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Autore: Abby_da_Edoras    24/03/2022    6 recensioni
Questa storia è il sequel di My winter storm e riscrive in modo del tutto mio personale le vicende della parte conclusiva della sesta stagione di Vikings. Il legame tra Ivar e Aethelred si sta consolidando, ma i due dovranno affrontare ancora molti ostacoli a causa dei quali rischieranno di perdersi... tutto però finirà bene! Intanto a Kattegat anche Bjorn rischia la sua corona, per i tradimenti e gli intrighi di vecchi rivali e amici non del tutto leali. Entrano in scena nuovi personaggi (uno inventato da me) e ci sarà una nuova coppia molto... passionale e particolare (e non dico altro!).
Grazie a chi mi segue e continuerà a seguire le mie follie! XD
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, produttori e autori della serie TV "Vikings".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bjorn Ironside, Ivar, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
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Cap. 17: Face to face

 

No one ever held my hand
Always me against the world
At war with monsters in my head
Kept digging down 'til I hit gold

I'm not ashamed of who I was
You'll never take this fight from me
You'll see I'd rather die on my feet, than live on my knees

I'm face to face with the devil I am not afraid
My life is worth the struggle
My scars are my warpaint
Face to face with the devil
Pray, it's not too late
My past will not define me
I'm face to face

I fought the devil and I'll live to tell
I fought the devil and I'll live to tell!

(“Face to face” – Citizen Soldier)

 

Ciò che Aethelred aveva tanto desiderato stava per avverarsi. Erano trascorsi solo tre giorni dalla terribile battaglia contro l’esercito Sassone e dal suo colloquio con Elsewith, ma Alfred aveva mandato un messaggero per invitare Ivar su un campo neutro e negoziare con lui la pace e quella mattina sarebbe avvenuto l’incontro. Il giovane Principe era molto emozionato anche all’idea di rivedere il fratello, tuttavia c’erano un paio di questioni che lo tormentavano: Alfred aveva deciso per un colloquio di pace, ma chiaramente Elsewith non voleva la stessa cosa, suo fratello sarebbe stato abbastanza forte da contrastare la volontà di quella moglie fanatica e piena di pregiudizi che ricordava così tristemente Judith? E poi… Ivar come avrebbe reagito ad eventuali provocazioni da parte della Regina o a condizioni che avrebbe potuto trovare ingiuste?

Questi pensieri lo angustiavano, la situazione non era ancora così chiara e sicura come era stata due anni prima, l’unica cosa che lo confortava era il fatto che lui sarebbe stato presente all’incontro, avrebbe partecipato al fianco di Ivar e non avrebbe permesso né al suo compagno né a Alfred di distruggere quella speranza di pace che brillava all’orizzonte.

Quella mattina gli eserciti Sassone e Norreno erano schierati sul campo, ognuno a sostegno dei suoi comandanti. Re Alfred attendeva in piedi davanti ai suoi uomini e Aethelred provò una fitta di inquietudine nel vedere che, accanto a lui, fiera e con aria compiaciuta, stava Elsewith. La sua presenza non era di buon auspicio per un possibile accordo di pace…

“Quella donna ha l’aria soddisfatta del gatto che si è appena mangiato l’uccellino” disse sottovoce Ivar a Aethelred mentre si avviavano insieme verso la coppia reale. “Non credo proprio che la faccenda finirà bene.”

Nemmeno io, avrebbe voluto rispondergli il compagno, ma sarebbe stato avvilente per entrambi, così si limitò a stringergli affettuosamente la mano per fargli sentire che, in ogni caso, lui sarebbe stato al suo fianco.

Hvitserk era in prima fila tra i Norreni, a cavallo accanto a Helgi, e provò una sensazione di straniamento quando Ivar e Aethelred giunsero di fronte ad Alfred. Lui c’era, due anni prima, e ricordava bene quanto la situazione e i protagonisti della stessa fossero abissalmente diversi da quelli di adesso. Alfred non era più il ragazzo cordiale e amichevole che si faceva addestrare da Ubbe per imparare a combattere e che aveva festeggiato la nascita di una nuova terra in cui Sassoni e Vichinghi potessero vivere fianco a fianco, senza questioni religiose a dividerli: quel taglio corto e il volto severo gli davano un’aria inflessibile e giudicante che Hvitserk non riconosceva. Era anche vero che Ivar, col suo sorrisetto beffardo e l’aria di sfida, non era certo l’interlocutore ideale per un accordo pacifico come invece era stato il pacato Ubbe…

I presentimenti negativi di Hvitserk aumentarono quando notò lo sguardo critico e infastidito con il quale Alfred squadrò il fratello: chiaramente disapprovava tutto di lui, a partire dall’abbigliamento da Vichingo e l’acconciatura, con i capelli lunghi annodati in alto sulla testa e che ricadevano disordinatamente sulla nuca.

“Temo che non ci sarà nessun accordo” mormorò rivolto a Helgi. “Re Alfred ha già preso la sua decisione, vuole la pace ma solo alle sue condizioni… che non terranno conto delle esigenze dei Norreni. Ivar dunque non potrà mai accettare un accordo del genere e, almeno questa volta, sarò perfettamente d’accordo con lui.”

Helgi lo guardò preoccupato. Detestava trovarsi di nuovo in una situazione in cui ambizione e intransigenza avrebbero distrutto la vita di tante persone… ma lui non poteva farci niente, forse neanche Ivar e Aethelred lo potevano.

Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla moglie, Alfred si rivolse direttamente a Ivar, ignorando Aethelred come se neanche ci fosse.

“Ho accettato di venire qui a parlare con te perché mi auguro di porre fine a questo ciclo di sofferenze e di guerre” esordì in tono glaciale. Il suo volto e il tono della sua voce contraddicevano le sue parole, ma Ivar sorrise lo stesso.

“Sono d’accordo” rispose. “Perciò propongo di finire questa battaglia e di stipulare la pace, scambiamoci gli ostaggi, negoziamo in buona fede, mettiamo da parte la guerra.”

Aethelred guardò con ammirazione il suo compagno: nonostante la freddezza e l’aperta ostilità di Alfred, Ivar non aveva perso il controllo e aveva parlato da vero condottiero! Alfred, tuttavia, non la pensava affatto come lui: guardò di nuovo Elsewith che aveva un’espressione disgustata sul viso e poi replicò in modo severo e ingiustificato.

“Devo rifiutare la tua proposta di pace, Ivar” disse, perentorio. “Siete venuti qui per razziare e uccidere e ora tu proponi la pace solo perché temi di perdere. Non vuoi veramente la pace, anzi, speri di ottenere una tregua per poterti riorganizzare e attaccarci di nuovo, magari facendo arrivare rinforzi da Kattegat. Tu vuoi solo uccidere e trionfare, non conosci la pietà, cerchi solo la morte. Il mio Dio è pace e amore mentre i tuoi dei sono crudeli e spietati e tu sei come loro. Mi ritieni un debole, un codardo, per questo pensi di potermi ingannare proponendomi la pace, ma per tua sfortuna ti sbagli di grosso. I tuoi falsi dei di morte non prevarranno!”

Ora Elsewith aveva un sorriso trionfante e cattivo dipinto sulle labbra, mentre Aethelred restava agghiacciato dalla crudeltà delle parole di Alfred. Come poteva essere diventato tanto duro e intollerante? E come avrebbe reagito Ivar? Se si fosse infuriato, in tutta onestà, il Principe Sassone non avrebbe potuto dargli torto… invece Ivar era rimasto stupito quanto lui. Restò per un attimo in silenzio, poi sorrise di nuovo con condiscendenza e riprese a parlare, in tono calmo e controllato.

“Perciò questo è un no. Non me l’aspettavo, credevo che, da buon cristiano, ti preoccupassi dei tuoi guerrieri. Siete in minoranza, Alfred, non potrete mai sconfiggerci.”

Aethelred sentì una morsa gelida artigliargli il cuore quando Alfred rispose.

“Io ho tanto a cuore i miei guerrieri che mi rifiuto di sottometterli alla tua tirannia. Che vivano o che muoiano, i miei guerrieri lo faranno per Dio e per la loro terra. Ritirati finché sei in tempo, demonio pagano, e torna al tuo Paese di barbari: solo così potrai salvare i tuoi uomini e te stesso! Io non mi piegherò mai a una pace con un mostro come te, devo salvare il mio Regno e Dio è dalla mia parte.”

Ivar parve non raccogliere neanche quell’ultima provocazione, fece un sorrisetto e si voltò verso i suoi uomini, accingendosi a lasciare il luogo in cui era avvenuto quell’inutile colloquio. Aethelred, invece, faceva fatica a respirare e gli sembrava di vivere un incubo nel quale era tornato indietro di due anni, aveva davanti la Regina Judith e sentiva le stesse parole che la gelida e crudele madre aveva rivolto a lui… solo che questa volta era Alfred a parlare e la necessità di uccidere il nemico per salvare il Wessex riguardava Ivar e non lui. Per il cuore straziato di Aethelred questo era anche peggio… Disperato, non poté fare a meno di affrontare il fratello.

“Alfred, come puoi parlare così?” esclamò, mentre gli occhi di tutti si puntavano su di lui, visto che non era previsto che intervenisse. “Non ricordi più che i Norvegesi hanno salvato il Wessex dalle razzie dei Danesi, due anni fa, combattendo al nostro fianco? Non ricordi che condividevamo con Ubbe il sogno di unire nella pace i nostri popoli? È quello che volevi anche tu, come me, Ubbe, Bjorn, Hvitserk e Lagertha. Hai dimenticato la bellissima festa nelle colonie dei Vichinghi, il giorno in cui vi partecipammo tutti insieme e Sassoni e Norreni lavoravano in pace, fianco a fianco, ognuno seguendo la propria religione e le proprie tradizioni? Noi tutti vogliamo ancora quella pace e quella collaborazione, anche se Bjorn e Lagertha sono rimasti a Kattegat: Ivar, Hvitserk ed io siamo qui come loro portavoce.”

Alfred squadrò di nuovo il fratello con freddezza, mentre da Elsewith arrivò una sorta di sibilo disgustato.

“Non è possibile vivere in pace con questi barbari, sono dei pagani e dei selvaggi che fingono di voler collaborare, ma in realtà aspettano solo il momento propizio per ucciderci tutti, come vogliono i loro falsi dei” replicò, duro. “Infatti sono venuti a razziare le nostre coste, a rubare e fare stragi!”

“Quelli erano gli uomini di Re Harald, non quelli di Ivar e Hvitserk che, al contrario, sono intervenuti per fermare le battaglie e richiedere un accordo di pace” protestò Aethelred. “E comunque anche tu hai reagito alla violenza con una crudeltà che non mi sarei mai aspettato, massacrando donne, anziani e bambini innocenti delle colonie. In cosa ti sembra di essere stato migliore dei Vichinghi, me lo sai dire?”

“Noi crediamo nel vero Dio e combattiamo per lui ma, evidentemente, tu non puoi più capire queste cose visto che ti dedichi a pratiche peccaminose e depravate con quel demonio pagano” ribatté Alfred, il cui volto rispecchiava lo stesso disprezzo e disgusto che si vedeva su quello di Elsewith. “Forse ti sei persino convertito ai loro falsi dei e sei diventato un assassino come loro, basta vedere come ti vesti e che rapporti contro natura intrattieni con quel mostro!”

Quelle parole crudeli affondarono come lame ghiacciate nel cuore di Aethelred che impallidì mortalmente. Solo a quel punto Ivar reagì. Il Vichingo era riuscito a scrollarsi dalle spalle tutte le accuse e gli insulti che Alfred aveva rivolto a lui ma, vedendo che le sue parole avevano ferito il suo compagno, il ragazzo dolce e premuroso che tanto amava, non si trattenne più. Ritornò sui suoi passi, appoggiandosi alla stampella, e avanzò verso Alfred con tanto impeto e odio negli occhi che i soldati Sassoni incoccarono le frecce, pensando che il giovane avrebbe colpito il loro Re.

Ivar li guardò come se non fossero altro che marionette e sorrise, sprezzante.

“Non temete, non sono un vigliacco che colpisce a tradimento durante un colloquio di pace” disse loro, “anche se non sono io a volere il proseguimento della guerra, ma il vostro Re cristiano.”

“Che aspettate?” strillò Elsewith con voce isterica, vedendo Ivar che si avvicinava minaccioso ad Alfred. “Attaccatelo! Tirate le frecce! Uccidete il demonio pagano!”

“No, fermi!” esclamò Alfred. Nonostante disprezzasse Ivar, era piuttosto sicuro che non lo avrebbe davvero ucciso in quel momento, non in quel modo, era un selvaggio ma non un codardo e lo avrebbe affrontato in battaglia. Se, malauguratamente, uno dei Sassoni avesse ucciso o anche soltanto ferito Ivar, i Vichinghi sarebbero insorti, ci sarebbe stata una battaglia lì e subito e la sua Regina, Elsewith, era proprio in mezzo al pericolo. Non poteva rischiare. “Non mi farà niente, nessuno si muova e mettete via le armi.”

Ivar si avvicinò ancora, alla fine erano praticamente faccia a faccia e un silenzio cupo e carico di tensione cadde sul campo di battaglia.

“È vero, non ti ucciderei mai a tradimento” sibilò Ivar, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, “ma se ne avrò occasione ti taglierò la gola in combattimento e non per la tua terra, non per il mio popolo, non per diventare Re del Wessex… solo e soltanto perché tu hai offeso e insultato Aethelred. Tu hai ferito tuo fratello peggio che se lo avessi colpito con una spada e per questo meriti di essere sconfitto e umiliato!”

Alfred rimase attonito davanti a quella reazione. Si era aspettato le cose peggiori da Ivar e proprio per questo lo aveva provocato e ingiuriato durante il colloquio di pace, ma il figlio di Ragnar non aveva battuto ciglio. Adesso, però, lo vedeva terribilmente in collera, che si tratteneva a malapena, e tutto questo solo… solo per difendere Aethelred.

Possibile che quel barbaro, quel pagano, quel senza Dio fosse in grado di amare davvero qualcuno? Possibile che volesse così tanto bene a suo fratello? Possibile che lui, Alfred, avesse completamente sbagliato a giudicarlo?

“Ci rivedremo domattina sul campo di battaglia, e allora ti farò pentire di non aver accettato le mie offerte di pace. Addio, Alfred” concluse Ivar, secco e tagliente più di una spada affilata. Voltò le spalle al Re del Wessex e s’incamminò di nuovo, a fatica, verso i suoi uomini.

Aethelred gli fu subito accanto per sostenerlo e aiutarlo a camminare.

“Ivar, non avresti dovuto… Non siamo abbastanza per affrontare l’esercito Sassone e, comunque, io non voglio combattere ancora contro il mio popolo. Eravamo qui per stipulare la pace” provò a dire, ma Ivar l’interruppe.

“Nessuno può permettersi di dire quelle cose di te, neanche il Re del Wessex. Vuole la battaglia? L’avrà” dichiarò in tono perentorio.

Aethelred si strinse più forte a lui mentre lo sorreggeva, sentendosi morire dentro. Quella guerra era una follia, lo era stata fin dall’inizio, ma adesso era ancora peggio. Aethelred era sempre stato un abile stratega e condottiero ed era consapevole del fatto che i Norreni non avrebbero mai potuto avere la meglio: erano in minoranza, erano logorati e indeboliti dalle tante battaglie, mentre le truppe di Alfred erano state rafforzate con i contingenti guidati dal Vescovo Aldulf, e poi… e poi Ivar non era in grado di combattere, lui se n’era accorto. Lo vedeva che camminava con più fatica del solito e che spesso era costretto a fermarsi e a distendersi per i terribili dolori alle gambe, quella campagna militare era troppo per lui.

Eppure sapeva anche di non poter fare nulla. La guerra non era più per il predominio sul Wessex, per Ivar era diventata un fatto personale nel momento stesso in cui Alfred aveva oltraggiato il suo legame con Aethelred, la cosa più preziosa e importante che aveva.

Non sarebbe tornato indietro a nessun costo, non avrebbe ascoltato le proteste del suo compagno.

Alfred avrebbe dovuto pagare… e Aethelred era sempre più lacerato, perché non voleva che accadesse qualcosa di brutto a suo fratello e ancora meno poteva sopportare di perdere Ivar.

Il mattino successivo si sarebbe deciso tutto, nel bene e nel male.

Fine capitolo diciassettesimo

 

 

   
 
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