arrivata a
cantare l’intera discografia di Enya.
Madina stava spietatamente interrogando Nico, con quel suo sorriso
pieno di
divertimento, poteva osservare come il suo amico fosse così
rosso d’imbarazzo,
da parere quasi su una graticola.
“Jason caro, è così bello mangiare
qualcosa che non ha dei miele dentro –
nonostante fossero sante quelle api”
aveva dichiarato, mostrando con
orgoglio il suo kebab. “I falafel di Amir però
sono meno speziati e più buoni”
aveva considerato Magnus, mentre si guadagnava un buffetto sulle dita
dalla
ragazza quando aveva cercato di prendere una manciata delle sue
patatine. Jason
aveva sorriso, “Sai sto proprio sognando l’arrosto
di cinghiale di questa sera”
aveva raccontato, aggiustandosi gli occhiali. I suoi occhi erano ancora
arrossati
e lucidi, dal pianto.
Gli altri avevano ridacchiato, “Okay questa andrebbe
approfondita” aveva detto
Percy.
Jason
sarebbe voluto rimanere di più, sarebbe voluto rimanere per
sempre; anche
Magnus e Jack sarebbero voluti rimanere di più, ma il
destino del pantheon
norreno non prevedeva quell’attesa.
Avevano seguito Annabeth nel suo dormitorio – che a Jason
aveva ricordato,
senza alcun dubbio, i piani delle valchirie all’Hotel
Valhalla – fino alla sua
piccola stanza.
“Fate attenzione” aveva dichiarato la proprietaria.
La stanza di Annabeth era spartana, ordinata, senza un grammo fuori
posto, ma
il pavimento era occupato da un plastico tridimensionale di
un’acropoli
moderna. Jason aveva riconosciuto alcuni dei suoi templi, di cui i
disegni
erano rimasti nella sua camera al collegio.
“Sto unendo l’utile al dilettevole, un progetto per
una mostra e la creazione
di un’acropoli al campo mezzo-sangue, ne faremo anche uno per
Nuova Roma ma li
è più complicato perché ha una
geografia più ordinata ed ha già dei templi. Il
Campo ha molti spazi ampli e vuoti che potremmo sistemare
bene” aveva
raccontato la sua amica, guardandolo, “Tranquillo, ti ho
citato nel progetto;
sei tra i ringraziamenti, senza il quale niente di
tutto questo sarebbe
possibile” aveva spiegato subito.
“Grazie Annabeth” aveva detto Jason, non per la
citazione, “Apollo e Meg hanno
portato i disegni a Nuova Roma ed Hazel a me. Non avremmo mai lasciato
la tua
opera incompiuta” lo aveva rassicurato con fermezza.
“Di positivo c’è che ora, puoi
partecipare attivamente, Magnus può farmi avere
i tuoi disegni” aveva aggiunto Annabeth, indicando suo cugino.
Jason lo aveva ringraziato di cuore.
Annabeth aveva sorriso, “Okay, adesso, proveremo ad aprire
questo portale,
cercando di seguire le istruzioni del tuo amico elfo” aveva
spiegato con
tranquillità.
La sua amica aveva recuperato un pennarello e con linee dritte, sicure,
aveva
scritto delle rune, copiate da un foglietto.
“Quali sono?” aveva chiesto Jason, a Madina.
“La prima, quella che sembra una
B, è Berkenna; poi c’è Raido, la R,
Kenaz, quello che sembra il simbolo del
maggiore-minore” aveva spiegato
prontamente Madina; Annabeth lo aveva guardato, “Da quello
che ho capito: Creazione-Movimento-Segreto”
aveva detto con semplicità, indicando le varie rune.
L’armadio di Annabeth si era illuminato, poi la luce si era
affievolita,
trasparendo solo dalle ante socchiuse, “Da quello che ho
capito, ora il
passaggio sarà aperto fino a che saranno aperte le porte,
poi ci vorranno
ventiquattro ore per ricaricarlo” aveva spiegato didascalica
Annabeth.
Magnus aveva dato un forte abbraccio alla cugina ed aveva battuto il
pugno con
Percy, Jack aveva piagnucolato di voler avere più tempo con
Vortice.
Annabeth aveva aperto le ante dell’armadio, lasciando che una
calda luce d’oro
li investisse. Alex aveva salutato tutti ed era stata la prima a
saltare,
seguita dal suo ragazzo che dibatteva con la sua spada emotivamente
sconvolta.
Madina aveva guardato Jason un secondo e poi era balzata dentro anche
lei.
“Non è un addio” Nico aveva parlato
prima degli altri, esponendosi, “Io posso
muovermi nell’ombra, New York e Boston sono vicine. Non
è un addio” aveva
ripreso, “E qualsiasi cosa tu stia per dire sul: non
dovremmo, è pericoloso,
risparmiatela, sono andato e tornato dal tartaro così tante
volte che nessuna
situazione mi sembra più pericolosa”
aveva stabilito con sicurezza.
Annabeth aveva sorriso, colpita, “Hai sentito il capo, non
è un addio” aveva
considerato Percy, “Sempre se mia sorella non decide di
ucciderci tutti prima”
aveva aggiunto con divertimento. “Risolvo io” li
aveva rassicurati Jason, con
il cuore pesante, sofferente all’idea di doversi separare
ancora.
“Allora, arrivederci” aveva
asserito Jason – ma non ne era sicuro –
prima di attraversare anche lui la porta.
Non era
stato diverso dal passare una soglia, una qualsiasi altra, se non fosse
stato
per il calore e l’attimo. In un battito di ciglia era passato
dalla stanza del
dormitorio di Annabeth a quello che pareva un piccolo magazzino
straripante di
roba.
Jason aveva urtato contro un appendiabiti morbido, pieno di piumini.
“Ecco, ben arrivato” lo aveva chiamato una voce.
Jason aveva riconosciuto
subito l’elfo oscuro Bltizen, “Cosa ti ha fatto di
male quel cappotto?” aveva
chiesto, ammiccando ai resti del vestito di Astrid, “Nulla
rispetto a quello
che mi farà la proprietaria” aveva risposto lui.
Blitzen aveva allungato una mano, per invitarlo a consegnarli
l’indumento,
“Tanto non posso permetterti di uscire così dal
mio negozio, ho una
reputazione. I Nove Regni sono pettegoli e non si dica che Blitzen
Freyason
permetta a gente scapigliata di uscire dal suo negozio” aveva
aggiunto con
estrema professionalità.
Jason si era sfilato la pelliccia per dargliela.
Infondo, l’elfo oscuro aveva restaurato l’altra.
Blitz gli aveva dato una camicia a rombi, pulita, per sostituire la
maglietta.
Quando lo aveva accompagnato fuori dal magazzino, all’interno
del suo negozio.
Jason aveva avvisto i suoi compagni tirati a lucido, Madina con gli
scii legati
alla schiena, sopra un abito a fiori spezzato alla vita. Magnus con una
camicia
di flanella ed Alex che curiosava invece al reparto pantaloni, per
prenderne un
paio verde pistacchio.
C’era anche l’elfo muto, stava parlando a Magnus,
con movimenti precisi ed
eleganti delle mani, il figlio di Frey stava osservando tutto
attentamente,
“Sì, amico, ha funzionato perfettamente”
aveva risposto con un sorriso pieno
d’orgoglio, l’altro aveva gesticolato qualcosa,
“Ah, sì, meno male che non ci
siamo disintegrati nel vuoto cosmico” aveva detto Magnus,
meno convinto.
“Come stai?” aveva chiesto Madina, invece, venendo
verso di lui, con un tono
dolce e preoccupato, “Come se fossi finito in una lavatrice
emotiva” aveva
risposto Jason, “Non molto romano” aveva aggiunto.
Anche se lui non lo era mai stato veramente.
“Dovremo accantonare lo stereotipo che i romani non hanno
cuore, allora” aveva
risposto lei con gentilezza.
“Ehm ehm …” aveva attirato
l’attenzione Magnus, “Noi, ecco, pensavamo di
restare qui con Heart e Blitz a fare quattro chiacchiere, siete
invitati
ovviamente” aveva aggiunto.
“Grazie dell’invito Magnus, ma abbiamo una missione
da terminare” lo aveva
anticipato Madina. Il figlio di Frey aveva annuito, ma Jason aveva
potuto
osservare un’espressione preoccupata palesarsi sul viso
dell’elfo, che
immediatamente aveva cercato con lo sguardo il suo amico proprietario
del
negozio.
Blitz aveva parlato, interpretando l’espressione di
Heartstone, “Missione? È
successo qualcosa di grave?” aveva chiesto.
Madina aveva guardato Jason, “Non so, può darsi?
Un dio si è perso qualcosa –
nella norma credo” aveva ammesso, non era ne una menzogna ne
la verità. “Spero
non sia quel dannato martello di nuovo” aveva replicato Alex,
“Perché io un
altro abito da sposa non lo metto” aveva sottolineato.
Jason non aveva idea di cosa stessero dicendo, “Magari,
quando avremo scansato
il Ragnarok per l’ennesima volta, potete
raccontarmelo?” aveva invece chiesto
Madina.
[1]
Riferimento
al secondo capitolo della saga di Magnus
[2]
Riferimento ad un gioco di parole di uno dei titoli di Magnus Chase,
“Things
get Wyrd” (che
giuro non ricordo per
nulla come fosse in italiano) che gioca con i termini
“Weird” (che nell’inglese
antico voleva dire: magico, mentre in quello moderno: strano
– e deriva proprio
dall’altro termine) e Wyrd. Intraducibile in italiano, ma
dovevo.
[3]
In The
Ship of The Deads, Magnus ed Alex avevano un excursus sui libri della
Biblioteca della Chase Mansion ed Alex si lamentava della
mono-tematicità dei
volumi in quanto fossero troppi “Uomini Bianchi
morti” e Magnus sottolineava
che anche lui soddisfaceva le tre categorie.
[4]
Magnus
ha vissuto per due anni per le strade di Boston, senza aver mai
incontrato
mostri fino alla sua morte (anche se aveva Heart e Blitz ha
proteggerlo),
comunque anche Alex, Mallory e TJ (che erano semidei) non raccontano
mai di
spiacevoli incontri con mostri. In vero, nell’universo
Riordiano (ma anche
mitologico) i mostri scandinavi sono più
“sobri” di quelli greci (Ovviamente
per gli Einherjar è tutta un’altra cosa).
[5]
Gli
schiavi romani potevano godere del Diritto Romano del non essere uccisi
ed
anche addirittura di dover essere curati in caso di infortunio (OH,
Più DI UNO
STAGISTA. Sto scherzando) Non era niente, ma almeno sapere che il tuo
padrone
non poteva ucciderti random era qualcosa, i gladiatori per ovvie
ragioni
(combattevano nell’arena) non godevano di questo
“privilegio”.
[6]
Mi sono
ispirata alla rappresentazione che Riordan fa in SoM invece che quella
più
mitologica.