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Autore: RLandH    18/03/2022    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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Facciamo collettivamente finta che questo capitolo non esista, si?
Un grazie di cuore a Farkas <3 e a chiunque spenda tempo leggendo questa baraonda.

Comunque, ecco a voi un Vali Sfigato: https://www.deviantart.com/rlandh/art/Vali-Lokison-910062970

 

 

Be, almeno Jack ci ha guadagnato un appuntamento

Avevano utilizzato la Grande Banana per spostarsi lungo la costa fino a San Francisco, non si erano mai allontanati dalla terra, onde evitare altre dee marine poco socievoli.
Madina lo guardava di sottecchi, non era sembrata particolarmente arrabbiata per la confessione della romanità di Jason, quanto più perché il ragazzo aveva mentito più e più volte.
Da un lato aveva detto che comprendeva perché avesse evitato di dirlo a Mel, visto il suo poco amore per i romani, dall’altro non riusciva neanche a capacitarsi perché anche Thrud avesse continuato con quella menzogna. “La storia è più complicata” aveva ammesso Jason, non avendo il coraggio di guardarla negli occhi.
“Quindi sei tu il Jason che ha salvato la vita di Percy con un Action Figure?” aveva chiesto invece Magnus, “Nel senso, la divina Kymopelia è venuta a salvarci per quello?” aveva insistito. Jason aveva annuito, pensando come quella proposta assurda, avesse letteralmente fatto deragliare tutta la sua esistenza. “Siamo vivi grazie ad un Action Figure! Fantastico!” aveva esclamato Alex, realmente ammirata.
“Sì, per questo mi serve il tuo aiuto” aveva confessato Jason, “Vuoi che io ti faccia un ex-voto della terribile dea Romana delle Tempeste?” aveva chiesto la figlia di Loki, “Adesso, non credo ti servirà il disegno” aveva considerato Jason.
Astrid aveva detto che poteva dargli una mano nel fare il disegno, visto che Jason sapeva fare solo oggetti inanimati simili a case e templi – aveva detto due cose insieme, probabilmente avrebbe voluto utilizzare l’inquietante abilità di disegno di Fred, così da farlo uscire dal suo isolamento.  Però, quello era prima che Jason avesse un sogno profetico e trascinasse tutti nel caos.
Madina lo aveva guardato di sottecchi, indecisa, probabilmente su tutto, prima di parlare, “Io sono immune alle magie illusorie. Uno dei vantaggi dell’essere figlia di mio padre, Ullr è il signore dell’equilibrio” aveva rivelato.
Jason l’aveva fissata con un certo spaesamento, “Io … wow” aveva ammesso, “Ti avevo detto che te lo avrei detto, dopo” aveva spiegato subito la ragazza per chiarire la sua confessione. “Questo spiega come hai visto i bersagli invisibili” aveva provato Jason, “Perché per me non lo sono mai stati” aveva specificato Madina. “Sarebbe stata un’abilità dannatamente utile durante la partita a Bowling Mortale” aveva considerato Magnus, prima di raccontare le sue vicissitudini con Utgard-Loki[1].



“Sapete no, quando ho salvato Váli Lokison da Váli Odinson pensavo di aver fatto un vero sbaglio. Mi sono ritrovato bloccato in una sfida con un dio ed ho trascinato Astrid in questo” aveva detto Jason. Stavano tagliando il mare, lungo la costa, nessun mortale, o mostro marino, sembrava essersi accorto di loro. L’acqua era piatta come una tavola, come se, neanche qualche ora prima, due dee non si fossero combattute non lontano dalla faglia di San Andrea – forse i mortali l’avrebbero imputato a quello.
“Però, poi c’è stata la missione, se non avessi salvato Váli, lui non ci avrebbe mai aiutato. Strano, no? Forse anche divertente?” aveva ripreso Jason e probabilmente non avrebbero scoperto niente da Jarnsaxa – considerando come stava reagendo alla lettura della profezia Kráka – almeno aveva un indizio. Un Einherjar di Folkvang.  A proposito doveva chiedere a Madina cosa significasse.
“Wyrd. Non strano, ma Wyrd[2], permettimi il gioco di parole” si era inserito Magnus.
“Solo per questa potrei lasciarti” aveva sottolineato Alex, “Posso perdonarti l’essere bianco e morto[3], ma non l’essere poco divertente” aveva aggiunto.
“Jason non sa cosa è il Wyrd. Credo” aveva commentato Madina, guardandolo, attentamente, Jason aveva annuito, confermandolo. Non era neanche la prima volta che lo sentiva in quei giorni.
“Il Wyrd è la legge superiore” aveva risposto Magnus, “è la rete che intesse il mondo, il passato che influenza il futuro ed il futuro che influenza il passato” aveva spiegato calmo, “Quello leggibile con le rune” aveva proposto Jason, ricordando tutte le conversazioni che aveva avuto in quei giorni. Magnus aveva annuito.
“Il wyrd è il fato?” aveva chiesto Jason. Alex aveva risposto, “Circa. Credo vada bene, ciò che bisogna ricordare è che: il Wyrd va come vuole” aveva spiegato, “Nel bene e nel male, accadrà ciò che deve accadere” aveva terminato.
Jason era stato spinto ad aiutare Váli, si era sentito calamitato lì, senza averne idea. Era il Wyrd?
‘Aiuta il mezzo-jotun, così che possa restituire il favore a tempo debito’.
Quindi … aveva pensato, che ne era stato il Wyrd davanti ad una delle tavole del destino scheggiate? L’intervento di Jason, guidato lì, da una cosa minuscola come la pelliccia di Astrid rovinata da Mel, era tutto parte di un piano?
Era avvenuto, prima o dopo, la scheggiatura?
Jason era parte integrante di quella macchina perfettamente oliata che era l’ordine cosmico norreno, quindi?
Tutti quei pensieri avevano affollato la sua mente, brucianti, una valanga.
Le chiacchiere di Madina, Alex e Magnus si erano assopite, vuotate nelle sue orecchie, mentre quella cacofonia di pensieri si rovesciava in lui.

 

Quando avevano tagliato con la Piccola Banana il Golden Gate, Jason aveva sentito l’aria sparire dai suoi polmoni quando aveva riconosciuto il profilo imponente di San Francisco, della sua vita.
San Francisco era il posto più vicino dove era possibile andare da Nuova Roma, era sempre necessario avere un permesso, ma era più facile ed era meglio che essere in missione. Non aveva potuto trattenere il sorriso che era sorto sulle sue labbra a quel dolce ricordo.
“Non ero mai stato a San Francisco” aveva rivelato Magnus, “Nonostante mio zio non abiti così lontano – certo, lui ha pagato per il mio funerale, quindi immagino non si aspetti di vedermi alla porta, però, sì, ecco, contavo di venirci prima o poi, Annabeth vive qui” aveva considerato, prendendo il telefono dalla sua tasca con tranquillità – era un miracolo che fosse sopravvissuto a tutto il marasma della giornata.
“Come faremo a tornare a Boston da San Francisco? Siamo letteralmente dall’altra parte del paese” aveva considerato Madina. Jason aveva deglutito pensando al suo imminente incontro, così come il terrore di dover attraversare il paese e tutto il pericolo che avrebbero incontrato. Essere mezzosangue era essere una calamita per mostri, immaginava fosse anche per i norreni e, scommetteva, che essere einherjar fosse ancora più pericoloso.
Magnus le aveva risposto, “Oh, be, vedi quanto siamo cacciati dai jotun e mostri noi?” aveva domandato retorico il figlio di Frey, Madina aveva annuito, “Sono morta così” aveva rivelato quella. “Per i Greci ed i Romani è venti volte peggio[4]” aveva anticipato Alex, guadagnando un piccolo rimprovero dal suo fidanzato.
Madina aveva invece guardato Jason, “Oh, be, non so le proporzioni precise, ma è, tipo, impossibile evitare creature e dei.  Ho un amico che è stato espulso da non so quante scuole a causa dei mostri ed uno a cui Giunone faceva la baby-sitter” aveva raccontato Jason. La sua amica sembrava davvero ammirata. “Ecco, sì” aveva ripreso il discorso Magnus, “Spostarmi per me con l’albero è pericoloso, ma non quanto per Annabeth senza, è infinitamente più rischioso” aveva raccontato, “Così, Hearthstone ha utilizzato la runa Raido per creare un passaggio tra una sua porta e quella sul retro del negozio di vestiti di Blitz … non può essere usata spesso e quando viene usata, impiega ventiquattro ore per ricaricarsi, da quel che mi ha detto è stato ispirato dalla magia dei maghi egizi” aveva spiegato.
“Maghi egizi. Ecco, questi ci mancano nel Valhalla” aveva sogghignato Madina.
“Quindi, sì, Annabeth ha un passaggio sicuro per Boston” aveva aggiunto Alex con un tono calmo.

Avevano attraccato con la nave, nella Baia di San Francisco.
Jason era rimasto sconvolto dalla visione che si era palesato davanti a loro. C’era un gruppo di genti marine, tritoni e quant’altro che stavano spostando rottami verso il litorale e valutando oggettistica varia, mentre la baia ed il golfo erano invasi da relitti, del tutto assenti agli occhi dei mortali.
“Che è successo qui?” aveva commentato Alex a mezza-bocca, “Mia cugina mi aveva detto che c’era stata una battaglia nella baia ma non mi aspettavo che fosse così grave” aveva considerato Magnus, prendendo la mano della sua ragazza.
Madina guardava l’ambiente con una certa apprensione, “Ora è molto meglio, mesi fa era molto, molto, peggio” aveva dichiarato invece lei.
Aveva la voce, calma, tranquilla. Jason si era voltato immediatamente verso di lei, imitato dagli altri. “Tu … tu eri qui?” aveva domandato alla fine. “Dopo la battaglia” aveva risposto Madina, con calma, come se fosse ovvio. “Io … lo ha voluto Mel” aveva detto calma. Jason era confuso.
“Sai Jason, mia madre, reduce dalla sua esperienza, riteneva che certe catene non si sciogliessero mai, specie se ci nasci” aveva aggiunto con voce lugubre Madina, a rispondere ad una domanda che lui non aveva posto.
Mel era nato schiavo? Stava dicendo quello Madina? Era giovane ed era stato educato nell’arte gladiatoria e era difficile che uno schiavo nato come tale finisse nelle arene, a meno che non fosse venduto come punizione ad una scuola gladiatoria, dove non sarebbe stato più protetto da quel poco che aveva[5]. Ricordava che Mel avesse parlato di una Domina quando era bambino …
“Ma parlane con lui, se vuoi … potresti anche accennarli che sei un Romano. Sì, Mel non ama i romani, ma ancora meno i bugiardi” aveva terminato Madina, dandoli un buffetto sulla spalla – con gentilezza.

Prima di poter attraccare, sul bordo della Piccola Banana si era posato un grosso gabbiano, che ovviamente, non lo era. “Ei voi” aveva strepitato una voce.
Jason era saltato osservando la figura davanti a loro, era un uccello, dalle dimensioni di un condor, con le piume di un grigio sporco ed il viso più bello che Jason avesse mai visto, quello di Piper. “Tu … tu sei una Sirena!” aveva esclamato Jason[6].
“Oh, be, complimenti Capitan Ovvio” aveva risposto la Sirena, “Io sono Jia e sono il questore di Baia. Sono stata incaricata di sorvegliare i territori limitrofi a Nuova Roma, specie dopo gli ultimi tempi. Identificate voi stessi e la ragione della vostra visita” aveva asserito quella con voce secca e raschiante.
Madina aveva preso la mano di Jason preoccupata, “Chi ti ha incaricata?” aveva chiesto Alex, coraggiosa. “Sono stata selezionata personalmente dal Pretore Zhang e se non risponderete alle mie domande con le buone dovrò ricorrere alle cattive” aveva dichiarato Jia.
Jason aveva sussultato alla menzione del nome del suo amico, un gran calore aveva avvolto il suo petto nel ricordare il sorriso chiaro, buono e pieno di luce del figlio di Marte. Frank era ancora pretore – titolo che Jason aveva dato lui, pieno di fiducia – ed era riuscito a far collaborare anche una sirena. Jason non credeva che le sirene potessero voler collaborare con i semidei.
Prima che Jason potesse rispondere era stato Magnus a parlare, “Oh, non ci serve!” aveva esclamato subito Magnus, “Immagino che questo valga solo per i non-mortali” aveva considerato il figlio di Frey, indicando le imbarcazioni mortali che attraccavano con assoluta calma.
“Immagini bene, ma non puoi intortare a chiacchiere me, ragazzino. Incanto gli uomini da prima che i tuoi avi sapessero di essere al mondo” aveva dichiarato la sirena senza perdere smalto, “Immagino!” aveva risposto prontamente il figlio di Frey, “Io sono Magnus Chase, un einherjar del Valhalla, sono in visita a mia cugina” aveva dichiarato con tranquillità.
“Oh, il famoso Magnus Chase, l’uomo che ha battuto ad una gara di insulti Loki Laufeyson” aveva valutato Jia, leggermente ammirata. Jason era davvero sorpreso da quanto velocemente le informazioni si fossero disseminate tra i vari pantheon, considerando che fino a quel momento Jason non aveva neanche avuto idea esistessero i norreni.
In effetti aveva vissuto tutta la vita senza sapere neanche dei Greci – doveva essere una specie di gioco degli dèi, quello di tenere i mezzosangue all’oscuro. “… Un uomo che potrebbe provare a raggirarmi ed avere solide possibilità” aveva considerato Jia, interessata, con gli stessi strabilianti occhi di Piper, stretti in un’espressione sospettosa. “Colpevole di quello! Ma ho usato solo la mia buona parlantina e molti complimenti, ad insultare faccio schifo. Dicevo, siamo qui in visita da mia cugina Annabeth, anche lei credo sia piuttosto famosa” aveva ripreso Magnus.
“Sì, sì, potrei averla incontrata qualche anno fa” aveva replicato Jia.
Jason aveva drizzato la schiena, abbastanza colpito da quella notizia, di cui non aveva mai saputo nulla. Non lo sorprendeva, Annabeth aveva vissuto più avventure di chiunque lui avesse mai conosciuto, più di lui – Deì, aveva anche un cugino einherjar figlio di Frey – ma era così strano scoprire cose nuove di persone che pensava di conoscere come i palmi delle sue mani.
Poi, riflettendoci, aveva valutato che non doveva sorprendessi poi troppo, in fin dei conti, pensava genuinamente che lui e Piper si amassero e che avrebbero passato la vita insieme.
“Tranquilla Jia, puoi andare, garantisco io per loro” aveva salmodiato una voce.
Jason si era voltato subito, sull’attenti.
Per un secondo aveva intravisto Kymopoleia, fermato da quegli occhi, ma ad un’occhiata più attenta, si era dovuto ricredere. Aveva gli stessi occhi verde mare della dea della tempesta e di Percy, ma la somiglianza finiva lì. Il viso della sconosciuta era più dolce ed infantile di quello di Kym, il tono della sua pelle era di un azzurro chiaro, la sua forma era più morbida ed appesantita, sfoggiava inoltre una chioma riccioluta di un verde rame. Jia aveva sbuffato, “Come lei desidera, mia signora Bentesicima” aveva detto, prima di spiccare il volo ed abbandonarli, non senza aver lasciato un ricordino sul bordo della barca.
“Ehm … Grazie?” aveva detto Jason.
“Sì, Grazie” aveva dichiarato l’altra con un tono basso piuttosto infastidito, “Oggi, io e le mie sorelle abbiamo dovuto affrontare le figlie di Aegir per voi. Non ho idea di cosa voi abbiate fatto per aver fatto muovere la mia istrionica sorella. Kymmi ha detto che lo ha fatto per te, Magnus Chase, perché a breve saremo tutti una grande famiglia felice. Ovviamente io conosco Kym e le-” aveva aggiunto Bentesicima, interrompendosi bruscamente, quando Magnus aveva aperto la sua bocca.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, non sembrava una scusa molto credibile e sicuramente un’altra divinità interessata a quella storia non aiutava Jason, ne Kym, ne Nico.
 “Oh, certo. Quando Annabeth e Percy si sposeranno. Sarà un matrimonio fantastico, un po’ affollato, penso, dovremmo tenere su due pantheon. Pensi che il divino Poseidone permetterà di celebrare le nozze ad Atlantide? No, perché io ho, problemi con tutte le divinità marine del mio Pantheon, incluso il Serpente, forse non mio nonno …” aveva parlato sparato dritto come una macchinetta Magnus.
Jason si era perso.
Anche Madina a giudicare dalla sua espressione. Alex invece sfoggiava un bel sorriso sornione dal soliloquio del suo fidanzato. “Ahhh … chiudi la bocca e sbarcate, prima di inimicarvi anche le divinità di questo pantheon!” aveva strillato Bentesicima.

 

“Annabeth è parecchio strana, a quanto pare abbiamo avuto un tempismo perfetto” aveva considerato Magnus, sarcastico, mentre leggeva un messaggio sul telefono, l’altra mano in quella della sua fidanzata.
Madina seguiva loro calma, affiancata da Jason.
Se i primi due parevano una coppia di fidanzatini adolescenti standard, Jason e la sua amica, attiravano non pochi sguardi.
Jason indossava una lurida pelliccia sbrindellata e Madina indossava dei vestiti a strappi. La foschia, d’altronde, riteneva che intervenire sulla moda dei mezzo-sangue non fosse suo dovere, portava a molti mortali confusi a guardarli.
“Bella San Francisco. Piena di salite, sarebbe fantastico farci jogging” aveva esclamato Madina, comunque, piena di meraviglia negli occhi, guardandosi a destra e manca. “La mia solita fortuna” aveva commentato Jason ad alta voce, rispondendo a Magnus, con un’espressione crucciata sul viso, confuso e timoroso di quello che avrebbe dovuto dire.
“Annabeth dice che ci incontrerà subito e ci porterà alla porta, ma prima deve capire come sistemare una piccola crisi che sta affrontando” aveva spiegato Magnus leggendo il messaggio di sua cugina. Jason aveva annuito, “Io, ecco, dille che puoi aiutarla” aveva commentato Jason, con un sospiro pesante.
Sapeva di non poterlo fare, anzi, sapeva quasi di non doverlo fare, Kym si sarebbe infuriata, Thrud ne avrebbe pagato le conseguenze. “E può?” aveva chiesto Alex al posto del suo ragazzo.
Jason aveva annuito.

 

Annabeth aveva dato loro appuntamento ad una caffetteria vicino il suo dormitorio, non lontano dall’Università di San Francisco. Come quando aveva raggiunto l’università di Boston, Jason aveva sentito un mancamento attraversarlo.
“Sei nervoso, vero?” aveva domandato Madina, con gentilezza, “Tecnicamente dopo il trapasso, non possiamo incontrare i nostri famigliari, le regole vorrebbero che stessimo ad Idavoll ogni giorno. Però, alla fine, tutti sgattaiolano per vedere i propri cari” lo aveva rassicurato con gentilezza.
A fermarlo dall’abbracciare la ragazza era stato guidato solamente dalla consapevolezza di averne ricevuti troppi in quella giornata. “Madina … io … non voglio mentirti oltre” aveva ammesso Jason, alla fine.
Madina lo aveva guardoto, con gli occhi scuri, carichi prima di angoscia e poi di dolcezza, prima di un sospiro, “Non mentivi, per paure, eh?” aveva chiesto retorica, senza malizia.
“Credi che qui faranno qualcosa da mangiare?” aveva chiesto Magnus, “Spero non falafel, se ne mangio ancora …” aveva risposto Alex, “Io spero che Percy si porti la mia dama, non la vedo da mesi, se non trovasse la mia affilatura più attraente?” aveva chiesto Jack, la voce era venuta dalla gola di Magnus. Al suo collo, portava allacciata una collanina con il simbolo di Fehu.
Kráka lo aveva interpretato come negativo, o quasi.

Annabeth non ci aveva messo molto a palesarsi dopo. Jason l’aveva riconosciuta subito. Era Annabeth ma non lo era – un po’ come era stato per lui, quando si era rivisto allo specchio dopo il trapasso – era un’adulta. I mesi dall’ultima volta che Jason l’aveva vista dal vivo sembravano, in quel momento, improvvisamente più lunghi. Della ragazza in blue jeans e maglia arancione non era rimasto molto. Era una bella ragazza, con una camicia scozzese e pantaloni in velcro; l’incarnato ambrato, capelli biondi raccolti in una coda bassa, da cui sfuggivano ciuffi incontrollati.
Annabeth aveva avuto una camminata dritta e fiera, come Jason sapeva fosse lei, alle sue spalle c’erano Percy e Nico.
Il figlio di Poseidone aveva un aspetto piuttosto tranquillo e rilassato, con la felpa slacciata sul davanti ed i jeans chiari, Nico al suo fianco era ingobbito con gli occhi scuri spalancati, guardingo. Aveva abbandonato i vestiti di Leo, per qualcosa di Percy, in cui sembrava esserci caduto dentro. Nel vederlo, così spaventato, come sperava non l’avrebbe più visto, dopo Spalato, dopo la guerra, il cuore di Jason si era spezzato.
Nico fu il primo a vederlo.
Mentre Annabeth aveva riconosciuto subito la testa del cugino e si era diretta con un sorriso cristallizzato e nervoso verso di lui, Nico aveva visto lui. Gli occhi scuri si erano spalancati, un lampo di confusione, di terrore, di gioia, tutto insieme dietro le iridi.
Aveva abbandonato il fianco di Percy per correre verso di loro, quasi urtando Annabeth nel mentre. “Nico!” lo aveva rimproverato lei, ma quando si era accorto di Jason il fiato le era sparito.
Jason si era alzato ed era andato da loro.
Nico lo aveva guardato negli occhi, quasi tremante.
“Manca la cicatrice” aveva sospirato, con le mani quasi tremolanti, allungando una mano sul suo viso.
“Sono io, Nico; sono io” aveva commentato con voce calma Jason, timoroso che quella correzione sul viso, che aveva rovesciato il suo aspetto, lo rendesse in quel momento una copia ai suoi amici. Nico aveva abbozzato un sorriso, “Lo so. Lo so” aveva risposto Nico, “Riconosco la tua traccia vitale – e che sei ancora morto” aveva terminato.
“Sì, ora ti spiego tutto. Vi spiego tutto” aveva risposto Jason.
“Direi che ovvio, sei un Einherjar” aveva detto Annabeth, quando gli aveva raggiunti, abbracciandolo, stretto, come un serpente. Jason aveva ricambiato. Nico era arrossito alla consapevolezza di non averlo fatto anche lui e così era stato.
Ultimo era stato Percy, “Sono così felice di sapere che sei vivo, circa, amico” gli aveva sussurrato.
“Sì anche io” aveva ammesso Jason.
Madina, Alex e Magnus erano rimasti a guardare la scena.
Annabeth si era voltata verso il cugino ed aveva tirato un buffetto sulla nuca, “Potevi dirmelo!” lo aveva rimproverato. “Cosa ti scrivevo, credo che il tuo amico sia nel Valhalla? Non si danno queste notizie a cuor leggero” aveva risposto Magnus sulla difensiva.
“Potevi dircelo tu, Jason. Mesi fa!” aveva detto allora Annabeth, voltandosi verso Jason.
Ovviamente, era quello che chiunque si sarebbe aspettato da un buon amico; lui stesso lo avrebbe fatto, se fosse finito nel Valhalla mesi a dietro.
“Penso sia molto complicato” aveva risposto Jason.
Madina lo guardava con sguardo pieno di confusione, “Mesi?” aveva chiesto, confusa.
“Non sono morto quattro giorni fa” le aveva risposto Jason, “Ma molti mesi fa” aveva raccontato. Ringraziava, quasi, in quel momento, che Thrud lo avesse fatto giurare sullo Stige di non urlare e non di mantenere il segreto, forse lo aveva fatto proprio per quello, consapevole che un giorno avrebbe dovuto rendere i conti.
Forse quel giorno non lo pensava così vicino.

“Okay, penso sia il caso che ci sediamo tutti e parliamo per bene, se Jason se la sente” aveva attirato l’attenzione di tutti Alex, sollevandosi dalla sedia, nel tentativo di racimolare anche altre sedute per permettere di sistemare tutti.
“Percy hai portato la mia ragazza?” aveva chiesto invece Jack, Magnus aveva sbuffato liberandosi la sua spada dal ciondolo. Il figlio di Poseidone aveva annuito, sfilando dalla tasca la sua biro a cui aveva fatto saltare il cappuccio. Qualche mortale si era girato, “Dannati ragazzini e i loro cannoni spara-coriandoli” aveva sentito un vecchio borbottare, mentre beveva il suo caffè con un’espressione contrariata.
“Scusate un secondo” si era congedato Percy, mentre adagiava Vortice, dritta, su una sedia ad un tavolino di distanza, Magnus non aveva dovuto fare la stessa manovra con Jack che ci era volato accanto da solo. Anche quell’azione aveva guadagnato qualche confuso sguardo dei mortali, ma che si era acquietato quando Percy si era allontanato, segno che la Foschia aveva corretto la percezione.
Jason si chiedeva cosa dovessero percepire le persone nel vedere la scena, perché a Jason pareva surreale – ed era morto e risorto. Due spade, attorno ad un tavolo, una delle due parlanti che riempiva l’aria di chiacchiere con un soliloquio di tutto rispetto.
“Okay, sì, questa è la cosa più strana che ho visto questa settimana e non ne ho viste poche” aveva rivelato Madina, alzando le mani.
“Tranquilla, lo facciamo quasi una volta ogni due settimane … appuntamento tra spade” aveva liquidato la faccenda Annabeth. Lo aveva detto con l’assoluta serietà con cui diceva le cose lei, anche in una situazione così pittoresca.
Jason aveva un singulto nel petto, perché in quel momento, l’unica cosa che avrebbe voluto dire era: mi siete mancati tantissimo.
Ma non riusciva a muovere la lingua.
“Parliamo delle cose serie: Jason?” aveva dichiarato la figlia di Atena, rivolgendosi verso di lui, distogliendolo dai suoi tremori.
“Sempre se te la senti con noi tutti ...” Si era intromessa Madina gentile. Aveva sorriso di nuovo, in quella maniera delicata e dolce, di chi sapeva comprendere bene i turbamenti degli altri.
Era una ragazza esuberante, di quelle capaci di portare il colore in ogni stanza, ma aveva anche un’empatia incredibile.
Jason le aveva sorriso, di rimando, incoraggiato.
“Non è non sentirmela, ma è il pericolo in cui vi metterei” aveva risposto Jason e nel dirlo aveva voltato lo sguardo su Nico.
“Sono morto del tempo fa, non so esattamente quanti mesi, combattendo contro … be, non un boss criminale, quasi, contro un Imperatore Romano” aveva raccontato Jason.
Nessuno era parso particolarmente sconvolto dalla notizia, tranne Madina, “Oh, per la gloria di Asgard, sei morto nella battaglia della Baia?” aveva chiesto subito, con espressione apprensiva negli occhi scuri.
“No, prima, a Santa Barbara” aveva asserito Jason, con uno sguardo cupo, recuperando quel ricordo, pieno di dolore.
 “Però è stato comunque un membro del triumvirato?” aveva chiesto Madina, sembrava incerta di che parole dovesse usare. Questo aveva confuso decisamente Percy e Nico, di rimando Annabeth aveva inclinato la testa e studiato la ragazza con interesse. Alex e Magnus reduci della confesssione alla Baia non erano parsi molto sopresi. “Madina è in giro da qualche secolo, si è fatta il suo bagaglio di esperienze e conoscenze” aveva giustificato la cosa Jason. Madina aveva annuito, “Inoltre il mio ragazzo è stato molto interessato agli avvenimenti” aveva spiegato con calma.
“Ah, davvero? Noi l’abbiamo scoperto praticamente a cose fatte” si era lamentata Alex, “Stavate anche salvando il mondo, voi” aveva ricordato Madina, con delicatezza.
“Quante volte negli ultimi anni il mondo è stato in pericolo?” aveva chiesto Nico, con genuina confusione.
“Se contiamo: tre noi, in cinque anni, una volta Carter, una volta Magnus …” aveva cominciato ad elencare Percy.
La cosa aveva inavvertitamente provocato una risata, che aveva disteso la situazione leggermente pungente che si era creata.
“No, fidatevi, questo è niente. Dovevate esserci alla fine del ‘settecento, credevo che il mondo finisse tre volte a settimana” aveva replicato lei.

Jason aveva sospirato, guardando la sua nuova amica, “So, che può sembrare brutto, forse, qui è il momento in cui …” aveva cominciato a raccontare in imbarazzo Jason. Madina aveva sorriso incoraggiante, “Qui è dove vuoi fermarti e raccontarlo solo ai tuoi amici” era intervenuta Alex, “Chiaro, semplice, comprensibile” aveva spiegato per lui.
Jason aveva sorriso cotto di imbarazzo, “Sei anche tu mia amica” aveva detto guardando Madina, perché fosse chiaro.
“In realtà, vorrei dirlo solo a Nico, cioè volevo dirlo solo a Nico, ma con Annabeth e Percy qui mi sembrerebbe stupido …” aveva specificato Jason, senza contare che si rendeva conto, egoisticamente, di non volerlo fare. “Inoltre, non voglio mentirti ancora ed è una situazione lunga e forse, sarebbe il caso che te la racconti dopo, anche con gli altri. Magari con Mel” aveva detto, prima di voltarsi verso Alex e Magnus che non sembravano turbati dai suoi segreti.
“Jason” aveva detto Madina, “Ho vissuto seicento anni, ormai ho capito come inquadrare le persone. Mi hai mentito, ma capisco che non sei una cattiva persona. Con il tuo buon cuore hai spinto due jotun e due dee ad aiutarci” aveva sottolineato lei, carica.
Jason era arrossito, anche se non sapeva bene perché. “Dii Immortales, amico, non hai perso tempo!” aveva fischiato Percy.
“Allora, facciamo così, noi ci ordiniamo un bel piatto di falafel ed una diet coke, mentre voi discutete” aveva invitato Magnus carinamente. Nel guardarlo in quel momento, non lontano da Annabeth, Jason si chiedeva come non avesse notato prima quanto evidente fosse la loro somiglianza.
Avevano lo stesso attento sguardo intelligente, Jason non credeva di poter descrivere in altro modo. “Grazie cugino” aveva dichiarato la stessa Annabeth, guardando lui.
“Sì, be, io non mangerò Falafel” aveva dichiarato Alex, mentre si alzava per attirare l’attenzione del cameriere, che con suo sommo stupore, stava raccogliendo l’ordinazione di Jack.

Jason, invece, con Nico, Annabeth e Percy si era seduto, momentaneamente, a qualche tavolino di distanza, sotto un’ampia finestra da cui si vedeva bene il quartiere, pieno di universitari.
“Deve essere bello” aveva commentato a mezza-bocca Jason con voce sognante; aveva sentito la mano di Annabeth sulla sua, con gentilezza, “Diciamo di sì, ma solo di martedì, giovedì e venerdì” aveva risposto con una risata. Jason aveva contraccambiato con divertimento. “Possiamo riprendere questa scena da Friends dopo e parlare del fatto che Jason è passato dai Campi Elisi al Valhalla?” aveva chiesto retorico Nico.
“Tu sai cosa è Friends?” aveva domandato Percy, quasi con curiosità, come se vedesse una fiera rara; l’altro lo aveva guardato con un certo biasimo negli occhi, quasi a sottolineare non fosse quello il punto, ma lo sguardo di Percy non era cambiato di una virgola, “Will dice che devo recuperare qualcosa come ottanta anni di cultura pop” si era giustificato Nico, rosso in viso, come un peperone; “Ora possiamo parlare di Jason?” aveva chiesto.
Percy si era fatto scattare una risata.
Tutti gli occhi erano poi tornati su Jason, “Allora, amici miei, la questione è pericolosa, si rischia una guerra tra i nostri genitori” e nel dirlo, aveva guardato sia Nico, sia Percy, quasi singolari, “E non provocherebbe non pochi problemi con il mondo norreno” aveva raccontato con una pausa.
Senza considerare quel piccolo incidente delle tavole del destino scheggiate. Gli altri avevano annuito attenti, “E questo ti spiegherà anche perché hai l’impressione che un dio marino sta cercando di ucciderti” aveva aggiunto con calma, attirando l’attenzione del suo amico, che si era drizzato come una freccia, “Perché lo sta facendo, probabilmente” aveva aggiunto.
Annabeth lo aveva guardato, con gli occhi grigi, dritti su di lui, quasi rapaci, “In quale casino sei finito Jason?” aveva chiesto posata.
“Amici, è un segreto. Dico davvero, fino a questa mattina eravamo in tre a saperlo, più una quarta che aveva i suoi dubbi, adesso saremo in sei a saperlo, e quattro con troppe informazioni” aveva raccontato nervoso; “Quindi nessuno – nessuno – dovrà saperlo oltre” aveva rivelato lui, per un secondo i suoi pensieri erano galoppati verso Thalia, Piper e Leo, certo anche Hazel e Frank, ma per primo sua sorella, che doveva aver affrontato, di nuovo, la sua morte, poi per la donna dei suoi sogni ed il suo migliore amico, che non lo avrebbero mai dovuto sapere. Per la pace. “Non volevo neanche dirlo a tutti voi – avevo pensato di dirlo a Nico perché si stava mettendo nei guai, ma non volevo, perché non volevo darvi questo peso” aveva spiegato Jason.
“Non sei Atlante, amico, non devi tenere il peso del mondo sulle spalle” lo aveva rassicurato Percy.
Jason aveva sospirato e alla fine aveva raccontato tutto.
Aveva omesso il ruolo di Thrud, descrivendola come una valchiria, sia per non esporre la sua amica ulteriormente, sia perché sarebbe stato inutile ai fini della storia, per i suoi amici. Non aveva potuto fare per Kym la stessa cortesia.
“Mia sorella? Mia sorella Kym? Alta venti piedi, incazzata come una faina e poco simpatica?” aveva chiesto Percy sconvolto, “Ha convinto una valchiria ad andare nel regno di Zio Ade a rubare l’anima di un figlio di Giove da portare nel Valhalla per un Action Figure?” aveva materializzato Percy, sconvolto.
“Questo non ha parecchio senso” aveva ammesso Annabeth.
“Sarò onesto” aveva considerato Jason, “Credo che Kym abbia una sua agenda, ma non ho idea di quale sia, non sono neanche sicuro di volerla sapere – in realtà ora sono in missione – però questo non cambia quello che ha fatto” aveva spiegato.
“Certo una figlia di Poseidone è entrata nel regno di Ade per prendere l’anima di un figlio di Giove. Solo questo basterebbe a far arrabbiare i tre” aveva soppesato Annabeth.
“Mio padre potrebbe andare sul piede di guerra per questo. Non la prese molto bene quando Sisifo si diede alla fuga” aveva raccontato Nico.
“Io credo che Kym puntasse molto all’idea che tuo padre non lo avrebbe notato. Di solito immagino non presti attenzione alle anime in fuga delle Isole dei Beati o dei Campi Elisi, chi vorrebbe mai andare via da lì?” aveva risposto retorico Jason.
Nico aveva annuito, “Sì, decisamente sono i campi della pena i posti dove c’è grande attenzione a chi esce di straforo. Immagino che la divina Kymopoleia avesse preso leggermente sotto-gamba la mia … la mia … preoccupazione” aveva confessato Nico, con un po’ di rossore sulle gote.
Jason aveva allungato una mano per posarla sulla spalla del suo amico, “Sono grato e onorato della tua amicizia Nico, così come della tua preoccupazione” aveva raccontato, “Non cercare più di scoprire dove è la mia anima e credo che Kym ti lascerà in pace, nel dubbio, proverò a contattarla, anche se non so bene come” aveva raccontato, grattandosi la nuca.
Kymopoleia si era inimicata la figlia di Aegir per lui, forse avrebbe potuto smetterla di tormentare Nico – se fosse stata davvero lei.
Nico aveva annuito, “Tutta questa situazione è surreale” aveva considerato Annabeth, “Ma va bene, lavoriamo con quello che abbiamo” aveva considerato pragmatica.
“Smetterò di fare domande … anche perché ora non è più necessario” aveva ammesso Nico, aveva sorriso verso Jason, i suoi occhi erano quasi lucidi, “Io sono contentissimo che tu stia bene. Quando … quando non ti ho sentito più in pace è stato terribile” aveva raccontato.
Jason gli aveva arruffato i capelli, “Va bene, non devi più preoccuparti, io ora sto bene, circa, sono già in missione, come dicevo, niente di nuovo sotto Sol” aveva scherzato – mentendo.
Non era il caso, si disse, di tirarli in mezzo alla questione di Gullinsporti, di H e dell’altro Váli. “Dei, tutti uguali, neanche nella morte ti lasciano in pace” aveva scherzato Percy.
La risata sulle loro labbra era stata gelata solo da Annbeth, delicata, per quanto possibile, “Con gli altri, Jason, so che hai detto che deve essere un segreto, ma sei davvero sicuro? Neanche a Thalia?” aveva chiesto.
“Nessun altro” aveva risposto Jason, con dolore.
“Perfetto, mi inventerò qualcosa con Lit, Leo e Calypso per il mio comportamento” aveva provato Nico – Jason avrebbe dovuto dirgli di tacere anche con il suo ragazzo, ma aveva dubbi che il suo amico lo avrebbe fatto davvero, “Credo che nessuno dei tre mi crederà a pieno, ma Leo si è abituato alle mie stranezze, Calypso è più strana di me e a Lit non frega nulla” si era giustificato Nico.
“Sei proprio sicuro, amico?” aveva chiesto, invece, Percy guardando Jason, “Nel senso, noi vorremmo incontrarci prossimamente, sarà strano dover mentire” aveva considerato con un’espressione cruciata. Annabeth aveva messo una mano sul braccio del suo fidanzato, con calma, “Percy, questa è una decisione di Jason e noi dobbiamo rispettarla. Capisco la tua scelta, il bene dell’equilibrio del mondo prima di quello personale, però, è ingiusto, mi rendo conto … magari quando la situazione sarà diversa, tu potrai incontrare anche gli altri, ne sarebbero pieni di gioia” aveva considerato Annabeth, con quel suo tono rassicurante, calmo e gentile. “Amici, mettervi in questa situazione è l’ultima cosa che avrei voluto. Questa situazione è l’ultima cosa che avrei voluto” aveva rivelato Jason, “Se posso essere veramente sincero: io stavo bene, perché ero certo che nelle vostre mani sarebbe andato tutto bene” aveva aggiunto.

Jason aveva sentito il bisogno di piangere e gli altri erano stati così cortesi da avergli dato il suo tempo, raggiungendo gli altri. L’ultimo ad alzarsi era stato Nico, lo aveva fissato con intensità, con i suoi occhi scuri, “Egoisticamente: io sono felice” aveva sancito il figlio di Ade, prima di congedarsi. Jason aveva sorriso, prima di tirar via gli occhiali e nascondere le lacrime con una mano.
Quando era arrivato, Annabeth stava raccontando qualcosa di divertente a proposito dei suoi fratelli minori – ne aveva? Jason non lo sapeva, pensiero che gli aveva dato le vertigini – al cugino, mentre Alex e Percy dibattevano su come stesse andando l’appuntamento tra Jack e Vortice, la spada era arrivata a cantare l’intera discografia di Enya.
Madina stava spietatamente interrogando Nico, con quel suo sorriso pieno di divertimento, poteva osservare come il suo amico fosse così rosso d’imbarazzo, da parere quasi su una graticola.
“Jason caro, è così bello mangiare qualcosa che non ha dei miele dentro – nonostante fossero sante quelle api” aveva dichiarato, mostrando con orgoglio il suo kebab. “I falafel di Amir però sono meno speziati e più buoni” aveva considerato Magnus, mentre si guadagnava un buffetto sulle dita dalla ragazza quando aveva cercato di prendere una manciata delle sue patatine. Jason aveva sorriso, “Sai sto proprio sognando l’arrosto di cinghiale di questa sera” aveva raccontato, aggiustandosi gli occhiali. I suoi occhi erano ancora arrossati e lucidi, dal pianto.
Gli altri avevano ridacchiato, “Okay questa andrebbe approfondita” aveva detto Percy.

 

Jason sarebbe voluto rimanere di più, sarebbe voluto rimanere per sempre; anche Magnus e Jack sarebbero voluti rimanere di più, ma il destino del pantheon norreno non prevedeva quell’attesa.
Avevano seguito Annabeth nel suo dormitorio – che a Jason aveva ricordato, senza alcun dubbio, i piani delle valchirie all’Hotel Valhalla – fino alla sua piccola stanza.
“Fate attenzione” aveva dichiarato la proprietaria.
La stanza di Annabeth era spartana, ordinata, senza un grammo fuori posto, ma il pavimento era occupato da un plastico tridimensionale di un’acropoli moderna. Jason aveva riconosciuto alcuni dei suoi templi, di cui i disegni erano rimasti nella sua camera al collegio.
“Sto unendo l’utile al dilettevole, un progetto per una mostra e la creazione di un’acropoli al campo mezzo-sangue, ne faremo anche uno per Nuova Roma ma li è più complicato perché ha una geografia più ordinata ed ha già dei templi. Il Campo ha molti spazi ampli e vuoti che potremmo sistemare bene” aveva raccontato la sua amica, guardandolo, “Tranquillo, ti ho citato nel progetto; sei tra i ringraziamenti, senza il quale niente di tutto questo sarebbe possibile” aveva spiegato subito.
“Grazie Annabeth” aveva detto Jason, non per la citazione, “Apollo e Meg hanno portato i disegni a Nuova Roma ed Hazel a me. Non avremmo mai lasciato la tua opera incompiuta” lo aveva rassicurato con fermezza.
“Di positivo c’è che ora, puoi partecipare attivamente, Magnus può farmi avere i tuoi disegni” aveva aggiunto Annabeth, indicando suo cugino.
Jason lo aveva ringraziato di cuore.
Annabeth aveva sorriso, “Okay, adesso, proveremo ad aprire questo portale, cercando di seguire le istruzioni del tuo amico elfo” aveva spiegato con tranquillità.
La sua amica aveva recuperato un pennarello e con linee dritte, sicure, aveva scritto delle rune, copiate da un foglietto.
“Quali sono?” aveva chiesto Jason, a Madina. “La prima, quella che sembra una B, è Berkenna; poi c’è Raido, la R,  Kenaz, quello che sembra il simbolo del maggiore-minore” aveva spiegato prontamente Madina; Annabeth lo aveva guardato, “Da quello che ho capito: Creazione-Movimento-Segreto” aveva detto con semplicità, indicando le varie rune.
L’armadio di Annabeth si era illuminato, poi la luce si era affievolita, trasparendo solo dalle ante socchiuse, “Da quello che ho capito, ora il passaggio sarà aperto fino a che saranno aperte le porte, poi ci vorranno ventiquattro ore per ricaricarlo” aveva spiegato didascalica Annabeth.
Magnus aveva dato un forte abbraccio alla cugina ed aveva battuto il pugno con Percy, Jack aveva piagnucolato di voler avere più tempo con Vortice.
Annabeth aveva aperto le ante dell’armadio, lasciando che una calda luce d’oro li investisse. Alex aveva salutato tutti ed era stata la prima a saltare, seguita dal suo ragazzo che dibatteva con la sua spada emotivamente sconvolta. Madina aveva guardato Jason un secondo e poi era balzata dentro anche lei.
“Non è un addio” Nico aveva parlato prima degli altri, esponendosi, “Io posso muovermi nell’ombra, New York e Boston sono vicine. Non è un addio” aveva ripreso, “E qualsiasi cosa tu stia per dire sul: non dovremmo, è pericoloso, risparmiatela, sono andato e tornato dal tartaro così tante volte che nessuna situazione mi sembra più pericolosa” aveva stabilito con sicurezza.
Annabeth aveva sorriso, colpita, “Hai sentito il capo, non è un addio” aveva considerato Percy, “Sempre se mia sorella non decide di ucciderci tutti prima” aveva aggiunto con divertimento. “Risolvo io” li aveva rassicurati Jason, con il cuore pesante, sofferente all’idea di doversi separare ancora.
“Allora, arrivederci” aveva asserito Jason – ma non ne era sicuro – prima di attraversare anche lui la porta.

Non era stato diverso dal passare una soglia, una qualsiasi altra, se non fosse stato per il calore e l’attimo. In un battito di ciglia era passato dalla stanza del dormitorio di Annabeth a quello che pareva un piccolo magazzino straripante di roba.
Jason aveva urtato contro un appendiabiti morbido, pieno di piumini.
“Ecco, ben arrivato” lo aveva chiamato una voce. Jason aveva riconosciuto subito l’elfo oscuro Bltizen, “Cosa ti ha fatto di male quel cappotto?” aveva chiesto, ammiccando ai resti del vestito di Astrid, “Nulla rispetto a quello che mi farà la proprietaria” aveva risposto lui.
Blitzen aveva allungato una mano, per invitarlo a consegnarli l’indumento, “Tanto non posso permetterti di uscire così dal mio negozio, ho una reputazione. I Nove Regni sono pettegoli e non si dica che Blitzen Freyason permetta a gente scapigliata di uscire dal suo negozio” aveva aggiunto con estrema professionalità.
Jason si era sfilato la pelliccia per dargliela.
Infondo, l’elfo oscuro aveva restaurato l’altra.
Blitz gli aveva dato una camicia a rombi, pulita, per sostituire la maglietta. Quando lo aveva accompagnato fuori dal magazzino, all’interno del suo negozio.
Jason aveva avvisto i suoi compagni tirati a lucido, Madina con gli scii legati alla schiena, sopra un abito a fiori spezzato alla vita. Magnus con una camicia di flanella ed Alex che curiosava invece al reparto pantaloni, per prenderne un paio verde pistacchio.
C’era anche l’elfo muto, stava parlando a Magnus, con movimenti precisi ed eleganti delle mani, il figlio di Frey stava osservando tutto attentamente, “Sì, amico, ha funzionato perfettamente” aveva risposto con un sorriso pieno d’orgoglio, l’altro aveva gesticolato qualcosa, “Ah, sì, meno male che non ci siamo disintegrati nel vuoto cosmico” aveva detto Magnus, meno convinto.
“Come stai?” aveva chiesto Madina, invece, venendo verso di lui, con un tono dolce e preoccupato, “Come se fossi finito in una lavatrice emotiva” aveva risposto Jason, “Non molto romano” aveva aggiunto.
Anche se lui non lo era mai stato veramente.
“Dovremo accantonare lo stereotipo che i romani non hanno cuore, allora” aveva risposto lei con gentilezza.
“Ehm ehm …” aveva attirato l’attenzione Magnus, “Noi, ecco, pensavamo di restare qui con Heart e Blitz a fare quattro chiacchiere, siete invitati ovviamente” aveva aggiunto.
“Grazie dell’invito Magnus, ma abbiamo una missione da terminare” lo aveva anticipato Madina. Il figlio di Frey aveva annuito, ma Jason aveva potuto osservare un’espressione preoccupata palesarsi sul viso dell’elfo, che immediatamente aveva cercato con lo sguardo il suo amico proprietario del negozio.
Blitz aveva parlato, interpretando l’espressione di Heartstone, “Missione? È successo qualcosa di grave?” aveva chiesto.
Madina aveva guardato Jason, “Non so, può darsi? Un dio si è perso qualcosa – nella norma credo” aveva ammesso, non era ne una menzogna ne la verità. “Spero non sia quel dannato martello di nuovo” aveva replicato Alex, “Perché io un altro abito da sposa non lo metto” aveva sottolineato.
Jason non aveva idea di cosa stessero dicendo, “Magari, quando avremo scansato il Ragnarok per l’ennesima volta, potete raccontarmelo?” aveva invece chiesto Madina.

 



[1] Riferimento al secondo capitolo della saga di Magnus

[2] Riferimento ad un gioco di parole di uno dei titoli di Magnus Chase, “Things get Wyrd”  (che giuro non ricordo per nulla come fosse in italiano) che gioca con i termini “Weird” (che nell’inglese antico voleva dire: magico, mentre in quello moderno: strano – e deriva proprio dall’altro termine) e Wyrd. Intraducibile in italiano, ma dovevo.

[3] In The Ship of The Deads, Magnus ed Alex avevano un excursus sui libri della Biblioteca della Chase Mansion ed Alex si lamentava della mono-tematicità dei volumi in quanto fossero troppi “Uomini Bianchi morti” e Magnus sottolineava che anche lui soddisfaceva le tre categorie.

[4] Magnus ha vissuto per due anni per le strade di Boston, senza aver mai incontrato mostri fino alla sua morte (anche se aveva Heart e Blitz ha proteggerlo), comunque anche Alex, Mallory e TJ (che erano semidei) non raccontano mai di spiacevoli incontri con mostri. In vero, nell’universo Riordiano (ma anche mitologico) i mostri scandinavi sono più “sobri” di quelli greci (Ovviamente per gli Einherjar è tutta un’altra cosa).

[5] Gli schiavi romani potevano godere del Diritto Romano del non essere uccisi ed anche addirittura di dover essere curati in caso di infortunio (OH, Più DI UNO STAGISTA. Sto scherzando) Non era niente, ma almeno sapere che il tuo padrone non poteva ucciderti random era qualcosa, i gladiatori per ovvie ragioni (combattevano nell’arena) non godevano di questo “privilegio”.

[6] Mi sono ispirata alla rappresentazione che Riordan fa in SoM invece che quella più mitologica.

   
 
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