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Autore: Waterwall    22/03/2022    1 recensioni
E se la sorte dell'amore tra Oscar e Andrè cambiasse? Se ci fosse qualcosa che nessuno ci volesse mai dire? Magari un segreto che con la loro morte non è mai stato detto.
E se vi dicessi che sopravvivessero alla rivoluzione e il destino gli serbasse qualcosa di molto più grande?
Che Alain incontrasse l'amore della sua vita e che anch'esso nascondesse un segreto?
E che il conte di Fersen non fosse stato così santarellino come credevamo?
Se vi ho incuriositi leggete con un grandissimo "grazie" in anticipo!
Ps. L'ispirazione mi è venuta leggendo la oneshot di fuko chan "Il ricordo segreto" (se troverai mai questa fanfiction ti prego di dirmi qualcosa perchè sei bravissima *-*)
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il cielo era azzurro e il prato smeraldino sembrava essere fatto di diamanti per via della rugiada.
Le due famiglie avevano fermato le carrozze e pranzavano sul verde accanto ad un falò improvvisato; erano seduti in cerchio, uno vicino all'altro, passandosi le ciotole in legno con dentro della zuppa di verdure abbastanza calda.
Oscar si guardava in giro per ammirare lo scenario montanaro che li aveva accolti quella domenica: non avrebbe mai pensato di poter vivere un momento in famiglia di quel genere mentre, a valle, divampava la guerra. Non rientrava né nella sua educazione, né nel suo carattere ma, da quel ormai lontano 14 Luglio, tutta la sua vita era cambiata. Come se fosse morta sotto i colpi delle baionette e rinata immediatamente dopo; come se avesse vissuto tutti quegli anni in un mondo d'odio e fosse ritornata in vita in un mondo d'amore.
Già, il 1789 era stato un anno rivoluzionario in tutti i sensi, anche nel momento in cui si erano presentati dei terribili demoni alla porta. Ma in quel momento non le importava; in quell'angolo tra le montagne tutto era lontano, fuorché l'amore - che abbiamo sempre vicino anche quando è lontano. Il dolce cantar degli uccelli fungeva da ghirigori nell'atmosfera e la quiete regalava alla malattia un momento di serenità. 
Poi, una catastrofe.
Un frastuono di stoviglie che sbattevano l'una contro l'altra si vibrò nell'aria seguito da due respiri trattenuti, di quelli rumorosi, che cercano di tamponare dell'esclamazioni quali grida o parole poco eleganti.
Oscar si girò alla sua sinistra e vide André e Alain con le braccia poste a mezz'aria e gli occhi rivolti verso i pantaloni, mentre vicino alle due figure si trovava Marron-Glacé immobile con il mestolo in procinto di versare il liquido. Sembrava che i tre fossero stati tramutati in statue di ghiaccio, immobili per com'erano, finché il volto dell'anziana donna parve diventar paonazzo. Gli occhi piccoli e vispi si assottigliarono e la si sentì strillare in preda ad una crisi di nervi: « Ma voi due non riuscite, per una santissima volta, a non fare i bambini? Siete grandi e svezzati- tra l'altro uno dei due è anche diventato genitore! » stringeva il mestolo con forza, portandosi i pugni vicino al viso minacciosi di dare un pugno al primo che le fosse capitato sotto tiro.
« N-nonna, ci dispiace! » 
« S-sì, signora Grandier- non era nostra intenzione recarle fastidio! » 
I due uomini avevano le voci tremolanti, la schiena talmente diritta che parevano corde ben tese di violino e li si vedeva indietreggiare, a passo felpato, sempre più lontani dalla vecchia governante come due prede davanti ad un leone.
« Mannaggia a voi! Mi avete fatto cadere l'ultima parte di zuppa ... - si chinò sul prato con un po' di fatica a causa delle ginocchia ormai irrigidite- Cielo, tutte le nostre stoviglie ... A terra, per colpa vostra! » 
Tale fu l'occhiataccia glaciale che gli diede che i due, in procinto di avvicinarsi per aiutarla, cedettero alla paura e si allontanarono verso la discesa del monte.
Oscar si alzò sospirando e, nascondendo un leggero sorriso divertito, andò a passo leggero verso la nonna, indecisa se raccogliere i legni intagliati o inseguire quei mascalzoni. La splendida donna posò una mano candida su quella schiena leggermente incurvata dagli anni e con l'altra mano si assicurò di farne leggermente leva per poterla far rimettere perfettamente dritta: « Ci penso io qui, non preoccuparti: hai già fatto abbastanza. » le sorrise con dolcezza e Nanny non poté far a meno di perdersi negli occhi azzurri di quella che da più di trent'anni era divenuta la sua nipotina. 
Seppur gli occhi fossero stanchi e leggermente contornati da qualche occhiaia, l'azzurro che li dominava rimaneva limpido: segnava che Oscar era nuovamente alla ricerca di sé stessa, aveva congelato in un limbo l'esperienza traumatica che aveva passato da poco e cercava (questa volta) di spegnere il fuoco di dolore che le invadeva le vene. 
« Va bene cara, l'importante è che non ti affatichi. » le rispose abbassando lo sguardo, con voce calda e amorevole mentre asciugava le mani paffute e grinze dagli schizzi del cibo.
Così la bionda si chinò a riprendere tutte le stoviglie e si avviò verso il piccolo ruscello, dove si erano poco prima spostati Esperanza e il piccolo Joseph, anche lui vittima delle pietanze rovesciate.
Oscar guardò la madre di fronte a lei mentre giocava con le manine del piccolo che cercava di tirarle le ciocche corvine; avvertì un senso di invidia dentro di lei - non pericolosa bensì malinconica. Se fino a poco tempo prima, quando si sentiva triste o al contrario molto felice, poteva portarsi la mano ad un ventre gonfio pieno di vita, adesso si sentiva fredda anzi, esattamente glaciale. Quel freddo che era riuscita a vivere sono in uno dei suoi strani sogni nella lontana tenuta di Arras, che le tormentavano il sonno e la mente, ma che a suo malgrado erano diventati i contorni spinosi delle sue giornate. Cercò di scacciare quei pensieri che l'assillavano: era il suo nuovo proposito quello di non pensarci troppo, di evitare di pensare a quel dolore lancinante per un po' così da poter affrontare il viaggio con più tranquillità.
« Si è sporcata anche lei, madamigella? » gli occhi di ghiaccio della ragazza guardavano la sua figura alla ricerca di qualche stonatura sulla camicia o sulla culottes.
L'ex comandante con ironia rispose: « Prova ad indovinare, non è difficile. E voi? » 
Esperanza portò gli occhi al cielo in maniera esasperata: « Fortunatamente no, ma sono venuta per sciacquare le stoviglie. Ovviamente quei due non riescono a non combinare qualche pasticcio per un giorno! » 
Oscar rise pensando che, in fin dei conti, erano la parte più divertente delle loro giornate: davano quel senso di spensieratezza che ormai avevano perso da un po' e che li aveva accompagnati durante tutto quel periodo di villeggiatura ad Arras, lontani dalla rivoluzione. Sentì la sua risata essere accompagnata da quella di Esperanza, limpida e serena, tipica di una ragazza giovane della sua età: pensò a quanto fosse stata fortunata ad essere sopravvissuta al 14 Luglio, a quanto Dio le avesse concesso una seconda possibilità di ritrovare la felicità ed a quanto fosse stata fortunata a vedere tutta la sua famiglia insieme come un tempo. Dunque, anche se la perdita di suo figlio l'avesse distrutta più delle baionette che le spararono davanti la Bastiglia, era comunque "contenta". Era un mantra che si ripeteva in continuazione, si doveva ricordare la felicità raggiunta per non crollare e che finché avesse continuato a ripeterselo in continuazione, tutto sarebbe filato liscio.
Ma ecco la tosse rossa risalirle dai bronchi. Un attimo di vuoto e dolore.
Cominciò a tossire compulsivamente, le stava mancando il respiro e dovette abbandonare immediatamente le ciotole alla cieca.
« Oscar! » la ragazza fece per avvicinarsi a lei sperando di poterla aiutare.
La donna, per quanto rannicchiata a terra, allungò prontamente il braccio alzando la mano: « No, Esperanza! Sta lontana! » non voleva assolutamente che si avvicinasse, specialmente col bambino.
Stava continuando a tossire, non riusciva a smettere, la sua fronte premeva sui ciottoli umidi e freddi che le davano un senso di sollievo alla fronte bruciante per lo sforzo; fu allora che sentì delle mani tirarla per le spalle cercando di farla sedere e permettere alla gabbia toracica di adempiere al suo dovere. Così si palesò davanti ai suoi, l'occhio verde di André:
« Oscar, concentrati - la voce di André arrivava quieta alle sue orecchie- Guardami e concentrati sul mio sguardo. » 
La donna sentiva il panico avvolgerla sempre di più ma comunque decise di tentare di superare il muro che le si era costruito nella testa tra l'oblio e la lucidità: cercò di strizzare i suoi occhi sbarrati dalla confusione e da un respiro anormale che continuava a farle sussultare ad ogni colpo. Al che provò a focalizzarsi sulla pupilla di André sperando che fissare un punto esatto potesse essere terapeutico.
« Cerca di concentrarti come hai sempre fatto in ogni singolo duello, in ogni singola battaglia. » 
Tentò faticosamente di trovare la stessa energia del tempo, ora mai passato, che l'aveva sempre accompagnata: quella luce che l'aveva sempre irrorata della bellezza aurea che l'accostava costantemente a Minerva- dea della saggezza militare. Non era mai stato così pesante per lei uno sforzo mentale, neanche durante il periodo dell'apertura degli Stati Generali quando i suoi uomini furono incarcerati e quasi sentenziati; non pensava di poter essere così debole, non aveva mai avuto nemmeno il tempo di pensare effettivamente che anche lei potesse essere debole: anche al tempo in cui era innamorata di Fersen ed era andata al ballo tutta imbellettata. Si era sentita stupida e in qualche modo infantile ma non debole come in quell'esatto momento in cui i polmoni sembravano essere due fornaci per come stavano bruciando. Sentiva le voci di Marron-Glacé e di Alain preoccupate, poteva capirne il motivo ma non riusciva a scandire il significato di ognuna: il suono le appariva lontano ed ovattato e, concentrata sullo sguardo di André, sembravano quasi appartenere a un mondo onirico che le rimbombava nella testa; le sembrava che tutto quel rumore appartenesse solo a lei e non al mondo circostante che le pareva quieto e calmo. Effettivamente le parve di scrutare l'erba della montagna nell'occhio del suo amato e qualche traccia di azzurro del cielo si affacciava su di esso.
Percepì la tosse calmarsi pian piano sempre di più e il petto smettere di sobbalzare: l'attacco era in procinto di abbandonarla ma la sua mente si era rivolta al fatto che era totalmente imbrattata del suo stesso sangue dal viso alla camicia bianca.
« Ti senti meglio? » 
La voce di suo marito era calda, tranquilla, come una cioccolata calda davanti al camino mentre fuori divampa una tempesta; voleva rispondergli di sì, che per quanto bruciasse tutto in ogni caso stesse meglio, ma non ci riusciva: ovunque nel suo campo visivo si erano messi come dei luccichii continui che la disturbavano sempre di più.
« Oscar, mi riesci a sentire? » 
La voce di André era più ovattata di prima, ora le arrivava storpiata e più grave.
« Alain, tieni il bambino! Oscar, in questo momento, deve prendere molta acqua! » 
E poi il buio.

Vide una rosa rossa davanti a sé, in un paesaggio ultraterreno prevalentemente fatto di luce tenue che si estendeva senza fine dinnanzi alla sua vista: le ricordava i suoi vecchi sogni, quelli che le permettevano di poter, solo per qualche istante, parlare con suo figlio. Ma questa volta Reynier non poteva esserci: era nato morto e la sua anima era sparita come quei meravigliosi sogni, per quanto quella rosa le ricordasse quella che le aveva donato tempo addietro.
Si fece coraggio e si avvicinò con cautela al fiore; si guardò intorno per vedere se qualcuno stesse arrivando, ma nulla.
« C'è qualcuno? » non lo disse a gran voce, quel silenzio sembrava essere ancora più assordante di una cavalleria.
L'alcuna traccia di movimento le fece prendere un po' più di coraggio, tanto da allungare un dito verso i petali sospesi nel vuoto.
« Non avere paura. » 
Oscar si girò di scatto per vedere se vi fosse qualcuno, spaventata dalla rottura del silenzio: « Chi c'è? » sentì le palpitazioni aumentare. Si girò a destra e a sinistra, poi alle sue spalle e di nuovo verso il fiore, ma non vi era traccia di nessuna figura.
« Ancora non puoi vedermi, non ci è concesso. » la voce era calma, giovane e placida. La donna si accorse che proveniva dalla rosa, ma non riuscì a far altro che ripetere la stessa domanda di prima in maniera un po' più mirata per farla seguire da un classico "sono morta?".
La voce si mise a ridere mentre i petali rossi sembrarono accendersi di luce: «No, sciocca. Sei solo in un altro posto, sarebbe meglio definirla dimensione, ma chiamala come preferisci. Volevo solo incontrarti un po' prima del previsto e dirti che andrà tutto bene. » 
« Tutto bene? Ma mi vedi? Fra un po' non riuscirò nemmeno a reggermi più in piedi e chissà - sentì delle lacrime cominciare a scivolare lungo le gote rosee- magari lascerò solo il mio povero André. » strinse i pugni e i denti nel pensare a quanto potesse essere ingiusta la vita con lei.
La rosa rise nuovamente.
« Perché ridi delle mie disgrazie? Non chiedo di compiangermi, ma neanche di prenderti gioco di me! Sarai un fiore giovane e civettuolo come saranno state tutte le altre rose rosse di Versailles adorate dalle donne di corte. » 
Così la rosa si zittì un momento e, sentitasi comparata ad uno di quei fiori, allungò il suo stelo e mostrò le sue spine aguzze come fossero zanne: « Sciocca nuovamente! Sono un'anima più antica di quel che tu possa pensare e fino ad ora sono stata sempre molto felice di sapere che il mio destino fosse incrociato al tuo. Non mi ci far ripensare! » 
Oscar divenne pensierosa, dentro di lei si dilagarono così tanti sentimenti e domande che sentì centinaia di voci nella sua testa: « Quindi ci incontreremo presto? » 
« Non esattamente, ma fa ora attenzione alle mie parole dato che il percorso non sarà semplice e il tempo è poco. » 
Oscar risentì quella sensazione di agitazione e speranza che provava in ogni suo sogno con Reynier, solo che non sapeva se questa volta sarebbe stata positiva o meno- o semplicemente una vera e propria fantasia della sua mente.
« In questo ultimo periodo dovrai affrontare gli ultimi sforzi, ma per quanto il viaggio ti porrà davanti diversi momenti bui e difficili, ricordati che la sua conclusione sarà lieta. Dal canto tuo però dovrai eliminare ogni lucchetto che ferma la tua anima in un limbo continuo da quando avevi quattordici anni: quella che stai per affrontare è una nuova possibilità e dovrai prepararti per bene ad affrontarla! Quando sarai pronta, allora ci rincontreremo. » 
Oscar si accorse che la visione stava cominciando a farsi leggermente fioca, era il segno che si stava risvegliando.
« Ma come farò a riconoscerti? » 
Tutto si stava facendo sempre più lontano e all'improvviso si levò un vento così forte che la costringeva ad indietreggiare, così tentò con tutta la forza che si trovava nelle sue gambe per cercare di correre ancora verso il fiore, ma qualunque sforzo le sembrava impossibile.
La voce rise per una terza volta: « Non potrai far a meno di riconoscermi. Ma adesso dovete sbrigarvi, delle persone crudeli sono sulle vostre tracce! » 
Continuando a rincorrere quel suono sempre più flebile, la donna vide diverse scene scorrerle a fianco come per racchiuderla in un tunnel: vedeva lo stesso gruppo di uomini incappucciati che avevano tentato di uccidere Esperanza, marciando sui loro cavalli lungo un sentiero di montagna che loro stessi avevano superato da non molto tempo. Cercò di guardare il più possibile la scena per individuarli al meglio, ma si accorse che accanto a colui che capitanava lo squadrone vi erano due figure colorate ... Girodelle ed Ancolie?! 
Voltandosi verso l'altro lato del tunnel vide suo padre, inginocchiato nella cappella di famiglia con accanto Victor: sicuramente era un avvenimento antecedente. Sentii suo padre chiedere al conte di proteggerla, di far questo favore in nome della vecchia amicizia che li univa. Pensò di potersi sentire sollevata, che magari Victor lo stesse facendo per essere sotto copertura, ma quando lo vide chiudere la porta della cappella, un esatto momento prima che tutto sparisse, lo sentì grugnire che non avrebbe mai protetto né André né quegli "orrori".


Gli occhi dell'ex comandante si aprirono alla luce fioca di un focolare, in una stanza prettamente in penombra, mentre il resto del corpo si trovava adagiato piacevolmente sotto delle coperte abbastanza pulite. L'immagine che le arrivava si stabilizzò lentamente, mentre sentiva in lontananza chiamare il suo nome più e più volte tra un lieve scoppiettio dei tronchi ardenti.
André, senza giacca e con le maniche della camicia arrotolate quasi fino al gomito, aveva appena aperto la porta e tirò un respiro di sollievo: mise immediatamente la bacinella con acqua e pezza sul mobile vicino la porta d'ingresso della stanza e affrontò lo spazio dallo stipite della porta al letto in sole due falcate per inginocchiarsi proprio accanto al suo amore per tenerle la mano: « Finalmente ti sei svegliata! » 
Le sue mani erano inumidite così tanto da avere i polpastrelli raggrinziti, ma l'attenzione di Oscar si dirigeva verso il suo sguardo traboccante di lacrime sentendo il tremolio dei muscoli arrivare anche alle sue falangi.
« Scusami ancora una volta, André, per averti fatto preoccupare. » pensò nella sua testa che il tono della sua voce fosse uscito flebile come quello della rosa da poco salutata: avrebbe voluto raccontare a suo marito cosa le fosse capitato, un nuovo sogno che le si fosse palesato per dirle come sarebbe andata la sua vita e il suo chiedersi perché proprio a lei ... ma evitò, guardando quell'uomo stremato e spaventato da una vita per la sua sorte. Forse l'avrebbe solo fatto spaventare di più, sarebbe stato meglio aspettare di poter parlarne ad Esperanza come "ai vecchi tempi".
« Ma cosa dici, Oscar? Non è colpa tua, l'importante è che ti sia svegliata. » 
Lei accennò un sorriso e fece scivolare la mano in una carezza sulla guancia di lui. Al che si guardò in giro notando la camera ornata di camino e pochi mobili austeri alquanto vecchi e rovinati: avevano cercato di portarla in una camera di una qualche locanda e questo voleva dire che avevano speso altri soldi, altro tempo, altre fatiche nuovamente ed unicamente per lei. Si risentì un peso e rifletté che forse, la scelta di amare André - per quanto fosse assolutamente stupendo - fosse una delle scelte più nocive che avesse mai potuto prendere, ma non per lei, bensì per loro.
« Quindi sono stata nuovamente un peso. Sono stata nuovamente pari ad una bambina da accudire, perché non riesco a fare più qualcosa da sola. » vi era sconforto nella sua voce, da quando erano partiti oscillava sempre tra dei momenti di estrema positività, ad altri di assoluta agonia dove tutta la sua esistenza era vista negativamente.
« Sciocca! - il timbro di André divenne severo, grave e ad Oscar ricordò il tono di quella rosa del suo sogno- Non sopporto il tuo sminuire costantemente te stessa, come se tu non fossi altro che una di quei damerini o di quelle civette di corte! Oscar François de Jarjayes non è questo: è una delle donne migliori del mondo poiché è la più umana di tutte, la più vera e reale e dunque perfetta. Ora è semplicemente malata e, dopo una vita dedita al prossimo e alla giustizia, non riesce a sentirsi a proprio agio nel rovesciamento di questi ruoli. » aveva la fronte piena di grinze, le sopracciglia aggrottate, lo sguardo scolpito dalle saette e piccolissime goccioline di sudore che gli scendevano lungo tutto il corpo coi muscoli tesi come se fossero stati i crini di un violino.
Oscar non replicò, preferì rimanere in silenzio per una volta ed imparare ad ascoltare, non ad ubbidire. Al ché vide suo marito sciogliere ogni tensione, prendere un respiro profondo e baciarle la fronte con estrema delicatezza, come se le avessero appena poggiato sulla pelle il petalo di un fiore: « Ti amo, Oscar. Mi ero spaventato. Siamo arrivati fino alla frontiera per trovare un posto caldo dove farti riposare e poterti offrire anche assistenza medica: avevi perso molto sangue e non riuscivamo a farti svegliare: hai dormito per sette, lunghissime, ore. Ma ora tutto questo non importa, ora basta che tu ti senta bene e che rimanga buona a letto. » 
Si scambiarono nuovamente dei sorrisi e si strinsero forte le mani per sentirne il calore, i calli, le cicatrici e ricordassi che fossero lì, insieme e vivi.
« Rimani qua, dirò a tutti che ora stai bene ma non ti agitare: non li farò entrare così che tu possa avere il tuo spazio. Riposati, amore mio. » ritornò verso la porta lentamente e con estremo silenzio l'attraversò e la richiuse dandole il senso di essere per un momento tornata nella sua vecchia casa, nel vecchio palazzo Jarjayes dove poteva rimanere con sé stessa per tutto il tempo che desiderasse. Ma subito dopo aver chiuso gli occhi si ritrovò a spalancarli: si ricordò della scena che aveva visto nel suo sogno e fece i conti che se lei avesse dormito per sette ore, avrebbe voluto dire che Girodelle ed Ancolie erano davvero troppo vicini.
Quando la mattina seguente Alain portò un tè caldo a sua moglie nella grande sala della taverna con ancora dei cocci di vetro sparsi per il pavimento, la vide tamburellare con il piede con fare nervoso mentre stringeva il loro pargolo tra le braccia. Esperanza era un libro aperto per quanto riguardava i sentimenti: non c'era giorno o momento in cui non fossero cristallini, anche se questo non voleva dire che fosse chiaro cosa le passasse per la testa, anzi, dopo tutto quel tempo di convivenza Alain aveva compreso che i suoi pensieri erano solo maledettamente complicati. Con lei aveva capito che vi era una sostanziale differenza tra il mondo interiore di ogni persona e quello esteriore che andava cambiando dipendentemente da chi circonda il soggetto.
La moglie guardò con distrazione la tazza fumante farfugliando svelta una parola cortese nei confronti dell'attenzione appena ricevuta; Alain alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto: « Sai che ti fa bene prendere qualcosa, specialmente con le temperature che ci sono lì fuori. Non vorrai mica ammalarti. » 
« Sai che non è mia intenzione, ma non riesco a prendere qualcosa in questo momento. » Esperanza poggiò il mento sul palmo della mano, posizionando il gomito sul tavolo in maniera sgraziata.
« Vuoi che ti imbocchi? » ecco, quando Alain le faceva queste domande non sapeva se arrabbiarsi, ignorarlo o rispondergli cordialmente ... altre volte la risposta era un miscuglio strano di tutte e tre le opzioni: « Ma capisci i modi di dire? Insomma, intendo che ho ben altro per la testa! » 
« Mon Dieu! Sei isterica questa mattina! » 
« Isterica? - dagli occhi azzurri e sbarrati di Esperanza sembrarono partire delle saette- Essere nervosa perché preoccupata vuol dire essere isterica? » 
E proprio quando stava per scoppiare la guerra tra i due coniugi, André scese le scale. Nanny, che fin a quel momento si trovava dall'altro lato del tavolo a bere del succo di mela caldo, si precipitò all'inizio degli scalini pregando che la sua bambina stesse bene. André aveva preferito che per le ultime ore sua nonna riposasse data la sua anziana età, ma adesso non resisteva più, voleva delle notizie sulla sua piccola Oscar che aveva cresciuto con tanto amore, mentre al suo seguito si presentarono i due sposi.
« Quindi, André? Ci sono dei cambiamenti? » la nonna aveva gli occhi lucidi, circondati dalle rughe e da profondi cerchi neri e i capelli fuoriuscivano da sotto la cuffietta scompigliati. Il nipote le prese le mani calde e le sorrise dolcemente: « Va tutto bene, Oscar si è svegliata ma vorrebbe rimanere da sola. » 
Sentì gli anziani muscoli della parente irrigidirsi, un tremolio alle mani, ma prima che avesse potuto accennare alcunché André si ritrovò i coniugi Soissons pronti a tartassarlo di mille domande: le loro frasi erano talmente articolate e riprodotte ad una cotale velocità che alle sue orecchie giungevano come fossero un brusio eguagliabile a quello della tavernetta nei pressi della loro vecchia casa di Arras, dove aveva incontrato Ancolie.
Un brivido gli corse lungo la schiena.
Forse è la paura o l'ansia che quella donna aveva procurato a lui e alla sua famiglia? O forse erano semplicemente i ricordi di un tempo passato che ormai pareva una vita a parte?
Non era molto sicuro, ma il pensiero di Ancolie gliene fece balenare altre mille per la testa come se ci dovesse essere qualcosa da tenere in considerazione ma che adesso gli stesse sfuggendo. Era una sensazione fastidiosa, quasi come se fosse un ronzio di una zanzara nella notte estiva e placida quando vorresti solo dormire beato. Però qualcosa non tornava, lo sentiva dalle mani sudate, il suo sguardo che non faceva altro che perdersi nel vuoto per quanto cercasse di bloccarsi nel presente. Ma cosa diamine era?
E poi tra tutti i ronzii e i brividi, Esperanza lo chiamò in maniera diretta e precisa, all'improvviso decisa di non chiedere più di Oscar ma di altro. Gli teneva il polso con presa ferrea ed immobilizzante con gli occhi di ghiaccio che lo guardavano in maniera quasi spiritata: « André- la voce di Esperanza arrivava come un soffio, come a frammenti, ricca di dubbi e perplessità- Cosa sta accadendo? » lo aveva zittito sia all'esterno che all'interno.; quella ragazzina aveva usato ancora le sue strane doti, non poteva essere altro, e gli aveva letto il cervello: probabilmente aveva pensato che fosse impazzito o avesse preso dell'arsenico. Ma ancor più strano è che André avrebbe giurato di aver sentito i suoi stessi brividi sulla schiena di lei, come se fossero capaci di produrre suoni e rumori. Eppure, un suono l'aveva sentito e avrebbe giurato che fossero stati i nervi di Esperanza saltare come una camera dei bottoni.
C'era qualcosa che decisamente non tornava.
« Ragazzi, mi fate impressione... » Alain aveva incaricato un sopracciglio, li scrutava dalla testa ai piedi giudicandoli in silenzio e classificandoli come due matti da internare: « Smettetela di avere quegli occhi così spalancati, sembrate due gufi allucinati. Che avete? » ora il suo tono era proprio di disgusto, specialmente quando i due cognati direzionarono contemporaneamente lo sguardo verso di lui in maniera terribilmente lenta e quasi inquietante. 
« Insomma, aprite quella bocca? » fu la nonna a stizzirsi, l'aria nella stanza era diventata pesante quanto un masso e il suo povero cuore non l'avrebbe retta ancora per molto.
Fu in quel momento che fece capolino Oscar, quasi zoppicante, aggrappata al corrimano nel tentativo di farsi forza ed urlare: « Dobbiamo muoverci immediatamente! Dobbiamo scappare! Loro ... » 
E si aprì la porta con un rumore sordo, calciata da degli stivali neri e lucidi di ottima fattura: un ghigno di rabbia e un'uniforme cerulea inconfondibile si fecero spazio nella locanda mirando dritti verso André: « Ciao, Grandier. » 
L'uomo trattenne per un secondo il respiro, tutto quello che aveva in testa si era placato rimanendo concentrato solo sul capitano: « Conte de Girodelle. » 
L'aria era ferma, l'orologio sembrava immobile e la tensione era alta; tutti sapevano che non avrebbe portato buone notizie la sua visita, né che fosse venuto per aiutarli. Preoccupato per ciò che potesse accadere, Alain cercò di portare il più lentamente possibile la mano alla pistola ma Victor se ne accorse, così estrasse immediatamente la sua puntandola alla testa di Esperanza: « Non convincermi a premere il grilletto, feccia. » 
Quella voce era lugubre, lo sguardo algido traditore di tutti quegli anni di amicizia avuti con Oscar; fu lei a cercare di intervenire avvicinandosi agli scalini di legno a fatica: « Cosa vuoi, Victor? Abbi pietà di loro e dicci chiaramente cosa sei venuto a cercare qui. » sentiva il respiro sempre più affannoso, che non trovava tregua tra la morsa della malattia e l'ansia che cresceva ogni secondo in più che l'arma si ergeva imponente sulla vita della giovane madre. Ma Victor sorrise prendendosi beffa di tutti i presenti, sicuro ormai di averli in pugno e di essere capace di mettere fine a questa sciocca storia che durava, ormai, da troppo tempo: una donna così nobile, così elevata e così pura non poteva continuare a vivere nella miseria in compagnia di luridi plebei solo per un momentaneo ed effimero sospiro di femminilità repressa. L'aveva sempre detto, le donne sono troppo sensibili alle passioni e ai sentimenti travolgenti: non sono forti abbastanza per poter ragionare lucidamente sulle già poche scelte di vita che hanno. Poveri esseri nati sotto il dominio terribile della Luna.
« Comandante Oscar François de Jarjayes, sono venuto qui per allontanarla da quella che per lei par la scelta più giusta e logica ma che, in realtà, non è altro che una lunga caduta da un precipizio. Comandante, la prego gentilmente di venire con me e riprendere una vita dignitosa, consona al suo grado sociale. » 
Oscar alzò un sopracciglio e, ormai priva di qualunque tipo di speranza nei confronti di quel misogino e fedifrago aristocratico – così distante dalla sua persona – disse: « Dovreste smetterla coi giri di parole, ormai le mie radici si sono estirpate da quel mondo che voi chiamate "consono" e dunque "civile". Ditelo apertamente perché niente deve essere ora un lurido ed inutile tabou: voi non mi volete trarre in salvo da una vita difforme da quella attribuitami alla nascita, voi volete unicamente sposarmi e avermi così, finalmente, in pugno! » la mano guantata di bianco che adagiava il proprio indice su un grilletto argenteo sembrò tremare a tale affermazione, tant'è che l'uomo cercò di farfugliare qualche possibile risposta, però la donna cerco di rincarare la dose: « Voi non avete mai avuto intenzione di sposarmi per vero e puro amore, ma per puro e sanguineo desiderio umano di conquistare territori altrui solo per il gusto sfrenato di possedere. Non mi vedete come una donna, bensì come prossima terra di conquiste abbastanza florida e ricca da poter sperare di costruirvi un impero. Questa è la verità, lurido verme! » 
E fu così che quegli occhi verde gridellino s'infuocarono: « Come osate? Sto cercando di salvarvi la vita se non vi è chiaro! Sono stato più di una volta a colloquio con vostro padre per poter capire come meglio agire pur di salvarvi da quegli uomini che v'inseguono e tra di loro ho messo dei miei uomini così da aiutarmi. Non vi siete chiesti come mai io sia qui con un largo anticipo rispetto a loro? » 
La donna rimase immobile a fissarlo, sorpresa della pericolosità del gesto e confusa dalle azioni fatte dall'uomo che si trovava in fondo alle scale; fu André a rompere il silenzio, speranzoso di poter scappare con tutta la famiglia lontano da quella locanda: « Conte, vi prego di ascoltarmi ... Fateci andare, so che dentro di voi ... »
 « Insomma, basta! » Victor urlò quasi delirante, non riusciva più ad ascoltare la voce di André mentre l'unica donna al mondo che pensava di amare gli aveva appena detto che aveva una scarsa opinione nei suoi confronti; non riusciva a tollerarne neanche più il semplice respiro e si rimproverava di essere stato sempre troppo condiscendente con lui che non si meritava tutto questo. L'ira lo stava mangiando da dentro, facendolo tremare di rabbia cieca e repressa da fin troppo tempo dentro di sé; non era servito a niente salire di grado, evitare qualunque contatto (anche minimo) con ogni fanciulla di Versailles e la sua impeccabile bravura ad eseguire gli ordini del capitano de Jarjayes durante tutti quegli anni di servizio. Così implose e la rabbia portò a cambiare la mira verso la fronte dell'uomo così tanto amato dal suo biondo comandante: « Devi morire, André! » urlò premendo il grilletto. Fu lì che però, quello che era stato un diavolo si trasformò in un angelo: Ancolie era sopraggiunta sulla scena saltando addosso a Girodelle facendo in modo che il proiettile trafiggesse il legno di un gradino invece che il suo tanto adorato uomo.
Ci fu sorpresa negli occhi di tutti che non si aspettavano sicuramente una scena di cotale intensità, ma quello più sorpreso fu proprio André che incrociò il suo sguardo con quello nocciola di Ancolie: i suoi occhi erano così tristi e malinconici, lo osservava con pietà mentre atterrava sul corpo dell'uomo aristocratico.
« A-Ancolie ... » si mosse verso di lei cercando, goffamente di provare ad aiutarla in un gesto involontario, ma vide le sue labbra rosee accennare un docile sorriso mentre sulle gote le scivolavano delle lacrime: « Ti prego, amore mio, scappa. » 
E scese una lacrima anche ad André, stranamente ebbe paura. Mentre vedeva il suo vestito giallo agitarsi per quanto si dimenava Girodelle sotto di lei, gli si parò davanti la scena raccapricciante del corpo della giovane privo di vita.
Dunque, così ama una prostituta? Sfidando con ogni mezzo la furia degli uomini?
Sentì all'improvviso stringersi il braccio con forza: Oscar era riuscita a scendere i restanti scalini: « Forza, André! Dobbiamo andare! » lui non riuscì a dire nulla e cercò di tirare con sé anche la nonna.
La famiglia si recò presso la porta sul retro cercando di correre il più possibile anche se gli unici due veramente capaci erano solamente i due uomini. Sarebbero riusciti a sopravvivere anche quest'oggi?
Andarono per girare l'angolo e dirigersi verso le carrozze ma davanti a loro si presentò un muro scuro: anche gli uomini spagnoli li avevano ormai raggiunti e con loro anche la morte. Sentivano la fine di tutto vicina, la vita trascorre davanti a loro e non poterla afferrare e, per placare questa sensazione, Oscar e André si ritrovarono a stringersi forte le mani mentre la nonna si portava le mani al petto come per nascondersi e la povera Esperanza, trovatasi difronte all'incubo di una vita cominciò a strillare in preda all'angoscia stringendosi il suo povero piccolo a sé mentre Alain provava a farle scudo col suo corpo. Significava dunque questo essere vinti? Quelli erano i secondi cruciali per decidersi sul da farsi, per decidere di vivere o morire.
Alain schioccò la lingua per cercare di attirare l'attenzione dell'amico su di sé che non tardò ad arrivare; si guardarono profondamente e sembrò che stessero parlando in una lingua invisibile agli altri, quella che la loro profonda amicizia era riuscita a creare. Tutte le notti passate a fare da guardia in caserma ed altre a ridere tra gli altri commilitoni, tutte quelle volte che avevano cercato di salvarsi a vicenda la pelle e tutte le volte in questi anni che si erano detti silenziosamente che si volevano bene ... Era una morte dolce quella che li avrebbe sopraggiunti in quel momento, quella di chiudere gli occhi per salvarne altri affiancati dal proprio migliore amico. Sembrò quasi che si stessero stringendo la mano su un piano incorporeo.
« Ti amo tanto, Esperanza. » 
« Mi mancherai tanto, Oscar. » 
I ragazzi interruppero il silenzio con queste veloci frasi che alle donne arrivarono con la stessa potenza di un macigno sui loro cuori, gli uomini oscuri sembrarono dissolversi come ombre e il vento freddo non sembrò più tale. Tutte e tre li guardarono per un tempo che sembrò infinito, eppure fu solo questione di qualche secondo che si trovarono sospinte dalle loro braccia possenti verso l'entrata della stalla. Non riuscirono ad emettere alcun suono, il loro cuore batteva troppo veloce e la tensione era tale che fece solo versare delle lacrime mentre tutto attorno a loro era veloce.
« Andate e non voltatevi mai! » urlò nuovamente Alain avvicinandosi sempre di più ad André.
Quella che riuscì a prendere il prima possibile lucidità fu Oscar che cercò di scattare in piedi con fatica e tirò per le braccia le altre due: « Forza, non gli saremo d'aiuto da morte! » 

Appena si allontanarono abbastanza, i due commilitoni si lanciarono acquattati contro le gambe degli spagnoli in modo tale da farli cadere e far guadagnare tempo al gruppo per poter fuggire lontano da tutto, oltre le Alpi. Alain e André si scambiarono uno sguardo veloce, impregnato di angoscia ma egualmente di serenità come se le loro anime fossero legate da un nastro; la fine di tutto era vicina, lo sapevano bene, dopotutto la tensione del momento gli scorreva lungo le braccia come delle scosse – quel mondo li aveva portati così tante volte vicino alla conclusione che si sarebbero dovuti abituare, eppure il saper di star respirando l’ultima volta l’aria delle montagne senza aver detto felicemente “addio” alle piccole grandi cose che fanno aggiungere l’aggettivo “magnifica” accanto alla parola “vita” faceva così tanto male. « Alain – disse in un soffio il moro – Sono felice di averti incontrato. » e sul suo volto, come un piccolo frammento di vetro, si liberò il riflesso di una lacrima.
Effettivamente era vero, tutto aveva cominciato a prendere colore solo quando nella vita di Alain era apparso André e quando nella vita di André era apparso Alain: « Idem. » purtroppo non vi era tempo per poter dire effettivamente ciò che i due volevano veramente esprimere, ma bastò per far comprendere entrambi che quella che Dio gli aveva donato era una delle opportunità più belle che un uomo potesse provare: l’amore in una delle sue più grandi declinazioni. Dunque, beffardamente, il destino aveva scelto per loro che la scoperta più grande di una vita l’avrebbero dovuta fare quando non avrebbero più potuto viverla consciamente ma solo come un lungo senso di luce che avvolgeva i loro ricordi più belli. Quindi era anche questo l’amore? Non vi era bisogno di inseguirlo disperatamente?
« T’amo come si aman le gioie della vita, quelle che provocano gioia come i bicchieri di vino la sera dopo una lunga giornata di lavoro e come si amano le risate. Sei tu questa forza della mia vita, che non mi eleva verso il cielo come la donna che amo, ma che mi sorregge il braccio lungo il cammino su questa terra piena di verde e di arsura. » 
Se lo sarebbero voluto dire, l’uno guardando l’altro negli occhi per un’ultima singola volta. Ma il tempo era scaduto anche per loro su questo pianeta fatto di male e di bene.
Alzarono le loro strisce e si gettarono suicidi contro quegli uomini incappucciati, almeno le loro adorate donne sarebbero finalmente state libera da tutto e avrebbero potuto continuare un’esistenza felice senza dover più fuggire.

Arrivate davanti alle due carrozze, Esperanza decise di dare il bambino alle cure della vecchia governante – sicuramente sarebbe stata lei quella più agile nel manovrare una carrozza. « Forza, saliamo sulle berline! » disse Oscar già pronta a slacciare le redini dei cavalli e così, finalmente, portare tutti in salvo. Era giunto il momento di chiudere questo libro, il momento di aprirne un altro con una nuova avventura, coscienti che si trovasse davanti ai loro occhi, oltre le Alpi ed oltre tutto quello che ormai la Francia stava diventando – la quale si nutriva del sangue di persone a cui avevano voluto bene o per cui avevano quasi perso la vita il 14 luglio del 1789. Tutto sarebbe stato lontano e avrebbe preso i colori di un lungo sogno ormai sbiadito per il passare del tempo; avrebbero creato qualcosa di nuovo che le avrebbe fatte rifiorire come le rose in primavera dopo il gelido inverno.
«  Siamo pronte, Oscar. »  disse Esperanza, già ben posizionata sulla poltroncina del cocchiere con lo sguardo di ghiaccio che puntava, austero, l’uscita delle scuderie: quel mondo luminoso che entrava in contrasto con l’oscurità dove si trovavano. « Andiamo! » comandò la donna bionda e lanciarono i cavalli in un galoppo sfrenato, sembrava quasi che i loro zoccoli non toccassero terra ma volassero. Forse, allora, era questa la sensazione che si prova quando si è liberi? Questo è ciò che si prova quando non ci sono più corde che ti legano o demoni che ti perseguitano ovunque tu vada? 
Entrambe le donne sentivano il cuore battere forte mentre davanti a loro si stagliava un cielo terso, contornato da prati smeraldini e una mulattiera che faceva perdere la sua fine oltre le montagne imbiancate e splendenti: quel paesaggio sembrava così onirico che nell’intimo si chiesero se fosse effettivamente reale, se quello spirito di luce che le stava chiamando oltre le cime non fosse altro che finzione. Solo il vento, così frizzante e forte, le teneva ancorate al mondo fenomenico in quel momento – per quanto anch’esso sembrasse sospingerle lungo un percorso appena foggiato su misura per quella corsa. Esperanza si sentiva in qualche modo rigenerata, già con un peso in meno sul petto; finalmente avrebbe assaporato la gioia di essere libera proprio come quel vento che scompigliava i capelli di Oscar di fianco a lei sull’altra carrozza.
Così si guardarono l’una con l’altra e pensarono dentro di loro a quanto, per tutto il tempo, non avevano aspettato altro che questo: il brivido della vita, la sensazione vitale dell’essere qui ed ora – un piccolo e fugace momento di coscienza che però permette di sentirti al di sopra di qualunque dolore. Dunque, era questa la pulsazione vitale? Quella spinta dal basso verso l’alto che eleva spirito e mente sentendo le vibrazioni della natura circostante? Era questa la sensazione che si avvertiva nel momento in cui si viene al mondo? 
Nel momento in cui i loro occhi si trovarono reciprocamente immersi nel blu l’uno dell’altro, una sorta di risolino sfuggì ad entrambe: non era né gioia né paura, ma un urlo che solo un’estasi illuminata può provocare. Scoprirono che era così bello essere in vita, più di quello che avessero mai pensato, perché per un attimo provarono il gusto di vivere solo per sé stesse; un momento soltanto per avere qualcosa che quella società non le aveva mai insegnato e mai dato.
« Dunque, è questo che vuol dire essere un uomo – pensò finalmente Oscar, dopo anni di sofferenze – Amarsi ed amare la vita naturale che gli è stata concessa, perché si è finalmente e semplicemente liberi, privi di barriere davanti a sé. » 
Ma ecco, provenire dalla profondità del loro cuore quella sensazione femminile dell’amore totale verso la propria famiglia che penetra fin dentro le viscere – sentirono il rimorso e la paura di perdere parti di loro stesse per sempre. Alain era stato molto chiaro: non avrebbero dovuto mai guardare alle loro spalle, sapeva bene che si sarebbero fermate e sarebbero tornate indietro rischiando la vita per quella loro; era il loro desiderio più grande finalmente vederle felici ad ali spiegate. Ciononostante, il destino aveva intrecciato una cotta di maglia fra i vari membri, impossibile da sciogliere e che aveva da sempre reso la loro famiglia una delle più unite che in quel tempo storico si potessero incontrare. E questo le donne dagli occhi di cielo e di mare lo sapevano bene. Fu così che, in quell’interminabile sguardo, Oscar finalmente, cosciente di chi fosse e di cosa fosse l’amore vero e puro che avvolge e fa andare avanti il mondo, prese la decisione di seguire il suo vento: « Esperanza! – disse a gran voce, ormai priva di timore e implorante di seguire il suo destino finalmente chiaro, il destino della libertà – Io torno indietro ad aiutarli, tu non voltarti! Vai sempre avanti finché non arriverai a destinazione! » 
La donna dai capelli corvini sbarrò gli occhi e senza accorgersene le scivolarono delle lacrime che si persero nell’aria: « Oscar, ma cosa dite? Voi dovete venire con me, voi più di me meritate di ricominciare a vivere! Cosa servirebbe allora il martirio degli uomini che amiamo? Così diventerebbe una morte futile! » 
« Non se voi continuerete a vivere. Addio, mia adorata famiglia! E sappiate che non ho mai avuto bene più grande – abbiate cura di voi! » disse queste ultime parole sorridendo finalmente felice dopo trent’anni di sofferenza e cacciò il cavallo verso la locanda mentre la povera nonna urlava il suo nome affacciata dalla finestrella della carrozza. Ma ormai Oscar stava seguendo la strada del vento, oltre la catena montuosa che aveva costeggiato la sua vita; ormai era lei stessa il vento: libero, sfuggente e grandioso.
Esperanza, invece, aveva chinato il capo mordendosi il labbro inferiore: piangeva a dirotto e non riusciva a capacitarsi che la sua adorata famiglia avrebbe finito così il suo percorso. Era questo il prezzo da pagare per essere finalmente sé stessa? Non era possibile.

Gli uomini incappucciati li avevano ormai messi alle strette; per quanti di loro fossero senza vita a terra, altrettanti si ergevano vampireschi sopra le loro teste. André e Alain si trovavano a terra cercando di recuperare le ultime forze rimastagli anche se non erano affatto messi bene: il primo era l’unico che ancora riusciva bene a brandire la spada al contrario dell’altro che cercava di stringersi per bene il suo fazzoletto rosso alla mano: « Come stai? » chiese André che cercava di fargli da scudo.
« Come dovrei stare dopo che un pugnale mi ha attraversato da lato a lato il palmo? Dimmi un po’. » 
« Mi chiedo ancora come tu possa rimanere ironico anche in punto di morte. » 
Ma Alain a questo non rispose, la sua ironia non era la solita, era un’ironia scolpita dalla paura e dall’ansia – avrebbe desiderato durare un po’ di più in quel massacro, quel che bastasse a far sì che le loro amate scomparissero al di là della frontiera dove sarebbe stato più difficile raggiungerle. Eppure, i loro volti tumefatti e le loro ferite infettate dalla terra e dalla polvere parlavano chiaro: potevano quasi sentire i rintocchi del loro orologio personale divenire di volta in volta più gravi e lenti, sempre meno ricolmi di vita.
Era questa, dunque, la fine dei due commilitoni.
« André … » lo chiamò a bassa voce.
« Sì? » cercò di rispondergli mentre agitava la spada cercando di stoccare i fendenti nemici.
« Corri via, ti prego. » continuò solenne.
L’amico sgranò l’occhio verde, scioccato dalla sentenza che aveva appena sentito.
«  Tu hai ancora una possibilità, finirò io qua. Mettiti in salvo, ti supplico; ho perso tutta la mia famiglia, non posso perdere anche te, fratello mio. » 
Il moro ebbe una fitta allo stomaco, gli venne da piangere ma ricacciò le lacrime dentro di sé perché non poteva permetterselo. Anche per lui era un fratello, una figura che non aveva mai avuto nella sua vita ma che aveva scoperto conoscendolo.
« No, Alain. Non ti posso lasciare; ce ne andremo insieme. » sorrise sereno mentre le parole uscivano calde dalle sue labbra; sembrava in pace con tutto il mondo: era pronto alla morte. Alain cercò di ribattere, però l’altro lo zittì immediatamente in un suono secco, simile al rumore della polvere che si era alzata intorno a loro mentre laceravano carne e terreno con le loro armi ferree. Così André si accostò al suo caro amico e gli prese la mano: « Ti ho voluto davvero tanto bene, fratello. » 
Ora anche l’altro provò una sensazione di benessere provenire dalla sua anima, come se tutto fosse esattamente dove avrebbe dovuto essere: lì e in quel momento. Sorrise sereno, guardandolo intensamente e gli strinse forte la mano pensando dentro di sé a quanto fosse stato fortunato, a quanto in realtà la vita gli avesse sorriso permettendogli di avere un’altra famiglia così bella: « Anch’io ti ho voluto bene, non sai nemmeno quanto, fratello mio. » 
Chiusero gli occhi vedendo come ultima cosa lo zio di Esperanza alzare la spada bastarda, pronto a recidere la gola di entrambi in un sol fendente. Faceva paura ma così, mano per mano, sembrava tutto più semplice e meno terribile: morivano per e con l’amore mentre potevano ascoltare il fruscio forte del vento e ricongiungersi in conclusione con la natura.
Solo che i loro pensieri di riposo eterno furono disturbati dal rumore di un vento più forte e dissonante, un vento pesante e allo stesso tempo con la potenza di almeno 50 nodi. Aprirono gli occhi e si accorsero che, saettante come ai vecchi tempi, Oscar dirigeva la carrozza ad una folle velocità proprio in direzione del gruppo di rapaci predatori davanti a loro. In meno di un secondo, annunciando il suo arrivo solenne da un urlo di battaglia, li stirò tutti sotto le sue ruote. L’unico uomo che si accorse del suo arrivo appena in tempo per scostarsi, fu lo zio. Sembrò come se una voce gli avesse sussurrato all’orecchio che stesse arrivando una valchiria e, in fretta e furia, decise di fare un balzo indietro permettendogli di non essere preso così né dagli zoccoli né dalle ruote. Ora però era lui a trovarsi a terra, inciampato sul suo stesso lungo mantello.
« Che aspettate? Montate su! » dalla prospettiva dei due commilitoni, Oscar sembrava avere una aureola grazie ai raggi del sole che le passavano tra i capelli come lunghe dita di Dio che aveva deciso di salvarli. Era giunta la redenzione anche per le loro anime disperate, erano stati graziati sicuramente e quella visione del loro comandante biondo ne era sicuramente una prova simbolica. Al ché André annui e cercò di portare il braccio di Alain sulle sue spalle per aiutarlo ad entrare nella vettura. Purtroppo per l’uomo dagli occhi castani non sembrò molto semplice alzarsi, era stato anche ferito alla gamba: non sembrava un taglio mortale o troppo profondo ma ormai gli provocava molto dolore – di questo, però, se ne accorse anche Carlo che cercò immediatamente di fare il giro della carrozza. Lo spagnolo così tese la sua lama sopra la testa e a grandi falcate andò per gettarsi sui due uomini feriti che lo guardavano arrivare senza riuscire a muoversi, totalmente immobilizzati; Oscar, presa alla sprovvista, cercò disperatamente la sua pistola, ma si accorse che probabilmente si trovava all’interno di una delle carrozze – si maledisse e, disperata, cercò di saltare giù dal posto del conducente nella vana speranza che almeno il suo corpo malato avrebbe permesso di salvarli. Gridò in preda all’adrenalina e al terrore, arrivando a stendere le braccia e a chiudere gli occhi giusto in tempo per vedere il fendente appropinquarsi alla sua fronte, pronta a morire.
Ma non sentì niente.
« Che … che cosa? » l’uomo davanti a lei era sconcertato e fluttuava, immobile, a mezz’aria da loro. Erano tutti scandalizzati dalla scena che gli si mostrava.
« Oscar, stai bene? » chiese André preoccupato, senza comunque riuscire a distogliere lo sguardo dalla spada immobile giusto sopra la testa dell’amata. Sembrava che il tempo si fosse fermato per tutti, immobili, nell’ osservare quel fenomeno sovrannaturale.
« Sì, sto bene – rispose a fil di voce – ma io non capisco … » 
Così Alain, che percepì un’energia personalmente familiare, volse il suo viso verso le Alpi, incontrando lo sguardo di sua moglie: Esperanza stava a pochi metri da loro con uno sguardo fisso sullo zio, l’espressione corrucciata sotto sforzo e col braccio allungato in avanti. 
Era stata lei.
Non aveva mai visto niente del genere e credette che neanche lei sapesse di esserne capace. Voleva ringraziarla, dirle che fosse stata bravissima, ma non riusciva quasi ad emettere suoni dalla bocca: aveva perso sangue e forza; era stanco e voleva solo ricominciare con una nuova ed umile vita insieme a sua moglie e al suo piccolo principe – si sentiva così fortunato a poter amare di nuovo.
Nel frattempo l’altra coppia aveva compreso che il grande potere venisse proprio dalla donna corvina: « Vi prego di sbrigarvi. » cercò di digrignare tra i denti, cominciando a tremare per lo sforzo mentre, dall’altro lato, tentava di farsi spazio dalle prese di Ancolie anche Girodelle. Così i due coniugi cercarono di adagiare il corpo di Alain, privo di forze, su uno dei sofà della carrozza con André accanto intento a prestargli soccorso; nel frattempo Oscar tornò alle redini facendo galoppare il cavallo lontano dalla locanda. A quel punto anche Ancolie mollò il collo del conte, al quale si era aggrappata come una scimmia pur di fermarlo ed evitare che sferrasse un colpo fatale al suo amato, che con gli occhi di fuoco aveva cominciato a inveire contro tutti. Ancolie sorrideva felice vedendo la carrozza allontanarsi: era salvo, era sopravvissuto e non l’avevano preso – come non poteva essere così felice? Quasi rideva per la felicità. Dello stesso avviso non erano le bestemmie del conte che, purtroppo per lei, era infuocato da una rabbia troppo grande per essere contenuta: un gesto così puro ed allegro, ai suoi occhi iniettati di sangue, non poteva rimanere impunito – la riempì di botte. Le diede una decina di ceffoni dritti sul viso delicato e roseo o dove prima gli capitava a tiro, fino a lasciarla stramazzare a terra col fiatone e le guance gonfie e violacee, senza pietà o pentimento come se stesse macellando un povero agnellino. Eppure, di lei non se ne curò nessuno, neanche quella ragazza dai poteri magici a pochi metri di distanza: era la cattiva, se lo meritava e nessuno si sarebbe mai sacrificato per lei. Ancolie lo sapeva bene che la sua, per quanto avrebbe sempre cercato di rimediare e di migliorare, sarebbe sempre rimasta una vita infelice e priva di amore.
« Come ci sei riuscita? Maledetta strega! »  Carlo cercava di divincolarsi dallo stato di stallo in cui si ritrovava.
« Stai lontano da noi, per sempre. » la voce di Esperanza arrivava fredda e tagliante, effettivamente non sapeva neanche lei in quale modo fosse stata capace di una cosa del genere: era piena di domande e di dubbi ma doveva ricacciarli indietro prima che perdesse la concentrazione.
« Non ci giurerei troppo, nipote mia: ti ricordo che ho i tuoi fratelli in pugno e so quanto siano importanti per te! » disse a gran voce sogghignando.
A quel punto, tale fu il fuoco che arse dentro di lei al sol pensiero dei suoi adorati fratelli, succubi delle sue angherie, che raccolse tutte le sue forze e sembrò dare una spinta in direzione dello zio: volò via andando a colpire anche Girodelle che stava ancora lì a malmenare la povera ragazza bionda.
« Non osare. » Esperanza era furiosa, voleva farlo fuori. Era pronta a scendere dalla vettura pur di non rivederlo mai più e far sì che la sua vita finisse una volta per tutte … ma una voce si insinuò dentro di lei, ricordandole quando da piccola sua madre le ripeteva continuamente che quando si arreca del dolore a chi te lo arreca, non sei migliore di loro.
A salvare suo zio, dunque, fu un ricordo – il ricordo di una persona che lui aveva ucciso spietatamente ed in silenzio.
Sentì un rivolo di sangue scenderle giù dal naso riportarla alla realtà:« Addio. » disse apatica e si asciugò con la manica della sua camicia nera per poi fare retro front lasciando così, alle sue spalle, quelle persone che tanto avevano fatto soffrire le persone che amava. Ritornò, quindi, a percorrere la strada acciottolata, il sentiero della libertà dove un poco più distante l’attendeva la carrozza col resto del gruppo: il sole sembrava più caldo di prima e l’aria più tersa mentre, con la sua treccia al vento, correva verso Oscar sorridente che agitava il braccio sopra la sua testa come in segno di vittoria. Al ché anche Alain e André riuscirono ad affacciarsi dalle finestrelle della carrozza: « Aspettiamo solo te, amore mio! »  urlò allegro suo marito che sembrava già star lievemente meglio.
Così le due vetture si affiancarono e Oscar, sbocciata quell’oggi come una rosa dei venti, strinse bene le redini tra le mani: « Allora? Sei pronta? » 
Esperanza rispose con grinta: « Mai stata più pronta. » 
All’improvviso però fece capolino André: « Prima di iniziare il viaggio vorrei dirti una cosa, Oscar. »  
Stranita, la donna rimase in ascolto aspettandosi una qualche richiesta di aiuto per i medicamenti che si sarebbero dovuti fare.
« Voglio semplicemente che tu sappia, visto che stavo per perderti per sempre un’altra volta, che per me sempre sarai il mio amore unico. » 
Oscar si sentì lusingata e le sue guance si tinsero leggermente di porpora: « Anche per me lo sarai per sempre, mio adorato André. » 
« Ovviamente anch’io penso le stesse cose nei tuoi confronti! » disse ad un tratto Alain nei confronti della moglie, con una voce un po’ biascicante a causa della battaglia e del dolore. Esperanza si mise a ridere: « Lo so amore mio, e voglio che tu sappia che lo stesso vale per me. » 
Lanciarono i cavalli al galoppo, per l’ultima volta in Francia, verso la frontiera. Stavano andando finalmente verso un nuovo periodo della loro vita, oltre il dolore, oltre la guerra, oltre tutto ciò che li aveva fatto del male: oltre le Alpi.



Miei cari lettori,
Finalmente dopo 5 anni di silenzio sono riuscita ad aggiornare questa rocambolesca storia. Mi dispiace se sono stata così tanto assente, ammetto io stessa che spesso ho perso la speranza di riaggiornare … eppure, eccoci qui!
 Questo capitolo, conclusivo almeno di questo volume, lo dedico unicamente ed esclusivamente a voi che nonostante tutto avete continuato ad amare e apprezzare la mia storia coi suoi personaggi e non avete fatto altro che darmi costantemente supporto, anche quando tutto sembrava finito. Vi ringrazio per esserci stati tutti questi anni, a seguirla con passione e con le vostre bellissime ed uniche emozioni che mi hanno accompagnato dall'età di 13 Anni fino ad oggi che ne ho quasi 21. Tutto ciò, per me è una grandissima emozione perché si chiude un grande libro della mia vita.
 Con questo spero che vi sia piaciuto il capitolo e l'intera storia, con esso vi auguro di non smettere mai di sognare e d isperare, ricordarvi che c'è sempre il sole oltre le nuvole.
 Un abbraccio forte.
 sempre vostra,
 la vostra amichevole Waterwall di quartiere.

 
   
 
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