Cap. 17: Face to face
No one ever held my hand
Always me against the world
At war with monsters in my head
Kept digging down 'til I hit gold
I'm not ashamed of who I was
You'll never take this fight from me
You'll see I'd rather die on my feet, than live on my knees
I'm face to face with the devil I am not afraid
My life is worth the struggle
My scars are my warpaint
Face to face with the devil
Pray, it's not too late
My past will not define me
I'm face to face
I fought the devil and I'll live to tell
I fought the devil and I'll live to tell!
(“Face to face” – Citizen Soldier)
Ciò che Aethelred aveva tanto desiderato
stava per avverarsi. Erano trascorsi solo tre giorni dalla terribile battaglia
contro l’esercito Sassone e dal suo colloquio con Elsewith, ma Alfred aveva
mandato un messaggero per invitare Ivar su un campo neutro e negoziare con lui
la pace e quella mattina sarebbe avvenuto l’incontro. Il giovane Principe era
molto emozionato anche all’idea di rivedere il fratello, tuttavia c’erano un
paio di questioni che lo tormentavano: Alfred aveva deciso per un colloquio di
pace, ma chiaramente Elsewith non voleva la stessa cosa, suo fratello sarebbe
stato abbastanza forte da contrastare la volontà di quella moglie fanatica e
piena di pregiudizi che ricordava così tristemente Judith? E poi… Ivar come
avrebbe reagito ad eventuali provocazioni da parte della Regina o a condizioni
che avrebbe potuto trovare ingiuste?
Questi pensieri lo angustiavano, la
situazione non era ancora così chiara e sicura come era stata due anni prima,
l’unica cosa che lo confortava era il fatto che lui sarebbe stato presente
all’incontro, avrebbe partecipato al fianco di Ivar e non avrebbe permesso né
al suo compagno né a Alfred di distruggere quella speranza di pace che brillava
all’orizzonte.
Quella mattina gli eserciti Sassone e Norreno
erano schierati sul campo, ognuno a sostegno dei suoi comandanti. Re Alfred
attendeva in piedi davanti ai suoi uomini e Aethelred provò una fitta di
inquietudine nel vedere che, accanto a lui, fiera e con aria compiaciuta, stava
Elsewith. La sua presenza non era di buon auspicio per un possibile accordo di
pace…
“Quella donna ha l’aria soddisfatta del gatto
che si è appena mangiato l’uccellino” disse sottovoce Ivar a Aethelred mentre
si avviavano insieme verso la coppia reale. “Non credo proprio che la faccenda
finirà bene.”
Nemmeno io, avrebbe
voluto rispondergli il compagno, ma sarebbe stato avvilente per entrambi, così
si limitò a stringergli affettuosamente la mano per fargli sentire che, in ogni
caso, lui sarebbe stato al suo fianco.
Hvitserk era in prima fila tra i Norreni, a
cavallo accanto a Helgi, e provò una sensazione di straniamento quando Ivar e
Aethelred giunsero di fronte ad Alfred. Lui c’era, due anni prima, e ricordava
bene quanto la situazione e i protagonisti della stessa fossero abissalmente
diversi da quelli di adesso. Alfred non era più il ragazzo cordiale e
amichevole che si faceva addestrare da Ubbe per imparare a combattere e che
aveva festeggiato la nascita di una nuova terra in cui Sassoni e Vichinghi
potessero vivere fianco a fianco, senza questioni religiose a dividerli: quel
taglio corto e il volto severo gli davano un’aria inflessibile e giudicante che
Hvitserk non riconosceva. Era anche vero che Ivar, col suo sorrisetto beffardo
e l’aria di sfida, non era certo l’interlocutore ideale per un accordo pacifico
come invece era stato il pacato Ubbe…
I presentimenti negativi di Hvitserk
aumentarono quando notò lo sguardo critico e infastidito con il quale Alfred
squadrò il fratello: chiaramente disapprovava tutto di lui, a partire
dall’abbigliamento da Vichingo e l’acconciatura, con i capelli lunghi annodati
in alto sulla testa e che ricadevano disordinatamente sulla nuca.
“Temo che non ci sarà nessun accordo” mormorò
rivolto a Helgi. “Re Alfred ha già preso la sua decisione, vuole la pace ma
solo alle sue condizioni… che non terranno conto delle esigenze dei Norreni.
Ivar dunque non potrà mai accettare un accordo del genere e, almeno questa
volta, sarò perfettamente d’accordo con lui.”
Helgi lo guardò preoccupato. Detestava
trovarsi di nuovo in una situazione in cui ambizione e intransigenza avrebbero
distrutto la vita di tante persone… ma lui non poteva farci niente, forse
neanche Ivar e Aethelred lo potevano.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla
moglie, Alfred si rivolse direttamente a Ivar, ignorando Aethelred come se
neanche ci fosse.
“Ho accettato di venire qui a parlare con te
perché mi auguro di porre fine a questo ciclo di sofferenze e di guerre” esordì
in tono glaciale. Il suo volto e il tono della sua voce contraddicevano le sue
parole, ma Ivar sorrise lo stesso.
“Sono d’accordo” rispose. “Perciò propongo di
finire questa battaglia e di stipulare la pace, scambiamoci gli ostaggi,
negoziamo in buona fede, mettiamo da parte la guerra.”
Aethelred guardò con ammirazione il suo
compagno: nonostante la freddezza e l’aperta ostilità di Alfred, Ivar non aveva
perso il controllo e aveva parlato da vero condottiero! Alfred, tuttavia, non
la pensava affatto come lui: guardò di nuovo Elsewith che aveva un’espressione
disgustata sul viso e poi replicò in modo severo e ingiustificato.
“Devo rifiutare la tua proposta di pace,
Ivar” disse, perentorio. “Siete venuti qui per razziare e uccidere e ora tu
proponi la pace solo perché temi di perdere. Non vuoi veramente la pace, anzi,
speri di ottenere una tregua per poterti riorganizzare e attaccarci di nuovo,
magari facendo arrivare rinforzi da Kattegat. Tu vuoi solo uccidere e
trionfare, non conosci la pietà, cerchi solo la morte. Il mio Dio è pace e
amore mentre i tuoi dei sono crudeli e spietati e tu sei come loro. Mi ritieni
un debole, un codardo, per questo pensi di potermi ingannare proponendomi la
pace, ma per tua sfortuna ti sbagli di grosso. I tuoi falsi dei di morte non
prevarranno!”
Ora Elsewith aveva un sorriso trionfante e
cattivo dipinto sulle labbra, mentre Aethelred restava agghiacciato dalla
crudeltà delle parole di Alfred. Come poteva essere diventato tanto duro e
intollerante? E come avrebbe reagito Ivar? Se si fosse infuriato, in tutta
onestà, il Principe Sassone non avrebbe potuto dargli torto… invece Ivar era
rimasto stupito quanto lui. Restò per un attimo in silenzio, poi sorrise di
nuovo con condiscendenza e riprese a parlare, in tono calmo e controllato.
“Perciò questo è un no. Non me l’aspettavo,
credevo che, da buon cristiano, ti preoccupassi dei tuoi guerrieri. Siete in
minoranza, Alfred, non potrete mai sconfiggerci.”
Aethelred sentì una morsa gelida artigliargli
il cuore quando Alfred rispose.
“Io ho tanto a cuore i miei guerrieri che mi
rifiuto di sottometterli alla tua tirannia. Che vivano o che muoiano, i miei
guerrieri lo faranno per Dio e per la loro terra. Ritirati finché sei in tempo,
demonio pagano, e torna al tuo Paese di barbari: solo così potrai salvare i
tuoi uomini e te stesso! Io non mi piegherò mai a una pace con un mostro come
te, devo salvare il mio Regno e Dio è dalla mia parte.”
Ivar parve non raccogliere neanche
quell’ultima provocazione, fece un sorrisetto e si voltò verso i suoi uomini,
accingendosi a lasciare il luogo in cui era avvenuto quell’inutile colloquio.
Aethelred, invece, faceva fatica a respirare e gli sembrava di vivere un incubo
nel quale era tornato indietro di due anni, aveva davanti la Regina Judith e
sentiva le stesse parole che la gelida e crudele madre aveva rivolto a lui…
solo che questa volta era Alfred a parlare e la necessità di uccidere il nemico
per salvare il Wessex riguardava Ivar e non lui. Per il cuore straziato di
Aethelred questo era anche peggio… Disperato, non poté fare a meno di
affrontare il fratello.
“Alfred, come puoi parlare così?” esclamò,
mentre gli occhi di tutti si puntavano su di lui, visto che non era previsto
che intervenisse. “Non ricordi più che i Norvegesi hanno salvato il Wessex
dalle razzie dei Danesi, due anni fa, combattendo al nostro fianco? Non ricordi
che condividevamo con Ubbe il sogno di unire nella pace i nostri popoli? È
quello che volevi anche tu, come me, Ubbe, Bjorn, Hvitserk e Lagertha. Hai
dimenticato la bellissima festa nelle colonie dei Vichinghi, il giorno in cui
vi partecipammo tutti insieme e Sassoni e Norreni lavoravano in pace, fianco a
fianco, ognuno seguendo la propria religione e le proprie tradizioni? Noi tutti
vogliamo ancora quella pace e quella collaborazione, anche se Bjorn e Lagertha
sono rimasti a Kattegat: Ivar, Hvitserk ed io siamo qui come loro portavoce.”
Alfred squadrò di nuovo il fratello con
freddezza, mentre da Elsewith arrivò una sorta di sibilo disgustato.
“Non è possibile vivere in pace con questi
barbari, sono dei pagani e dei selvaggi che fingono di voler collaborare, ma in
realtà aspettano solo il momento propizio per ucciderci tutti, come vogliono i
loro falsi dei” replicò, duro. “Infatti sono venuti a razziare le nostre coste,
a rubare e fare stragi!”
“Quelli erano gli uomini di Re Harald, non quelli
di Ivar e Hvitserk che, al contrario, sono intervenuti per fermare le battaglie
e richiedere un accordo di pace” protestò Aethelred. “E comunque anche tu hai
reagito alla violenza con una crudeltà che non mi sarei mai aspettato,
massacrando donne, anziani e bambini innocenti delle colonie. In cosa ti sembra
di essere stato migliore dei Vichinghi, me lo sai dire?”
“Noi crediamo nel vero Dio e combattiamo per
lui ma, evidentemente, tu non puoi più capire queste cose visto che ti dedichi
a pratiche peccaminose e depravate con quel demonio pagano” ribatté Alfred, il
cui volto rispecchiava lo stesso disprezzo e disgusto che si vedeva su quello
di Elsewith. “Forse ti sei persino convertito ai loro falsi dei e sei diventato
un assassino come loro, basta vedere come ti vesti e che rapporti contro natura
intrattieni con quel mostro!”
Quelle parole crudeli affondarono come lame
ghiacciate nel cuore di Aethelred che impallidì mortalmente. Solo a quel punto
Ivar reagì. Il Vichingo era riuscito a scrollarsi dalle spalle tutte le accuse
e gli insulti che Alfred aveva rivolto a lui ma, vedendo che le sue parole
avevano ferito il suo compagno, il ragazzo dolce e premuroso che tanto amava,
non si trattenne più. Ritornò sui suoi passi, appoggiandosi alla stampella, e
avanzò verso Alfred con tanto impeto e odio negli occhi che i soldati Sassoni
incoccarono le frecce, pensando che il giovane avrebbe colpito il loro Re.
Ivar li guardò come se non fossero altro che
marionette e sorrise, sprezzante.
“Non temete, non sono un vigliacco che
colpisce a tradimento durante un colloquio di pace” disse loro, “anche se non
sono io a volere il proseguimento della guerra, ma il vostro Re cristiano.”
“Che aspettate?” strillò Elsewith con voce
isterica, vedendo Ivar che si avvicinava minaccioso ad Alfred. “Attaccatelo!
Tirate le frecce! Uccidete il demonio pagano!”
“No, fermi!” esclamò Alfred. Nonostante
disprezzasse Ivar, era piuttosto sicuro che non lo avrebbe davvero ucciso in
quel momento, non in quel modo, era un selvaggio ma non un codardo e lo avrebbe
affrontato in battaglia. Se, malauguratamente, uno dei Sassoni avesse ucciso o
anche soltanto ferito Ivar, i Vichinghi sarebbero insorti, ci sarebbe stata una
battaglia lì e subito e la sua Regina, Elsewith, era proprio in mezzo al
pericolo. Non poteva rischiare. “Non mi farà niente, nessuno si muova e mettete
via le armi.”
Ivar si avvicinò ancora, alla fine erano
praticamente faccia a faccia e un silenzio cupo e carico di tensione cadde sul
campo di battaglia.
“È vero, non ti ucciderei mai a tradimento”
sibilò Ivar, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, “ma se ne avrò occasione ti
taglierò la gola in combattimento e non per la tua terra, non per il mio
popolo, non per diventare Re del Wessex… solo e soltanto perché tu hai offeso e
insultato Aethelred. Tu hai ferito tuo fratello peggio che se lo avessi colpito
con una spada e per questo meriti di essere sconfitto e umiliato!”
Alfred rimase attonito davanti a quella
reazione. Si era aspettato le cose peggiori da Ivar e proprio per questo lo
aveva provocato e ingiuriato durante il colloquio di pace, ma il figlio di
Ragnar non aveva battuto ciglio. Adesso, però, lo vedeva terribilmente in
collera, che si tratteneva a malapena, e tutto questo solo… solo per difendere
Aethelred.
Possibile che quel barbaro, quel pagano, quel
senza Dio fosse in grado di amare davvero qualcuno? Possibile che volesse così
tanto bene a suo fratello? Possibile che lui, Alfred, avesse completamente
sbagliato a giudicarlo?
“Ci rivedremo domattina sul campo di
battaglia, e allora ti farò pentire di non aver accettato le mie offerte di
pace. Addio, Alfred” concluse Ivar, secco e tagliente più di una spada
affilata. Voltò le spalle al Re del Wessex e s’incamminò di nuovo, a fatica,
verso i suoi uomini.
Aethelred gli fu subito accanto per
sostenerlo e aiutarlo a camminare.
“Ivar, non avresti dovuto… Non siamo
abbastanza per affrontare l’esercito Sassone e, comunque, io non voglio
combattere ancora contro il mio popolo. Eravamo qui per stipulare la pace”
provò a dire, ma Ivar l’interruppe.
“Nessuno può permettersi di dire quelle cose
di te, neanche il Re del Wessex. Vuole la battaglia? L’avrà” dichiarò in tono
perentorio.
Aethelred si strinse più forte a lui mentre
lo sorreggeva, sentendosi morire dentro. Quella guerra era una follia, lo era
stata fin dall’inizio, ma adesso era ancora peggio. Aethelred era sempre stato
un abile stratega e condottiero ed era consapevole del fatto che i Norreni non
avrebbero mai potuto avere la meglio: erano in minoranza, erano logorati e
indeboliti dalle tante battaglie, mentre le truppe di Alfred erano state
rafforzate con i contingenti guidati dal Vescovo Aldulf, e poi… e poi Ivar non
era in grado di combattere, lui se n’era accorto. Lo vedeva che camminava con
più fatica del solito e che spesso era costretto a fermarsi e a distendersi per
i terribili dolori alle gambe, quella campagna militare era troppo per lui.
Eppure sapeva anche di non poter fare nulla.
La guerra non era più per il predominio sul Wessex, per Ivar era diventata un
fatto personale nel momento stesso in cui Alfred aveva oltraggiato il suo
legame con Aethelred, la cosa più preziosa e importante che aveva.
Non sarebbe tornato indietro a nessun costo,
non avrebbe ascoltato le proteste del suo compagno.
Alfred avrebbe dovuto pagare… e Aethelred era
sempre più lacerato, perché non voleva che accadesse qualcosa di brutto a suo
fratello e ancora meno poteva sopportare di perdere Ivar.
Il mattino successivo si sarebbe deciso
tutto, nel bene e nel male.
Fine capitolo diciassettesimo