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Autore: My Pride    30/03/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Painful talk (I don't want miss you) Titolo: Painful talk (I don't want miss you)
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 1644 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Jason Peter Todd, Richard John Grayson

Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale
Avvertimenti: What if?, Slash
Solo i fiori sanno: 1. Agrifoglio: eternità

Blossom By Blossom: "Piantala, non è niente!"


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Guardare quel foglio word senza scrivere una parola è l'unica cosa decente a cui Jason riesce a pensare, in quel momento.
    Si è seduto davanti a quel computer tre ore prima, portandosi dietro una bella tazza fumante di caffè, sebbene abbia immediatamente perso la voglia di scrivere qualunque cosa sin da quel momento. Forse non è tagliato per quel lavoro. Anzi, senza il forse. Lui non è proprio portato per essere uno scrittore, a lui piace per lo più leggere e riempire la casa di libri altrui.
    Sbuffa e rovescia il capo all'indietro, guardando distrattamente il soffitto. Perché ha ascoltato il vecchio e ha davvero scritto un thriller? Le idee di Bruce sono sempre pessime, eppure stavolta ha voluto dare una chance a quella frase buttata lì una sera a cena e alla fine, ridendo e scherzando, ha scritto un best seller. Un dannato best seller, maledizione. E adesso la sua casa editrice, entusiasta delle vendite, ha chiesto un seguito. Che ci vuole, in fin dei conti? Deve solo spremersi le meningi e il gioco è fatto. Allora perché, nonostante gli sforzi, proprio non riesce a raccapezzarsi e a mettere su qualche idea?
    Jason scuote debolmente la testa, alzandosi finalmente da quella stupida sedia per uscire in corridoio e raggiungere il giardino sul retro; l'aria profuma di erba appena tagliata e alle narici gli giunge il profumo delle rose di Alfred, ma non si risparmia dal portarsi una mano in tasca e a tirar fuori sigarette e accendino. Sorride nel guardare distrattamente la stecca, rigirandosela elegantemente fra le dita lunghe e sottili. L'emblema del piacere, come diceva Wilde. Peccato che nemmeno quella gli faccia venire in mente un'idea decente per quello stupido libro.
    Non ha nemmeno il tempo di portarsela alle labbra, però, che sente un paio di braccia robuste circondargli i fianchi, ma non si meraviglia più di tanto, anzi; reclina semplicemente il capo contro quella spalla muscolosa, socchiudendo gli occhi prima di accendersi finalmente la sigaretta. Quell'idiota di Dick non imparerà mai. Ne deve passare di tempo prima che riesca a coglierlo di sorpresa. «Alla buon'ora, Goldie», dice tranquillamente, ricevendo in risposta un breve sbadiglio. «Ti staranno aspettando tutti, alla centrale».
    «Oggi è il mio giorno libero, Little Wing... te lo sei scordato?» borbotta di rimando con voce impastata dal sonno, strofinando il viso fra i capelli scuri di Jason. Qualche istante dopo fa persino per togliergli la sigaretta dalle labbra e rubargli un bacio, ma il compagno volta la testa di lato e sbuffa fuori il fumo come se nulla fosse.
    «Sto fumando», afferma Jason, ignorando il borbottio che Dick si lascia scappare. Ed è costretto a dargli un calcio sullo stinco quando sente le sua mani farsi largo al di sotto della canotta. «Devi aspettare anche per quello», soggiunge con calma assoluta, voltandosi appena verso di lui per abbozzare un ghignetto. La vede, quell'espressione contrariata. Sa perché è lì e sa che Dick gli salterebbe addosso in un istante, ma non lo fa e Jason non sa se ciò dipenda dalla ferita al fianco - non è rimasto altro che il rimasuglio di una pallida striscia rosea che fatica ancora a cicatrizzarsi, ma il dolore torna, di tanto in tanto - o da ben altro, eppure qualcosa dentro di lui, proprio al ricordo di quella ferita, sembra incrinarsi un secondo. Potrebbe accadere di nuovo, pensa. Potrebbe accadere di nuovo e questa volta quello stupido potrebbe non essere così fortunato.
    Scuote nuovamente il capo e si poggia contro la spalla di Dick, sentendosi rassicurato come un idiota da quell'abbraccio in cui l'ha stretto adesso, per quanto abbia bofonchiato per l'ennesima volta il suo dissenso dopo aver abbassato le mani. Sono passate settimane dalla sparatoria in cui si è ritrovato coinvolto e, pur avendoci guadagnato solo quella ferita al fianco, Jason ha temuto per la sua vita. Sono vigilanti, quelli sono i rischi del mestiere e sa che potrebbe accadere di tutto... ma sapere che la cosa è successa in servizio, senza nessuna protezione data dalle uniformi che solitamente indossano, è tutt'altro paio di maniche. Non ha visto la scena con i suoi occhi, eppure certe volte, quando sprofonda nel sonno, gli sembra di vederlo in un lago di sangue, con il viso pallido nello sforzandosi di respirare e di resistere fra le braccia del suo compare. Se non ci fosse stata quella Amy, probabilmente a quest'ora sarebbe morto.
    «Ehi». La voce di Dick lo riscuote dai suoi pensieri, ed è sbattendo le palpebre che Jason si volta per l'ennesima volta verso di lui, osservando quella fronte aggrottata e quel cipiglio corrucciato. «Piantala», aggiunse poi, ed è a quel punto che Jason sbatte le palpebre.
    «Di fare cosa?» gli viene spontaneo chiedere, ma Dick sbuffa.
    «Di pensarci», rimbrotta scontroso, sciogliendosi da quell'abbraccio solo per rifilargli un pugno in testa. E nemmeno si preoccupa del suono malamente soffocato che Jason si lascia sfuggire o delle rimostranze a cui da vita subito dopo, pronto a colpirlo a sua volta con un montante. «Non è niente. Sto bene», dice poi, e Jason, che ha già alzato il braccio per stampargli la sagoma delle sue nocche in faccia, non può fare a meno di fermarsi e accigliarsi.
    «Cos'è, Goldie, adesso leggi anche nel pensiero?» chiede in tono falsamente ironico, per quanto senta un terribile peso schiacciargli il cuore e ridurglielo in poltiglia. Non riesce a credere che quello scemo abbia capito in un lampo cosa gli sia frullato per la testa qualche attimo prima. Nonostante sappia quanto sia forte, quanto sia bravo a svolgere il suo lavoro e che abbia al suo fianco compagni fidati, è pur sempre un essere umano e nemmeno lui può far nulla contro una pallottola piantata nella carne, dannazione. E Jason della morte ne sa qualcosa.
    Dick sbuffa, e lo vede chiaramente mentre rotea gli occhi e aggrotta le sopracciglia. «Ti si legge in faccia, non c'è bisogno di capire cosa ti passa per quella testaccia dura che ti ritrovi, razza di idiota», sbotta, e Jason non fa in tempo a ribattere che Dick gli da la schiena e rientra in casa, lasciandolo lì da solo con quella sigaretta che si consuma pian piano fra le sue labbra.
    Jason stringe i pugni lungo i fianchi e morde furiosamente la stecca, sputandola sulla pavimentazione prima di calpestarla e affrettarsi a raggiungerlo, colpendolo violentemente al braccio con un pugno. «Brutto stronzo, ti rendi conto o no che saresti potuto morire?!» esclama adirato. Forse la prende troppo a cuore, forse tutta quella storia dovrebbe scivolarsgli sulla pelle come tutto il resto, eppure... ah, dannazione. «Che diavolo c'è di sbagliato nel preoccuparsi?!»
    Dick non fa una piega, limitandosi semplicemente a voltarsi verso di lui senza dar minimamente peso al formicolio che sta risalendo pian piano fino alla spalla. Vorrebbe urlargli contro di farsi gli affari suoi, di non stressarlo con quella storia e che quello è il suo lavoro, eppure le parole che vengono fuori dalla sua bocca sono ben altre. «Niente», mormora con un fil di voce. «Non c'è assolutamente niente di sbagliato».
    A quel dire, Jason sente quasi l'assoluto bisogno di rompergli lui stesso la testa, fracassandogliela magari da qualche parte. Che faccia di bronzo. «Spiegami perché non dovrei pensarci, allora», cerca di ribattere con tutta la calma che riesce ad accumulare, ma non è per niente facile trattenersi e osservare al tempo stesso quel viso che non esprime la benché minima emozione.
    «Perché ormai è successo», replica Dick, e muove persino nervosamente le spalle, quasi voglia scrollarle per liquidare la faccenda. «Rimuginarci sopra è del tutto inutile».
    «No che non è inutile, maledizione!» bercia Jason in risposta, afferrandogli violentemente la canotta fra le dita per strattonarlo contro di sé. «Non sei forse entrato in polizia per poter essere d'aiuto anche al di fuori della tua vita da vigilante? Che diavolo ne sarà di questa tua ambizione, se ad ogni retata rischi di farti ammazzare?»
    Quelle parole spiazzano Dick, che rimane ad osservarlo in viso per una frazione di secondi che sembra durare secoli. I loro respiri sono pesanti, il peso di quella costatazione sembra aleggiare su di loro come un velo sottile che fatica a nascondere l'ansia che li attanaglia, lasciando che pian piano scavino fino in fondo all'animo di entrambi. Tutto d'un tratto, nel fissare gli occhi azzurro ghiaccio di Jason, Dick sa che non è solo per quello se ha pronunciato quelle parole. Non lo ammetterebbe mai, ma dietro esse sembra celarsi una domanda muta che Jason non pronuncerebbe per nulla al mondo. «Che cosa avrei fatto se tu fossi morto?» Ecco cosa sembrano dirgli nel profondo quelle iridi che lo squadrano con rabbia e dolore.
    Passa un attimo, prima che Dick allontani di scatto quelle dita che gli stringono in una morsa la canotta e avvolga le proprie braccia intorno al corpo di Jason. «Mi spiace», sussurra poi, lasciandolo interdetto.
    «...Richard?» lo chiama Jason, usando stavolta il suo nome, ma lui si limita solo ad avvilupparlo maggiormente a sé, affondando il viso nell'incavo del suo collo e respirando fino a fondo il suo odore, un misto di dopobarba, deodorante e sudore. Sente il fremere incerto di quel corpo fra le braccia, il vago senso di disagio che lo attanaglia, eppure Dick non vi da minimamente peso, socchiudendo le palpebre.
    La prossima volta potrebbe morire davvero e non riabbracciarlo più, lo sanno entrambi. Potrebbe succedere di pattuglia, ma potrebbe succedere molto più frequentemente quando indossa l'uniforme della polizia, anche con qualcuno pronto a coprirgli le spalle. E forse è proprio questo il motivo che lo spinge a giurare a se stesso che non accadrà più e a cercare le labbra di Jason, sugellando contro di esse una promessa che non è comunque certo di poter mantenere.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ancora l'inziativa #blossombyblossom
indetta dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom Io in realtà volevo scrivere una storia per la festa del papà (che fortunatamente alla fine ho postato prima di questa, a differenza di quanto fatto sul gruppo in cui è nata), invece mi sono ritrovata con le mani in pasta in una JayDick per la gioia di Shun Di Andromeda.
Canonicamente, Dick è stato davvero un agente di polizia (e si è davvero fatto male in servizio, beccandosi tante strigliate), quindi mi piace vederlo ogni tanto in queste vesti, anche se io stessa a volte dimentico di menzionarlo per esigenze di copione o altri tipi di trama. Qui invece è stato perfetto e... niente, vediamo un povero Jason preoccupato di poter perdere il suo bro-ragazzo-non-bro in modi tutt'altro da vigilanti
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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